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mercoledì 21 ottobre 2020

La Trinità nei Sermoni sul Cantico dei Cantici di S. Bernardo

Il bacio nella bocca. La Trinità nei Sermoni sul Cantico dei Cantici di S. Bernardo

di Alfredo Simón (Roma, 26-28 maggio 2011)
Sermoni sul Cantico dei Cantici di S. Bernardo sono considerati un capolavoro della creazione bernardiana nella quale si intrecciano genio letterario e profondita teologica, esperienza spirituale e fascino comunicativo.
Il linguaggio dell'amore tra lo sposo e la sposa del Cantico dei Cantici e ripreso simbolicamente per presentare i misteri della fede cristiana. La Trinità, concepita come comunione di amore e intimita tra le tre divine persone, e interpretata nel Sermone 8 come un bacio dato dal Padre al Figlio nello Spirito: «Se, giustamente, il Padre viene inteso come colui che bacia e il Figlio come colui che e baciato, non sarà certo fuori luogo interpretare lo Spirito Santo come bacio, poiché e l'imperturbabile pace del Padre e del Figlio, il saldo vincolo, l'indivisibile amore e l'indissolubile unita».1 Di fatto afferma Bernardo «poiché il bacio e segno d'amore».2
Nel linguaggio stesso l'uomo comprende il senso delle cose e Bernardo in questo commento letterario propone con una forma rinnovata alla comprensione del mistero teologico della Trinità. Il mondo della sensualita che percorre l'epitalamio del Cantico dei Cantici apporta densita al discorso bemardiano. Il linguaggio simbolico affettivo infatti sarà ripreso lungo i sermoni per stabilire una relazione significativa tra la corporeita, la testualita e l'esperienza mistica.
In concreto e alludendo alla citazione, nel significante del bacio abbiamo due livelli di significato che coabitano: il significato ordinario del bacio, e l'esperienza significativa di una realtà trinitaria diversa e più profonda. Grazie alla sua dinamica analogica, il simbolo stesso, senza entrare in contraddizione, rende possibile la relazione reciproca tra i significati, la relazione di senso, o quello che Ricœur chiamerebbe una architettura di senso.3Usando il simbolo del bacio per parlare della Trinità, lo stile di Bernardo si apre a una concezione della verità della Trinità la cui interpretazione parte dall'esperienza antropologica e corporale dell'amore e della sua espressione poetica. Il testo quindi dischiude all'autore e al lettore un mondo, una visione, una interpretazione, in questo caso della Trinità. Il linguaggio simbolico del bacio trinitario designa nuovi orizzonti di comprensione del mistero di amore e unione delle persone divine perché la carica emotiva di tale linguaggio rinnova la forma espressiva del mistero indicibile di un Dio che è Trinità di persone.
Il bacio, come ogni simbolo, oltre la dimensione denotativa ha una dimensione comunicativa, esprime un senso di per sé, anche prima della spiegazione esaustiva delle parole. Si capisce qualcosa, anche in silenzio, anche senza essere detto tra gli interlocutori, e presuppone un contesto vivo di senso spontaneo. Le cose non appaiono come manifestazioni isolate ma in relazione reciproca di senso, in una interazione tra l'ambito naturale e quello sociale. Il simbolo crea una dinamica intersoggettiva, e in più se in relazione all'amore. Un tu interviene sempre in relazione a un io, il che è già una via di possibilità per la trascendenza, per la comunione e per esperienze indefinite o indicibili, al di là della persona e delle persone in relazione, e sempre nel contesto esistenziale della vita e dello spirito.
In modo simile ad altri autori della tradizione monastica medievale, la contemplazione di Bernardo dei misteri della fede, e nel nostro caso del mistero trinitario, comprende anche l'emotività umana o personale, senza che ciò significhi cadere in un sentimentalismo superficiale puramente soggettivo. L'esperienza e la concezione dell'amore di cui parla Bernardo va contrastata e oggettivata con la fede tradizionale della Chiesa su Cristo e sulla Trinità così come formulata nelle fonti conciliari. L'intima relazione tra conoscenza ed esperienza sarà una caratteristica del pensiero di molti monaci medievali, già ben formulata da Anselmo, oltre Bernardo, Aelredo di Rievaulx e Guglielmo di Saint-Thierry.4
Trattandosi di un commento di un libro biblico fatto da un credente, bisognerebbe aggiungere che la comprensione della Scrittura è per Bernardo una dinamica personale correlativa, allo stesso tempo intellettuale e affettiva, in cui interviene l'intelligenza e il cuore. Lui tenta di spiegare letterariamente, lungo tutta l'opera, l'intensità del significato dell'esperienza del bacio, sia a livello umano che divino. Per lui, la simbolica del bacio illumina la mente quanto infiamma il cuore, e da questa dinamica linguistica umana prende la base per trasportare ad una penetrazione nel senso dei misteri divini, così come possano essere colti dalla intelligenza umana.
La tipologia dei significati attribuiti al bacio viene menzionata nei primi sermoni. Nel Sermone 4 Bernardo parla di tre baci, cioè nei piedi, nelle mani e nella bocca, essendo quest'ultimo quello superiore e speciale.5 Nel Sermone 7 interpreta la frase del Cantico «Mi baci col bacio della sua bocca» come il bacio chiesto dalla sposa, cioè l'anima, al Verbo, lo sposo, come segno dell'amore vero.6 Quindi il bacio riceve diversi significati, benché sempre nell'ambito semantico della relazione amorosa intensa. Il Sermone 2 avanza già il senso trinitario: fa la distinzione tra il bacio della sua bocca e il bacio con la bocca. Il bacio della bocca è un bacio esclusivo riservato alla comunione intima della Trinità: «Per questa ragione, quindi, nessuno dei santi presumeva di poter dire: Mi baci con la sua bocca, ma soltanto: con il bacio della sua bocca, riservando, giustamente, questa prerogativa solo a colui sul quale la bocca del Verbo si posò, una sola volta e in modo unico».7 Il bacio della bocca è il bacio dato dal Padre al Figlio nel mistero trinitario e il bacio con la bocca invece è il bacio del Figlio all'umanità nei misteri dell'incarnazione e della redenzione.
In modo più specifico il Sermone 8 viene dedicato alla Trinità. Inizia trattando del «bacio sommo, cioè del bacio della bocca», «un bacio ineffabile e non esperimentato da alcuna creatura». La relazione tra il Padre e il Figlio èuna relazione diretta di amore e conoscenza reciproca. La simbologia dell'abbraccio e del bacio rappresentano la comunione intima tra le due persone trinitarie: «Il Padre, infatti, ama il Figlio e lo abbraccia con una singolare dilezione, il sommo abbraccia l'uguale, l'eterno il coeterno, l'uno l'unico. Ma, a dire il vero, egli viene circondato dal Figlio con un affetto non minore, poiché questi, per suo amore, giunge sino alla morte».8 Abbiamo menzionato all'inizio la descrizione della indissolubile e amorosa relazione intratrinitaria come il Padre che bacia, il Figlio che è baciato e lo Spirito Santo come il bacio tra i due. Afferma Bernardo: «Quindi, che il Figlio sia nel Padre e il Padre nel Figlio è il bacio dalla bocca».9 Come anche la rivelazione del Figlio agli uomini è anche un bacio: «L'Unigenito che era nel seno del Padre, egli lo ha rivelato a noi. E quella rivelazione cosa fu per loro se non un bacio? ».10
La simbologia del bacio riferita a Cristo presenta diverse sfumature lungo il sermone. Da una parte si accenna alla unione delle nature divina e umana: «E mentre là il contatto delle labbra esprime l'abbraccio degli animi, qui l'alleanza delle nature congiunge l'umano al divino, pacificando le cose che stanno sulla terra e quelle che stanno nei cieli».11 Troviamo anche il «bacio della riconciliazione» promesso e desiderato dagli uomini: «reclamavano il bacio, il segno della riconciliazione promessa».12 Il «bacio santo» dell'incarnazione era stato trattato nel Sermone 2: «quando il Signore vi discenda, salutati nel bacio santo»;13 «l'antico lamento richiedeva il bacio sacrosanto, cioè il mistero del Verbo che si doveva incarnare».14 E ancora più esplicitamente il bacio sarebbe Cristo come mediatore tra Dio e l'umanita, culmine della promessa di salvezza nella storia: «Per essere un mediatore giusto con entrambe le parti, non sospetto né all'una né all'altra, Dio, il Figlio di Dio, diventi uomo, diventi figlio dell'uomo e mi rassicuri con questo bacio della sua bocca»;15 «d'altra parte, questo bacio non è altro che il mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù».16
Un altro senso riceve il «bacio spirituale» nel Sermone 3 prendendo il significato della piena partecipazione mistica dell'uomo in Dio, cioè l'esperienza gioiosa dell'uomo che cerca Cristo e il dono sublime dell'unione spirituale con lui: «ma se qualcuno, anche una volta sola, ha ricevuto dalla bocca di Cristo un bacio spirituale, certamente e sollecitato dalla propria esperienza e, contento, lo cerca nuovamente»;17 «Credo che, ormai, quel bacio sommo, di somma condiscendenza e mirabile dolcezza, qualunque esso sia». «Alla fine, quando, con molte preghiere e lacrime, otteniamo tutto questo, solo allora osiamo, forse, sollevare il capo sino alla bocca stessa della gloria, non solo -- lo dico con timore e tremore -- per contemplare, ma anche per baciare: poiché Cristo Signore è spirito davanti al nostro volto e unendoci a lui nel bacio santo, per la sua condiscendenza veniamo resi un solo spirito».18
L'invio dello Spirito Santo alla Chiesa da parte di Gesù costituisce anche un bacio o meglio la partecipazione della chiesa al bacio trinitario di comunione e amore, chiesto da lei come rivelazione: «È scritto: Soffiò su di loro -- e non vi è dubbio che si riferisca a Gesù nei confronti degli Apostoli, cioè della Chiesa primitiva -- e dice: Riceverete lo Spirito Santo. Si trattò certamente di un bacio. [...] Quel soffio del Signore è stato dato affinché da ciò si capisca che procede sia da lui che dal Padre, come un vero bacio che è comune a chi bacia e a chi è baciato. [...] Non ritiene, infatti, che sia cosa di poco conto o spregevole essere baciata dal bacio, che altro non è se non l'infusione dello Spirito Santo».19 Il dono dello Spirito, per Bernardo, illumina la conoscenza e accende la carità in una concezione caratteristica del dottore medievale, vale a dire l'esperienza ricevuta nell'uomo dell'intelligenza e dell'amore: «Procede in quella intelligenza nello Spirito e non con i vostri pensieri. La dottrina dello Spirito non acuisce la curiosità, ma accende la carità. [...] Infatti, la grazia del bacio reca insieme entrambi i doni: la luce della conoscenza e la ricchezza della devozione. [...] Solo lo Spirito dei due è testimone e consapevole della reciproca conoscenza e del reciproco amore».20
Diciamo in conclusione che la simbologia antropologica del bacio, nei sermoni bernardiani, vuole esprimere il mistero della rivelazione e della reciproca conoscenza e amore esistente tra le persone trinitarie. Inoltre, dal punto di vista della economia della salvezza, il bacio può essere ricevuto dalla Chiesa per essere in qualche modo resa partecipe del mistero trinitario, e addirittura l'esperienza di tale bacio significherà anche la comunione spirituale nel rapporto dell'uomo e Dio.
Copyright © 2011 Alfredo Simón
Alfredo Simón. «Il bacio nella bocca. La Trinità nei Sermoni sul Cantico dei Cantici di S. Bernardo». Elaborare l'esperienza di Dio [in linea], Atti del Convegno «La Trinità», Roma 26-28 maggio 2009, disponibile su World Wide Web: <http://mondodomani.org/teologia/>, [**19 B].

Note

  1.  S. Bernardo, Sermoni sul Cantico dei Cantici (SCC) 8, 2, Milano 2006, vol. 1, p. 100: «Nempe si recte Pater osculans, Filius osculatus accipitur, non erit ab re osculum Spiritum Sanctum intelligi, utpote qui Patris Filiique imperturbabilis pax sit, gluten firmum, individuus amor, indivisibilis unitas». Testo
  2.  SCe 8, 6, vol.1, p. 104 «Quia amoris indicium osculum est». Testo
  3.  Cf. Ricœur, P., Dell'interpretazione. Saggio su Freud, Milano 1967, 30. Testo
  4.  Bernardo: «Un cántico de esa clase sólo la unción lo profesa y sólo la experiencia lo enseña. Los que tengan experiencia de ello, lo reconocerán, los que no posean en absoluto esa experiencia, que ardan en el deseo no tanto de conocer, como de experimentar», Leclercq, 21. Anselmo, Epistola De Incarnatione. Aelredo: «Hay un lenguaje del amor, que no comprende sino aquel que ama». Simile ma diversa l'interpretazione trinitaria del bacio in Guglielmo di Saint-Thierry, Commento al Cantico dei Camici, Opere 4, a cura di M. Spinelli, Fonti Medievali 24, Città Nuova, Roma 2002, e in Ruperto di Deutz, Commento al Cantico dei Cantici, trad. C. Falchini, Bose 2005. Testo
  5.  SCC 4, 1. A. Morris, «The Trinity in Bernard's Sermons on the Song of Songs», Cistercian Studies 30 (1995) 37-57.Testo
  6.  SCC 7, 2: «Osculetur me, inquit, osculo oris sui. Quis dicit? Sponsa. Quaenam ipsa? Anima sitiens Deum. Sed pono diversas affectiones, ut ea quae proprie sponsae congruit distinctius elucescat. Quae vero osculum postulat, amat. Excellit in naturae donis affectio haec amoris, praesertim cum ad suum recurrit principium, quod est Deus. Nec sunt inventa aeque dulcia nomina, quibus Verbi animaeque dulces ad invicem exprimerentur affectus, quemadmodum sponsus et sponsa: quippe quibus omnia sunt communia». Testo
  7.  SCC 2, 3, vol. 1, p. 44 «Hac ergo ratione sanctorum nemo dicere praesumebat: Osculetur me ore suo, sed tantum:osculo oris sui, ipsi sane servantes praerogativam istam, cui singulariter semel que os Verbi impressum tune est».Testo
  8.  SCC 8, 1, vol. 1, p. 98 «Pater enim diligit Filium, et singulari dilectione amplectitur, summus aequalem, aeternus coaeternum, unus unicum. Sed enim non minori ipse a Filio affectione astringitur, quippe pro cuius amore et ntoriturTesto
  9.  SCC 8, 7, vol. 1, p. 106 «Igitur Filium in Patre et Patrern esse in Filio, osculum de ore est». Testo
  10.  SCC 8, 7, voi. 1, p. 106 «Unigenitus qui erat in sinu Patris, ipse enarravit nobis. Et illa enarratio quid eis nisi osculum fuit?». Testo
  11.  SCC 2, 3, vol. 1, p. 44 «Et ibi quidem contactus labiorum complexum significat animorum, hic autem confoederatio naturarum divinis humana componit, quae in terra sunt et quae in caelis pacificans». Testo
  12.  SCC 2, 5, vol. 1, p. 46 «Signum promissae reconciliationis, quod est osculum». Testo
  13.  SCC 2, 8, vof. 1, p. 52 «Quatenus et inferi Domino descendente, salutati in osculo sancto». Testo
  14.  SCC 2, 7, vol. 1, p. 48 «Vetus querela sacrosanctum osculum, id est incarnandi Verbi mysterium, exigebat[...]». Testo
  15.  SCC 2, 6, vol. 1, p. 48 «Ut ex aequo partibus congruens mediator neutri suspectus sit, Deus Filius Dei fiat homo, fiat filius hominis, et certum me reddat in hoc osculo oris sui». Testo
  16.  SCC 2, 9, vol. 1, p. 52 «Patet hoc sanctum osculum duabus ex causis necessarie indultum mundo: ut et infirmis faceret fidenn, et desiderio satisfaceret perfectorum; porro ipsum osculum esse non aliud quam mediatorem Dei et hominum, hotninem Christum Iesum». Testo
  17.  SCC 3, 1, vol. 1, p. 54 «Non est enim cuiusvis hominum ex affectu hoc dicere; sed si quis ex ore Christi spirituale osculum vel semel accepit, hunc proprium experimentum profecto sollicitat, et repetit libens». Testo
  18.  SCC 3, 5, vol. 1, p. 58 «Iam summum illud, quodcumque est, summae dignationis et mirae suavitatis osculum»[...] «Postremo cum ista multis precibus et lacrimis obtinemus, tunc demum audemus forsitan ad ipsum os gloriae caput attollere, pavens et tremens dico, non solum speculandum, sed etiam osculandum: quia spiritus ante.faciem nostram Christus Dominus, cui adhaerentes in osculo sancto, unus spiritus ipsius dignatione efficimur». Testo
  19.  SCC 8, 2, vol. I, p. 98-100 «Insuflavit, inquit, eis, haud dubium quin Iesus Apostolis, id est primitivae Ecclesiae, et dixit: accipite Spiritum Sancto (Jo 20, 22). Osculum profecto fuit[...]. Non, sed invisibilis Spiritus, qui propterea in illo dominico flatu datus est, ut per hoc intelligeretur et ab ipso pariter tamquam a Patre procedere, tamquam vere osculum quod osculanti osculatoque commune est. [...] Nec enim exiguum quid aut vile putat osculari ab osculo, quod non est aliud, nisi infundi Spiritu Sancto». Testo
  20.  SCC 8, 6, vol. I, p. 104 «In spiritu ambulate in iilis, et non in sensu proprio. Doctrina Spiritus non curiositatem acuit, sed caritatem accendit. Utrumque enim munus simul fert osculi gratia, et agnitionis lucem, et devotionis pinguedinem. [...] solo utriusque Spiritu teste ac conscio mutuae agnitionis et dilectionis». Testo
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domenica 20 agosto 2017

MARIA nel pensiero, nel parlare, sempre

Lectio S. Bernardi 
Abbatis et Ecclesiæ Doctoris
.

Rivolto ai monaci, Bernardo suggerirà: 
accogliere 
«Mariam in cogitando, Mariam in loquendo, 
Mariam in omnibus operibus suis»: 
Maria nel pensiero, Maria nel parlare, Maria in tutte le opere.
*
Luci sul nostro cammino di 
San Bernardo di Chiaravalle
" Chiunque tu sia,
che nel flusso di questo tempo ti accorgi che,
più che camminare sulla terra,
stai come ondeggiando tra burrasche e tempeste,
non distogliere gli occhi dallo splendore di questa stella,
se non vuoi essere sopraffatto dalla burrasca!
Se sei sbattuto dalle onde della superbia,
dell'ambizione, della calunnia, della gelosia,
guarda la stella, invoca Maria.
Se l'ira o l'avarizia, o le lusinghe della carne
hanno scosso la navicella del tuo animo, guarda Maria.
Se turbato dalla enormità dei peccati,
se confuso per l'indegnità della coscienza,
cominci ad essere inghiottito dal baratro della tristezza
e dall'abisso della disperazione, pensa a Maria.
Non si allontani dalla tua bocca e dal tuo cuore,
e per ottenere l'aiuto della sua preghiera,
non dimenticare l'esempio della sua vita.
Seguendo lei non puoi smarrirti,
pregando lei non puoi disperare.
Se lei ti sorregge non cadi,
se lei ti protegge non cedi alla paura,
se lei ti è propizia raggiungi la mèta ".
*
Bernardo, nato a Fontaine nella Borgogna da nobile famiglia, giovanetto vivamente sollecitato da donne per la sua grande bellezza, non si poté mai smuovere dal proposito di conservarsi casto. 
Per fuggire queste tentazioni del diavolo, a diciott'anni risolvé d'entrare nel monastero di Citeaux, culla dell'ordine di questo nome, che allora fioriva per santità. Conosciuto il disegno di Bernardo, i suoi fratelli fecero ogni sforzo per distoglierlo. Ma in ciò egli fu più eloquente e fortunato di loro; perché li convinse così bene, e molti altri con essi, del suo progetto, che ben trenta giovani abbracciarono con lui la medesima religione-. 

Monaco, si diede tanto al digiuno, che ogni volta che prendeva cibo, gli sembrava di subire un supplizio. Si applicò meravigliosamente anche alle veglie e all'orazione; e, votatosi alla cristiana povertà, menava sulla terra vita quasi celeste, aliena da ogni sollecitudine e cupidigia di cose caduche.

Risplendeva in lui l'umiltà, la misericordia, la dolcezza. Era così assorto nella contemplazione, che pareva non servirsi dei sensi se non per i doveri di pietà: nei quali tuttavia si comportava colla più lodevole prudenza. 
Occupato in questi esercizi, rifiutò il vescovado di Genova, Milano e altri, che gli venivano offerti, dichiarandosi indegno dell'onore di tanta dignità. 

Eletto abate di Chiaravalle, edificò in molti luoghi, dei monasteri nei quali si mantenne per lungo tempo la regola e la disciplina di Bernardo. Nel monastero dei santi Vincenzo e Anastasio a Roma, restaurato da Papa Innocenzo II, pose come abate quello che fu poi sommo Pontefice col nome d'Eugenio III; al quale indirizzò pure un suo libro della Considerazione.

Egli scrisse inoltre molte altre opere, in cui apparisce come la sua dottrina fu piuttosto un dono di Dio che frutto di studio. L'altissima riputazione della sua virtù lo fece ricercare dai più grandi prìncipi per comporre le loro controversie e venne più volte in Italia per regolare gli affari della Chiesa. 
Così il sommo Pontefice Innocenzo II ebbe in lui un aiuto prezioso tanto per metter fine allo scisma di Pier Leone, quanto nelle legazioni presso l'imperatore di Germania, Enrico re d'Inghilterra, e il Concilio di Pisa. Infine, a sessantatré anni d'età s'addormentò nel Signore, e, illustrato da miracoli, Papa Alessandro III l'annoverò fra i Santi. 

Il sommo Pontefice Pio VIII poi, con decreto della sacra Congregazione dei Riti, dichiarò e confermò san Bernardo Dottore della Chiesa universale, ordinandone a tutti la recita della Messa e l'Ufficio dei Dottori, e concesse indulgenze plenarie annuali in perpetuo a tutti quelli che nel giorno della festa del Santo avessero visitato le chiese dell'ordine Cistercense.


V. E tu, o Signore, abbi pietà di noi.
R. Grazie a Dio.


"Nei pericoli, nelle angustie, nelle perplessità, pensa a Maria, invoca Maria!
Maria sia sempre sulla tua bocca e nel tuo cuore. Se la preghi non perderai la speranza".


San Bernardo



AMDG et BVM

Doctor mellifluus: SAN BERNARDO

DE  - EN  - ES  - FR  - HR  - IT  - PT ]


BENEDETTO XVI
UDIENZA GENERALE
Piazza San Pietro
Mercoledì, 21 ottobre 2009
[Video] 

San Bernardo di Chiaravalle

Cari fratelli e sorelle,
oggi vorrei parlare su san Bernardo di Chiaravalle, chiamato “l’ultimo dei Padri” della Chiesa, perché nel XII secolo, ancora una volta, rinnovò e rese presente la grande teologia dei Padri. Non conosciamo in dettaglio gli anni della sua fanciullezza; sappiamo comunque che egli nacque nel 1090 a Fontaines in Francia, in una famiglia numerosa e discretamente agiata. Giovanetto, si prodigò nello studio delle cosiddette arti liberali – specialmente della grammatica, della retorica e della dialettica – presso la scuola dei Canonici della chiesa di Saint-Vorles, a Châtillon-sur-Seine e maturò lentamente la decisione di entrare nella vita religiosa. Intorno ai vent’anni entrò a Cîteaux, una fondazione monastica nuova, più agile rispetto agli antichi e venerabili monasteri di allora e, al tempo stesso, più rigorosa nella pratica dei consigli evangelici. Qualche anno più tardi, nel 1115, Bernardo venne inviato da santo Stefano Harding, terzo Abate di Cîteaux, a fondare il monastero di Chiaravalle (Clairvaux). Qui il giovane Abate, aveva solo venticinque anni, poté affinare la propria concezione della vita monastica, e impegnarsi nel tradurla in pratica. Guardando alla disciplina di altri monasteri, Bernardo richiamò con decisione la necessità di una vita sobria e misurata, nella mensa come negli indumenti e negli edifici monastici, raccomandando il sostentamento e la cura dei poveri. Intanto la comunità di Chiaravalle diventava sempre più numerosa, e moltiplicava le sue fondazioni.

In quegli stessi anni, prima del 1130, Bernardo avviò una vasta corrispondenza con molte persone, sia importanti che di modeste condizioni sociali. Alle tante Lettere di questo periodo bisogna aggiungere numerosi Sermoni, come anche Sentenze e Trattati. Sempre a questo tempo risale la grande amicizia di Bernardo con Guglielmo, Abate di Saint-Thierry, e con Guglielmo di Champeaux, figure tra le più importanti del XII secolo. Dal 1130 in poi, iniziò a occuparsi di non pochi e gravi questioni della Santa Sede e della Chiesa. Per tale motivo dovette sempre più spesso uscire dal suo monastero, e talvolta fuori dalla Francia. Fondò anche alcuni monasteri femminili, e fu protagonista di un vivace epistolario con Pietro il Venerabile, Abate di Cluny, sul quale ho parlato mercoledì scorso. Diresse soprattutto i suoi scritti polemici contro Abelardo, un grande pensatore che ha iniziato un nuovo modo di fare teologia, introducendo soprattutto il metodo dialettico-filosofico nella costruzione del pensiero teologico. Un altro fronte contro il quale Bernardo ha lottato è stata l’eresia dei Catari, che disprezzavano la materia e il corpo umano, disprezzando, di conseguenza, il Creatore. Egli, invece, si sentì in dovere di prendere le difese degli ebrei, condannando i sempre più diffusi rigurgiti di antisemitismo. Per quest’ultimo aspetto della sua azione apostolica, alcune decine di anni più tardi, Ephraim, rabbino di Bonn, indirizzò a Bernardo un vibrante omaggio. In quel medesimo periodo il santo Abate scrisse le sue opere più famose, come i celeberrimi Sermoni sul Cantico dei Cantici. Negli ultimi anni della sua vita – la sua morte sopravvenne nel 1153 – Bernardo dovette limitare i viaggi, senza peraltro interromperli del tutto. Ne approfittò per rivedere definitivamente il complesso delle Lettere, dei Sermoni e dei Trattati.Merita di essere menzionato un libro abbastanza particolare, che egli terminò proprio in questo periodo, nel 1145, quando un suo allievo, Bernardo Pignatelli, fu eletto Papa col nome di Eugenio III. 

In questa circostanza, Bernardo, in qualità di Padre spirituale, scrisse a questo suo figlio spirituale il testo De Consideratione, che contiene insegnamenti per poter essere un buon Papa. In questo libro, che rimane una lettura conveniente per i Papi di tutti i tempi, Bernardo non indica soltanto come fare bene il Papa, ma esprime anche una profonda visione del mistero della Chiesa e del mistero di Cristo, che si risolve, alla fine, nella contemplazione del mistero di Dio trino e uno: “Dovrebbe proseguire ancora la ricerca di questo Dio, che non è ancora abbastanza cercato”, scrive il santo Abate “ma forse si può cercare meglio e trovare più facilmente con la preghiera che con la discussione. Mettiamo allora qui termine al libro, ma non alla ricerca” (XIV, 32: PL 182, 808), all’essere in cammino verso Dio.

Vorrei ora soffermarmi solo su due aspetti centrali della ricca dottrina di Bernardo: essi riguardano Gesù Cristo e Maria santissima, sua Madre. 

La sua sollecitudine per l’intima e vitale partecipazione del cristiano all’amore di Dio in Gesù Cristo non porta orientamenti nuovi nello statuto scientifico della teologia. Ma, in maniera più che mai decisa, l’Abate di Clairvaux configura il teologo al contemplativo e al mistico. Solo Gesù – insiste Bernardo dinanzi ai complessi ragionamenti dialettici del suo tempo – solo Gesù è “miele alla bocca, cantico all’orecchio, giubilo nel cuore (mel in ore, in aure melos, in corde iubilum)”. 
Viene proprio da qui il titolo, a lui attribuito dalla tradizione, di Doctor mellifluus: la sua lode di Gesù Cristo, infatti, “scorre come il miele”. Nelle estenuanti battaglie tra nominalisti e realisti – due correnti filosofiche dell’epoca - l’Abate di Chiaravalle non si stanca di ripetere che uno solo è il nome che conta, quello di Gesù Nazareno. “Arido è ogni cibo dell’anima”, confessa, “se non è irrorato con questo olio; insipido, se non è condito con questo sale. Quello che scrivi non ha sapore per me, se non vi avrò letto Gesù ”. E conclude: “Quando discuti o parli, nulla ha sapore per me, se non vi avrò sentito risuonare il nome di Gesù” (Sermones in Cantica Canticorum XV, 6: PL 183,847). 

Per Bernardo, infatti, la vera conoscenza di Dio consiste nell’esperienza personale, profonda di Gesù Cristo e del suo amore. E questo, cari fratelli e sorelle, vale per ogni cristiano: la fede è anzitutto incontro personale, intimo con Gesù, è fare esperienza della sua vicinanza, della sua amicizia, del suo amore, e solo così si impara a conoscerlo sempre di più, ad amarlo e seguirlo sempre più. Che questo possa avvenire per ciascuno di noi!

In un altro celebre Sermone nella domenica fra l’ottava dell’Assunzione, il santo Abate descrive in termini appassionati l’intima partecipazione di Maria al sacrificio redentore del Figlio. “O santa Madre, - egli esclama - veramente una spada ha trapassato la tua anima!... A tal punto la violenza del dolore ha trapassato la tua anima, che a ragione noi ti possiamo chiamare più che martire, perché in te la partecipazione alla passione del Figlio superò di molto nell’intensità le sofferenze fisiche del martirio” (14: PL183,437-438). Bernardo non ha dubbi: “ per Mariam ad Iesum ”, attraverso Maria siamo condotti a Gesù. Egli attesta con chiarezza la subordinazione di Maria a Gesù, secondo i fondamenti della mariologia tradizionale. Ma il corpo del Sermone documenta anche il posto privilegiato della Vergine nell’economia della salvezza, a seguito della particolarissima partecipazione della Madre (compassio) al sacrificio del Figlio. Non per nulla, un secolo e mezzo dopo la morte di Bernardo, Dante Alighieri, nell’ultimo canto della Divina Commedia, metterà sulle labbra del “Dottore mellifluo” la sublime preghiera a Maria: “Vergine Madre, figlia del tuo Figlio,/umile ed alta più che creatura,/termine fisso d’eterno consiglio, …” (Paradiso 33, vv. 1ss.).

Queste riflessioni, caratteristiche di un innamorato di Gesù e di Maria come san Bernardo, provocano ancor oggi in maniera salutare non solo i teologi, ma tutti i credenti. 
A volte si pretende di risolvere le questioni fondamentali su Dio, sull’uomo e sul mondo con le sole forze della ragione. 

San Bernardo, invece, solidamente fondato sulla Bibbia e sui Padri della Chiesa, ci ricorda che senza una profonda fede in Dio, alimentata dalla preghiera e dalla contemplazione, da un intimo rapporto con il Signore, le nostre riflessioni sui misteri divini rischiano di diventare un vano esercizio intellettuale, e perdono la loro credibilità. 
La teologia rinvia alla “scienza dei santi”, alla loro intuizione dei misteri del Dio vivente, alla loro sapienza, dono dello Spirito Santo, che diventano punto di riferimento del pensiero teologico. Insieme a Bernardo di Chiaravalle, anche noi dobbiamo riconoscere che l’uomo cerca meglio e trova più facilmente Dio “con la preghiera che con la discussione”. 
Alla fine, la figura più vera del teologo e di ogni evangelizzatore rimane quella dell’apostolo Giovanni, che ha poggiato il suo capo sul cuore del Maestro.

Vorrei concludere queste riflessioni su san Bernardo con le invocazioni a Maria, che leggiamo in una sua bella omelia. “Nei pericoli, nelle angustie, nelle incertezze, - egli dice - pensa a Maria, invoca Maria. Ella non si parta mai dal tuo labbro, non si parta mai dal tuo cuore; e perché tu abbia ad ottenere l'aiuto della sua preghiera, non dimenticare mai l'esempio della sua vita. Se tu la segui, non puoi deviare; se tu la preghi, non puoi disperare; se tu pensi a lei, non puoi sbagliare. Se ella ti sorregge, non cadi; se ella ti protegge, non hai da temere; se ella ti guida, non ti stanchi; se ella ti è propizia, giungerai alla meta...” (Hom. II super «Missus est», 17: PL 183, 70-71).

AMDG et BVM

venerdì 10 giugno 2016

Pensa a Maria, invoca Maria!



O tu che nell'instabilita' continua della vita presente
t'accorgi di essere sballottato tra le tempeste
senza punto sicuro dove appoggiarti,
tieni ben fisso lo sguardo al fulgore di questa stella
se non vuoi essere travolto dalla bufera.


Se insorgono i venti delle tentazioni
e se vai a sbattere contro gli scogli delle tribolazioni,
guarda la stella, invoca Maria!


Se i flutti dell'orgoglio, dell'ambizione,
della calunnia e dell'invidia
ti spingono di qua e di la', guarda la stella, invoca Maria!


Se l'ira, l'avarizia, l'edonismo
squassano la navicella della tua anima,
volgi il pensiero a Maria!


Se turbato per l'enormita' dei tuoi peccati,
confuso per le brutture della tua coscienza,
spaventato al terribile pensiero del giudizio,
stai per precipitare nel baratro della tristezza,
e nell'abisso della disperazione, pensa a Maria!


Nei pericoli, nelle angustie, nelle perplessità, 
pensa a Maria, invoca Maria!
Maria sia sempre sulla tua bocca e nel tuo cuore.


E per ottenere la sua intercessione, segui i suoi esempi.
Se la segui non ti smarrirai,
se la preghi non perderai la speranza,
se pensi a lei non sbaglierai.


Sostenuto da lei non cadrai,
difeso da lei non temerai,
con la sua guida non ti stancherai,
con la sua benevolenza giungerai a destinazione.

San Bernardo