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venerdì 12 aprile 2019

“Lo stesso avverrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo dovrà apparire”.

È falso dire che N.S. Gesù Cristo non abbia condannato l’omosessualità - 

I Vangeli dimostrano esattamente il contrario

di Paolo Pasqualucci

Risultati immagini per sodoma e gomorra





L’assordante propaganda omosessualista e omofila, sostenuta da tutti i grandi mezzi d’informazione, in cre­scendo nell'imminenza del Sinodo sulla Famiglia del 5 ottobre u.s., continua a ripetere a beneficio dei cattolici un vieto ritornello e cioè che Gesù Cristo non avrebbe mai parlato dell’omosessualità, ragion per cui la sua condanna non si potrebbe reperire nei Vangeli ma solo nelle Lettere apostoliche, segnatamente in quelle di san Paolo. Come se questo, annoto, facesse la differenza! 
Le Epistole paoline non vengono lette durante la Messa come “Parola di Dio”, allo stesso modo dei Vangeli? Ma prescindiamo da questa scorretta separazione tra le varie parti del corpo neotestamentario, del tutto inaccettabile, spiegabile solo alla luce della miscredenza attuale, che vuole escludere di fatto l’insegnamento di san Paolo dalla Rivelazione con l’argomento singolare che egli dettava norme e concetti validi solo per il proprio tempo!


Ciò che la propaganda omofila vuole insinuare a proposito dei Vangeli, è parimenti assurdo: non avendovi il Cristo mai nominato esplicitamente l’omosessualità, non la si dov­rebbe ritener da Lui condannata! La fornicazione e l’adulterio li ha con­dannati apertamente mentre la sodomia e affini (che sono fornicazione contro natura) li avrebbe invece assolti con il suo (supposto) silenzio? Ma ci rendiamo conto delle castronerie che vengono oggi propinate alle masse, peraltro ben felici di esser ingannate, a quanto pare?
Dove si trova, nei Vangeli, la condanna dell’omosessualità da parte di Nostro Signore? In maniera diretta tutte le volte che Egli porta ad esempio il destino toccato a Sodoma come condanna esemplare del peccato; in maniera indiretta in un passo nel quale elenca i vizi e peccati che ci mandano in perdizione.
1. La distruzione di Sodoma e Gomorra citata tre volte da Gesù come esempio di punizione esemplare di chi si ostina nel peccato: Mt 10, 15; 11, 24; Lc 10, 12; 17, 29.
Vangelo di san Matteo

Nel dare le istruzioni ai Dodici Apostoli mandati per la prima volta a predi­care e convertire i peccatori, il Verbo incarnato disse, a proposito di coloro che si fossero rifiutati di riceverli o ascoltarli:
“In verità vi dico: nel giorno del Giudizio il paese di Sodoma e Gomorra sarà trattato meno severamente di quella città” (Mt 10, 15).
Il concetto fu da Lui ribadito poco dopo. Di fronte ai discepoli di Giovanni Bat­tista, Egli fece l’elogio del Battista per passare poi a rampognare l’incredulità di “questa generazione”, concludendo con un durissimo rimprovero alle città im­penitenti, che non avevano voluto pentirsi, nonostante i miracoli che Egli vi aveva fatto.
“Guai a te, Corazin! Guai a te, Betsaida! Perchè se a Tiro e a Sidone fossero avvenuti i miracoli compiuti in mezzo a voi, già da gran tempo avrebbero fatto penitenza cinti di cilicio e ricoperti di cenere. Perciò vi dico: nel giorno del Giudizio Tiro e Sidone sarano trattate meno severamente di voi. E tu Cafarnao, sarai esaltata sino al cielo? Tu discenderai all’inferno: perchè se in Sodoma fossero avvenuti i miracoli operati in te, oggi ancora sussisterebbe. E però vi dico, che nel giorno del giudizio il paese di Sodoma sarà trattato meno dura­mente di te” (Mt 11, 21-24).
Il parallelo con le antiche città pagane ha lo scopo di mettere nel massimo rilievo la gravità del peccato delle città ebraiche, che avevano rifiutato la “conversione” pur avendo visto i miracoli operati da Nostro Signore. Avevano peccato nella fede, contro lo Spirito Santo, possiamo dire. Tiro, Sidone, Sodoma, Gomorra erano diventate per gli Ebrei simboli della corruzione del mondo pagano, privo del vero Dio e nell’ignoranza della Salvezza. Ma questo non si poteva dire de­gli Ebrei, ragion per cui il loro peccato era più grave: più grave degli abomini carnali dei pagani era la loro incredi­bile mancanza di fede.
Per quanto riguarda Sodoma e il suo particolare peccato: nel giorno del Giudizio essa sarà trattata “meno duramente” delle città ebraiche impenitenti ma non sarà certamente assolta. Anzi, proprio la condanna di Sodoma serve da punto di riferimento, da metro di giudizio per determinare la gravità di un peccato e quindi per affermare che l’incredulità degli Ebrei è addirittura più grave di un peccato così grave come quello di Sodoma e Gomorra, di “Tiro e Sidone” in quanto ad esso assimilabile: la corruzione dei costumi spinta sino alla ribellione contro la legge naturale stabilita da Dio, in odio a Dio.

Il carattere esemplare del peccato e della condanna di Sodoma erano già ben presenti nella tradizione profetica. Li ritroviamo nel libro di Ezechiele.

Dio ammonisce Israele per i suoi tradimenti e le sue “abominazioni idolatriche”, tramite la voce dei Profeti. Nel libro di Ezechiele già compare il parallelo tra le colpe di Ge­rusalemme e quelle dei pagani, utilizzato anche da Nostro Si­gnore: le colpe di Gerusalemme verso Dio sono più gravi di quelle dei pagani, pur di per sé gravissime. Gerusalemme ha, infatti, avuto la Rivelazione, al contrario dei pagani.
“Com’è vero che io vivo, dice il Signore Dio, tua sorella Sodoma e le sue figlie [le città dipendenti] non furono sì perverse come te e le figlie tue. Ecco, questa fu la colpa di Sodoma, tua sorella e delle sue figlie: superbia, sovrabbondanza di cibo e pigrizia: non aiutavano il povero e l’indigente; ma insuperbirono e fe­cero ciò ch’è abominevole davanti a me: per questo io le distrussi non appena vidi la loro condotta” (Ez 16, 48-50).
Sodoma è rappresentata qui dal profeta come “sorella” nella colpa di Ge­rusalemme, “adultera” nella fede. La punizione di Sodoma sarà anche quella di Gerusalemme colpevole, ed anzi ancor più colpevole; sarà la punizione inferta alle “adultere e omicide” (ivi, 38). Il profeta, ispirato da Dio, descrive la colpa di Sodoma: la superbia innanzitutto, nutrita dal benessere materiale, che comportava pigrizia e disprezzo per “il povero e l’indigente”. L’ozio prodotto dal benessere è il padre dei vizi, come si suol dire. E alla base della ribellione contro la legge divina e naturale nei rapporti sessuali c’è la superbia e la mancanza di giustizia: “insuper­birono e fecero ciò ch’è abominevole davanti a me”. Un gran benessere materiale, il narcisismo e la superbia all’origine dell’omosessualità. Dal narcisismo e dalla superbia la ribellione contro Dio e le sue leggi. Tutto ciò lo vediamo riprodursi oggi, nelle nostre sventurate società, e in molti casi con la complicità dello Stato.
Vangelo di san Luca
Luca riporta l’invettiva di cui a Mt 11, 21-24, in modo quasi identico, aggiungendovi un illuminante commento del Signore stesso.
“Io vi dico che, nel gran giorno [del Giudizio], Sodoma sarà trattata meno rigorosamente di quella città [dove non vi avranno accolti]. Guai a te , Corazin!, guai a te, Betsaida! […] E tu Cafarnao, sarai forse elevata fino al cielo? Tu sarai precipitata sino all’inferno! Chi ascolta voi, ascolta me, e chi disprezza voi, disprezza me. Chi disprezza me, disprezza colui che mi ha mandato” (Lc 10, 12-15).
Ma Nostro Signore nominò di nuovo Sodoma nelle profezie sugli ultimi tempi, che avrebbero visto il ritorno del Figlio dell’uomo, predetto quale avvenimento improvviso e fulminante, che non avrebbe lasciato scampo a nessuno.
“E come avvenne al tempo di Noè, così avverrà al tempo del Figlio dell’uomo: mangiavano e bevevano, si sposavano e facevano sposare i propri figliuoli, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca; ma venne il diluvio e li fece tutti perire. Altrettanto avvenne al tempo di Lot: mangiavano e bevevano, compravano e vendevano, piantavano e costruivano; ma il giorno in cui Lot uscì da Sodoma, Dio fece piovere fuoco e zolfo dal cielo e fece perire tutti”. (Lc 17, 26-29).
Continuando nella profezia, Nostro Signore aggiunse:
“Lo stesso avverrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo dovrà apparire”. In quel giorno nessuno dovrà voltarsi indietro, non gli sarà consentito: “Ricordatevi della moglie di Lot! Chi cercherà di salvare la sua vita, la perderà; e chi la perderà, la conserverà” (ivi, 30-32).
Il Diluvio e la fine di Sodoma sono dunque proposti più volte da Nostro Signore quali esem­pi della giustizia divina, esempi classici, si potrebbe dire, nella cultura e nella mentalità ebraiche. Ciò significa che Egli approvava quelle condanne e quei castighi; riteneva giusto che l’umanità fosse punita per i suoi peccati nel modo che Dio ritenesse opportuno, a seconda della loro gravità. Riteneva quindi giusto che il peccato contro natura dei sodomiti fosse stato punito col fuoco e lo zolfo caduti subitaneamente dal cielo. Si noti la sfumatura: ricorda che al tempo di Noè gli uomini, tra le altre cose, “si sposavano e facevano sposare i propri figli”; al tempo di Lot invece, cioè a Sodoma e Gomorra, tra le loro molteplici attività (“piantavano e costruivano”) mancava ovviamente il costruir famiglie, lo sposarsi e far figli secondo natura, realtà dalle quali i sodomiti (omosessuali e lesbiche) si escludono a priori, perché da loro detestate.

Riscontrato tutto ciò sui Sacri Testi, come si fa a dire che Gesù non ha mai parlato dell’omosessualità e quindi non l’ha (per ciò stesso) mai condannata? Nella più perfetta tradizione ebraica, ha portato o no più volte a monito, approvan­dola, la condanna di Sodoma quale esempio di condanna divina esemplare dei peccati gravi e ostinati di un’intera comunità? E ciò non basta a dimostrare che Egli ha condannato l’omosessualità e la conseguente falsità radicale della tesi degli omofili? Che altro doveva dire? Aveva forse bisogno di fare tanti discorsi per condannare il peccato e un peccato come quello? Invece di cercare di falsare il senso autentico delle Sacre Scritture, i propagandisti e sostenitori a vario livello della presente, terrificante deriva omosessualista (attivi purtroppo anche nella Gerarchia!), non farebbero meglio a meditare le parole stesse di Nostro Signore sul giusto castigo di Sodoma sventurata? Sembrava ai depravati che tutto dovesse continuare in eterno come prima, immersi nel benessere, nelle loro intense attività e nei loro vizi, ma improvvisamente un giorno, “il giorno in cui Lot uscì da Sodoma, Dio fece piovere fuoco e zolfo dal cielo e fece perire tutti”. Senza preavviso fece perire tutti di una morte orribile, tutti inceneriti in un batter d’occhio, come i poveri giapponesi a Hiroshima e Nagasaki, peraltro vittime innocenti della crudeltà della guerra. Anzi, peggio, perché in Giappone ci furono dei superstiti e la vita è tornata nelle città ricostruite. A Sodoma e Gomorra, invece, non si è salvato nessuno e il luogo, inizialmente fertilissimo, è da allora un tetro e spettrale deserto di sale, acqua salmastra e bitume. Se si continuerà ad offendere gravemente Dio, come a Sodoma, andrà a finire anche per noi come a Sodoma, quale che sia la forma specifica del castigo, se l’acqua o il fuoco o la terra, che si spalancherà sotto di noi.
2. L’omosessualità deve ritenersi inclusa da Gesù nella condanna di tutte le “fornicazioni” .
Polemizzando contro il legalismo dei Farisei e la loro ossessione con le purificazioni rituali, Gesù dissse ai discepoli, che ancora non avevano afferrato adeguatamente il concetto:
“Non capite che quanto entra per la bocca, passa nel ventre e va a finire nella latrina? Ma quel che esce dalla bocca viene dal cuore, ed è questo che contamina l’uomo; poiché dal cuore vengono i cattivi pensieri, gli omicidi, gli adulteri, le fornicazioni, i furti, le false testimonianze, le bestemmie: queste cose contaminano l’uomo, ma il mangiare senza lavarsi le mani non contamina l’uomo” (Mt 15, 17-20).
Egli distingue nettamente tra “adulteri” (adulteriamoichetai) e “fornicazioni” (fornicationes,porneiai).
L’adulterio è l’infedeltà coniugale. E le fornicazioni? Evidentemente, tutti i rapporti sessuali di persone non sposate. E quindi tutte le violazioni del Sesto Comandamento, secondo natura e contro natura che siano. Anche l’adulterio è “fornicazione”, però con aggiunto il peccato della violazione della fede coniugale. Nell’adulterio ci sono due peccati in un unico atto.
Potrebbero le “fornicazioni” qui menzionate dal Signore escludere quelle contro natura? Non potrebbero, evidentemente: per la natura stessa del concetto, tale da impedire di per sé simile eccezione. Inoltre, il termine porneia (scortatiofornicatio), che risale a Demostene ed è usato dai LXX, anche nel Nuovo Testamento indica “ogni uso illegittimo della venere, compreso l’adulterio e l’incesto. In Mt 15, 19 si distingue dalla moicheia ossia dall’adulterio. Vedi anche Mc 7, 21, [passo parallelo]”. E a riprova di tale impossibilità abbiamo l’evidente approvazione manifestata (tre volte) da Gesù per la condanna di Sodoma e Gomorra, rappresentate addirittura come esempio di grave peccato che merita di esser colpito anche in questo mondo dall’ira divina, con tutta la sua terribile potenza, quando un intero popolo vi si induri.

Lo scopo di quest’articolo è solo quello di ricordare la condanna evidente e manifesta del peccato di omosessualità da parte di Cristo, per sbarazzare il campo dalle falsità pullulanti sulla nostra religione e ristabilire il vero. Per completezza di documentazione, voglio ricordare che Sodoma e Gomorra sono rammentate anche nella Seconda Lettera di san Pietro, allo stesso modo di Nostro Signore e con ulteriori precisazioni, relative alla sopravvivenza e comunque alla salvezza dell’anima dei giusti che siano costretti a vivere in una società dominata dall’empietà.
“[…] se Dio condannò alla distruzione e ridusse in cenere le città di Sodoma e Gomorra, perché fossero di esempio a tutti gli empi futuri, e se liberò il giusto Lot, rattristato dalla condotta di quegli uomini senza freno nella loro disso­lutezza – poiché quest’uomo, pur abitando in mezzo a loro, si manteneva giu­sto di fronte a tutto quello che vedeva ed ascoltava, nonostante che tormen­tassero ogni giorno la sua anima retta con opere nefande – il Signore sa liberare dalla prova gli uomini pii e riserbare gli empi per esser puniti nel giorno del Giudizio, specialmente quelli che seguono la carne nei suoi desideri immondi e disprezzano l’autorità. Audaci e arroganti, essi non temono d’insultare le glorie dei cieli, mentre gli stessi angeli ribelli, pur essendo supe­riori a costoro per forza e potenza, tuttavia non osano portare contro di esse un giudizio ingiurioso davanti al Signore” (2 Pt 2, 6-11).

mercoledì 21 ottobre 2015

I fabbricatori di questa nave sono i miei angeli.

“La nave della Chiesa” – della Beata Elisabetta Canori Mora

Beata Elisabetta Canori Mora
(su Luci sull’Est) 639- Il dì 10 gennaio 1824 l’anima fu ammessa a parlare familiarmente con il suo Dio, trattenendosi per sua infinita bontà a parlare con la povera anima delle presenti circostanze della nostra santa religione cattolica e della santa Chiesa.

L’anima mia così pregava il suo Dio per i presenti bisogni della santa Chiesa: «Mio Dio», diceva l’anima, «quando sarà che io vi veda da tutti gli uomini onorato e glorificato come conviene? Ma, oh mio Dio, quanto sono pochi quelli che vi amano! oh quanto è mai grande il numero di quelli che vi disprezzano, mio Dio, che grande pena è questa per me! Credevo con questa nuova elezione di pontefice si fosse rinnovata la santa Chiesa, e che il Cristianesimo avesse a mutare costume; ma, per quanto vedo, camminano ancora nello stesso piede».
A questo mio affannoso parlare, Dio così mi rispose: «Figlia, non ti ricordi che io ti dissi che la nave era la stessa e che poco gioverebbe ai naviganti di questa nave l’aver cambiato il pilota?».
L’anima: «Ah sì, mio Dio, mi ricordo che, tre giorni dopo l’elezione di questo sommo pontefice Leone, mi faceste bene intendere che la serie delle persecuzioni non era per terminare. Mio Dio, se la nave sarà sempre la stessa, noi andremo sempre soggetti agli stessi mali! Ah Signore, metteteci riparo voi, fate una nave nuova, che ci conduca tutti al porto della beata eternità del paradiso! Sì, mio Dio, vi chiedo questa grazia, deh non me la negate, per i vostri infiniti meriti, mi avete promesso di esaudire le povere mie preghiere, deh, per vostra bontà, ascoltatemi dunque, che io vi prego per tutto il Cristianesimo: rimetteteci sul buon sentiero, ve ne prego, ve ne supplico, per il vostro sangue preziosissimo; deh fabbricate la nave di nostra sicurezza!».
Così mi intesi rispondere: «Figlia, prima di costruire questa nave, si devono recidere cinque alberi che sono in terra sopra le loro radici».
A questo parlare, l’anima mia molto si rattristò, pensando che vi fosse un lunghissimo tempo per formare questa nave. «Dunque», dicevo piangendo, «non basteranno due secoli per fabbricare questa nave! Mio Dio, che pena è questa per me, se Noè mise cento anni per fabbricare l’Arca, voi dunque, mio Dio, proseguirete ad essere offeso per tanto spazio di tempo? Io non ci posso pensare, mi sento venir meno dal dolore. Gesù mio, levatemi la vita, mentre non reggo a vedervi tanto offeso».
Piangevo dirottamente ed ero sopraffatta da grande afflizione di spirito; nel tempo che stavo in questa afflittiva situazione, così intesi parlarmi: «Rasserena il tuo spirito, rasciuga pure le tue lacrime. Sappi che questo non è un lavoro terrestre, come quello di Noè, ma un lavoro celeste, mentre i fabbricatori di questa nave sono i miei angeli. Rallègrati, o mia diletta figlia, e non ti rattristare! Il tempo è nelle mie mani, posso abbreviarlo quanto mi piace, prega, non ti stancare, non sarà tanto lungo quanto tu pensi».
L’anima così rispose: «Quanto mi rallegrate, mio Dio, col farmi sapere che vi compiacerete di abbreviare il tempo alle vostre misericordie, venga presto questo tempo benedetto, o mio Signore, che da tutti siate conosciuto, amato e adorato come conviene».
Fonte: “La mia vita nel cuore della Trinità” – diario della Beata Elisabetta Canori Mora – © Libreria Editrice Vaticana – pagg. 701-703.
AVE MARIA!

lunedì 18 agosto 2014

I TESORI DI CORNELIO A LAPIDE: Maria (III): 21. Maria centro di ogni cosa. 22. Maria oceano di grazie. 23. Maria è luce. 24. Prerogative di Maria. 25. Perfezioni di Maria. 26. Maria paragonata all'arca di Noè e all'arca dell'alleanza. 27. Maria paragonata al vello di Gedeone. 28. Maria paragonata al paradiso terrestre. 29. Amore di Maria. 30. Sapienza di Maria.

Ave Gratia Plena! Dominus Tecum!

I TESORI DI CORNELIO A LAPIDE: Maria (III)

21. Maria centro di ogni cosa.  
22. Maria oceano di grazie.  
23. Maria è luce.  
24. Prerogative di Maria.  
25. Perfezioni di Maria.  
26. Maria paragonata all'arca di Noè e all'arca dell'alleanza.  
27. Maria paragonata al vello di Gedeone.  
28. Maria paragonata al paradiso terrestre.  
29. Amore di Maria.  
30. Sapienza di Maria.



21. MARIA CENTRO DI OGNI COSA. - 

Maria si può chiamare in certo qual senso il centro del cielo e della terra, di Dio e quell'uomo... 
In lei e per lei, Dio, sovrana grandezza e fine di tutte le creature, si è unito alla terra e alla nostra umanità, allorché Maria diede un corpo al Verbo eterno e lo vestì di sua carne.
Risplende in ciò un mirabile lavoro della sapienza di Dio, la quale ha saputo con tanta finezza mettere la divinità in relazione con l'umanità, che la dignità infinita di Dio ha potuto unirsi all'umanità, senza che la divinità scemasse punto della sua gloria e maestà.


La divinità unita all'umanità in Maria e per Maria, è anche il centro a cui convergono tutte le perfezioni delle creature, tutte le prerogative e le qualità degli angeli e degli uomini, come anche le preghiere di questi ultimi, le loro prove e le loro tentazioni, affinché il Verbo incarnato li sostenga, li sollevi, li curi, li guarisca.




22. MARIA OCEANO DI GRAZIE. - 

«Io vi saluto, o piena di grazia, disse l'angelo a Maria, il Signore è con voi» - Ave, gratia plena, Dominus tecum (Luc. I, 28). In queste parole è manifestata la causa, l'origine, l'ampiezza, di quel mare di grazie che è Maria. «Maria è piena di grazia, scrive S. Bonaventura, perciò un oceano di grazie. Perciò, come tutti i fiumi mettono foce nel mare, così tutte le grazie che ebbero gli angeli, i patriarchi, i profeti, i martiri, gli apostoli, i confessori, le vergini, tutte fecero capo in Maria (Specul, c. II)». «La grazia di Maria, dice il Crisologo, ha dato gloria al cielo, un Dio alla terra, la fede alle genti, morte ai vizi, ordine alla vita, regola ai costumi (Serm. CXLIII)».

«Veramente piena di grazia è Maria, scrive S. Gerolamo. Nelle altre creature la grazia piove a stille, in Maria fu versata senza misura, poiché in lei discese, quantunque in differente modo, tutta la pienezza della grazia che si trova in Gesù Cristo (De Assumpt.)». È sentenza dei teologi, che Maria abbia ricevuto nel solo momento della sua immacolata concezione, una grazia più eccellente di quella dei più sublimi fra gli angeli... S. Gregorio non esita ad affermare che la prima grazia di Maria avanza tutte le grazie ricevute da tutti i santi insieme; perché tutte le grazie dei Santi furono a questi concesse perché divenissero santi, mentre la prima grazia concessa a Maria ebbe per scopo di procurare l'incarnazione del Santo dei Santi, Gesù Cristo (Serm. de Nativ. B. Virg.).

La grazia della Vergine andava ogni istante crescendo; ora essendo ella vissuta settantadue anni, possiamo da ciò calcolare il tesoro di grazie da lei accumulate... Maria è più cara e rende maggior gloria a Gesù Cristo lei sola, che tutti gli angeli e i santi insieme. Dobbiamo dunque dire con S. Cirillo: «Siate lodata, o santa madre di Dio, perché voi siete la gemma dell'universo, una lampada inestinguibile, la corona della verginità, lo scettro della fede ortodossa (Homil. Cont. Nestor.)». E col Crisostomo: «Io vi saluto, o Maria, madre, cielo, trono di Dio, onore, decoro e forza della Chiesa (Serm. de Deip.)». 

S. Efrem saluta Maria come l'unica speranza dei patriarchi, la gloria dei profeti, la voce degli apostoli, l'onore dei martiri, la gioia dei santi; la luce di Abramo, d'Isacco, di Giacobbe, la gloria di Aronne, lo splendore di Mosè, il vello di Gedeone; come colei che in sé racchiude le sante gerarchie, ed è, per la sua bellezza e l'incomparabile suo splendore, la corona dei vergini (Serm. de Laud. Virg.). 
«Ave, o Maria, piena di grazia, esclama S. Bernardo; voi siete cara a Dio, agli angeli, agli uomini; agli uomini per la vostra fecondità, agli angeli per la vostra verginità, a Dio per la vostra umiltà (Serm. III inter parvos)».

«L'Altissimo ha santificato il suo tabernacolo», canta il Salmista (Psalm. XLV, 4). Questo tabernacolo è Maria... Dio si è incarnato in lei... Della sostanza di lei, divenuta madre di Dio, è stato formato il corpo di Gesù Cristo: non sono questi titoli tali da attirare necessariamente su Maria, la pienezza di tutte le grazie e farne un oceano senza fondo e senza sponde?... In Gesù Cristo abita corporalmente, come dice l'Apostolo, la pienezza della divinità (Coloss. II, 9). Ma il corpo di Gesù appartiene a Maria; in essa adunque, possiamo dire che si trovi, in certo qual modo la pienezza della divinità. Diciamo dunque con S. Bonaventura, che siccome l'oceano raccoglie tutte le acque dei fiumi, così Maria riunisce in sé tutte le grazie (De Laud. Virg. c. VII).

I fiumi vanno al mare e vi mescolano le loro onde; Maria, fiume di grazie, si unisce al mare divino e con esso, diremo così, si perde. Chi è mai costei, domandano gli angeli, rapiti di ammirazione alla vista dell'immensità delle grazie che arricchiscono Maria, chi è costei che viene dal deserto del mondo, inebriata di delizie, abbracciata al suo diletto? (Cant. VIII, 5). «La vergine è il tesoro della vita, dice S. Giovanni Damasceno, abisso immenso di grazia (De Dormit. Virg. orat. II)». «Immensa chiama anche S. Efrem, la grazia della Vergine (Orat. de Laud. Virg.)»; e confessa che a chi provi fissarvi l'occhio, la mente non regge e la lingua balbetta (De Excell. Virgin.).

La grazia, in Maria, deve essere proporzionata alla dignità; ora la dignità di madre di Dio tocca quasi all'infinito; non sarà dunque immensa e infinita la grazia a lei data? «Ah! la misura della grazia che ha ricevuto Maria, esclama qui S. Lorenzo Giustiniani, è stata certamente grande, piena, straboccante (De B. Virg.)»; e tale a lei si doveva, dice S. Cipriano, in quanto è madre di Dio (Serm. de Nativ. Christi). 
E parlando S. Sofronio dell'immensa gloria e sublime altezza a cui fu elevata Maria in cielo, osserva che non c'è da farne le meraviglie, se si consideri com'essa ebbe già fin nell'esilio una grazia completa e sovrabbondante; perché se agli altri santi fu concessa con misura, su Maria fu versata a piena mano (Serm. de Assumpt.).

A questo proposito dice S. Bernardo: «La grazia di Maria fu immensa perché il Vangelo ci dice che ne fu piena. Un vaso immenso non può essere pieno, se non a patto che ciò che lo riempie sia immenso; ma immensissimo essendo il vaso di Maria, poiché fu capace di contenere colui che è più grande del cielo, immensa ne dovette anche essere la grazia. O Vergine quasi infinita sì, tu sei più estesa dei cieli, perché hai dato in te ricetto a colui a contenere il quale sono angusti i cieli; tu sei più ampia del mondo, perché chiudesti nelle tue viscere colui che tutto il mondo non basta a contenere. Ma se tanto grande fu il seno di Maria, che dire dell'anima sua! Se la sua capacità non ebbe misura, dobbiamo dire che smisurata fosse pure la grazia di cui fu empita (Specul. c. V). Tutti i fiumi delle grazie e dei carismi dei santi, dice il medesimo dottore, mettono foce in Maria. In lei sbocca il fiume della grazia degli angeli; in lei il fiume della grazia degli apostoli (Ib. c. III)», e così di seguito percorre tutta la gerarchia dei santi.

Tutti i santi padri concordemente affermano che la Beata Vergine, per ciò che è grazia e gloria, va immensamente innanzi a tutti gli angeli, a tutti i santi, ai cherubini, ai serafini; che nessuna creatura insomma le è uguale e solo il creatore le sta al di sopra... «A tutti, eccetto Dio, voi siete superiore (Orat. de Laud. Virg.)», le dice a nome della Chiesa S. Efrem. E sant'Alberto Magno, bisticciando sul nome di mare, lasciò scritto: «Dio chiamò mare la riunione di tutte le acque: chiamò Maria la riunione di tutte le grazie (Homil. sup. Missus est)».

Anche S. Bonaventura deriva n nome di Maria dal mare, per l'abbondanza delle grazie messe e quasi radunate in lei da Dio. Maria è la radice di lesse sul cui fiore si posava lo spirito di Dio; spirito di sapienza, d'intelligenza, di consiglio, di forza, di scienza, di pietà, di timor di Dio. Ella può, dunque, appropriarsi quelle parole del Savio: «Io sono celebre come il cedro del Libano, come la palma di Cades, come le rose di Gerico. Crebbi come robusto olivo in mezzo a fertile campagna, come rigoglioso platano piantato presso le acque. Ho sparso l'odore del cinnamomo e del balsamo, ho svaporato l'odore della mirra; il mio profumo è quello del balsamo senza mistura. Ho disteso i miei rami come un terebinto, e i miei rami producono onore e grazia; ho, come la vite, gettato fiori di delicatissimo odore e i miei fiori portano frutti di gloria e di ricchezza. Io sono la madre del bell'amore; in me ogni grazia per conoscere la via della verità; venite a me, voi tutti che siete presi di amore per me e saziatevi dei miei frutti... 
Coloro che di me si nutrono, hanno sempre fame; quelli che di me bevono hanno sempre sete. Chi ascolta me non avrà mai da arrossire e quelli che operano per mezzo di me, non peccheranno. Coloro che m'illustrano, avranno la vita eterna. Ecco il libro della vita, l'alleanza dell'Altissimo e la conoscenza della verità» (Eccli. XXIV, 17-32).




23. MARIA È LUCE. - 

Gesù Cristo è il sole del mondo spirituale. Maria ne è la luna... Come è dolce il raggio della luna, così la luce che viene da Maria è per la sua mitezza e soavità la più confacente e adatta alle pupille inferme. La luna splende nella notte; Maria rischiara le tenebre di cui coprono il mondo l'eresia, l'idolatria, il peccato. Quando la luna arriva alla sua pienezza, allora brilla in tutto n suo splendore; Maria, piena di grazia e di virtù, spande una luce veramente fulgida e celeste... I padri nostri avevano la luna non solamente come emblema di purità, ma anche come principio di fecondità: Maria, concepita senza colpa, ha partorito il Verbo di Dio senza appannamento del suo candore verginale.

Ella si può chiamare, con la Sapienza, «un'emanazione, un riflesso dello splendore dell'Onnipotente Dio; candore della luce eterna, specchio tersissimo della maestà di Dio. Infatti è più bella del sole e di ogni costellazione; se si paragona alla luce, essa la supera» (Sap. VII, 25, 26, 29). Di lei ancora profetava Tobia quando disse: «Di sfolgorante luce apparirai cinta» (TOB. XIII, 13).

Un grande prodigio si mostrò nel cielo, dice l'Apocalisse; fu veduta una donna vestita di sole, la luna sotto i piedi, una corona di dodici stelle in capo (XII, 1). «A tutta ragione, commenta qui S. Bernardo, Maria ci viene rappresentata vestita di sole; poiché immersa nella luce inaccessibile di Dio, ella ha penetrato, più profondo di quanto l'uomo possa immaginare, l'infinito abisso della sapienza divina (Serm. sup. Signum magn.)». E in altro luogo il medesimo dottore chiama Maria «la nobile stella di Giacobbe, il cui raggio rischiara tutto il mondo, splende nei cieli, penetra negli inferni; circonda la terra e scalda le anime; avviva le virtù, incenerisce i vizi (Homil. II sup. Missus est)». S. Cirillo chiama la madre di Dio «Lampada inestinguibile» (De B. Virg.). 

S. Giovanni Damasceno la chiama «porta della vita, fonte di luce» (Orat. de Nativ. Virg.). Io vi saluto, o Vergine santa, esclama S. Epifanio, madre della luce eterna, di quella luce che nel cielo illumina la moltitudine degli angeli, riempie l'occhio incomprensibile dei serafini, dà al sole il suo splendido fuoco, fuga le tenebre del mondo e gl'inspira la fede nella Trinità; vi saluto, o madre di colui che disse: Io sono la luce del mondo; e poi ancora: lo che sono la luce venni nel mondo; io vi saluto, madre della luce che ascese al cielo e che rischiara il cielo e la terra. Maria ha i sette lumi dello Spirito Santo, che sono i suoi sette doni (Serm. de laud. Virg.). E Crisippo: Io vi saluto, sorgente della luce che illumina tutti gli uomini; vi saluto, aurora di quel sole che non conoscerà mai tramonto (Orat. in Deipar.).

Maria, dice S. Ildefonso, è vocabolo ebraico che significa Sterza del mare. Maria è la stella da cui partì il raggio che illumina il mondo intero. Avvicinatevi dunque a questa Vergine, lodatela e voi sarete illuminati; perché a lei andiamo debitori se la vera luce splende sul mare di questo secolo (Serm. I de Assumpt.). Perciò la Chiesa dà nelle litanie lauretane all'immacolata Donna n titolo di Stella Mattutina. Titolo già applicatole da S. Efrem il quale così la salutava: «Ave, stella del mattino, astro splendentissimo dal quale uscì Cristo» (Serm. de laud. Virg.).

Commentando quelle parole dei Cantici, «bella come il sole» (VI, 9), S. Pier Damiani dice: «Talmente luminoso è il sole, che eclissa in modo da non lasciarne scorgere vestigio, la luce degli astri e della luna; similmente Maria, aurora del vero sole di giustizia. Iddio risplende di questa luce inaccessibile e oscura lo splendore degli spiriti celesti; talmente che sono innanzi alla loro regina come se non fossero e il loro fulgore tace affatto in confronto a quello di Maria» (Serm. de Assumpt.). Maria è un sole splendente di meriti che sfolgora dovunque i raggi di sublimi esempi... «Maria, continua il medesimo santo, è opera scelta e singolare come il sole, perché siccome questo illumina esso solo il mondo tutto, così Maria rischiara essa sola, con ben più viva luce, gli angeli e gli uomini (Serm. de Assump.)». 

S. Fulgenzio osserva che «con dare alla luce il Verbo divino, Maria divenne come finestra del cielo, dalla quale Dio versò su tutti i secoli la vera luce (Serm. De laud. Virg.)».



24. PREROGATIVE DI MARIA. 

- Per concorde sentimento dei padri, quella donna che l'Apocalisse dice essere comparsa nel cielo come inusitata meteora, vestita di sole, poggiata su la luna e incoronata di stelle (Apoc. XI, 1), raffigura la Beata Vergine, nel cui diadema scintillano, secondo S. Bernardo, come altrettante stelle, dodici prerogative: 1° un singolare splendore della sua concezione immacolata...; 2° Il saluto fattole dall'angelo...; 3. la discesa dello Spirito Santo in lei...; 4° l'ineffabile concepimento del Verbo...; 5° l'essere stata la primizia delle vergini...; 6° l'essere divenuta feconda, rimanendo vergine...; 7° il non avere provato i travagli della gravidanza...; 8° l'avere partorito senza dolore...; 9° l'essere modello di pudore...; 10° esemplare di umiltà...; 11° esempio di magnanima fede...; 12° forma dei martiri di cuore (Serm. sup. Signum magnum).

«Glorioso privilegio della gloria di Maria, scrive S. Bonaventura, è di essere la più elevata in gloria, dopo Dio. Glorioso privilegio della gloria di Maria, è che quanto vi è di più bello, di più dolce, di più giocondo nella gloria, dopo Iddio, è Maria, è in Maria, è per Maria. 
Gloriosissimo privilegio della gloria di Maria, è che la nostra più grande gloria, la nostra più grande gioia, ci vengono, dopo Dio, da Maria (Specul. c. VII)». 
Ecco perché S. Bernardo esclama: «Dopo la visione di Dio, il sommo della gloria sta nel vedere voi, Maria» - Summa gloria est, o Maria, post Dominum, te videre (Serm. in Cantic.).

Anche nell'elezione divina, la madre non è stata separata dal figlio, dice Suarez (De B. Virg.). Essa è stata predestinata: 
1° ad essere la prima e la più perfetta delle opere di Dio; 
2° ad essere la forma di santità, su la quale Dio foggerebbe gli angeli, gli apostoli, i martiri, i vergini, i confessori, in generale tutti i santi; avendo Iddio predestinato Maria, predestinò per lei e dietro a lei tutti i santi...; 
3° a godere il privilegio di essere la più elevata in grazia, in gloria, in santità, in potenza, come destinata, fin dal principio dei secoli, ad essere la signora e la regina di tutte le creature; 
4° a divenire la primizia delle opere divine. Nei frutti eletti che altre volte si offrivano al Signore, si tenevano come a lui offerti e santificati tutti i frutti; così la terra offre a Dio la Vergine Maria come primizia della natura umana, affinché per mezzo di questa Vergine benedetta, tutti gli uomini e la natura intera in certo modo siano offerti a Dio, purificati e santificati.

«Molte donne cumularono tesori, ma voi le avete sopravanzate tutte» (Prov. XXXI, 29). 
Maria infatti di tanto supera tutte le creature, di quanto la luce del sole supera ogni altra luce. Al comparire del sole, tutti gli altri astri ammutoliscono quasi per rendergli omaggio; il suo splendore eclissa ogni altro fulgore. Così è di Maria... «Ella ha fatto, dice il Nazianzeno, tutte le sue azioni e ciascuna di loro in modo così perfetto, che una sola basterebbe a santificare tutti gli uomini (Serm. de Nativ.)».

«La Santissima Vergine, scrive S. Bernardo, che concepì, partorì ed allattò il Salvatore del mondo, gli stette continuamente ai fianchi; l'accompagnò in tutti i suoi passi; meglio che qualunque altro ne raccolse le parole e i fatti. 
Ella sola comprendeva le opere insigni del Salvatore, le stupende meraviglie della Sua predicazione, le sue parole forti e soavi, la sua severità divina contro il mondo corrotto ed orgoglioso, contro il peccato, contro il principe dell'inferno; ella sola fu testimonio assiduo di tutti questi fatti; essa li vide nel loro vero aspetto; ne studiò più attentamente il senso, lo comprese meglio e lo scolpì più profondamente nella memoria; ella impresse nello spirito degli apostoli e dei discepoli quello che aveva udito e veduto; loro comunicò fedelmente e trasfuse nell'intimo del cuore tutto ciò che sapeva del Verbo. 
Questo appunto vuole significare il Vangelo quando dice che Maria custodiva e confrontava nel suo cuore tutto quello che udiva e vedeva (Luc. II, 19). 
Ecco perché Salomone alludendo a lei; dice che sorpassò nell'accumulare tesori tutte le altre che si applicarono a questo (Prov. XXXI, 29). La madre del Figliuolo di Dio ebbe più di ogni altro l'intelligenza delle parabole, degli enimmi, delle cerimonie legali, delle azioni miracolose e delle parole del Redentore; essa le accolse con più salda fede, essa diede loro una più esatta e intelligibile spiegazione» (Serm. in Cant.).

«Iddio, dice S. Bonaventura, aveva preparato a Maria non solamente i più eccellenti doni del cielo, ma glieli aveva anche dati in tutta l'ampiezza e abbondanza possibile; di maniera che né angelo né uomo alcuno, per quanto santo, non giunse mai ad avvicinarsi alla copia sovrabbondante di beni che fu in Maria, secondo quelle parole: Molte figlie si arricchirono, ma tu le hai avanzate tutte. Coloro che Maria ha sorpassato, sono i santi e le intelligenze celesti. E come mai non avrà ricchezze incomparabili colei che è la prima e la più perfetta delle vergini, che è il modello dei confessori, che splende tra i martiri, come rosa tra i fiori, che è la guida degli apostoli, l'oracolo dei profeti, la figlia dei patriarchi, la regina degli angeli? Quali tesori e prerogative avranno tutti costoro, che siano mancate a lei? Ah, non solamente le ha tutte radunate in se stessa, ma di gran lunga le supera!» (Specul. c. Il).

Per il solo suo consenso a divenire madre di Dio, Maria ha meritato, secondo il parere di S. Bernardo, l'estinzione totale del fuoco della concupiscenza e del peccato. Ha meritato l'impero sul mondo, la pienezza di tutte le grazie, di tutte le virtù, di tutti i doveri, di tutte le beatitudini, di tutti i frutti dello Spirito, l'intelligenza di tutte le scienze e di tutte le lingue, il dono della profezia, la conoscenza degli spiriti, la scienza delle virtù (Serm. LI).

Secondo S. Bonaventura, sono sette i grandi privilegi dati da Dio alla vergine Maria (Spec. c. VI e VII): 
1° S. Cirillo la chiama «forma di Dio» - forma Dei. - 
2° Il medesimo dottore la chiama «perla dell'universo» (Homil. Cont. Nestor.). 
3° S. Giovanni Damasceno l’intitola «immagine vivente di Dio» (Orat. I de Nativ. Virg.). 
4° S. Bernardo vede in lei l'opera intorno alla quale lavorarono tutti i secoli e verso la quale tengono fissa la pupilla gli spiriti celesti, le anime trattenute nel limbo, i figli di Adamo già nati e quelli che hanno ancora da nascere (Serm. II de Pentec). 
5° S. Ignazio la chiama «celeste prodigio e spettacolo santissimo» (Epl. I ad Ioann. Apost.). 6° S. Giovanni Crisologo, l'esalta come «la riunione di tutto ciò che costituisce la santità» (Serm. CXL VI). 
7° Finalmente Esichio, vescovo di Gerusalemme, la chiama «compimento universale della Trinità» (Homil. II de S. Maria); perché lo Spirito Santo la coperse della sua ombra, il Padre la colmò dei suoi doni, il Figlio abitò nel suo seno.

Poiché Maria è così grande per prerogative e privilegi, crederemo noi di oltrepassare la misura nell'onorarla, non ci studieremo anzi di crescere sempre più nella sua divozione? Non faremo a lei più frequente ricorso?



25. PERFEZIONI DI MARIA. - 

I Padri della Chiesa esaltano a gara le perfezioni di Maria. Udite S. Ildefonso: Come quello che ha fatto Maria è di una perfezione inarrivabile ed è impossibile a lingua umana esprimere i doni ch'ella ha ricevuto, non vi è mente che possa comprendere o apprezzare la sua ricompensa e la sua gloria (Sermde Assumpt.). «O santa, e più santa di tutti i santi e tesoro perfetto di ogni santità», esclama S. Andrea Cretese (In Vita). Essa infatti è, secondo S. Bernardo, «la viola dell'umiltà, il giglio della castità, la rosa della carità, il decoro e la gioia del paradiso (In Deprec. ad B. Virg.)».

Dio le ha comunicato tutta la sapienza, tutte le virtù, tutte le perfezioni che poteva darle, benché Dio sia onnipotente! Maria adunque è un abisso di bontà, di umiltà, di castità, di bellezza, di grazia, in una parola, di ogni virtù. E un pelago di miracoli (Orat. I de Nativ.), secondo la frase del Damasceno; ed è senza paragone più gloriosa dei serafini - secondo l'espressione del Crisostomo (Orat. de B. Virg.).

«O Vergine santa, esclama S. Ildefonso, sono in voi tante prerogative, quante sono le stelle nel cielo (De laud. Virg.)». «Se attentamente consideriamo Maria, dice S. Girolamo, nulla troviamo in essa che non risplenda di candore, di virtù, di bellezza, di gloria; siccome il Signore, infinitamente ricco, si trova in lei con tutti i suoi tesori, dobbiamo dire che è la più ricca e la più splendida dopo Dio; né si allontana dal vero chi afferma che ella supera, per la sua natura, per le grazie ricevute, per le sue perfezioni, e per la sua gloria, di tratto quasi infinito gli angeli e i santi» (Epist.).

Maria è lo specchio in cui si vedono tutte le perfezioni. Molte ne ebbero i santi, ma nessuno le ebbe tutte in grado eminente. In questi risplendono di più le une; in quelli le altre; in Maria splendono tutte della medesima luce vivissima... Ella possedette in sommo grado la forza eroica dei martiri, la purità dei vergini, lo zelo degli apostoli, la pazienza dei confessori, l'austerità degli anacoreti, l'umiltà, la povertà, l'obbedienza dei religiosi. Quanto il cielo sovrasta alla terra, tanto le perfezioni di Maria superano le perfezioni di tutti gli angeli e di tutti i santi insieme uniti. Come il capo, sede del sentimento e della ragione, principio del movimento delle altre membra è a loro superiore e vale di più esso solo che non tutto insieme il rimanente del corpo; così Maria vince in perfezione gli angeli e i santi. Essa è la loro testa, essa tutto governa, tutto istruisce, tutto sostiene...

Gesù è la perfezione incarnata e generata; Maria è la perfezione che concepisce e che genera... Fin dall'istante del suo immacolato concepimento, Maria fu più perfetta di tutti i santi insieme considerati al termine della loro vita piena di virtù e di opere sante. Essendo vissuta settantadue anni, ed avendo in ciascun istante della sua esistenza duplicato le sue perfezioni, giunse a tal grado di santità, che Dio solo può conoscere e comprendere...

«La mia dimora, dice ella medesima per bocca del Savio, è nella pienezza delle perfezioni di tutti i santi» (Eccli. XXIV, 16). 
Infatti, Maria ebbe:  la fede dei patriarchi, l'ispirazione dei profeti, lo zelo degli apostoli, la costanza dei martiri, la sobrietà dei confessori, la castità dei vergini, la fecondità delle spose, la purità degli angeli, la carità dei serafini. Maria possiede tutte le qualità e tutte le grazie che ciascun santo e tutti i santi insieme possedettero; e sono in essa non come uno o più fiumi, ma come un oceano... 
 Avendo Maria avuto la pienezza delle virtù di tutti i santi, per conseguenza ne deve pure avere la pienezza della gloria, di modo che vince in splendore, magnificenza e ricchezza la gloria di tutti i santi uniti insieme. Ma notate, dice S. Bonaventura (Speculo B. V.), che non solamente è in Maria la pienezza della gloria di tutti i santi, ma tutti i santi sono nella pienezza di Maria. Infatti la pienezza delle perfezioni di Maria, come già abbiamo notato altrove, comincia dal punto in cui termina la perfezione dei santi, si aumenta e non si arresta se non presso a Dio.

Maria è paragonata nella Scrittura al cedro del Libano
Ora: 1° il cedro cresce nei monti; Maria abita la vetta delle perfezioni. 
2° Il cedro s'innalza sempre diritto a grandissima altezza; Maria va diritto dalla terra al cielo.. 3° Il cedro è robusto e vigoroso; Maria è la forza e la vigoria personificata. 
4° Il cedro è incorruttibile; Maria è immacolata e senza neo. 
5° Il cedro è come immortale; Maria è immortale in tutto. 
6° Il cedro è odorifero; Maria empie il cielo e la terra del soave olezzo delle sue virtù. 
7° Il legno del cedro serve a uso di rimedio; Maria guarisce ogni sorta d'infermità e rende perfino la vita ai morti...

Maria è paragonata all'ulivo, perché: 1° l'ulivo è sempre verde; Maria è sempre vestita dei più ricchi e preziosi ornamenti delle virtù... 
2° L'ulivo è simbolo della misericordia; ora chi più misericordiosa di colei che è chiamata madre di misericordia? 
3° L'ulivo è simbolo della pace; e la pace viene a noi per mezzo di Maria, così abbondante come le acque di un fiume regale: chi possiede Maria, possiede la pace. 
4° L'ulivo è emblema di vittoria; per mezzo di Maria noi trionfiamo dei nostri nemici. 
5° L'ulivo è figura della dolcezza e della gioia; Maria è la madre amabile per la sua dolcezza, è la sorgente della vera gioia all'anima nostra. 
6° L'ulivo è segnale della speranza; in Maria poggia la speranza dei cristiani. 
7° L'ulivo rappresenta la forza, la saggezza, la castità; Maria possiede tutte queste virtù in grado quasi infinito e le procura a colui che gliele dimanda...

La Beata Vergine è ancora rassomigliata al cipresso, alla palma, alle rose di Gerico, al platano, al cinnamomo, alla mirra: perché il cipresso, simboleggia la rettitudine; la palma, la vittoria; la rosa, 1'olezzo della virtù; il cinnamomo, il profumo dei buoni esempi; la mirra, la mortificazione e la penitenza; il platano fornisce all'uomo la freschezza della sua ombra... Chi non vede come questi paragoni convengano mirabilmente a Maria?.. 

Per le creature, le virtù, le perfezioni della Vergine-Madre sono senza numero, senza peso e senza misura; Dio solo può numerarle, pesarle, misurarle.



26. MARIA PARAGONATA ALL'ARCA DI NOÈ E ALL'ARCA DELL'ALLEANZA.  

L'arca salvò dal diluvio Noè con la sua famiglia ed in essa il genere umana; Maria ha salvata il genere umano per mezzo di Gesù Cristo... L'arca di Noè galleggiava su quelle onde medesime in cui andava naufrago il mondo; Maria non fu mai toccata dalle acque limacciose della concupiscenza e del peccato... Quelli che si rifugiarono nell'arca di Noè furono scampati dalla morte; quelli che si rifugiano a Maria, non affogano nel diluvio delle passioni... il mondo fu ripopolato dalle persone rifugiate nell'arca; il paradiso è abitato dai fedeli servi di Maria...

«Il tempio di Dio venne aperto nei cieli, dice S. Giovanni nell'Apocalisse, e fu veduta in questo tempio l'arca dell'alleanza» (Apoc.. XI, 19). L'arca dell'alleanza veduta nel tempio di Dio è Maria... la quale ha con l'arca dell'alleanza, questi tratti di somiglianza: 

1° L'arca dell'alleanza era formata di un legno incorruttibile; Maria non fu mai tocca da corruzione di peccato... 
2° L'arca era tutta coperta al di dentro di lamine d'oro; Maria è interiormente tutt'oro purissimo, secondo la frase del Salmista: «Tutta la gloria della figlia del re viene dall'anima sua» (Psalm. XLIV, 13). 
3° Su l'arca si stendeva il propiziatorio; Maria è il rifugio di tutti, si porge propizia a chiunque l'invoca... 
4° Due cherubini coprivano con le loro ali l'arca; i cori degli angeli, fanno corona e sgabello e padiglione a Maria... 
5° Nell'arca conservavasi le tavole della legge; Maria è la legge vivente... 
6° Nell'arca stava riposta la verga fiorita di Aronne; e Maria ha generato il fiore di Iesse, il Salvatore del mondo. 
7° Nell'arca si conservava una porzione di manna; Maria è la madre, la custode del vero pane di vita, Gesù Cristo..

Anche S. Ambrogio esprime i punti di somiglianza tra l'arca dell'alleanza e la Beata Vergine Maria. 
L'arca, dice, conteneva le tavole della legge; Maria ha dato ricetto nel suo seno all'erede del Testamento. 
L'arca portava la legge, Maria portava il Vangelo.. 
Nell'arca si faceva intendere la voce di Dio; Maria ci ha data la parola e il Verbo di Dio. 
L'arca splendeva di oro purissimo; Maria splendeva all'interno e all'esterno dello splendore della verginità. 
Ma l'oro che ornava l'arca era cavato dalle viscere della terra, mentre l'oro di cui splendeva Maria, era tutto cavato dalle miniere del cielo.. Con ragione perciò la Chiesa invoca Maria sotto il titolo di Arca dell'alleanza: - Foederis arca (Homil. XIII).

«Quando voi vedrete l'arca dell'alleanza del Signore vostro Dio, disse Giosuè al popolo ebreo, levatevi e seguitela» (IOSUE. III, 3). Alla vista di Maria è nostro debito inchinarla, onorarla, testimoniarle il nostro rispetto e camminare su le sue vestigia. 
«Come vide l'arca, cantava il Salmista, il mare fuggì e si arrestò il Giordano» (Psalm. XIII, 3): la presenza di Maria mette in fuga i demoni, spaventa l'inferno... 
-Al Comparire dell'arca, le mura di Gerico si sfasciarono; al mostrarsi di Maria, le catene dei peccatori si spezzano... 
-L'arca rendeva vincitore il popolo di Dio; Maria ci assicura la vittoria su tutti i nostri nemici... -Oza toccò imprudentemente l'arca e cadde morto; chi disprezza Maria, vive e muore da miserabile... 
-Collocata nella casa di Obededom, l'arca le apportò fortuna; chi accoglie Maria, è ricolmo di grazie e di favori.



27. MARIA PARAGONATA AL VELLO DI GEDEONE. - 

Il vello di Gedeone ci presenta un altro simbolo di Maria e la rugiada che nel silenzio della notte lo bagna, indica la discesa del Verbo nelle caste viscere della santissima Vergine: incarnazione che, come la rugiada si compì nel segreto, in mezzo alla calma della solitudine, mediante la casta operazione del cielo, che produsse la fecondità e la vita, senza menomare l'illibata verginità di Maria, e senza cagionarle i dolori del parto. 

Il vello di Gedeone è il seno di Maria; l'umanità di Gesù Cristo, concepita in questo seno verginale e alla quale si unì ipostaticamente il Verbo, si può paragonare ad una rugiada celeste. Questa è la ragione per cui S. Ambrogio, S. Efrem ed altri padri invocano la Beata Vergine sotto il titolo di Vello di Gedeone. 

«Molto a proposito, dice S. Ambrogio, Maria è paragonata al vello di Gedeone; perché ella concepì il Signore in un modo che lo ricevette e ne fu tutta imbevuta come di soave rugiada, senza che la verginità sua ne abbia patito nessun danno» (Homil. XV). «Considerate il pensiero di Dio, scrive S. Bernardo, ravvisate il disegno della sua sapienza e del suo amore: prima d'inumidire tutta l'atmosfera, comincia col coprire di rugiada il vello; prima di riscattare il genere umano, ha messo tutto il prezzo di questa redenzione in Maria (In Lib. Iudic.).




28. MARIA PARAGONATA AL PARADISO TERRESTRE. - 

«Io ho detto: innaffierò il giardino delle mie frutta, bagnerò l'erba dei miei prati» (Eccli. XXIV, 42). Questo giardino è Maria... Chi l'innaffia è Dio... L'acqua di cui si serve, è la grazia che fu versata a torrenti in Maria.

Scrive l'abate Ruperto: «Ecco qua un nuovo giardino, un nuovo paradiso, nuove piantagioni fatte da colui che in altri tempi creò il paradiso terrestre. 

L'antico paradiso era terrestre; il nuovo che è Maria, è un paradiso celeste; uno solo però e il medesimo ne è il giardiniere, cioè Dio. 

Nell'Eden antico, collocò l'uomo che aveva creato; nel nuovo forma l'umanità di Colui che vive in lui da tutta l'eternità. 

Dal suolo del paradiso terrestre, Dio ha fatto sorgere ogni sorta di piante belle a vedersi e di frutti squisitissimi al gusto, vi ha posto nel mezzo l'albero della vita; benedisse quella terra e quelli che l'abitavano; Maria produce in abbondanza i deliziosi frutti delle virtù; essa è l'albero della vita, il cui frutto è Gesù incarnato nel quale sono benedette tutte le generazioni. 

Dal delizioso soggiorno dell'Eden, scaturiva una sorgente che dividendosi in quattro fiumi, lo irrigava tutto; da Maria, secondo paradiso, scaturì il fiume di cui parla il Salmista: Un fiume di gioia ha inondato la città di Dio, vero santuario dell'Altissimo (Psalm. XLV, 4). Questo fiume è Gesù Cristo che inonda di delizie Maria, vera città di Dio, vero santuario dell'Altissimo. Questo fiume si divide in quattro correnti per irrigare, fecondare, vivificare per mezzo di Maria, l'oriente, l'Occidente, il settentrione, il mezzogiorno. 

Con ragione dunque la Beata Vergine è chiamata da S. Gerolamo, da S. Pier Damiani e da altri dottori, infine dalla Chiesa medesima, Paradiso di delizie, che Dio ha riempito di tutte le ricchezze della grazia. Maria è un giardino nel quale Dio ha posto i più bei fiori e i più delicati frutti di tutte le virtù» (Lib. IV in Cantic.). 

Perdendo l'Eden, l'uomo ha perduto il paradiso celeste; per mezzo di Maria, secondo e nuovo Eden, rientra in possesso di quello che aveva perduto.




29. AMORE DI MARIA. - 

Per quell'ardentissimo amore che le infiammava la mente e il cuore, Maria sospirava dì e notte la redenzione degli uomini e la venuta del Messia. Per affrettare questa grazia delle grazie, ella non cessava mai di pregare, finché la ottenne. 

Voi avete trovato, o Maria, quello che cercavate, le dice S. Bernardo; voi avete ottenuto quello che nessuno aveva potuto ottenere prima di voi; voi avete trovato grazia presso Dio! e quale grazia? la pace dell'uomo con Dio, la distruzione della morte, la riparazione della vita (Homil. III sup. Missus est).

Maria afferma di sé, nei Cantici, che il suo diletto è tutto di lei, ed ella è tutta del suo diletto (Cant. II, 16); infatti, dice S. Ildefonso, «lo Spirito Santo si unisce e congiunge a Maria come il fuoco al ferro, e l'infiamma, la consuma, la trasforma in suo amore, talmente che altro più non si vede in lei se non le fiamme ardenti dello Spirito Santo ed altro ella non sente fuorché l'incendio dell'amore divino» (Serm. I de Assumpt.). 
Perciò la Chiesa applica alla Vergine Maria quelle parole della Sapienza: «Io sono la madre del bell'amore» (Eccli, XXIV, 24); e sotto questo grazioso titolo l'invoca.

L'amore di Maria verso Dio, supera quello degli angeli, dei cherubini, dei serafini... Oceano di carità e di amore è il suo cuore... Dio non ha giammai amato creatura nessuna, né tutte le creature insieme, di quell'amore con cui amò Maria; ma né creatura alcuna, né tutte le creature insieme non hanno mai amato Dio al pari di Maria. Essendo Maria padre e madre ad un tempo di Gesù, questi l'ha amata senza riservama appartenendo Gesù tutto interamente a Maria, anche questa ebbe per lui un amore senza pari... Il suo figlio apparteneva tutto a lei, ed essa apparteneva tutta al figliuol suo.



30. SAPIENZA DI MARIA. 

Eva, ingannata dalla sua insipienza, si lasciò trascinare a perdere il mondo; Maria, fatta prudente dalla sua saggezza, meritò di cooperare a ristorarlo e salvarlo... 
Eva fu spina avvelenata che punse Adamo, ne cagionò la morte e inoculò il veleno del peccato nelle viscere del genere umano; Maria, Vergine prudentissima e Sede della sapienza, come l'invoca la Chiesa , schiacciando la testa al serpente, gli fece rivomitare il veleno e preparò il rimedio per guarire la mortale ferita. 
Eva ci, ha trafitti lasciandoci nel cuore la lama; Maria ce l'ha strappata. 
Eva ascoltò il serpente e introdusse la morte nel mondo; Maria ascoltò l'angelo e ci ha ridonato la vita. 
Dando ascolto alla voce del serpente, Eva aprì l'adito del suo cuore al demonio; consentendo alle parola di Gabriele, Maria ricevette nel suo seno Gesù Cristo. 
Eva mangiò il frutto della morte e trasmise nel sangue dei suoi discendenti la morte; Maria si nutrì del frutto di vita e per mezzo di lei la vita tornò a circolare nelle vene degli uomini. 
La stoltezza di Eva rovinò ogni cosa; la sapienza di Maria ha riparato tutto.

«La malizia non riesce a vincere la sapienza», dice il Savio (Sap. VII, 30); e S. Bernardo fa questo commento: 
La malizia del serpente vinse e prostrò Adamo ed Eva, divenuti insipienti; ma Gesù e Maria arrestarono con la loro sapienza i disastrosi effetti dell'insensatezza dei nostri progenitori e della malizia del demonio. 
Che cosa dici mai, Adamo? La donna che mi avete dato a compagna mi porse del frutto di quell'albero ed io ne ho mangiato. Queste sono parole di malizia, le quali non diminuiscono, ma aggravano il vostro torto. Ma buon per voi che Eva è surrogata da un'altra donna, altrettanto più saggia, quanto quella fu più insensata; tanto più umile, quanto quella fu più orgogliosa. 
Piena di sapienza, ella ti porge, invece del frutto di morte, il frutto di vita; invece di un nutrimento amaro ed avvelenato, ti offre la dolcezza di un cibo eterna. Cambia dunque, o Adamo, le parole della tua colpevole scusa in parole di ringraziamento e di': La donna che mi avete dato, mi ha offerto il frutto dell'albero di vita, io ne ho mangiato e l'ho trovato più dolce del miele, perché per mezzo di esso mi avete dato la vita... La malizia del serpente ha ingannato Eva l'insensata... ma là appunto dove questa malizia parve vincere per un tempo, è stata vinta per l'eternità; perché la sapienza di Maria influisce su la nostr'anima e sul nostro corpo, affinché divenuti insensati per causa di una donna, diventiamo saggi per mezzo di un'altra donna (Homil. III sup. Missus).

Possiamo dire della Vergine Maria, che per la sapienza di lei ci furono aperti i tesori della grazia, ed essa sarà la vita e la grazia dell'anima nostra (Prov. III, 20, 22). Colei che doveva essere la madre della Sapienza increata, non poteva essere che sapienza e prudenza...