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martedì 2 agosto 2016

S. Bernardo: Sermoni sul Cantico dei Cantici


SERMONE II
I. Primo bacio: il desiderio con cui i padri sospiravano il Cristo. II. Secondo bacio: unico e singolare il bacio dell’uomo Cristo Gesù. III. Terzo bacio: il mistero di Cristo rivelato agli antichi. IV. Quarto bacio: la presenza di Cristo rivelata nella carne. Il segno di Achaz.


I. 1. Molto spesso, pensando all’ardente desiderio dei padri che sospiravano la presenza di Cristo nella carne, mi compungo e mi confondo in me stesso. E ora stento a trattenere le lacrime, tanto ho vergogna della tiepidezza e del torpore di questi miserevoli tempi. Chi di noi prova tanto gaudio per il tempo di grazia in cui ci è dato di vivere quanto è stato il loro desiderio acceso dalla promessa di questo dono? Ecco, pensate un po’ quanti godranno in occasione del Natale che tra poco celebreremo. Ma magari godessero per la natività del Salvatore! Dunque, queste parole: Mi baci con il bacio della sua bocca (Cant 1,1) esprimono per me l’ardente desiderio e l’affetto della pia attesa di quegli antichi giusti. Presentivano infatti nel loro spirito tutti quelli che allora potevano essere spirituali quanta sarebbe stata la grazia diffusa sulle sue labbra. Per questo, esprimendo il profondo desiderio dell’anima, ognuno di essi diceva: Mi baci con il bacio della sua bocca, bramando con tutto il cuore di non venire escluso dal partecipare a tanta dolcezza.

2. Diceva infatti ogni perfetto: Non mi bastano le belle parole dei Profeti... Egli piuttosto, il più bello tra i figli dell’uomo, mi baci con il bacio della sua bocca. Non mi interessa più Mosè: egli è divenuto per me impacciato nel parlare. Le labbra di Isaia sono immonde, Geremia non sa parlare, perché è un bambino, e tutti i Profeti sono senza eloquenza. Parli Colui stesso di cui essi parlano, egli mi baci con il bacio della sua bocca. Non mi parli ormai più in essi e per essi, perché il loro linguaggio è come acqua oscura e nube tenebrosa; ma egli stesso mi baci con il bacio della sua bocca, egli, la cui graziosa presenza è la ammirabile dottrina che scorre dalla sua bocca diventi in me fonte di acqua che sale alla vita eterna. Non mi verrà infusa più abbondante grazia se Colui che il Padre unse con l’olio di esultanza a preferenza dei suoi compagni, egli stesso si degnerà di baciarmi con il bacio della sua bocca? La sua parola viva ed efficace è davvero un bacio per me, non una congiunzione delle labbra, che talora è una bugiarda espressione di pace degli animi, ma vera infusione di gaudio, rivelazione di segreti, una certa e in qualche modo indiscreta mescolanza del lume supremo e della mente illuminata. Aderendo infatti a Dio, l’anima forma con lui un solo spirito. Giustamente perciò ricuso i sogni e le visioni, non voglio figure ed enigmi, non apprezzo neppure le apparizioni degli angeli. Perché il mio Gesù li supera di molto per la sua bellezza e il suo splendore. Non altri dunque, sia angelo, sia domo, ma lui prego di baciarmi con il baciò della sua bocca.

II. In verità non presumo di venire baciato dalla bocca di lui: è questa unica felicità e singolare prerogativa dell’umanità assunta; ma più umilmente chiedo di essere baciato con il bacio della stia bocca, la quale cosa è comune a molti, che possono dire: Anche noi tutti abbiamo ricevuto dalla sua pienezza (Gv 1,16).

3. Comprendete. La bocca che bacia è, per noi, il Verbo che assume la natura umana; quella che riceve il bacio è la carne che viene assunta; il bacio poi che risulta da chi bacia e da chi è baciato è la persona stessa che riunisce in sé l’uno e l’altra, il Mediatore di Dio e degli uomini, l’uomo Cristo Gesù. Per questa ragione nessuno, dei Santi aveva la presunzione di dire: «Mi baci con la sua bocca», ma soltanto: con il bacio della sua bocca; riservando quella prerogativa all’umanità di Cristo a cui singolarmente e una volta per sempre la bocca del Verbo si impresse quando le si un corporalmente tutta la pienezza della Divinità. Felice bacio e stupenda e ammirabile degnazione in cui, non una bocca si imprime a un’altra bocca, ma Dio si unisce all’uomo. E mentre nel bacio umano la congiunzione delle labbra significa l’unione degli animi, qui l’unione delle due, nature associa l’umano al divino, pacificando le cose della terra con quelle del cielo. Egli infatti è la nostra pace che fa di entrambe una cosa sola (Ef 2,14). A questo santo bacio, pertanto, erano rivolti i sospiri dei santi del tempo antico, i quali riponevano in esso la loro giocondità e la loro esultanza e presentivano essere in lui nascosti i tesori tutti della sapienza e della scienza, e bramavano di ricevere anch’essi dalla pienezza di lui.

4. Sento che vi piace quello che sto dicendo; ma sentite anche un altro senso.

III. Non fu ignorato dai santi dell’Antico Testamento che Dio, anche prima della venuta del Salvatore nutriva a riguardo del genere umano pensieri di pace. Infatti non faceva nulla sulla terra che non lo rivelasse ai suoi servi, i Profeti. Questa parola, tuttavia, era cosa nascosta per molti. Poiché in quel tempo era rara la fede sulla terra, e molto tenue la speranza, anche in parecchi di coloro che aspettavano la redenzione di Israele. Quelli poi che prevedevano la venuta di Cristo nella carne, la annunciavano insieme con la pace che essa avrebbe portato. Perciò diceva uno di loro: E vi sarà pace nella nostra terra quando verrà (Mi 5,5). Anzi, annunciavano con ferma fiducia che per Lui gli uomini avrebbero ricuperato la grazia di Dio, come era stato loro rivelato. Questo riconobbe adempiuto ai suoi tempi il precursore del Signore, Giovanni, e ne rese testimonianza: La grazia e la verità ci sono venute per Gesù Cristo (Gv 1,17); e che questo sia vero lo sperimenta oggi tutto il popolo cristiano.

5. Del resto, mentre essi preannunciavano la pace, e tardando a venire l’autore della pace, tentennava la fede del popolo, mancando chi redimesse e salvasse. Pertanto si lagnavano gli uomini per il ritardo, perché colui che tante volte era stato annunziato come Principe della pace non venisse ancora, come aveva promesso per bocca dei suoi santi profeti d’un tempo, sospiravano il segno della promessa riconciliazione, che è il bacio, come se agli annunziatori della pace uno qualsiasi del popolo rispondesse: «Fino, a quando ci terrete sospesi? Da tempo predicate la pace, e la pace non viene; promettete i beni, ed ecco i guai. Ecco, già molte volte e in molte maniere gli angeli lo hanno annunziato ai padri, e i nostri padri lo hanno annunziato a noi dicendo: Pace, e non c’è pace (Ger 6,14). Se Dio mi vuole persuadere del benevolo disegno della sua volontà che tanto sovente mi ha promesso attraverso i suoi portavoce, ma non ha ancora mostrato, mi baci con il bacio della sua bocca, e così, con questo segno di pace mi faccia sicuro che ormai la pace c’è. Come infatti credere alle parole? Bisogna che esse siano confermate dai fatti. Dia prove Iddio della veridicità dei suoi profeti, se pure hanno parlato in nome suo, e venga egli stesso dietro di loro, come spesso ha promesso, perché senza di lui non possono fare nulla. Ha mandato il servo, ha preso il suo bastone, ma non c’era ancora né voce, né vita. Non sorgo, non risuscito, non mi scuoto dalla polvere, non respiro nella speranza, se non viene il profeta stesso e mi baci col bacio della sua bocca.

6. Qui bisogna considerare che colui che si presenta come mediatore presso Dio è il Figlio di Dio, è Dio stesso. E che cosa è l’uomo perché si manifesti a lui, o il figlio dell’uomo perché venga da lui considerato? Quale fiducia in me, perché io osi affidarmi a tanta maestà? Come posso, dico, io terra e cenere, presumere che Dio abbia cura di me? Egli, inoltre, ama suo Padre, ma di me non ha bisogno, non gli occorrono i miei beni. Di dove dunque mi risulterà che egli non sia nei miei riguardi un mediatore parziale? Ma se è vero, come dite, che Dio ha decretato di usare misericordia, e nutre ancora pensieri di compiacenza per me, stabilisca il testamento di pace, e faccia con me un patto sempiterno nel bacio della sua bocca. Per non rendere vane le parole della sua bocca, si annichilisca, umili se stesso, si chini e mibaci con il bacio della sua bocca. Affinché il mediatore non sia sospetto a nessuna delle parti, come conviene, il Figlio di Dio e Dio egli stesso si faccia uomo, si faccia figlio dell’uomo, e me ne dia la certezza con il bacio della sua bocca. Ricevo sicuro come mediatore di Dio il Figlio suo, che riconosco anche come mediatore mio. Ormai non mi sarà più affatto sospetto: è infatti mio fratello e mia carne. Penso che non potrà disprezzarmi, lui che ormai è osso delle mie ossa e carne della mia carne.

7. Così dunque l’antica inimicizia esigeva il bacio sacrosanto, vale a dire, il mistero dell’incarnazione del Verbo, dal momento che cominciava a venir meno la fede, stanca per la lunga e faticosa aspettativa, e il popolo infedele, vinto dal tedio, mormorava contro le promesse di Dio. Non è un’invenzione mia, anche voi ritrovate questo leggendo la Scrittura. Questo significavano quelle lamentevoli voci piene di mormorazione: Ordina, riordina, aspetta e riaspetta: un poco qui, un poco qui (Is 28,10). Di qui quelle suppliche piene di ansietà: ricompensa, Signore, coloro che sperano in Te, affinché i tuoi profeti siano trovati veritieri (Eccli 36,18); e ancora:Adempi le profezie fatte nel tuo nome (Eccli 36,17). Di qui quelle dolci e consolanti promesse: Ecco apparirà il Signore e non mentirà; se tarda a venire aspettalo, perché verrà e non tarderà (Ab 2,3). E ancora: Prossimo è il tempo della sua venuta; ancora: Vicino a venire è il suo tempo e i suoi giorni non sono remoti (Is 14,1), e nella persona del promesso: Ecco io faccio scorrere verso di voi come un fiume la pace, e come un torrente in piena la ricchezza dei popoli (Is 66,12).
Da queste parole appare chiaramente sia l’istanza di coloro che a nome di Dio predicevano, sia la diffidenza dei popoli. E così la gente mormorava, e la fede tentennava e, secondo il vaticinio di Isaia gli annunciatori della pace amaramente piangevano (Is 33,7). Perché dunque tutto il genere umano, tardando a venire Cristo, non perisse per la disperazione, nel sospetto che l’inferma mortalità venisse tenuta in dispregio, e diffidasse ormai della grazia della sua riconciliazione con Dio, tante volte promessa, i santi, che erano certi dello spirito, bramavano la certezza che doveva venire dalla presenza della carne, e per i pusillanimi e gli increduli sollecitavano istantissimamente il segno del ristabilimento della pace.

8. O radice di Jesse, che stai come segno dei popoli, quanti re e profeti ti hanno voluto vedere e non ti videro!

IV. Ma felice tra tutti Simeone, che nella sua vecchiaia vide la grande misericordia! Egli invero bramava di vedere il segno tanto desiderato: lo vide, e ne fu pieno di gaudio; e, avendo ricevuto il bacio di pace, fu lasciato andare in pace, profetando tuttavia prima apertamente che Gesù era nato come segno a cui si sarebbe contraddetto... E fu così davvero. Fu segno di contraddizione, ma da parte di coloro che odiano la pace: poiché pace è per gli uomini di buona volontà, ai malvagi è pietra di scandalo e di inciampo; Erode (dice il Vangelo), si turbò, e tutta Gerusalemme insieme con lui: in realtà Egli venne tra la sua gente, ma i suoi non lo ricevettero (Gv 1,11). Felici quei pastori che vegliavano e che furono giudicati degni di vedere questo segno. Già allora (Gesù) si nascondeva ai sapienti e ai prudenti, e si manifestava ai piccoli. Anche Erode volle vederlo, ma non lo meritò, perché la sua volontà non era buona. Infatti, il segno della pace veniva dato solo agli uomini di buona volontà; a erode, invece, e ai suoi pari non sarà dato se non il segno del profeta Giona. E poi l’angelo soggiunge ai pastori: Questo sarà per voi il segno (Lc 2,12), per voi umili, per voi obbedienti, per voi che non pretendete di saperla lunga, per voi che vigilate e meditate giorno e notte nella legge del Signore, per voi questo sarà il segno. Quale? Quello che gli angeli promettevano, quello che i popoli cercavano, quello che i profeti avevano predetto, questo ha fatto ora il Signore Gesù, e lo ha mostrato a voi. In questo segno ricevano la fede gli increduli, la speranza i pusillanimi, i perfetti la sicurezza. Questo dunque per voi il segno. Segno di che cosa? Di indulgenza, di grazia, di pace, e di una pace che non avrà fine. Questo dunque il segno: Troverete un bambino avvolto in fasce e posto in una mangiatoia (Lc 2,12). Ma in quel bambino c’è Dio che riconcilia a sé il mondo. Morirà per i vostri peccati e risorgerà per la vostra santificazione, affinché, giustificati mediante la fede, siate in pace con Dio. Questo segno di pace era quello che il profeta proponeva al re Achaz di chiedere al Signore Dio suo, sia al di sopra nel cielo, sia nel profondo degli inferi. Ma l’empio re ricusò, non credendo, il misero, che in questo segno si sarebbero associate nella pace le cose infime alle superne, in quanto gli inferi avrebbero ricevuto anch’essi il segno di pace, salutati nel bacio santo allorché il Signore sarebbe disceso da loro, mentre gli spiriti superni avrebbero partecipato al medesimo, al ritorno di Cristo nel cielo.

9. Il discorso deve finire; per riassumere brevemente quanto abbiamo detto, appare chiaro che questo santo bacio è stato dato necessariamente al mondo per due ragioni: per sostenere la fede dei deboli, e soddisfare al desiderio dei perfetti; pertanto, questo bacio altro non è che il mediatore tra Dio e gli uomini, Gesù Cristo, che con il Padre e lo Spirito Santo vive e regna Dio per tutti i secoli dei secoli.
AMDG et BVM

martedì 9 settembre 2014

Primo, secondo, terzo e quarto Bacio


SERMONE II


I. Primo bacio: il desiderio con cui i padri sospiravano il Cristo. II. Secondo bacio: unico e singolare il bacio dell’uomo Cristo Gesù. III. Terzo bacio: il mistero di Cristo rivelato agli antichi. IV. Quarto bacio: la presenza di Cristo rivelata nella carne. Il segno di Achaz.


I. 1. Molto spesso, pensando all’ardente desiderio dei padri che sospiravano la presenza di Cristo nella carne, mi compungo e mi confondo in me stesso. E ora stento a trattenere le lacrime, tanto ho vergogna della tiepidezza e del torpore di questi miserevoli tempi. Chi di noi prova tanto gaudio per il tempo di grazia in cui ci è dato di vivere quanto è stato il loro desiderio acceso dalla promessa di questo dono? Ecco, pensate un po’ quanti godranno in occasione del Natale che tra poco celebreremo. Ma magari godessero per la natività del Salvatore! Dunque, queste parole: Mi baci con il bacio della sua bocca (Cant 1,1) esprimono per me l’ardente desiderio e l’affetto della pia attesa di quegli antichi giusti. Presentivano infatti nel loro spirito tutti quelli che allora potevano essere spirituali quanta sarebbe stata la grazia diffusa sulle sue labbra. Per questo, esprimendo il profondo desiderio dell’anima, ognuno di essi diceva: Mi baci con il bacio della sua bocca, bramando con tutto il cuore di non venire escluso dal partecipare a tanta dolcezza.

2. Diceva infatti ogni perfetto: Non mi bastano le belle parole dei Profeti... Egli piuttosto, il più bello tra i figli dell’uomo, mi baci con il bacio della sua bocca. Non mi interessa più Mosè: egli è divenuto per me impacciato nel parlare. Le labbra di Isaia sono immonde, Geremia non sa parlare, perché è un bambino, e tutti i Profeti sono senza eloquenza. Parli Colui stesso di cui essi parlano, egli mi baci con il bacio della sua bocca. Non mi parli ormai più in essi e per essi, perché il loro linguaggio è come acqua oscura e nube tenebrosa; ma egli stesso mi baci con il bacio della sua bocca, egli, la cui graziosa presenza è la ammirabile dottrina che scorre dalla sua bocca diventi in me fonte di acqua che sale alla vita eterna. Non mi verrà infusa più abbondante grazia se Colui che il Padre unse con l’olio di esultanza a preferenza dei suoi compagni, egli stesso si degnerà di baciarmi con il bacio della sua bocca? La sua parola viva ed efficace è davvero un bacio per me, non una congiunzione delle labbra, che talora è una bugiarda espressione di pace degli animi, ma vera infusione di gaudio, rivelazione di segreti, una certa e in qualche modo indiscreta mescolanza del lume supremo e della mente illuminata. Aderendo infatti a Dio, l’anima forma con lui un solo spirito. Giustamente perciò ricuso i sogni e le visioni, non voglio figure ed enigmi, non apprezzo neppure le apparizioni degli angeli. Perché il mio Gesù li supera di molto per la sua bellezza e il suo splendore. Non altri dunque, sia angelo, sia domo, ma lui prego di baciarmi con il baciò della sua bocca.

II. In verità non presumo di venire baciato dalla bocca di lui: è questa unica felicità e singolare prerogativa dell’umanità assunta; ma più umilmente chiedo di essere baciato con il bacio della stia bocca, la quale cosa è comune a molti, che possono dire: Anche noi tutti abbiamo ricevuto dalla sua pienezza (Gv 1,16).

3. Comprendete. La bocca che bacia è, per noi, il Verbo che assume la natura umana; quella che riceve il bacio è la carne che viene assunta; il bacio poi che risulta da chi bacia e da chi è baciato è la persona stessa che riunisce in sé l’uno e l’altra, il Mediatore di Dio e degli uomini, l’uomo Cristo Gesù. Per questa ragione nessuno, dei Santi aveva la presunzione di dire: «Mi baci con la sua bocca», ma soltanto: con il bacio della sua bocca; riservando quella prerogativa all’umanità di Cristo a cui singolarmente e una volta per sempre la bocca del Verbo si impresse quando le si un corporalmente tutta la pienezza della Divinità. Felice bacio e stupenda e ammirabile degnazione in cui, non una bocca si imprime a un’altra bocca, ma Dio si unisce all’uomo. E mentre nel bacio umano la congiunzione delle labbra significa l’unione degli animi, qui l’unione delle due, nature associa l’umano al divino, pacificando le cose della terra con quelle del cielo. Egli infatti è la nostra pace che fa di entrambe una cosa sola (Ef 2,14). A questo santo bacio, pertanto, erano rivolti i sospiri dei santi del tempo antico, i quali riponevano in esso la loro giocondità e la loro esultanza e presentivano essere in lui nascosti i tesori tutti della sapienza e della scienza, e bramavano di ricevere anch’essi dalla pienezza di lui.

4. Sento che vi piace quello che sto dicendo; ma sentite anche un altro senso.

III. Non fu ignorato dai santi dell’Antico Testamento che Dio, anche prima della venuta del Salvatore nutriva a riguardo del genere umano pensieri di pace. Infatti non faceva nulla sulla terra che non lo rivelasse ai suoi servi, i Profeti. Questa parola, tuttavia, era cosa nascosta per molti. Poiché in quel tempo era rara la fede sulla terra, e molto tenue la speranza, anche in parecchi di coloro che aspettavano la redenzione di Israele. Quelli poi che prevedevano la venuta di Cristo nella carne, la annunciavano insieme con la pace che essa avrebbe portato. Perciò diceva uno di loro: E vi sarà pace nella nostra terra quando verrà (Mi 5,5). Anzi, annunciavano con ferma fiducia che per Lui gli uomini avrebbero ricuperato la grazia di Dio, come era stato loro rivelato. Questo riconobbe adempiuto ai suoi tempi il precursore del Signore, Giovanni, e ne rese testimonianza: La grazia e la verità ci sono venute per Gesù Cristo (Gv 1,17); e che questo sia vero lo sperimenta oggi tutto il popolo cristiano.

5. Del resto, mentre essi preannunciavano la pace, e tardando a venire l’autore della pace, tentennava la fede del popolo, mancando chi redimesse e salvasse. Pertanto si lagnavano gli uomini per il ritardo, perché colui che tante volte era stato annunziato come Principe della pace non venisse ancora, come aveva promesso per bocca dei suoi santi profeti d’un tempo, sospiravano il segno della promessa riconciliazione, che è il bacio, come se agli annunziatori della pace uno qualsiasi del popolo rispondesse: «Fino, a quando ci terrete sospesi? Da tempo predicate la pace, e la pace non viene; promettete i beni, ed ecco i guai. Ecco, già molte volte e in molte maniere gli angeli lo hanno annunziato ai padri, e i nostri padri lo hanno annunziato a noi dicendo: Pace, e non c’è pace (Ger 6,14). Se Dio mi vuole persuadere del benevolo disegno della sua volontà che tanto sovente mi ha promesso attraverso i suoi portavoce, ma non ha ancora mostrato, mi baci con il bacio della sua bocca, e così, con questo segno di pace mi faccia sicuro che ormai la pace c’è. Come infatti credere alle parole? Bisogna che esse siano confermate dai fatti. Dia prove Iddio della veridicità dei suoi profeti, se pure hanno parlato in nome suo, e venga egli stesso dietro di loro, come spesso ha promesso, perché senza di lui non possono fare nulla. Ha mandato il servo, ha preso il suo bastone, ma non c’era ancora né voce, né vita. Non sorgo, non risuscito, non mi scuoto dalla polvere, non respiro nella speranza, se non viene il profeta stesso e mi baci col bacio della sua bocca.

6. Qui bisogna considerare che colui che si presenta come mediatore presso Dio è il Figlio di Dio, è Dio stesso. E che cosa è l’uomo perché si manifesti a lui, o il figlio dell’uomo perché venga da lui considerato? Quale fiducia in me, perché io osi affidarmi a tanta maestà? Come posso, dico, io terra e cenere, presumere che Dio abbia cura di me? Egli, inoltre, ama suo Padre, ma di me non ha bisogno, non gli occorrono i miei beni. Di dove dunque mi risulterà che egli non sia nei miei riguardi un mediatore parziale? Ma se è vero, come dite, che Dio ha decretato di usare misericordia, e nutre ancora pensieri di compiacenza per me, stabilisca il testamento di pace, e faccia con me un patto sempiterno nel bacio della sua bocca. Per non rendere vane le parole della sua bocca, si annichilisca, umili se stesso, si chini e mi baci con il bacio della sua bocca. Affinché il mediatore non sia sospetto a nessuna delle parti, come conviene, il Figlio di Dio e Dio egli stesso si faccia uomo, si faccia figlio dell’uomo, e me ne dia la certezza con il bacio della sua bocca. Ricevo sicuro come mediatore di Dio il Figlio suo, che riconosco anche come mediatore mio. Ormai non mi sarà più affatto sospetto: è infatti mio fratello e mia carne. Penso che non potrà disprezzarmi, lui che ormai è osso delle mie ossa e carne della mia carne.

7. Così dunque l’antica inimicizia esigeva il bacio sacrosanto, vale a dire, il mistero dell’incarnazione del Verbo, dal momento che cominciava a venir meno la fede, stanca per la lunga e faticosa aspettativa, e il popolo infedele, vinto dal tedio, mormorava contro le promesse di Dio. Non è un’invenzione mia, anche voi ritrovate questo leggendo la Scrittura. Questo significavano quelle lamentevoli voci piene di mormorazione: Ordina, riordina, aspetta e riaspetta: un poco qui, un poco qui (Is 28,10). Di qui quelle suppliche piene di ansietà: ricompensa, Signore, coloro che sperano in Te, affinché i tuoi profeti siano trovati veritieri (Eccli 36,18); e ancora: Adempi le profezie fatte nel tuo nome (Eccli 36,17). Di qui quelle dolci e consolanti promesse: Ecco apparirà il Signore e non mentirà; se tarda a venire aspettalo, perché verrà e non tarderà (Ab 2,3). E ancora: Prossimo è il tempo della sua venuta; ancora: Vicino a venire è il suo tempo e i suoi giorni non sono remoti (Is 14,1), e nella persona del promesso: Ecco io faccio scorrere verso di voi come un fiume la pace, e come un torrente in piena la ricchezza dei popoli (Is 66,12).
Da queste parole appare chiaramente sia l’istanza di coloro che a nome di Dio predicevano, sia la diffidenza dei popoli. E così la gente mormorava, e la fede tentennava e, secondo il vaticinio di Isaia gli annunciatori della pace amaramente piangevano (Is 33,7). Perché dunque tutto il genere umano, tardando a venire Cristo, non perisse per la disperazione, nel sospetto che l’inferma mortalità venisse tenuta in dispregio, e diffidasse ormai della grazia della sua riconciliazione con Dio, tante volte promessa, i santi, che erano certi dello spirito, bramavano la certezza che doveva venire dalla presenza della carne, e per i pusillanimi e gli increduli sollecitavano istantissimamente il segno del ristabilimento della pace.

8. O radice di Jesse, che stai come segno dei popoli, quanti re e profeti ti hanno voluto vedere e non ti videro!

IV. Ma felice tra tutti Simeone, che nella sua vecchiaia vide la grande misericordia! Egli invero bramava di vedere il segno tanto desiderato: lo vide, e ne fu pieno di gaudio; e, avendo ricevuto il bacio di pace, fu lasciato andare in pace, profetando tuttavia prima apertamente che Gesù era nato come segno a cui si sarebbe contraddetto... E fu così davvero. Fu segno di contraddizione, ma da parte di coloro che odiano la pace: poiché pace è per gli uomini di buona volontà, ai malvagi è pietra di scandalo e di inciampo; Erode (dice il Vangelo), si turbò, e tutta Gerusalemme insieme con lui: in realtà Egli venne tra la sua gente, ma i suoi non lo ricevettero (Gv 1,11). Felici quei pastori che vegliavano e che furono giudicati degni di vedere questo segno. Già allora (Gesù) si nascondeva ai sapienti e ai prudenti, e si manifestava ai piccoli. Anche Erode volle vederlo, ma non lo meritò, perché la sua volontà non era buona. Infatti, il segno della pace veniva dato solo agli uomini di buona volontà; a erode, invece, e ai suoi pari non sarà dato se non il segno del profeta Giona. E poi l’angelo soggiunge ai pastori: Questo sarà per voi il segno (Lc 2,12), per voi umili, per voi obbedienti, per voi che non pretendete di saperla lunga, per voi che vigilate e meditate giorno e notte nella legge del Signore, per voi questo sarà il segno. Quale? Quello che gli angeli promettevano, quello che i popoli cercavano, quello che i profeti avevano predetto, questo ha fatto ora il Signore Gesù, e lo ha mostrato a voi. In questo segno ricevano la fede gli increduli, la speranza i pusillanimi, i perfetti la sicurezza. Questo dunque per voi il segno. Segno di che cosa? Di indulgenza, di grazia, di pace, e di una pace che non avrà fine. Questo dunque il segno: Troverete un bambino avvolto in fasce e posto in una mangiatoia (Lc 2,12). Ma in quel bambino c’è Dio che riconcilia a sé il mondo. Morirà per i vostri peccati e risorgerà per la vostra santificazione, affinché, giustificati mediante la fede, siate in pace con Dio. Questo segno di pace era quello che il profeta proponeva al re Achaz di chiedere al Signore Dio suo, sia al di sopra nel cielo, sia nel profondo degli inferi. Ma l’empio re ricusò, non credendo, il misero, che in questo segno si sarebbero associate nella pace le cose infime alle superne, in quanto gli inferi avrebbero ricevuto anch’essi il segno di pace, salutati nel bacio santo allorché il Signore sarebbe disceso da loro, mentre gli spiriti superni avrebbero partecipato al medesimo, al ritorno di Cristo nel cielo.

9. Il discorso deve finire; per riassumere brevemente quanto abbiamo detto, appare chiaro che questo santo bacio è stato dato necessariamente al mondo per due ragioni: per sostenere la fede dei deboli, e soddisfare al desiderio dei perfetti; pertanto, questo bacio altro non è che il mediatore tra Dio e gli uomini, Gesù Cristo, che con il Padre e lo Spirito Santo vive e regna Dio per tutti i secoli dei secoli.





sabato 30 novembre 2013

San Bernardo di Chiaravalle: I SERMONE SUL CANTICO dei CANTICI


Bernardo di Chiaravalle


Sermoni sul Cantico dei Cantici


SERMONE I


I. Il Cantico, terzo pane dopo l’Ecclesiastico e le Parabole. II. Chi può gustare la santa lettura. III. L’inizio del Cantico dei Cantici. IV. Titolo del libro e varietà di cantici nella Scrittura. V. Cantici di quanti si convertono a Dio. VI. Un singolare cantico nuziale.


Il Cantico, terzo pane dopo l’Ecclesiastico e le Parabole. 

I. 1. A voi, fratelli, si devono dire cose diverse da quelle che si dicono agli altri (comuni cristiani), o per lo meno in modo diverso. A quelli, infatti, chi, nell’insegnamento segue il metodo dell’Apostolo, porge latte, e non cibo solido. Che poi agli uomini spirituali debbano somministrarsi cose più solide, lo indica ancora san Paolo con il suo esempio, dove dice: «Parliamo, non con parole dotte secondo l’umana sapienza, ma con un linguaggio suggerito dallo spirito, esprimendo cose spirituali in termini spirituali». E altrove: «Parliamo di sapienza tra i perfetti», e ho fiducia che voi siate tali, a meno che invano vi siate a lungo occupati nello studio delle cose celesti, invano abbiate lavorato a purificare i vostri sensi, meditando giorno e notte la legge del Signore. Pertanto, preparate la vostra bocca non al latte, ma al pane. E secondo Salomone è pane, il libro intitolato Cantico dei cantici, un pane splendido e saporito: venga servito, se vi piace, e sia spezzato per voi.

2. Dalle parole, infatti, dell’Ecclesiaste siete stati già istruiti, se non erro, a conoscere e disprezzare, con la grazia di Dio, le vanità di questo mondo. E che cosa dire delle Parabole? Non sono forse la vostra vita e i vostri costumi sufficientemente emendati e informati secondo la dottrina che esse contengono?
Ora dunque, dopo aver gustato questi due pani che avete ricevuto in prestito dalla madia dell’amico, accostatevi a questo terzo pane, che troverete migliore. Due, infatti, sono i mali che da soli o massimamente militano contro l’anima: l’amore delle vanità del mondo, e l’amore smodato di se stesso. Quei due libri offrono un rimedio a questa duplice peste: il primo troncando con il falcetto della disciplina tutti i superflui germogli della mala concupiscenza; l’altro scoprendo sagacemente con il lume della ragione in ogni gloria mondana il trucco (fuco) della vanità, e distinguendolo chiaramente dalla solida verità. Infine, a tutti gli umani studi e mondani desideri insegna a preferire il timore di Dio e l’osservanza dei suoi comandamenti. E giustamente. Poiché quello è veramente l’inizio della sapienza, l’altra ne è la consumazione, se veramente ci consta essere vera e consumata sapienza l’allontanarsi dal male senza il timore di Dio, né esservi affatto opera buona fuori dell’osservanza dei comandamenti.

3. Cacciati dunque i due mali con la lettura dei due libri (sopra citati), si è pronti ad accostarsi a questo sacro mistico sermone, che, essendo frutto di entrambi, non deve essere presentato se non a menti e orecchie pure.




Chi può gustare la santa lettura. 
II. Diversamente sarebbe un’indegna presunzione accingersi a questa lettura prima di aver domato la carne con un tirocinio ascetico e averla assoggettata allo spirito, prima di aver disprezzato e rigettato la pompa è la corruzione del secolo. A quel modo infatti che la luce splende invano davanti agli occhi ciechi o chiusi, così l’uomo carnale non percepisce le cose dello Spirito di Dio. Lo Spirito Santo, infatti, che insegna, rifugge dalla finzione, e tale è la vita incontinente; e neppure avrà mai parte con la vanità del mondo, essendo Spirito di verità. E che c’è di comune tra la sapienza che viene dall’alto e la sapienza del mondo, che è stoltezza presso Dio, o la sapienza della carne che è anch’essa nemica di Dio? Ma penso che quell’amico che ci è capitato in casa da un viaggio, non avrà da mormorare contro di noi quando si ciberà di questo terzo pane.

4. Ma chi lo spezzerà? C’è il padre di famiglia: riconoscete il Signore nell’atto di spezzare il pane. Chi altro ne sarebbe capace? Io, certamente, non sarei tanto temerario da arrogarmi tale compito. Guardate a me per non aspettare da me. Poiché anch’io sono uno di quelli che aspettano mendicando con voi il cibo per l’anima mia, il nutrimento dello spirito. In realtà, povero e bisognoso, busso alla porta di colui che apre, e nessuno chiude, (per chiedere lume) sul profondissimo mistero di questo scritto. Gli occhi di tutti sperano in Te, o Signore. I pargoli hanno chiesto pane: non c’è chi loro lo spezzi; lo chiediamo alla tua benignità. O piissimo, spezza agli affamati il tuo pane, spezzalo con le mie mani, se ti degni, ma con le tue forze.


 L’inizio del Cantico dei Cantici. 
III. 5. Spiegaci, di grazia, da chi, di chi e a chi viene detto: Mi baci con i baci della sua bocca (Cant 1,1). E che cosa vuol dire l’entrare così repentino e di colpo nel discorso. Prorompe infatti in quelle parole, come se la persona, chiunque sia, che implora il bacio rispondesse a un altro che aveva parlato prima. E poi, se chiede di essere baciata da non so chi, lo esige, perché specifica: con la bocca, e con la bocca sua, di lui, come se quelli che si baciano presentino qualche altra cosa e non la bocca, o una bocca altrui e non piuttosto la propria? Ma non dice neppure: mi baci con la sua bocca, ma insinua qualche cosa di più: Mi baci, dice, con il bacio della sua bocca. Dolce discorso questo che comincia con un bacio, e allettante la forma di questa Scrittura che colpisce e invita alla lettura, sicché diventa piacevole investigare, anche se con fatica, mentre la soavità del discorso non lascia sentire l’eventuale difficoltà della ricerca. E veramente, chi non sarebbe reso attento da questo inizio senza inizio e dalla novità dell’espressione nel libro antico? Di qui si vede come questo non sia frutto di umano ingegno, ma composto dall’arte dello Spirito in modo tale che, sebbene difficile a capirsi, ne sia dilettevole l’investigazione.



Titolo del libro e varietà di cantici nella Scrittura.
IV. 6. Ma che? Tralasciamo il titolo? Non dobbiamo trascurare neppure un iota, dal momento che ci viene comandato di raccogliere le briciole di frammenti, perché non vadano perduti. Il titolo è questo: Cominciano i Cantici dei cantici di Salomone. Osserva in primo luogo il nome di Salomone che significa Pacifico. Esso si adatta bene all’inizio del libro, che comincia con il segno di pace, cioè dal bacio. E avverti con ciò che all’intelligenza di questa scrittura sono invitate solo le menti pacifiche che riescono a rendersi superiori alle perturbazioni dei vizi e al tumulto delle umane faccende.

7. Inoltre, non pensare che a caso il titolo porti, non semplicemente «Cantici», ma Cantico dei cantici. Ho letto infatti molti cantici nelle Scritture, e non mi sovviene che alcuno di essi sia stato chiamato così. Cantò Israele un canto al Signore dopo che era sfuggito alla spada e insieme al giogo del Faraone, nel medesimo tempo liberato e vendicato dal Mar Rosso. Il suo, però, non è stato detto Cantico dei cantici, ma dice la Scrittura, se ben ricordo: Cantò Israele questo carme al Signore (Es 15,1). Cantò anche Debora, cantò Giuditta, cantò pure la madre di Samuele e anche alcuni Profeti hanno cantato; e non si legge che alcuno di essi abbia chiamato il suo Cantico dei cantici. In verità, se non erro, troverai che tutti hanno composto un cantico in occasione di un beneficio ricevuto: per esempio, per una vittoria ottenuta, per uno scampato pericolo o per aver ottenuto una qualsiasi cosa desiderata. Così dunque parecchi hanno cantato, ognuno per i suoi motivi particolari, per non essere trovati ingrati ai benefici divini, secondo quel detto del salmo: Ti darò gloria quando lo avrai beneficato (Sal 48,19). Invece Salomone, dotato di singolare sapienza, ornato di sublime gloria, ricchissimo di beni d’ogni specie, che godeva di una sicura pace, non sembra avesse bisogno di alcuna cosa, per aver ottenuto la quale fosse spinto a comporre questo cantico. Né in questo si trova allusione a cosa di questo genere.

8. Pertanto, divinamente ispirato, intese cantare le lodi di Cristo e della Chiesa, e la grazia dell’amore sacro, e i sacramenti dell’eterno connubio; e volle insieme esprimere il desiderio dell’anima santa, e compose, esultando nello spirito, con gioconde, ma figurate espressioni, un carme nuziale. Difatti, velava anch’egli, come Mosè la sua faccia, non meno forse in questa parte splendente, perché in quel tempo nessuno o rari erano coloro che potessero contemplare questa gloria a faccia scoperta. Penso dunque che questo carme nuziale, a motivo della sua eccellenza, sia stato, esso solo, chiamato Cantico dei cantici, a quel modo che colui al quale viene cantato, è detto singolarmente Re dei re, e Dominatore dei dominatori (1 Tm 6,15).


Cantici di quanti si convertono a Dio. 
V. 9. Del resto, se voi considerate la vostra esperienza personale, non avete anche voi cantato un cantico nuovo al Signore che opera meraviglie, nella vittoria con cui la vostra fede ha vinto il mondo, e nella vostra uscita dalla fossa della miseria e dal fango del pantano? E ancora, allorché il Signore si è degnato di stabilire sulla roccia i vostri piedi e dirigere i vostri passi, penso che anche allora, a motivo del beneficio della nuova vita concessavi, sia risuonato sulla vostra bocca un canto nuovo, un carme al nostro Dio. Il quale, a voi penitenti, non solo ha rimesso i peccati, ma ha promesso il premio; e allora molto di più, pieni di gaudio, per la speranza dei beni futuri, avete cantato le vie del Signore, perché grande è la gloria del Signore. E se talvolta un passo della Scrittura che fino ad allora a qualcuno era chiuso o oscuro, d’un tratto è divenuto chiaro, allora si è reso necessario che per il ricevuto alimento del pane celeste salisse gradito alle orecchie di Dio dalle anime rifocillate il canto dell’esultanza e della lode. Ma anche nei quotidiani esercizi e nelle lotte che non mancano di provenirci in ogni ora dalla carne, dal mondo, dal demonio, poiché, come sperimentate continuamente in voi stessi, la vita dell’uomo sulla terra è una milizia, ogni giorno dovete innalzare nuovi canti per le riportate vittorie. Ogni qual volta viene superata una tentazione o soggiogato un vizio, o evitato un imminente pericolo, o si scopre un laccio che il nemico tende, o una qualsiasi annosa e inveterata passione viene una buona volta perfettamente guarita, o una virtù molto e lungamente desiderata e spesso implorata, finalmente, con la grazia di Dio viene ottenuta, non risuona, forse, come dice il Profeta, l’azione di grazie e la voce di lode, e a ogni beneficio si benedice Dio nei suoi doni? Diversamente sarà giudicato come ingrato chi nel finale rendiconto non potrà dire a Dio: Sono canti per me i tuoi precetti nel luogo del mio pellegrinaggio (Sal 118,54).

10. Penso che voi già riconoscete in voi stessi quelli che nel Salterio sono chiamati «Salmi graduali», per il fatto che ogni volta che realizzate un progresso, secondo i propositi che ognuno ha concepito nel suo cuore, sentite il bisogno di cantare la lode e la gloria di chi opera in voi. Non vedo come possa, adempiersi quell’altro versetto: Voce di esultanza e di salvezza nelle tende dei giusti (Sal 117,15); o quella bellissima e saluberrima esortazione dell’Apostolo: Cantate e salmeggiate a Dio nei vostri cuori con salmi, inni e cantici spirituali (Ef 5,19).


 Un singolare cantico nuziale.
VI. 11. Ma vi è un cantico che sorpassa per la sua singolare dignità e soavità tutti quelli di cui abbiamo parlato e quanti altri vi potessero essere: e meritamente questo chiameremo «Cantico dei cantici», perché esso è frutto di tutti gli altri. Questo cantico solo l’unzione (dello Spirito) lo insegna, solo s’impara con l’esperienza. Lo riconoscano quelli che hanno fatto questa esperienza; chi non ha questa esperienza arda dal desiderio, non, tanto di conoscerlo, quanto di sperimentarlo. Non consiste in un suono che esce dalla bocca, ma in un giubilo del cuore; non espressione delle labbra, ma tripudio di gioia intima, non armonia di voci, ma di volontà. Non si sente di fuori, non risuona in pubblico: sola lo sente colei che lo canta e colui al quale è cantato, cioè lo Sposo e la sposa. È infatti un carme nuziale, che esprime i casti e giocondi amplessi degli animi, la concordia dei costumi e la mutua carità degli affetti.


12. Del resto, non è in grado di cantare tale cantico o di udirlo l’anima ancora puerile e neofita, di recente convertita dal secolo, ma conviene a una mente già provetta ed erudita, la quale cioè, mediante il progresso nella virtù, è già talmente cresciuta con l’aiuto di Dio, da raggiungere l’età perfetta e in un certo modo nubile, fatta idonea alle nozze con il celeste Sposo, quale, insomma, più dettagliatamente si descriverà a suo luogo. Tale età provetta viene calcolata in base ai meriti, non agli anni. Ma il tempo passa, e la povertà e la regola ci comandano di uscire al lavoro manuale. Domani, nel nome del Signore continueremo quel che avevamo cominciato a dire del bacio perché il discorso di oggi sul titolo ci ha fatto deviare dall’argomento iniziato.

Salus nostra in manu tua est, o Maria,
respice nos tantum
et laeti serviemus Regi Domino.