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martedì 18 luglio 2017

Miniera d'oro.


Dalla vita di 
SAN CAMILLO DE LELLIS

Camillo nacque a Bucchianico, nella diocesi di Chieti, dalla nobile famiglia de Lellis. Giovanetto, seguì la carriera militare, lasciandosi andare per qualche tempo ai vizi, ma poi, preso dal rimorso di aver offeso Dio, si presentò in un convento dei Cappuccini, pregandoli insistentemente di riceverlo tra loro. Due volte gli venne accordato quanto domandava; ma, riapertasi un'ulcera incurabile alla gamba di cui aveva sofferto in precedenza, si sottomise umilmente alla volontà dei superiori che per due volte l'avevano accettato e poi dimesso. Partì per Roma e, ordinato sacerdote, fondò la Congregazione dei Chierici regolari con l'obbligo di un quarto voto: di assistere gli ammalati di peste. Affranto dai digiuni e dall'assiduo lavoro, dopo aver sopportato coraggiosamente cinque moleste e lunghe malattie, che egli chiamava le misericordie divine, si addormentò nel Signore il 14 luglio 1614, all'età di sessantacinque anni. Leone XIII lo dichiarò celeste patrono di tutti gli ospedali e degli infermi e, nelle litanie degli agonizzanti, fece inserire l'invocazione del nome di san Camillo.

V. E tu, o Signore, abbi pietà di noi.
R. Grazie a Dio.

V. O Signore, esaudisci la mia preghiera.
R. E il mio grido giunga fino a Te. 
Preghiamo
O Dio, che adornasti san Camillo della prerogativa d'una singolare carità per aiutare le anime lottanti nell'estrema agonia: per i suoi meriti infondi in noi lo spirito del tuo amore ; affinché, nell'ora della nostra morte meritiamo di vincere il nemico, e di giungere alla corona celeste. 
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
R. Amen.

*

..... 
Con una mano gli porgeva il cibo in bocca, e con l'altra gli faceva vento, (p. 317) o cacciava le mosche. Con gli occhi compativa alle loro miserie e con le orecchie stava pronto et accorto per obedire à loro commandamenti. Con la lingua gli essortava alla patienza et al fuggire i peccati, e col cuore finalmente pregava Iddio che gli ne desse gratia. Quando poi haveva finito di cibargli, o di fargli altra sorte di charità pareva che non si potesse distaccare da loro se prima quelli di propria bocca non confessavano di restar contenti e sodisfatti, e di non volere altro da lui. Nel licentiarsi da loro ordinariamente gli faceva la croce in fronte 531, o gli aspergeva d'acqua santa, e si raccomandava alle loro orationi. Solendo dir lui: Dio volesse che nell'hora della mia morte mi giungesse un sospiro o una benedittione di questi poveri. Molte volte nel licentiarsi da loro gli baciava le mani, o la testa, o i piedi, o le piaghe come fussero state le sante piaghe di Giesu Christo. Molte volte gli dava l'acqua alle mani e molte ancora esso proprio (non potendo quelli per qualche impotenza farlo) gli le asciugava. Ma che sorte di 

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charità non gli faceva egli? Gli tosava, gli pettinava, gli tagliava l'unghie, gli nettava le lingue, gli fasciava le piaghe, gli scaldava i piedi, gli asciuttava le camiscie quando erano humide, gli medicava i cauterij, e spesso anco gli bagnava le tempie, le narici, e le polsa d'aceto rosato per confortargli, e fargli in se rivenire 532. Soleva anco portare per 1'Hospidale uno o dui piccioli orinali alla cintura legati per non far levare essi infermi dal letto acciò non cascassero, non si bruttassero i piedi, overo che non pigliassero freddo. Et essendo due volte la felice memoria di Papa Clemente Ottavo (p. 318) andato nel principio del suo Pontificato all'Hospedale di S. Spirito esso Camillo gli baciò i piedi con uno dei sudetti orinali a lato 533. Volendo anco che tutti i suoi Religiosi ch'ivi si ritrovarono facessero il medesimo; non curandosi di tanto honore, ne di tanta riputatione. Del che restarono edificati non solo il Pontefice, ma anco tutti quelli altri Ill.mi Prelati ch'andavano in sua compagnia; e l'istesso Pontefice quella volta si servì molto del parer suo per riformare alcune cose di quell'Hospidale. Tenendolo almeno mezz'hora 534 riserrato con lui in una stanza da solo à solo informandosi del sudetto negotio 535. Soleva spesse volte far fare in casa del nostro Spetiale molta provisione di cose di zuccaro con le quali andava poi confortando i piu gravi e spesso ancora gli soleva portare de' frutti, come de pomi granati, aranci, o altre cose simili a loro non nocive 536. Et in questo lui non si sparagnava di dimandare, o far dimandare a' ricchi per dare a detti poveri infermi. A quali quando esso la notte faceva le guardie (il che era quasi ogni notte) pareva un facchino tanto andava carrico per loro. Poiche oltra il Crocifisso, e libro per li morienti, et oltre li dui orinali 537 portava anco tre fiaschetti ligati intorno, uno d'acqua benedetta, uno d'aceto, et un'altro grosso d'acqua cotta per rinfrescargli le bocche. Portava di piu una concolina di rame dove potessero senza loro incommodo sputare, et uno o dui bicchieri di stagno per far le zuppe alli piu estenuati o flussanti. Oltre di cio la santa charità l'haveva fatto diventar anco perfettissimo cuoco andando spesso nelle cucine de gli Hospidali à fargli di propria mano qualche delicato (p. 319) sapore o minestra per alcun di loro, che fusse stato grave o svogliato, o fastidito dal male. Ma che dico cuoco? era diventato anco Balio per amor loro accarezzando spesso, e governando molti semplici figliuolini infermi cibandogli con la pappina, e facendogli altri vezzi da pietosa madre, e se havesse havuto del latte senza dubbio se l'haveria cavato dal cuore per darlo à loro. 

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Di più quando non sapeva (* ) far altro, la notte andava pian piano coprendo l'infermi, o vero con una candela in mano andava di letto in letto ammazzando i cimici che non gli facevano riposare 538. Una volta vedendo esso nella Pazzaria di S. Spirito un poverello tutto consumato, ma tanto brutto e pieno di schifezze che non si poteva mirare senza grande abborrimento. Alhora esso andando à casa (senza ch'alcuno sapesse che cosa si volesse fare) pigliò una conca grande di rame, un pezzo di sapone, un sciugatoio et alcune herbe odorifere. Ritornato poi all'Hospidale et havendo fatta scaldare una gran caldaia d'acqua, fatto mettere quel povero nella conca, lo lavò con le proprie mani da capo à piedi baciando et asciugando caramente il corpo di quel meschino. Non parlava mai d'altro, ne piu spesso, ne con più fervore che di questa santa charità, e l'haverebbe voluta imprimere ne' cuori di tutti gli huomini 539. Onde per infiammarvi i suoi Religiosi gli soleva replicar spesso quelle dolcissime parole di Giesù Christo: Infirmus eram et visitastis me. Replicava anco spesso quell'altre d'Isaia: Haec est requies mea reficite lassum, et hoc est meum refrigerium. Le quali in verità pareva che gli fussero nel cuore impresse (p. 320) e scolpite tante volte le diceva e replicava. Dubitando poi che i suoi non si infastidissero di ciò soleva apportar loro l'essempio di S. Giovanni Evangelista quando similmente replicava tante volte a' suoi discepoli quelle dorate parole di charità: Filioli diligete alterutrum. Dicendo che poteva ben S. Giovanni Segretario della S.ma Trinità (che cosi lo soleva chiamare) ricordargli d'altre cose, ma non volse lasciargli altro in testamento che le sopradette consistendo nella essecutione di quelle tutta la legge e perfettione Christiana 540. Quando vedeva ne gli Hospidali alcun secolare far la charità alli infermi, pareva che n'havesse invidia come fusse andato à torgli il guadagno di mano, e però esso tanto piu nella charità s'accendeva. Solendo dir lui che gli Hospidali erano le Cave dell'Oro, e delle pietre pretiose dove cosi lui come i suoi Religiosi si potevano fare eternamente ricchi 541 . Ne gli essercitij e nelle altre collationi spirituali a guisa di quei santi Padri antichi che conferivano insieme delle virtù cosi lui parlava e ragionava quasi 542 sempre della charità. Dimandando hor l'uno hor l'altro de suoi Religiosi come si potessero ben cibare gli infermi, come nettargli ben le lingue, e come rifargli bene i lor letti. Facendo anco talvolta portare nella presenza di tutti le tavole i scanni, il mata- 

 * Dopo «sapeva» è stato cancellato «che». 
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razzo le lenzuola il capezzale e le coperte per vedere s'essi lo sapevano fare (* ) come lui giudicava bene. Cosi anco faceva provargli se sapevano far le proteste e raccommandar l'anime a' morienti, facendo ch'uno facesse la persona dell'infermo, et un altro quella del Padre che l'essortasse a morire. Dicendo lui che quelli sempre (p. 321) dovevano essere li principali essercitij de Ministri de gli Infermi 543. 


Si quis mihi ministraverit honorificabit eum Pater meus Jo 12.26 

Quando nelle lettioni della Mensa alcun bel passo della charità sentiva piu delle volte lo faceva replicare sentendo assai piu gusto e nutrimento l'anima sua di quella refettione spirituale che non sentiva il corpo della refettione corporale. Nella Quadragesima similmente quando si faceva la predica del Giuditio voleva che tutti i suoi Religiosi vi andassero per sentire il Processo della Charità che in quel giorno si doveva leggere, et il premio grande che N.S. prometteva à misericordiosi in quel S.to Evangelio. Ma quand'esso in alcun Predicatore capitava che non havesse per aventura trattato della charità verso gli infermi, ne restava mal contento, parendo a lui che quella predica fusse stato come un'anello d'oro senza la pietra pretiosa. Accorgendosi per sorte che alcun de' suoi ne gli Hospidali havesse schifato l'infermi o sputato, o fatto altro segno per il quale havesse dimostrato sentir la puzza, esso subito lo notava, e tal volta lo menava seco à rifar qualche letto de' piu puzzolenti. Nettando poi esso l'infermo con le proprie mani diceva: Il signor Iddio mi facci gratia di farmi morire con le mani impastate di questa santa pasta di charità. Solendo esso paragonare detti suoi Religiosi cosi tepidi à gli Asini macilenti che fussero coperti di sella e gualdrappa d'oro ricamate. Volendo inferir lui che si come sarebbe stata cosa bruttissima veder un Asino macilente coperto di ricchissimo addobbamento, cosi anco era cosa brutta vedere un suo Religioso tepido che non pregiasse ne facesse conto del suo instituto d'oro. Quando (p. 322) anticamente si andava da nostri ogni giorno all'Hospidale voleva che si caminasse presto per haver piu tempo da spendere nel servigio de' poveri. E perche una volta quel fratello che faceva la strada caminò piano esso giunto all'Hospidale gli disse: o fratello e che passo è stato il vostro portavate forse la picca in spalla? 544 Non era huomo che vedendolo in mezzo a' poveri non restasse sommamente edificato di lui imparando et Imitandolo in qualche cosa. Per questo un certo vecchio545 grand'huomo da bene 

 * Dopo «fare», è stato cancellato «conforme» e scritto sopra della riga «come». 
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 chiamato Domenico (che soleva andare continuamente nell'Hospidale di S. Spirito a far la charità dando particolarmente l'orinale 546 e medicando i cauterij) scontrandosi una volta con me nel detto Hospidale, mi disse: Questa lettione (mostrandomi un mazzetto d'hedera, et un orinale 547) l'hò imparata da quel sant'huomo del Padre vostro Camillo, e Iddio volesse ch'io fussi uno de' suoi veri discepoli, et imitatori. Quando 548 hebbe cura de' poveri nel Granaio delle Carrozze consumava le notti intere in cucire pagliaricci et empirgli di paglia, acciochè li poveri non dormissero in terra. Moltissime volte ancora ne gli Hospidali faceva altre simili fatiche terribili, scopando, e portando in collo quando tavole, quando scanni, e quando matterazzi, ne fù mai possibile farlo da questo astenere ne anco in tempo di vecchiezza, e quando fù molto mal disposto di sanità 549 . In fine chi potrà mai a bastanza raccontare quanti poveri infermi esso aiutò, consolò, e refrigerò? e quante benedittioni da loro ricevé? Molti non solo benedicendo lui ma anco il ventre della madre che l'haveva portato e partorito. A quanti afflitti e dolenti del male esso col suo (p. 323) proprio fazzuolo asciuttò le lagrime piangendo anco lui con loro per pietà e compassione? Quanti n'aiutò à ben morire, a quali doppo la morte, e doppo havergli i debiti salmi et orationi recitate esso con le proprie mani serrò gli occhi, la bocca, e coperse il viso? Andando poi subito a celebrar la Messa offerendo quel santo et immacolato sacrificio per l'anime loro? Quanti prima che mandassero l'ultimo sospiro fuori esso condusse a vera contritione e proposito di mai piu non peccare passando poi subito all'altra vita con questo santo pensiero e proposito? Quanti non ben confessati per la sua continua vigilanza e sollecitudine morirono con la confessione, e con gli altri debiti sacramenti che se stato lui non fusse ne sarebbono passati di senza? Quanti poveri ignoranti esso ammaestrò nella Dottrina Christiana, e quanti sopra la fede, o disperatione, o altra pessima tentatione tentati esso confirmò, consolidò, et a miglior sentimento ridusse 550 ? Quanti poveri prigioni e da tormenti stropiati esso aiutò e cibò? e quanti di loro stando condennati alla morte esso con pietose parole a patientemente riceverla essortò e confortò? Ma di queste simili attioni pie esso ne fù cosi ricco, e dovitioso operatore che per la gran moltitudine che in ogni tempo et in ogni luogo ne faceva non parevano piu cose segnalate in lui ( * ). Ricevendo finalmente e sentendo in 

 * Dopo «lui» sono state cancellate due parole non decifrabili. 
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se stesso tanto dolore e pena dell'altrui infermità che senza menzogna poteva benissimo dire con S. Paolo: Quis infirmatur et ego non infirmor 551? E non solo con gli infermi de gli Hospidali fu esso in ogni tempo infervorato, ma anco hebbe sempre altretanto fervore e charità verso gli agonizanti delle (p. 324) case private de Cittadini 552. Solendo dir lui che gli Hospidali erano come il mar picciolo della Religione, ma la Raccommandatione dell'anime era come il Mare Oceano grande e spatioso che non se ne ritrovava il fondo. Però voleva che con isquisita diligenza questa charità 553 si facesse andando molte volte egli in persona cosi di notte come di giorno ad aiutar detti poveri morienti; non curandosi di sentire qualunque incommodo e fatica per amor di loro. E certo ch'era compassione grandissima vederlo alle volte (con tutta la sua gamba impiagata ch'appena se la poteva strascinar dietro) salire scalinate tant'alte, cosi oscure e pericolose c'haveriano posto spavento ad un'huomo sano non che impiagato com'era lui. Onde non poche volte gli avenne dar stincate terribili per questo conto et anco percuotere la testa ne frontali delle porte basse per esser lui molto alto di statura. Una volta in Roma ritornando da un moriente di notte 554 col P. Scipione Carrozza e non havendo lume diede la gamba impiagata in un trave che stava attraversato nella strada per il nuovo mattonato con tanto suo eccessivo dolore che cascò in terra come morto. D'onde appena levatosi con l'aiuto del compagno al meglio che puoté lodando e benedicendo sempre il Signore si condusse in casa portando cosi la calzetta come la scarpa piena di sangue che per tutta la strada ne lasciò 555. Dalla qual hora in poi si sdegnò talmente detta piaga che mai piu bene non se ne sentì com'era prima suo solito. E con tutto ciò diceva esso ch'al dispetto del Demonio voleva andare a detti morienti di notte quando poteva, e non voleva che'l Demonio la vincesse. Procurando (p. 325) anco che i suoi Religiosi stassero molto accorti e vigilanti in questo. Nel che per tenergli maggiormente svegliati tal volta senza bisogno (particolarmente quando pioveva o tirava vento) faceva prova et isperienza di loro, mandandogli à dire che si levassero per andare à qualche moriente, et essendo poi vestiti gli mandava à dire che si ricorcassero perché non era piu bisogno. Ma con lui non importava che fusse stata la piu pessima e dolorosa stagione dell'anno, perchè vi sarebbe andato quando anco fussero cascati tuoni e saette dal Cielo. Una volta in Roma di mezza notte piovendo quasi a diluvio si ricordò che dui de nostri cioe Alessandro GaIlo e Gio:Batista Contronibus erano

556 
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fuori ad un moriente e perche la pioggia era grandissima non se gli poteva mandare il cambio. Alhora esso, havendo compassione di loro, fattosi portare dui feltri dal Guardarobba uno se ne pose addosso lui, e l'altro diede al compagno andando in quel modo à mutare li sudetti dui Padri. Dove giunti non si può dire quanto ne restassero attoniti e spaventati non solo i nostri, ma anco tutti di quella casa vedendo entrare nella camera del moriente dui huomini cosi infeltrata all'improviso; particolarmente per essere detti feltri bianchi e per havere i cappucci molto lunghi. Quali havendo esso Camillo posto addosso a' medesimi suoi Religiosi gli mandò subito a casa à riposarsi restando egli al moriente 557 . Molte volte ancora gli avenne che andando o ritornando esso di notte da qualche moriente se gli smorzava il lume per strada dalla molta furia del vento, o pioggia, onde veniva costretto (p. 326) cosi all'oscuro cacciarsi da mezzo à mezzo ne fossi de l'acqua, e nelle lave delle strade. Et una volta ritornando cosi bagnato in casa trovò la fune del campanello rotta, onde bisognò ch'aspettasse un gran pezzo fuori della porta. Et in simili accidenti soleva egli dire tal volta al compagno (conforme anco diceva S. Francesco a Fra Leone): Adesso sì fratello direi che noi fussimo veri Ministri de gli Infermi se cosi bagnati et infangati come siamo ci bisognasse star tutta la notte qui fuori, o vero se in cambio d'aprirci il Portinaro, et introdurci dentro uscisse tutto infuriato per havergli noi rotto il sonno e doppo che ci havesse mal trattati di parole, ci dasse anco molte buone bastonate lasciandoci al fine qui fuori al vento, et alla pioggia. Alhora direi io Fra Leone che noi saressimo veri Ministri delli Infermi se cosi conci e mal trattati havessimo patienza, e non ci alterassimo niente. Del che il Signore ce ne facci la gratia per sua misericordia, e ce la facci intendere. Voleva (* ) che sopra i morienti s'orservassero da nostri alcuni suoi avertimenti cioe. Che non se gli tirasse dell'acqua santa in faccia per non spaventarlo, ma che se gli dasse pian piano toccandolo col dito, o con l'aspergia. Che non se gli mettesse il Crocifisso sopra il petto, ma al capezzale massime se fusse stato d'ottone, o d'altra cosa pesante per non impedirgli la respiratione558. Che doppo la morte stassero almeno per lo spatio di tre Miserere a coprirgli il viso, o serrargli l'occhi per assicu- * 

(*) Man. palerm.: La trascrizione è fatta così: Voleva ecc., cioè 1 che non ecc., 2 che non ecc., 3 che dopo ecc., 4 che nello ecc., 5 che in detto ecc., fino: S. Passione di Cristo (tutto sottolineato) e in margine: «Documenti» vedi citato libro 3. f. 343. 
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rarsi perfettamente che fusse passato. Dicendo lui che in questo haveva visto et isperimentato cose maravigliose, e che teneva per certo che la maggior (p. 327) parte de morienti morivano affocati per non osservarsi questa regola. Voleva che nella stanza del moriente non si piangesse ne ridesse, ne si parlasse di cose impertinenti, ma che tutti in santo silentio orassero e pregassero per il felice passaggio di quell'anima. Voleva che in detta attione i suoi religiosi non gli parlassero ne dicessero punti sottili ne speculativi, ma che parte leggessero, e parte gli ricordassero alcuna cosa pietosa pertinente solo al dolor de peccati, al fermo proposito di non offendere più Iddio, alla speranza della divina misericordia, alla patienza, alla perseverenza della fede, e sopra tutto alla santa passione di Giesù Christo. E benche lui sentisse molte volte disputare se li infermi in quell'ultimo passo sentissero, o no, nondimeno egli attaccandosi alla parte piu sicura voleva che sempre se gli ricordasse alcuna cosa almeno per dar tormento e spavento à Diavoli, e per accendere a maggior divotione i circostanti. Dicendo lui ch'ogni volta che sopra detti morienti si nominava il S.mo nome di Giesù o di Maria che apunto era come tirare una saetta, o pietra in fronte al Demonio 559. In fine560 non solo esso teneva sempre aperte le viscere della Charità sopra l'infermi, et altri morienti ma anco verso tutti gli altri prossimi poveri e miserabili. Per questo ordinariamente ne' suoi viaggi soleva far elemosina a quanti mendici scontrava facendo anco tal volta portare dal suo compagno una sacchetta di pane ligata all'arcione della sella per questo effetto. Ritrovando alcun povero pellegrino infermo o spedato per strada subito gli faceva provedere di cavallo, o di alloggiamento: lasciando (p. 328) poi la mattina danari all'hoste, come fece il Sammaritano, che n'havesse cura. Similmente trovando alcun Sacerdote a pie
Aforismi, citazioni e frasi celebri di San Camillo de Lellis, fondatore dell’ordine dei Camilliani e santificato da Papa Benedetto XIV. Nato a Bucchianico in Abruzzo da una famiglia aristocratica, iniziò il suo percorso di fede quando fu assunto nel convento dei padri cappuccini di Manfredonia e si fece frate all’età di 25 anni.

Frasi celebri di San Camillo de Lellis






– Non mi piace la pietà che taglia le mani alla carità.
– Se gli infedeli vedranno la nostra carità per gli infermi non avranno bisogno di altri argomenti per convertirsi.
– Più cuore in queste mani…
– Dio è tutto, il resto è nulla. Salvare l’anima è l’unico impegno della vita che è breve.
– Signore, perdona a questo grande peccatore. Dammi tempo di fare penitenza. Non più mondo, non più peccati!
– Perché non organizzare una compagnia di uomini pii e dabbene, che non per mercede, ma volontariamente e per amore di Dio servano gli infermi con quella carità e amorevolezza che sogliono fare le madri per i loro propri figlioli infermi?
– Con la maggiore diligenza possibile, con l’affetto di una madre verso il suo unico figlio infermo e guardando il povero come la persona di Cristo.
– Servire gli infermi, anche appestati, con rischio della vita.
– Gli infermi sono pupilla e cuore di Dio e quello che fate a questi poverelli infermi, è fatto a Dio stesso.
– Chi serve gli infermi, serve assiste Cristo nostro redentore.
– Nessuna tra le opere di carità piace più a Dio di quella del servizio ai poveri malati.
– Chi serve gli infermi, ha un segno palese di predestinazione.
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– Padri e fratelli miei, miriamo nei malati la persona stessa di Cristo. Questi malati cui serviamo ci fanno vedere un giorno il volto di Dio.
– Poiché Dio non mi ha voluto Cappuccino, né in quello stato di penitenza che tanto desideravo di stare e di morire, è segno dunque che mi vuole qui, al servizio di questi poveri suoi infermi.
– Dio ci ha mandato questa infermità perché, fatti buoni e perfetti maestri nel patire, sappiamo poi con più carità e compassione servire e compatire gli infermi.
– Desideriamo, con la grazia di Dio, servir a tutti gl’infermi con ogni carità.
– La croce che portiamo sul petto significa che tutti noi, segnati di questa santa impronta, siamo come schiavi venduti e dedicati al servizio dei poveri infermi e che questa che abbiamo abbracciata è congregazione di croce, cioè di morte, di patimento, di fatica.
– Asini macilenti ricoperti di una bellissima e ricchissima gualdrappa….(riferendosi ai ministri degli infermi che mostravano la croce senza possedere un’autentica carità).
– Signore mio, anima mia che posso io fare per te? (San Camillo domandò ad un infermo spazientito).
– Non bisogna mai perdere di vista Dio, ma contemplare il Creatore nella Creatura.
– Un buon soldato muore in guerra, un buon marinaio muore in mare, un buon ministro degli infermi muore all’ospedale.
– Il Signore mi ha lasciato senza piaghe solamente le mani, perché se avessi avute impiagate anche queste, non avrei potuto esercitarmi in beneficio dei poveri.



Libro stupendo :

AMDG et BVM