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martedì 7 dicembre 2021

Transustanziazione, la verità della Eucaristia.

 


Transustanziazione, la verità della Eucaristia

Ascoltando il Canone Romano, cuore dell’Eucaristia della Chiesa a Roma, per prima cosa che si affaccia a noi è la parola transustanziazione.

Tratto da Fede, Ragione, Verità e Amore di Joseph Ratzinger pp. 374-377

“Che cosa è veramente accaduto nella notte in cui Cristo fu tradito? Ascoltiamo al riguardo il Canone Romano. Il cuore dell’“Eucaristia” della Chiesa a Roma: ‘La vigilia della sua passione Gesù prese il pane nelle sue mani sante e venerabili, elevò gli occhi al cielo, a te, Dio Padre onnipotente, rese grazie con la preghiera di benedizione, spezzò il pane, lo diede ai suoi discepoli e disse loro: prendete e mangiatene tutti. Questo è il mio corpo, offerto in sacrificio per voi. E dopo la cena allo stesso modo prese questo prezioso calice nelle sue mani sante e venerabili, ti rese grazie con la preghiera di benedizione, lo diede ai suoi discepoli e disse: prendete e bevetene tutti. Questo è il calice del mio sangue per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati. Fate questo in memoria di me”.

Che cosa accade qui in queste parole? Per prima cosa si affaccia a noi la parola transustanziazione. Il pane diventa il corpo, il suo corpo. Il pane della terra diventa il pane di Dio, la “manna” del cielo, con la quale Dio nutre gli uomini non solo nella vita terrena ma anche nella prospettiva della resurrezione; che prepara la resurrezione, anzi, già la fa iniziare. Il Signore, che avrebbe potuto trasformare le pietre in pane, che poteva suscitare dalle pietre figli di Abramo, volle trasformare il pane nel corpo, nel suo corpo.

Ma è possibile questo? E come può avvenire? Gli interrogativi, che la gente ha posto nella sinagoga di Cafarnao, non possono essere evitati neppure da noi. Egli è lì, davanti ai suoi discepoli, con il suo corpo; come può Egli dire sul pane: questo è il mio corpo? E’ importante ora fare bene attenzione a ciò che il Signore ha veramente detto. Non dice semplicemente: questo è il mio corpo; ma: questo è il mio corpo che è donato per voi. Esso può divenire dono perché è donato. Per mezzo dell’atto della donazione esso diviene capace di comunicazione come trasformato esso stesso in un dono. La medesima cosa la possiamo osservare nelle parole sul calice. Cristo non dice semplicemente: questo è il mio sangue; ma: questo è il mio sangue che è versato per voi. Poiché esso è versato, in quanto è versato, può essere donato.

Ma ora emerge la nuova domanda: che cosa significa “è donato”, “è versato”? Che cosa accade qui? In verità, Gesù viene ucciso, viene appeso alla croce e muore fra i tormenti. Il suo sangue viene versato, dapprima già nell’orto degli ulivi per il travaglio interiore a riguardo della sua missione, poi nella flagellazione, nell’incoronazione di spine, nella crocefissione e dopo la sua morte nella trafissione del cuore. Ciò che qui accade è innanzitutto un atto di violenza, di odio che tortura e distrugge.
A questo punto ci imbattiamo in un secondo, più profondo livello di trasformazione: Egli trasforma dall’interno l’atto di violenza degli uomini contro di Lui in un atto di donazione in favore di questi uomini, in un atto di amore. L’atto dell’uccisione, della morte viene trasformato in amore, la violenza è vinta dall’amore. Questa è la trasformazione fondamentale sulla quale si basa tutto il resto. È la trasformazione, di cui il mondo ha bisogno e che sola può redimere il mondo. Poiché Cristo in un atto di amore ha trasformato e vinto dall’interno la violenza, la morte stessa è trasformata: l’amore è più forte della morte. Esso rimane in eterno. E così in questa trasformazione è contenuta la trasformazione più ampia della morte in risurrezione, del corpo morto nel corpo risorto. Se il primo uomo era un’anima vivente, così dice san Paolo, il nuovo Adamo, Cristo, diverrà in questo evento spirito datore di vita (1 Cor 15, 45).

Il risorto è donazione, è spirito che dà la vita e come tale comunicabile, anzi, comunicazione. Ciò significa che non si assiste a nessun congedo dalla materia, anzi, in questo modo essa raggiunge il suo fine: senza l’evento materiale della morte e il suo interiore superamento tutto questo insieme di cose non sarebbe possibile. E così nella trasformazione della risurrezione tutto il Cristo continua a sussistere, ma ora trasformato in tal modo che l’essere corpo e il donarsi non si escludono più, ma sono implicati l’uno nell’altro.

Cerchiamo, prima del prossimo passo, di vedere sinteticamente ancora un volta e di comprendere tutto questo complesso di realtà. Nel momento dell’Ultima Cena Gesù anticipa già l’evento del Calvario. Egli accoglie la morte di croce e con la sua accettazione trasforma l’atto di violenza in un atto di donazione, di auto-effusione (“Il mio sangue deve essere versato in libagione sul sacrificio e sull’offerta della vostra fede”, dice Paolo a partire da qui e a proposito del suo imminente martirio: Fil 2, 17). Nell’Ultima Cena la croce è già presente, accettata e trasformata da Gesù. Questa prima e fondamentale trasformazione attira a sé il resto; il corpo mortale viene trasformato nel corpo della risurrezione: nello “spirito che dà la vita”.

A partire da qui diviene possibile la terza trasformazione: i doni del pane e del vino, che sono doni della creazione e insieme frutto del lavoro umano e “trasformazione” della creazione, vengono trasformati, così che in essi diviene presente il Signore stesso che si dona, la sua donazione, Egli stesso, poiché Egli è dono. L’atto di donazione non è qualcosa di Lui, ma è Lui stesso. A partire da qui lo sguardo si apre su due ulteriori trasformazioni che sono essenziali nell’Eucaristia fin dall’istante della sua istituzione: il pane trasformato, il vino trasformato, nel quale il Signore stesso si dona come spirito che dà la vita, è presente per trasformare noi uomini, così che noi diveniamo un solo pane con Lui e poi un solo corpo con Lui. La trasformazione dei doni, che è il proseguimento delle trasformazioni fondamentali della croce e della risurrezione, non è il punto finale, ma a sua volta solo un inizio. Il fine dell’Eucaristia è la trasformazione di coloro che la ricevono nell’autentica comunione con la sua trasformazione. E così il fine è l’unità, la pace, che noi stessi da individui separati che vivono gli uni accanto agli altri o gli uni contro gli altri, diveniamo con Cristo e in Lui un organismo di donazione, per vivere in vista della risurrezione e del nuovo mondo.

Diviene così visibile la quinta e ultima trasformazione, che caratterizza questo sacramento: attraverso di noi, i trasformati, divenuti un solo corpo, un solo spirito che dà la vita, tutta quanta la creazione deve essere trasformata. Tutta quanta la creazione deve divenire “una nuova città”, un nuovo paradiso, dimora vivente di Dio: Dio tutto in tutti (1 Cor 15, 28); così Paolo descrive il fine della creazione, che deve configurarsi a partire dall’eucaristia.
Così l’eucaristia è un processo di trasformazione nel quale noi veniamo coinvolti, forza di Dio per la trasformazione dell’odio e della violenza, forza di Dio per la trasformazione del mondo. Vogliamo dunque pregare perché il Signore ci aiuti a viverla e a celebrarla in questo modo. Vogliamo pregare perché Egli trasformi noi e il mondo insieme con noi nella nuova Gerusalemme”.

Questa descrizione di transustanziazione dell’Eucaristia di Joseph Ratzinger, come sacramento delle trasformazioni, si rifà innanzitutto al cuore dell’Eucaristia che nel Canone Romano ripete gli stessi gesti e le stesse parole che Gesù fece nell’Ultima Cena istituendo il rito e che san Paolo nella lettera ai Corinti descrive come gli veniva trasmesso senza modificare alcuna parola e alcun gesto. Questo dato biblico della parola del Signore è il fondamento di tutta la continuità nella Tradizione liturgica. Ma cogliere cosa accade nel cuore della liturgia, cioè nella consacrazione, è una maturazione che sotto l’azione dello Spirito è avvenuta in continuità nella Tradizione, cioè nel dogma che è la scienza della fede maturata nella Chiesa e accolta definitivamente e che deve essere a fondamento di tutte le riflessioni teologiche. Il come accade nella scienza dogmatica è legato alla parola transustanziazione che il Concilio di Trento ha definito “aptissima”, avviando nella consacrazione il suono del campanello. Fu san Carlo Borromeo a proporlo rifacendosi alle Constitutiones del Giberti vescovo di Verona, perché la consacrazione da parte del presbitero che agisce in persona di Cristo, fosse il centro di tutta la celebrazione eucaristica. Anche nella riforma liturgica Paolo VI ha voluto che la formula della consacrazione, già presente in san Paolo come trasmessa fedelmente e in tutta la Tradizione, fosse scritta nel messale in corsivo in tutti i canoni. Questo ci dice la sua intangibilità.

mercoledì 26 aprile 2017

TRANSUSTANZIAZIONE.


LA MISERICORDIA DI DIO - IL MISTERO DI DIO

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25 agosto 2010
LA TRANSUSTANZIAZIONE.

La Teologia Cattolica:
La trasformazione della sostanza del pane e del vino in quella del Corpo e del Sangue di Gesù Cristo nell’Eucaristia. (Dogma definito nel 1551 al Concilio di Trento).


Ognuno di noi ha DIO in sé. Fin dalla Creazione, ogni cosa, ogni essere, sia uomo o animale, è dotato del "Sigillo di DIO". L’impronta d'AMORE sta su tutta la Terra che appartiene a DIO. Più ancora: tutto l'Universo è in DIO!

Quando un cristiano si comunica alla Santa Messa, è lui che liberamente e spontaneamente si avvicina e raggiunge DIO. È la sua conferma a voler seguire il Suo Creatore con tutto il cuore e con tutto il suo amore. Allora, DIO si manifesta in lui in tutte le sue azioni, perché Gli ha aperto completamente la strada della sua vita. Nell'Ostia che riceve c'è Gesù Cristo, e questa è una realtà. E tutta la Gerusalemme Celeste gioisce in quel cuore che riceve il Crocifisso d’AMORE: DIO in mezzo a noi. Quando vi comunicate e pregate per quei popoli che vivono nella miseria, privi di qualsiasi nutrimento, senza acqua e senza cure, DIO vi dona la Sua compassione e la Sua forza per aiutarli. Cristo, sulla Sua Santa Croce, ha dato la Vita per la moltitudine. Aprendo il Suo Cuore, ci dona l’AMORE, che è il fermento, è il vincolo d'unione tra tutte le Nazioni e tra tutti gli uomini.

Madre Teresa di Calcutta, in ogni istante della sua vita, fu in continua comunione con la malattia e la povertà. Di fronte alle piaghe aperte che lei medicava, tra quei miseri figli dell'India, rivedeva le piaghe di Cristo sofferente. È in quella sofferenza che lei trovava la forza di continuare il suo “Sacerdozio” d’Amore.

E noi, oggi, siamo qui a chiederci: «Chi di noi chiamerà Cristo, il giorno in cui il Signore verrà per mettere al riparo dagli ultimi sussulti della Terra, i Suoi figli?»

Si è detto: Questo riguarderà la Chiesa del Signore.

A questa risposta, molti sono felici e tranquilli, perché ogni domenica, ogni giorno partecipano alla Santa Messa. Ma gli altri, che si vanno ripetendo in cuore: "E noi?” Gli altri sono coloro che fanno parte di altre confessioni o religioni. Saranno dunque rifiutati?
La Bibbia ci risponde come sempre...

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Fu dopo la Sua Santa Morte, alla Sua Resurrezione che Cristo fondò la Sua Chiesa. Ognuno sa che la Chiesa è Gesù Cristo. "È colui che fa la Volontà del Padre Mio” - dirà Gesù. Ma chi fa la Volontà di DIO? Gesù li presenta così:
«Venite, benedetti del Padre Mio, perché Io ho avuto fame e Mi avete dato da mangiare. Ho avuto sete e Mi avete dato da bere. Ero nudo e mi avete vestito. Ero malato e mi avete curato. Ero in prigione e mi avete visitato. Ogni volta che avete fatto questo a uno solo dei miei piccoli, lo avete fatto a me.»
Sì, il Signore ha formato la «Sua Chiesa» con dei sordi, dei ciechi, malati e zoppi, e con quelli che li aiutano...  «voi siete venuti a Me !»


DIO si considera, dunque, come il più piccolo di tutti quelli che soffrono. Allora, voi dite: “Il Regno di DIO sarà, dunque, formato solo da miserabili, malati e storpi? “

NO! Perché la malattia e la morte non esisteranno più! Ma resteranno le qualità. Nella sofferenza d’Amore, DIO farà la Sua mietitura più bella. E nella compassione, DIO riempirà il Suo GRANAIO. Non c’é ostacolo per DIO, che è AMORE e Compassione. Tutto è nella “Sua Misericordia”, nella quale si trova anche la Sua Giustizia.

GESÙ Cristo
DIO Universale. Amen.

lunedì 13 maggio 2013

PROFESSIONE DI FEDE



PROFESSIONE DI FEDE

Noi crediamo in un solo Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, creatore delle cose visibili, come questo mondo ove trascorre la nostra vita fuggevole, delle cose invisibili quali sono i puri spiriti, chiamati altresì angeli (Cfr. Dz.-Sch. 3002), e Creatore in ciascun uomo dell’anima spirituale e immortale.

Noi crediamo che questo unico Dio è assolutamente uno nella sua essenza infinitamente santa come in tutte le sue perfezioni, nella sua onnipotenza, nella sua scienza infinita, nella sua provvidenza, nella sua volontà e nel suo amore. Egli è Colui che è, come Egli stesso lo ha rivelato a Mosè (Cfr. Ex. 3, 14); ed Egli è Amore, come ce lo insegna l’Apostolo Giovanni (Cfr. 1 Io. 4, 8): cosicché questi due nomi, Essere e Amore, esprimono ineffabilmente la stessa Realtà divina di Colui, che ha voluto darsi a conoscere a noi, e che «abitando in una luce inaccessibile» (Cfr. 1 Tim. 6, 16) è in Se stesso al di sopra di ogni nome, di tutte le cose e di ogni intelligenza creata. Dio solo può darci la conoscenza giusta e piena di Se stesso, rivelandosi come Padre, Figlio e Spirito Santo, alla cui eterna vita noi siamo chiamati per grazia di Lui a partecipare, quaggiù nell’oscurità della fede e, oltre la morte, nella luce perpetua, l’eterna vita. I mutui vincoli, che costituiscono eternamente le tre Persone, le quali sono ciascuna l’unico e identico Essere divino, sono le beata vita intima di Dio tre volte santo, infinitamente al di là di tutto ciò che noi possiamo concepire secondo l’umana misura (Cfr. Dz-Sch. 804). Intanto rendiamo grazie alla Bontà divina per il fatto che moltissimi credenti possono attestare con noi, davanti agli uomini, l’Unità di Dio, pur non conoscendo il mistero della Santissima Trinità.

Noi dunque crediamo al Padre che genera eternamente il Figlio; al Figlio, Verbo di Dio, che è eternamente generato; allo Spirito Santo, Persona increata che procede dal Padre e dal Figlio come loro eterno Amore. In tal modo, nelle tre Persone divine, coaeternae sibi et coaequales (Dz-Sch. 75), sovrabbondano e si consumano, nella sovreccellenza e nella gloria proprie dell’Essere increato, la vita e la beatitudine di Dio perfettamente uno; e sempre «deve essere venerata l’Unità nella Trinità e la Trinità nell’Unità» (Dz-Sch. 75).

Noi crediamo in Nostro Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio. Egli è il Verbo eterno, nato dal Padre prima di tutti i secoli, e al Padre consustanziale, homoousios to Patri (Dz-Sch. 150); e per mezzo di Lui tutto è stato fatto. Egli si è incarnato per opera dello Spirito nel seno della Vergine Maria, e si è fatto uomo: eguale pertanto al Padre secondo la divinità, e inferiore al Padre secondo l’umanità (Cfr. Dz.-Sch. 76), ed Egli stesso uno, non per una qualche impossibile confusione delle nature ma per l’unità della personaCfr. Ibid.).

Egli ha dimorato in mezzo a noi, pieno di grazia e di verità. Egli ha annunciato e instaurato il Regno di Dio, e in Sé ci ha fatto conoscere il Padre. Egli ci ha dato il suo Comandamento nuovo, di amarci gli uni gli altri com’Egli ci ha amato. Ci ha insegnato la via delle Beatitudini del Vangelo: povertà in spirito, mitezza, dolore sopportato nella pazienza, sete della giustizia, misericordia, purezza di cuore, volontà di pace, persecuzione sofferta per la giustizia. Egli ha patito sotto Ponzio Pilato, Agnello di Dio che porta sopra di sé i peccati del mondo, ed è morto per noi sulla Croce, salvandoci col suo Sangue Redentore. Egli è stato sepolto e, per suo proprio potere, è risorto nel terzo giorno, elevandoci con la sua Resurrezione alla partecipazione della vita divina, che è la vita della grazia. Egli è salito al Cielo, e verrà nuovamente, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, ciascuno secondo i propri meriti; sicché andranno alla vita eterna coloro che hanno risposto all’Amore e alla Misericordia di Dio, e andranno nel fuoco inestinguibile coloro che fino all’ultimo vi hanno opposto il loro rifiuto.
E il suo Regno non avrà fine.

Noi crediamo nello Spirito Santo, che è Signore e dona la vita; che è adorato e glorificato col Padre e col Figlio. Egli ci ha parlato per mezzo dei profeti, ci è stato inviato da Cristo dopo la sua Resurrezione e la sua Ascensione al Padre; Egli illumina, vivifica, protegge e guida la Chiesa, ne purifica i membri, purché non si sottraggano alla sua grazia. La sua azione, che penetra nell’intimo dell’anima, rende l’uomo capace di rispondere all’invito di Gesù: «Siate perfetti com’è perfetto il Padre vostro celeste» (Matth. 5, 48).

Noi crediamo che Maria è la Madre, rimasta sempre Vergine, del Verbo Incarnato, nostro Dio e Salvatore Gesù Cristo (Cfr. Dz.-Sch. 251-252) e che, a motivo di questa singolare elezione, Ella, in considerazione dei meriti di suo Figlio, è stata redenta in modo più eminente (Cfr. Lumen gentium, 53), preservata da ogni macchia del peccato originale (Cfr. Dz.-Sch. 2803) e colmata del dono della grazia più che tutte le altre creature (Cfr. Lumen gentium, 53).

Associata ai Misteri della Incarnazione e della Redenzione con un vincolo stretto e indissolubile (Cfr. Lumen gentium, 53, 58, 61), la Vergine Santissima, l’Immacolata, al termine della sua vita terrena è stata elevata in corpo e anima alla gloria celeste (Cfr. Dz.-Sch. 3903) e configurata a suo Figlio risorto, anticipando la sorte futura di tutti i giusti; e noi crediamo che la Madre Santissima di Dio, Nuova Eva, Madre della Chiesa (Cfr. Lumen gentium, 53, 56, 61, 63; cfr. Pauli VI, Alloc. in conclusione III Sessionis Concilii Vat. II:A.A.S. 56, 1964, p. 1016; Exhort. Apost. Signum Magnum, Introd.), continua in Cielo il suo ufficio materno riguardo ai membri di Cristo, cooperando alla nascita e allo sviluppo della vita divina nelle anime dei redenti (Cfr. Lumen gentium, 62; Pauli VI, Exhort. Apost. Signum Magnum, p. 1, n. 1).

Noi crediamo che in Adamo tutti hanno peccato: il che significa che la colpa originale da lui commessa ha fatto cadere la natura umana, comune a tutti gli uomini, in uno stato in cui essa porta le conseguenze di quella colpa, e che non è più lo stato in cui si trovava all’inizio nei nostri progenitori, costituiti nella santità e nella giustizia, e in cui l’uomo non conosceva né il male né la morte. È la natura umana così decaduta, spogliata della grazia che la rivestiva, ferita nelle sue proprie forze naturali e sottomessa al dominio della morte, che viene trasmessa a tutti gli uomini; ed è in tal senso che ciascun uomo nasce nel peccato. Noi dunque professiamo, col Concilio di Trento, che il peccato originale viene trasmesso con la natura umana, «non per imitazione, ma per propagazione», e che esso pertanto è «proprio a ciascuno» (Dz-Sch. 1513).

Noi crediamo che nostro Signor Gesù Cristo mediante il Sacrificio della Croce ci ha riscattati dal peccato originale e da tutti i peccati personali commessi da ciascuno di noi, in maniera tale che - secondo la parola dell’Apostolo - «là dove aveva abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia» (Rom. 5, 20).
Noi crediamo in un sol Battesimo istituito da Nostro Signor Gesù Cristo per la remissione dei peccati. Il battesimo deve essere amministrato anche ai bambini che non hanno ancor potuto rendersi colpevoli di alcun peccato personale, affinché essi, nati privi della grazia soprannaturale, rinascano «dall’acqua e dallo Spirito Santo» alla vita divina in Gesù Cristo (Cfr. Dz-Sch. 1514).


Noi crediamo nella Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica, edificata da Gesù Cristo sopra questa pietra, che è Pietro. Essa è il Corpo mistico di Cristo, insieme società visibile, costituita di organi gerarchici, e comunità spirituale; essa è la Chiesa terrestre, Popolo di Dio pellegrinante quaggiù, e la Chiesa ricolma dei beni celesti; essa è il germe e la primizia del Regno di Dio, per mezzo del quale continuano, nella trama della storia umana, l’opera e i dolori della Redenzione, e che aspira al suo compimento perfetto al di là del tempo, nella gloria (Cfr. Lumen gentium, 8 e 5). Nel corso del tempo, il Signore Gesù forma la sua Chiesa mediante i Sacramenti, che emanano dalla sua pienezza (Cfr. Lumen gentium, 7, 11). È con essi che la Chiesa rende i propri membri partecipi del Mistero della Morte e della Resurrezione di Cristo, nella grazia dello Spirito Santo, che le dona vita e azione (Cfr. Sacrosanctum Concilium, 5, 6; Lumen gentium, 7, 12, 50). Essa è dunque santa, pur comprendendo nel suo seno dei peccatori, giacché essa non possiede altra vita se non quella della grazia: appunto vivendo della sua vita, i suoi membri si santificano, come, sottraendosi alla sua vita, cadono nei peccati e nei disordini, che impediscono l’irradiazione della sua santità. Perciò la Chiesa soffre e fa penitenza per tali peccati, da cui peraltro ha il potere di guarire i suoi figli con il Sangue di Cristo ed il dono dello Spirito Santo.

Erede delle promesse divine e figlia di Abramo secondo lo spirito, per mezzo di quell’Israele di cui custodisce con amore le Scritture e venera i Patriarchi e i Profeti; fondata sugli Apostoli e trasmettitrice, di secolo in secolo, della loro parola sempre viva e dei loro poteri di Pastori nel Successore di Pietro e nei Vescovi in comunione con lui; costantemente assistita dallo Spirito Santo, la Chiesa ha la missione di custodire, insegnare, spiegare e diffondere la verità, che Dio ha manifestato in una maniera ancora velata per mezzo dei Profeti e pienamente per mezzo del Signore Gesù. Noi crediamo tutto ciò che è contenuto nella Parola di Dio, scritta o tramandata, e che la Chiesa propone a credere come divinamente rivelata sia con un giudizio solenne, sia con il magistero ordinario e universale (Cfr. Dz-Sch. 3011). Noi crediamo nell’infallibilità, di cui fruisce il Successore di Pietro, quando insegna ex cathedracome Pastore e Dottore di tutti i fedeli (Cfr. Dz.-Sch. 3074), e di cui è dotato altresì il Collegio dei vescovi, quando esercita con lui il magistero supremo (Cfr. Lumen gentium, 25).

Noi crediamo che la Chiesa, che Gesù ha fondato e per la quale ha pregato, è indefettibilmente una nella fede, nel culto e nel vincolo della comunione gerarchica. Nel seno di questa Chiesa, sia la ricca varietà dei riti liturgici, sia la legittima diversità dei patrimoni teologici e spirituali e delle discipline particolari lungi dal nuocere alla sua unità, la mettono in maggiore evidenza (Cfr. Lumen gentium, 23; cfr. Orientalium Ecclesiarum, 2, 3, 5, 6).

Riconoscendo poi, al di fuori dell’organismo della Chiesa di Cristo, l’esistenza di numerosi elementi di verità e di santificazione che le appartengono in proprio e tendono all’unità cattolica (Cfr. Lumen gentium, 8), e credendo alla azione dello Spirito Santo che nel cuore dei discepoli di Cristo suscita l’amore per tale unità (Cfr.Lumen gentium, 15), Noi nutriamo speranza che i cristiani, i quali non sono ancora nella piena comunione con l’unica Chiesa, si riuniranno un giorno in un solo gregge con un solo Pastore.

Noi crediamo che la Chiesa è necessaria alla salvezza, perché Cristo, che è il solo Mediatore e la sola via di salvezza, si rende presente per noi nel suo Corpo, che è la Chiesa (Cfr. Lumen gentium, 14). Ma il disegno divino della salvezza abbraccia tutti gli uomini: e coloro che, senza propria colpa, ignorano il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa, ma cercano sinceramente Dio e sotto l’influsso della sua grazia si sforzano di compiere la sua volontà riconosciuta nei dettami della loro coscienza, anch’essi, in un numero che Dio solo conosce, possono conseguire la salvezza (Cfr.Lumen gentium, 16).

Noi crediamo che la Messa, celebrata dal Sacerdote che rappresenta la persona di Cristo in virtù del potere ricevuto nel sacramento dell’Ordine, e da lui offerta nel nome di Cristo e dei membri del suo Corpo mistico, è il Sacrificio del Calvario reso sacramentalmente presente sui nostri altari. Noi crediamo che, come il pane e il vino consacrati dal Signore nell’ultima Cena sono stati convertiti nel suo Corpo e nel suo Sangue che di lì a poco sarebbero stati offerti per noi sulla Croce, allo stesso modo il pane e il vino consacrati dal sacerdote sono convertiti nel Corpo e nel Sangue di Cristo gloriosamente regnante nel Cielo; e crediamo che la misteriosa presenza del Signore, sotto quello che continua ad apparire come prima ai nostri sensi, è una presenza vera, reale e sostanziale (Cfr. Dz.-Sch. 1651).

Pertanto Cristo non può essere presente in questo Sacramento se non mediante la conversione nel suo Corpo della realtà stessa del pane e mediante la conversione nel suo Sangue della realtà stessa del vino, mentre rimangono immutate soltanto le proprietà del pane e del vino percepite dai nostri sensi. Tale conversione misteriosa è chiamata dalla Chiesa, in maniera assai appropriata, transustanziazione. Ogni spiegazione teologica, che tenti di penetrare in qualche modo questo mistero, per essere in accordo con la fede cattolica deve mantenere fermo che nella realtà obiettiva, indipendentemente dal nostro spirito, il pane e il vino han cessato di esistere dopo la consacrazione, sicché da quel momento sono il Corpo e il Sangue adorabili del Signore Gesù ad esser realmente dinanzi a noi sotto le specie sacramentali del pane e del vino (Cfr. Dz-Sch. 1642, 1651-1654; Pauli VI, Litt. Enc. Mysterium Fidei), proprio come il Signore ha voluto, per donarsi a noi in nutrimento e per associarci all’unità del suo Corpo Mistico (Cfr. S. Th. III, 73, 3).

L’unica ed indivisibile esistenza del Signore glorioso nel Cielo non è moltiplicata, ma è resa presente dal Sacramento nei numerosi luoghi della terra dove si celebra la Messa. Dopo il Sacrificio, tale esistenza rimane presente nel Santo Sacramento, che è, nel tabernacolo, il cuore vivente di ciascuna delle nostre chiese. Ed è per noi un dovere dolcissimo onorare e adorare nell’Ostia santa, che vedono i nostri occhi, il Verbo Incarnato, che essi non possono vedere e che, senza lasciare il Cielo, si è reso presente dinanzi a noi.


Noi confessiamo che il Regno di Dio, cominciato quaggiù nella Chiesa di Cristo, non è di questo mondo, la cui figura passa; e che la sua vera crescita non può esser confusa con il progresso della civiltà, della scienza e della tecnica umane, ma consiste nel conoscere sempre più profondamente le imperscrutabili ricchezze di Cristo, nello sperare sempre più fortemente i beni eterni, nel rispondere sempre più ardentemente all’amore di Dio, e nel dispensare sempre più abbondantemente la grazia e la santità tra gli uomini. Ma è questo stesso amore che porta la Chiesa a preoccuparsi costantemente del vero bene temporale degli uomini. Mentre non cessa di ricordare ai suoi figli che essi non hanno quaggiù stabile dimora, essa li spinge anche a contribuire - ciascuno secondo la propria vocazione ed i propri mezzi - al bene della loro città terrena, a promuovere la giustizia, la pace e la fratellanza tra gli uomini, a prodigare il loro aiuto ai propri fratelli, soprattutto ai più poveri e ai più bisognosi. L’intensa sollecitudine della Chiesa, Sposa di Cristo, per le necessità degli uomini, per le loro gioie e le loro speranze, i loro sforzi e i loro travagli, non è quindi altra cosa che il suo grande desiderio di esser loro presente per illuminarli con la luce di Cristo e adunarli tutti in Lui, unico loro Salvatore. Tale sollecitudine non può mai significare che la Chiesa conformi se stessa alle cose di questo mondo, o che diminuisca l’ardore dell’attesa del suo Signore e del Regno eterno.

Noi crediamo nella vita eterna. Noi crediamo che le anime di tutti coloro che muoiono nella grazia di Cristo, sia che debbano ancora esser purificate nel Purgatorio, sia che dal momento in cui lasciano il proprio corpo siano accolte da Gesù in Paradiso, come Egli fece per il Buon Ladrone, costituiscono il Popolo di Dio nell’aldilà della morte, la quale sarà definitivamente sconfitta nel giorno della Resurrezione, quando queste anime saranno riunite ai propri corpi.

Noi crediamo che la moltitudine delle anime, che sono riunite intorno a Gesù ed a Maria in Paradiso, forma la Chiesa del Cielo, dove esse nella beatitudine eterna vedono Dio così com’è (Cfr. 1 Io. 3, 2; Dz.-Sch. 1000) e dove sono anche associate, in diversi gradi, con i santi Angeli al governo divino esercitato da Cristo glorioso, intercedendo per noi ed aiutando la nostra debolezza con la loro fraterna sollecitudine (Cfr. Lumen gentium, 49).

Noi crediamo alla comunione tra tutti i fedeli di Cristo, di coloro che sono pellegrini su questa terra, dei defunti che compiono la propria purificazione e dei beati del Cielo, i quali tutti insieme formano una sola Chiesa; noi crediamo che in questa comunione l’amore misericordioso di Dio e dei suoi Santi ascolta costantemente le nostre preghiere, secondo la parola di Gesù:Chiedete e riceverete (Cfr. Luc. 10, 9-10; Io. 16, 24). E con la fede e nella speranza, noi attendiamo la resurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà.
Sia benedetto Dio Santo, Santo, Santo. Amen.

*Insegnamenti di Paolo VI, vol. VI, 1968, pp. 300-310.

Domine Iesu,
Noverim me, noverim te,
Nec aliquid cupiam nisi te.