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lunedì 2 febbraio 2015

Gli otto spiriti della malvagità.

Evagrio Pontico 
“Sentenze – Gli otto spiriti della malvagità” Città Nuova (2010) Roma.

Wvagrio_spiritiEvagrio Pontico (345-399), è una degli esponenti più fecondi di quell’esperienza religiosa e mistica della Chiesa che nasce dall’esperienza monastica, nota come tradizione dei Padri del deserto. La sua produzione letteraria è molto ampia e ha conosciuto una vasta diffusione sia nell’area mediorientale che nell’occidente latino.

Così come nel “Trattato pratico” vengono date delle indicazione per seguire la via dei comandamenti, purificare l’animo e portarlo ad un gradino più alto di conoscenza verso Dio, in questo volume sono raccolte sia le “Sentenze”, testi in cui si tratteggia un percorso spirituale per aiutare il monaco a prendere consapevolezza delle passioni, per potersene distaccare, in un processo di ulteriore ascesi dalla conoscenza sensibile a quella spirituale, sia la nota opera di Evagrio Pontico Gli otto spiriti della malvagità, che qui è presentata nella sua forma più estesa. È interessante scoprire come l’esame dei vizi e delle passioni, il loro attecchimento negli spiriti umani, non varia poi di molto con l’evolversi dell’umanità. Si scopre così che il monaco, che viveva nel deserto nella seconda metà del 300, aveva la tendenza a quegli stessi difetti che sono ancora ricorrenti nella modernità: il peccato originale, la superbia dell’uomo che ha voluto fare da sé lo ha portato ad allontanarsi da Dio e ne ha sancito la solitudine, trasformando la distinzione originaria in una separazione e frammentazione apparentemente incontrovertibile. Per questa ragione, così come è utile all’uomo di oggi confrontarsi con le indicazione date nella praktikéè altrettanto fruttuoso rileggere la propria esperienza di vita e di fede alla luce di quelle tentazioni o demoni che abitano nel cuore e nello spirito dell’uomo, di ogni uomo, chiamati gli otto spiriti della malvagità e noti come demoni della gola, lussuria, avarizia, ira, tristezza, accidia, vanagloria e superbia.

L’uomo moderno, l’uomo “liberato” da quella che è stata, ed è ancora, definita come l’oppressione della fede, li ha solo potuti svuotare della loro definizione peccaminosa, non della loro incidenza maligna sulla sua persona. Così, la gola (come d’altro canto avarizia o lussuria o ira…), depurata dal suo essere una “mancanza”, e divenuta esclusivamente causa di sensi di colpa, dei quali l’uomo della modernità non è ancora riuscito a disfarsi, diventa non più peccato, ma sicuramente un necessario interfacciarsi con il limite, la finitezza dell’uomo, con una sua dipendenza. Tristezza e acedia sono stati eletti a mali del secolo, ma di quale? Evagrione parlava ai monaci nel IV secolo! Tutto è ormai quell’inevitabile scontro con un nemico, con qualcosa definito come “altro da sé”, da combattere per mostrare una perfezione “a portata d’uomo” e dal quale ci si può affrancare con le diete, supporti di medicina estetica o psicologici, con la concentrazione, e in ultima analisi con la metempsicosi o, termine molto più di moda, la reincarnazione: nel caso non riuscissimo a renderci perfetti in questa vita… c’è la prossima! Ma è così? È davvero un altro da sé, che in genere, nondimeno, vediamo benissimo nel nostro nemico e molto meno potente in noi, riducibile ad uno dei tanti problemi della modernità e svalutabile a poca cosa, o esso nasconde un male più grande, l’incapacità di dare seguito ad una brama insita, e spesso non riconosciuta, un desiderio di infinito che l’uomo cerca disperatamente di saziare seguendo altri appetiti?

L’uomo teme la sua finitezza, dunque, teme la morte, questa è la radice della sua insoddisfazione e il nutrimento iperproteico, come potremmo definirlo, di questi pensieri, che poi diventano abitudini, per il credente peccato. E qual è la strada per uscire dal gorgo in cui l’uomo sprofonda ogni volta che incontra questa realtà del limite e della incompiutezza?

Questi pensieri, viziati dalla paura della morte, toccano ogni uomo e ne scoprono la nudità profonda, l’impossibilità di essere adeguato all’immagine che si è fatto di sé e da sé e lo interrogano da un livello più semplice ad uno sempre più complesso. Come mette in evidenza l’autore dell’ampia introduzione a questa edizione, Lucio Coco, “è interessante notare come la deduzione degli otto vizi sia inserita in uno schematismo più ampio corrispondente all’articolazione dell’anima razionale stessa. Non si tratta quindi di una estrazione casuale oppure di un processo semplicemente induttivo, per cui attraverso l’esperienza si può ricavare una serie di passioni. In base a queste considerazioni risulta evidente una certa concatenazione dei vizi e una certa loro progressione in base alloro generarsi all’ interno dell’anima tripartita. Avremo così i vizi del concupiscibile, più legati alla sfera sensibile: la gola, la lussuria e l’avarizia; quelli dell’irascibile, più legati all’ interiorità: la tristezza, l’ira e l’accidia; e infine i vizi della parte razionale, la vanagloria e la superbia, secondo una direzione ascendente che orienta dal basso verso l’alto i gruppi di vizi.

logismoi, i pensieri viziosi sono causa della caduta: “È impossibile che un monaco che abbia accolto un pensiero cattivo non ne sia rovinato” (Ex. 44). Per Evagrio essi sono il modo con cui i demoni, per questo li definisce spiriti della malvagità, spingono il monaco, e l’uomo, “a un modo di vita irragionevole” (Spir. 6), basato sulle passioni dominanti nell’anima irascibilis e in quella concupiscibilis. L’impegno da assolvere è allora volto a riconoscere l’azione di questi pensieri e a riconoscere quella mistificazione della realtà che essi operano nell’individuo.

È una battaglia che il monaco, e il cristiano, deve compiere, si tratta di un combattimento spirituale che parte dal riconoscimento in atto di dinamiche psicologiche insite in ogni individuo e che sono volte ad allontanarlo da Dio con tecniche sempre più raffinate. Man mano che lo Spirito progredisce verso la contemplazione, i pensieri anche si adattano al nuovo stato raggiunto e lo sollecitano con forme sempre più avanzate del culto del sé: non a caso, l’orgoglio è posto al vertice di questi pensieri. Già nelle “Paraenesis ad monachos”, Evagrio aveva bene illustrato questa essenzialità della lotta a questi spiriti del male, che si esplica nel loro riconoscimento e confessione per ridurne la capacità di distruzione che essi hanno nell’anima, allorché aveva rivelato che “Come non è possibile costruire una torre senza un muratore, così non è possibile acquistare la sapienza di Dio senza il combattimento” (Ex. 21); “Chi fugge la prova utile, fugge la vita eterna” (Ex. 24); “Come non è possibile che un lottatore riceva il premio senza aver combattuto, così non è possibile diventare un cristiano senza lottare” (Ex. 32).

Il monaco del Ponto ritiene che solo impegnandosi nella lotta con fatica e grazie alla preghiera, come riporta nella Sentenza 37 di questo testo, “chi prega continuamente sfugge alle tentazioni, i pensieri disturbano il cuore di chi è trascurato”. Si può uscire da questa deriva solo con la preghiera incessante, che consente di maturare una vera conoscenza spirituale.

Come già indicato nel Trattato Pratico, infatti, l’uomo deve purificarsi dalle passioni e solo dopo ha la possibilità di avvicinarsi alla vera scienza e gnosis, conoscenza, che conduce lo spirito dell’uomo, viva esso nel deserto o nella metropoli moderna, fino alla contemplazione di Dio. Sempre nel testo citato, Evagrio spiega in che modo sia arrivato a definire gli otto spiriti della malvagità. Partendo da una visione filosofica e di derivazione platonica caratterizzata da una tripartizione dell’anima in tre parti, razionale, concupiscibile e irascibile, evidenzia che un uso corretto di queste funzioni orienta alla virtù, ma una distorsione di esse può altresì portare ad un comportamento vizioso, contro natura, alterando e mistificando le funzioni stesse dell’anima. Nella parte inferiore si sviluppano i vizi i della sfera del concupiscibile, nella parte mediana quelli della sfera dell' irascibile e infine in alto quelli della sfera logica e razionale. Appartengono a quest’ultima sfera quei pensieri che, mossi dall’autocompiacimento e da una sopravvalutazione di sé, tipici della vanagloria e della superbia, portano l’individuo fino alla blasfemia della negazione di ogni dipendenza dell’uomo da Dio e dalla sua Grazia.

L’uomo sia che viva nel deserto, sia che viva nella metropoli super industrializzata moderna non ha sconti nei confronti dei pensieri, che attanagliano la sua anima razionale e la impoveriscono costantemente, può solo affrontarli consapevolmente, sforzandosi nel tempo che gli è dato di ritrovare in quell’anima razionale che è il luogo in cui risiede l’immagine che l’Altissimo si è compiaciuto di imprimere nell’umano, quello Spirito divino che gli consenta di sentirsi creatura creata e pertanto amata.


Alcuni passaggi delle riflessioni di Evagrio sugli 
otto spiriti della malvagità.

Gola
“Un fuoco spento si riaccende se prende dei fuscelli, la voluttà sopita si infiamma con cibo a sazierà. Non aver compassione di un corpo che si lamenta per la debolezza e non ingrassarlo con cibi ricercati. Infatti qualora riprenda vigore, si leverà contro di te e ti farà una guerra senza tregua finché non avrà fatto prigioniera la tua anima e ti avrà reso servo del vizio della lussuria. Un cavallo docile è un corpo tenuto a stecchetto e non disarciona mai chi lo cavalca; quello infatti si tira indietro quando viene stretto dal morso e ubbidisce alla mano del cavaliere, il corpo invece è domato dalla fame e dalla veglia e non recalcitra davanti alle decisioni di chi lo monta, né nitrisce agitato da un moto passionale”.

Lussuria
“Quando un ricordo di donna genera indifferenza e la fantasia di lei non muove la passione, allora considera che sei giunto alle soglie della continenza. Quando una sua immagine ti spinge a contemplarla e puoi collegare il suo corpo alle qualità dell'anima allora credi di essere nel possesso della virtù. Tuttavia non indugiare su simili pensieri e non fare a lungo mentalmente familiarità con una figura di donna, la passione infatti ama tornare indietro e ha vicino a sé il pericolo. Come infatti un'adeguata fusione purifica l'argento e se dura di più facilmente lo brucia e rovina, così una fantasia che si attarda distrugge uno stile di vita improntato alla continenza. Non presentare alla mente una fantasia di donna, perché non si sviluppi una fiamma di voluttà li e incendi il campo dell'anima tua. Infatti come una scintilla che cova nella paglia fa sviluppare un fuoco, così un ricordo di donna che permane accende il desiderio”.

Avarizia
“L’avarizia è la radice di tutti i mali e nutre come rami maligni le altre passioni, se tagli un ramo ne fa venire subito un altro e non permette che si secchi quello che è da lei sbocciato. Chi vuole uccidere il vizio deve strappare la radice… Chi molto possiede invece è irretito dalle cure ed è come un cane legato alla catena. Qualora sia obbligato a spostarsi, si porta in giro carico pesante e inutile fastidio, il ricordo delle ricchezze, viene punto dalla tristezza e soffre fortemente all’idea: ha abbandonato gli averi ed è sferzato dall’afflizione”.

Ira
“Tieni lontano dalla tua anima i pensieri d’ira, la collera non prenda dimora nel tuo cuore e non essere turbato durante la preghiera. Infatti nello stesso modo in cui il fumo delle stoppie disturba gli occhi così il rancore [disturba] la mente nel tempo della preghiera… L’offerta di chi serba rancore è un sacrificio irritante e non sarà portata all’altare per l’aspersione”.

Tristezza
“Il monaco triste non conosce il piacere spirituale. La tristezza è abbattimento d’anima ed è in relazione con pensieri d’ira. … La tristezza è un verme del cuore che divora la madre che lo ha generato. La madre che partorisce un bambino ha dolore ma quando ha partorito il dolore scompare. La tristezza generata invece causa un grande travaglio e permanendo dopo il parto reca non poca afflizione.
Chi ha vinto il desiderio ha vinto le passioni e chi ha vinto le passioni non è soggiogato dalla tristezza. Chi è temperante non si rattrista per la mancanza di cose da mangiare, né chi è continente per non aver soddisfatto una passione  dissoluta, né il mite per non aver ottenuto vendetta, né l'umile per essere stato privato di un umano riconoscimento, né chi non è avaro per aver subito una perdita; essi infatti possibilmente hanno evitato di desiderare queste cose, Come chi indossa una corazza non viene colpito da un proiettile, così chi non è soggetto alle passioni non viene ferito dalla tristezza”.

Accidia
“L’accidioso, leggendo, spesso sbadiglia e facilmente si fa prendere dal sonno, si sfrega gli occhi, stende le mani e, levato lo sguardo dal libro, prende a fissare il muro. Quindi torna a girarsi, legge un poco e inutilmente si affatica a sillabare le terminazioni delle parole, conta le pagine, calcola i quartini, critica la scrittura e la decorazione. Infine, chiuso il libro, lo mette sotto la testa e cade in un sonno non tanto profondo perché poi la fame desta la sua anima e lo porta a darsene pensiero. Un monaco accidioso è lento nella preghiera e non pronuncia mai le parole dell'orazione. Infatti come chi è malato non sopporta un peso grave, così pure 1'accidioso non sarà sollecito nel compiere l'opera di Dio, dal momento che uno è debilitato nelle forze del corpo e 1'altro è allentato nel tono spirituale… Fissa per te una misura in ogni lavoro e non separartene prima di averlo completato; prega continuamente e intensamente e lo spirito dell' accidia fuggirà da te”.

Vanagloria
“La vanagloria cresce accanto alle virtù e non se ne separa finché non ne abbia fiaccato il vigore… Una borsa bucata non tiene quello che vi si mette e la vanagloria disperde i premi delle virtù. …la preghiera di chi vuol piacere agli uomini non salirà a Dio. La vanagloria è uno scoglio a fior d'acqua, se ci vai contro perdi il carico della nave. …La vanagloria consiglia di pregare in piazza, chi la combatte invece prega nella sua stanza… La virtù del vanaglorioso è un sacrificio di ossa spezzate  e non viene presentato all'altare di Dio. Una linea tracciata sull' acqua scompare e lo sforzo della virtù in un'anima vanagloriosa. … L'accidia allenta la tensione spirituale, la vanagloria invece rafforza la mente che ha trascurato Dio, ridona gagliardia a chi è malato e rende più vigoroso il vecchio del giovane, a condizione che siano presenti molti testimoni dell'accaduto. In tal caso sono facili da sopportarsi il digiuno, la veglia, le preghiere, perché la lode di tanti desta la prontezza d'animo. Non svendere i tuoi sforzi per glorie umane e non tradire la gloria futura per una lode a buon mercato. L'umana gloria infatti riposa nella polvere e il suo c clamore si spegne in terra, la gloria della virtù invece rimane in eterno”.

Superbia
“La superbia è un rigonfiamento pieno di umore dell'anima; qualora giunga a maturazione, scoppierà e farà molto disgusto. …L'anima del superbo sale a una grande altezza e da lì precipita nell'abisso… Chi si è distaccato da Dio è malato di superbia e ascrive alla propria forza i buoni risultati. Come chi sale su una rete se va con un piede a vuoto, viene sbalzato giù, allo stesso modo cade chi confida sulla propria forza. … Al contadino non serve a niente un frutto marcio e Dio non saprà che farsene della virtù di un superbo. …L'anima del superbo infatti viene abbandonata da Dio e diventa il trastullo dei demoni. …Infatti chi poco prima si e opposto a Dio, rifiutando il suo soccorso, dopo viene spaventato da fatui fantasmi… La superbia precipitò giù dal cielo l'arcangelo e fece sì che si abbattesse sulla terra come una folgore. Perché inorgoglirti, uomo, se sei fango e putredine, perché gonfiarti e spingerti oltre le nuvole? Considera la tua natura: sei terra e polvere e in breve in cenere ti dissolverai. …Perché alzi quella testa che presto marcirà? È infatti cosa grande che l'uomo venga soccorso da Dio: fu abbandonato e ha conosciuto la debolezza della natura. Non hai niente che non abbia ricevuto da Dio… Perché ti vanti della grazia di Dio come se fosse un tuo acquisto? Riconosci chi è che ha dato e non esaltarti tanto! Tu sei una creatura di Dio, non rifiutare il Creatore; sei stato aiutato da Dio non rinnegare il benefattore. Sei asceso fino alla patria celeste ma è stato lui a guidarti; sei cresciuto nella virtù ma è stato lui che ha operato. Credi a colui che ti ha innalzato per rimanere saldo in quell' altezza. Sei uomo, stai dentro i limiti della tua natura. Riconosci il tuo simile perché è della tua stessa sostanza. …Quando sarai giunto al vertice delle virtù, allora avrai molto bisogno di tutelarti. Infatti chi cade dal basso rapidamente si rialza, invece chi cade dall'alto rischia la morte”.
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cfr:  http://www.cristinacampo.it/public/evagrio%20pontico%20%20la%20preghiera.pdf