Nel tedio di una serata uggiosa, mentre cerco di arrivare allo scaffale in cui è riposto un libro che vorrei leggere per conciliarmi il riposo, un altro volume mi scivola quasi in testa e si apre ai miei piedi. Mentre lo raccolgo, gli occhi mi cadono su queste parole:
“L’uomo coglie e riconosce gli imperativi della legge divina attraverso la sua coscienza, che egli è tenuto a seguire fedelmente in ogni sua attività, per raggiungere il suo fine che è Dio. Non lo si deve quindi costringere ad agire contro la sua coscienza. Ma non si deve neppure impedirgli di operare in conformità ad essa, soprattutto in campo religioso”.
Chi ha dimestichezza con questo linguaggio untuoso e doppio avrà certamente riconosciuto il passo della Dignitatis humanae. Irritato dal contrasto con le sane letture cui sono abituato, sento un moto di avversione e ripulsa, e richiudo con sdegno il tristo libello - Acta Concilii Oecumenici Vaticani II - rimettendolo sull'alto scaffale in cui, polveroso, giaceva da tempo.
Prendo dunque un tomo della edizione Oudin dei discorsi del Cardinal Pie, lascio che il gatto mi si accovacci sulle ginocchia, e mi pregusto una sana lettura prima di terminare la giornata recitando Compieta. Ma quella frase mi riecheggia nelle orecchie, mi tormenta, mi distrae.
E così, sorseggiando del buon Pedro Ximenez, rifletto tra me e mi chiedo: se i miei confratelli, i giovani chierici, gli anziani parroci e fors'anche qualche Vescovo e Cardinale prendessero alla lettera questa frase e, sulla base di essa, pretendessero dai loro Superiori il rispetto della propria decisione di non celebrare la Messa riformata? se chiedessero che li si lasci vestire l'abito talare, ornare la propria chiesa in modo decoroso, predicare secondo dottrina, confessare devotamente, usare quei paramenti che il predecessore ha confinato nelle soffitte della sacristia?
Immaginate l'espressione del Vescovo che, dopo aver fatto fare mezz'ora di anticamera al giovane viceparroco denunziato in Curia da qualche fedele per aver detto la Messa tridentina, e dopo avergli intimato di desistere e rientrare nei ranghi senza fare storie, si sentisse rispondere:
Eccellenza, io lo farei volentieri; ma vede, io sono tenuto a seguire fedelmente la mia coscienza in ogni mia attività: lo chiede il Concilio - Lei m'insegna - e chiede a Lei di non costringermi ad agire contro la mia coscienza, e di non impedirmi di operare in conformità ad essa, soprattutto in campo religioso.
Immaginate quale strumento per il seminarista che usa la talare rimproverato dal Rettore; per il Francescano cui è intimato di non celebrare la Messa di San Pio V; per il Monsignore che scrive su Sì Sì No No convocato dall'Arciprete; per il Vescovo che incoraggia i suoi sacerdoti ad avvalersi del Summorum Pontificum richiamato dalla Conferenza Episcopale; per il Cardinale redarguito dalla Segreteria di Stato perché ordina decine di sacerdoti in rito antico e predica contro l'aborto e le coppie gay: potrebbero appellarsi alla Dignitatis humanae, forse con un mezzo sorriso sornione sulle labbra, e metter finalmente a tacere la boria autoritaria di chi abusa del proprio potere per demolire la Chiesa.
Ma proprio mentre le ultime gocce di Pedro Ximenez stillano dal bicchierino di cristallo, mi dico con amarezza che costoro, dai quali ci aspettiamo coerenza e onestà morale, si avvalgono del Concilio solo a proprio vantaggio, e non sono disposti a tollerare che ci si appelli ad esso in un senso che a loro non è gradito. Esso è uno dei tanti grimaldelli - e nemmeno il più efficace, ormai - per scardinare l'ortodossia e diffondere l'errore morale, dottrinale e spirituale.
Sono gli stessi, non dimenticatelo, che inneggiano a parole alla democrazia nella Chiesa e ad un maggior coinvolgimento dei laici nel suo governo, ma che appena questi laici chiedono la Messa cattolica, o alzano la voce in difesa dei Frati dell'Immacolata, o protestano perché il loro parroco insegna eresie dal pulpito, ecco che ritornano ad essere più realisti del Re, si ergono furibondi nella loro Sacra ed Inviolabile Autorità, si cingono il capo della mitria gemmata e impugnano il pastorale per colpire con gli strali della loro ira apostolica i sudditi disobbedienti. Altro che democrazia, altro che Concilio!
Forse, se questa protesta avesse molti seguaci; se questa forma di obiezione di coscienza trovasse seguito nei chierici e nel basso Clero, magari addirittura in qualche coraggioso Prelato, lassù qualcuno dovrebbe far buon viso a cattivo giuoco, temendo le attenzioni della stampa e dell'opinione pubblica. D'altra parte, con la penuria di sacerdoti che vi è nelle Diocesi postconciliari, avere dieci o venti parroci obiettori di coscienza che celebrano esclusivamente nel Rito antico non consente a nessun Vescovo di sospenderli tutti a divinis...
E se dieci, venti o cento Vescovi agissero similmente dinanzi alle loro Conferenze Episcopali; se dieci o venti Cardinali si comportassero analogamente davanti al Vaticano, chi potrebbe censurarli, punirli, rimuoverli?
Uno spunto per conciliare i sogni di questa notte.
Jube Dómine benedícere. Noctem quiétam et finem perféctum concédat nobis Dóminus omnípotens. Amen.
PAOLO VESCOVO
SERVO DEI SERVI DI DIO
UNITAMENTE AI PADRI DEL SACRO CONCILIO
A PERPETUA MEMORIA
DICHIARAZIONE SULLA LIBERTÀ RELIGIOSA
DIGNITATIS HUMANAE
IL DIRITTO DELLA PERSONA UMANA
E DELLE COMUNITÀ ALLA LIBERTÀ SOCIALE
E CIVILE IN MATERIA DI RELIGIONE
PROEMIO
1. Nell'età contemporanea gli esseri umani divengono sempre più consapevoli della propria dignità di persone (1) e cresce il numero di coloro che esigono di agire di loro iniziativa, esercitando la propria responsabile libertà, mossi dalla coscienza del dovere e non pressati da misure coercitive. Parimenti, gli stessi esseri umani postulano una giuridica delimitazione del potere delle autorità pubbliche, affinché non siano troppo circoscritti i confini alla onesta libertà, tanto delle singole persone, quanto delle associazioni. Questa esigenza di libertà nella convivenza umana riguarda soprattutto i valori dello spirito, e in primo luogo il libero esercizio della religione nella società. Considerando diligentemente tali aspirazioni, e proponendosi di dichiarare quanto e come siano conformi alla verità e alla giustizia, questo Concilio Vaticano rimedita la tradizione sacra e la dottrina della Chiesa, dalle quali trae nuovi elementi in costante armonia con quelli già posseduti.
Anzitutto, il sacro Concilio professa che Dio stesso ha fatto conoscere al genere umano la via attraverso la quale gli uomini, servendolo, possono in Cristo trovare salvezza e pervenire alla beatitudine. Questa unica vera religione crediamo che sussista nella Chiesa cattolica e apostolica, alla quale il Signore Gesù ha affidato la missione di comunicarla a tutti gli uomini, dicendo agli apostoli: « Andate dunque, istruite tutte le genti battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto quello che io vi ho comandato » (Mt 28,19-20). E tutti gli esseri umani sono tenuti a cercare la verità, specialmente in ciò che concerne Dio e la sua Chiesa, e sono tenuti ad aderire alla verità man mano che la conoscono e a rimanerle fedeli.
Il sacro Concilio professa pure che questi doveri attingono e vincolano la coscienza degli uomini, e che la verità non si impone che per la forza della verità stessa, la quale si diffonde nelle menti soavemente e insieme con vigore. E poiché la libertà religiosa, che gli esseri umani esigono nell'adempiere il dovere di onorare Iddio, riguarda l'immunità dalla coercizione nella società civile, essa lascia intatta la dottrina tradizionale cattolica sul dovere morale dei singoli e delle società verso la vera religione e l'unica Chiesa di Cristo. Inoltre il sacro Concilio, trattando di questa libertà religiosa, si propone di sviluppare la dottrina dei sommi Pontefici più recenti intorno ai diritti inviolabili della persona umana e all'ordinamento giuridico della società.
I.
ASPETTI GENERALI DELLA LIBERTÀ RELIGIOSA
Oggetto e fondamento della libertà religiosa
2. Questo Concilio Vaticano dichiara che la persona umana ha il diritto alla libertà religiosa. Il contenuto di una tale libertà è che gli esseri umani devono essere immuni dalla coercizione da parte dei singoli individui, di gruppi sociali e di qualsivoglia potere umano, così che in materia religiosa nessuno sia forzato ad agire contro la sua coscienza né sia impedito, entro debiti limiti, di agire in conformità ad essa: privatamente o pubblicamente, in forma individuale o associata. Inoltre dichiara che il diritto alla libertà religiosa si fonda realmente sulla stessa dignità della persona umana quale l'hanno fatta conoscere la parola di Dio rivelata e la stessa ragione (2). Questo diritto della persona umana alla libertà religiosa deve essere riconosciuto e sancito come diritto civile nell'ordinamento giuridico della società.
A motivo della loro dignità, tutti gli esseri umani, in quanto sono persone, dotate cioè di ragione e di libera volontà e perciò investiti di personale responsabilità, sono dalla loro stessa natura e per obbligo morale tenuti a cercare la verità, in primo luogo quella concernente la religione. E sono pure tenuti ad aderire alla verità una volta conosciuta e ad ordinare tutta la loro vita secondo le sue esigenze. Ad un tale obbligo, però, gli esseri umani non sono in grado di soddisfare, in modo rispondente alla loro natura, se non godono della libertà psicologica e nello stesso tempo dell'immunità dalla coercizione esterna. Il diritto alla libertà religiosa non si fonda quindi su una disposizione soggettiva della persona, ma sulla sua stessa natura. Per cui il diritto ad una tale immunità perdura anche in coloro che non soddisfano l'obbligo di cercare la verità e di aderire ad essa, e il suo esercizio, qualora sia rispettato l'ordine pubblico informato a giustizia, non può essere impedito.
Libertà religiosa e rapporto dell'uomo con Dio
3. Quanto sopra esposto appare con maggiore chiarezza qualora si consideri che norma suprema della vita umana è la legge divina, eterna, oggettiva e universale, per mezzo della quale Dio con sapienza e amore ordina, dirige e governa l'universo e le vie della comunità umana. E Dio rende partecipe l'essere umano della sua legge, cosicché l'uomo, sotto la sua guida soavemente provvida, possa sempre meglio conoscere l'immutabile verità. Perciò ognuno ha il dovere e quindi il diritto di cercare la verità (3) in materia religiosa, utilizzando mezzi idonei per formarsi giudizi di coscienza retti e veri secondo prudenza.
La verità, però, va cercata in modo rispondente alla dignità della persona umana e alla sua natura sociale: e cioè con una ricerca condotta liberamente, con l'aiuto dell'insegnamento o dell'educazione, per mezzo dello scambio e del dialogo con cui, allo scopo di aiutarsi vicendevolmente nella ricerca, gli uni rivelano agli altri la verità che hanno scoperta o che ritengono di avere scoperta; inoltre, una volta conosciuta la verità, occorre aderirvi fermamente con assenso personale.
L'uomo coglie e riconosce gli imperativi della legge divina attraverso la sua coscienza, che è tenuto a seguire fedelmente in ogni sua attività per raggiungere il suo fine che è Dio. Non si deve quindi costringerlo ad agire contro la sua coscienza. E non si deve neppure impedirgli di agire in conformità ad essa, soprattutto in campo religioso. Infatti l'esercizio della religione, per sua stessa natura, consiste anzitutto in atti interni volontari e liberi, con i quali l'essere umano si dirige immediatamente verso Dio: e tali atti da un'autorità meramente umana non possono essere né comandati, né proibiti (4). Però la stessa natura sociale dell'essere umano esige che egli esprima esternamente gli atti interni di religione, comunichi con altri in materia religiosa e professi la propria religione in modo comunitario.
Si fa quindi ingiuria alla persona umana e allo stesso ordine stabilito da Dio per gli esseri umani, quando si nega ad essi il libero esercizio della religione nella società, una volta rispettato l'ordine pubblico informato a giustizia.
Inoltre gli atti religiosi, con i quali in forma privata e pubblica gli esseri umani con decisione interiore si dirigono a Dio, trascendono per loro natura l'ordine terrestre e temporale delle cose. Quindi la potestà civile, il cui fine proprio è di attuare il bene comune temporale, deve certamente rispettare e favorire la vita religiosa dei cittadini, però evade dal campo della sua competenza se presume di dirigere o di impedire gli atti religiosi.
La libertà dei gruppi religiosi
4. La libertà religiosa che compete alle singole persone, compete ovviamente ad esse anche quando agiscono in forma comunitaria. I gruppi religiosi, infatti, sono postulati dalla natura sociale tanto degli esseri umani, quanto della stessa religione.
A tali gruppi, pertanto, posto che le giuste esigenze dell'ordine pubblico non siano violate, deve essere riconosciuto il diritto di essere immuni da ogni misura coercitiva nel reggersi secondo norme proprie, nel prestare alla suprema divinità il culto pubblico, nell'aiutare i propri membri ad esercitare la vita religiosa, nel sostenerli con il proprio insegnamento e nel promuovere quelle istituzioni nelle quali i loro membri cooperino gli uni con gli altri ad informare la vita secondo i principi della propria religione.
Parimenti ai gruppi religiosi compete il diritto di non essere impediti con leggi o con atti amministrativi del potere civile di scegliere, educare, nominare e trasferire i propri ministri, di comunicare con le autorità e con le comunità religiose che vivono in altre regioni della terra, di costruire edifici religiosi, di acquistare e di godere di beni adeguati.
I gruppi religiosi hanno anche il diritto di non essere impediti di insegnare e di testimoniare pubblicamente la propria fede, a voce e per scritto. Però, nel diffondere la fede religiosa e nell'introdurre pratiche religiose, si deve evitare ogni modo di procedere in cui ci siano spinte coercitive o sollecitazioni disoneste o stimoli meno retti, specialmente nei confronti di persone prive di cultura o senza risorse: un tale modo di agire va considerato come abuso del proprio diritto e come lesione del diritto altrui.
Inoltre la libertà religiosa comporta pure che i gruppi religiosi non siano impediti di manifestare liberamente la virtù singolare della propria dottrina nell'ordinare la società e nel vivificare ogni umana attività. Infine, nel carattere sociale della natura umana e della stessa religione si fonda il diritto in virtù del quale gli esseri umani, mossi dalla propria convinzione religiosa, possano liberamente riunirsi e dar vita ad associazioni educative, culturali, caritative e sociali.
La libertà religiosa della famiglia
5. Ad ogni famiglia--società che gode di un diritto proprio e primordiale--compete il diritto di ordinare liberamente la propria vita religiosa domestica sotto la direzione dei genitori. A questi spetta il diritto di determinare l'educazione religiosa da impartire ai propri figli secondo la propria persuasione religiosa. Quindi deve essere dalla potestà civile riconosciuto ai genitori il diritto di scegliere, con vera libertà, le scuole e gli altri mezzi di educazione, e per una tale libertà di scelta non debbono essere gravati, né direttamente né indirettamente, da oneri ingiusti. Inoltre i diritti dei genitori sono violati se i figli sono costretti a frequentare lezioni scolastiche che non corrispondono alla persuasione religiosa dei genitori, o se viene imposta un'unica forma di educazione dalla quale sia esclusa ogni formazione religiosa.
Cura della libertà religiosa
6. Poiché il bene comune della società--che si concreta nell'insieme delle condizioni sociali, grazie alle quali gli uomini possono perseguire il loro perfezionamento più riccamente o con maggiore facilità --consiste soprattutto nella salvaguardia dei diritti della persona umana e nell'adempimento dei rispettivi doveri (5), adoperarsi positivamente per il diritto alla libertà religiosa spetta tanto ai cittadini quanto ai gruppi sociali, ai poteri civili, alla Chiesa e agli altri gruppi religiosi: a ciascuno nel modo ad esso proprio, tenuto conto del loro specifico dovere verso il bene comune.
Tutelare e promuovere gli inviolabili diritti dell'uomo è dovere essenziale di ogni potere civile (6). Questo deve quindi assicurare a tutti i cittadini, con leggi giuste e con mezzi idonei, l'efficace tutela della libertà religiosa, e creare condizioni propizie allo sviluppo della vita religiosa, cosicché i cittadini siano realmente in grado di esercitare i loro diritti attinenti la religione e adempiere i rispettivi doveri, e la società goda dei beni di giustizia e di pace che provengono dalla fedeltà degli uomini verso Dio e verso la sua santa volontà (7).
Se, considerate le circostanze peculiari dei popoli nell'ordinamento giuridico di una società viene attribuita ad un determinato gruppo religioso una speciale posizione civile, è necessario che nello stesso tempo a tutti i cittadini e a tutti i gruppi religiosi venga riconosciuto e sia rispettato il diritto alla libertà in materia religiosa.
Infine il potere civile deve provvedere che l'eguaglianza giuridica dei cittadini, che appartiene essa pure al bene comune della società, per motivi religiosi non sia mai lesa, apertamente o in forma occulta, e che non si facciano fra essi discriminazioni.
Da ciò segue che non è permesso al pubblico potere imporre ai cittadini con la violenza o con il timore o con altri mezzi la professione di una religione qualsivoglia oppure la sua negazione, o di impedire che aderiscano ad un gruppo religioso o che se ne allontanino. Tanto più poi si agisce contro la volontà di Dio e i sacri diritti della persona e il diritto delle genti quando si usa, in qualunque modo, la violenza per distruggere o per comprimere la stessa religione o in tutto il genere umano oppure in qualche regione o in un determinato gruppo.
I limiti della libertà religiosa
7. Il diritto alla libertà in materia religiosa viene esercitato nella società umana; di conseguenza il suo esercizio è regolato da alcune norme.
Nell'esercizio di ogni libertà si deve osservare il principio morale della responsabilità personale e sociale: nell'esercitare i propri diritti i singoli esseri umani e i gruppi sociali, in virtù della legge morale, sono tenuti ad avere riguardo tanto ai diritti altrui, quanto ai propri doveri verso gli altri e verso il bene comune. Con tutti si è tenuti ad agire secondo giustizia ed umanità.
Inoltre, poiché la società civile ha il diritto di proteggersi contro i disordini che si possono verificare sotto pretesto della libertà religiosa, spetta soprattutto al potere civile prestare una tale protezione; ciò però va compiuto non in modo arbitrario o favorendo iniquamente una delle parti, ma secondo norme giuridiche, conformi all'ordine morale obiettivo: norme giuridiche postulate dall'efficace difesa dei diritti e dalla loro pacifica armonizzazione a vantaggio di tutti i cittadini, da una sufficiente tutela di quella autentica pace pubblica che consiste in una vita vissuta in comune sulla base di una onesta giustizia, nonché dalla debita custodia della pubblica moralità. Questi sono elementi che costituiscono la parte fondamentale del bene comune e sono compresi sotto il nome di ordine pubblico. Per il resto nella società va rispettata la norma secondo la quale agli esseri umani va riconosciuta la libertà più ampia possibile, e la loro libertà non deve essere limitata, se non quando e in quanto è necessario.
Educazione all'esercizio della libertà
8. Nella nostra età gli esseri umani, a motivo di molteplici fattori, vivono in un'atmosfera di pressioni e corrono il pericolo di essere privati della facoltà di agire liberamente e responsabilmente. D'altra parte non sembrano pochi quelli che, sotto il pretesto della libertà, respingono ogni dipendenza e apprezzano poco la dovuta obbedienza.
Ragione per cui questo Concilio Vaticano esorta tutti, ma soprattutto coloro che sono impegnati in compiti educativi, ad adoperarsi per formare esseri umani i quali, nel pieno riconoscimento dell'ordine morale, sappiano obbedire alla legittima autorità e siano amanti della genuina libertà, esseri umani cioè che siano capaci di emettere giudizi personali nella luce della verità, di svolgere le proprie attività con senso di responsabilità, e che si impegnano a perseguire tutto ciò che è vero e buono, generosamente disposti a collaborare a tale scopo con gli altri.
La libertà religiosa, quindi, deve pure essere ordinata e contribuire a che gli esseri umani adempiano con maggiore responsabilità i loro doveri nella vita sociale.
II.
LA LIBERTÀ RELIGIOSA ALLA LUCE DELLA RIVELAZIONE
La dottrina della libertà religiosa affonda le radici nella Rivelazione
9. Quanto questo Concilio Vaticano dichiara sul diritto degli esseri umani alla libertà religiosa ha il suo fondamento nella dignità della persona, le cui esigenze la ragione umana venne conoscendo sempre più chiaramente attraverso l'esperienza dei secoli. Anzi, una tale dottrina sulla libertà affonda le sue radici nella Rivelazione divina, per cui tanto più va rispettata con sacro impegno dai cristiani. Quantunque, infatti, la Rivelazione non affermi esplicitamente il diritto all'immunità dalla coercizione esterna in materia religiosa, fa tuttavia conoscere la dignità della persona umana in tutta la sua ampiezza, mostra il rispetto di Cristo verso la libertà umana degli esseri umani nell'adempimento del dovere di credere alla parola di Dio, e ci insegna lo spirito che i discepoli di una tale Maestro devono assimilare e manifestare in ogni loro azione. Tutto ciò illustra i principi generali sopra cui si fonda la dottrina della presente dichiarazione sulla libertà religiosa. E anzitutto, la libertà religiosa nella società è in piena rispondenza con la libertà propria dell'atto di fede cristiana.
Libertà dell'atto di fede
10. Un elemento fondamentale della dottrina cattolica, contenuto nella parola di Dio e costantemente predicato dai Padri (8), è che gli esseri umani sono tenuti a rispondere a Dio credendo volontariamente; nessuno, quindi, può essere costretto ad abbracciare la fede contro la sua volontà (9). Infatti, l'atto di fede è per sua stessa natura un atto volontario, giacché gli essere umani, redenti da Cristo Salvatore e chiamati (10) in Cristo Gesù ad essere figli adottivi, non possono aderire a Dio che ad essi si rivela, se il Padre non li trae (11) e se non prestano a Dio un ossequio di fede ragionevole e libero. È quindi pienamente rispondente alla natura della fede che in materia religiosa si escluda ogni forma di coercizione da parte degli esseri umani. E perciò un regime di libertà religiosa contribuisce non poco a creare quell'ambiente sociale nel quale gli esseri umani possono essere invitati senza alcuna difficoltà alla fede cristiana, e possono abbracciarla liberamente e professarla con vigore in tutte le manifestazioni della vita.
Modo di agire di Cristo e degli apostoli
11. Dio chiama gli esseri umani al suo servizio in spirito e verità; per cui essi sono vincolati in coscienza a rispondere alla loro vocazione, ma non coartati. Egli, infatti, ha riguardo della dignità della persona umana da lui creata, che deve godere di libertà e agire con responsabilità. Ciò è apparso in grado sommo in Cristo Gesù, nel quale Dio ha manifestato se stesso e le sue vie in modo perfetto. Infatti Cristo, che è Maestro e Signore nostro (12), mite ed umile di cuore (13) ha invitato e attratto i discepoli pazientemente (14). Certo, ha sostenuto e confermato la sua predicazione con i miracoli per suscitare e confortare la fede negli uditori, ma senza esercitare su di essi alcuna coercizione (15). Ha pure rimproverato l'incredulità degli uditori, lasciando però la punizione a Dio nel giorno del giudizio (16). Mandando gli apostoli nel mondo, disse loro: « Chi avrà creduto e sarà battezzato, sarà salvo. Chi invece non avrà creduto sarà condannato » (Mc 16,16). ma conoscendo che la zizzania è stata seminata con il grano, comandò di lasciarli crescere tutti e due fino alla mietitura che avverrà alla fine del tempo (17). Non volendo essere un messia politico e dominatore con la forza (18) preferì essere chiamato Figlio dell'uomo che viene « per servire e dare la sua vita in redenzione di molti » (Mc 10,45). Si presentò come il perfetto servo di Dio (19) che « non rompe la canna incrinata e non smorza il lucignolo che fuma » (Mt 12,20). Riconobbe la potestà civile e i suoi diritti, comandando di versare il tributo a Cesare, ammonì però chiaramente di rispettare i superiori diritti di Dio: « Rendete a Cesare quello che è di Cesare, e a Dio quello che è di Dio » (Mt 22,21). Finalmente ha ultimato la sua rivelazione compiendo nella croce l'opera della redenzione, con cui ha acquistato agli esseri umani la salvezza e la vera libertà. Infatti rese testimonianza alla verità (20), però non volle imporla con la forza a coloro che la respingevano. Il suo regno non si erige con la spada (21) ma si costituisce ascoltando la verità e rendendo ad essa testimonianza, e cresce in virtù dell'amore con il quale Cristo esaltato in croce trae a sé gli esseri umani (22).
Gli apostoli, istruiti dalla parola e dall'esempio di Cristo, hanno seguito la stessa via. Fin dal primo costituirsi della Chiesa i discepoli di Cristo si sono adoperati per convertire gli esseri umani a confessare Cristo Signore, non però con un'azione coercitiva né con artifizi indegni del Vangelo, ma anzitutto con la forza della parola di Dio (23), Con coraggio annunziavano a tutti il proposito di Dio salvatore, « il quale vuole che tutti gli uomini si salvino ed arrivino alla conoscenza della verità » (1 Tm 2,4); nello stesso tempo, però, avevano riguardo per i deboli, sebbene fossero nell'errore, mostrando in tal modo come «ognuno di noi renderà conto di sé a Dio» (Rm 14,12) (24) e sia tenuto ad obbedire soltanto alla propria coscienza. Come Cristo, gli apostoli hanno sempre cercato di rendere testimonianza alla verità di Dio, arditamente osando dinanzi al popolo e ai principi di « annunziare con fiducia la parola di Dio » (At 4,31) (25). Con ferma fede ritenevano che lo stesso Vangelo fosse realmente la forza di Dio per la salvezza di ogni credente (26). Sprezzando quindi tutte « le armi carnali » (27) seguendo l'esempio di mansuetudine e di modestia di Cristo, hanno predicato la parola di Dio (28) pienamente fiduciosi nella divina virtù di tale parola del distruggere le forze avverse a Dio e nell'avviare gli esseri umani alla fede e all'ossequio di Cristo (29), Come il Maestro, così anche gli apostoli hanno riconosciuto la legittima autorità civile: « Non vi è infatti potestà se non da Dio », insegna l'Apostolo, il quale perciò comanda: « Ognuno sia soggetto alle autorità in carica... Chi si oppone alla potestà, resiste all'ordine stabilito da Dio » (Rm 13,1-5) (30). Nello stesso tempo, però, non hanno avuto timore di resistere al pubblico potere che si opponeva alla santa volontà di Dio: « È necessario obbedire a Dio prima che agli uomini » (At 5,29) (31). La stessa via hanno seguito innumerevoli martiri e fedeli attraverso i secoli e in tutta la terra.
La Chiesa segue le tracce di Cristo e degli apostoli
12. La Chiesa pertanto, fedele alla verità evangelica, segue la via di Cristo e degli apostoli quando riconosce come rispondente alla dignità dell'uomo e alla rivelazione di Dio il principio della libertà religiosa e la favorisce. Essa ha custodito e tramandato nel decorso dei secoli la dottrina ricevuta da Cristo e dagli apostoli. E quantunque nella vita del popolo di Dio, pellegrinante attraverso le vicissitudini della storia umana, di quando in quando si siano avuti modi di agire meno conformi allo spirito evangelico, anzi ad esso contrari, tuttavia la dottrina della Chiesa, secondo la quale nessuno può essere costretto con la forza ad abbracciare la fede, non è mai venuta meno.
Il fermento evangelico ha pure lungamente operato nell'animo degli esseri umani e molto ha contribuito perché gli uomini lungo i tempi riconoscessero più largamente e meglio la dignità della propria persona e maturasse la convinzione che la persona nella società deve essere immune da ogni umana coercizione in materia religiosa.
La libertà della Chiesa
13. Fra le cose che appartengono al bene della Chiesa, anzi al bene della stessa città terrena, e che vanno ovunque e sempre conservate e difese da ogni ingiuria, è certamente di altissimo valore la seguente: che la Chiesa nell'agire goda di tanta libertà quanta le è necessaria per provvedere alla salvezza degli esseri umani (32). È questa, infatti, la libertà sacra, di cui l'unigenito Figlio di Dio ha arricchito la Chiesa acquistata con il suo sangue. Ed è propria della Chiesa, tanto che quanti l'impugnano agiscono contro la volontà di Dio. La libertà della Chiesa è principio fondamentale nelle relazioni fra la Chiesa e i poteri pubblici e tutto l'ordinamento giuridico della società Civile.
Nella società umana e dinanzi a qualsivoglia pubblico potere, la Chiesa rivendica a sé la libertà come autorità spirituale, fondata da Cristo Signore, alla quale per mandato divino incombe l'obbligo di andare nel mondo universo a predicare il Vangelo ad ogni creatura (33). Parimenti, la Chiesa rivendica a sé la libertà in quanto è una comunità di esseri umani che hanno il diritto di vivere nella società civile secondo i precetti della fede cristiana (34).
Ora, se vige un regime di libertà religiosa non solo proclamato a parole né solo sancito nelle leggi, ma con sincerità tradotto realmente nella vita, in tal caso la Chiesa, di diritto e di fatto, usufruisce di una condizione stabile per l'indipendenza necessaria all'adempimento della sua divina missione: indipendenza nella società, che le autorità ecclesiastiche hanno sempre più vigorosamente rivendicato (35). Nello stesso tempo i cristiani, come gli altri uomini godono del diritto civile di non essere impediti di vivere secondo la propria coscienza. Vi è quindi concordia fra la libertà della Chiesa e la libertà religiosa che deve essere riconosciuta come un diritto a tutti gli esseri umani e a tutte le comunità e che deve essere sancita nell'ordinamento giuridico delle società civili.
La missione della Chiesa
14. La Chiesa cattolica per obbedire al divino mandato: « Istruite tutte le genti (Mt 28,19), è tenuta ad operare instancabilmente «affinché la parola di Dio corra e sia glorificata» (2 Ts 3,1).
La Chiesa esorta quindi ardentemente i suoi figli affinché « anzitutto si facciano suppliche, orazioni, voti, ringraziamenti per tutti gli uomini... Ciò infatti è bene e gradito al cospetto del Salvatore e Dio nostro, il quale vuole che tutti gli uomini si salvino ed arrivino alla conoscenza della verità» (1 Tm 2, 1-4).
I cristiani, però, nella formazione della loro coscienza, devono considerare diligentemente la dottrina sacra e certa della Chiesa (36). Infatti per volontà di Cristo la Chiesa cattolica è maestra di verità e sua missione è di annunziare e di insegnare autenticamente la verità che è Cristo, e nello stesso tempo di dichiarare e di confermare autoritativamente i principi dell'ordine morale che scaturiscono dalla stessa natura umana. Inoltre i cristiani, comportandosi sapientemente con coloro che non hanno la fede, s'adoperino a diffondere la luce della vita con ogni fiducia (37) e con fortezza apostolica, fino all'effusione del sangue, « nello Spirito Santo, con la carità non simulata, con la parola di verità» (2 Cor 6,6-7).
Infatti il discepolo ha verso Cristo Maestro il dovere grave di conoscere sempre meglio la verità da lui ricevuta, di annunciarla fedelmente e di difenderla con fierezza, non utilizzando mai mezzi contrari allo spirito evangelico. Nello stesso tempo, però, la carità di Cristo lo spinge a trattare con amore, con prudenza e con pazienza gli esseri umani che sono nell'errore o nell'ignoranza circa la fede (38). Si deve quindi aver riguardo sia ai doveri verso Cristo, il Verbo vivificante che deve essere annunciato, sia ai diritti della persona umana, sia alla misura secondo la quale Dio attraverso il Cristo distribuisce la sua grazia agli esseri umani che vengono invitati ad accettare e a professare la fede liberamente.
CONCLUSIONE
15. È manifesto che oggi gli esseri umani aspirano di poter professare liberamente la religione sia in forma privata che pubblica; anzi la libertà religiosa nella maggior parte delle costituzioni è già dichiarata diritto civile ed è solennemente proclamata in documenti internazionali (39).
Non mancano però regimi i quali, anche se nelle loro costituzioni riconoscono la libertà del culto religioso, si sforzano di stornare i cittadini dalla professione della religione e di rendere assai difficile e pericolosa la vita alle comunità religiose.
Il sacro Sinodo, mentre saluta con lieto animo quei segni propizi di questo tempo e denuncia con amarezza questi fatti deplorevoli, esorta i cattolici e invita tutti gli esseri umani a considerare con la più grande attenzione quanto la libertà religiosa sia necessaria, soprattutto nella presente situazione della famiglia umana.
È infatti manifesto che tutte le genti si vanno sempre più unificando, che si fanno sempre più stretti i rapporti fra gli esseri umani di cultura e religione diverse, mentre si fa ognora più viva in ognuno la coscienza della propria responsabilità personale. Per cui, affinché nella famiglia umana si instaurino e si consolidino relazioni di concordia e di pace, si richiede che ovunque la libertà religiosa sia munita di una efficace tutela giuridica e che siano osservati i doveri e i diritti supremi degli esseri umani attinenti la libera espressione della vita religiosa nella società.
Faccia Dio, Padre di tutti, che la famiglia umana, diligentemente elevando a metodo nei rapporti sociali l'esercizio della libertà religiosa, in virtù della grazia di Cristo e per l'azione dello Spirito Santo pervenga alla sublime e perenne « libertà della gloria dei figli di Dio» (Rm 8,21).
7 dicembre 1965
Tutte e singole le cose stabilite in questo Decreto sono piaciute ai Padri del Sacro Concilio. E Noi, in virtù della potestà Apostolica conferitaci da Cristo, unitamente ai Venerabili Padri, nello Spirito Santo le approviamo, le decretiamo e le stabiliamo; e quanto stato così sinodalmente deciso, comandiamo che sia promulgato a gloria di Dio.
Roma, presso San Pietro
7 dicembre 1965.
Io PAOLO Vescovo della Chiesa Cattolica
† Ego FRANCISCUS titulo Ss. Ioannis et Pauli Presbyter Cardinalis SPELLMAN, Archiepiscopus Neo-Eboracensis.
† Ego IACOBUS titulo Ss. Bonifacii et Alexii Presbyter Cardinalis DE BARROS CÂMARA, Archiepiscopus S. Sebastiani Fluminis Ianuarii.
† Ego IOSEPHUS titulo S. Ioannis ante Portam Latinam Presbyter Cardinalis FRINGS, Archiepiscopus Coloniensis.
† Ego ERNESTUS titulo S. Sabinae Presbyter Cardinalis RUFFINI, Archiepiscopus Panormitanus.
† Ego ANTONIUS titulo S. Laurentii in Panisperna Presbyter Cardinalis CAGGIANO, Archiepiscopus Bonaërensis.
Ego PETRUS titulo S. Praxedis Presbyter Cardinalis CIRIACI.
† Ego MAURITIUS titulo S. Mariae de Pace Presbyter Cardinalis FELTIN, Archiepiscopus Parisiensis.
† Ego IOSEPHUS titulo S. Mariae de Victoria Presbyter Cardinalis SIRI, Archiepiscopus Ianuensis.
† Ego STEPHANUS titulo S. Mariae Trans Tiberim Presbyter Cardinalis WYSZYNSKI, Archiepiscopus Gnesnensis et Varsaviensis, Primas Poloniae.
† Ego BENIAMINUS titulo S. Vitalis Presbyter Cardinalis DE ARRIBA Y CASTRO, Archiepiscopus Tarraconensis.
† Ego FERDINANDUS titulo S. Augustini Presbyter Cardinalis QUIROGA Y PALACIOS, Archiepiscopus Compostellanus.
† Ego PAULUS AEMILIUS titulo S. Mariae Angelorum in Thermis Presbyter Cardinalis LEGER, Archiepiscopus Marianopolitanus.
† Ego IOSEPHUS HUMBERTUS titulo Ss. Andreae et Gregorii ad Clivum Scauri Presbyter Cardinalis QUINTERO, Archiepiscopus Caracensis.
† Ego ALOISIUS titulo S. Mariae Novae Presbyter Cardinalis CONCHA, Archiepiscopus Bogotensis.
Ego IOSEPHUS titulo S. Priscae Presbyter Cardinalis DA COSTA NUNES.
Ego HILDEBRANDUS titulo S. Sebastiani ad Catacumbas Presbyter Cardinalis ANTONIUTTI.
Ego EPHRAEM titulo S. Crucis in Hierusalem Presbyter Cardinalis FORNI.
† Ego IOANNES titulo S. Mariae de Aracoeli Presbyter Cardinalis LANDAZURI RICKETTS, Archiepiscopus Limanus, Primas Peruviae.
† Ego RADULFUS titulo S. Bernardi ad Thermas Presbyter Cardinalis SILVA HENRIQUEZ, Archiepiscopus S. Iacobi in Chile.
† Ego LEO IOSEPHUS titulo S. Petri ad Vincula Presbyter Cardinalis SUENENS, Archiepiscopus Mechliniensis-Bruxellensis.
† Ego IOSEPHUS titulo S. Athanasii Presbyter Cardinalis SLIPYI, Archiepiscopus Maior Ucrainorum.
† Ego LAURENTIUS titulo S. Leonis I Presbyter Cardinalis JAEGER, Archiepiscopus Paderbornensis.
† Ego IOSEPHUS titulo S. Crucis in via Flaminia Presbyter Cardinalis BERAN, Archiepiscopus Pragensis.
† Ego MAURITIUS titulo D.nae N.ae de SS. Sacramento et Martyrum Canadensium Presbyter Cardinalis ROY, Archiepiscopus Quebecensis, Primas Canadiae.
† Ego IOSEPHUS titulo S. Teresiae Presbyter Cardinalis MARTIN, Archiepiscopus Rothomagensis.
† Ego AUDOËNUS titulo S. Praxedis Presbyter Cardinalis MCCANN, Archiepiscopus Civitatis Capitis.
† Ego LEO STEPHANUS titulo S. Balbinae Presbyter Cardinalis DUVAL, Archiepiscopus Algeriensis.
† Ego ERMENEGILDUS titulo Reginae Apostolorum Presbyter Cardinalis FLORIT, Archiepiscopus Florentinus.
† Ego FRANCISCUS titulo Ss. Petri et Pauli in via Ostiensi Presbyter Cardinalis ŠEPER, Archiepiscopus Zagrabiensis.
Ego CAROLUS S. Mariae in Porticu Diaconus Cardinalis JOURNET.
† Ego ALBERTUS GORI, Patriarcha Hierosolymitanus Latinorum.
† Ego PAULUS II CHEIKHO, Patriarcha Babylonensis Chaldaeorum.
† Ego IGNATIUS PETRUS XVI BATANIAN, Patriarcha Ciliciae Armenorum.
† Ego IOSEPHUS VIEIRA ALVERNAZ, Patriarcha Indiarum Orientalium.
† Ego IOANNES CAROLUS MCQUAID, Archiepiscopus Dublinensis, Primas Hiberniae.
† Ego ANDREAS ROHRACHER, Archiepiscopus Salisburgensis, Primas Germaniae.
† Ego DEMETRIUS MOSCATO, Archiepiscopus Primas Salernitanus et Administrator Perpetuus Acernensis.
† Ego HUGO CAMOZZO, Archiepiscopus Pisanus et Primas Sardiniae et Corsicae.
† Ego ALEXANDER TOKI , Archiepiscopus Antibarensis et Primas Serbiae.
† Ego MICHAEL DARIUS MIRANDA, Archiepiscopus Mexicanus, Primas Mexici.
† Ego FRANCISCUS MARIA DA SILVA, Archiepiscopus Bracharensis, Primas Hispaniarum.
† Ego PAULUS GOUYON, Archiepiscopus Rhedonensis, Primas Britanniae.
† Ego ERNESTUS SENA DE OLIVEIRA, Archiepiscopus Conimbricensis.
Sequuntur ceterae subsignationes.
Ita est.
† Ego PERICLES FELICI
Archiepiscopus tit. Samosatensis
Ss. Concilii Secretarius Generalis
† Ego IOSEPHUS ROSSI
Episcopus tit. Palmyrenus
Ss. Concilii Notarius
† Ego FRANCISCUS HANNIBAL FERRETTI
Ss. Concilii Notarius
NOTE
(1) Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl. Pacem in terris, 11 aprile 1963: AAS 55 (1963), p. 279; ibid., p. 265; PIO XII, Messaggio radiofonico, 24 dic. 1944: AAS 37 (1945), p. 14.
(2) Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl. Pacem in terris, 11 aprile 1963: AAS 55 (1963), pp. 260-261 [Dz 3961]; PIO XII, Messaggio radiofonico, Con sempre nuova freschezza, 24 dic. 1942: AAS 35 (1943), p. 19; PIO XI, Encicl. Mit brennender Sorge, 14 marzo 1937: AAS 29 (1937), p. 160; LEONE XIII, Encicl. Libertas praestantissimum, 20 giugno 1888: Acta Leonis XIII 8 (1888), pp. 237-238 [Dz 3250-51].
(3) Cf. S. TOMMASO, Summa Theol., I-II, q. 91, a. 1; q. 93, a. 1-2.
(4) Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl. Pacem in terris, 11 aprile 1963: AAS 55 (1963), p. 270 [Dz 3980]; PAOLO VI, Messaggio radiofonico, 22 dic. 1964: AAS 57 (1965), pp. 181-182; S. TOMMASO, Summa Theol., I-II, q. 91, a. 4 c.
(5) Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl. Mater et Magistra, 15 maggio 1961: AAS 53 (1961), p. 417; IDEM., Encicl. Pacem in terris, 11 aprile 1963: AAS 55 (1963), p. 273 [Dz 3984].
(6) Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl. Pacem in terris, 11 apr. 1963: AAS 55 (1963), pp. 273-274 [Dz 3985]; PIO XII, Messaggio radiofonico, 1° giugno 1942: AAS 33 (1941), p. 200.
(7) Cf. LEONE XIII, Encicl. Immortale Dei, 1o nov. 1885: ASS 18 (1885), p. 161.
(8) Cf. LATTANZIO, Divinarum Institutionum, Lib. V, 19: CSEL 19, pp. 463-464, 465; PL 6, 614 e 616 (capp. 20); S. AMBROGIO, Epistola ad Valentinianum Imp., Lett. 21: PL 16, 1005; S. AGOSTINO, Contra litteras Petiliani, lib. II, cap. 83: CSEL 52, p. 112; PL 43, 315; cf. C. 23, q. 5, c. 33 (ed. Friedberg, col. 939); IDEM, Ep. 23: PL 33, 98; IDEM, Ep. 34: PL 33,132; IDEM, Ep. 35: PL 33,135; S. GREGORIO MAGNO, Epistola ad Virgilium et Theodorum Episcopos Massiliae Galliarum, Registrum Epistolarum I, 45: MGH, Ep. I, p. 72; PL 77,510-511 (lib. I, ep. 47): IDEM, Epistola ad Iohannem Episcopum Constantinopolitanum, Registrum Epistolarum III, 52: MGH, Ep. I, p. 210; PL 77,649 (lib. III, ep. 53); cf. D. 45, c. 1 (ed. Friedberg, col. 160); SIN. DI TOLEDO IV, c. 57: MANSI 10, 633; cf. D. 45, c. 5 (ed. Friedberg, col. 161-162); CLEMENTE III: X, V, 6, 9: (ed. Friedberg, col. 774); INNOCENZO III, Epistola ad Arelatensem Archiepiscopum, X, III, 42, (ed. Friedberg, col. 646).
(10) Cf. Ef 1,5.
(11) Cf. Gv 6,44.
(12) Cf. Gv 13,13.
(13) Cf. Mt 11,29.
(14) Cf. Mt 11,28-30; Gv 6,67-68.
(15) Cf. Mt 9,28-29; Mc 9,23-24; 6,5-6; PAOLO VI, Encicl. Ecclesiam suam, 6 ag. 1964: AAS 56 (1964), pp. 642-643.
(16) Cf. Mt 11,20-24; Rm 12,19-20; 2 Ts 1,8.
(17) Cf. Mt 13,30.40-42.
(18) Cf. Mt 4,8-10; Gv 6,15.
(19) Cf. Is 42,1-4.
(20) Cf. Gv 18,37.
(21) Cf. Mt 26,51-53; Gv 18,36.
(22) Cf. Gv 12,32.
(23) Cf. 1 Cor 2,3-5; 1 Ts 2,3-5.
(24) Cf. Rm 14,1-23; 1 Cor 8,9-13; 10,23-33.
(25) Cf. Ef 6,19-20.
(26) Cf. Rm 1,16.
(27) Cf. 2 Cor 10,4; 1 Ts 5,8-9.
(28) Cf. Ef 6,11-17.
(29) Cf. 2 Cor 10,3-5.
(30) Cf. 1 Pt 2,13-17.
(31) Cf. At 4,19-20.
(32) Cf. LEONE XIII, Lettera Officio sanctissimo, 22 dic. 1887: ASS 20 (1887), p. 269; IDEM, Lettera Ex litteris, 7 aprile 1887: ASS 19 (1886), p. 465.
(33) Cf. Mc 16,15; Mt 28,18-20; PIO XII, Encicl. Summi Pontificatus, 20 ott. 1939: AAS 31 (1939), pp. 445-446.
(35) Cf. PIO XII, Discorso Ci riesce, 6 dic. 1953: AAS 45 (1953), p. 802.
(36) Cf. PIO XII, Messaggio radiofonico, 23 marzo 1952: AAS 44 (1952), pp. 270-278.
(37) Cf. At 4,29.
(38) Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl. Pacem in terris, 11 aprile 1963: AAS 55 (1963), pp. 299-300 [in parte Dz 3996].
(39) Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl. Pacem in terris, 11 aprile 1963: AAS 55 (1963), pp. 295-296.