Capitolo 7
L'avarizia
L'avarizia (1) È la radice di tutti i mali [Prima Lettera a Timoteo 6,10] e nutre come maligni ramoscelli le rimanenti passioni e non
permette che inaridiscano quelle fiorite da essa (2).
Chi vuole recidere le passioni ne estirpi la
radice; se infatti poti per bene i rami e l'avarizia permane, non ti gioverà a nulla, perché essi,
nonostante siano stati recisi, subito fioriscono.
Il ricco monaco È come una nave troppo carica che
viene sommersa dall'impeto di un fortunale: come infatti una nave che imbarca acqua È messa alla
prova da ogni onda, così il ricco È sommerso dalle preoccupazioni.
Il monaco che nulla possiede È
invece un agile viaggiatore e trova dimora ovunque.
Egli È come l'aquila che vola in alto e scende
giù a cercare cibo quando vi È costretta.
È superiore ad ogni prova, se la ride del presente e si leva
in alto allontanandosi dalle cose terrene e accompagnandosi a quelle celesti: infatti ha ali leggere
mai appesantite dalle preoccupazioni.
Sopraggiunge l'oppressione ed egli lascia il luogo senza
dolore; la morte arriva e quegli se ne va con animo sereno: infatti l'anima non È stata legata da
vincolo terreno di sorta.
Chi invece molto possiede soggiace alle preoccupazioni e, come il cane, È
legato alla catena, e, se viene costretto ad andarsene, si porta dietro, come un grave peso e un'inutile
afflizione, i ricordi delle sue ricchezze, È punto dalla tristezza e, quando ci pensa, soffre molto, ha
perso le ricchezze e si tormenta nello scoramento.
E se arriva la morte abbandona miseramente i
suoi averi, rende l'anima, mentre l'occhio non tralascia gli affari; a malincuore viene trascinato via
come uno schiavo fuggiasco, si separa dal corpo e non si separa dai suoi interessi (3): poiché la
passione lo trattiene più di ciò che lo trascina via.
Capitolo 8
Il mare non si riempie mai del tutto pur ricevendo la gran massa d'acqua dei fiumi, allo stesso modo
il desiderio di ricchezze dell'avaro non È mai sazio, egli le raddoppia e subito desidera
quadruplicarle e non cessa mai questo raddoppio, finché la morte non mette fine a tale interminabile
premura (1).
Il monaco assennato baderà alle necessità del corpo e sopperirà con pane e acqua allo
stomaco indigente, non adulerà (2) i ricchi per il piacere del ventre, né asservirà la sua libera mente
a molti padroni: infatti le mani sono sempre sufficienti a servire il corpo e soddisfare le necessità
naturali.
Il monaco che non possiede nulla È un pugile che non può essere colpito in pieno e un
corridore veloce che raggiunge rapidamente il premio dell'invito celeste (3).
Il monaco ricco gioisce
per i molti proventi, mentre quello che non ha nulla gode per i premi che gli vengono dalle cose ben
riuscite.
Il monaco avaro lavora duramente mentre quello che non possiede nulla usa il tempo per la
preghiera e la lettura.
Il monaco avaro riempie d'oro i penetrali (4), mentre quello che nulla possiede
tesoreggia in cielo.
Che sia maledetto colui che foggia l'idolo e lo nasconde, simile a colui che È
affetto da avarizia: l'uno infatti si prostra di fronte al falso e all'inutile, l'altro porta in sé l'immagine
(5) della ricchezza, come un simulacro.
AMDG et DVM