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martedì 11 febbraio 2014

NON MIELE MA SALE - NO MIEL MAS SAL


I TIEPIDI LI VOMITERÒ DALLA MIA BOCCA
“Il buon Dio non ha scritto che noi
fossimo il miele della terra, ma il sale”.
Georges Bernanos

“A capo della mia città metterò dei preti e dei poeti:
faranno dischiudere il cuore degli uomini”.
Antoine de Saint-Exupéry


Mi sembra già di sentire il ticchettio delle armi, il ronzio delle parole, il nervosismo degli animi contro di me ‒ destino inevitabile ‒ perché non è lecito che un proprio simile osi aprire una via, anche se su di essa può essersi posata la luce. «Ma chi crede di essere questo povero parroco di città? Vuole riformare la Chiesa (di Francia), spezzando la coesione interna che da cinquant’anni a questa parte costruiamo e rivediamo a suon di assemblee? Ma come può tenersi fuori dal nostro credo, dalle nostre vedute, dai nostri piani definiti nelle tavole rotonde? Ma chi crede di essere?».
Chi? Un uomo, e un uomo libero.

Senza forzare l’apertura mentale di certi preti con gli ingranaggi arrugginiti a forza di restare chiusi, di certi cristiani avviluppati nei loro canoni, infagottati in principi fabbricati da mano d’uomo, fate uno sforzo: la carità, per piacere, voi che dite che la differenza è una ricchezza, concedetemi il diritto di scrivere quello che penso, e di dire quello che credo. Come ogni uomo sono capace delle peggiori cose e delle migliori, di tiepidezza e di ardore, ma datemi una possibilità e lasciate che vi confessi il mio tormento!

Sacerdote della Chiesa cattolica, sono preoccupato del futuro di Dio nelle anime, sia in porto che in mare aperto, cioè sia come pastore sia come apostolo; mi salva il fatto che non potrei allontanarmi dalla barca di Pietro, dei vari Leone, Pio, Paolo, Giovanni, dei due Giovanni Paolo e di Benedetto. Può darsi che questo ultimo punto non sia troppo rassicurante... In ogni caso, nell’ordine stabilito dai vostri piani che pensano a noi tutti i giorni, sembrerebbe che un bambino non possa mai spuntarla con il padre, l’agnello con il lupo, il servo con il padrone, il prete con il vescovo, il singolo con la collettività, tranne, se permettete, nel Vangelo, in cui Cristo porta maliziosamente sul capo la triplice corona di essere illogico, bastian contrario e paradossale.

O sacra tiara, che ci salvi dalla sudditanza alle leggi del tempo e del mondo, che tutti i preti e i loro fedeli ti possano portare: ecco il mio primo appello. Così non lascerò il lago di Tiberiade, mosso dalle onde del Verbo; né il monte Tabor, dove Dio si fece Bellezza; né, quasi in sordina, la casa di Elisabetta dove Maria con il suo Magnificat diede il via alla rivoluzione, quella vera, che consiste nel chiamare in causa se stessi e gli altri, e i sistemi costruiti da poveri esseri umani sempre tentati di render immortali i loro piani.

Sacerdoti, e tutti voi che siete innamorati di Cristo e volete rivelarLo, ho da dirvi due parole, non prendetevela. E le ridico anche a me stesso, perché in tutta verità sono di gran lunga più grandi di me.

In questo libro sono raccolti pensieri apparentemente staccati che sparano a zero su ogni forma di tiepidezza, di mollezza, di leggerezza, di paralisi in materia di fede. Sono per tutti, perché tutti, un giorno o l’altro, ci troviamo a far parte del numero dei fedeli infedeli. Segue la constatazione della mancanza, nell’uomo e nella società, di quello che alcuni chiamano i valori, ma che in fondo sono la vita, quando è retta. In questo piccolo trattato dell’essenziale venti luci hanno la pretesa di rischiarare la strada dell’uomo. In questo momento, secondo me, sono tremolanti: mi auguro che possano non estinguersi.

*

È strano: il 60% dei francesi si dichiara ancora cattolico, tuttavia solo il 4% si accosta alla sorgente dell’Eucaristia, e per citare un solo esempio, nella città di Marsiglia, dove abito attualmente, solo l’1% degli abitanti ricorda l’indirizzo della sua parrocchia.

Cristo che ha promesso di essere con noi fino alla fine del mondo! Ne sono convinto anch’io, come voi, state tranquilli. Tuttavia, per pietà verso Dio che piange nel vedere i suoi figli battezzati star lontani dalla Chiesa e ritenere inutile la sua mediazione, accidenti, apriamo gli occhi! La maggior parte delle nostre parrocchie è infeconda, la Messa non cattura il cuore; in molti casi fa dormire, annoia, delude, allontana anche quelli che hanno fede; i battesimi diminuiscono, la partecipazione al catechismo si assottiglia, la confessione è agonizzante, le vocazioni non sbocciano o si perdono per strada, e per completare il disastro che avanza, il prete spesso non è altro che una pedina incatenata in mezzo a consigli pseudo democratici, e così quando non è più considerato nella sua necessità e nella sua bellezza soprannaturale ‒ e il momento attuale lo sta già denunciando ‒ il Cielo non scende più sulla terra. Ne è prova il fatto che il numero dei credenti non praticanti si trova sempre più a sguazzare in uno stato d’indifferenza e di tranquilla neutralità, mentre non credenti e agnostici di ogni sorta pullulano e si moltiplicano allegramente. E per minimizzare la realtà non dite che non è il numero che conta, che l’importante è la qualità; e per consolarvi di questa misera visione non tirate fuori dal cappello gli immancabili segni di speranza, piccole luci che brillano nell’oscurità del mondo!

Infatti, qua e là, è evidente che ci siano parrocchie vive, comunità che issano le vele al vento dello Spirito Santo, movimenti attivi, associazioni cristiane che lavorano con zelo, sacerdoti e fratelli, molti dei quali giovani, veri araldi della fede che si donano e operano senza misura, e ce ne rallegriamo. Ma questo qua e là ‒ Dio mi perdoni ‒ è ben lungi dal costellare la nazione! In verità, in verità diciamocelo: la situazione è gravissima. Ma chi se ne preoccupa? Chi perde il sonno al pensiero della moltitudine che corre a capofitto in direzione di un nulla impiastricciato di immediato senza colore, senza contorno, scialbo, che sovente si riduce alla sola ricerca del profitto? Chi vede ancora i volti tristi per una vita vuota? Davvero, l’assurdità di un’esistenza senza scopo non si misura in spiccioli. Quanto al peso dell’infelicità che grava sugli innocenti, mi dispiace, ma la mano dell’uomo c’entra, eccome. Al processo intentato da alcuni contro Dio, siamo noi a dover comparire. A forza di otturare la Sorgente accusandola di non esistere o, non si sa mai, di essere sorda e insensibile verso l’uomo, addirittura onnipotente per crudeltà, l’essere umano si trova a vivere e morire per niente. Non riesco a rassegnarmi a questo dramma che tocca la maggioranza delle persone, per lo più ben pasciute, perché è qui, nella vecchia Europa un tempo cristiana, vero feudo di speranza, che i morti non risuscitano più. È mai possibile che ci sia un bambino che non desideri quello che Cristo ha promesso: la vita senza fine, la morte solo un passaggio, e l’amore che riempie l’anima fino all’orlo per l’eternità dell’eternità? Che non lo si creda, passi, ma infischiarsene con un sorriso di disgusto è cosa strana, inaspettata quanto il desiderio di non vivere, ormai diffuso come i poveri per le nostre strade. Niente di cui stupirsi, in fondo. E del resto, non c’è più fondo.

Visto dal basso, sembra dunque tutto compromesso: la terra in orbita, e l’uomo ripiegato su se stesso, peggio ancora, sulla materia, non ha mezzo di venirne fuori. Di orizzonti, ne vedete? Una linea più o meno umanitaria, ma non illudiamoci, sembra occupare la visione dei migliori, tracciando i contorni di una certa sollecitudine per gli altri, ma niente di straordinario, appena il minimo ‒ qualunque animale farebbe lo stesso per i suoi piccoli in pericolo; la misura rimane bassa, con le pattumiere che scoppiano e i paesi che muoiono di inedia, per mancanza di sostanza. Senza offendere quelli che ce l’hanno con la nostalgia, che del resto non oserebbero mai pensare ‒ crimine orrendo! ‒ che il passato possa essere per certi versi più degno del presente, nel 1950 o anche nel 1970 che non è poi così lontano, al vecchietto del secondo piano che aveva perso la moglie quelli del terzo portavano la minestra. Adesso il pover’uomo muore dimenticato nella bella cameretta della casa di riposo dove l’hanno parcheggiato i parenti, che vengono a trovarlo sempre più raramente ‒ ma c’è da capirli, per carità, con la loro vita frenetica! ‒ aspettando la famosa telefonata molto umana, sembra, in cui con tono sereno si annuncia che se n’è andato. E, detto tra noi, ha fatto bene. Andato dove? Nessuno lo sa. E se un amico di Cristo provasse a socchiudere la porta della vita eterna sotto lo sguardo indifferente e freddo dei parenti in lutto, ma solo per poco, e avanzasse a passi felpati sul terreno dell’immortalità dell’anima, troverebbe ancora, vibrante e determinata, nonostante la notizia sbalorditiva della vita che non finisce, l’incrostazione del nulla sulla pelle delle anime distrutte. Eppure sarebbe così semplice entrare, o almeno sperare come un poeta e un eroe, in un aldilà finalmente giusto dove, dopo averli a lungo inseguiti, saranno appagati il nostro infinito desiderio d’amore, la nostra sete d’assoluto e le nostre più alte aspirazioni.

Ma riconosciamolo pure, anche queste ultime non sono più molto incoraggiate nel contesto attuale in cui ognuno, imbottito di slogan da due soldi, è arbitro di se stesso. Cosicché le cause, le grandi cause, vanno lentamente verso la morte trascinando nel loro franare il dono di sé per pura bontà. Un tempo, al soffio del cristianesimo, il povero amore umano si univa alla persona di Dio fatto uomo, Lui che da Padrone qual era volle abbracciare l’universo in tutte le sue miserie.

E a contatto con questa grandezza civilizzatrice la pochezza congenita del cuore acquistava tutta la sua ampiezza e la sua nobiltà. Non è come dire che la scristianizzazione dell’anima porta alla disumanizzazione della vita? Io ne sono convinto. Di chi è la colpa? Prima di tutto nostra, sacerdoti di Gesù Cristo, che suoi non lo siamo abbastanza. Suvvia, siamo onesti e non tiriamo in ballo la società nuova, con i suoi sconvolgimenti, i suoi cambiamenti, lo scontro delle culture e quant’altro venga a galla per giustificare l’inaridirsi dello spirito cristiano nel nostro paese. Non cerchiamo scuse, sarebbe indegno della santa Chiesa che si è sempre diffusa sopra il paganesimo e i falsi dei, arrivando a considerare la croce dell’opposizione, dell’odio e del rifiuto una carta vincente nella proclamazione del Nome nel quale ogni uomo è salvato. 

Pensiamo solo a san Paolo! Ha goduto di circostanze più favorevoli per annunciare ed edificare il Regno? Cerchiamo di essere veri, e la verità è questa: abbiamo perso il sacro ardore. L’immagine che diamo del sacerdozio è fin troppo insignificante. Non tocca più il cuore. Siamo troppo in basso per aspettarci un’esplosione. Eppure non mancano i modelli, nel calendario degli ultimi secoli: in testa il Curato d’Ars e subito dopo di lui, sulla linea d’arrivo altri tre tirati a sorte dalla mia memoria abbagliata dalla luce: Vincenzo de’Paoli, Giovanni Bosco, Massimiliano Kolbe, tutti uomini soprannaturali, impastati di fede, grandi oranti e pescatori d’anime senza eguali. Confesso che guardando la loro vita divento livido. Perciò mi rivolgo prima di tutto a me stesso, ma anche a te, fratello sacerdote, e giacché ci sono anche a tutti voi, amici di Cristo, sperando ‒ lo dico di nuovo ‒ in un nostro radicale esame di coscienza e in un coraggioso ribaltamento delle nostre organizzazioni e dei nostri piani i cui frutti sono stati e sono spesso assai magri e secchi.

E ora, se credi che tutto stia andando per il meglio, che la fede cattolica si estenda nei cuori, che la Chiesa in Francia goda di buona salute, che facciamo tutto quello che possiamo, che diamo il meglio, che non ci sia nulla da rivedere nelle nostre idee e nei nostri metodi, chiudi il libro e vai per la tua strada, e prega per me che sto farneticando.

Da parte mia, pensando ad Adamo ed Eva, nudi come vermi, imbrogliati fino al midollo,
pensando alla pena del Creatore e al suo amore sbeffeggiato da certi angeli,
pensando allo scorrere dei secoli senza un vero Dio né veri maestri,
pensando ai profeti resi muti dal taglio della spada,
pensando a Maria bambina, graziata da parte a parte, singolarmente umile e morta a sé
pensando al Verbo di Dio divenuto embrione per poter morire e così dare la Vita,

pensando al piccolo villaggio, alle assi di legno, ai gesti di un Dio ripetuti cento volte nel suo lavoro di falegname,
pensando a Giovanni Battista, giustiziere degli idoli, la testa insanguinata su un vassoio in mezzo a una festa,
pensando ai mille e mille versetti di Vangelo distribuiti in tre anni per illuminare la terra,
pensando alle centinaia di miracoli concessi per convincere le menti a cedere il passo alla fede,
pensando alla pecorella smarrita che, ritrovata, fa piangere di gioia il Pastore,

pensando al figlio prodigo tutto felice nella casa paterna con il suo vestito d’oro, i calzari e l’anello,
pensando a Maria Maddalena, apostolo degli apostoli, perla di Cristo, gioiello di misericordia,
pensando all’opera della Croce, capo incoronato, torace lacerato, amore smisurato a pagare il riscatto di abietti esseri umani,
pensando al buon ladrone che, con un’unica parola piena di pentimento, di rispetto e d’amore per Cristo si siede la sera stessa alla tavola dei beati in Paradiso,

pensando all’ultima consegna: «Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato»,
pensando a san Paolo che si è fatto tutto a tutti per salvare tutti,
pensando alle quaranta frustate meno una che ricevette e alle pietre che gli ferirono il capo,
pensando ai pericoli affrontati, alle fatiche, alle veglie e ai digiuni che sopportò,
pensando alla padronanza degli apostoli, con il volto sereno, la voce grave e pronta di fronte ai giudici,

pensando alle fauci delle belve spalancate sulla pace dei martiri,
pensando alle torture inflitte, seni tagliati, carne strappata con le tenaglie, bruciature coi carboni ardenti, ossa frantumate a colpi di mazza,
pensando alla moltitudine dei santi e delle sante che consumarono la loro vita fino all’osso a forza d’amare,

pensando all’universo dei monasteri, folle di preghiera e di penitenza, che intercede giorno e notte per anime che lo scherniscono,
pensando ai sacerdoti canonizzati che celebrarono quotidianamente il Sacrificio della Messa, rispettando i sacri riti della santa Chiesa, vivendoli intensamente, avvolgendoli di bellezza,
pensando alla loro vita interiore fondata sulla preghiera intima, la fedeltà al breviario e al santo rosario,

pensando alla loro ostinazione nel rimanere ore e ore nel confessionale, lavando le anime con l’acqua viva della Grazia,
pensando ai milioni di persone che muoiono senza prete e senza neppure una preghiera,
pensando ai milioni di battezzati che hanno perso l’indirizzo della Salvezza,
pensando ai milioni di bambini che non ricevono più il battesimo,
pensando all’invisibilità dei preti per le strade del nostro paese,
pensando agli uomini di buona volontà che non sentono mai parlare del Cielo, di Cristo e di sua Madre,

pensando alle povere anime abbandonate a una visione solo orizzontale dell’universo terrestre,
pensando al disinteresse della maggior parte dei battezzati per la Messa della domenica,
pensando alle dispute e alle divisioni interne alla Chiesa che rallentano l’azione dello Spirito Santo nelle anime,
pensando alla disperazione che si estende disperatamente su una moltitudine di cuori,
pensando alla domanda sulla fine posta da Gesù stesso: «Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?»,

come posso dormire tranquillo, soddisfatto del mio ministero, senza cercare di lavorare con più ardore alla Salvezza del genere umano? E voi, cattolici del mio cuore, mi seguirete?


Il pastore che sonnecchia sotto l’albero mentre il gregge mastica l’erba è tutto, tranne la Chiesa.
*

Il prete è un apostolo: è questa la prima certezza che ogni mattina deve rinascere nel tuo spirito come una volontà di Cristo, che non può sopportare che tu non ne sia convinto.
*
Sogna di portare il mondo intero nei cieli. La salvezza delle anime è la tua ragion d’essere. Non credere che tutti siano salvi; anche se lo fossero, non ti riguarda. Tu, fai il tuo lavoro di salvatore.
*
Ambasciatore di Cristo, cammina in mezzo alla strada, non rasente i muri, il tuo colore non sia grigio cemento. Che ti piaccia o no, scegli il rosso, il colore dell’amore e del sangue.
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Il rinchiudersi dei sacerdoti nell’ambiente cristiano è anacronistico quanto il credente che si dichiara non praticante.
*
Passare tutto il tempo con persone che hanno una fede salda è amputare il sacerdozio della sua spinta congenita, è strappargli le radici e spezzargli le gambe, e fare tutto questo a Cristo, che non può più andare ai lati delle strade ad aspettare il figlio prodigo.
*
Non essere piccolo, lento, stretto, corto e nemmeno giusto nelle tue misure. Pensa ai tre anni di Gesù, sfibranti, intensi, fiammeggianti. Finché il cuore è attivo, fai il piromane con Lui: «Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!».
*
Un prete freddo e distante è inutile qui in terra; con la sua sola presenza, è il più dannoso degli uomini.
*
Rallegrati se le persone che incontri non sono a posto sul piano religioso, e se Cristo ti fa la grazia di avere il pubblico di san Paolo che non sapeva niente del Dio vero! Eccoti nel cuore della tua principale missione.
*
Credi mica che Dio ti dia le anime su un vassoio, ben disposte, sottomesse e tutte ascolto? Ma come fai a essere tanto immaturo? Dio ti manda gli storpi, i pazzi furiosi, le anime dannate, gli stupidi, i balordi, le menti ottuse, ma sono tutti figli amati da Dio. Su, faGli piacere, salvali!
*
Il tuo carattere è il volto di Dio per quelli che ti avvicinano. È così che Egli vince o perde.
*

Se ogni giorno, prendendo il crocifisso, puoi baciare il Corpo di Colui che servi e che stai stringendo nelle mani dicendogli: “Amore mio”, puoi dirti che stai bene. Altrimenti, mettiti a cercare l’intruso.
*
E non dimenticare che dentro di te la Vergine sente tutto, capisce tutto, accoglie tutto e ‒ soprattutto ‒ ripara tutto. Allora approfittane, e vivi con Maria come si vive un amore. Non è semplice? E talmente appagante!

mercoledì 22 gennaio 2014

Sintesi dei Messaggi di Gesù a Maria Valtorta: DIFENDI IL TESORO DELLA FEDE!


 Sintesi dei Messaggi di Gesù a Maria Valtorta




- Da un clero troppo cultore di razionalismo e troppo al servizio del potere politico, non può che venire un periodo molto oscuro per la chiesa. (11.XII.43, Quaderno 10)
- Nell' ultimo giorno, quando il tempo e gli uomini saranno illuminati da ogni punto e lato, si vedrà la ingrata lacuna lasciata da voi, cattolici, da secoli, mentre gli altri, idolatri ed eretici, affascinati dal Cristo, signore santo, saranno affluiti con le loro anime. (28.XI.43, Quaderno 9)

- Come i primi martiri, gli ultimi saranno falciati... nella persecuzione nella persecuzione estrema. (23.VII.43. Quaderno 4)
- Malattie ripugnanti a marchio del vostro vizio, sangue nelle acque... fuoco dal sole... tenebre... tutto ciò per indurvi a riflettere e a pentirvi. E non gioverà. Continuerete a precipitare... preparando la strada al re d'Oriente ossia al figlio del male. (24.VII.43, Quaderno 2)

- Non vi resta che pregare per coloro che dovranno subire... perchè la forza non manchi in essi e non passino a far parte di coloro che bestemmieranno Dio invece di chiamarlo in loro aiuto. Molti di questi sono già sulla terra e il loro seme sarà sette volte più demoniaco di essi. (20.VIII.43, Quaderno 2)
- La fame, la spada, la pestilenza vi stringeranno i corpi con le loro funi e disperazione e terrore per le anime cieche. (29.XII.43)
- Quando l'ultimo tentativo sarà compiuto. Satana verrà per l'ultima volta e troverà seguaci ai quattro angoli della Terra. (22.VIII.43, Quaderno 2)

- La carestia e la mortalità per le epidemie saranno uno dei segni precursori della mia seconda venuta. La fame dalle rapine e dalla guerra... dall'arresto, per volere di Dio, delle leggi cosmiche per cui il gelo aspro e protratto, per cui le stagioni saranno invertite... la fame tormenterà crudelmente questa razza proterva e nemica di Dio. (29.X.43, Quaderno 8)
- Vinto l'anticristo, verrà il periodo di pace per dare tempo agli uomini, percorsi dallo stupore delle sette piaghe e della caduta di Babilonia, di raccogliersi sotto il mio segno. (27.VIII.43, Quaderno 3)




Verrà l'Anticristo



23 ottobre 1947.

Dice Gesù: "Il tuo Anno Santo lo hai avuto nel tuo cinquantesimo anno. Mi hai avuto come tu sola sai. E resti in questo tuo anno giubilare sinché esso ti si muterà in un secolo eterno di pace paradisiaca. Ma l'Anno Santo che verrà dovrà essere marcato da un suo carattere speciale: il carattere mariano".



È stato celebrato l'Anno Santo straordinario nel 19°mo centenario della mia Passione. La Sapienza  infinita amerebbe che fosse celebrato anche questo altro centenario della Assunzione gloriosa di mia Madre al Cielo, e che questa celebrazione desse uno speciale carattere al prossimo Anno Santo. La Sapienza infinita amerebbe che fosse sentito questo dovere, questo bisogno, questa previdenza di dare carattere di trionfo mariano e perciò di incentivo al culto per Maria, Salvezza vostra - in questo scorcio terribile di questo secolo terribile nel quale può avvenire la completa apertura dei sette sigilli per punizione di Dio - al prossimo Anno Santo. Già da troppi secoli la cristianità attende questa proclamazione trionfale della Vergine Madre, da Dio assunta in Cielo per essere gioia a Dio di cui fu Tempio vivo in terra, e Regina dei celesti cori e del popolo dei Santi.


In verità molti dei sigilli sono già stati aperti. Ma guai se fossero aperti tutti, e se lo saranno! Anticipate l'ora del trionfo della Donna, capostipite dei segnati del segno dei servi di Dio, degli eletti la cui dimora è il Cielo. Anticipate l'ora del trionfo di Maria, su Satana, sul mondo, la materia, la morte, vinta da Noi due volte, vinta in Lei creatura anche nel non conoscere la morte spirituale del peccato oltreché nella carne sua, che non si corruppe e che qui vive. Anticipate l'ora del trionfo di Maria. Si uniscano agli Angeli, capitanati da Michele, gli uomini, donne, fanciulli, della Chiesa Una, Santa, Cattolica, Apostolica, Romana, perché sia abbattuto per  un tempo il dragone dalle sette teste, dieci corna e sette diademi maledetti: le sette seduzioni.

E la cristianità abbia tempo per riunirsi e fortificarsi nella carità e nella fede e stringersi in difesa per l'ultima battaglia. Guai se venisse proclamata regina la donna vestita di porpora e scarlatto, cui fa trono la bestia immonda dai nomi di bestemmia, prima che sia proclamata Regina degli Angeli e degli uomini, con parola infallibile, la Donna vestita di sole, i cui piedi calcano la luna e il cui capo s'incorona di stelle.


Non vi può essere una seconda Redenzione compiuta da Me Cristo. Ma ancor una ve ne può essere per salvare dalle spire infernali un più gran numero di spiriti: quella di Maria gloriosa. Nel culto di Lei sta il segreto dell'estrema redenzione. Se sentiranno Me nelle parole dell'Opera, comunicherai queste altre parole a Colui che sai".

Dice Gesù: "Per avere avuto da 20 secoli tutto quanto è necessario perché l'uomo possa possedere il Regno eterno e raggiungere il fine per cui fu creato, non vi sarà una seconda redenzione da parte dell'Uomo-Dio. L'uomo, che per debolezza perda la Grazia, ha i mezzi per riacquistarla e redimersi. Come da se cade, così da se può redimersi, usando i doni perpetui che Cristo ha istituiti per tutti gli uomini che vogliano attingervi. E non verrà per una seconda Evangelizzazione, il Verbo del Padre. Non verrà personalmente. Eppure evangelizzerà. Susciterà nuovi evangelizzatori che evangelizzeranno il suo Nome.



Evangelizzeranno in una forma nuova, consona ai tempi, forma nuova che sostanzialmente non cambierà il Vangelo eterno, nè la grande Rivelazione, ma la amplierà, completerà e renderà comprensibile e accettabile anche a coloro che, a causa del loro ateismo o della loro incredulità sui Novissimi e su molte altre verità rivelate, adducono la ragione che "non possono credere cose che non comprendono, né amare essi di cui si conosce troppo poco, e quel poco è tale da spaurire e sconfortare in luogo di attirare e incoraggiare".



Nuovi evangelizzatori. In verità ci sono già, anche se il mondo in parte li ignora e in parte li osteggia. Ma saranno sempre più numerosi, e il mondo, dopo averli ignorati, o scherniti, od osteggiati, quando il terrore prenderà gli stolti che ora deridono i nuovi evangelizzatori, si volgerà a loro perchè siano forza, speranza, luce nelle tenebre, nell'orrore, nella tempesta della persecuzione degli anticristi in atto. Perchè se è vero che prima della fine dei tempi sorgeranno sempre più dei falsi profeti servi dell'Anticristo, altrettanto è vero che il Cristo Signore opporrà ad essi sempre più numerosi suoi servi, suscitando novelli apostoli là dove meno lo si crede.


E dato che l'infinita Misericordia, per pietà dei miseri uomini travolti dalla bufera di sangue, di fuoco, di persecuzione, di morte, farà risplendere sul mare di sangue e d'orrore la pura Stella del Mare, Maria, che sarà la precorritrice del Cristo nella sua ultima venuta, questi nuovi evangelizzatori   evangelizzeranno Maria, in verità troppo lasciata in ombra dagli Evangelisti e dagli Apostoli e Discepoli tutti, mentre una più vasta conoscenza di Lei avrebbe ammaestrato tanti, impedendo tante cadute. Perchè Ella è Corredentrice e Maestra.


Maestra di vita pura, umile, fedele, prudente, pietosa, pia, nella casa e tra le genti del suo tempo. Maestra sempre, nei secoli, degna d'esser tanto più conosciuta  più il mondo scende verso il fango e la tenebra, per esser tanto più imitata onde riportare il mondo verso ciò che non è tenebra e fango. I tempi che avanzano saranno tempi di guerra non solo materiale, ma soprattutto di guerra tra materialità e spirito.
L'Anticristo  cercherà di trascinare le creature razionali verso il pantano di una vita bestiale. Il Cristo cercherà di impedire questo rinnegamento, non solo della religione ma persino della ragione, aprendo orizzonti nuovi e vie illuminate di luci spirituali, suscitando, in chiunque apertamente   non lo respinga, un risveglio potente dello spirito, risveglio aiutato da questi nuovi evangelizzatori non soltanto del Cristo ma della Madre di Dio. Alzeranno lo stendardo di Maria. Porteranno a Maria. E Maria, che già una volta fu causa e fonte, indiretta ma sempre potente, della redenzione dell'uomo, lo sarà ancora. Perchè Ella è la Santa Avversaria del perfido Avversario, e il suo calcagno è destinato a schiacciare in perpetuo l'infernale dragone, come la Sapienza, che ha fatto in Lei sede, è destinata a vincere le eresie che corrompono anime ed intelletti.
In quel tempo, che è inevitabile che venga, in cui le tenebre lotteranno con la luce, la bestialità con lo spirito, la satanicità con i superstiti figli di Dio, Babilonia con  la Gerusalemme celeste, e le lussurie di Babilonia, le triplici lussurie, strariperanno come acque fetide e incontenibili, infiltrandosi per ogni dove, sin nella Casa di Dio, come già fu e come è detto che dovrà di nuovo essere, in quel tempo di separazione aperta tra i figli di Dio e di Satana, in cui i figli di Dio avranno raggiunto una potenza di spirito sin ora mai raggiunta, e quelli di Satana una potenza di male talmente vasta che nessuna mente può immaginarla quale sarà realmente, verrà la nuova evangelizzazione, la piena nuova evangelizzazione, che per ora ha i primi avversati risvegli.


Ed essa opererà grandi miracoli di conversione e di perfezione. E grandi conati d'odio satanico, contro Cristo e la Donna. Ma ambedue non potranno essere raggiunti dai loro nemici. Non sarebbe conveniente nè utile che lo fossero. Non si può recare offesa suprema a Dio colpendo i Due a Lui più cari: il Figlio, la Madre, che già, nel loro tempo, tutte le più odiose e dolorose offese subirono, ma che ora, già glorificati da secoli, non potrebbero, senza immediato orrendo castigo divino sugli offensori, venire offesi.
Per questo, con mezzi nuovi, sarà al giusto modo e momento operata l'estrema evangelizzazione, e coloro che sono ansiosi di Luce e di Vita le avranno, piene, perfette, date con un mezzo noto solo ai due Donatori, da Gesù e Maria. Soltanto chi avrà eletto per se tenebra e fango, eresia e odio a Dio e a Maria, ossia i già morti prima d'esser morti, gli spiriti putridi, gli spiriti venduti a Satana e ai suoi servi, ossia i precursori dell'Anticristo ed esso stesso, avranno tenebre e fango e tormento e odio eterno, come è giusto che sia, quando Colui che deve venire verrà".

Dice Gesù: "È detto, e da parola divina parlante ai Profeti, e dalla divina incarnata Parola del Padre parlante ai suoi eletti, che"grandi abominazioni quale la gelosia, e orribili abominazioni quale l'adorazione a idoli umani (e la scienza priva di sapienza ne è uno) e perversione con l'adorazione a ciò che non è da venerarsi" verranno nel Tempio (Ezechiele c.8° v. 1-17), e che"dopo che sarà ucciso il Cristo e non sarà più suo il  popolo che lo rinnegherà, la città e il santuario saranno distrutti da un popolo che verrà, il cui scopo sarà la devastazione, e finita essa verrà la desolazione decretata...e verranno meno le ostie e i sacrifici, e nel tempio sarà l'abominazione della desolazione, che durerà sino alla fine" (Daniele c.9° v.26-27); e ancora, a conferma diretta, da parte della Parola, alle parole dei suoi annunciatori, i profeti:"Quando vedrete l'abominio della desolazione nel luogo santo,...allora la tribolazione sarà grande, quale non fu dal principio dei secoli...e dopo la tribolazione...vedranno il Figlio dell'Uomo" (Matteo c.24 v.15,21,29 e 30). E la carità che si raffredderà in troppi cuori sarà uno dei segni precursori della fine (Mat. c.24 v.12).



È detto. E verrà. Aprite gli occhi spirituali, per leggere le predizioni del Cielo! Se li aprirete, leggerete la verità, e vedrete quali sono i veri segni della fine, e come essa sia già in atto. Per Colui che è eterno, un secolo è men di un minuto. Quindi non è detto che sia domani. Ma se ancor lungo sarà il cammino perchè tutto sia compiuto, le cose che già avvengono vi dicono che già si è iniziato il processo finale. Le grandi abominazioni: la gelosia dove dovrebbe essere solo carità fraterna, l'eccesso di amore alla scienza umana dove dovrebbe essere solo amore fedele alla Sapienza fonte della Rivelazione, compromessi tra ciò che dà utile terreno e ciò che da utile soprannaturale per avere l'utile immediato, il Cristo ucciso in troppe anime, troppo suo popolo divenuto rinnegatore del suo Salvatore. Queste le cose preparatorie.




Poi "il popolo che verrà", con lo scopo di devastare. Un altro profeta disse"Quando il popolo del settentrione...Un gran tumulto dalle terre del settentrione...Ecco venire dal settentrione..." (Geremia c.6° v.22, c.10 v.22, c.50° v.41). L'una e l'altra predizione sono tanto chiare che basta alzare gli occhi e saper vedere, e voler vedere, per capire.
E che devasterà? Oh! non solo gli edifici ed i paesi. Ma soprattutto la fede, la morale, le anime. E non tutte le anime devastate saranno anime comuni. E i sacrifici e le ostie verran meno non potendosi più avere la libertà di culto, e temendo, in molti, d'esser presi per questo. Già, pur non essendo ancora in atto la devastazione e la persecuzione, molti rinnegano la via già scelta, perché l'abominio si spande come perfida gramigna, e la carità si raffredda mentre sorgono i falsi profeti di cui parla il Cristo nel capo 24 di Matteo e Paolo nel c. II della II epistola ai Tessalonicesi.


Per ora quelli soli. Ma poi verrà colui che essi precorrono: l'Anticristo, al quale essi avranno preparato la via affievolendo la carità, così come il Battista aveva preparato le vie al Cristo insegnando la carità, di cui era pieno essendo "ripieno di Spirito Santo fin dal seno di sua madre" (Luca c.I v.15), come mezzo indispensabile per potersi unire a Cristo e vivere la vita di Dio. (Sugli insegnamenti di carità del Battista vedere luca c.III v.10-14).



Vorranno Eliminare la Santa Eucarestia 

Gesù ad Apostoli e Discepoli: "Ma anche in verità vi dico che ugualmente sarà distrutta la Terra quando l'abominio della desolazione entrerà nel novello Sacerdozio conducendo gli uomini all'apostasia per abbracciare le dottrine d'inferno. Allora sorgerà il figlio di Satana e i popoli gemeranno in un tremendo spavento, pochi restando fedeli al Signore, e allora anche, fra convulsioni d'orrore, verrà la fine dopo la vittoria di Dio e dei suoi pochi eletti, e l'ira di Dio su tutti i maledetti.


Guai, tre volte guai se per quei pochi non ci saranno ancor santi, gli ultimi padiglioni del Tempio di Cristo! Guai, tre volte guai se, a confortare gli ultimi cristiani, non ci saranno veri Sacerdoti come ci saranno per i primi. In verità l'ultima persecuzione sarà orrenda, non essendo persecuzione d'uomini ma del figlio di Satana e dei suoi seguaci. Sacerdoti? Più che sacerdoti dovranno essere quelli dell'ultima ora, tanto feroce sarà la persecuzione delle orde dell'Anticristo. Simili all'uomo vestito di lino che tanto è santo da stare al fianco del Signore, nella visione di Ezechiele essi dovranno instancabili segnare con la loro perfezione un Tau sugli spiriti dei pochi fedeli perchè le fiamme d'inferno non cancellino quel segno.



Sacerdoti? Angeli. Angeli agitanti il turibolo carico degli incensi delle loro virtù per purificare l'aria dai miasmi di Satana. Angeli? Più che angeli: altri Cristi, altri Me, perchè i fedeli dell'ultimo tempo possano perseverare fino alla fine. Questo dovranno essere. 

Ma il bene e il male futuro ha radice nel presente. Le valanghe hanno inizio da un fiocco di neve. Un sacerdote indegno, impuro, eretico, infedele, incredulo, tiepido o freddo, spento, insipido, lussurioso, fa un male decuplo di quello di un fedele colpevole degli stessi peccati, e trascina molti altri al peccato. 

La rilassatezza nel Sacerdozio, l'accoglimento di impure dottrine, l'egoismo, l'avidità, la concupiscenza nel Sacerdozio, voi sapete dove sfocia: nel deicidio.



Ora, nei secoli futuri, non potrà più essere ucciso il Figlio di Dio, ma la fede in Dio, l'idea di Dio, sì. Perciò sarà compiuto un deicidio ancor più irreparabile perchè senza risurrezione. Oh! si potrà compiere, sì. Io vedo... Si potrà compiere per troppi Giuda di Keriot dei secoli futuri. Orrore!...



La mia Chiesa scardinata dai suoi stessi ministri! E Io che la sorreggo con l'aiuto delle vittime. Ed essi, i Sacerdoti, che avranno unicamente la veste e non l'anima del Sacerdote, che aiutano il ribollire delle onde agitate dal Serpente infernale contro la tua barca, o Pietro. In piedi! Sorgi! Trasmetti quest'ordine ai tuoi successori: "Mano al timone, sferza sui naufraghi che hanno voluto naufragare, e tentano di far naufragare la barca di Dio". Colpisci, ma salva e procedi. Sii severo, perchè sui predoni giusto è il castigo. Difendi il tesoro della fede. Tieni alto il lume come un faro sopra le onde sconvolte, perchè quelli che seguono la tua barca vedano e non periscano. Pastore e nauta per i tempi tremendi, raccogli, guida, solleva il mio Vangelo perchè in questo e non in altra scienza è la salute.


Verranno i tempi nei quali, così come avvenne da noi d'Israele e ancor più profondamente, il Sacerdozio crederà d'essere classe eletta perchè sa il superfluo e non conosce più l'indispensabile, o lo conosce nella morta forma con cui ora conoscono i Sacerdoti la Legge: nella vesta essa, esageratemente aggravata di frange, ma non nel suo spirito. Verranno i tempi nei quali tutti i libri si sostituiranno al Libro, e questo sarà solo usato così come uno, che deve forzatamente usare un oggetto, lo maneggia meccanicamente, così come un contadino ara, semina, raccoglie senza meditare sulla meravigliosa provvidenza che è quel moltiplicarsi di semi che ogni anno si rinnovella: un seme gettato in terra smossa che diviene stelo, spiga, poi farina e poi pane per paterno amore di Dio.



Chi, mettendosi in bocca un boccone di pane, alza lo spirito a Colui che ha creato il primo seme e da secoli lo fa rinascere e crescere, dosando le piogge e il calore perchè si schiuda e si alzi e maturi senza marcire o senza bruciarsi? Così verrà il tempo che sarà insegnato il Vangelo scientificamente bene, spiritualmente male. Or che è la scienza se manca sapienza? Paglia è. Paglia che gonfia e non nutre. E in verità vi dico che un tempo verrà nel quale troppi fra i Sacerdoti saranno simili a gonfi pagliai, superbi pagliai che staranno impettiti nel loro orgoglio d'esser tanto gonfi, come se ancor le spighe fossero in vetta alle paglie, e crederanno d'esser tutto perchè invece del pugnello di grani, il vero nutrimento che è lo spirito del Vangelo, avranno tutta quella paglia: un mucchio! Un mucchio! Ma può bastare la paglia? Neppure per il ventre del giumento essa basta, e se il padrone dello stesso non corrobora l'animale con biade ed erbe fresche, il giumento nutrito di sola paglia deperisce e anche muore.



Eppure Io vi dico che un tempo verrà nel quale i Sacerdoti, immemori che con poche spighe Io ho istruito gli spiriti alla Verità, e immemori anche di ciò che è costato al loro Signore quel vero pane dello spirito, tratto tutto e solo dalla Sapienza Divina, detto dalla Divina Parola, dignitoso nella forma dottrinale, instancabile nel ripetersi, perchè non si smarrissero le verità dette, umile nella forma, senza orpelli di scienze umane, senza completamenti di storici e geografici, non si cureranno dell'anima di esso, ma della veste da gettargli sopra per mostrare alle folle quante cose essi sanno, e lo spirito del Vangelo si smarrirà in loro sotto valanghe di scienza umana.



E se non lo possiedono come possono trasmetterlo? Che daranno ai fedeli questi pagliai gonfi? Paglia. Che nutrimento ne avranno gli spiriti dei fedeli? Tanto da trascinare una languente vita. Che frutto matureranno da questo insegnamento e da questa conoscenza imperfetta del Vangelo? Un raffreddarsi di cuori, un sostituirsi di dottrine eretiche, di dottrine e idee ancor più che eretiche, all'unica, vera dottrina, un prepararsi il terreno alla Bestia per il suo fugace regno di gelo, di tenebre e orrore. In verità vi dico che come il Padre e Creatore moltiplica le stelle perchè non si spopoli il cielo per quelle che, finita la loro vita, periscono, così ugualmente Io dovrò evangelizzare cento e mille volte dei discepoli che spargerò fra gli uomini e fra i secoli. E anche in verità vi dico che la sorte di questi sarà simile alla mia: la sinagoga e si superbi li perseguiteranno come mi hanno perseguitato.



Ma tanto Io che essi abbiamo la nostra ricompensa: quella di fare la Volontà di Dio e di servirlo sino alla morte di croce perché la sua gloria risplenda e la sua conoscenza non perisca. Ma tu, Pontefice, e voi, Pastori, in voi e nei vostri successori vegliate perchè non si perda lo spirito del Vangelo e instancabilmente pregate lo Spirito Santo perchè in voi si rinnovelli una continua Pentecoste - voi non sapete ciò che voglio dire, ma presto lo saprete - onde possiate comprendere tutti gli idiomi e discernere  e scegliere le mie voci da quelle della Scimmia di Dio: Satana.


E non lasciate cadere nel vuoto le mie voci future. Ognuna di esse è una misericordia mia in vostro aiuto, e tanto più numerose saranno quanto più per ragioni divine Io vedrò che il Cristianesimo ha bisogno di esse per superare le burrasche dei tempi.

Pastore e nauta, Pietro! Pastore e nauta. Non ti basterà un giorno esser pastore se non sarai nauta, ed esser nauta se non sarai pastore. Questo e quello dovrai essere per tenere radunati gli agnelli che tentacoli infernali e artigli feroci cercheranno di strapparti o menzognere musiche di promesse impossibili ti sedurranno, e per portare avanti la barca presa da tutti i venti del settentrione e del mezzogiorno e dell'oriente e dell'occidente, schiaffeggiata e sbattuta dalle forze del profondo, saettata dagli arcieri della Bestia, sbruciacchiata dall'alito del dragone, e spezzata sui bordi dalla sua coda, di modo che gli imprudenti saranno arsi e periranno precipitando nell'onda sconvolta.



Pastore e nauta nei tempi tremendi...E tua bussola il Vangelo. In esso è la Vita e la Salute. E tutto è detto in esso. Ogni articolo del Codice santo, ogni risposta per i casi molteplici delle anime, sono in esso. E fa che da esso non si scostino Sacerdoti e fedeli. Fa che non vengano dubbi su esso. Alterazioni di esso. Sostituzioni e sofisticazioni di esso. Il Vangelo è Me stesso. Dalla nascita alla morte. Nel Vangelo è Dio. Perché in esso sono manifeste le opere del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo. Il Vangelo è amore. "La mia Parola è Vita". Ho detto:"Dio è carità".


Conoscano dunque i popoli la mia Parola e abbiano l'amore in loro, ossia Dio. Per avere il Regno di Dio. Perché chi non è in Dio non ha in se la Vita. Perché quelli che non accoglieranno la Parola del Padre non potranno essere una sola cosa col Padre, con Me e con lo Spirito Santo in Cielo, e non potranno essere del solo Ovile che è santo così come Io voglio. Non saranno tralci uniti alla Vite perché chi respinge in tutto o parte al mia Parola è un membro nel quale più non scorre la linfa della Vite. La mia Parola è succo che nutre, fa crescere e portare frutto.




Tutto questo farete in memoria di Me che ve l' ho insegnato. Molto ancora avrei da dirvi su quanto ho detto ora. Ma Io ho soltanto gettato il seme. Lo Spirito Santo ve lo farà germogliare. Ho valuto darvi Io il seme perché conosco i vostri cuori e so come titubereste di paura per comandi spirituali, immateriali. La paura di un inganno vi paralizzerebbe ogni volontà. Perciò Io per il primo vi ho parlato di tutte le cose. Poi il Paraclito vi ricorderà le mie parole e ve le amplificherà nei particolari. E voi non temerete perché ricorderete che il primo seme ve l' ho dato Io. Lasciatevi condurre dallo Spirito Santo.




Se la mia Mano era dolce nel guidarvi, la sua Luce è dolcissima. Egli è Amore di Dio. Così Io me ne vado contento perché so che Egli prenderà il mio posto e vi condurrà alla conoscenza di Dio. Ancora  non lo conoscete nonostante tanto vi abbia detto di Lui. Ma non è colpa vostra. Voi avete fatto di tutto per per comprendermi e perciò siete giustificati se anche per tre anni avete capito poco. La mancanza della Grazia vi ottundeva lo spirito. Anche ora capite poco benché la Grazia di Dio sia scesa su di voi dalla mia croce. Avete bisogno del Fuoco.

Un giorno ho parlato di questo a un di voi, andando lungo le vie del Giordano. L'ora è venuta. Io me ne torno al Padre mio, ma non vi lascio soli perché lascio a voi l'Eucarestia ossia il vostro Gesù fatto cibo agli uomini. E vi lascio l'Amico: il Paraclito. Esso vi condurrà. Passo le vostre anime dalla mia luce alla sua Luce ed Egli compirà la vostra formazione.

"Tu sei la Madre, voglio essere Tuo figlio,
solo Tuo figlio, solo Tuo
nella vita e nella morte!
Dovrà il più povero dei Tuoi figli
lasciarTi senza essere soccorso?
RicordaTi, dolce Maria, Tu sei
mia Madre e mia Regina, e 
tutta la mia Speranza"

AMDG et DVM

giovedì 9 gennaio 2014

Anch'io voglio capire – e lo chiedo ai lettori ... - che cosa deve ancora accadere in questa Chiesa perché i cattolici si alzino, una buona volta, in piedi. Si alzino in piedi e si mettano a gridare dai tetti tutta la loro indignazione. Attenzione: io mi rivolgo ai singoli cattolici. Non alle associazioni, alle conventicole, ai movimenti, alle sette che da anni stanno cercando di amministrare conto terzi i cervelli dei fedeli, dettando la linea agli adepti. Che mi sembrano messi tutti sotto tutela come dei minus habens, eterodiretti da figure più o meno carismatiche e più o meno affidabili. No, no: qui io faccio appello alle coscienze dei singoli, al loro cuore, alla loro fede, alla loro virilità. Prima che sia troppo tardi. // Prima che si arrivi a dare "il colpo di grazia" all’Italia //



"Prima che sia troppo tardi" : magistrale e commovente Palmaro


"..mi rimane però il problema di quel mio figlio di sette anni e di altri tre già più grandi, ai quali io non voglio e non posso dare come risposta i barconi che affondano a Lampedusa, i gay esempio di purezza del cardinale Shoenborn, il meticciato e l’elogio della cultura rom del cardinale Scola, il disprezzo per le randellate dottrinali secondo Papa Francesco, Mogavero che fa l’elogio delle unioni civili"..

"..il problema è nostra Madre la Chiesa, che ha deciso di mollarci nella giungla del Vietnam: gli elicotteri sono ripartiti e noi siamo rimasti giù, a farci infilzare uno dopo l’altro dai vietcong relativisti. Per me, non mi lamento, per le ragioni che sai. E poi perché preferisco mille volte essere rimasto qui, ad aspettare i vietcong, piuttosto che salire su quegli elicotteri.."

Segue una lettera scritta dal Prof. Palmaro a La Nuova Bussola Quotidiana
Analisi limpida e appassionata che condividiamo in toto, appello "alle coscienze dei singoli, al loro cuore, alla loro fede, alla loro virilità" ( anche a quella del femmineo spirito.."fortem virili pectore laudemus omnes feminam.." ) cui vogliamo rispondere: ADSUM!
Le sottolineature sono nostre.
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Caro direttore, 

ho letto il tuo editoriale del 3 gennaio – “Renzi, se questo è il nuovo che avanza” – e non posso che condividere la tua analisi sulla figura del nuovo segretario del Pd, sulla sua furbizia disinvolta, sul suo trasformismo, sulle contraddizioni inevitabili tra il suo dirsi cattolico e il promuovere cose che contrastano non solo con il catechismo ma con la legge naturale. Aggiungo i miei complimenti per quello che fai da tempo con la Bussola su questa frontiera dell’offensiva omosessualista e non voglio rimproverarti nulla.

Però avverto la necessità di scrivere a te e ai lettori ciò che penso. In tutta sincerità: ma il nostro problema è davvero Matteo Renzi? Cioè: noi davvero potevamo aspettarci che uno diventa segretario del Partito democratico, e poi si mette a difendere la famiglia naturale, la vita nascente, a combattere la fecondazione artificiale  e l’aborto, a contrastare l’eutanasia? Ma, scusate lo avete presente l’elettorato del Pd, cattolici da consiglio pastorale, suore e parroci compresi? Secondo voi, quell’elettorato che cosa vuole da Renzi? Ma è ovvio: i matrimoni gay e le adozioni lesbicamente democratiche. Ma, scusate, avete mai ascoltato in pausa pranzo l’impiegato medio che vota a sinistra? Secondo voi, vuole la difesa del matrimonio naturale o vuole le case popolari per i nostri fratelli omosessuali, così orribilmente discriminati? Smettiamola di credere che il problema siano Niki Vendola o i comunisti estremisti brutti e cattivi, e che l’importante è essere moderati: qui i punti di riferimento dell’uomo medio sono Fabio Fazio e Luciana Littizzetto, le coop e Gino Strada, Enzo Bianchi ed Eugenio Scalfari. Renzi mette dentro nel suo frullatore questi ingredienti essenziali del suo elettorato, miscelandoli con dosi omeopatiche di don Ciotti e don Gallo, e il risultato è il beverone perfetto che tiene insieme la parrocchietta democratica e l’Arcigay. Aspettarsi qualche cosa di diverso da lui sarebbe stupido. 

Lo scandalo, scusate, è un altro. Di fronte a Renzi che fa il Segretario del Pd e strizza l’occhio ai gay, lo scandalo è ascoltare gli esponenti del Nuovo Centro Destra che dicono: “Le unioni civili non sono delle priorità del governo”. Capite bene? Non è che l’NCD salta come una molla e intima: noi queste unioni non le voteremo mai. No: dice che non sono una priorità. Uno incontra Hitler che dice: voglio costruire le camere a gas, e che cosa gli risponde: “Adolf, ma questa non  è una priorità”. Facciamole, facciamole pure, ma con calma. Ho visto al Tg1 il cattolico ministro Lupi che spiegava la faccenda. Volto imbarazzatissimo, l’occhio terrorizzato di uno che pensa (ma posso sbagliarmi): mannaggia, mi tocca parlare di principi non negoziabili e di gay, adesso mi faranno fare la stessa fine di Pietro Barilla, mi toccherà lasciare il mio ministero così strategico e così importante, con il quale posso fare tanto bene al mio Paese. E al mio movimento. Ed eccolo rifugiarsi, Lupi come tutti gli altri cuor di leone del partito di Angiolino e della Roccella, nella famosa faccenda delle priorità: no, le unioni civili non sono una priorità. Palla in calcio d’angolo, poi dopo vediamo. Ovviamente poi c’è il peggio: allo stesso Tg1 c’era Scelta Civica che intimava: dobbiamo difendere i diritti delle persone omosessuali. Scelta civica… credo si tratti di quello stesso partito che fu costruito a furor di Todi 1 e Todi 2, e che i vescovi italiani avevano eretto a nuovo baluardo dei valori non negoziabili dietro la cattolicissima leadership di Mario Monti. Poi c’è il peggio del peggio, e nello stesso Tg c’era una tizia di Forza Italia che trionfante annunciava che loro avrebbero miscelarlo le loro proposte sui diritti dei gay con quelle di Renzi. Ho udito qualche rudimentale rullo di tamburo contro le unioni civili dalle parti della Lega di Salvini, flebilmente da Fratelli d’Italia. Punto.

No, caro direttore, il mio problema non è Matteo Renzi. Il mio problema è la Chiesa cattolica. Il problema è che in questa vicenda, in questo scatenamento planetario della lobby gay, la Chiesa tace. Tace dal Papa fino all’ultimo cappellano di periferia. E se parla, il giorno dopo Padre Lombardi deve rettificare, precisare, chiarire, distinguere. Prego astenersi dal rispolverare lettere e dichiarazioni fatte dal Cardinale Mario Jorge Bergoglio dieci anni fa: se io oggi scopro mio figlio che si droga, cosa gli dico: “vai a rileggerti la dichiarazione congiunta fatta da me e da tua madre sei anni fa in cui ti dicevamo di non drogarti”? O lo prendo di petto e cerco di scuoterlo, qui e ora, meglio che posso? 

Caro direttore, in questa battaglia, dov’è la conferenza episcopale, dove son i vescovi? Silenzio assordante. Anzi, no:  monsignor Domenico Mogavero - niente meno che canonista, vescovo di Mazara del Vallo ed ex sottosegretario della Cei – ha parlato, eccome se ha parlato: “La legge non può ignorare centinaia di migliaia di conviventi: senza creare omologazioni tra coppie di fatto e famiglie, è giusto che anche in Italia vengano riconosciute le unioni di fatto”. Per Mogavero, “lo Stato può e deve tutelare il patto che due conviventi hanno stretto fra loro. Contrasta con la misericordia cristiana e con i diritti universali – osserva – il fatto che i conviventi per la legge non esistano. Oggi, se uno dei due viene ricoverato in ospedale, all’altro viene negato persino di prestare assistenza o di ricevere informazioni mediche, come se si trattasse di una persona estranea”. Conclude il vescovo: “Mi pare legittimo riconoscere diritti come la reversibilità della pensione o il subentro nell’affitto, in virtù della centralità della persona. E’ insostenibile – sottolinea Mogavero – che per la legge il convivente sia un signor Nessuno”. E per la Chiesa, sul cui tema è stata già invitata a riflettere da papa Francesco, in vista del Sinodo straordinario sulla famiglia, “senza equipararle alle coppie sposate, non ci sono ostacoli alle unioni civili”. Amen.

Capisci, caro direttore? Fra poco prenderanno mio figlio di sette anni e a scuola lo metteranno a giocare con i preservativi e i suoi genitali, e la Chiesa di che cosa mi parla? Dei barconi che affondano a Lampedusa, di Gesù che era un profugo, di un oscuro gesuita del ‘600 appena beatificato. No, il mio problema non è Matteo Renzi. Caro direttore, dov’è in questa battaglia l’arcivescovo di Milano Angelo Scola? Fra poco ci impediranno di dire e di scrivere che l’omosessualità è contro natura, e Scola mi parla del meticciato e della necessità di comprendere e valorizzare la cultura Rom. E’ sempre l’arcivescovo di Milano che qualche settimana fa ha invitato nel nostro duomo l’arcivescovo di Vienna Schoenborn qui il Ns articolo sul tema, ndR ]: siccome in Austria la Chiesa sta scomparendo, gli hanno chiesto di venire a spiegare ai preti della nostra diocesi come si ottiene tale risultato, qual è il segreto. Del tipo: questo allenatore ha portato la sua squadra alla retrocessione, noi lo mettiamo in cattedra a Coverciano. E guarda la coincidenza, fra le altre cose: Schoenborn – che veste il saio che fu di San Domenco e di Tommaso d’Aquino - è venuto a spiegare ai preti ambrosiani che lui è personalmente intervenuto per proteggere la nomina in un consiglio parrocchiale di due conviventi omosessuali. Li ha incontrati e, dice Shoenborn, “ho visto due giovani puri, anche se la loro convivenza non è ciò che l’ordine della creazione ha previsto”. Ecco, caro direttore, questa è la purezza secondo un principe della Chiesa all’alba del 2014. E il mio problema dovrebbe essere Matteo Renzi e il Pd? Prenderanno mio figlio di sette anni e gli faranno il lavaggio del cervello per fargli intendere che l’omosessualità è normale, e intanto il mio arcivescovo invita in duomo un vescovo che mi insegna che due gay conviventi sono esempi di purezza?

E vado a finire. Matteo Renzi che promuove le unioni civili è il prodotto fisiologico di un Papa che mentre viaggia in aereo si fa intervistare dai giornalisti e dichiara: “Chi sono io per giudicare” eccetera eccetera. Ovviamente, lo so anche io che non c’è perfetta identità fra le due questioni, che il Papa é contrario a queste cose e che certamente ne soffre, e che è animato da buone intenzioni. Però i fatti sono fatti. A fronte di quella frasetta epocale in bocca a un papa – “chi sono per giudicare”  - ovviamente si possono scrivere vagonate di articoli correttivi e riparatori, cosa che le truppe infaticabili di normalisti hanno fatto e stanno facendo da mesi per spiegare che va tutto ben madama la marchesa. Ma tu ed io sappiamo bene, e lo sa chiunque conosca i meccanismi della comunicazione, che quel “chi sono io per giudicare” è una pietra tombale su qualunque combattimento politico e giuridico nel campo del riconoscimento dei diritti degli omosessuali. Se fossimo nel rugby, ti direi che ha guadagnato in pochi secondi più metri a favore della lobby gay quella frasetta di Papa Francesco, che in decenni di lavoro tutto il movimento omosessualista mondiale. Ti dico anche che vescovi come Mogavero, all’ombra di quella frasetta sul “chi sono io per giudicare” possono costruire impunemente castelli di dissoluzione, e a noi tocca solo tacere.

Intendiamoci: sarebbe da stolti imputare al Papa o alla Chiesa la colpa che gli stati di tutto il mondo stiano normalizzando l’omosessualità: questa marea montante è inarrestabile, non si può fermarla. La ragione è semplice: Londra e Parigi, New York e Roma, Bruxelles e Berlino sono diventate una gigantesca Sodoma e Gomorra. Il punto però è se questo noi lo vogliamo dire e lo vogliamo contrastare e lo vogliamo denunciare, oppure se vogliamo fare i furbi e nasconderci dietro il “chi sono io per giudicare”. Il punto è se anche Sodoma e Gomorra planetari debbano essere trattati con il linguaggio della misericordia e della comprensione. Ma allora, mi chiedo, perché non riservare la stessa misericordia anche ai trafficanti di armi chimiche, agli schiavisti, agli speculatori finanziari? Sono poveri peccatori anche loro? O no? O devo chiedere a Schoenborn di incontrarli a pranzo e di valutare la loro purezza? Caro direttore, la situazione ormai è chiarissima: qualsiasi politico cattolico o intellettuale o giornalista che anche volesse combattere sulla frontiera omosessualista, si troverà infilzato nella schiena dalla mistica della misericordia e del perdono. Siamo tutti totalmente delegittimati, e qualsiasi vescovo, prete, teologo, direttore di settimanale diocesano, politico cattolico-democratico può chiuderci la bocca con quel “chi sono io per giudicare”. Verrebbe impallinato da un Mogavero qualsiasi come un fagiano da allevamento in una battuta di caccia.

Caro direttore, il nostro problema non è Matteo Renzi. Il nostro, il mio problema è che l’altro giorno il Santo Padre ha detto che il Vangelo “non si annuncia a colpi di  bastonate dottrinali, ma con dolcezza.” Anche qui, prego astenersi normalisti e perditempo: lo so anche io che effettivamente il Vangelo si annuncia così -  a parte il fatto che Giovanni il Battista aveva metodi suoi piuttosto bruschi, e nostro Signore lo definisce “il più grande fra i nati di donna” – ma tu sai benissimo che con quella frasetta siamo, tu ed io, tutti infilzati come baccalà. Tu ed io che ci siamo battuti e ci battiamo contro l’aborto legale, contro il divorzio, contro la fivet, contro l’eutanasia, contro le unioni gay, e contro i politici furbi come Matteo Renzi che quella roba la promuovono e la diffondono. Ecco, tu ed io siamo, irrimediabilmente, dei randellatori di dottrina, della gente senza carità, degli eticisti, degli “iteologi” dice qualche giornalista di cielle. E fenomeni come La Bussola e come Il Timone sono esemplari anacronistici di questa mancanza di carità, di questo rigore morale impresentabile. E non basteranno gli sforzi quotidiani e titanici dei normalisti per sottrarre queste testate alla delegittimazione da parte del cattolicesimo ufficiale, perché tutti gli esercizi di equilibrismo e di tenuta dei piedi in due staffe si concludono sempre, prima o poi, con un tragico volo nel vuoto.

Penso anche che il problema – scusa il fatto personale - non siano Gnocchi e Palmaro, brutti sporchi e cattivi, che sul Foglio hanno scritto quello che hanno scritto: io lo riscriverei una, dieci, cento mille volte, perché purtroppo tutto si sta compiendo nel modo peggiore, molto peggiore di quanto noi stessi potessimo prefigurare.

Ecco, caro direttore, perché il mio problema, e il problema tuo, dei cattolici e della gente semplice, non è Matteo Renzi. Il problema è nostra Madre la Chiesa, che ha deciso di mollarci nella giungla del Vietnam: gli elicotteri sono ripartiti e noi siamo rimasti giù, a farci infilzare uno dopo l’altro dai vietcong relativisti. Per me, non mi lamento, per le ragioni che sai. E poi perché preferisco mille volte essere rimasto qui, ad aspettare i vietcong, piuttosto che salire su quegli elicotteri. Magari con la promessa in contropartita di uno strapuntino in qualche consulta clericale tipo Scienza e Vita, o con l’illusione di tessere la tela dentro nel palazzo del potere ufficiale insieme a tutti gli altri movimenti ecclesiali. O con la pazza idea – scritta nero su bianco - che, sì, Gnocchi e Palmaro magari c’hanno ragione ma non dovevano dirlo, perché certe verità non vanno dette, anzi vanno addirittura negate pubblicamente per confondere il nemico.

No, io non mi lamento per me. Mi rimane però il problema di quel mio figlio di sette anni e di altri tre già più grandi, ai quali io non voglio e non posso dare come risposta i barconi che affondano a Lampedusa, i gay esempio di purezza del cardinale Shoenborn, il meticciato e l’elogio della cultura rom del cardinale Scola, il disprezzo per le randellate dottrinali secondo Papa Francesco, Mogavero che fa l’elogio delle unioni civili. A questi figli non posso contare la favola che il problema si chiama Matteo Renzi. Che per lui, fra l’altro, bastano dieci minuti ben fatti di Crozza.

Caro direttore, caro Riccardo, perché mai ti scrivo tutte queste cose? Perché questa notte non ci ho dormito. E perché io voglio capire – e lo chiedo ai lettori della Bussola - che cosa deve ancora accadere in questa Chiesa perché i cattolici si alzino, una buona volta, in piedi. Si alzino in piedi e si mettano a gridare dai tetti tutta la loro indignazione. Attenzione: io mi rivolgo ai singoli cattolici. Non alle associazioni, alle conventicole, ai movimenti, alle sette che da anni stanno cercando di amministrare conto terzi i cervelli dei fedeli, dettando la linea agli adepti. Che mi sembrano messi tutti sotto tutela come dei minus habens, eterodiretti da figure più o meno carismatiche e più o meno affidabili. No, no: qui io faccio appello alle coscienze dei singoli, al loro cuore, alla loro fede, alla loro virilità. Prima che sia troppo tardi.

Questo ti dovevo, carissimo Riccardo. Questo dovevo a tutti quelli che mi conoscono e hanno ancora un po’ di stima per me e per quello che ho rappresentato, chiedendoti scusa per aver abusato della pazienza tua e dei lettori.

Mario Palmaro

domenica 1 dicembre 2013

BELLISSIMA OMELIA DEL SANTO PADRE Benedetto xvi A CONCLUSIONE DELL’ANNO SACERDOTALE, 11.06.2010


CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA A CONCLUSIONE DELL’ANNO SACERDOTALE, 11.06.2010

Alle ore 10 di questa mattina, Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, il Santo Padre Benedetto XVI presiede in Piazza San Pietro la Concelebrazione Eucaristica con i Cardinali, i Vescovi e i Presbiteri a conclusione dell’Anno Sacerdotale.

Pubblichiamo di seguito l’omelia che il Papa pronuncia nel corso della Santa Messa:

OMELIA DEL SANTO PADRE

Cari confratelli nel ministero sacerdotale,
Cari fratelli e sorelle
,

l’Anno Sacerdotale che abbiamo celebrato, 150 anni dopo la morte del santo Curato d’Ars, modello del ministero sacerdotale nel nostro mondo, volge al termine. Dal Curato d’Ars ci siamo lasciati guidare, per comprendere nuovamente la grandezza e la bellezza del ministero sacerdotale. Il sacerdote non è semplicemente il detentore di un ufficio, come quelli di cui ogni società ha bisogno affinché in essa possano essere adempiute certe funzioni. Egli invece fa qualcosa che nessun essere umano può fare da sé: pronuncia in nome di Cristo la parola dell’assoluzione dai nostri peccati e cambia così, a partire da Dio, la situazione della nostra vita. Pronuncia sulle offerte del pane e del vino le parole di ringraziamento di Cristo che sono parole di transustanziazione – parole che rendono presente Lui stesso, il Risorto, il suo Corpo e suo Sangue, e trasformano così gli elementi del mondo: parole che spalancano il mondo a Dio e lo congiungono a Lui. Il sacerdozio è quindi non semplicemente «ufficio», ma sacramento: Dio si serve di un povero uomo al fine di essere, attraverso lui, presente per gli uomini e di agire in loro favore. Questa audacia di Dio, che ad esseri umani affida se stesso; che, pur conoscendo le nostre debolezze, ritiene degli uomini capaci di agire e di essere presenti in vece sua – questa audacia di Dio è la cosa veramente grande che si nasconde nella parola «sacerdozio». Che Dio ci ritenga capaci di questo; che Egli in tal modo chiami uomini al suo servizio e così dal di dentro si leghi ad essi: è ciò che in quest’anno volevamo nuovamente considerare e comprendere. Volevamo risvegliare la gioia che Dio ci sia così vicino, e la gratitudine per il fatto che Egli si affidi alla nostra debolezza; che Egli ci conduca e ci sostenga giorno per giorno. Volevamo così anche mostrare nuovamente ai giovani che questa vocazione, questa comunione di servizio per Dio e con Dio, esiste – anzi, che Dio è in attesa del nostro «sì». Insieme alla Chiesa volevamo nuovamente far notare che questa vocazione la dobbiamo chiedere a Dio. Chiediamo operai per la messe di Dio, e questa richiesta a Dio è, al tempo stesso, un bussare di Dio al cuore di giovani che si ritengono capaci di ciò di cui Dio li ritiene capaci. 

Era da aspettarsi che al «nemico» questo nuovo brillare del sacerdozio non sarebbe piaciuto; egli avrebbe preferito vederlo scomparire, perché in fin dei conti Dio fosse spinto fuori dal mondo

E così è successo che, proprio in questo anno di gioia per il sacramento del sacerdozio, siano venuti alla luce i peccati di sacerdoti – soprattutto l’abuso nei confronti dei piccoli, nel quale il sacerdozio come compito della premura di Dio a vantaggio dell’uomo viene volto nel suo contrario. Anche noi chiediamo insistentemente perdono a Dio ed alle persone coinvolte, mentre intendiamo promettere di voler fare tutto il possibile affinché un tale abuso non possa succedere mai più; promettere che nell’ammissione al ministero sacerdotale e nella formazione durante il cammino di preparazione ad esso faremo tutto ciò che possiamo per vagliare l’autenticità della vocazione e che vogliamo ancora di più accompagnare i sacerdoti nel loro cammino, affinché il Signore li protegga e li custodisca in situazioni penose e nei pericoli della vita. 

Se l’Anno Sacerdotale avesse dovuto essere una glorificazione della nostra personale prestazione umana, sarebbe stato distrutto da queste vicende. Ma si trattava per noi proprio del contrario: il diventare grati per il dono di Dio, dono che si nasconde "in vasi di creta" e che sempre di nuovo, attraverso tutta la debolezza umana, rende concreto in questo mondo il suo amore. 

Così consideriamo quanto è avvenuto quale compito di purificazione, un compito che ci accompagna verso il futuro e che, tanto più, ci fa riconoscere ed amare il grande dono di Dio. In questo modo, il dono diventa l’impegno di rispondere al coraggio e all’umiltà di Dio con il nostro coraggio e la nostra umiltà. La parola di Cristo, che abbiamo cantato come canto d’ingresso nella liturgia odierna, può dirci in questa ora che cosa significhi diventare ed essere sacerdote: "Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore" (Mt 11,29).

Celebriamo la festa del Sacro Cuore di Gesù e gettiamo con la liturgia, per così dire, uno sguardo dentro il cuore di Gesù, che nella morte fu aperto dalla lancia del soldato romano. Sì, il suo cuore è aperto per noi e davanti a noi – e con ciò ci è aperto il cuore di Dio stesso. 

La liturgia interpreta per noi il linguaggio del cuore di Gesù, che parla soprattutto di Dio quale pastore degli uomini, e in questo modo ci manifesta il sacerdozio di Gesù, che è radicato nell’intimo del suo cuore; così ci indica il perenne fondamento, come pure il valido criterio, di ogni ministero sacerdotale, che deve sempre essere ancorato al cuore di Gesù ed essere vissuto a partire da esso. 

Vorrei oggi meditare soprattutto sui testi con i quali la Chiesa orante risponde alla Parola di Dio presentata nelle letture. In quei canti parola e risposta si compenetrano. Da una parte, essi stessi sono tratti dalla Parola di Dio, ma, dall’altra, sono al contempo già la risposta dell’uomo a tale Parola, risposta in cui la Parola stessa si comunica ed entra nella nostra vita. Il più importante di quei testi nell’odierna liturgia è il Salmo 23 (22) – "Il Signore è il mio pastore" –, nel quale l’Israele orante ha accolto l’autorivelazione di Dio come pastore, e ne ha fatto l’orientamento per la propria vita. "Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla": in questo primo versetto si esprimono gioia e gratitudine per il fatto che Dio è presente e si occupa dell’uomo. La lettura tratta dal Libro di Ezechiele comincia con lo stesso tema: "Io stesso cercherò le mie pecore e ne avrò cura" (Ez 34,11). Dio si prende personalmente cura di me, di noi, dell’umanità. 

Non sono lasciato solo, smarrito nell’universo ed in una società davanti a cui si rimane sempre più disorientati. Egli si prende cura di me. Non è un Dio lontano, per il quale la mia vita conterebbe troppo poco. Le religioni del mondo, per quanto possiamo vedere, hanno sempre saputo che, in ultima analisi, c’è un Dio solo. Ma tale Dio era lontano. 

Apparentemente Egli abbandonava il mondo ad altre potenze e forze, ad altre divinità. Con queste bisognava trovare un accordo. Il Dio unico era buono, ma tuttavia lontano. Non costituiva un pericolo, ma neppure offriva un aiuto. Così non era necessario occuparsi di Lui. 

Egli non dominava. Stranamente, questo pensiero è riemerso nell’Illuminismo. Si comprendeva ancora che il mondo presuppone un Creatore. Questo Dio, però, aveva costruito il mondo e poi si era evidentemente ritirato da esso. Ora il mondo aveva un suo insieme di leggi secondo cui si sviluppava e in cui Dio non interveniva, non poteva intervenire. Dio era solo un’origine remota. 

Molti forse non desideravano neppure che Dio si prendesse cura di loro. Non volevano essere disturbati da Dio. Ma laddove la premura e l’amore di Dio vengono percepiti come disturbo, lì l’essere umano è stravolto. È bello e consolante sapere che c’è una persona che mi vuol bene e si prende cura di me. Ma è molto più decisivo che esista quel Dio che mi conosce, mi ama e si preoccupa di me. "Io conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me" (Gv 10,14), dice la Chiesa prima del Vangelo con una parola del Signore. 

Dio mi conosce, si preoccupa di me. Questo pensiero dovrebbe renderci veramente gioiosi. Lasciamo che esso penetri profondamente nel nostro intimo. Allora comprendiamo anche che cosa significhi: Dio vuole che noi come sacerdoti, in un piccolo punto della storia, condividiamo le sue preoccupazioni per gli uomini. Come sacerdoti, vogliamo essere persone che, in comunione con la sua premura per gli uomini, ci prendiamo cura di loro, rendiamo a loro sperimentabile nel concreto questa premura di Dio. 

E, riguardo all’ambito a lui affidato, il sacerdote, insieme col Signore, dovrebbe poter dire: "Io conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me". "Conoscere", nel significato della Sacra Scrittura, non è mai soltanto un sapere esteriore così come si conosce il numero telefonico di una persona. "Conoscere" significa essere interiormente vicino all’altro. Volergli bene. Noi dovremmo cercare di "conoscere" gli uomini da parte di Dio e in vista di Dio; dovremmo cercare di camminare con loro sulla via dell’amicizia con Dio.

Ritorniamo al nostro Salmo. Lì si dice: "Mi guida per il giusto cammino a motivo del suo nome. Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza" (23 [22], 3s). Il pastore indica la strada giusta a coloro che gli sono affidati. Egli precede e li guida. Diciamolo in maniera diversa: il Signore ci mostra come si realizza in modo giusto l’essere uomini. Egli ci insegna l’arte di essere persona. Che cosa devo fare per non precipitare, per non sperperare la mia vita nella mancanza di senso? È, appunto, questa la domanda che ogni uomo deve porsi e che vale in ogni periodo della vita. E quanto buio esiste intorno a tale domanda nel nostro tempo! Sempre di nuovo ci viene in mente la parola di Gesù, il quale aveva compassione per gli uomini, perché erano come pecore senza pastore. Signore, abbi pietà anche di noi! Indicaci la strada! Dal Vangelo sappiamo questo: Egli stesso è la via. Vivere con Cristo, seguire Lui – questo significa trovare la via giusta, affinché la nostra vita acquisti senso ed affinché un giorno possiamo dire: "Sì, vivere è stata una cosa buona". Il popolo d’Israele era ed è grato a Dio, perché Egli nei Comandamenti ha indicato la via della vita. Il grande Salmo 119 (118) è un’unica espressione di gioia per questo fatto: noi non brancoliamo nel buio. Dio ci ha mostrato qual è la via, come possiamo camminare nel modo giusto. Ciò che i Comandamenti dicono è stato sintetizzato nella vita di Gesù ed è divenuto un modello vivo. Così capiamo che queste direttive di Dio non sono catene, ma sono la via che Egli ci indica. Possiamo essere lieti per esse e gioire perché in Cristo stanno davanti a noi come realtà vissuta. Egli stesso ci ha resi lieti. Nel camminare insieme con Cristo facciamo l’esperienza della gioia della Rivelazione, e come sacerdoti dobbiamo comunicare alla gente la gioia per il fatto che ci è stata indicata la via giusta.

C’è poi la parola concernente la "valle oscura" attraverso la quale il Signore guida l’uomo. La via di ciascuno di noi ci condurrà un giorno nella valle oscura della morte in cui nessuno può accompagnarci. Ed Egli sarà lì. Cristo stesso è disceso nella notte oscura della morte. Anche lì Egli non ci abbandona. Anche lì ci guida. "Se scendo negli inferi, eccoti", dice il Salmo 139 (138). 

Sì, tu sei presente anche nell’ultimo travaglio, e così il nostro Salmo responsoriale può dire: pure lì, nella valle oscura, non temo alcun male. Parlando della valle oscura possiamo, però, pensare anche alle valli oscure della tentazione, dello scoraggiamento, della prova, che ogni persona umana deve attraversare. Anche in queste valli tenebrose della vita Egli è là. Sì, Signore, nelle oscurità della tentazione, nelle ore dell’oscuramento in cui tutte le luci sembrano spegnersi, mostrami che tu sei là. Aiuta noi sacerdoti, affinché possiamo essere accanto alle persone a noi affidate in tali notti oscure. Affinché possiamo mostrare loro la tua luce.

"Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza": il pastore ha bisogno del bastone contro le bestie selvatiche che vogliono irrompere tra il gregge; contro i briganti che cercano il loro bottino. Accanto al bastone c’è il vincastro che dona sostegno ed aiuta ad attraversare passaggi difficili. 

Ambedue le cose rientrano anche nel ministero della Chiesa, nel ministero del sacerdote. Anche la Chiesa deve usare il bastone del pastore, il bastone col quale protegge la fede contro i falsificatori, contro gli orientamenti che sono, in realtà, disorientamenti. Proprio l’uso del bastone può essere un servizio di amore. Oggi vediamo che non si tratta di amore, quando si tollerano comportamenti indegni della vita sacerdotale. Come pure non si tratta di amore se si lascia proliferare l’eresia, il travisamento e il disfacimento della fede, come se noi autonomamente inventassimo la fede. Come se non fosse più dono di Dio, la perla preziosa che non ci lasciamo strappare via. Al tempo stesso, però, il bastone deve sempre di nuovo diventare il vincastro del pastore – vincastro che aiuti gli uomini a poter camminare su sentieri difficili e a seguire il Signore.

Alla fine del Salmo si parla della mensa preparata, dell’olio con cui viene unto il capo, del calice traboccante, del poter abitare presso il Signore. Nel Salmo questo esprime innanzitutto la prospettiva della gioia per la festa di essere con Dio nel tempio, di essere ospitati e serviti da Lui stesso, di poter abitare presso di Lui. Per noi che preghiamo questo Salmo con Cristo e col suo Corpo che è la Chiesa, questa prospettiva di speranza ha acquistato un’ampiezza ed una profondità ancora più grandi. Vediamo in queste parole, per così dire, un’anticipazione profetica del mistero dell’Eucaristia in cui Dio stesso ci ospita offrendo se stesso a noi come cibo – come quel pane e quel vino squisito che, soli, possono costituire l’ultima risposta all’intima fame e sete dell’uomo. Come non essere lieti di poter ogni giorno essere ospiti alla mensa stessa di Dio, di abitare presso di Lui? Come non essere lieti del fatto che Egli ci ha comandato: "Fate questo in memoria di me"? Lieti perché Egli ci ha dato di preparare la mensa di Dio per gli uomini, di dare loro il suo Corpo e il suo Sangue, di offrire loro il dono prezioso della sua stessa presenza. Sì, possiamo con tutto il cuore pregare insieme le parole del Salmo: "Bontà e fedeltà mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita" (23 [22], 6).

Alla fine gettiamo ancora brevemente uno sguardo sui due canti alla comunione propostici oggi dalla Chiesa nella sua liturgia. C’è anzitutto la parola con cui san Giovanni conclude il racconto della crocifissione di Gesù: "Un soldato gli trafisse il costato con la lancia e subito ne uscì sangue ed acqua" (Gv 19,34). Il cuore di Gesù viene trafitto dalla lancia. 

Esso viene aperto, e diventa una sorgente: l’acqua e il sangue che ne escono rimandano ai due Sacramenti fondamentali dei quali la Chiesa vive: il Battesimo e l’Eucaristia. 

Dal costato squarciato del Signore, dal suo cuore aperto scaturisce la sorgente viva che scorre attraverso i secoli e fa la Chiesa. Il cuore aperto è fonte di un nuovo fiume di vita; in questo contesto, Giovanni certamente ha pensato anche alla profezia di Ezechiele che vede sgorgare dal nuovo tempio un fiume che dona fecondità e vita (Ez 47): Gesù stesso è il tempio nuovo, e il suo cuore aperto è la sorgente dalla quale esce un fiume di vita nuova, che si comunica a noi nel Battesimo e nell’Eucaristia.

La liturgia della Solennità del Sacro Cuore di Gesù prevede, però, come canto di comunione anche un’altra parola, affine a questa, tratta dal Vangelo di Giovanni: Chi ha sete, venga a me. Beva chi crede in me. La Scrittura dice: "Sgorgheranno da lui fiumi d’acqua viva" (cfr Gv 7,37s). Nella fede beviamo, per così dire, dall’acqua viva della Parola di Dio. Così il credente diventa egli stesso una sorgente, dona alla terra assetata della storia acqua viva. Lo vediamo nei santi. Lo vediamo in Maria che, quale grande donna di fede e di amore, è diventata lungo i secoli sorgente di fede, amore e vita. Ogni cristiano e ogni sacerdote dovrebbero, a partire da Cristo, diventare sorgente che comunica vita agli altri. Noi dovremmo donare acqua della vita ad un mondo assetato. Signore, noi ti ringraziamo perché hai aperto il tuo cuore per noi; perché nella tua morte e nella tua risurrezione sei diventato fonte di vita. Fa’ che siamo persone viventi, viventi dalla tua fonte, e donaci di poter essere anche noi fonti, in grado di donare a questo nostro tempo acqua della vita. Ti ringraziamo per la grazia del ministero sacerdotale. Signore, benedici noi e benedici tutti gli uomini di questo tempo che sono assetati e in ricerca. 
Amen.

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AVE MARIA!