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martedì 22 settembre 2015

Come è stato per Gesù, la vera lotta, il combattimento radicale Padre Pio ha dovuto sostenerli non contro nemici terreni, bensì contro lo spirito del male (cfr. Ef 6, 12). Le più grandi "tempeste" che lo minacciavano erano gli assalti del diavolo, dai quali egli si difese con "l'armatura di Dio", con "lo scudo della fede" e "la spada dello Spirito, che è la parola di Dio" (Ef 6, 11.16.17).


OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
Sagrato della Chiesa di San Pio da Pietrelcina Domenica, 21 giugno 2009

Cari fratelli e sorelle!

Nel cuore del mio pellegrinaggio in questo luogo, dove tutto parla della vita e della santità di Padre Pio da Pietrelcina, ho la gioia di celebrare per voi e con voi l'Eucaristia, mistero che ha costituito il centro di tutta la sua esistenza: l'origine della sua vocazione, la forza della sua testimonianza, la consacrazione del suo sacrificio. Con grande affetto saluto tutti voi, qui convenuti numerosi, e quanti sono con noi collegati mediante la radio e la televisione. Saluto, in primo luogo, l'Arcivescovo Domenico Umberto D'Ambrosio, che, dopo anni di fedele servizio a questa Comunità diocesana, si appresta ad assumere la cura dell'Arcidiocesi di Lecce. Lo ringrazio cordialmente anche perché si è fatto interprete dei vostri sentimenti. Saluto gli altri Vescovi concelebranti. Un saluto speciale rivolgo ai Frati Cappuccini con il Ministro Generale, Fra Mauro Jöhri, il Definitorio Generale, il Ministro Provinciale, il Padre Guardiano del Convento, il Rettore del Santuario e la Fraternità Cappuccina di San Giovanni Rotondo. Saluto inoltre con riconoscenza quanti offrono il loro contributo nel servizio del Santuario e delle opere annesse; saluto le Autorità civili e militari; saluto i sacerdoti, i diaconi, gli altri religiosi e religiose e tutti i fedeli. Un pensiero affettuoso indirizzo a quanti sono nella Casa Sollievo della Sofferenza, alle persone sole e a tutti gli abitanti di questa vostra Città.

Abbiamo appena ascoltato il Vangelo della tempesta sedata, al quale è stato accostato un breve ma incisivo testo del Libro di Giobbe, in cui Dio si rivela come il Signore del mare. Gesù minaccia il vento e ordina al mare di calmarsi, lo interpella come se esso si identificasse con il potere diabolico. In effetti, secondo quanto ci dicono la prima Lettura e il Salmo 106/107, il mare nella Bibbia è considerato un elemento minaccioso, caotico, potenzialmente distruttivo, che solo Dio, il Creatore, può dominare, governare e tacitare.

C'è però un'altra forza - una forza positiva - che muove il mondo, capace di trasformare e rinnovare le creature: la forza dell'"amore del Cristo", (2 Cor 5, 14) - come la chiama san Paolo nella Seconda Lettera ai Corinzi -: non quindi essenzialmente una forza cosmica, bensì divina, trascendente. Agisce anche sul cosmo ma, in se stesso, l'amore di Cristo è un potere "altro", e questa sua alterità trascendente, il Signore l'ha manifestata nella sua Pasqua, nella "santità" della "via" da Lui scelta per liberarci dal dominio del male, come era avvenuto per l'esodo dall'Egitto, quando aveva fatto uscire gli Ebrei attraverso le acque del Mar Rosso. "O Dio - esclama il salmista -, santa è la tua via... Sul mare la tua via, / i tuoi sentieri sulle grandi acque" (Sal 77/76, 14.20). Nel mistero pasquale, Gesù è passato attraverso l'abisso della morte, poiché Dio ha voluto così rinnovare l'universo: mediante la morte e risurrezione del suo Figlio "morto per tutti", perché tutti possano vivere "per colui che è morto e risorto per loro" (2 Cor 5, 16), e non vivano solo per se stessi.

Il gesto solenne di calmare il mare in tempesta è chiaramente segno della signoria di Cristo sulle potenze negative e induce a pensare alla sua divinità: "Chi è dunque costui - si domandano stupiti e intimoriti i discepoli -, che anche il vento e il mare gli obbediscono?" (Mc 4, 41). La loro non è ancora fede salda, si sta formando; è un misto di paura e di fiducia; l'abbandono confidente di Gesù al Padre è invece totale e puro. Perciò, per questo potere dell'amore, Egli può dormire durante la tempesta, completamente sicuro nelle braccia di Dio. Ma verrà il momento in cui anche Gesù proverà paura e angoscia: quando verrà la sua ora, sentirà su di sé tutto il peso dei peccati dell'umanità, come un'onda di piena che sta per rovesciarsi su di Lui. Quella sì, sarà una tempesta terribile, non cosmica, ma spirituale. Sarà l'ultimo, estremo assalto del male contro il Figlio di Dio.
Ma in quell'ora Gesù non dubitò del potere di Dio Padre e della sua vicinanza, anche se dovette sperimentare pienamente la distanza dell'odio dall'amore, della menzogna dalla verità, del peccato dalla grazia. Sperimentò questo dramma in se stesso in maniera lacerante, specialmente nel Getsemani, prima dell'arresto, e poi durante tutta la passione, fino alla morte in croce. In quell'ora, Gesù da una parte fu un tutt'uno con il Padre, pienamente abbandonato a Lui; dall'altra, in quanto solidale con i peccatori, fu come separato e si sentì come abbandonato da Lui.


Alcuni Santi hanno vissuto intensamente e personalmente questa esperienza di Gesù. Padre Pio da Pietrelcina è uno di loro. Un uomo semplice, di origini umili, "afferrato da Cristo" (Fil 3, 12) - come scrive di sé l'apostolo Paolo - per farne uno strumento eletto del potere perenne della sua Croce: potere di amore per le anime, di perdono e di riconciliazione, di paternità spirituale, di solidarietà fattiva con i sofferenti. Le stigmate, che lo segnarono nel corpo, lo unirono intimamente al Crocifisso-Risorto. Autentico seguace di san Francesco d'Assisi, fece propria, come il Poverello, l'esperienza dell'apostolo Paolo, così come egli la descrive nelle sue Lettere: "Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me" (Gal 2, 20); oppure: "In noi agisce la morte, in voi la vita" (2 Cor 5, 12). Questo non significa alienazione, perdita della personalità: Dio non annulla mai l'umano, ma lo trasforma con il suo Spirito e lo orienta al servizio del suo disegno di salvezza. Padre Pio conservò i propri doni naturali, e anche il proprio temperamento, ma offrì ogni cosa a Dio, che ha potuto servirsene liberamente per prolungare l'opera di Cristo: annunciare il Vangelo, rimettere i peccati e guarire i malati nel corpo e nello spirito.

Come è stato per Gesù, la vera lotta, il combattimento radicale Padre Pio ha dovuto sostenerli non contro nemici terreni, bensì contro lo spirito del male (cfr. Ef 6, 12). Le più grandi "tempeste" che lo minacciavano erano gli assalti del diavolo, dai quali egli si difese con "l'armatura di Dio", con "lo scudo della fede" e "la spada dello Spirito, che è la parola di Dio" (Ef 6, 11.16.17). Rimanendo unito a Gesù, egli ha avuto sempre di mira la profondità del dramma umano, e per questo si è offerto e ha offerto le sue tante sofferenze, ed ha saputo spendersi per la cura ed il sollievo dei malati, segno privilegiato della misericordia di Dio, del suo Regno che viene, anzi, che è già nel mondo, della vittoria dell'amore e della vita sul peccato e sulla morte. Guidare le anime e alleviare la sofferenza: così si può riassumere la missione di san Pio da Pietrelcina, come ebbe a dire di lui anche il servo di Dio, il Papa Paolo VI: "Era un uomo di preghiera e di sofferenza" (Ai Padri Capitolari Cappuccini, 20 febbraio 1971).

Cari amici, Frati Minori Cappuccini, membri dei Gruppi di preghiera e fedeli tutti di San Giovanni Rotondo, voi siete gli eredi di Padre Pio e l'eredità che vi ha lasciato è la santità. In una sua lettera scrive: "Sembra che Gesù non abbia altra cura per le mani se non quella di santificare l'anima vostra" (Epist. II, p. 155). Questa era sempre la sua prima preoccupazione, la sua ansia sacerdotale e paterna: che le persone ritornassero a Dio, che potessero sperimentare la sua misericordia e, interiormente rinnovate, riscoprissero la bellezza e la gioia di essere cristiani, di vivere in comunione con Gesù, di appartenere alla sua Chiesa e praticare il Vangelo. Padre Pio attirava sulla via della santità con la sua stessa testimonianza, indicando con l'esempio il "binario" che ad essa conduce: la preghiera e la carità.

Prima di tutto la preghiera. Come tutti i grandi uomini di Dio, Padre Pio era diventato lui stesso preghiera, anima e corpo. Le sue giornate erano un rosario vissuto, cioè una continua meditazione e assimilazione dei misteri di Cristo in unione spirituale con la Vergine Maria. Si spiega così la singolare compresenza in lui di doni soprannaturali e di concretezza umana.

E tutto aveva il suo culmine nella celebrazione della santa Messa: lì egli si univa pienamente al Signore morto e risorto. Dalla preghiera, come da fonte sempre viva, sgorgava la carità. L'amore che egli portava nel cuore e trasmetteva agli altri era pieno di tenerezza, sempre attento alle situazioni reali delle persone e delle famiglie. Specialmente verso i malati e i sofferenti nutriva la predilezione del Cuore di Cristo, e proprio da questa ha preso origine e forma il progetto di una grande opera dedicata al "sollievo della sofferenza". Non si può capire né interpretare adeguatamente tale istituzione se la si scinde dalla sua fonte ispiratrice, che è la carità evangelica, animata a sua volta dalla preghiera.


Tutto questo, carissimi, Padre Pio ripropone oggi alla nostra attenzione. I rischi dell'attivismo e della secolarizzazione sono sempre presenti; perciò la mia visita ha anche lo scopo di confermarvi nella fedeltà alla missione ereditata dal vostro amatissimo Padre. Molti di voi, religiosi, religiose e laici, siete talmente presi dalle mille incombenze richieste dal servizio ai pellegrini, oppure ai malati nell'ospedale, da correre il rischio di trascurare la cosa veramente necessaria: ascoltare Cristo per compiere la volontà di Dio. Quando vi accorgete che siete vicini a correre questo rischio, guardate a Padre Pio: al suo esempio, alle sue sofferenze; e invocate la sua intercessione, perché vi ottenga dal Signore la luce e la forza di cui avete bisogno per proseguire la sua stessa missione intrisa di amore per Dio e di carità fraterna. E dal cielo continui egli ad esercitare quella squisita paternità spirituale che lo ha contraddistinto durante l'esistenza terrena; continui ad accompagnare i suoi confratelli, i suoi figli spirituali e l'intera opera che ha iniziato. Insieme a san Francesco, e alla Madonna, che ha tanto amato e fatto amare in questo mondo, vegli su voi tutti e sempre vi protegga. Ed allora, anche nelle tempeste che possono alzarsi improvvise, potrete sperimentare il soffio dello Spirito Santo che è più forte di ogni vento contrario e spinge la barca della Chiesa ed ognuno di noi. Ecco perché dobbiamo vivere sempre nella serenità e coltivare nel cuore la gioia rendendo grazie al Signore. "Il suo amore è per sempre" (Salmo resp.). Amen!
AMDG et BVM


martedì 31 marzo 2015

31. Riflettiamo

Ridere per non piangere
Lo confesso: piango spesso sull’odierna situazione ecclesiale, in cui sono orfano di padre e di madre. Non ho più il sostegno, in una lotta che si fa sempre più aspra, dell’autorità benefica di un Pastore universale all’altezza della sua missione, né il conforto di sentirmi al sicuro in seno a quella santa Madre Chiesa la cui dirigenza, in nome della misericordia verso chi non vuol saperne, è diventata matrigna con chi le è fedele. Ma non si può sempre piangere; quand’anche fossero lacrime sante che lavano l’anima e la preparano a consolazioni celesti, la nostra fragile psiche, ferita dal peccato originale, ha bisogno di sollevarsi ogni tanto con quei mezzi umani che il buon Dio ha pur concesso alla nostra specie. Fra questi c’è senz’altro l’umorismo, che contiene un segreto per resistere alle peggiori prove dell’esistenza – segreto prezioso, soprattutto se la prova è del tutto inedita.

Non so se dobbiamo essergliene grati, ma ogni giorno il caro buontempone della pampa, per carpire il plauso dello Zeitgeist mondano, ci fornisce nuovi motivi per ridere o piangere, a seconda dello stato d’animo del momento. Una delle ultime sparate (ma già trita e ritrita nella sostanza) è che ci sono persone così buone che, per colpa degli altri, sono costrette a commettere reati perché non possono agire altrimenti; basterebbe regalare loro un sorriso o una carezza perché evitassero di farlo. Pensate per esempio a un drogato che vi punta addosso un coltello per derubarvi, o magari a un mafioso che spara nel mucchio per colpire uno come lui, o ancora a un adepto del novello califfo che stacca teste a ripetizione, e provate a dargli una carezza… Vi abbraccerà commosso e ritornerà un angioletto (ma non azzardatevi a provare a convertirlo, sarebbe gretto proselitismo; ancor meno a dirgli che il peccato grave non è lecito a nessuno e in nessuna circostanza, sarebbe bieco moralismo). Via, si parte tutti per la Siria!

Secondo la vulgata dei vaticanisti prezzolati, nel conclave del 2005 l’argentino sarebbe stato il favorito di un altro cardinale gesuita che si batteva da tempo per un “rinnovamento” radicale della Chiesa, ma era troppo anziano e malato per prenderne il timone. Nulla di più falso: risulta invece da testimonianze dirette che, interpellato sul confratello come nuovo candidato, il celebre biblista abbia respinto l’ipotesi con non celato disprezzo: «È troppo ignorante!». La superbia intellettuale, stigma dell’élite gesuitica radical-chic, preferì che diventasse papa il nemico giurato di sempre piuttosto che un personaggio di scarsa cultura, contando comunque su una futura strategia di boicottaggio sistematico… Una volta morto – a quanto pare suicida e, quindi, in odore di dannazione eterna – il paladino dei non credenti, al conclave successivo non ci fu più, evidentemente, l’opposizione del gruppo da lui capeggiato; il seguito lo conoscono tutti. La valutazione del livello di cultura dell’eletto è peraltro l’unico elemento su cui possiamo ritrovarci in sintonia con il defunto – oltre, naturalmente, la pur invisa scelta dell’ultimo autentico successore di Pietro.

L’ignoranza rappresenta di solito, sul piano morale, una scusante, eccetto quando si tratta di ignoranza crassa; la contestazione “colta” e pervicace della verità rivelata è invece un peccato ben più grave. Per ignoranza, ad ogni modo, si possono dire solenni sciocchezze senza nemmeno rendersi conto che esse ricadono sotto gli anatematismi (quelle limpide e liberanti proposizioni che iniziano con si quis dixerit e terminano conanathema sit) dei Concili di Trento e Vaticano I, che un pontefice dovrebbe almeno aver sentito nominare, se non altro nella sua giovinezza. Che le affermazioni incriminate non rientrino nel magistero ufficiale o esprimano eventualmente opinioni private non cambia nulla: si quis dixerit, è sufficiente averle pronunciate. Se poi non vengono nemmeno ritrattate, non c’è nulla da fare: la scomunica, in questi casi, è automatica. Qui non viene più da ridere, perché la situazione si fa tragica.

Un papa che cada in eresia cessa di esserlo ipso facto, ci assicura san Roberto Bellarmino. Se questo è chiaro a livello teologico, sul piano canonico la questione è ben più delicata: ci vorrebbe un concilio che dichiarasse formalmente l’eresia e chiedesse al papa di abiurare o di dimettersi – cosa impensabile, nella situazione attuale. Ma come si è potuto arrivare ad una simile degenerazione? La risposta è molto semplice: grazie a un concilio che è stato definito pastorale (senza peraltro che alcuno, in cinquant’anni, ci spiegasse che cosa ciò significhi esattamente), ma che in realtà ha provocato uno stravolgimento radicale delle convinzioni comuni concernenti i punti più importanti della fede, quelli per i quali vale o non vale la pena di credere e di appartenere alla Chiesa. È un innegabile dato di fatto: l’ermeneutica della rottura trova spesso consistente fondamento in testi costellati di affermazioni ambigue, imprecise o decisamente problematiche dal punto di vista dottrinale, per non parlare di quelli che, appena enunciato un principio in maniera cristallina, lo smentiscono subito dopo con ipotesi, riserve e considerazioni contrarie, o di quelle “eccezioni” vaghe e non ben delimitate che scardinano in pratica le norme poco prima ribadite… Non c’è che dire: le commissioni, controllate da vescovi e teologi progressisti, lavorarono con estrema finezza per ottenere il consenso dell’assise senza dare a vedere i loro veri obiettivi.

Tutti sanno che a un ladro, per forzare una porta o una finestra, basta trovare una fessura abbastanza larga per infilarvi il piede di porco; una volta penetrato nella casa, essa sarà alla sua mercé. Una piccola crepa può provocare il crollo di una diga possente, tanto è forte la pressione dell’acqua; poi si salvi chi può. Le cosiddette “aperture” del Vaticano II si sono ben presto trasformate da spiragli in voragini abissali, per la fede e la salvezza delle anime… Padre Pio soleva parlare delle riunioni che si tengono all’Inferno per architettare piani distruttivi a danno della Chiesa e chiedeva a Dio di poter morire prima di vederne lo sfacelo; fu accontentato giusto in tempo, ma lo sfascio era già iniziato. Egli profetizzò l’èra della falsa misericordia (quella che, anziché liberarne il peccatore, lo imprigiona nel suo peccato). Ora, nella “Chiesa rinnovata”, la sua figura è diventata un idolo, per molti che non vanno mai a Messa e a confessarsi non ci pensano neppure. Nonostante svariati tentativi, il diavolo non riuscì a neutralizzarlo in vita; che ci stia riuscendo adesso? La vendetta è in effetti un piatto che si mangia freddo, fosse pure mezzo secolo dopo. Ma il cornuto sa che gli rimane poco tempo; lo sapeva pure Padre Pio. Ride bene chi ride ultimo.


Attenti al lupo

 
Guardatevi dai falsi profeti, che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci. Dai loro frutti li riconoscerete. […] Ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco (Mt 7, 15-16.19).
 
Sapete qual è uno dei frutti peggiori dei falsi profeti? È quella che gli specialisti di “morale” hanno battezzato opzione fondamentale. Secondo questa bella teoria, in parole povere, uno può pure rimpinzarsi ogni giorno di siti pornografici e andare a donne (o a uomini) più volte a settimana senza commettere peccato, dato che in realtà, nella sua coscienza, non approva quei comportamenti e non ne ha fatto una scelta di vita. È come dire che, siccome non sono d’accordo con chi compie certe azioni per convinzione, posso compierle tranquillamente ogni volta che ne ho voglia, purché non sia per orientamento stabile. Il medesimo “ragionamento” si può evidentemente estendere a qualsiasi crimine: violentare un bambino, strangolare la moglie, seviziare il convivente… tutto può essere moralmente scusato, basta che l’opzione di fondo di chi lo fa sia buona. Isteria, fariseismo o sfacciataggine all’ennesima potenza?

«Com’è possibile che succedano certe cose?… Ma dove andremo a finire?», ci si chiede sgomenti guardando il telegiornale. Con la premessa appena esposta, tuttavia, certi fatti non destano alcuna meraviglia; sono semplicemente l’ultima conseguenza di un’ideologia disastrosa. È pur vero che in proporzione, grazie a Dio, pochi hanno studiato una certa morale post… conciliare; ma quei pochi che l’hanno studiata, oltre a riportarne una deformazione mentale permanente, hanno poi provocato danni incalcolabili tramite il loro ministero, specie nella predicazione e nella confessione: è il cosiddetto effetto “sasso nello stagno”. Come potrebbero del resto correggere i fedeli pastori d’anime che usino, per giustificare i propri vizi, lo stesso escamotage che raccomandano agli altri?… o che sostengano che, andando a mignotte, non fanno del male a nessuno?… o che si appellino alla propria opzione fondamentale per sentirsi perfettamente in regola?… Quanti sacrilegi commettono poi dicendo Messa in quello stato!

Se un cristiano lotta contro un’attrazione per lo stesso sesso e si imbatte in un prete che lo assolve misericordiosamente assicurandogli che il buon Dio lo ha fatto così e che deve pertanto accettarsi, in quanto il vero peccato consiste nel rifiutare la propria condizione, che deve fare quel poveretto? Come minimo, far notare al confessore che sta bestemmiando il Creatore e insultando l’intelligenza del penitente. Ma poi, dove andrà a cercare qualcuno che lo aiuti realmente? Per fortuna – o meglio per grazia – lo Spirito Santo, Lui che è veramente misericordioso, trova ancora dei laici dotati di molto coraggio (ovvero di molto courage, dato che il movimento è di origine americana) e disposti a prendere sul serio l’immutabile Parola di salvezza. Certo, non saranno ricevuti in Vaticano come le associazioni “cattoliche” che si battono per i diritti degli omosessuali… ma che importa, ciò che conta è poter essere un giorno ricevuti in Paradiso.

Un alto rischio rimane tuttavia per quanti non sono in grado di smascherare i lupi travestiti da agnelli. Se poi si oppongono pure ottusamente a chi cerca di svegliarli, rinfacciandogli di non essere in sintonia con la star ecclesiastico-mondana del momento, rimane soltanto da pregare, consacrando in pari tempo al Cuore immacolato quanti più bambini possibile, perché almeno la Madonna li preservi dall’essere irrimediabilmente manipolati a casa e a scuola. Bisogna in effetti preparare una generazione nuova, che possa sostituire quella che non sarà in condizione di superare l’imminente castigo: «Io ho abbandonato la mia casa, ho ripudiato la mia eredità; ho consegnato ciò che ho di più caro nelle mani dei suoi nemici. […] Molti pastori hanno devastato la mia vigna, hanno calpestato il mio campo. Hanno fatto del mio campo prediletto un deserto desolato […]. Essi hanno seminato grano e mietuto spine, si sono stancati senza alcun vantaggio; restano confusi per il loro raccolto a causa dell’ira ardente del Signore» (Ger 12, 7.10.13).

Fra i ministri di Dio, in verità, non sono molti ad ammettere apertamente il proprio smarrimento per la cattiva qualità del raccolto o per la sua completa assenza: bisogna far comunque buon viso a cattivo gioco, ripetendosi a vicenda che, certo, i frutti pastorali non sono incoraggianti, ma ora tutto sta cambiando e ben presto turbe di gente assetata di misericordia invaderanno di nuovo le nostre parrocchie, ormai liberate dal timore di scontrarsi con clericali ostacoli alla loro ricerca… Appena terminato il “sinodo” che avrà imposto nuovi itinerari di riconciliazione per i fedeli in situazione irregolare, scatterà la sanatoria universale, già indetta in veste di “anno santo” pensato ad hoc. Ma in fin dei conti – come ci hanno insegnato – non dobbiamo cercare i risultati, noi lavoriamo per la gloria (quella di sentirci buoni e riconosciuti perché diamo tutto a tutti, senza mai dire di no a nessuno: le donne di strada, almeno, si fan pagare…). Tu credevi di essere un prete, ma in realtà volevano un assistente sociale – che in più dà pure un po’ di conforto spirituale, quando serve, e ogni tanto esegue qualche rito religioso, che non fa mai male. Basterà questo per non finire nel fuoco?

domenica 29 marzo 2015

DIO

Dio
vuole
che
le nostre miserie siano
il trono
della sua misericordia
e
le nostre impotenze
il seggio della sua onnipotenza.

(San Pio da Pietrelcina)

martedì 10 febbraio 2015

Confessati bene.


Confessati bene. Sapessi quanto è buono il Signore!


Pigliò quella voce come rivelazione del Cielo, si fece coraggio, decisa, confessò quel peccato che tanto le faceva vergogna e per cui tanto aveva già pianto. Da quell' istante, provò tale sollievo e tanta consolazione, che andava raccontando a tutti la cosa, e ripeteva a sua volta: "Provate e vedrete quanto è buono Gesù! "

Il confessore le disse: " Ebbene, ringraziane di tutto cuore Dio e continua a confessarti bene. Guai a chi si incammina per la via dei sacrilegi. Sarebbe questa la più grande disgrazia: si continuerà così, forse fino alla morte, e si finirà per andare eternamente perduti ". È dunque gran male la confessione mal fatta? Si, è la principale causa di dannazione! 


Dite davvero,Padre? 

 È così, purtroppo! Le confessioni mal fatte sono il motivo per cui tanti perdono l' anima e vanno all' inferno.

Ma voi esagerate! 

Non esagero affatto, nè sono io che lo dico; lo affermano i santi più esperti di anime; lo ha veduto in una visione S. Teresa (dottore della Chiesa).
Stava questa Santa pregando, ed ecco ad un tratto spalancarsi davanti ai suoi occhi una voragine profondissima tutta ripiena di fuoco e di fiamme , e laggiù cadere abbondantissime, come la neve d' inverno, le povere anime. Spaventata la Santa alza gli occhi al cielo ed esclama: " Mio Dio, mio Dio! Che cosa vedo mai? Chi sono tutte quelle anime che vanno perdute? Saran certamente anime di poveri infedeli, di nemici della S. Chiesa, di grandi delinquenti, di sacrileghi....


No, o Teresa, - rispose Iddio -, no! Sappi: quelle anime che vedi in questo momento andare nell' inferno per mia permissione, sono tutte anime di cristiani come te.


...Ma dunque, saranno anime di gente che non credeva, che non praticava la Religione, che non frequentava i Sacramenti.

No, o Teresa, no! Sappi che sono anime di cristiani battezzati come te, che come te credevano e praticavano... 

 Ma dunque, non si saranno confessati mai, neppure in punto di morte...
No, sono anime che si confessavano e si sono confessate anche in punto di morte....

Come dunque, o mio Dio, vanno dannate? 
 Vanno dannate perchè si confessarono male!... 
Va, o Teresa, racconta a tutti questa visione e scongiura Vescovi e Sacerdoti a non stancarsi mai di predicare sull' importanza delconfessione e contro le Confessioni mal fatte, onde i miei cari cristiani non abbiano a convertire la medicina in veleno e servirsi in male di questo Sacramento, che è il Sacramento della misericordia e del perdono.

Dunque, sono proprio molte le Confessioni mal fatte?


S. Alfonso, S. Filippo Neri, S. Leonardo da Porto Maurizio, S.Pio da Pietrelcina sono d' accordo nel dire che, purtroppo, le Confessioni mal fatte sono senza numero. Essi che passarono la vita al confessionale e al letto dei moribondi, sapevano di dire la pura verità.



UN EPISODIO RACCONTATO DA 

S.PAOLINO DA NOLA !!!!!!

Un giorno mentre il santo Vescovo stava nel confessionale, si presentarono due uomini insieme. Naturalmente il Vescovo fece presente che era consentito ad uno solo di stare nel confessionale, poichè la confessione deve essere individuale. Il secondo però insistette dicendo che era suo diritto essere presente durante la confessione del primo. Il Vescovo ribatte che un tale diritto non esiste e invitò il secondo ad allontanarsi, ma costui, con ferma insistenza ribadì il suo diritto. Il santo insospettito chiese chi fosse lui, per vantare un tale diritto. La risposta fu: "sono il demonio". E tu che ci fai qui? Sono venuto a restituire la vergogna che gli avevo tolto al momento di fare il peccato, gliela restituisco adesso al momento di confessarlo, per questo ti ho detto che era mio diritto, perchè era un atto di giustizia restituire ciò che era stato tolto.


S. AGOSTINO:


Se tu ti accusi, Dio ti scusa. Se tu ti scusi Dio ti accusa.


S. FRANCESCO DI SALES

È una regola quasi generale che quando noi facciamo sovente una stessa mancanza è segno che non abbiamo desiderio e volontà di emendazione.


Scrive P. Gabriele di S.M. Maddalena o.c.d.:

La confessione prevede l' accusa dei propri peccati. Ma più ancora che l' accusa, l' anima deve preoccuparsi del dolore dei propri peccati in quanto sono offesa a Dio, Bontà infinita; che sia un dolore proveniente dall' amore, ossia il pentimento del figlio il quale, più che pensare alla sua vergogna e ai castighi meritati, si affligge per il dispiacere arrecato ad un Padre che tanto lo ama e di cui deve ricambiare l' amore.


Il dolore è talmente necessario per la validità del sacramento che, se mancasse, l' assoluzione sarebbe nulla e, d'altra parte, quanto più è perfetto il dolore, tanto più l' assoluzione distrugge non solo il peccato, ma anche la pena temporale da esso contratta. Quanto più il penitente porta alla confessione un cuore contrito, tanto più il Sangue di Gesù lo purifica, lo rinnova, lo arricchisce di forza, di carità, di grazia.



Scrive S. CATERINA da SIENA:

" Gesù dolce, l' anima mia desidera ardentemente di vedersi tutta bagnata e annegata nel Sangue tuo.....Perchè nel tuo Sangue trovo la fonte della misericordia; nel Sangue la clemenza; nel Sangue il fuoco; nel Sangue la pietà; nel Sangue è fatta giustizia delle nostre colpe; nel Sangue è saziata la misericordia; nel Sangue si dissolve la durezza nostra; nel Sangue le cose amare diventano dolci e i grandi pesi leggeri. E poichè, o Cristo, nel Sangue tuo maturano le virtù, inebria e annega nel Sangue l' anima mia, affinché si vesta delle vere e reali virtù "


San Pio a Don Nello C. nella settimana di Pasqua 1959:

Padre, nei giorni scorsi della settimana santa, ho confessato parecchio, ed io, Padre ho assolto tutti i penitenti. Considerando come fate voi, Padre, vorrei un consiglio, come devo comportarmi con queste anime.... che tornano sempre con le medesime colpe gravi? 

P.Pio risponde: Figlio mio, tu non puoi fare come faccio io. Però al penitente, che si presenta con lo stesso peccato, potrai dare l' assoluzione, una prima volta.... una seconda volta, ma la terza, vuoi tu profanare un sacramento, che costa il sangue di Cristo ?


San Pio a Don Domenico Labellarte:

Io tremo, ogniqualvolta , devo scendere al confessionale, perché lì devo amministrare il sangue di Cristo.



Che tristezza, vedere che oggi la Confessione è diventata la 
"confusione", si va a fare una chiacchierata nel confessionale, magari riportando i peccati degli altri, giustificando se stessi, senza essersi accusati di nessun nostro peccato, e poi si riceve anche l' assoluzione. Come fa il penitente a pentirsi e dolersi dei peccati che non ha confessati e di fuggire le occasioni prossime degli stessi? Il Sacerdote è come un medico che deve aiutare il paziente a scoprire le proprie malattie e non dirgli va in pace che stai benissimo. 

S. Veronica Giuliani riferisce che nel terzo piano profondo dell' inferno ha visto le anime dei Confessori che hanno ingannato i propri penitenti.



Virgo Maria, Mater Boni Consilii:
Nos benedicat et custodiat.

venerdì 28 novembre 2014

CLEONICE MORCALDI E PADRE PIO



CLEONICE MORCALDI E PADRE PIO

   Non si può pensare di conoscere la Persona ed i sentimenti di Padre Pio senza un approccio con i suoi scritti a Cleonice Morcaldi. E questo alcuni biografi lo hanno capito evidenziando l'affetto straordinario che Cleonice nutre per il suo "Babbo" e la tenerezza paterna e, diremmo materna, che Padre Pio nutre per questa sua figlia spirituale prediletta. Tante testimonianze scritte rivelano, casomai ce ne fosse bisogno, l'intenso rapporto spirituale tra queste due anime consacrate a Dio.
Il sorriso radioso di Cleonice dietro a Padre Pio   Cleonice si comporta spesso, nella sua semplicità, come una bambina nei confronti di Padre Pio. E poiché non le è sempre possibile incontrarlo e parlargli, escogita lo stratagemma del "dialogo scritto", a distanza. Su un foglio scrive le domande, lasciando uno spazio libero dopo ciascuna, in modo che il Padre possa mettere le sue risposte.   
   Decine e decine di fogli riempiti in questo modo, con la scrittura di Cleonice Morcaldi intrecciata a quella di Padre Pio. Vogliamo qui rappresentare, tra i più significativi, alcuni biglietti scritti tra Cleonice ed il suo "Babbo" spirituale:

- Un sacerdote mi ha detto che bisogna distaccarsi da te, per piacere a Dio.
- Tu gli dirai: bisogna distaccarsi da chi ci allontana o ci distrae da Dio, non da chi ci porta a Dio.
- Quanti dubbi mi vengono!.... Ma... Non avrò più fede? Dimmi una parola.
- (sorridente) Sta tranquilla, il Signore risplende nell'animo tuo!
- Meno male che il Signore mi ha dato te per guida!
- Il Signore ha provvisto. Il Signore è provvidenza!
- Sei proprio un sole che riscalda tutti e tutto!
- E tu sei la stella matutina che splende e riscalda il mio cuore!
- Se troverai una creatura più volenterosa e buona, che sia la tua diletta, mi amerai lo stesso?
- Rifiuto tutti. Tu sarai per sempre.
- Chi mi darà da amare Gesù nell'aridità di spirito?
- Io te la darò questa grazia; te l'otterrò da Gesù.
- La gente mormora perché sto vicina al confessionale tuo. Ce ne sono tante altre! E poi, che faccio di male? Prego  e ogni tanto ti guardo, penso a quello che soffri e ne dò gloria a Dio.
- Canta e lascia cantare! Se ti fa bene all'anima continua a fare quello che hai sempre fatto. -
- Chi compenserà tanto sacrificio e amore?
- Tu sei la mia ricompensa" (Renzo Allegri, A tu per tu con Padre Pio. Ed. Mondadori pag. 241 ss). "

   "La santa messa e la confessione", scrive il cardinale Corrado Ursi, "furono il centro di tutta la testimonianza di Padre PioGesù Eucaristico, centro della spiritualità di Padre Pio ed il pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo aveva come meta, più che l'umile figura del frate, l'altare e il confessionale per un'ansia di rinnovamento spirituale in Cristo".
   Padre Domenico Mondrone, su Civiltà Cattolica annota "Chi vi ha assistito anche una sola volta, non ha più dimenticato la messa di Padre Pio, tanto viva era l'impressione di vedere annullare ogni distanza di tempo e di spazio tra l'altare e il Calvario" 

(Renzo Allegri, A tu per tu con Padre Pio, Ed. Mondadori, pag. 269). 

Che cosa avvenisse realmente nell'animo, nel cuore di Padre Pio, durante quel rito che lo mette in diretto contatto con Cristo crocifisso, di cui Egli porta sul suo corpo i segni della passione, resta un mistero. Ma un mistero rischiarato ancora una volta da questi famosi "biglietti scritti a mano" da Cleonice Morcaldi, con la risposta scritta di Padre Pio. 

Alcuni di questi brevi dialoghi scritti ci aiutano a intravedere i sentimenti più intimi del Padre stigmatizzato durante la celebrazione della Santa Messa:
   - Padre, che cos'è la vostra messa? Un completamento sacro della passione di Gesù.
   - Che cosa debbo leggere nella vostra Santa Messa? Tutto il Calvario. - Padre, ditemi quanto soffrite nella Santa Messa. Tutto quello che ha sofferto Gesù nella sua Passione, inadeguatamente, lo soffro anch'io, per quanto a umana creatura è possibile. E ciò contro ogni mio demerito e per sola sua bontà.
   - Padre, è vero che durante la Messa soffrite il supplizio della coronazione di spine?
   -E lo metti in dubbio? - Vi ho visto tremare mentre salivate i gradini dell'altare. Perché? Per quello che dovevate soffrire?
   -Non per quello che dovevo soffrire, ma per quello che dovevo offrire.
   - Perché piangete quasi sempre, Padre, quando leggete il Vangelo?
   -E ti par poco che un Dio conversi con le sue creature? E che sia da loro contraddetto? e che sia continuamente ferito dalla loro ingratitudine e incredulità?
   - Perché piangete all'offertorio?
   -Vorresti strapparmi il segreto? E sia pure. Allora è il momento che l'anima viene separata dal profano.
   - Ditemelo perché soffrite tanto nella consacrazione.
   -Perché è proprio lì che avviene una nuova e ammirabile distruzione e creazione. I segreti del Sommo Re non si svelano senza profanarli. Mi domandi perché soffro? Non lacrimucce, ma torrenti di lacrime vorrei versare! Non rifletti al tremendo mistero? Un Dio vittima dei nostri peccati!... Noi, poi, siamo i suoi macellai.
   - Padre, perché non cedete anche a noi un po' di questa vostra passione?

   -I monili dello Sposo non si regalano a nessuno"

(Renzo Allegri, A tu per tu con Padre Pio, Ed. Mondadori, pag. 270 ss.).