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giovedì 13 aprile 2017

Giovedì santo. E', questa, la festa annuale del nostro sacerdozio


«Arte delle arti è la guida delle anime»

6. La particolare sollecitudine per la salvezza degli altri, per la verità, per l'amore e la santità di tutto il popolo di Dio, per l'unità spirituale della Chiesa, che ci è stata affidata da Cristo insieme alla potestà sacerdotale, si esplica in varie maniere. 
Diverse certamente sono le vie lungo le quali, cari fratelli, adempite la vostra vocazione sacerdotale. Gli uni nell'ordinaria pastorale parrocchiale; gli altri nelle terre di missione; altri, ancora, nel campo delle attività connesse con l'insegnamento, con l'istruzione e l'educazione della gioventù, lavorando nei vari ambienti e organizzazioni, e accompagnando lo sviluppo della vita sociale e culturale; altri, infine, accanto ai sofferenti, agli ammalati, agli abbandonati; alle volte, voi stessi, inchiodati a un letto di dolore. 
Diverse sono queste vie, ed è perfino impossibile nominarle tutte singolarmente. 
Necessariamente esse sono numerose e differenziate, perché varia è la struttura della vita umana, dei processi sociali, delle tradizioni storiche e del patrimonio delle diverse culture e civiltà. Nondimeno, in tutte queste differenziazioni, voi siete sempre e dappertutto portatori della vostra particolare vocazione: siete portatori della grazia di Cristo, eterno Sacerdote, e del carisma del buon Pastore. 
E questo non potete mai dimenticare; a questo non potete mai rinunciare; questo dovete in ogni tempo e in ogni luogo e in ogni modo attuare. In ciò consiste quell'«arte delle arti», alla quale Gesù Cristo vi ha chiamati. «Arte delle arti è la guida delle anime», scriveva San Gregorio Magno («Regula pastoralis» I, 1: PL 77, 14).
Vi dico, dunque, rifacendomi in queste sue parole: sforzatevi di essere «artisti» della pastorale. Ce ne sono stati molti nella storia della Chiesa. 
Occorre elencarli? A ciascuno di noi parlano, ad esempio, san Vincenzo de Paul, San Giovanni d'Avila, il santo Curato d'Ars, san Giovanni Bosco, il beato Massimiliano Kolbe, e tanti, tanti altri. 

Ognuno di loro era diverso dagli altri, era se stesso, era figlio dei suoi tempi ed era «aggiornato» rispetto ai suoi tempi. Ma questo «aggiornamento» di ciascuno era una risposta originale al Vangelo, una risposta necessaria proprio per quei tempi, era la risposta della santità e dello zelo. 
Non vi è altra regola al di fuori di questa per «aggiornarci», nella nostra vita e nell'attività sacerdotale, ai nostri tempi d all'attualità del mondo. Indubbiamente, non possono essere considerati come adeguato «aggiornamento» i vari tentativi e progetti di «laicizzazione» della vita sacerdotale. 
(cont. vedi Giovedì Santo 1979)


lunedì 8 dicembre 2014

DISCRETO SILENZIO e UTILITA' DI PAROLA

La guida delle anime sia discreta nel suo silenzio, utile con la sua parola


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La guida delle anime sia discreta nel suo silenzio e utile con la sua parola affinché non dica ciò che bisogna tacere e non taccia ciò che occorre dire. Giacché come un parlare incauto trascina nell’errore, così un silenzio senza discrezione lascia nell’errore coloro che avrebbero potuto essere ammaestrati. Infatti, spesso, guide d’anime improvvide e paurose di perdere il favore degli uomini hanno gran timore di dire liberamente la verità; e, secondo la parola della Verità, non servono più alla custodia del gregge con lo zelo dei pastori ma fanno la parte dei mercenari (cf. Gv. Jn 10,13), poiché, quando si nascondono dietro il silenzio, è come se fuggissero all’arrivo del lupo. 

Per questo infatti, per mezzo del profeta, il Signore li rimprovera dicendo: Cani muti che non sanno abbaiare (Is 56,10). 
Per questo ancora, si lamenta dicendo: Non siete saliti contro, non avete opposto un muro in difesa della casa d’Israele, per stare saldi in combattimento nel giorno del Signore (Ez 13,5). Salire contro è contrastare i poteri di questo mondo con libera parola in difesa del gregge; e stare saldi in combattimento nel giorno del Signore è resistere per amore della giustizia agli attacchi dei malvagi. 

Infatti, che cos’è di diverso, per un Pastore, l’avere temuto di dire la verità dall’avere offerto le spalle col proprio silenzio? Ma chi si espone in difesa del gregge, oppone ai nemici un muro in difesa della casa di Israele. Perciò di nuovo viene detto al popolo che pecca: I tuoi profeti videro per te cose false e stolte e non ti manifestavano la tua iniquità per spingerti alla penitenza (Lm 2,14). È noto che nella lingua sacra spesso vengono chiamati profeti i maestri che, mentre mostrano che le cose presenti passano, insieme rivelano quelle che stanno per venire. 
Ora, la parola divina rimprovera costoro di vedere cose false, perché mentre temono di scagliarsi contro le colpe, invano blandiscono i peccatori con promesse di sicurezza: essi non svelano le iniquità dei peccatori perché si astengono col silenzio dalle parole di rimprovero. In effetti le parole di correzione sono la chiave che apre, poiché col rimprovero lavano la colpa che, non di rado, la persona stessa che l’ha compiuta ignora.


Perciò Paolo dice: (Il vescovo) sia in grado di esortare nella sana dottrina e di confutare i contraddittori (Tt 1,9). Perciò viene detto per mezzo di Malachia: Le labbra del sacerdote custodiscano la scienza e cerchino la legge dalla sua bocca, perché è angelo del Signore degli eserciti (Ml 2,7).



Perciò per mezzo di Isaia il Signore ammonisce dicendo: Grida, non cessare, leva la tua voce come una tromba (Is 58,1). 
E invero chiunque si accosta al sacerdozio assume l’ufficio del banditore perché, prima dell’avvento del Giudice che lo segue con terribile aspetto, egli lo preceda col suo grido. 
Se dunque il sacerdote non sa predicare, quale sarà il grido di un banditore muto? Ed è perciò che lo Spirito Santo, la prima volta, si posò sui Pastori in forma di lingue (Atti, 2, 3), poiché rende subito capaci di parlare di Lui, coloro che ha riempiti. 
   Perciò viene ordinato a Mosè che il sommo sacerdote entrando nel tabernacolo si accosti con tintinnio di campanelli, abbia cioè le parole della predicazione, per non andare con un colpevole silenzio incontro al giudizio di colui che lo osserva dall’alto. 
È scritto infatti: Perché si oda il suono quando entra e quando esce dal santuario in cospetto del Signore, e non muoia (Ex 28,35). Così il sacerdote, che entra o che esce, muore se da lui non si ode suono, poiché attira su di sé l’ira del Giudice occulto se cammina senza il suono della predicazione. 

Inoltre, quei campanelli sono descritti come opportunamente inseriti nelle sue vesti, perché le vesti del sacerdote non dobbiamo intenderle altrimenti che come le sue buone opere, per testimonianza del profeta che dice: I tuoi sacerdoti si rivestano di giustizia (Ps 131,9). Pertanto, i campanelli sono inseriti nelle sue vesti, perché insieme al suono della parola, anche le opere stesse del sacerdote proclamino la via della vita. 
   Ma quando la guida delle anime si prepara a parlare, ponga ogni attenzione e ogni studio a farlo con grande precauzione, perché se si lascia trascinare a un parlare non meditato, i cuori degli ascoltatori non restino colpiti dalla ferita dell’errore; e mentre forse egli desidera di mostrarsi sapiente non spezzi stoltamente la compagine dell’unità. Perciò infatti la Verità dice: Abbiate sale in voi e abbiate pace tra voi (Mc 9,49). Col sale è indicata la sapienza del Verbo. 

Pertanto chi si sforza di parlare sapientemente, tema molto che il suo discorso non confonda l’unità degli ascoltatori. Perciò Paolo dice: Non sapienti più di quanto è opportuno, ma sapienti nei limiti della sobrietà (Rm 12,3). 
   Perciò nella veste del sacerdote, secondo la parola divina, ai campanelli si uniscono le melagrane (Ex 28,34). E che cosa viene designato con le melagrane se non l’unità della fede? Infatti, come nelle melagrane i molti grani dell’interno sono protetti da un’unica buccia esterna, così l’unità della fede protegge tutti insieme gli innumerevoli popoli che costituiscono la Santa Chiesa e che si distinguono all’interno per la diversità dei meriti. 
   Così, affinché la guida delle anime non si butti a parlare da incauto, come già si è detto, la Verità stessa grida ai suoi discepoli: Abbiate sale in voi e abbiate pace tra voi, come se attraverso la figura della veste del sacerdote dicesse: Aggiungete melagrane ai campanelli affinché, in tutto ciò che dite abbiate a conservare con attenta considerazione l’unità della fede. 
   Inoltre, le guide delle anime debbono provvedere con sollecita cura, non solo a non fare assolutamente discorsi perversi e falsi, ma a non dire neppure la verità in modo prolisso e disordinato, perché spesso il valore delle cose dette si perde quando viene svigorito, nel cuore di chi ascolta, da una loquacità inconsiderata e inopportuna. Questa medesima loquacità, poi, che è certamente incapace di servire utilmente gli ascoltatori, contamina anche colui che la esercita. Per cui è ben detto per mezzo di Mosè: L’uomo che soffre di flusso di seme, sarà immondo (Lv 15,2). 
   Di fatto, la qualità del discorso udito è seme di quel pensiero che gli terrà dietro nella mente degli ascoltatori, poiché la parola, ricevuta attraverso l’orecchio, nella mente genera il pensiero. È per questo che, dai sapienti di questo mondo, il bravo predicatore è chiamato seminatore di parole (cf. Atti, 17, 18). 
Dunque, chi patisce flusso di seme è dichiarato impuro, perché chi è soggetto a una eccessiva loquacità si macchia con quel seme da cui — se l’avesse effuso in modo ordinato — avrebbe potuto generare nei cuori degli ascoltatori la prole del retto pensiero; ma se lo sparge con una loquacità inconsiderata, è come chi emette il seme, non al fine di generare ma per l’impurità. 
   Perciò anche Paolo, quando esorta il discepolo ad insistere nella predicazione dicendo: Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù che giudicherà i vivi e i morti, per il suo avvento e il suo regno, predica la parola, insisti opportunamente, importunamente (2Tm 4,1-2); prima di dire importunamente premise opportunamente, perché è chiaro che nella considerazione di chi ascolta, l’importunità appare in tutta la sua qualità spregevole se non sa esprimersi in modo opportuno.

AMDG et BVM