Riporto un altro breve estratto dal medesimo libro citato
nel post precedente. In questo caso l'argomento riguarda i confessori e come
devono confessare. In un'epoca in cui la confessione è piuttosto trascurata non
è raro che lo stesso clero possa non praticarla in modo preciso, come chi non
adopera da un certo tempo uno strumento di lavoro. È parso opportuno, dunque,
riportare delle linee generali per far presente a sacerdoti e fedeli, quale
dev'essere il profilo e lo stile del confessore.
Nella realtà i confessori ideali sono rari.
Ciononostante le opere di riferimento che ne parlano
insistono sul fatto che il confessore dev’essere illuminato, virtuoso, con un
comportamento irreprensibile ed esemplare per poter confessare correttamente ed
istruire realmente coloro che confessa nelle vie della virtù, sia con il suo
stile di vita sia con le sue parole.
Il Trebnik [il “benedizionale” slavo ad uso
del clero] precisa:
“Chi riceve le confidenze degli uomini dev’essere un modello
in tutte le virtù; temperante, umile, beneficiante, praticante la preghiera in
tutte le ore per poter dare una parola sapienziale e correggere coloro che lo
raggiungono. Innanzitutto, lui stesso deve digiunare i mercoledì e i venerdì di
tutto l’anno, come prescrivono i santi canoni, affinché quanto pratica lo possa
ordinare ad altri. Poiché se è ignorante, intemperante e voluttuoso, come potrà
insegnare le virtù ad altri? E, d’altra parte, quale insensato può ascoltarlo
nelle cose che dice se lo vede sregolato e ubriaco, mentre insegna ad altri a
non ubriacarsi e a praticare qualche altra virtù da lui trascurata? Infatti lo
sguardo è più certo dell’udito, dice la santa Scrittura. Così veglia su te
stesso, padre spirituale, che se una delle tue pecore perisce per tua negligenza
la si esigerà da te stesso”.
Nel suo Exomologhitarion [manuale greco per
la confessione], san Nicodemo l’Aghiorita si rivolge così al futuro confessore:
“Devi aver guarito e vinto le tue passioni, poiché se cerchi
inappropriatamente di guarire quelle altrui prima di aver guarito le tue,
sentirai queste parole: ‘Medico, cura te stesso’ (Lc 4, 23). Se vuoi veramente
illuminare e perfezionare gli altri, devi tu stesso essere stato illuminato e
perfezionato […] Alla fine, devi essere modello ed esempio di ogni bene e di
ogni virtù agli occhi dei tuoi figli spirituali. […] Nella confessione avrai a
che fare con molti argomenti pericolosi. Sentirai molti peccati vergognosi
delle persone e molte impurità relative alle loro passioni. Devi essere come
una bacinella d’oro o d’argento per lavare e detergere la sporcizia altrui
senza che nulla si trattenga a sporcarla. […] San Melezio il Confessore dice:
‘Come un leone non può essere pastore di un agnello, così quanti sono
sottomessi alle passioni non possono condurre le anime. […] Devono
necessariamente presentarsi a Dio liberi dalle passioni” (1).
Ogni confessore è tenuto, nella stessa pratica della
confessione, a rispettare un certo numero di regole fissate dalla Chiesa.
Prima di tutto, un confessore non deve confessare una
persona nello stesso peccato nel quale è implicato, né una persona con la quale
è in conflitto; non deve neppure confessare la propria sposa né i propri figli,
se è un sacerdote sposato, per il fatto che la vita di costoro e le circostanze
dei loro peccati sono soventi legati alla propria vita e alla propria persona.
In ogni caso, le persone che si confessano se si trovano in una posizione
ambigua e dissimmetrica, rischiano di farlo in modo parziale poiché non possono
esprimersi apertamente e liberamente e non possono neppure ricevere i consigli
e le epitimìe [penitenze] in modo appropriato. Il confessore, allora, deve
inviare tali persone da un altro confessore (2).
Il confessore dovrà conservare un segreto assoluto per
quanto riguarda quello che gli è stato confidato in confessione, compreso il
caso di delitti gravi (3).
Deve mostrarsi accogliente verso tutte le persone che gli
giungono ricevendole a braccia aperte come, nella parabola, il padre nell’atto
di ricevere il figlio prodigo (4).
Il confessore deve prendere tutto il tempo necessario per la
confessione, condurla lentamente, non mostrare alcuna impazienza di fronte a
chi gli si confessa né alcuna fretta per quanto sta compiendo. Vi si deve
attenere anche se ci fosse una lunga fila d’attesa. Ciò è
necessario, da una parte, perché il penitente abbia tutto il tempo di dire
quanto deve nel proprio modo e, dall’altra, perché il confessore abbia il tempo
di riflettere e dare i consigli più appropriati. San Nicodemo
l’Aghiorita scrive a tal proposito:
“Padre spirituale, devi condurre la tua confessione
lentamente, minuziosamente, senza fretta se vuoi che la confessione sia come
dev’essere e se vuoi che la correzione dei peccati sia vera e salvifica, pure
se ci sono molte persone che attendono di vederti. A tal fine, devi dire ai
penitenti di presentarsi sufficientemente in anticipo. Poiché, conducendo
lentamente la confessione, avrai tempo di riflettere accuratamente ai
medicamenti adeguati richiesti per ciascun peccatore. Infatti molti
confessori che sovente si sono affrettati e che, conseguentemente, non hanno
avuto tempo di riflettere correttamente, hanno distrutto molte persone invece
di correggerle e, nello stesso tempo, si sono distrutti loro stessi con esse,
pentendosi amaramente fino alla loro morte” (5).
Nel tempo in cui la persona si confessa, il confessore è
tenuto ad essere totalmente neutrale (ossia, ad esempio, non deve avere sbalzi
d’umore, non deve gesticolare o avere mimiche o parole di disapprovazione o che
lascino intravvedere un qualsiasi giudizio). San Nicodemo l’Aghiorita consiglia
a tal proposito:
“Confessore, devi osservare il silenzio e ascoltare colui
che confessa i suoi peccati e, pure se sono grandi e numerosi, devi essere
attento e non parere scioccato, non devi sospirare o presentare alcun gesto o
segno che mostrerebbe quanto sei disgustato o sconvolto. Infatti come un daino
si accovaccia e il minimo movimento di una foglia è capace d’impedirglielo,
ugualmente è per il peccatore mentre sta confessando, mentre si sta sforzando
di dire i suoi peccati: un minimo gesto può provocargli delle difficoltà e, di
conseguenza, impedirgli di accovacciarsi, ossia di confessarsi come sta
scritto: ‘I figli sono sul punto di nascere e non c’è forza che
gliene dia la possibilità’ (Is 37, 3). Piuttosto, incoraggiateli in
ogni istante, dicendogli di non aver vergogna e che pure voi, per le cose che
state sentendo, siete come lui su ogni punto, un identico peccatore, e dopo
essersi confessato tornerà a casa alleggerito e totalmente gioioso perché avrà
liberato la sua coscienza dalla bruciatura del peccato” (6).
In linea di principio, il confessore deve evitare di porre
domande poiché questo implica il rischio, da parte del penitente, di non
confessarsi liberamente e completamente e, come rimarca san Nicodemo
l’Aghiorita, si tratterrebbe di un interrogatorio, non più di una
confessione (7).
Nonostante ciò, può porre delle domande se vede che la
persona non sa confessarsi (è sovente il caso delle prime confessioni) (8) o è
ignorante su quanto dev’essere confessato, o si è bloccato per eccesso di
vergogna (9); il confessore può pure chiedere delle precisazioni su quanto non
gli pare chiaro o gli sembra incompleto (poiché è importante per il penitente
che la sua confessione sia chiara e completa). Ma conviene che, se interroga,
lo faccia con tatto.
Se il confessore pone delle domande, non dev’essere
assolutamente mosso da curiosità ma:
a) da una parte dev’essere
spinto dalla preoccupazione di permettere a chi si confessa d’esporre le sue
mancanze senza dissimularle, senza omissioni, senza essere trattenuto dalla
vergogna né accecato dall’ignoranza e in modo sufficientemente aperto e chiaro per
averne coscienza e una sufficiente “simbolizzazione” del peccato (attraverso
l’espressione linguistica) e che la sua confessione sia liberatoria;
b) dall’altra, dev’essere spinto
dalla preoccupazione di comprendere sufficientemente la natura del peccato per
poter proporre, nei suoi consigli e nell’eventuale epitimìa da dare, i rimedi
adeguati.
In nessun caso il confessore deve indagare sull’identità
delle persone con le quali è stato commesso il peccato (10); non deve neppure
richiedere dettagli sulle circostanze del peccato, se queste possono dar luogo
ad una rappresentazione tale da costituire un nuovo peccato (nei pensieri o
nell’immaginazione) per colui che si confessa o per il confessore (nel
particolare caso dei peccati sessuali).
Nei consigli dati dopo la confessione (e che deve evitare di
dare durante la stessa), il confessore non deve sgridare il penitente se non
nella misura in cui costui ne può trarre profitto. San Nicodemo
l’Aghiorita consiglia:
“Confessore, non è bene sgridare tutti e neppure nessuno. Colui che è istruito
e avvisato sa trarre profitto dal fatto che lo si sgridi (cfr. Pr 19, 25);
coloro che si confessano con audacia e ardimento hanno ugualmente bisogno di
essere sgridati (cfr. Tit 1,13). In compenso, coloro che non sono istruiti non
sono recettivi quando li si sgrida (cfr. Pr 15, 12); né i pusillanimi, che
rischiano di cadere nella disperazione o nella paura; né coloro che si
confessano con contrizione, poiché essi non hanno bisogno d’essere ripresi ma
consolati; né coloro che hanno un’autorità secondo il detto ‘non sgridare un
anziano ma trattalo come un padre’ (1 Tm 5, 1) […].
Che ne sia, devi sgridare un po’ per volta, come fa Dio
stesso (cfr. Sg 12, 2). In una parola, devi sempre sgridare con dolcezza (cfr.
2 Tm 2, 25)” (11).
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Note
(1) Exomologhitarion, I, 1.
(2) Vedi Nicodemo l’Aghiorita, Exomologhitarion,
I, 9, 10.
(3) La conoscenza, attraverso un sacerdote, di quanto gli è
stato detto in confessione, è sanzionata da un provvedimento di deposizione.
Vedi Nicodemo l’Aghiorita, Exomologhitarion, I, 11, 12 il
quale si rivolge così al confessore: “Non deve restare nulla dopo la
confessione se non il fatto di conservare segreti i peccati ascoltati e di non
riferirli mai con una parola, uno scritto, un gesto del corpo o in ogni altro
modo, pure se sei in pericolo di morte, secondo quanto dice la Sapienza di
Sirach: “Avete sentito una parola? Che muoia con voi” (Sir 19, 10). […] Poiché
se la rivelerai, sarai sospeso, ossia completamente deposto dai canoni
ecclesiastici […] e in seguito sarai causa per molti cristiani di non
confessarsi nel timore che tu rivela i loro peccati”. Su quest’ultimo punto
vedi pure San Giovanni Climaco, Lettera al pastore, 83.
(4) Exomologhitarion, I, 9, 1.
(5) Cfr. Exomologhitarion, I, 9, 18.
(6) Exomologhitarion, I, 9, 4.
(7) Exomologhitarion, I, 9, 3.
(8) Il Grande Eucologio e il Trebnik,
nella loro descrizione del rituale, espongono queste domande. […].
(9) Cfr. Nicodemo l’Aghiorita, Exomologhitarion,
I, 9, 3.
(10) Cfr. Ibid. , I, 9, 5.
(11) Exomologhitarion, I, 9, 7.