mercoledì 25 aprile 2012

OPERA SCRITTA DALLA DIVINA SAPIENZA PER GLI ELETTI DEGLI ULTIMI TEMPI


OPERA SCRITTA DALLA DIVINA SAPIENZA
PER GLI ELETTI DEGLI ULTIMI TEMPI
Fascicolo n. 73 - (Gennaio - Febbraio - Marzo 2012)
I Messaggi qui riportati, sono stati scelti “dall’Opera scritta dalla Divina Sapienza per gli Eletti degli ultimi tempi”, dettati come “locuzioni interiori” da Gesù e Maria Santissima ad una persona carismatica, madre di famiglia, la quale, per volontà di Dio, vive nel nascondimento. Questi testi che riportiamo sono estratti da Messaggi più lunghi ), sarebbe bene leggere tutto il contesto del Messaggio per comprendere meglio.



Gesù 04/02/2012
Sposa amata, il dolore del mondo è presente in grande misura.
Gli uomini hanno voluto costruire senza di Me e ogni costruzione fatta, senza di Me, Dio, è sulla sabbia: cade e crolla, al primo soffio di vento!
Sposa cara, grande è il Mio Dolore nel vedere che gli uomini non hanno voluto comprendere e restano lontano da Me col cuore e con la mente!
Mi dici: “Dolce Amore, cresce il dolore umano e la terra è un luogo di pena e di angoscia.
Tu, Amore Infinito, hai offerto tutto, ma non sei stato compreso.
Dolce Amore, Tu soffri e gemi con l’uomo che soffre e geme.
Il Tuo Cuore è meraviglioso e vuole sempre donare; ma chi non ha compreso resta lontano da Te col cuore e con la mente.
Dolce Amore, Ti chiedo di usare ancora la Tua Misericordia e di non punire duramente il mondo, per i suoi tanti peccati.
Se lo facessi, il bel pianeta sarebbe indegno di palpitare; ma Tu Amore concedi ancora tanti segni evidenti e chiari in modo che tutti capiscano, dal più piccolo al più grande!
Sposa amata, i segni ci saranno e molto chiari ed evidenti, ma chi non li ha capiti continuerà a non capirli.
Ai distratti della terra capiterà come a quello stolto che non guardava mai dove metteva i piedi: un giorno non vide una profonda buca e vi cadde dentro, senza potersi più rialzare.
Sposa amata, pensi che di questi stolti ce ne siano pochi sulla terra?
No. Ti dico: sono molti e procedono senza fare attenzione a dove vanno; la loro rovina è vicina!
Sposa cara, alla fine della giornata si fanno i conti e ti dico che per molti è la fine della giornata ed Io li peserò sulla Mia perfetta Bilancia!


Gesù 06-02-2012
Sposa amata, chi è Mio non ha da temere, chi è Mio non ha il cuore che trema, perché Io, Io, Gesù, sono il suo Tutto.
Sposa amata, ti ripeto che non deve temere chi ha Me nel cuore e nella mente: si deve sentire come quei discepoli che erano sulla barca, mentre Io, Io, Gesù, ero assopito, per la stanchezza della predicazione.
Venne, allora, una forte tempesta che riempiva la barca di acqua.
Essi vedevano Me ed attendevano a chiamarMi; ma quando, poi, la tempesta pareva squassare la barca, corsero a svegliarMi.
Ricordi quello che feci, piccola Mia sposa?
Certo che lo ricordo – Mi rispondi – certamente: con poche Parole facesTi placare il vento minaccioso e venne una grande bonaccia.
Sposa amata, vada sempre a quell’episodio il tuo pensiero.
Allorché accade qualcosa che fa tremare, il Mio Intervento ci sarà, così, come allora c’è stato.
Sposa amata, chi ha fiducia in Me, Dio, si senta lieto, perché Io vedo e provvedo a tutto, conosco il grado di sopportabilità dei fatti.
Sposa amata, la natura obbedisce a Me perfettamente e non trasgredisce ai Miei Ordini: nulla avviene, che non permetta o voglia.
Conosco perfettamente le reazioni umane: se voglio che uno resti in vita, farò in modo che questo sia; se voglio che uno vada, egli certo andrà, ma, se è Mio, lo accolgono le Mie Braccia per farlo felice.
Mi dici: “Adorato, Adorato, Adorato, le Tue Parole mi fanno riflettere.
Si riempia la terra dello stuolo dei Tuoi angeli e operino, attivamente, al Tuo servizio.
Ogni uomo capisca che essi operano e non tremi l’anima sua.
Sposa cara, già ho dato Ordini precisi ad essi: ognuno è al suo posto.
Sia gioioso il cuore di chi è stato al Mio servizio e vive adorandoMi da mattina a sera, da sera a mattina.
Egli non deve temere, perché le Mie Braccia sono aperte per accoglierlo.
Tremino, certo, i Miei nemici, quelli che, credendoMi assente, hanno fatto ciò che è odioso al Mio Cuore; tremino e gemano, perché amaro sarà il loro salario!



La Mamma 08-02-2012
Figli cari e tanto amati, Mio Figlio Gesù è morto per ogni uomo, per salvarlo; non è morto solo per alcuni, ma per ogni uomo della terra, per la salvezza dell’Umanità di ogni tempo.
Capitelo, figli cari, capitelo in tempo, finché dura il tempo favorevole!
Pensate a quando venne il diluvio: ben presto gli uomini compresero che quella pioggia battente non cessava e cominciarono ad implorare, a supplicare, a gridare, perché l’acqua saliva, saliva ed invadeva tutto.
Imploravano; ma chi li ascoltò?
Supplicavano; ma chi venne in soccorso?
Gridavano; ma rispondeva il silenzio!
Figli amati, c’è un tempo favorevole ed un tempo diverso.
Chiedete Perdono a Dio dei vostri peccati, finché siete in tempo, finché dura quello favorevole!
Fate penitenza per i vostri peccati e supplicate il Perdono, finché dura il tempo favorevole.
Pregate! Pregate! Pregate, figli Miei, e fate sacrifici per la conversione dei peccatori che sono in gran numero, tra i quali molti impenitenti!
Figli amati, anche nelle città di Sodoma e Gomorra gli abitanti gridarono ed implorarono, mentre scendeva fuoco dal Cielo che distruggeva ogni cosa; ma anche allora ci fu il silenzio di Dio, perché essi non avevano colto il momento favorevole.
Figli amati del mondo, capite ciò che intendo dire.
Sono la vostra Madre del Cielo e vi amo, teneramente.
Vi voglio tutti, salvi e felici, con Gesù.
Chi non si è ancora deciso per il sì a Gesù lo faccia subito, senza indugio, perché il tempo può cambiare, improvvisamente.
Figli del mondo, prendete la Mia Mano e salvatevi tutti!



Gesù 10-02-2012
Sposa amata, opero con Potenza in questo tempo per cambiare i cuori, opero con grande Potenza, ma non tolgo la libertà di scelta: essa per Me, Dio, è un muro che Mi ferma non perché debba farlo, ma perché voglio farlo.
Sposa cara, può avere tutto chi desidera il Mio Tutto e nulla colui che ha rifiutato e continua a rifiutare.
Resta, felice, nel Mio Cuore e non avere timore alcuno: si salva chi vuole salvarsi, certo, si salva ed ottiene da Me tutto; ma non si salva chi rifiuta il Mio Dono.
Chi crede in Me, certo, avrà salvezza; ma chi non vuole credere si perde nell’abisso di eterna disperazione.
Sposa amata, conosca il mondo il Mio Messaggio e cambi, finché dura il tempo favorevole: quello della Misericordia, quello della Tenerezza, quello della Benevolenza; passato questo, potrebbe seguire quello del Mio Silenzio severo.



Gesù 12-02-2012
Sposa amata, gli uomini stanno facendo la loro scelta, ma non sono soli nel cammino: Io, Io, Gesù, voglio essere con loro per guidarli e sostenerli.
Sposa cara, nessuno è solo, nessuno è lasciato a stesso nel cammino, ma Io, Io, Gesù, cammino accanto all’uomo che Mi apre il cuore e Mi accoglie nella mente.
Per ogni uomo è il grande Dono dell’Eucarestia.
In questo sublime Sacramento, da Me istituito, c’è l’Incontro dell’anima con Me, Vero Dio, Vero Uomo: l’Infinito si incontra col finito per farlo sempre più simile a Se Stesso!
È questo un Incontro che prepara quello conclusivo.



Gesù 14-02-2012
Sposa cara, colui che vive in Me continuerà a farlo nell’eternità; ma chi ancora non vuole rischia molto, perché il Mio nemico ha molto potere ed opera con astuzia.
Sposa amata, pensa ad una fortezza assalita dai nemici, una, forte ed inaccessibile: chi è dentro è ben protetto; ma chi è fuori resta in balia del nemico, ha molta difficoltà.
Piccola sposa, l’uomo può salvarsi fino all’ultimo suo istante di vita; ma non pensare che il nemico resti inerte e si faccia facilmente sfuggire l’anima che ha puntato. Piccola sposa, egli usa la sua arte sottile e terribile per sedurre e confondere, usa anche il volto ingannevole dell’angelo di Luce per ottenere il suo scopo.
Ti dico: nessuno attenda l’ultimo momento per entrare nella Mia Fortezza d’Amore, perché le forze negative sono presenti ed il momento è forte.
Sposa cara, le Grazie scendono copiose, ma colui che ha il cuore lontano dal Mio è un cieco che non vede, un sordo che non sente, uno zoppo che cammina a fatica.
Capisci che è difficile la salvezza per costui non perché Io, Io, Gesù, non la voglia dare, ma perché egli non la vuole e la rifiuta, continuamente.
Sposa cara, chi implora il Mio Perdono, certo, lo ottiene, se il suo cuore è sincero; ma quanti in questo tempo implorano il Mio Perdono con cuore umile e sincero?
Sposa amata, chi chiede Perdono, senza sincerità e senza alcun proponimento di emendarsi, costui non è sincero e non viene perdonato.
Lo capisca il mondo e cambi!




Gesù 19-02-2012
Sposa amata, non voglio essere accolto per forza: busso alla porta con delicatezza, non la sfondo.
Piccola sposa, chi sente il Mio tocco non perda un istante, ma apra subito, subito, finché è in tempo ed il momento è favorevole.
In quanto al Perdono, piccola Mia sposa, lo concedo a chi lo chiede con cuore sincero e con l’intenzione di migliorare la sua condotta.
Guai a colui che chiede, chiede, senza intenzione alcuna di ravvedersi!
Pensi che costui possa avere il Perdono?
No. Ti dico: non lo riceve e resta senza la soluzione.
Sposa amata, voglio elargire la Mia Misericordia ad ogni uomo.
Questo è il Mio Desiderio, ma non costringo alcuno ad accoglierla, se non vuole. Costui avrà la Perfetta Giustizia che tiene conto anche delle ombre di peccato.
Sposa amata, bene hai detto che Io, Io, Gesù, concedo ancora Grazie su Grazie al mondo, anche se gravemente immeritevole.
Lo faccio per i Miei Meriti Infiniti, uniti a quelli anche della Madre Mia Che supplica ed intercede insieme ai piccoli più piccoli, una schiera che si è unita a Lei nella supplica e nel servizio al Mio Progetto.
Sposa amata, ogni uomo colga il momento favorevole per cogliere la Mia Misericordia e salvarsi.
Si colga l’oggi e non si aspetti domani, perché ti dico e ti ripeto che il domani sarà diverso dall’oggi, per Mia Volontà.
Colga il mondo il Mio Messaggio e ognuno pensi a salvare la sua anima: a che serve all’uomo possedere tutte le ricchezze del mondo, se perde la sua anima?




La Mamma 19-02-2012
Figli cari e tanto amati, vi ho parlato molto in questi anni e voi avete ascoltato con gioia i Miei Messaggi.
Ora è il tempo di viverli fino in fondo, senza tralasciare nulla.
Piccoli Miei, il Mio Cuore vuole salvarvi tutti; ma vi sono quelli che ancora Mi rifiutano e per questi provo un grande Dolore, perché conosco le conseguenze di questo rifiuto.
Figli amati, vi chiedo anche, in questo nuovo giorno, di rivedere i Miei Messaggi per capire se li avete vissuti veramente.
Piccoli cari, sono la vostra Madre del Cielo e vi amo tutti, ma non posso salvare chi non vuole essere salvato.
Figli, vi chiedo ancora di prepararvi al Cielo!
Giorno dopo giorno, lasciate un poco il pensiero delle cose terrene e fissatelo al Cielo. Figli amati, la vostra patria non è la terra, ma il Cielo; ricordatevi che siete come quei bei fiori che oggi ci sono e domani non sono più!
Non pensate, figli amati, non pensate alla morte con tristezza, come fanno quelli che non credono; pensate ad essa come ad un Incontro meraviglioso con la Persona più amata: voi incontrate Gesù, Gesù, Che adorate giorno e notte, notte e giorno nel vostro cuore!
Preparatevi tutti a questo Incontro con l’adorazione.
Figli amati, vi prendo tutti per mano e vi porto a Gesù per essere felici e godere della Sua Pace meravigliosa.



Gesù 20-02-2012
Amata sposa, il tempo del cambiamento è questo.
La terra, però, prima di essere rinnovata da capo a fondo, deve essere purificata da capo a fondo.
Questo già sta avvenendo, gradualmente; ma le ultime fasi saranno più celeri.
Sposa cara, chiedo ad ogni uomo che Mi appartiene di fare la sua parte con umiltà e, nell’attesa del profondo cambiamento, Io, Io, Gesù, opero in ogni uomo con Potenza, in ogni uomo che Mi ha spalancato le porte del cuore.
Con questi servi, fedeli ed ardenti, cambierò la faccia della terra!
I cuori gioiosi diano gioia, quelli dove scorrono i fiumi di pace l’offrano con generosità a chi l’ha perduta o non l’ha mai avuta.
Sposa fedele, grandi cose voglio fare in questo terzo millennio: grandi saranno le Mie Meraviglie!



Gesù 21-02-2012
Sposa cara, gli uomini del terzo millennio hanno creato un mondo dove Io, Io, Dio, ho poco posto o non l’ho affatto.
Non sono il primo pensiero per gli uomini del terzo millennio, ma l’ultimo, ecco perché vedi intorno angoscia e dolore, poca speranza e tanta inquietudine.
Sposa amata, guai a coloro che Mi hanno dato nel cuore l’ultimo posto; guai a quelli che osano vivere come se Io non fossi, sposa amata: dura sarà la loro fine, perché, quando chiameranno, non li ascolterò, quando supplicheranno, sarò sordo!
Sposa amata, ascolta bene la Mia Parola e portala al mondo, gelido ed incredulo.
Se vedi un uomo che geme nella purificazione, non ti rattristare e non tremare, neppure se essa è dura e faticosa da sopportare: quell’anima può salvarsi, anche se grande è il suo peccato.
Rattristati molto, però, se vedi un grande peccatore che non è in purificazione, adeguata al peccato: la sua anima è in pessime condizioni ed ha poche speranze di salvezza!
Proprio per queste anime sia ardente la preghiera e continua la supplica di intercessione.
Si capisca che la purificazione, anche la più dura, è Grazia, vera e grande, per la salvezza delle anime.
Si benedica il dolore, perché è il vero mezzo di salvezza, se accettato per Mio Amore e sopportato con pazienza.
Sposa amata, parla al mondo della Mia Infinita Misericordia, ma ripeti anche che colui che la rifiuta cadrà nella rete sottilissima della Mia Perfetta Giustizia!
Il Mio Cuore vuole la salvezza di ogni anima, ecco perché la purificazione sarà sempre più profonda e diffusa.



La Mamma 26-02-2012
Figli cari e tanto amati, Dio vi concede questo tempo prezioso per purificare il cuore e la mente con la penitenza e la preghiera.
Non perdete neppure un solo istante di questo tempo donato: è questo il momento di supplicare il Perdono con cuore sincero e ravvedersi!
Pensate a ciò che accadde a Ninive?
Il profeta parlò con chiarezza.
Giona annunciò per la grande città il castigo, se avesse proseguito nella malvagia condotta.
Tutti capirono, tutti fecero penitenza e la città fu risparmiata.
Figli amati, capite bene che il mondo non può proseguire nel suo grande peccato, deve ravvedersi per avere Perdono e Pace, altrimenti ci sarà il castigo.
Figli cari del mondo, capite che dovete tutti tornare a Dio con la mente e con il cuore? Supplicate il Perdono, figli amati, e pentitevi dei vostri peccati.
Fatelo subito e non aspettate!
Andate col pensiero al tempo di Sodoma e Gomorra, al tempo del diluvio, quando si salvarono solo otto persone.
Figli amati, ascoltate le Mie Parole e salvatevi!
Avete la preghiera ed il digiuno come armi preziose; usatele e la gioia scorrerà per le strade del mondo.




Gesù 01-03-2012
Sposa amata, chiedo la testimonianza dai Miei più cari amici, chiedo l’ardore del cuore nella preghiera; i tempi sono risolutivi e le fasi da ora in poi si succederanno più rapidamente.
Mi dici: “Santissimo Gesù, prendi al Tuo servizio ogni uomo; nessuno resti in ozio, Santissimo Signore.
Il mondo cambi in fretta e si decida ogni uomo per Te.
Il mondo cambi in fretta e ognuno faccia la Tua Volontà e non la sua.
Il mondo cambi in fretta e ogni uomo faccia della sua vita un poema d’amore per Te, Gesù, Che sei il Re dell’Universo, Che sei la Dolcezza Infinita per ogni cuore, sei il Balsamo Soave per ogni anima.
Adorabile Gesù, il maligno imperversa, perché osa pensare di dominare nel mondo, al posto Tuo.
Grande è sempre stata la sua superbia, ma ora lo è anche di più; è tutto inganno ed arroganza: è l’eterno ribelle!
Torni il maledetto nel suo regno di tenebre e di morte!
Questa è la mia umile supplica: torni nel suo regno di tenebre e di morte e lasci la terra!
Sposa amata, già il nemico sarebbe debole ed impotente, se gli uomini avessero obbedito a Me, Dio, e non a lui.
Vedi che gli uomini sono docili alla Mia Volontà, vedi che nel mondo si fa la Mia Volontà?
No, ti dico, sposa amata, no, ti ripeto: nel mondo si fa ciò che il nemico vuole e non quello che Io, Io, Dio, voglio.
Sposa amata, avrà Misericordia chi vuole Misericordia. Misericordia darò a chi la implora con cuore ardente e sincero; per gli altri ci sarà la Mia Perfetta Giustizia.



Gesù 07-03-2012
Sposa amata, sai che non amo la tiepidezza; ricorda le Mie Parole:
“Non sei né caldo né freddo, perciò ti respingo”.
Ecco quello che ti dico: guai ai tiepidi della terra; Mi fanno disgusto!
Guai agli ipocriti della terra; li respingo!
Guai a chi vive, osa vivere come se Io, Io, Dio, non fossi il Creatore di tutto, il Salvatore di ogni uomo, lo Spirito d’Amore!
Guai a chi spreca la sua vita in stoltezze di ogni tipo, come fanno molti in questo tempo: duro, duro, sposa Mia, sarà il Giudizio per costoro.
Sposa cara, fedele sposa, ognuno avrà secondo quanto ha voluto darMi.
Pensa, rifletti, su coloro che hanno passato la vita senza darMi lode alcuna, senza ringraziarMi: che hanno fatto costoro della loro vita?
Pensi che nel tempo presente questi siano pochi?
No ti dico, no Ti ripeto: sono in gran numero e stancano la Mia Pazienza!
Questi meriterebbero di essere spazzati via dalla faccia della terra da un momento all’altro; ma, per le suppliche dei piccoli tutti Miei, stretti vicino alla Madre del Cielo, ancora li lascio in attesa di un ravvedimento che non viene.
Li ho lasciati, sposa cara, come ti ho detto, in attesa del loro ravvedimento, ma il loro tempo è scaduto: viene quello nel quale vengono pesati, ad uno ad uno, sulla Mia Perfetta Bilancia e ciascuno avrà secondo il demerito suo.



Gesù 09-03-2012
Sposa amata, sposa cara, chiedo penitenza e preghiera, chiedo conversione del cuore; ma non trovo chi faccia penitenza e chi desideri cambiare il cuore.
Chiamo a Me ogni essere umano della terra per toglierlo dalla sua miseria; ma non trovo che cuori gelidi ed induriti!
Ho concesso un tempo, più tempi, ma poco è cambiato: il mondo non vuole convertirsi a Me!
Eppure, ormai, il Mio Nome è in ogni angolo della terra ed il Mio Vicario parla e pronuncia le Mie Parole davanti ad ogni popolo e nazione.
Ognuno si affretti ad ascoltare la sua parola che è la Mia Parola.
In questo momento grandi sono le sue sofferenze, per ciò che accade nel mondo, ma Io, Io, Gesù, lo sostengo.
La Mia Chiesa è attaccata, ma ricorda le Mie Parole: le forze dell’inferno non prevarranno su di essa!
Ricorda sempre queste Mie Parole.
Quando la vedrai attaccata da ogni parte, ripeti nel cuore la Mia Frase e falla sentire anche agli altri che sono vicini alla perdita della speranza.




Gesù 11-03-2012
Sposa amata, ascolta bene le Mie Parole e trasmettile al mondo: è in atto una grande purificazione quale mai così è stata nel corso della storia.
Questa Io, Io, Dio, permetto, così come il Padre caro permise la Mia tentazione nel deserto.
L’uomo in purificazione non è lasciato solo, ma viene aiutato e sostenuto: ho mandato sulla terra schiere di angeli per aiutare gli uomini in difficoltà.
Mi dici: “Dolce Amore, vedo accadere cose dure ed amare.
Perché gli angeli non sono intervenuti in quel momento a lenire le grandi sofferenze?
Sposa amata, sappi che ogni uomo è aiutato secondo la sua volontà di essere aiutato. Capisci che c’è chi l’aiuto non lo vuole, lo rifiuta.
Rispetto sempre la libertà umana; sempre la rispetto: non voglio essere accolto controvoglia!
Busso alle porte del cuore, ma non le sfondo, quando esse non si vogliono aprire. Mando aiuto ad ogni uomo, sapendo il suo bisogno; ma sono molti che lo rifiutano ed aumentano le loro sofferenze.
Sposa amata, chi rifiuta di uscire dal tunnel del peccato e non si vuole impegnare nel ravvedimento, colui che dice “Sto bene così” e nulla fa per cambiare, costui è uno che rifiuta il Mio Aiuto: assomiglia a chi, davanti ad un ricco banchetto, sceglie di morire di fame, a colui che, vicino ad un fiume dalle acque fresche e gradevoli, preferisce morire di sete.
Sposa Mia cara, pensi che siano pochi costoro?
No. Ti dico: sono molti, veramente molti ed aumentano il loro dolore!




Gesù 16-03-2012
Sposa amata, pensi che il mondo si stia ravvedendo dalla sua vuota condotta?
Pensi che gli uomini ascoltino le Mie Parole?
No. Ti dico: questa generazione ha il cuore gelido e non vuole ascoltare la Mia Voce. Chiedo penitenza, ma nessuno la fa, neppure quelli che Mi hanno fatto tante promesse. Ho detto: uomini del terzo millennio, chiedete Perdono dei vostri peccati ed Io, Io, Gesù, vi perdonerò.
Questo ho detto; ma non sono stato ascoltato!
Continuo a bussare alle porte del cuore; ma chi Mi apre?
Sposa cara, se il mondo mantiene il silenzio verso di Me, Io, Io, Dio, starò in silenzio, quando a Me si rivolgeranno nella necessità.
Pensa sempre a ciò che avvenne nel passato: al tempo del diluvio che avvenne? Quando tutti si accorsero che le acque sommergevano ogni cosa, pensi che gli uomini siano stati zitti?
No. Ti dico: tutti imploravano per avere salva la vita; ma chi si salvò?
Solo Noè e la sua famiglia che stavano nell’arca.
Al tempo di Sodoma e Gomorra, quando il fuoco scendeva dal Cielo e tutto bruciava, pensi che gli uomini non implorarono di avere salva la vita?
Certo che lo fecero, ma si salvò una sola famiglia: quella del giusto Lot.
Quello che è accaduto, sposa Mia, non potrebbe ancora accadere?


Gesù 17-03-2012
Sposa amata, ho scritto col Mio Dito nel cuore dell’uomo la Mia Legge.
Prima di scriverla sulle tavole di pietra, l’ho tracciata nel cuore umano, in ogni cuore ed ho detto: uomo, questa è la Legge da seguire, alla quale obbedire, è la Legge da amare!
Questo ho detto, piccola Mia sposa, ma l’uomo non la vuole seguire, non vuole obbedire.
Ti dico che gli uomini, in gran parte, peccano di superbia, non vogliono fare ciò che Io, Io, Dio, chiedo, ma ciò che essi vogliono.
Ecco perché l’uomo non è felice: perché chi pecca e non vuole obbedire alla Legge va contro se stesso, anzitutto, e non danneggia Me, Dio, ma se stesso!
Piccola sposa, l’Umanità presente cerca la sua rovina, allontanandosi da Me, Dio, col peccato sociale e la inosservanza delle Leggi.
Non può essere Mio colui che non si sforza di passare per la via stretta!
Non può essere Mio chi non combatte contro il peccato, ma da esso si lascia schiavizzare!
Parla, piccola sposa, parla al mondo e ripeti le Mie Parole: chi non si vuole svegliare dal sonno e dal torpore di morte, nel quale è caduto, costui assomiglia a chi dorme, mentre tutte le sue cose vanno in rovina.
Ti dico che molto amaro sarà il risveglio!



Virgo Maria Dei Genitrix Jesum ora pro me.
Virgo et Mater da mihi Ut semper tui sim memor.



martedì 24 aprile 2012

FRA FEDELE da Sigmaringen






Lo chiamavano "l'avvocato dei poveri" perché difendeva gratuitamente coloro che non avevano denaro a sufficienza per pagarsi un avvocato. Marco Reyd - il futuro cappuccino fra Fedele - nato a Sigmaringen, in Germania, nel 1578, si era laureato brillantemente in filosofia e in diritto all'università di Friburgo in Svizzera, e aveva intrapreso la carriera forense a Colmar in Alsazia. Più portato ai severi studi filosofici che alle arringhe in tribunale, Marco Reyd accolse con entusiasmo l'invito del conte di Stotzingen, che gli affidava i figli e un gruppo di giovani promettenti perché li avviasse agli studi e alla conoscenza dei problemi del mondo contemporaneo.

Soggiornando per ben sei anni nelle diverse città dell'Italia, della Spagna e della Francia, impartì ai giovani e nobili allievi anche utili ammaestramenti che lo fecero ribattezzare col nome di "filosofo cristiano". Poi all'età di 34 anni, abbandonò ogni cosa e tornò a Friburgo, stavolta al convento dei cappuccini e indossò l'umile saio di S. Francesco. Preposto per la sua saggezza alla guida di vari conventi, mentre copriva l'incarico di guardiano al convento di Weltkirchen gli abitanti della regione ebbero modo di ammirare la sua straordinaria carità e coraggio nell'assistenza ai colpiti dalla peste.


Dalla Congregazione di Propaganda Fide ebbe l'incarico di recarsi nella Rezia, in piena crisi protestante. Le conversioni furono numerose, ma l'intolleranza di molti finì per creare attorno al santo predicatore una vera ondata di ostilità, soprattutto da parte dei contadini calvinisti del cantone svizzero dei Grigioni, scesi in guerra contro l'imperatore d'Austria. Più che scontata quindi l'accusa mossa a fra Fedele d'essere un agente al servizio dell'imperatore cattolico.


Il santo frate continuava impavido la sua missione, recandosi di città in città a tenere corsi di predicazione.
"Se mi uccidono - disse ai confratelli, partendo per Séwis - accetterò con gioia la morte per amore di Nostro Signore. La riterrò una grande grazia". Era poco meno d'una profezia. A Séwis, durante la predica, si udì qualche sparo. Fra Fedele portò ugualmente a termine la predica e poi si riavviò verso casa. All'improvviso gli si fecero attorno una ventina di soldati, capeggiati da un ministro, che in seguito si sarebbe convertito. Gli intimarono di rinnegare quanto aveva predicato poco prima. "Non posso, è la fede dei vostri avi. Darei volentieri la mia vita perché voi tornaste a questa fede". Colpito pesantemente al capo, ebbe appena il tempo di pronunciare parole di perdono, prima di essere abbattuto a colpi di spada. Era il 24 aprile 1622. Fu canonizzato nel 1746 da Benedetto XIV.

Autore: Piero Bargellini


 NOS CUM PROLE PIA
BENEDICAT VIRGO MARIA

Come non lasciarsi boicottare il Mutu Proprio: Summorum Pontificum



FACTA LEX INVENTA FRAUS (Come non lasciarsi boicottare il Mutu Proprio)


FACTA LEX INVENTA FRAUS (Come non lasciarsi boicottare il Mutu Proprio)

Fatta la legge, trovato l’inganno. Questo adagio compendia l’opera di chi non intende sottomettersi alla mens, cioè allo spirito della legge, ma simula una farisaica obbedienza alla lettera. Talvolta l’obbedienza è soltanto apparente, e nei fatti la legge è sostanzialmente infranta. Non fanno eccezione le leggi della Chiesa, specialmente quelle che obbligano e vincolano il reverendo Clero: non è un caso se in passato la saggezza dei Pastori accompagnava i sacri canoni con le pene per chi li avesse infranti: ad esempio, il chierico che partecipava al Carnevale era colpito da scomunica, e da una ammenda in denaro. Così, o per sacro timor di Dio, o per non dover pagar la multa, la disciplina era praticata dai più. D’altra parte, nullum jus sine poena: promulgare una norma che non preveda una sanzione equivale a non darle forza cogente. Per questo motivo, quando Giovanni Paolo II promulgò una legge che obbligava i sacerdoti all’uso dell’abito ecclesiastico, il card. Oddi ebbe a dirgli che, non essendo prevista alcuna sanzione canonica comminata ai trasgressori, difficilmente avrebbe trovato pronta esecuzione. E difatti oggi è raro veder sacerdoti e prelati in clergyman, ancor più raro in veste talare.

Anche il Motu Proprio è una legge della Chiesa, promulgata con tutte le caratteristiche di un documento in cui si esprime il Magistero Apostolico del Sommo Pontefice. Ciò dovrebbe essere sufficiente per portare ogni chierico, in uno spontaneo slancio di fedeltà al Vicario di Cristo in terra, ad obbedirvi senza esitazione, sapendo cogliere l’intenzione dell’augusto Legislatore. Se non fosse che l’autorità del Papa e dei Vescovi è messa in discussione da chiunque, non appena si discosta di un et dal superdogma conciliare ed ecumenico. E mentre non si esita a tramutare in articoli de fide anche le opinioni private e personalissime del Papa se le si trova di proprio gusto – e questo, occorre dirlo, è un atteggiamento assolutamente bipartisan – ecco che anche un atto del Supremo Magistero viene fatto oggetto di mille distinguo, o completamente ignorato, se non addirittura pubblicamente contestato, quando non coincide con le proprie convinzioni.

Ad ogni modo, premesso che l’obbedienza dei chierici secolari non è mai stata una delle virtù in cui amassero cimentarsi, non stupisce che anche il Motu Proprio si sia dovuto infrangere quasi sempre contro la pertinacia dei suoi avversari. I più dichiarati non simulano nemmeno di obbedire, e affermano ore rotundo di non avere alcuna intenzione di applicarlo: i casi sono noti a tutti e finiscono per sortire effetti controproducenti. Infatti, se un Vescovo fa strame della Summorum Pontificum e vieta la Messa Romana 
 in tutte le chiese della propria Diocesi, la Commissione Ecclesia Dei non può esimersi dall’intervenire, con maggiore o minore diplomazia. In ogni caso, la lettera in cui la Santità di Nostro Signore accetta le dimissioni di quel Prelato per raggiunti limiti di età è già pronta sul Sacro Tavolo. Chi fa la voce grossa serve soprattutto a chi si guarda bene dall’emularlo mettendosi in mostra: al massimo si potrà deplorare con qualche confratello – sorbendo il caffé dopo una riunione dell’Episcopato – il clima di epurazione e di intimidazione di questo Pontificato.

I più astuti, invece, si mostrano a parole tra i più accondiscendenti, salvo poi imporre la propria volontà contro la volontà sovrana del Papa, a cui pure sono immediatamente soggetti. Arriva dunque il giorno che il segretario particolare, con aria imbarazzata, porge al Presule la lettera, regolarmente protocollata dalla Cancelleria, in cui un gruppo stabile di fedeli, ai sensi e per gli effetti degli articoli tale e talaltro del Motu Proprio Summorum Pontificum, chiede all’Ecc.mo Ordinario la celebrazione della Messa secondo l’edizione del Missale Romanum del 1962 promulgato dal beato Giovanni XXIII.
Errore: non ci si deve MAI rivolgere all’Ordinario, ma al proprio Parroco. In primo luogo perché così stabilisce il MP; in secondo luogo perché si dimostra di conoscere i propri diritti, e si dà la possibilità al Parroco di acconsentire generosamente senza che l’ordine gli venga dall’alto. Il Parroco non deve chiedere nessun permesso al Vescovo, visto che la celebrazione della Messa tridentina è un diritto del fedele. Ed ancor meno dovrà chiedere il permesso per celebrarla privatamente, dal momento che anch’esso è un diritto riconosciuto dal Papa a tutti i sacerdoti. Quindi all’Ordinario non si deve chiedere alcunché. Al massimo lo si potrà informare, a cose fatte, ammesso che non ne sia già al corrente grazie alla rete di informatori di cui dispone. Che se poi vorrà intervenire, con un abuso, impedendo l’esercizio di tale diritto, dovrà farlo autonomamente, e senza trovarsi nella condizione di potersi organizzare preventivamente dissuadendo, temporeggiando, intimidendo, cercando scuse. Agli ecclesiastici, massime ai Prelati, non piace dover prendere iniziative, sollevando polemiche sulla stampa e attirando l’attenzione dei Superiori. Quindi, se il Vescovo vorrà proprio proibire la Messa antica, dovranno farlo dopo che il Parroco sarà stato interpellato dai fedeli. Valuterà i pro e i contra e si muoverà di conseguenza.

Alla prima lettera di solito non viene dato seguito. Si vuol vedere se il coetus fidelium è veramente convinto e determinato. E infatti dopo alcune settimane giunge una seconda lettera, che non è più possibile ignorare. Viene quindi convocato in Curia il rappresentante del gruppo stabile. Giunto il giorno fatidico, ecco il nostro delegato, col vestito della festa, in anticamera. Una mezz’ora almeno di attesa serve sempre ad ricordargli che certi usi rinascimentali della Corte Papale vigono anche nel postconcilio. Finalmente il laico viene fatto entrare ed è accolto dal Vescovo in veste filettata, che di buon grado si lascia baciare l’anello, e che con sorrisi e gesti benevolenti fa accomodare l’intimidito interlocutore. Le domande iniziano vaghe e generiche: come sta il suo parroco, come va la famiglia, e tutto il repertorio dei convenevoli che preannunciano un terzo grado.

Si viene quindi sottoposti ad un fuoco di fila di domande incalzanti: chi siete? cosa volete? perché proprio adesso? in che rapporti siete con i lefebvriani? avete persone politicamente impegnate a destra nel vostro gruppo? Ovviamente il poveretto è semplicemente il primo firmatario della richiesta di altri semplici conoscenti, tutte persone normalissime, padri di famiglia, studenti, qualche persona anziana. E a queste domande il nostro delegato risponde imbarazzato, in modo impreciso e dicendo di non conoscere le idee politiche degli altri fedeli.
Errore: il coetus fidelium non è una associazione o un sodalizio, ma un semplicissimo gruppo stabile di persone con l’unico immediato interesse in comune di avere la celebrazione della Messa tridentina. Quindi non si è tenuti in alcun modo a fornire né elenchi di aderenti, né referenze, né patenti di irreprensibilità politica. Ma si suppone che effettivamente i membri del gruppo siano persone per bene, politicamente moderate e che non vogliono usare la Messa come alibi per altri scopi. Secondo alcuni pareri autorevoli, il gruppo può essere composto da pochi fedeli: tre o quattro persone possono bastare, ma quando si ha a che fare con chi cerca pretesti è più prudente raccogliere almeno una ventina di adesioni.

Altro caso: il delegato è in effetti membro di un’associazione laicale e risponde dando referenze, indicazioni sui ruoli di ciascuno del gruppo, sul suo lavoro e via elencando.
Errore: una associazione laicale, a rigore, dovrebbe rivolgersi al proprio Cappellano, per analogia con quanto deve fare un normale fedele con il proprio Parroco, ossia con colui alla cui cura pastorale egli è affidato. Quindi si dovrà evitare meticolosamente di sovrapporre le cose: se una associazione chiede la Messa antica, le verrà assegnata probabilmente una chiesa non parrocchiale, dove i suoi membri potranno seguirla in quanto membri dell’associazione. Esattamente come i Carismatici, i Focolarini, i Ciellini, gli Alleantini ecc. Viceversa, se la Messa viene chiesta al Parroco dai suoi fedeli, i membri dell’associazione potranno rivolgersi ognuno nella propria chiesa, raccogliendo qualche conoscente, e moltiplicando esponenzialmente il numero di Messe richieste. Si tenga presente che – anche alla luce dell’esperienza di questi anni – molto spesso vi sono fedeli che scoprono quasi per caso l'usus antioquior vedendolo celebrare nella propria parrocchia, e quanti inziano ad assistervi magari per curiosità quasi sempre diventano assidui e partecipi a questo rito. Quindi è più che opportuno non considerare la Messa come appannaggio di un gruppo, ma al contrario favorirne la diffusione nel maggior numero di Parrocchie della Diocesi. E si dovrà fare in modo che i fedeli non si sentano membri coaptati di un’organizzazione particolare, ma semplicemente normali parrocchiani. La ghettizzazione è una tentazione cui cedono in molti: da un lato quanti mirano a separare i corpi estranei, i nostalgici del rito antico; da un altro proprio quegli strani, che con quella scusa possono far quel che credono, a dritto e a rovescio, confermando troppo spesso le riserve dei loro oppositori. Ogni Diocesi conta qualche eccentrico che smania di risponder cerimoniosamente Ad Deum, qui lætificat juventutem meam in veste e cotta, con enfatici salamelecchi e petulanti correzioni al povero inesperto celebrante, che si arabatta col foglietto non ancora mandato a memoria. Questa schiera di infelici è croce e delizia utriusque ritus, e pure i progressisti se li devono sorbire a declamare È parola di Dio arrampicati all'ambone o a vagare in presbiterio per sistemare i microfoni. E mentre la Messa in parrocchia consente anche ai chierichetti di conoscere i tesori dell’antica liturgia, la Messa di un’associazione rischia di diventare palcoscenico di stravaganti, esteti ed appassionati de’ begli arredi. Il tutto a discredito della buona causa e a vantaggio dei detrattori, ai quali viene offerta su un piatto d’argento la testa del povero sacerdote attorno al quale costoro dondolano il turibolo o intonano il Graduale.

Il Vescovo non risponde mai immediatamente. Di solito la risposta si fa attendere parecchio, con la speranza che – al pari delle lezioni scolastiche – si arrivi abbastanza vicino alle ferie per poter rimandare tutto all’autunno successivo, o all’anno dopo. Certo è che, quando un Prelato risponde Vedremo ci si può già metter l’animo in pace, perché in linguaggio curiale questo è un No. Si deve tener conto che ogni decisione importante è preceduta da una consultazione dei notabili di Curia e, non di rado, dell’intero Presbiterio, ossia di tutti i sacerdoti della Diocesi, o quantomeno dei Parroci. Di questi chiari di luna, va da sé che su cento sacerdoti almeno novanta sono contrari al MP e faranno di tutto per significarlo a Sua Eccellenza. Anzi: quanto più il loro numero dovesse essere esiguo, tanto maggiore sarà lo strepito che faranno. I favorevoli o gli indifferenti, da bravi chierici, si guardano bene dal dirlo e tacciono come San Pietro nel cortile del Pretorio, ut videret finem, per vedere come va a finire.
Ecco un altro motivo per il quale non è opportuno rivolgersi al Vescovo: si permette una levata di scudi da parte degli oppositori del MP mentre, se si chiede la Messa al Parroco, questi verrebbero eventualmente coinvolti solo dopo, e a cose fatte. E non ci si lasci intimidire con l’accusa di organizzare colpi di mano: l’esercizio di un diritto non esclude di ricorrere ad una strategia che consenta, nei confini della liceità e della correttezza, di raggiungere lo scopo che ci si prefigge. Se si vuole invece fare una semplice battaglia di principio, ci si scontrerà inesorabilmente contro l’autorità dell’Ordinario – ancorché esercitata abusivamente – e non si otterrà l’applicazione del MP.

Alla fine la lettera del Vescovo arriva. Sulla carta pregiata campeggia lo stemma di Sua Eccellenza, col numero di protocollo e tutti i crismi di un documento di Curia, perfino il sigillo e la firma del Cancelliere. La prima eventualità è che l’Ordinario non accolga la richiesta: ed ecco confermato il motivo per cui non si deve chiedere il permesso di esercitare un diritto a chi non solo non è competente a concederlo – dal momento che un’Autorità a lui superiore l’ha già fatto – ma che, una volta interpellato, ha la possibilità de facto di negarlo. È proprio nel momento in cui ci si è rivolti al proprio Vescovo che gli si è riconosciuta la potestà di decidere, in deroga al dettato del MP.

La seconda eventualità è che temporeggi. Anche in questo caso, chiedendo al Parroco si sarebbero evitati questi problemi.

La terza eventualità è che Sua Eccellenza si degni acconsentire, destinando una chiesa non parrocchiale alla celebrazione della Messa, in determinate circostanze e a certi orari, per coloro che l’hanno chiesta. Una Messa festiva – o prefestiva con validità di precetto – magari ogni due domeniche. Nella più rosea delle ipotesi, Messa tutte le domeniche e feste comandate. Ed ecco i firmatari della petizione a gioire
anch’io festevole e a diramare comunicati stampa alla gazzetta locale e su tutti i siti tradizionalisti di internet. Una conquista per la Tradizione! Un gesto che rivela lo zelo pastorale del Vescovo!
Errore: la designazione di una chiesa non parrocchiale non è conforme al MP, ma all’Indulto che Giovanni Paolo II promulgò nel 1988 e che è stato abolito dalla Summorum Pontificum. L'Istruzione applicativa prevede la mera possibilità di questo, ma la via ordinaria è la richiesta al Parroco. Quindi chi crede di aver ottenuto qualcosa nel momento in cui gli viene accordata una riserva liturgica in cui godersi la Messa tridentina si sbaglia: viene ghettizzato, e si rende ben più difficile la diffusione di altre Messe nella Diocesi. Se infatti la Messa antica viene celebrata in una parrocchia per i suoi fedeli, si può coerentemente replicare anche nelle altre, in cui vi siano altri fedeli intenzionati ad avvalersi di quel diritto. Ma se ci si fa destinare una chiesa a parte, questa esaurirà quasi sicuramente ogni ulteriore richiesta, e qualsiasi fedele potrà esservi indirizzato. E si noti che questa ghettizzazione è quanto di più alieno possa esservi dallo spirito dell’antica liturgia, che è romana, cioè della Chiesa di Roma a cui apparteniamo, e non monopolio di un gruppo. Il Cattolico rifugge dalle sette, e giustamente: egli vuole solo la Messa, nella chiesa in cui è stato battezzato, in cui ha imparato il Catechismo, in cui si è sposato, in cui è conosciuto dal proprio Parroco, ma dove comunque non si sente escluso o separato dai suoi amici e conoscenti. Troppo tardi, a questo punto, chiedere che il Vescovo torni sui propri passi: l’errore iniziale ha compromesso tutto e se si protesta si verrà facilmente accusati di essere incontentabili, di avere troppe pretese, di non tener conto delle esigenze pastorali ecc.

Quando un Vescovo, senza che vi siano palesi violazioni delle condizioni previste dal MP, rifiuta di accordare la Messa tridentina, ci si può rivolgere alla Pontificia Commissione Ecclesia Dei, ora incorporata nel Sant’Uffizio – pardon – nella Congregazione per la Dottrina della Fede. Come sempre, il prestigio del Prelato è pari al suo peso dinanzi alla Commissione, per cui è raro che giungano intimazioni o ordini perentori a un Cardinale o un Arcivescovo. Di solito il primo passo è una telefonata di cortesia da parte di un qualche Monsignore, con cui si prega Sua Eccellenza di voler dar seguito alle richieste dei suoi fedeli. Se l’Ordinario è un porporato, lo chiamerà il Presidente della Commissione, anch’egli Cardinale e Prefetto di Congregazione. Quando le difficoltà aumentano, parte la lettera riservata. Raramente vengono prese misure ulteriori. Di per sé, essendo ora un organo del Sant’Uffizio, la Commissione opera come un Dicastero Papale, ma se un Vescovo disobbedisce apertamente al Papa, probabilmente non avrà scrupoli a disobbedire anche a chi parla a nome del Papa. In ogni caso non si scatena certo una guerra per quattro laici che vogliono l’antica liturgia. E intanto il tempo passa.

Ipotizziamo ora che i fedeli si accontentino di una chiesina del centro, in cui appagare il proprio bisogno di liturgia romana. Chi sarà il celebrante? Nove volte su dieci è un sacerdote che non celebra la Messa antica da quarant’anni, e forse non l’ha mai vista celebrare nemmeno da piccolo. Se non ha mai celebrato la forma straordinaria quand’era ordinaria, avrà imparato a celebrare alla bell'e meglio il Novus Ordo in italiano, senza alcuna formazione rituale e cerimoniale. Probabilmente non sa nemmeno il latino, e questo è un problema ulteriore e molto grave, poiché è indispensabile che il sacerdote capisca immediatamente ciò che legge sul Messale. Se invece è stato ordinato prima del Concilio, si ricorderà qualcosa, con le mille variazioni indotte dal nuovo rito. Chi vuole boicottare il MP si diverte un mondo a mettere in riga qualche pretino indocile, affidandogli questo ingrato incarico. Quindi sarà arduo insegnargli qualcosa, anche ammesso che si sia in grado di imparare.
Errore: non è compito dei fedeli insegnare al Clero come dir Messa secondo l’antico rito. Di per sé si dovrebbe pretendere dal Vescovo che dia indicazioni al celebrante affinché, prima di iniziare la celebrazione, la studi nei minimi dettagli e ne impari bene tutte quelle parti che si devono sapere sub gravi a memoria. Se poi, per spirito di collaborazione, c’è chi può aiutare in quest’opera di formazione liturgica, ben venga: ma si valuti attentamente che sia effettivamente una persona competente e di provata capacità, altrimenti si aggiunge errore a errore. In ogni caso, dovrebbe esser buona norma che fossero altri sacerdoti, magari di qualche Istituto legato alla liturgia tridentina, a farsi carico di insegnare al celebrante a dir Messa correttamente.

Se si pensa alla sacralità del Santo Sacrificio, verrà naturale fare in modo che tutto il rito segua scrupolosamente le norme e le disposizioni della Chiesa. Eppure qualcuno, sotto l’influenza nefasta del libertinaggio rituale di gran moda, dirà che all’inizio si può esser tolleranti sul modo in cui viene celebrata la Messa antica. Fotocopie per le preghiere ai piedi dell’altare, inchini assenti, Canone letto ad alta voce, genuflessioni omesse, dita disgiunte dopo la Consacrazione e via elencando. Tutto tollerato – all’inizio, s’intende – come tutto è tollerato nella Messa riformata.
Errore: gli adattamenti – in un senso come nell’altro – sono assolutamente arbitrari e non sono previsti dal MP, il quale ha riportato in vigore il rito del 1962, non quello di Pio XII né quella congerie di experimenta che si sono susseguiti fino al nuovo rito. Quindi sarà opportuno dotarsi di un manuale di liturgia aggiornato al 1962 e non dar libero sfogo alla propria creatività. E visto che tra gli zelatori del tempio abbondano coloro che vorrebbero pontificare anche la recita delle Preci Leonine, è il caso che ci si ricordi che è ben preferibile una decorosa Messa letta celebrata correttamente secondo le Rubriche, piuttosto di una Messa in terzo piena di pasticci e di abusi, non ultimo un laico a far da suddiacono con berretta e manipolo. Iniziare con la Messa letta permette al celebrante di prender sicurezza, per poi passare magari alla Messa cantata, e infine a quella solenne solo quando ci siano Ministri e inservienti preparati. Per i pontificali serve sempre un cerimoniere in sacris che conosca alla perfezione il rito in tutte le sue parti, oltre ad una serie cospicua di chierici esperti. E occorrono anche tutti i paramenti e le vesti prescritte, che una volta si chiedevano in Cattedrale e che oggi con ogni probabilità sono irreperibili o inutilizzabili. I laici addetti al servizio sono certamente lodevoli, e possono aiutare non poco nel limite delle proprie competenze. Ma non dovranno mai svolgere ruoli propri e specifici del Clero. E comuque si preferisca, specialmente nelle piccole comunità, la sobrietà di una Messa letta o dialogata agli sfarzi improvvisati che nulla hanno di romano. Anche nel senso opposto, si ricordi che la Messa inizia in sacrestia con la Præparatio, e che in sacrestia finisce con la Gratiarum actio, quindi non si aggiunga e non si tolga nulla a tutto quello che è indicato nelle Rubriche. E se ad esempio il Messale dice che il sacerdote deve uscire dalla sacrestia a capo coperto, nessuno è autorizzato ad abolire la berretta solo perché la deve indossare due minuti. Inutile dire che la veste talare è ancor oggi prescritta sub gravi nel senso che chi non la mette compie peccato mortale per l’amministrazione dei Sacramenti, quindi a fortiori si dovrà pretendere che il celebrante venga in veste e non in clergyman, anche se il camice copre tutto. La liturgia romana è scuola di stile, di disciplina e di contegno: spesso chi impara a celebrare il rito straordinario è portato spontaneamente ad una maggiore compostezza anche nel rito ordinario. Non si permetta che accada il contrario, e che le rilassatezze della liturgia moderna contaminimo anche l’antica.

In taluni casi l’Ordinario designerà un sacerdote che già conosce il rito antico, e questo semplificherà molto le cose. In altri casi, non volendo nominare un solo celebrante per evitargli l’infamante marchio di tradizionalista, il Vescovo darà questo incarico a cinque o dieci sacerdoti, che dovranno alternarsi nella celebrazione della forma straordinaria. Una scelta che potrebbe apparire positiva, perché in questo modo si avvicinano più chierici al rito antico; ma che di fatto è solo un altro modo per garantire una sostanziale ingestibilità all’iniziativa. Dovendo celebrare una volta ogni mese o addirittura ogni due o tre mesi, ogni sacerdote non fa in tempo ad imparare qualcosa che già la dimentica, e ad ogni Messa si dovrà quasi ricominciar daccapo. Inoltre, la presenza di più celebranti rende di fatto impossibile avere una continuità liturgica, per cui i responsabili del gruppo stabile finiranno per diventare gli unici referenti, col rischio di monopolizzare la chiesa in cui la Messa viene celebrata.
Errore: affidare l’organizzazione delle celebrazioni ad un gruppo o ad una associazione conferisce una caratterizzazione – non solo in senso liturgico – che non è assolutamente prevista dal MP. Infatti, se la Messa è celebrata in parrocchia, essa rimane parte della vita parrocchiale, senza creare divisioni, sotto il controllo del Parroco. Se invece i fedeli possono organizzarsi come meglio credono in una chiesa separata dalla parrocchia, andranno a costituire una comunità a sé stante, con tutti i rischi del caso. Primo fra tutti, lo svilupparsi di quelle dinamiche elitarie che portano a personalizzazioni del rito estranee allo spirito romano. Così l’incauto fedele che si avventura alla Messa festiva verrà squadrato dagli appartenenti del coetus come un corpo estraneo, riservandosi il diritto di accoglierlo o escluderlo dalla loro comunità sulla base di criteri a dir poco opinabili. Non è raro il caso di associazioni che considerano la Messa come una proprietà inviolabile, non fosse che per il fatto di averla ottenuta dal Vescovo, e che ritengono che chiunque vi si accosti debba in qualche modo aderire anche alle finalità che esse si prefiggono. Ma è ben chiaro che, posto il diritto di un fedele di avere la celebrazione nella forma straordinaria, tale diritto si può e si deve esercitare senza alcuna restrizione, specialmente se essa contraddice lo spirito del MP. Infine, la tanto decantata dimensione comunitaria della vita parocchiale viene meno, creando da una parte lo sparuto gruppo di ben identificabili integralisti, e dall’altra la ben più nutrita schiera dei normali. Un vero favore per chi non vuole la diffusione della Messa tridentina e al tempo stesso può additarne i sostenitori come dei settari.

Il fenomeno dei gestori della forma straordinaria è una piaga che non si finirà mai di deplorare: in nessuna epoca si è data una tale invasione del santuario da parte dei laici, e quello che certi tradizionalisti rimproverano ai Carismatici o ai Neocatecumenali si ripropone pedissequamente anche sul campo opposto con danni incalcolabili per la causa della Tradizione. Al di là dell’autonomia di cui godono gli Istituti di Diritto Pontificio – che come tali hanno tutto il diritto di avere una propria spiritualità – ci sono gruppi e gruppuscoli tradizionalisti che coltivano il proprio particulare con caparbietà, a colpi di pontificali e di Messe solennissime con annessa indulgenza plenaria. Ma quel che può esser legittimo in una comunità dotata di un proprio statuto non può e non deve diventare legge comune della Chiesa, costringendo chierici e laici a subire i diktat di presunti Gran Maestri di fantomatici ordini cavallereschi, che alla prova dei fatti risultano esser semplici presidenti di pii sodalizi. Intelligenti pauca.

Lo stesso dicasi per gli ubiqui di certe associazioni che oggi si impongono, senza alcuna investitura e nessun titolo, a mediatori della causa tradizionalista con le Curie e i Vescovi. Li si trova dovunque, sempre pronti ad intervenire per mediare, e non si capisce se costoro abbiano veramente a cuore la Messa tridentina o piuttosto assecondino un irrefrenabile desiderio di mettersi in mostra. I teorici del cosiddetto infiltrismo hanno dimostrato che, lungi dall’aver saputo svolgere una vera politica di occupazione delle casematte del potere ecclesiastico, si sono invece lasciati contaminare dallo spirito progressista, o piuttosto dalla mera ambizione, alla quale hanno asservito ogni propria azione. A causa di questi onnipresenti inframettitori, non è possibile alcuna iniziativa senza il loro placet, che giunge dall’alto come una grazia, dopo essersi imposti come non richiesti mediatori con Sua Eccellenza. E ci si chiede – non senza ragione – per quale motivo la reverenda Curia attribuisca loro un ruolo che nessuno ha mai accordato, se non per avvalersi dei loro servigi come quinta colonna. Ovviamente i singoli fedeli, alieni alle meschine lotte di potere interne ai movimenti cosiddetti tradizionalisti, sopportano queste ingerenze come un fatto ineluttabile.
Errore: a nessuno, laico o chierico, il MP accorda ruoli preminenti. Anzi si dovrebbe pretendere che il coetus fidelium previsto dal documento papale non venga subdolamente identificato con organizzazioni ed associazioni, dando potere decisionale a figure intermedie che a nessun titolo sono previste. Se esiste un portavoce dinanzi alla Curia (o, più correttamente, dinanzi al Parroco), questi dev’esserlo solo ed esclusivamente come esponente del gruppo stabile che chiede la Messa in forma straordinaria; e se un’associazione intende avvalersi del MP, lo farà a titolo personale e senza interferire con la normale applicazione della Summorum Pontificum nelle parrocchie.

Laddove la chiesa sia sprovvista di suppellettili e paramenti, si provveda a farla dotare di tutto il necessario. Anche in questo caso si dovrà chiedere per tempo al Vescovo di dare disposizioni in merito, evitando ai laici di dover integrare a proprie spese ciò che certamente è già disponibile in qualche chiesa della Diocesi. Non spetta ai laici farsi carico della parte logistica delle funzioni, che sono di stretta spettanza del Clero: al massimo si potrà pretendere che essa si adegui alle Rubriche, senza adattamenti arbitrari.

Può accadere che il gruppo stabile, anziché rivolgersi al Vescovo, chieda direttamente al proprio Parroco la celebrazione della Messa e che questa venga accordata di buon grado. In questo caso il MP è seguito alla lettera, e in teoria non dovrebbero esserci problemi. Se non che la notizia giunge al Vescovo, il quale, esercitando abusivamente un potere che non gli è assolutamente riconosciuto dal diritto, vieta al Parroco di celebrare la Messa tridentina. E il Parroco, intimidito, obbedisce.
Errore: il divieto imposto dall’Ordinario è nullo, e come tale non vincola il celebrante. Il quale potrà comunicare al Vescovo, in via informale, che avendo il Papa autorizzato ogni sacerdote cattolico a celebrare nella forma straordinaria, ed ogni fedele cattolico ad aver celebrata la Messa in questo rito, non può obbedirgli, perché disobbedirebbe al Pontefice Romano.

Purtroppo la pavidità del Clero, o la minaccia di un trasferimento nella più remota pieve della Diocesi, fanno sì che la Messa venga sospesa. Alla richiesta di scrivere a Roma, il Parroco temporeggia, e solo raramente dà prova di coraggio affrontando di petto le irricevibili richieste del proprio Vescovo.

Se il Vescovo permette la Messa, non di rado insiste su un elemento che, a chi conosce la liturgia romana, pare a dir poco scontato: la comprensibilità dei riti da parte dei fedeli. In particolare, si chiederà che le letture vengano proclamate in lingua vernacolare e non in latino. Si giungerà addirittura a chiedere che l’omelia sia tenuta in italiano.
Errore: la proclamazione in lingua volgare dell’Epistola e del Vangelo non deve sostituire quella in latino, ma può accompagnarsi ad essa o, limitatamente alla Messa letta, può sostituirla (Istruzione Universæ Ecclesiæ, n. 26). Il motivo è più che evidente: la liturgia romana, in quanto azione pubblica ed ufficiale della Chiesa, si esprime nella lingua sacra, specialmente nella sua forma solenne e pontificale. Sarebbe inimmaginabile, oltreché ridicolo, cantare l’Epistola in volgare. In una società multietnica, in cui in ogni città si trovano ormai fedeli di diverse lingue, sarebbe oltretutto inutile imporre le letture in una lingua nazionale a discapito del latino, rendendo ancor più caotica la comprensione. Inoltre, a sfatare uno dei tanti miti diffusi sull’antico rito, non è fuori luogo ricordare che sin dagli anni Quaranta del Novecento, è invalso l’uso del Messalino per i fedeli, in cui tutte le parti dell’Ordinario e del Proprio del Messale sono riportate in latino con la traduzione in italiano a fronte, accompagnata da commenti e spiegazioni di natura pratica, pastorale e spirituale, cosa che viceversa è praticamente scomparsa, con grave danno, nel nuovo rito. Non è quindi indispensabile tradurre le letture, se i fedeli le possono leggere nella propria lingua. Ma se proprio lo si vuol fare, che questo avvenga a parte, finito il Vangelo e prima dell’omelia, come si faceva un tempo.
Sappiano i critici dell’usus antiquior che mai, in alcuna comunità del mondo, si è tenuta la predica in lingua latina, visto che il Concilio di Trento l’ha resa obbligatoria proprio per istruire il popolo. Fino al Vaticano II vi erano anzi comunità, specialmente rurali, in cui era normale che la predica fosse tenuta nel dialetto locale: un esempio che dovrebbe esser tenuto in considerazione da quanti, nella liturgia vernacolare, infarciscono le proprie omelie di dimensione escatologica, soteriologia, eucologia ed altre espressioni incomprensibili a più.

In altri casi qualcuno ricorre a pretesti o ad accuse: il tal sacerdote celebrerebbe i riti della Settimana Santa secondo il rito precedente alla riforma di Pio XII, o si reciterebbe il secondo Confiteor prima della Comunione, o ancora si consacrerebbero le Sacre Specie per i fedeli presenti, anziché distribuire la riserva eucaristica presente nel tabernacolo (e presumibilmente consacrata nel corso di una Messa riformata). Dinanzi a tali accuse, ogni abuso da parte della Curia troverebbe giustificazione. Ed in un certo senso non ci si potrebbe lamentare: il MP prevede esclusivamente l’applicazione del rito del 1962, e non autorizza nessuno a forme di libero esame liturgico. Ci si guardi bene dal dare adito ad accuse, adottando forme di celebrazione non conformi alle Rubriche; ed anche se tutti sanno che il discutibilissimo Ordo Hebdomadæ Sanctæ è parto degli stessi a cui si deve la successiva riforma liturgica, non si può e non si deve utilizzare il rito precedente. Quanto al Confiteor, si potrebbe teoricamente tollerarlo come consuetudine, ma è preferibile adeguarsi di buon grado al rito di Giovanni XXIII anziché prestare il fianco a critiche da parte di chi non aspetta altro che un nostro errore.

Per quanto riguarda la questione della riserva eucaristica, andrebbe aperto invece un discorso più ampio. I progressisti sono i primi a consacrare le ostie necessarie ai fedeli presenti, perché le loro convinzioni moderniste sono vicine a quelle dei Luterani, per i quali il pane eucaristico si benedice e si consuma nella santa cena. I Cattolici invece credono che la Presenza Reale si mantenga anche dopo la consacrazione, e per questo conservano nel tabernacolo un numero di ostie sufficiente ad amministrare la Comunione fuori della Messa, o per portare il Santo Viatico ai moribondi. Così per un sacerdote è più che naturale consacrare solo l’ostia della Messa, e prendere la pisside col Santissimo per comunicare i fedeli. Ma qui sorge il problema. Alcuni temono che l’intentio di chi, nel corso di una Messa riformata, consacra le Specie Eucaristiche possa esser messa in dubbio: così sostengono pochi temerari. Ma sarebbe un errore gravissimo dar seguito a simili congetture, a meno che non ci sia la certezza assoluta che chi ha consacrato le ostie riposte nel tabernacolo sia un sacerdote eretico: caso quantomai raro, fortunatamente. Si deve quindi ritenere che le Sacre Specie nel tabernacolo siano effettivamente tali, e non c’è alcun bisogno di consacrare delle ostie per i fedeli della Messa, a meno che la riserva non sia assente – cosa peraltro non rara in certe chiese. Non si dimentichi che i novatori, tanto larghi di maniche con i più sfrontati abusi nel nuovo rito, sanno essere più implacabili di un inquisitore domenicano allorché si tratta di far le pulci ai tradizionalisti, dei quali conoscono benissimo i lati vulnerabili. Se nella celebrazione eucaristica è permessa ogni stravaganza, nella forma straordinaria si moltiplicano i controlli, per aver il pretesto di interdirla. E non ci si stupisca se certe informazioni tendenziose vengono riferite in Curia proprio da chi, all’interno del gruppo stabile, si è sentito esautorato e ritiene di poter fare le proprie vendette improvvisandosi delatore. Così gli sforzi lodevoli per aver la Messa tridentina sono frustrati da sciocchi errori che danno modo al Vescovo di intervenire con una severità a dir poco sconcertante, non fosse che per la propria unilateralità.

Un’altra stravaganza riscontrabile nelle comunità in cui si celebra la liturgia antica è la suscettibilità di alcuni nei confronti della partecipazione al Santo Sacrificio da parte di altri. Se ad una Messa interviene un laico che prima frequentava la Fraternità San Pio X, ecco levarsi il solito censore – di norma amministratore unico del gruppo stabile – a fulminare scomuniche a destra e a manca, ad interdire l’accesso in chiesa al reprobo, a denunziarlo dinanzi al sinedrio dei suoi degni sodali. Non mancano episodi in cui tali forme di intolleranza sono rivolte ad una persona con la quale si sono avuti dissensi personali, o che i pettegoli del gruppo hanno preso di mira per meschine rivalità. Come osa costui ad assistere alla nostra Messa? Chi gliene dà il diritto? Che sia scacciato con ignominia dal tempio!
Errore: a nessuno, per nessun motivo, è consentito stabilire chi abbia o meno diritto di assistere alla celebrazione di una Messa cattolica, in qualsiasi rito e in qualsiasi forma, a meno che non sia stata pronunziata contro di esso una pubblica sentenza di condanna ed egli non sia stato dichiarato scomunicato vitandus. In quel caso – ma pare che dai tempi di Loisy non vada più di moda – la celebrazione dovrebbe proseguire in forma di Messa letta e con due sole candele sull’altare. Come si vede, si tratta di un caso estremo, la cui valutazione è comunque riservata al celebrante, e non certo a un laico petulante in vena di revanchismi. Ecco un’altra ragione per cui non si può assolutamente tollerare che un laico diventi arbitro delle celebrazioni. In questo i sacerdoti dovrebbero essere estremamente severi, dal momento che la Messa è un atto pubblico della Chiesa, al quale ha diritto di assistere ogni battezzato non impedito dal Diritto. E quando si dice che la Messa è un atto pubblico si intende esattamente questo: nessuno si azzardi a farne l’espressione di una parte, di un gruppo, di un movimento. Anche la Messa detta privata è tale solo perché il celebrante la celebra senza fedeli che vi assistano, ma è comunque pubblica e diversamente non potrebbe essere. Lasciamo ai Neocatecumenali le proprie indecorose liturgie, cui sono pervicacemente abbarbiccati nonostante i decreti papali, nel corso delle quali si asserragliano nel tempio come adepti di una setta. Noi Cattolici Romani siamo orgogliosi di poter assistere alla luce del sole alle nostre liturgie, senza atteggiamenti da iniziati.

A tal proposito, andrebbe ricordato che in taluni casi l’Ordinario ritiene che la Messa in forma straordinaria non meriti di esser celebrata su un altare in chiesa, ma vada confinata nel più oscuro sacello, per cui il fedele che volesse assistervi è costretto a vagolare per le navate e le cappelle, finché non si decide ad andare in sacrestia, dove scopre il nascondiglio. Che strana combinazione! Anche la più disertata Messa riformata feriale merita l’altar maggiore, nei rigori dell’inverno più nero, ma la Messa antica dev’essere occultata e segregata, con la scusa di favorire il raccoglimento.
Errore: se una Messa può esser celebrata, non spetta al Vescovo stabilire l’altare o il luogo specifico all’interno della chiesa, né decidere se si possono dare i segnali di campane, o suonare l’organo, o in che forma possa esser detta. Quindi, se vi è servizio preparato e sufficiente, si potrà celebrare la Messa cantata o solenne, sempre che si rispettino le Rubriche. Se poi si vorrà invitare un Prelato, si dovrà darne notizia – per cortesia, non per averne approvazione – alla Curia. Nel caso dei Cardinali di Santa Romana Chiesa, è buona norma invitare l’Ordinario, il quale dovrà presenziare, eventualmente assieme al Capitolo, per rispetto ad un membro del Senato del Papa. In teoria un Cardinale ha il diritto di usare la cattedra del Vescovo, ma al giorno d’oggi è preferibile evitare di imporre un pontificale tridentino in Cattedrale. L’importante è che ci si attenga scrupolosamente alle prescrizioni dei libri liturgici in vigore nel 1962 e che, per non suscitare le ire di certi progressisti, si faccia in modo di limitare al massimo quanto è lasciato alla discrezionalità del giudizio: cappemagne e galeri possono apparire come una provocazione, e non è il caso di forzare le cose per assecondare le stravaganze di qualcuno. Non si dimentichi infine che il rispetto verso il Prelato che si invita impone che gli si evitino situazioni imbarazzanti, non ultima il dover riesumare impacciati famigli in ferraiolo in una Diocesi in cui il Vescovo veste abitualmente in clergyman con la croce pettorale nel taschino.

Se poi gli organizzatori del coetus desiderano invitare il proprio Vescovo ad una Messa in forma straordinaria, e questi accetterà, si dovrà fare in modo che tutto si svolga perfettamente. Non si lasci nulla al caso, e se Sua Eccellenza non conosce il rito antico, si preferisca farlo assistere in trono, come previsto dal Cæremoniale Episcoporum. Sarebbe controproducente, oltreché scortese, imporre al Prelato una celebrazione piena di errori e improvvisazioni, solo per togliersi la soddisfazione di vedergli indossare le chiroteche o una pianeta preziosa. E sarebbe un gesto altrettanto scortese voler presentare il proprio Ordinario, dinanzi all’opinione pubblica, come un paladino della Tradizione, laddove siano ben note le sue posizioni in materia. Basta la semplice assistenza per testimoniare la piena comunione esistente tra i fedeli di differente sensibilità liturgica e il loro Vescovo. Anzi, in punta di diritto non vi è alcun bisogno che il Vescovo prenda parte alle celebrazioni in forma straordinaria, dal momento che le permette il Papa. È tuttavia innegabile che, sotto un profilo politico, un simile gesto aiuterebbe i più timorosi.

Un’altra particolarità delle Messe celebrate in forma straordinaria è data dalla predilezione degli organizzatori per una fraintesa solennità. Contagiati dall’uso della forma ordinaria, alcuni solgono improvvisare la Messa cantata o addirittura solenne, omettendo tutto il Proprio e limitandosi all’Ordinario, ossia Kyrie, Gloria, Credo ecc. L’introito, il graduale, l’Alleluja, l’Offertorio e il Communio sono omessi o sostituiti arbitrariamente da altri canti o inni. E quasi sempre si ricorre alla ormai abusata Missa De Angelis, per il semplice fatto che la san tutti.
Errore: se si vuol cantare la Messa, vanno cantate tutte le parti prescritte, anche quelle del sacerdote e dei Sacri Ministri. Se il sacerdote non sa cantare, o se non ci sono cantori che conoscono il Proprio, che celebri la Messa letta. Non c’è niente di peggio che dar prova di improvvisazione, tagliando qua e là le parti che il rito prescrive in canto. Questa non è solennità, ma fatua presunzione, a scapito della santità della Messa e del rispetto per le norme liturgiche. A dispetto dell’uso monocorde del Kyriale Romanum, non sarà superfluo ricordare che ci sono molte Messe, alcune di rara bellezza, e che se i progressi possono apparire inizialmente lenti, col passare degli anni i fedeli imparano volentieri altre Messe. L’importante è avere alcuni cantori che possano accompagnare le funzioni. Ed esistono anche edizioni più semplici del Proprio, che si possono usare nelle chiese minori (ad esempio: Chants abrégés des Graduels, des Alleluias et des Traits pour toute l'année, Desclée, 1930).

In senso opposto, non mancano coloro che, ahimé contagiati dal nuovo rito, si credono concelebranti e, forti del loro messalino, affiancano il sacerdote nelle parti di sua spettanza, talora addirittura anticipandolo con stentorei Aufer a nobis, Unde et memores, Nobis quoque e via elencando. Sono gli stessi che alla Messa in vernacolo rispondono ostinatamente Et cum spiritu tuo, come se intorno ad essi il mondo non esistesse. Quelli che, durante la Messa cantata, si inginocchiano come alla Messa letta, prescindendo da quanto avviene intorno a loro. Finché non disturbano più di tanto la celebrazione, si può portar pazienza e tollerare le loro intemperanze; ma se dovessero seriamente distrarre il raccoglimento degli altri fedeli, sarà il caso che il Parroco li riporti caritatevolmente al silenzio, se non alla realtà.

Questi sono i nostri suggerimenti. Se poi qualche tradizionalista vorrà far naufragare miseramente ogni tentativo di diffondere la venereanda liturgia romana, sarà sufficiente che segua questi consigli al contrario: vedrà quanto può essere semplice boicottare l’usus antiquior con scelte opinabili, iniziative arbitrarie, eccessi evitabili.
Baronio

LAUDETUR  JESUS  CHRISTUS!
LAUDETUR  CUM  MARIA!
SEMPER  LAUDENTUR!