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lunedì 15 gennaio 2018

Sotto il Gran Sasso c’è un Cuore freddissimo.

Laboratori Gran Sasso: con il superfreddo a caccia di neutrini

Inaugurato l’esperimento «Cuore» per studiare le proprietà di queste elusive particelle, schermato da lingotti di piombo trovati nel relitto di una nave romana naufragata in Sardegna 2 mila anni fa. E scoprire se Majorana aveva ragione

L’esperimento Cuore (Ansa)L’esperimento Cuore (Ansa)
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A una profondità di 1.400 metri sotto il Gran Sasso c’è un Cuore freddissimo. Forse il posto più freddo dell’intero universo a una temperatura di -273,15 gradi, ossia solo 10 millesimi di grado sopra lo zero assoluto. È stato inaugurato lunedì 23 ottobre ai Laboratori nazionali del Gran Sasso dell’Istituto nazionale di fisica nucleare l’esperimento denominato Cuore (Cryogenic Underground Observatory for Rare Events), il più grande rivelatore superfreddo mai costruito, realizzato con per studiare le proprietà della particella più elusiva: il neutrino.
L’intuizione di Majorana
Sono molti i primati di Cuore, oltre a quello d ella temperatura di utilizzo più bassa. L’esperimento, al quale partecipano oltre 150 scienziati guidati da Oliviero Cremonesi dell’Università degli Studi Milano-Bicocca, si basa sostanzialmente nella ricerca del rarissimo fenomeno del doppio decadimento beta (un nucleo atomico decade in un altro con lo stesso numero di massa) senza emissione di neutrini. Da qui si potrebbe dimostrare che i neutrini, come aveva teorizzato quasi 80 anni fa Ettore Majorana, non sono particelle realmente distinte dall’antineutrino, ma sono identici alla loro antimateria e determinare perciò la loro piccolissima massa. Inoltre, lo studio potrebbe contribuire a comprendere perché, se al momento del Big Bang è stata prodotta la stessa quantità di materia e di antimateria, al posto di essersi annichilite all’istante - forse per un leggero squilibrio a favore della materia - oggi osserviamo nell’universo solo questa.
Il piombo di 2 mila anni fa
Cuore è rilevatore superfreddo pesante 741 chili, composto da 19 torri ciascuna realizzata con 52 cristalli iperpuri di tellurite (biossido di tellurio) che contengono quasi il 34% dell’isotopo tellurio-130. Il rilevatore, oltre a essere schermato dai 1.400 di rocce del Gran Sasso che lo proteggono dai raggi cosmici, per evitare anche le minime contaminazioni radioattive è avvolto da uno scudo formato dalla fusione di lingotti di piombo recuperati dal relitto di una nave romana naufragata al largo dell’isola del Mal di Ventre (Oristano, Sardegna) oltre 2 mila anni fa. Il piombo proveniva dalla miniera di Sierra di Cartagena, in Spagna.