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lunedì 27 marzo 2023

Non è il Vangelo che deve adattarsi a voi, ma voi al Vangelo.

 


28 marzo 1944

   [Nello stesso giorno è stato scritto, su un altro quaderno, il capitolo 20 dell’opera L’EVANGELO]

   Dice Gesù:
   «Nel leggere il Vangelo distrattamente come fate, troppe verità vi sfuggono. Prendete i grandi insegnamenti. Male anche questi e adattandoli al vostro modo di vedere attuale.
   Intanto sappiate che non è il Vangelo che deve adattarsi a voi, ma voi al Vangelo. Esso è quello che è. Il suo insegnamento è quello nel primo suo secolo di vita e sarà tale nell’ultimo, anche se l’ultimo secolo avesse a venire fra miliardi di anni. Voi non saprete più vivere secondo il Vangelo – lo sapete fare già molto poco – ma non per questo il Vangelo diverrà diverso. Esso vi dirà sempre le stesse verità vitali.
   Il vostro voler adattare il Vangelo alla vostra maniera di vivere è una confessione della vostra miseria spirituale. Se aveste fede nelle verità eterne e in Me che le ho bandite, vi sforzereste di vivere in modo integrale il Vangelo, così come lo facevano i primi cristiani. E non dite: “Ma la vita di ora è tale che non possiamo seguire alla perfezione questi insegnamenti. Li ammiriamo, ma siamo troppo diversi da essi per seguirli”.
   I pagani dei primi secoli erano anche essi molto, troppo diversi dal Vangelo, eppure hanno saputo seguirlo. Lussuriosi, avidi, crapuloni, crudeli, scettici, viziosi, hanno saputo strappare da se stessi tutte queste piovre, mettersi a nudo l’anima, farla sanguinare per strapparla dai tentacoli della vita pagana e venire a Me così feriti nel pensiero, negli affetti, nelle abitudini, dicendomi: “Signore, se Tu vuoi, puoi guarirmi”. Ed Io li ho guariti. Ho rimarginato le loro eroiche ferite.
   Poiché è eroismo saper strappare da sé ciò che è un male per amore di una legge accettata totalmente. È eroismo mutilarsi di tutto ciò che è inciampo a seguirmi. È l’eroismo che Io ho indicato[236]: “In verità Io dico che per seguirmi occorre lasciare casa, campi, ricchezze e affetti. Ma a chi sa tutto lasciare per venire a Me per amor del mio Nome, sarà dato il centuplo nell’altra vita. In verità Io dico che chi si è rigenerato nel seguirmi possederà il Regno e verrà con Me a giudicare gli uomini l’ultimo giorno”.
   Oh! miei veri fedeli! Con Me, con Me sarete, turba festante e fulgida nell’ora del trionfo mio, del trionfo vostro poiché tutto quanto è mio è vostro, è dei miei figli, è dei miei amati amanti, dei miei benedetti, della gioia mia.
   Ma occorre “rigenerarsi”, o uomini, per esser miei. Rigenerarsi. Lo dice anche Giovanni, così come lo dice Matteo, riportando le mie parole: quest’ultimo parlando del giovane ricco[237], e il Prediletto parlando di Nicodemo. Occorre rinascere. Occorre rigenerarsi. Farsi un’anima nuova, o nuovi gentili del ventesimo secolo. Rifarsela spogliandosi dei compromessi e delle idee del mondo, per abbracciare la mia Idea e viverla. Viverla veramente. Integralmente.
   Così hanno fatto i gentili dei primi secoli, e sono divenuti i gloriosi santi del Cielo. E hanno portato civiltà alla Terra. Così dovete fare voi, se è vero che mi amate, se è vero che tendete all’altra Vita, se è vero che lavorate per la civiltà della Terra. La Terra, ora! Più incivile di una tribù sepolta nelle foreste vergini! E perché? Perché ha respinto Me. Non è dirsi cristiani che vuol dire esserlo. Non è aver ricevuto un battesimo pro forma che lo costituisce. Cristiani vuol dire essere come il Cristo ha detto di essere. Come il Vangelo ve lo ripete.
   Ma voi il Vangelo lo leggete poco, lo leggete male, lo sfrondate di quanto vi dà noia nei grandi insegnamenti. Ed i più delicati, poi, non li notate neppure.
   Ma dite un poco. Quando un artista si appresta a fare un’opera, si limita alle operazioni di sbozzatura se scultore, di schizzo se pittore, di innalzamento di muri se architetto? No. Dopo il grosso lavoro scende ai particolari. Sono questi molto più lunghi a compiersi che non lo sia il grosso lavoro. Ma sono quelli che creano il capolavoro.
   Con che amore lavora di scalpello e mazzuolo sul marmo, che ad un profano pare già vivo, lo scultore per dare perfezione a quell’opera! Pare un orafo, tanto è minuto e attento il suo lavoro. Ma vedete come quel viso di pietra acquista vita sotto la carezza – ormai è una carezza tanto è attenta e lieve – dello strumento. L’occhio par si orni di sguardo, le narici sembra si gonfino di respiro, la bocca diviene morbida come curva di tepide labbra, i capelli, oh! non son più duri nella pietra, ma ariosi e soffici come il vento li scorresse e una mano amorosa li scompigliasse.
   Guardate quel pittore. La tela è già compita. È bella, pare bella, perfetta. Ma egli non posa. Ecco, qui ci vuole un’ombra nera-azzurra e là un tocco di carminio. Su questo fiore che splende nella mano di questa vergine ci vuole una scintilla di sole per farlo risaltare nel suo perlaceo candore. Su questa guancia ci vuole una stilla di pianto per dar vita alla gioia estatica che sopravvive fra i tormenti. Questo campo fiorito, dove queste greggi passano e brucano, va irrorato di rugiada per dar risalto alle sete dei fiori. Il pittore non posa sinché l’opera è tanto perfetta da farsi dire: “È vera!”. E così l’architetto e così il musicista, e così tutti i veri artisti che vogliono dare al mondo dei capolavori.
   E così dovete fare voi col capolavoro della vostra vita spirituale.
   Ma che credete? Che Io, che ero così alieno dai discorsi, abbia aggiunto parole per il gusto di dire delle parole? No. Io ho detto il puro necessario per portarvi alla perfezione. E se nel grande insegnamento evangelico vi è di che dare salvezza alla vostra anima, nei tocchi più minuti vi è di che darvi la perfezione.
   I primi sono i comandi. Disubbidire a quelli vuol dire morire alla Vita. I secondi sono i consigli. Ubbidire a questi vuol dire avere sempre più sollecita santità e accostarsi sempre più alla Perfezione del Padre.
   Ora nel Vangelo di Matteo è detto[238]: “Per il moltiplicarsi dell’iniquità si raffredderà la carità in molti”. Ecco, o figli, una grande verità che è poco meditata.
   Di che soffrite ora? Della mancanza di amore. Cosa sono le guerre, in fondo? Odio. Cosa è l’odio? L’antitesi dell’amore. Le ragioni politiche? Lo spazio vitale? Una frontiera ingiusta? Un affronto politico? Scuse, scuse.
   Non vi amate. Non vi sentite fratelli. Non vi ricordate che siete tutti venuti da un sangue, che nascete tutti a un modo, che morite tutti ad un modo, che avete tutti fame, sete, freddo, sonno ad un modo e bisogno di pane, di vesti, di casa, di fuoco ad un modo. Non vi ricordate che Io ho detto[239]: “Amatevi. Dal come vi amerete si capirà se siete miei discepoli. Amate il prossimo vostro come voi stessi”.
   Le credete parole di fola queste verità. La credete dottrina di un pazzo questa dottrina mia. La sostituite con molte povere dottrine umane. Povere o malvagie a seconda del loro creatore. Ma anche le più perfette fra esse, se sono diverse dalla mia sono imperfette. Come la mitica statua[240], avranno molta parte di esse di metallo pregiato. Ma la base sarà di fango e provocherà infine il crollo di tutta la dottrina. E nel crollo la rovina di coloro che ad esse si erano appoggiati. La mia non crolla. Chi si appoggia ad essa non si rovina, ma sale a sempre maggior sicurezza: sale al Cielo, all’alleanza con Dio sulla Terra, al possesso di Dio oltre la Terra.
   Ma la carità non può esistere dove vive l’iniquità. Perché la carità è Dio e Dio non convive col Male. Perciò chi ama il Male odia Dio. Odiando Dio aumenta le sue iniquità e sempre più si separa da Dio-Carità. Ecco un cerchio dal quale non si esce e che si stringe per torturarvi.
   Potenti od umili, avete aumentato le vostre colpe. Trascurato il Vangelo, derisi i Comandamenti, dimenticato Iddio – poiché non può dire di ricordarlo chi vive secondo la carne, chi vive secondo la superbia della mente, chi vive secondo i consigli di Satana – avete calpestato la famiglia, avete rubato, bestemmiato, ammazzato, testimoniato il falso, mentito, fornicato, vi siete fatti dell’illecito lecito. Qui rubando un posto, una moglie, una sostanza; là, più in alto, rubando un potere o una libertà nazionale, aumentando il vostro ladrocinio con la colpa di menzogna per giustificare ai popoli il vostro operato che li manda a morte. I poveri popoli che non chiedono che di vivere tranquilli! E che voi aizzate con velenose menzogne scagliandoli l’uno contro l’altro per garantirvi un benessere che non vi è lecito conseguire al prezzo del sangue, delle lacrime, del sacrificio di intere nazioni.
   Ma i singoli quanta colpa hanno nella grande colpa dei grandi! È la catasta delle piccole colpe singole quella che crea la base alla Colpa. Se ognuno vivesse santamente senza avidità di carne, di denaro, di potere, come potrebbe crearsi la Colpa? I delinquenti ci sarebbero ancora. Ma sarebbero resi innocui perché nessuno li servirebbe. Come pazzi ben isolati, essi continuerebbero a farneticare dietro ai loro sogni osceni di sopraffazioni. Ma i sogni non diverrebbero mai realtà. Per quanto Satana li aiutasse, il suo aiuto sarebbe reso nullo dalla unità contraria di tutta l’umanità fatta santa dal vivere secondo Dio. E l’umanità avrebbe inoltre Dio con sé. Dio benigno verso i suoi figli ubbidienti e buoni. La carità sarebbe dunque nei cuori. Viva e santificante. E l’iniquità cadrebbe.
   Vedete, o figli, la necessità di amare per non esser iniqui, e la necessità di non esser iniqui per possedere l’amore? Sforzatevi ad amare. Se amaste… Un pochino solo! Se cominciaste ad amare. Basterebbe l’inizio e poi tutto progredirebbe da sé.
   La messe non può cogliersi se la spiga non matura. La spiga non può maturare se non si forma. E non si può formare se il cespo non s’è formato. Ma se il contadino non gettasse il pic­colo seme nella zolla, potrebbe uscire dal solco il cespo verde che come una coppa viva sorregge la gloria delle spighe? Così piccolo il seme! Eppure rompe le glebe, penetra la terra, la suc­chia come avida bocca e poi estolle al sole la sua benedetta pom­pa di futuro pane e canta col suo colore di speranza o col suo oro frusciante al vento e splendente al sole la benedizione a Colui che dà il Pane e il pane all’uomo. Se non ci fosse più il seme, così piccino che ce ne vogliono molti per empire il gozzo di un passe­rotto, non avreste neppure l’Ostia sull’altare. Morireste di fame fisica e di inedia spirituale.
   Mettete in ogni cuore un seme, un piccolo seme di carità. Lasciatevene penetrare. Fate che cresca in voi. Mutate la vostra avidità nuda in ubertoso fiorire di opere sante nate tutte dalla carità. La Terra, ora tutta triboli e spine, muterebbe il suo volto e la sua asprezza, che vi tortura, in una placida e buona dimora, anticipo del Cielo beato. Amarsi l’un l’altro è già essere in Cielo. Perché il Cielo altro non è che amore.
   Leggete, leggete il Vangelo e leggetelo anche nelle frasi più minute. Vivetelo in queste sue tinte di perfezione. Cominciate dall’amore. Sembra il più difficile precetto e consiglio. Ma è la chiave di tutto. Di tutto il Bene. Di tutta la Gioia. Di tutta la Pace.»

[236] ho indicato in Matteo 19, 28-30Marco 10, 29-31Luca 18, 29-30.
[237] giovane ricco, in Matteo 19, 16-26 (anche in Marco 10, 17-27Luca 18, 18-27); Nicodemo, in Giovanni 3, 1-21.
[238] è detto in Matteo 24, 12.
[239] ho detto in Giovanni 13, 34-35; 15, 12.
[240] mitica statua, di cui si parla in Daniele 2, 31-45.




AVE MARIA!