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mercoledì 31 agosto 2022

La guerra spirituale : Insegnamento della Vergine Maria


Fonte : La mistica citta' di Dio di suor Maria d'Agreda (1602-1665)

www.Libri - Santo Rosario on line

409. Figlia mia, carissima, considera che tutti i viventi nascono destinati alla morte.

Non conoscono il termine della loro vita, ma sanno con certezza che il loro tempo è breve

e l'eternità è senza fine ed in essa l'uomo raccoglierà solamente ciò che avrà seminato

di cattive o di buone opere; queste daranno allora il loro frutto, di morte o di vita

eterna. In un viaggio così pericoloso non vuole perciò Dio che qualcuno conosca con

certezza se sia degno del suo amore o del suo disprezzo, affinché, se dotato di ragione,

questo dubbio gli serva da stimolo a cercare con tutte le sue forze l'amicizia del

Signore. E Dio giustifica la sua causa dal momento in cui l'anima comincia a fare uso della

ragione, perché da allora accende in essa una luce e sinderesi, che la stimola e la inizia

alla virtù; la distoglie dal peccato, insegnandole a distinguere tra il fuoco e l'acqua

approvando il bene e correggendo il male, scegliendo la virtù e riprovando il vizio. Egli

inoltre risveglia l'anima e la chiama a sé con ispirazioni sante, con impulsi continui e per

mezzo dei sacramenti, dei comma di fede, dei precetti, dei santi angeli, dei predicatori,

dei confessori, dei superiori, dei maestri; di ciò che l'anima prova in sé nelle afflizioni e

nei benefici che Dio le manda; di ciò che sente nelle tribolazioni altrui, nelle morti ed in

altri avvenimenti e mezzi che la sua provvidenza dispone per attirare tutti a sé, perché

vuole che tutti siano salvi. Di tutte queste cose Dio fa una catena di grandi aiuti e favori,

di cui la creatura può e deve usare a suo vantaggio. (1° libro, capitolo 25)


410. A tutto ciò si oppone la parte inferiore e sensitiva dell'uomo che, con il fomite del

peccato, inclina verso le cose sensibili e muove la concupiscenza e l'irascibilità, affinché,

confondendo la ragione, trascinino la volontà cieca ad abbracciare la libertà del piacere.

Il demonio, da parte sua, con inganni e con false ed inique suggestioni oscura il senso

interiore e nasconde il veleno mortale che si trova nei piaceri transeunti. L'Altissimo

però non abbandona subito le sue creature, anzi rinnova la sua misericordia, gli aiuti e le

grazie. E se esse rispondono alla sua chiamata ne aggiunge tante altre secondo la sua

equità; dinanzi alla corrispondenza dell'anima le va aumentando e moltiplicando. Così

come premio, perché l'anima ha dovuto vincersi, si vanno attenuando le inclinazioni alle

sue passioni ed al fomite e lo spirito si alleggerisce sempre più, potendosi sollevare in

alto, molto al di sopra delle tendenze negative e del cattivo nemico, il demonio.


411. L'uomo invece che si lascia trasportare dal diletto e dalla spensieratezza porge la mano al nemico di Dio e suo; e quanto più si allontana dalla divina bontà tanto più si rende indegno delle sue grazie e sente meno gli aiuti, benché siano grandi. Così il demonio e le passioni acquistando maggiore forza e dominio sulla ragione la rendono sempre più inetta ed incapace di accogliere la grazia dell'Altissimo. O figlia ed amica mia, in questa dottrina consiste il punto principale da cui dipende la salvezza o la perdita delle anime, cioè dal cominciare a fare resistenza agli aiuti del Signore o ad accettarli. Voglio perciò che non trascuri questo insegnamento affinché tu possa rispondere alle molte chiamate che l'Altissimo ti volge. Cerca allora di essere forte nel resistere ai tuoi nemici, puntuale e costante nell'eseguire i desideri del tuo Signore, così gli darai soddisfazione e sarai attenta nel fare il suo volere, che già conosci con la sua luce divina. 475. 

Figlia mia, la natura umana è imperfetta e negligente nell'operare la virtù. Essa è fragile, e presto viene meno, perché è molto incline al riposo e ripugna la fatica con tutte le sue forze. Perciò, quando l'anima ascolta e asseconda i propri istinti, questi prendono talmente il sopravvento sulle forze della ragione e dello spirito, che le riducono a vile e pericolosa servitù. In qualunque anima questo disordine è terribile, ma incomparabilmente di più Dio lo aborrisce nei suoi ministri e nei religiosi, per i quali, essendo più strettamente obbligati ad esser perfetti, è anche maggiore il danno di non uscire sempre vittoriosi da questa lotta con le passioni. Da questa tiepidezza nella resistenza e dall'essere frequentemente vinti, risulta una tale spossatezza e perversità di giudizio, che giungono a contentarsi di fare alcune manifestazioni di virtù assai superficiali, credendosi con ciò sicuri; anzi, sembra loro di trasportare un monte da un luogo all'altro, senza invece aver fatto alcuna cosa di reale profitto. Il demonio poi vi aggiunge altre distrazioni e tentazioni in modo che, tenendo in poco conto le leggi della vita religiosa, vengono a mancare quasi in tutte e, giudicando ciascuna come cosa piccola e da poco, arrivano al punto di perdere la retta cognizione delle virtù e di vivere in una falsa sicurezza. (2° libro, capitolo 4) 476. 

Quindi, o figlia mia, guardati bene da un così pericoloso inganno e considera che trascurare volontariamente un'imperfezione dispone e apre la via ad altre, che portano ai peccati veniali, e questi ai mortali; così, via via, procedendo di abisso in abisso, si arriva al fondo e a compiere ogni male. Per prevenire questa rovina, si deve bloccare la corrente da molto lontano, poiché un atto che forse pare piccolo è una difesa che tiene distante il nemico; i precetti e le leggi delle opere maggiori obbligatorie sono poi il muro della coscienza, per cui, se il demonio rompe il primo baluardo e se ne impossessa, si avvicina per impadronirsi del secondo e se in questo fa una prima breccia con qualche peccato, anche se non grave, è già al punto di poter dare l'assalto al regno interiore dell'anima con facilità e quasi con certezza di riuscita. Perciò essa, trovandosi debilitata   per gli atti viziosi, priva delle forze della grazia, non resiste più con vigore e il demonio, che l'ha già in parte conquistata, finisce per assoggettarla pienamente ed opprimerla, senza incontrare resistenza. (2° libro, capitolo 4) 457. 

Il voto di castità abbraccia la purezza dell'anima e quella del corpo, cosa facile a perdersi; a seconda del modo in cui si perde è difficile, o anche impossibile, riacquistarla. Questo gran tesoro è depositato in un castello con molte porte e finestre: se non sono ben custodite e difese non lo rendono sicuro. Figlia mia, per osservare questo voto con perfezione, è indispensabile che tu faccia un patto inviolabile con i tuoi sensi: essi devono muoversi soltanto per ciò che sarà loro ordinato dalla ragione e a gloria del Creatore. Morti i sentimenti, è cosa agevole sconfiggere i nemici, che solamente per mezzo di essi potrebbero vincerti, poiché i pensieri non si risvegliano, se per mezzo dei sensi non entrano nell'anima immagini che li fomentino. Tu non devi toccare, né guardare nessuno, non devi parlare a persona umana di qualsiasi condizione, tanto uomo che donna, né devi lasciar entrare nella tua fantasia le loro immagini. In questa cura vigilante, che molto ti raccomando, consiste la custodia della purezza che voglio da te; se ti occorrerà di dover parlare per carità o per obbedienza - solo per queste due ragioni devi trattare con le creature - fallo con severità, modestia e riservatezza. (2° libro, capitolo 3) 458. 

Per ciò che riguarda la tua persona, vivi come pellegrina e forestiera nel mondo: povera, mortificata, tribolata, amando l'asprezza di ogni cosa temporale, senza desiderare riposo né comodità, come persona assente dalla sua casa, dalla propria patria, che viene condotta in campo contro forti nemici soltanto per faticare e combattere. Siccome tra questi nemici il più grave e pericoloso è la carne, ti conviene resistere alacremente alle tue passioni e, in esse, alle tentazioni del diavolo. Innalzati sopra te stessa e cerca un abitazione molto elevata, distante da ogni cosa terrena. Qui potrai vivere all'ombra di colui che desideri e nella sua protezione godere tranquillità e riposo vero. (2° libro, capitolo 3) 447. 

Nella vita attuale qualsiasi sofferenza intimorisce molto i mortali e li spaventa, perché essendo presente li ferisce nella loro sensibilità; invece la colpa non li turba né li intimorisce perché, distratti e abbagliati dalle cose visibili, non riflettono su ciò che la segue, cioè la pena eterna dell'inferno. E quantunque questa sia inclusa nello stesso peccato e non possa esserne separata, il cuore umano è così greve e tardo da lasciarsi ingannare dalla colpa senza vedere il castigo, perché i suoi sensi non l'avvertono ancora. E' vero che i mortali potrebbero vederlo e sentirlo con la fede, ma la lasciano inoperosa e morta come se neanche l'avessero! O disgraziata cecità, o negligenza e stupidità, che  tieni ingannevolmente oppresse tante anime tieni ingannevolmente oppresse tante anime capaci di ragione e di gloria! Non vi sono parole adeguate a descrivere questo tremendo pericolo! Figlia mia, fuggi e liberati, mediante un santo timore, da uno stato così infelice e, anziché cadere in esso, sopporta tutti i tormenti della vita che passa presto, poiché niente ti mancherà se non perderai Dio. 

Un mezzo molto efficace sarà considerare che per te e per coloro che sono nel tuo stato non esiste una colpa di scarsa importanza. Il poco devi temerlo molto, poiché non è tale agli occhi dell'Altissimo che conosce come, disprezzando le piccole cose, il cuore si apre per introdurne delle maggiori; inoltre non è lodevole un amore che non si cura del dispiacere della persona amata, fosse anche in cose piccole. (2° libro, capitolo 3) 

Commenti del Padre Eterno 

 L'amore divino è delicato, la volontà umana fragilissima e limitata; dividendola, ciò che fa diviene assai poco e molto imperfetto, e facilmente ne perde tutto il merito. Fu per dare al mondo questo insegnamento e per lasciare un esempio vivo in colei che era santissima - né poteva peccare data la mia protezione - che io volli non fosse conosciuta, né onorata durante la sua vita, né portata al tempio con visibile ostentazione ed onore». 418. 

«Inoltre, io inviai dal cielo il mio Unigenito e creai colei che doveva essere sua Madre, perché togliessero il mondo dal suo errore e disingannassero gli uomini, mostrando loro l'iniquità della legge stabilita dal peccato, per cui il povero è disprezzato e il ricco stimato, l'umile è abbassato e il superbo innalzato, il virtuoso vituperato e il peccatore onorato, il timorato è ritenuto insensato e l'arrogante valoroso; la povertà è fuggita dagli uomini stolti e carnali come cosa ignominiosa e sgraziata e sono invece ricercate come cose stimabili la ricchezza, il fasto, l'ostentazione, gli onori e i piaceri transitori. 

Tutto ciò il Verbo incarnato e sua Madre vennero a riprovare e condannare come cose ingannevoli, affinché i mortali conoscessero il terribile pericolo in cui vivono amandole e abbandonandosi ciecamente in braccio al fallace inganno di quanto è sensibile e dilettevole. Per questo insano amore essi fuggono la santa umiltà, la mansuetudine, la povertà ed allontanano da sé tutto ciò che è virtù vera, penitenza, negazione delle loro passioni. Eppure è questo che obbliga la mia giustizia e che è gradito ai miei occhi, perché soltanto questo è cosa santa, onesta, giusta e degna di essere premiata d'eterna gloria, come il contrario merita di venir punito con pena eterna». (2° libro, capitolo 1)

 La guerra espiritual : Insegnamento della Vergine Maria

Fonte : La mistica citta' di Dio di suor Maria d'Agreda (1602-1665)

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martedì 12 aprile 2022

Mistica Città di Dio - Maria d'Agreda

 


CAPITOLO 10

 

Si narra ciò che Maria santissima operò dopo essere stata illuminata sui dieci comandamenti.

 

817. Come gli articoli della fede cattolica appartengono agli atti dell'intelletto, dei quali sono oggetto, così i pre­cetti a quelli della volontà. Anche se tutti gli atti liberi di­pendono da questa in ogni virtù infusa ed acquisita, non ne scaturiscono allo stesso modo. Gli atti di fede nascono immediatamente dall'intelletto che li produce e dipendono dalla volontà solo in quanto essa li stabilisce con affetto puro, santo, pio e riverenziale; le verità oscure, infatti, non costringono l'intelletto a crederle senza il suo intervento, così che questo aspetta ciò che essa dispone. Nelle altre virtù, però, la volontà opera da se stessa e chiede all'intel­letto soltanto che le proponga quello che deve fare, come chi porta la luce davanti agli altri; è talmente autonoma che non ammette imposizioni da esso, né violenza da al­cuno. Il Signore ha determinato ciò affinché nessuno lo serva con tristezza o per costrizione, ma veramente libero e con gioia, come insegna l'Apostolo.

818. Maria santissima era straordinariamente rischiara­ta sui dogmi e, perché fosse rinnovata nella conoscenza del decalogo, ebbe una visione di Dio, simile a quella prece­dente. In essa le furono manifestati più distintamente tut­ti i misteri dei dieci comandamenti, così come la mente di­vina li aveva fissati per indirizzare i mortali verso la vita eterna e come erano stati dati a Mosè sulle due tavole. Sul­la prima erano incisi i tre riguardanti l'onore dovuto al­l'Altissimo e sull'altra i sette da esercitare verso il prossimo. Seppe anche che suo Figlio, il redentore del mondo, li avrebbe riscritti nei cuori, facendoli osservare prima di tut­to a lei, e che erano necessari per giungere alla partecipa­zione di Dio. Ebbe profonda cognizione dell'equità e della sapienza con cui erano stati ordinati; comprese che erano una legge santa, perfetta, dolce e leggera, pura, vera e conveniente per le creature, perché tanto giusta e confor­me al loro animo che esse la potevano e dovevano ab­bracciare con stima e diletto. L'Autore di tali decreti an­dava in aiuto agli uomini con la grazia perché potessero ri­spettarli. La nostra Signora contemplò molti altri sublimi arcani riguardanti lo stato della Chiesa ed ebbe notizia di quanti in essa si sarebbero attenuti ai precetti, come anche di quanti li avrebbero infranti e disprezzati.

819. Maria, dopo essere uscita da questa visione in­fiammata e trasformata nell'ardore e nello zelo per la leg­ge divina, si recò subito dal suo Unigenito; in lui la pene­trò ancora, così come egli l'aveva disposta nella sua sag­gezza e volontà, per darle compimento. Capì inoltre che era suo desiderio che ella fosse immagine vivente di tutti gli insegnamenti contenuti in essa. La conoscenza che ne aveva era abituale e perpetua, affinché la usasse conti­nuamente, ma ogni giorno si approfondiva e riceveva più intensità. Dato che l'estensione e l'altezza degli oggetti era quasi immensa, le restava sempre come un campo interminabile in cui dilatare la sua vista e scoprire altri segre­ti. In tale occasione furono molte le novità che il Maestro le insegnò, proponendole i suoi comandamenti nella suc­cessione e nel modo adeguato che avrebbero avuto nella Chiesa; di ciascuna poi le dava abbondanti e singolari ri­velazioni in altre circostanze. Benché la limitatezza uma­na non possa cogliere misteri così eccelsi, niente rimase occulto alla gran Regina, e neppure è possibile ponderare la sua incommensurabile intelligenza regolandoci con la nostra ristretta capacità.

820. Umilmente si presentò a suo Figlio e con l'intimo pronto ad obbedire lo pregò di ammaestrarla e di aiutar­la ad eseguire quanto le era ingiunto. Il Signore le rispo­se: «Madre mia, scelta e predestinata dal mio eterno vo­lere per maggior compiacimento e beneplacito del Padre, che ha la mia stessa natura, il nostro amore infinito, che ci obbligò a comunicare la nostra divinità ai mortali, in­nalzandoli alla partecipazione della nostra gloria e felicità, ordinò questa legge santa e pura per mezzo della quale potessero conseguire il fine per cui furono creati dalla no­stra clemenza. Questa nostra aspirazione riposerà in voi colomba e amica mia, lasciando scolpiti nel vostro cuore i nostri decreti con tanta forza e chiarezza che non po­tranno mai essere oscurati o cancellati, né mai saranno impediti nella loro efficacia, né mancheranno in nessuna cosa, come, invece, negli altri discendenti di Adamo. Con­siderate, o Sulammita e carissima, che essi sono imma­colati e limpidi e noi li vogliamo affidare a un soggetto senza macchia, in cui vengano esaltati i nostri pensieri e le nostre opere».

821. Queste parole, che in lei compirono pienamente quanto racchiudevano, la rinnovarono e beatificarono con la comprensione e la pratica di ognuno dei dieci precetti. Rivolgendo la sua attenzione alla celeste luce e l'animo al­la docilità al suo divino Maestro, intese il primo e il più grande: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto i1 tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente». Prima degli evangelisti, l'aveva scritto Mo­sè con le condizioni che l'Altissimo aveva posto, stabilen­do che tutti lo custodissero nel cuore, lo insegnassero ai figli, lo meditassero per via e in casa, sedendo, cammi­nando, dormendo e vegliando, lo portassero sempre da­vanti agli occhi interiori. Maria adempì il comandamen­to dell'amore di Dio nel modo in cui lo capì e con gli ob­blighi che le furono dati; nessuno riuscì a realizzarlo del tutto in vita, ma ella fece questo sulla terra più che i se­rafini e gli eletti nel cielo. Non mi dilungo oltre perché ho già parlato della carità e delle virtù della Regina nella prima parte. In tale occasione, però, ella pianse partico­larmente le colpe che si sarebbero commesse nel mondo contro questa norma e compensò col suo affetto le man­canze e i limiti degli altri.

822. Segue poi la prescrizione di non disonorare Dio giurando invano e quella di onorarlo nelle feste, osservan­dole e santificandole. La Madre della sapienza le penetrò a fondo, le ripose nel suo umile cuore e diede ad esse il grado supremo di culto e venerazione. Ponderò degna­mente quanto si ingiuria l'essere immutabile dell'Altissimo e la sua infinita bontà con spergiuri e espressioni blasfe­me contro la devozione che gli spetta, in se stesso e nei beati. Addolorata nel vedere quanto gli uomini, nel pre­sente e in futuro, avrebbero peccato in ciò, incaricò gli an­geli che l'assistevano di chiedere da parte sua a ciascuno degli altri custodi di far cessare l'irriverenza di coloro che gli erano affidati, di moderarli con ispirazioni e illumina­zioni, e di impaurirli con il timore di Dio, perché non giurassero e non bestemmiassero. Inoltre, desiderava che gli spiriti celesti implorassero il Signore di mandare mol­te benedizioni di dolcezza a chi non dice il falso, ma ri­spetta il suo nome; ella, intanto, faceva la stessa supplica con gran fervore ed affetto.

823. Quanto al terzo comandamento, Maria fu infor­mata di tutte le festività che dovevano cadere sotto pre­cetto nella Chiesa e di come si dovevano osservare. Dal tempo della fuga in Egitto aveva iniziato a celebrare quel­le attinenti ai misteri precedenti, ma dopo questa notizia fece lo stesso anche con altre, come quelle di suo Figlio, della Trinità e degli angeli. Invitava questi ultimi a tali so­lennità e a quelle che sarebbero poi state istituite, e per ognuna componeva cantici di lode e di ringraziamento. Tra­scorreva questi giorni particolari soltanto pregando e oc­cupandosi del culto divino, non perché le azioni corpora­li impedissero la sua concentrazione o la sua contempla­zione, ma perché voleva eseguire ciò che si sarebbe prati­cato in seguito santificando le feste e tenere davanti agli occhi l'avvenire della legge di grazia. Come prima disce­pola del Redentore, si affrettò ad operare con perfetta emu­lazione quanto in essa era contenuto.

824. Ebbe la stessa comprensione di ciascuno degli al­tri sette precetti, che riguardano il nostro prossimo. Nel quarto si dice di onorare il padre e la madre, ed ella capì che cosa si intenda con tali titoli; al rispetto per Dio segue quello per i genitori, che devono essere serviti e aiutati, ma hanno degli obblighi verso i loro figli. Il quinto ingiunge di non uccidere, perché è il Signore l'autore della vita e, se egli non ha voluto dare ad ognuno il dominio della propria, tanto meno ha accordato di togliere o ingiuriare quella al­trui; essa, infatti, è il primo dei beni della natura e il fon­damento della grazia. La nostra Regina magnificò l'Altissi­mo per aver donato questo decreto a vantaggio dei morta­li e, poiché li guardava come creature di Dio, capaci del­la sua gloria e che sarebbero state liberate dal sangue pre­zioso di Cristo, fece intense suppliche perché esso non fos­se trascurato. Ella intuì poi la qualità del sesto come i bea­ti, che non mirano il pericolo della fragilità terrena in se stessi, ma negli uomini, senza che giunga fino ad essi. Ma­ria, priva della spinta al peccato da cui era stata preserva­ta, lo conosceva da un luogo più sublime. In questa gran­de estimatrice della castità gli effetti furono tali che, aman­dolo e piangendo le colpe contro di esso, di nuovo ferì il cuore di Dio e, secondo il nostro modo di parlare, con­solò suo Figlio per le offese che gli sarebbero state recate con la sua violazione. Poiché seppe che l'osservanza del Van­gelo si doveva estendere fino all'istituzione di congregazio­ni di vergini e di religiosi che facessero voto di tale virtù, pregò il Signore che desse loro la sua perenne benedizio­ne. Egli fece quanto gli era stato domandato e assegnò la ricompensa speciale che corrisponde alla purezza, per l'i­mitazione della vergine e Madre dell'agnello. Maria lo rin­graziò incomparabilmente con affettuoso giubilo poiché, se­guendo il suo esempio, questa si sarebbe propagata tanto nella comunità ecclesiale. Non mi trattengo maggiormente a riferire quanto ella la valutasse perché l'ho già fatto nel­la prima parte e in altre occasioni.

825. Le furono rivelati anche gli altri comandamenti, che invitano il settimo a non rubare, l'ottavo a non atte­stare il falso, il nono a non desiderare la donna altrui, il decimo a non bramare i beni degli altri. Per ciascuno di essi compiva tutti gli atti che occorrevano perché si adem­pisse e lodava l'Onnipotente, manifestandogli gratitudine a nome dell'umanità per aver stabilito una legge così ben ordinata, che indirizzava sapientemente ed efficacemente al gaudio eterno. Attenendosi ad essa, infatti, i credenti non solo si sarebbero assicurati il premio che era stato loro promesso, ma anche nel tempo presente avrebbero avuto una pace e una tranquillità tali da renderli beati conformemente al loro stato. Se tutti si conformassero al­la sua equità, se la custodissero e le obbedissero, go­drebbero di una felicità stupenda e piacevolissima, qual è la testimonianza della buona coscienza, perché i di­letti materiali non si possono paragonare alla consola­zione data dall'essere fedeli nel poco e nel molto. Que­sto beneficio ci è donato singolarmente da Cristo, nostro redentore, poiché egli alle azioni rette ha collegato sod­disfazione, riposo, conforto e tante altre gioie nella vita quaggiù, e se non tutti le ottengono è perché non rispet­tano i suoi precetti. I travagli, le calamità e le disgrazie sono come conseguenze necessarie del disordine dei mor­tali; ognuno di noi ne è causa, ma siamo così insensati che, quando sopraggiunge la tribolazione, cerchiamo su­bito il colpevole.

826. Chi mai riuscirà a ponderare i danni che nascono dal rubare le cose altrui, non osservando la norma che lo vieta, e dal non accontentarsi ciascuno della propria sorte aspettando in essa il soccorso del Signore, che non trascura neppure gli uccelli del cielo e non dimentica i più spregevoli vermiciattoli? Quante miserie e afflizioni stan­no soffrendo i fedeli perché ai sovrani non basta ciò che l'altissimo Re ha concesso loro e anzi, pretendendo di estendere il loro dominio, non lasciano sulla terra né quie­te, né pace, né beni, né anime per il Creatore? Le dispo­sizioni false e le menzogne, che offendono la somma ve­rità e i rapporti, non procurano minori danni e discordie, in quanto anch'esse turbano la serenità. Sia l'uno che l'al­tro peccato impediscono agli uomini di essere tempio di Dio, cosa che egli desidera da loro. Quanti mali, occulti e palesi, hanno arrecato e arrecano fra i cattolici la cupi­digia della donna altrui, l'adulterio, l'oltraggio della legge del matrimonio, confermata e santificata da Gesù? Biso­gna per altro considerare che molti di questi restano na­scosti al mondo, ma non passano sotto gli occhi di Dio, giudice giusto, senza trovare castigo anche in questa vi­ta; la condanna poi sarà tanto più severa quanto più egli avrà dissimulato nel tempo presente per non distruggere la cristianità, come, invece, avverrebbe se fin da ora pu­nisse degnamente tale peccato.

827. La nostra Regina era testimone di tutte queste verità, che contemplava nell'Onnipotente. Vedeva la bassezza dei mortali, che con grande leggerezza e per cose così meschine perdono il rispetto per Dio, e capiva con quanta benignità egli aveva ritenuto indispensabile imporre delle regole; tutta­via non si scandalizzava della fragilità, né si stupiva delle lo­ro numerose ingratitudini, ma come madre pietosa li com­pativa tutti, provava ardente affetto per loro, era riconoscente al posto loro per le opere dell'Altissimo, compensava le tra­sgressioni che avrebbero commesso contro il Vangelo e pre­gava perché ognuno potesse aderirvi. Comprese profonda­mente che i dieci comandamenti si riassumono in quelli di amare il Signore sopra ogni cosa e il prossimo come se stes­si e che in questi due, ben intesi ed eseguiti, è racchiusa la vera sapienza, poiché chi arriva ad attuarli non è lontano dal regno di Dio, come disse Gesù medesimo, e il loro adem­pimento vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici. La nostra Maestra li mise in pratica nel grado corrispondente alla co­noscenza che ne aveva, non tralasciando neanche il più pic­colo di essi, e da sola si conformò agli insegnamenti del Re­dentore più del resto dei santi e dei discepoli.

 

Insegnamento della Regina del cielo

828. Figlia mia, se il Verbo discese dal seno del Padre per prendere carne nel mio grembo e così riscattare il genere umano, bisognava che, per rischiarare quelli che stavano nel­le tenebre e nell'ombra della morte e ricondurli alla gioia smarrita, egli fosse loro luce, via, verità e vita; era neces­sario che desse loro ammaestramenti tanto santi da giustifi­carli, tanto chiari da illuminarli, tanto sicuri da farli affida­re, tanto forti da muoverli, tanto efficaci da aiutarli e tanto certi da donare loro allegria e sapienza. L'immacolata paro­la del Signore ha la virtù di procurare tutti questi e altri me­ravigliosi effetti; inoltre, compone e ordina le creature, tan­to che il loro gaudio spirituale e corporale, temporale ed eter­no, consiste solo nell'osservarla. Da ciò potrai dedurre la cieca ignoranza degli uomini, servendosi della quale l'astu­zia ammaliatrice dei loro nemici li inganna, infatti tutti so­no inclini alla propria felicità e aspirano ad essa, ma sono pochi coloro che la raggiungono proprio perché non la cer­cano nei decreti divini, unico luogo in cui possono trovarla.

829. Prepara il tuo cuore con tale scienza, affinché l'On­nipotente scriva in esso la sua legge, così come ha fatto con me. Allontana da te e dimentica ciò che è visibile e terreno, perché le tue facoltà siano libere da altre imma­gini e racchiudano solo quelle che vi porrà il dito di Dio con il suo beneplacito e la sua dottrina, come questa è con­tenuta nel Vangelo. Affinché i tuoi desideri non siano fru­strati, né restino sterili, chiedi incessantemente a mio Fi­glio di renderti degna di una tale grazia e della sua pro­messa. Considera con attenzione che la tua negligenza in questo sarebbe più abominevole di quella di chiunque al­tro, perché la sua tenerezza non ha chiamato nessuno con benefici simili a quelli concessi a te. Così nel giorno di questa abbondanza come nella notte della tentazione e del­le tribolazioni, avrai sempre presente tale debito e lo zelo del Signore; allora i favori non ti faranno insuperbire, e le pene e le afflizioni non ti opprimeranno. Otterrai tanto se nell'uno e nell'altro stato ti rivolgerai ai precetti impressi in te, per seguirli inviolabilmente e senza tiepidezza o ne­gligenza, ma con ogni avvertenza e perfezione. Per quan­to riguarda l'amore del prossimo, applica sempre la prima regola con la quale esso si deve misurare, cioè quella di fare agli altri quanto vorresti che facessero a te. Se ti fa piacere che ti giudichino positivamente, che parlino bene di te e si comportino di conseguenza, anche tu devi fare lo stesso. Se provi amarezza quando ti offendono in qual­che cosa da poco, evita anche tu di recar loro un simile torto. Se ti sembra ingiusto che essi feriscano i propri fra­telli, guardati dal farlo tu, dal momento che già sai che questo non conviene alla norma della benevolenza, che si deve ad essi e che l'Altissimo comanda. Piangi, inoltre, le tue e le loro colpe perché sono contro Dio e la sua santa legge: questa è buona carità con il Signore e con loro. A mia imitazione addolorati dei tormenti altrui come dei tuoi.


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Meditazione sulla Passione di GESU'

 


LA PASSIONE DEL SIGNORE VISTA DAI MISTICI

Maria di Gesù d'Agreda (1602-1665)

Trasforma la sua casa in un convento di cui è eletta priora e conduce una vita di austera

penitenza.

In bilocazione annuncia il Vangelo agli Indiani del Nuovo Messico.

Nel 1637 inizia a scrivere La Mistica Città di Dio e Vita della Vergine, ritrascritta poi dal

1655 al 1660.

L'Immacolata è la protagonista del cielo, è la città mistica nella quale Dio si compiace di

abitare.

Si prodiga per la pace delle nazioni, scrivendo ad Alessandro VII e a Filippo IV di Spagna.

In un'estasi esperimenta per la terza volta la Passione di Cristo, fino al "rigor mortis" che poi

finisce al termine dell'estasi.

Afferma che la Madonna ha visto con una visione dettagliata, con una presenza e

un'esperienza spirituale, i vari momenti della Passione e i motivi profondi per i quali Gesù

ha affrontato la flagellazione, la coronazione di spine, la croce. Anch'ella la condivide, con

Maria, da contemplatrice coinvolta.

Siamo nella linea di Brigida e poi di Consuelo.

Delinea la flagellazione con dettagli notevoli, come i sei carnefici, ma non risulta che abbia

vissuto la Passione in modo da risentirne gli effetti anche con sanguinazioni, piaghe,

stimmate.


Capitolo XVIII


Pilato, credendo con essa, soddisfare i Giudei e, per avventura, punire Gesù della

trasgressione alla legge ed alle cerimonie secondo l'accusa dei Giudei, benché con pena sì

sproporzionata, lo condanna alla flagellazione. Ma i Giudei erano pieni di odio implacabile,

ed il demonio, non potendo persuaderli a salvare Gesù, li eccitava ad infliggergliela, con

smisurata crudeltà.


Gesù spogliato e flagellato.


Condotto nel cortile, fu legato fortemente ad una bassa colonna: gli tolsero con scherni la

veste bianca, gli slegarono le corde messegli nell'Orto e che, penetrate nelle carni, gli

avevano fatte piaghe ai polsi, e gli comandarono, con durezza e imprecazioni, di spogliarsi

della tunica inconsutile, poiché il manto già glielo avevano tolto nell'Orto. Ubbidì, il Figlio

dell'Eterno Padre ai carnefici, e cominciò a spogliarsi, per restare alla presenza di tutti, col

disonore della nudità. Sembrando troppo lento, gli strapparono la tunica a rovescio, con

violenza. Restò Gesù affatto nudo, salvo alcuni panni d'onestà, che sempre aveva portati ed

erano cresciuti, come la tunica, con Lui senza che mai se li fosse tolti, come pure i sandali

che in Egitto, Maria gli aveva messi. Solo, qualche volta, nella predicazione, se li toglieva.

Cercarono di togliergli anche quei panni; ma le loro mani restavano irrigidite, il che

attribuirono a magia. Sei complici, lo legarono alla colonna e cominciarono a flagellarlo a

due, a due, come invasati dal demonio, con corde indurite e grosse. Si sollevarono nel

delicato corpo enfiagioni e livide contusioni, rimanendone sfigurato e presso a schizzare

sangue. Seguirono altri due con flagelli di cuoio, che aprendo quelle enfiagioni, coprirono di

sangue il suo corpo, se stessi e fino la terra. Altri due, con estremità di nervi di bue, eccitati

dal demonio, percossero più crudelmente su quelle piaghe aperte, fino a staccare pezzi di

carne e scoprire le ossa. Non trovando più luogo sano, lo flagellarono sul volto, sui piedi,

sulle mani con rabbia satanica. Gli occhi del caro Gesù rimasero acciecati dal sangue e dal

gonfiore, la faccia coperta di sputi: vero uomo dei dolori e ludibrio degli uomini.



Maria e la flagellazione.


Il cortile e le vicinanze, erano pieni di popolo, che confusamente e diversamente giudicava

la cosa. In quella confusione, Maria ricevé incomparabili affronti e tribolazioni per gli

obbrobri e le bestemmie dei Giudei e anche dei Gentili contro Gesù. Da un angolo del

cortile, vide, in visione chiarissima, come se avesse visto con gli occhi, tutta la

flagellazione, sentendo tutti i dolori nel suo corpo. Le piaghe non furono fisiche, ma, pure il

dolore la trasfigurò in modo che alle Marie ed a S. Giovanni era irriconoscibile. Tuttavia più

grave fu il dolore del cuore per il Figlio, di cui più di tutte le creature poteva conoscere

l'innocenza e la dignità, e quindi comprendere la gravità delle ingiurie che riceveva da

coloro stessi per cui le soffriva.


Si slega Gesù e gli si comanda di vestirsi.


Uno sgherro, eccitato dal demonio, aveva nascosta la veste, affinché, così nudo, andasse

cercandola. Maria allora, ordinò a Lucifero ed ai suoi di allontanarsi di là e comandò agli

Angeli di porgere a Gesù la veste. Tutto fu attribuito a magia. Per il dolore cagionato dal

freddo sulle piaghe, per il sangue raggrumato, per le forze indebolite, Gesù si vestì a stento.

Nessuna di quelle tigri ebbe un po' di naturale compassione per Lui. Ma la rabbia dei Giudei

ancora non era sazia. Mistero! Andarono da Pilato a dirgli: "Quel seduttore volle farsi

credere Re e, affinché si umili e svanisca la sua presunzione, permetti gli diamo le insegne

regali che si merita".


La coronazione di spine.


Condotto Gesù al Pretorio, lo spogliarono di nuovo, con crudeltà, gli posero un lurido

cencio di porpora sulle spalle, gli calcarono sul capo le spine fino a ferirgli il cervello e gli

occhi. Fu questa una delle maggiori pene di Gesù. Gli posero in mano una canna per scettro

e sulle spalle un altro mantello violato scuro come una cappa. Così trattavano da re da burla,

Colui che per natura e mille titoli era Re dei Re! Radunati i soldati alla presenza del

Pontefice e dei Farisei, lo presero in mezzo e cominciarono a prendersi gioco di Lui

genuflettendo davanti a Lui, salutandolo per burla Re dei Giudei, dandogli schiaffi,

percuotendo la corona con colpi di canna e coprendogli il volto di sporchissimi sputi.


Gesù non apriva bocca.


Oh! carità incomprensibile; oh pazienza mai veduta! Chi mai potrà obbligare la vostra

infinita grandezza a umiliarsi tanto? E ciò per coloro che tutto fecero per disobbligarti dal

farlo? E, dopo sì incredibile bontà, che facciamo? Come non essa la nostra ignominia? Alla

vista di tanti dolori, cercheremo senza vergogna né timore il diletto, il riposo, le preminenze,

la vanità? L'Ecce Homo Pilato presenta con queste parole Gesù al popolo, come se dicesse:

"Che posso fargli di più? Non avete più ragione di temerlo. Non trovo in lui colpa alcuna".

Così diceva quel vile che pur l'aveva lasciato punire in modo da togliergli non una, ma più

volte la vita. A quali delitti non conduce la condiscendenza! Ma il popolo continuava a

gridare: Crucifige! Maria vide Gesù e l'adorò, così Giovanni e le Marie, e disse a Gesù

parole di compassione e riverenza e per onorare la sua innocenza, ottenne che di nuovo

Pilato proclamasse la sua innocenza. Infatti, Pilato provò compassione e rincrescimento

l'avessero trattato così. Fu pure mosso ad abboccarsi di nuovo coi Giudei; raccontato da S.

Giovanni (Cap. XIX, vv. 5,15), abboccamento che si concluse con la condanna di Gesù. I

Giudei allora partirono contenti nel loro orgoglio soddisfatto. Maria SS. quando li vide

uscire gridando la sentenza, il suo cuore fu diviso. Non è possibile pensare agli

innumerevoli suoi atti di adorazione, di culto, di riverenza, d'amore per Gesù e gli uomini, e

di compassione e di uniformità alla volontà di Dio.



AMDG et DVM



domenica 19 maggio 2019

La mistica citta' di Dio

La mistica citta' di Dio della Venerabile suor Maria d'Agreda

Risultati immagini per Venerabile suor Maria d'Agreda
1° libro

2° libro
http://rosarioonline.altervista.org/libri/la%20mistica%20citta%20di%20Dio/index.php
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In lingua spagnola: MÍSTICA CIUDAD DE DIOS Milagro de Su Omnipotencia y abismo de la Gracia Historia Divina, y vida de la Virgen Madre de Dios, Reina y Señora Nuestra, María Santísima, Restauradora de la culpa de Eva y Medianera de la Gracia:
 https://aparicionesdejesusymaria.files.wordpress.com/2011/06/madre-marc3ada-de-jesc3bas-de-c3a1greda-mc3adstica-ciudad-de-dios-1670.pdf


AGREDA DE JESÚS https://josephmaryam.wordpress.com/

https://josephmaryam.files.wordpress.com/2014/01/parte-1.pdf

AMDG et DVM