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mercoledì 23 agosto 2017

E' doloroso

Ma penso sia così
*
Ho l'impressione che molti visitando questo blog
leggicchiano solo qualcosa
qua e là e poi abbandonano
 le perle più preziose
 semplicemente calpestando
*
"AVE VIRGO MATER DEI
nunc et semper
memento mei"

martedì 14 febbraio 2017

Parlando di conchiglie e perle

PERLE E CONCHIGLIE



Nella preistoria e storia la conchiglia ha grande importanza. E con la conchiglia anche la perla che essa contiene.  

Secondo la simbologia cattolica, citata da  San Giovanni Damasceno nel VII secolo d.C., “il fulmine divino è penetrato dentro la conchiglia più pura, Maria, e ne è nata una perla oltremodo preziosa, il Cristo”.

La perla è importante nel nostro immaginario, sopratutto dal punto di vista spirituale: qualunque cosa rara è «una perla», preziosa proprio per le piccole quantità o dimensiomi contrapposte all’enorme preziosità. Nel Vangelo di San  Matteo (13, 45-46) leggiamo: «il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra». 
Però non va dimenticato che le perle si trovano nel fondo del mare e conquistarle costa sempre fatica e pericoli.

La perla nata dalla rugiada poi è anche un simbolo della Divina Immacolata Concezione. Essendo sferica è simbolo di perfezione, così come un rosario è il simbolo di una grande catena cosmica che lega tutto l’esistente. Non a caso nel cristianesimo il santo Rosario è stimato come la più perfetta delle preghiere e lo è.

Nel Medioevo si affermò il Cristo-perla (descritto da Friederich Ohlynel, saggio: Rugiada e perla,   Bologna 1984). L’autore ricorda che «nella Chiesa primitiva – in Clemente Alessandrino, in Origene, e, splendidamente, in Efraim il Siro – c’è una vera e propria teologia della perla-conchiglia». Tema ripreso da sant'Antonio di P.  nei suoi sermoni.

Esiste in un testo fondamentale, gli Atti di Tommaso, una pagina rivelatrice: il Canto o Inno della Perla, chiamato anche Canto dell’Anima o Canto di G. Tommaso...; protagonista del testo è il Figlio del Re, disceso in Egitto, ovvero nel basso mondo, alla ricerca di una perla custodita da un tremendo serpente. Per questa discesa, il Figlio del Re è costretto a vestire una Immonda Veste (il Corpo), che abbandonerà solo dopo aver riconquistato l’anima (la perla), quando potrà risalire al Regno del Padre.

Enrico Fulcanelli, alchimista e scrittore, segnalò che:«le conchiglie di San Giacomo sono chiamate acquasantiere; queste grandi conchiglie, un tempo, servivano a contenere l’acqua benedetta,... ancora oggi se ne trovano spesso in molte chiese  anche rurali».

Inoltre ci rivela che «le conchiglie servivano come distintivo ai pellegrini di San Giacomo. Agli inizi tutti i pellegrini sono a questo stadio. Devono compiere, con il bordone come guida e la merelle come distintivo, quel lungo e pericoloso viaggio di cui una metà è terrestre e l’altra metà marittima".
Con il termine Pellegrino s’intende il neofita che si accinge a intraprendere la Grande Opera; come guida si serve del suo bordone, il lungo bastone simbolo della via lunga e che interpreta lo spirito.

Così ìl viaggio terrestre/marittimo indica le due vie ermetiche. 
Quello terrestre è anche definito via secca, cioè priva d’illuminazione e intende la psiche prima della rivelazione che inizia a decifrare gli arcani dell’arte. 
La via marittima, detta pure via umida, si riferisce alla psiche dopo l’illuminazione che realmente inizia a compiere il Magistero. 
Il Maestro insegna che «utilizzando la via secca, rappresentata dal sentiero terrestre, seguito per primo dal nostro pellegrino, si giunge a esaltare a poco a poco, la virtù diffusa e latente, trasformando in attività ciò che era solo in potenza. L’operazione è compiuta quando appare alla superficie una stella brillante».

Lo stesso significato è dato dalla conchiglia, che se prima rappresentava la comune psiche di tutti gli uomini, ora indica la mente nobilitata. 
Fulcanelli aggiunge: «L’umile e comune conchiglia che portava sul cappello, s’è mutata in astro splendente, in aureola di luce: materia pura di cui la stella ermetica, consacra la perfezione. Adesso è il nostro compost, l’acqua benedetta di Compostella».

Questo intende il simbolico pellegrinaggio in Spagna a San Giacomo di Compostella: il lavoro filosofale che permette alla mente di aprirsi.
L’autore precisa che le «conchiglie di tipo a pettine, i Filosofi la chiamano merelles de Compostelle, dalle parole greche Mèter e elê, madre della luce». E’ interessante ricordare che i pellegrini approfittavano della grande disponibilità di questi crostacei sulle coste galiziane e se ne cibavano correntemente, mantenendo per ricordo la conchiglia. Fu a posteriori la consuetudine di arrivare a Finisterre, sull’Atlantico, distante poco meno di 100 km da Santiago.

C’è anche una leggenda. 

Teodosio e Attanasio, discepoli di Santiago, stavano portando il corpo del santo in Galizia; passato lo stretto di Gibilterra, seguirono le coste atlantiche sino a giungere in un luogo chiamato “Bouzas”. Stavano celebrando le nozze di una coppia quando il cavallo dello sposo inciampò e cadde in acqua sprofondando immediatamente. La gente già piangeva la loro morte quando sia sposo che cavallo, emersero all’improvviso accanto alla barca che trasportava il corpo del santo. Cavallo e cavaliere si ritrovarono con il corpo interamente tappezzato di conchiglie. I discepoli fecero sapere alla gente che si trattava di un miracolo e che il corpo trasportato era quello di San Giacomo, quello che aveva predicato il vangelo nelle terre di Spagna.  Riconoscendo nell’accaduto la benevolenza dell’Apostolo si assunse la conchiglia come simbolo del pellegrinaggio.

In araldica, conchiglia e perla non sono molto presenti. 
La conchiglia nelle armi familiari indica una benemerenza acquisita in pellegrinaggio o in crociata – dal momento che una conchiglia era l’emblema del pellegrinaggio a Santiago –; la spiegazione araldico-encomiastica fornita a posteriori indica, il suo uso per nobilitare dinastie. 
La perla invece è molto usata nelle corone.

Lo stemma personale di papa Benedetto XVI è formato da una conchiglia dorata. Penso abbia lo scopo di ricordare la leggenda attribuita a sant’Agostino, il quale incontrando un giovinetto sulla spiaggia, che con una conchiglia cercava di mettere tutta l’acqua del mare in una buca di sabbia, gli chiese cosa facesse. Quello gli spiegò il suo vano tentativo, ed Agostino capì il riferimento al suo inutile sforzo di tentare di far entrare l’infinità di Dio nella limitata mente umana. 
La leggenda ha un evidente simbolismo spirituale, per invitare a conoscere Dio, seppure nell’umiltà delle inadeguate capacità umane, attingendo all’inesauribilità dell’insegnamento teologico. 

C'è un ideale più bello e alto di chi vuol vivere cooperando alla conoscenza della Verità? Deus nos adiuvet cum Maria et Conchiglia Santissimae Trinitatis.

AMDG et BVM

sabato 3 settembre 2016

PANDEMONIO

sabato 3 settembre 2016

don Elia. Pandemonio

Macerie materiali specchio di quelle spirituali del nostro tempo. Ma non è questa l'ultima parola.
"Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi" (Mt 7, 6)
Nel linguaggio giudaico del I secolo, cui il Verbo incarnato si adattò,
cani designavano i pagani e i porci gli ebrei rinnegati. Il duro monito del Salvatore, così offensivo per le nostre delicate orecchie, progredite e tolleranti, proibisce di dare i santi Sacramenti a chi non professi la vera fede e non sia spiritualmente rinato nel Battesimo, mettendo al tempo stesso in guardia dal cercar di persuadere con le gemme della verità evangelica chi, pur essendo membro della Chiesa Cattolica, disprezza l’inestimabile grazia ricevuta e vive peggio di un pagano. 
Ecco i risultati di una pastorale che dà tutto senza condizioni e accontenta sempre i capricci del primo venuto: dopo aver calpestato le cose sante e le perle preziose, dotazione indispensabile per ottenere la vita eterna, per acquistare le quali val bene la pena rinunciare al resto, i “fedeli” di oggi si rivoltano contro gli araldi di Cristo, pronti a sbranarli con una rabbia che ha qualcosa di demoniaco.

mercoledì 29 maggio 2013

Parabola della perla

Le parabole di Gesù
(057)
Parabola della perla 
(Quaderni '43 -12/8/43)

Un granello di arena mosso dalle onde del mare viene inghiottito dalle valve del mollusco. Un sassolino greggio e spregevole, un frammento minuscolo di roccia, una scheggia di pomice, tutte cose che non meritano lo sguardo di un uomo. 

Quel granello di rena inghiottito così rimpiange certo, nel primo tempo, le sconfinate praterie del mare dove rotolava libero sotto la spinta delle correnti e dove vedeva tante cose belle, create dal Padre mio. Ma dopo qualche tempo intorno al grigio e ruvido granellino si fa una pellicola bianca, sempre più bella, più soda, più regolare. E il sassolino non rimpiange più la libertà selvaggia di prima, ma benedice il momernto in cui fu precipitato, da un volere superiore alla sua intenzione, fra le valve di quel mollusco. Se il granellino potesse parlare direbbe: "Sia benedetto quel momento in cui ho perduto la libertà! Sia benedetta la forza che la libertà mi ha levata e di me, povero e brutto, ha fatto una preziosa margarita!"