Visualizzazione post con etichetta Papa Benedetto XVI. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Papa Benedetto XVI. Mostra tutti i post

martedì 22 novembre 2022

Spettacolare luminosità del quadro di Natalia Tsarkova

dipinto Tsarkova

 PRESENTATO A ROMA IL DIPINTO DI BENEDETTO XVI REALIZZATO DA NATALIA TSARKOVA



(3/11/22) “Ritratto di Sua Santità il Papa emerito Benedetto XVI con la sua famiglia pontificia” è il titolo del dipinto realizzato dalla pittrice russa Natalia Tsarkova, che è stato presentato questa mattina a Roma, nel corso della conferenza stampa del XXI Festival internazionale di Musica e Arte Sacra.

L’opera, di grandi dimensioni (200 cm X 180 cm), ritrae il Papa emerito insieme al suo segretario l’arcivescovo Georg Gänswein, le quattro Memores Domini che si dedicano al suo servizio al Monastero Mater Ecclesiae, Carmela, Loredana, Cristina e Rossella, il fratello maggiore monsignor Georg Ratzinger e suor Christine, che ha sempre assistito quest’ultimo nei periodi della sua permanenza a Roma.

 

La scorsa settimana, la pittrice ha potuto presentare la sua opera al Papa emerito nel Monastero Mater Ecclesiae, dove il quadro è poi rimasto per alcuni giorni.

“La composizione dinamica del quadro si sviluppa in un movimento circolare con un assetto tridimensionale, focalizzando su vari piani la crescita dell’operato del Santo Padre – si legge in una nota –. In tale movimento sono presenti contrasti di luce e di ombre, che si possono percepire dalla posizione e dalle pose dei personaggi. 

Ciascun elemento del quadro ha un significato simbolico particolare, per esempio la luminosità dorata dell’alba disperde le ombre della notte. Infatti, il Papa emerito, che è seduto nell’ombra, sembra quasi sporgersi dalla tela con un volto luminoso ed espressivo, come a offrire al mondo un messaggio spirituale forte e insieme pieno di carità, illuminato dalla Spirito Santo che appare sopra la sua figura sotto forma di una colomba bianca”. 

Da parte sua, l’artista ha spiegato: “Ho sempre vissuto la mia arte, oltre che come una grande passione, proprio come una ‘missione’. Durante tutto il pontificato di Benedetto XVI, ho seguito il Santo Padre con la mia arte. Ho avuto il privilegio di realizzare il suo ritratto ufficiale e per ispirarmi facevo disegni durante le celebrazioni liturgiche. 

Quando Papa Benedetto ha rinunciato al pontificato e si è ritirato, ho sentito fortemente nel mio cuore il dovere artistico di immortalare questo periodo storico straordinario su una grande tela, anche per la storia dell’arte. È il periodo, tuttora in corso, in cui Benedetto XVI sta continuando la sua missione da Papa emerito. A Papa Benedetto l’idea è piaciuta molto e così ho iniziato il lavoro, felicissima, piena di entusiasmo e di gioia, sentendo un grandissimo onore insieme a una forte responsabilità”.

 AVE MARIA!

mercoledì 9 novembre 2022

Perché tantissimi bambini devono morire di fame, mentre altri sono soffocati dall'abbondanza?


 Una meditazione sul “Corpus Domini” 


Perché c’è tanta fame nel mondo? Perché tantissimi bambini devono morire di fame, mentre altri sono soffocati dall'abbondanza? Perché il povero Lazzaro deve continuare ad aspettarsi invano le briciole del ricco gaudente, senza poter varcare la soglia della sua casa? Certamente non perché la terra non sia in grado di produrre pane per tutti. 
Nei paesi dell’Occidente si offrono indennizzi per la distruzione dei frutti della terra, allo scopo di sostenere il livello dei prezzi, mentre altrove c’è chi patisce la fame. 

La mente umana sembra più abile nell'escogitare sempre nuovi mezzi di distruzione, invece che nuove strade per la vita. E’ più ingegnosa nel far arrivare in ogni angolo del mondo le armi per la guerra, piuttosto che portarvi il pane. Perché accade tutto questo? Perché le nostre anime sono malnutrite, i nostri cuori sono accecati e induriti. 

Il mondo è nel disordine perché il nostro cuore è nel disordine, perché gli manca l’amore, perciò non sa indicare alla ragione le vie della giustizia. 

Riflettendo su tutto questo, comprendiamo le parole con cui Gesù obietta a Satana, che lo invita a trasformare le pietre in pane: «Non di solo pane vivrà l’uomo/ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Mt 4,4). Perché ci sia pane per tutti, deve prima essere nutrito il cuore dell’uomo. Perché ci sia giustizia tra gli uomini, deve prima germogliare la giustizia nei cuori, ma essa non si sviluppa senza Dio e senza il nutrimento vitale della sua parola. Questa Parola si è fatta carne, è divenuta persona umana, affinché noi potessimo accoglierla e farla nostro nutrimento. Poiché l’uomo è troppo piccolo, incapace di raggiungere Dio, Dio stesso si è fatto piccolo per noi, così che possiamo ricevere amore dal suo amore e il mondo diventi il suo regno. 

Questo significa la festa del Corpus Domini. Il Signore che si è fatto carne, il Signore che è diventato pane, noi lo portiamo per le vie delle nostre città e dei nostri paesi. 

Lo immergiamo nella quotidianità della nostra vita, le nostre strade diventano le sue strade. Egli non deve restare rinchiuso nei tabernacoli discosto da noi, ma in mezzo a noi, nella vita d’ogni giorno. Deve camminare dove noi camminiamo, deve vivere dove noi viviamo. Il nostro mondo, le nostre esistenze devono diventare il suo tempio. 

Il Corpus Domini ci fa capire cosa significa fare la comunione: ospitarlo, riceverlo con tutto il nostro essere. Non si può mangiare il corpo del Signore come un qualsiasi pezzo di pane. Occorre aprirsi a lui con tutta la propria vita, con tutto il cuore: «Ecco, io sto alla porta e busso – dice il Signore nell'Apocalisse – Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io entrerò in lui, cenerò con lui e lui con me» (3,20). 

Il Corpus Domini vuole rendere percepibile questo bussare del Signore anche alla nostra sordità interiore. 
Egli bussa forte alla porta della nostra vita d’ogni giorno e dice aprimi!/fammi entrare/comincia a vivere di me! Questo non può valere soltanto un attimo, come di sfuggita, durante la santa messa, e poi di nuovo come prima. E’ un’esperienza che attraversa tutti i i tempi e tutti i luoghi. Aprimi! – dice il Signore – Come io mi sono aperto per te. Aprimi il mondo, perché io possa entrarvi, e possa così rischiarare le vostre menti intorpidite, vincere la durezza dei vostri cuori. Fammi entrare! Io per te mi sono lasciato squarciare il cuore. Il Signore dice questo a ciascuno di noi, lo dice alla nostra comunità nel suo insieme: fatemi entrare nella vostra vita, nel vostro mondo. Vivete di me, per essere veramente vivi. Ma vivere significa anche e sempre: donare ad altri. 

Il Corpus Domini è un invito rivolto a noi dal Signore, ma è anche un grido che noi indirizziamo a lui. Tutta la festa è una grande preghiera:facci dono di Te! Dà a noi il vero pane! Arriviamo così a comprendere meglio il “Padre nostro”, la preghiera per eccellenza. La quarta invocazione, quella per il pane, funge come da collegamento fra le tre invocazioni che riguardano il regno di Dio e le ultime tre che riguardano le nostre necessità. 
Che cosa chiediamo? Naturalmente il pane per oggi. E’ la preghiera dei discepoli, che non hanno capitali da parte, ma vivono della quotidiana bontà del Signore: perciò si mantengono in dialogo costante con lui, volgono a lui il loro sguardo, confidano soltanto in lui. E’ la preghiera di chi non vuole accumulare ricchezze, di chi non cerca una sicurezza mondana, ma si accontenta del necessario per avere tempo da dedicare alle cose veramente importanti. E’ la preghiera dei semplici, degli umili, di coloro che amano e vivono la povertà nello Spirito Santo. 

Ma nella domanda del pane c’è un’altra profondità. Il termine greco epiousios, che noi traduciamo con “quotidiano”, non compare da nessun’altra parte, ma è tipico ed esclusivo del “Padre nostro”. Per quanto gli esperti discutano ancora sul suo significato, molto probabilmente vuole anche dire: dacci il pane di domani, cioè il pane del mondo a venire. In realtà, soltanto l’eucaristia può essere la risposta a ciò che questa misteriosa parola, epiousios, vuole indicare: il pane del mondo futuro, che già oggi ci è dato, affinchè già oggi il mondo futuro abbia inizio in mezzo a noi. Alla luce di questa invocazione, la preghiera perché venga il regno di Dio e perché la terra diventi come il cielo assume grande concretezza: con l’eucaristia il cielo viene sulla terra, il domani di Dio si compie già oggi e introduce nel mondo di oggi il mondo di domani. 

Ma qui è come sintetizzata anche la richiesta di essere liberati da tutti i mali, dai nostri debiti, dal pericolo della tentazione: dammi questo pane, perché il mio cuore si mantenga vigile, perché possa resistere al male, perché sappia distinguere il bene e il male, perché impari a perdonare e sia forte nella tentazione. Soltanto allora il nostro mondo comincerà a essere veramente umano: se il mondo futuro diventa già in qualche misura l’oggi, se il mondo comincia già oggi a diventare divino.  

Con la richiesta del pane andiamo incontro al domani di Dio, alla trasformazione del mondo. Nell'eucaristia ci viene incontro il domani di Dio , il suo Regno già oggi comincia tra di noi. 
E non dimentichiamo, infine, che tutte le invocazioni del “Padre nostro” sono espresse col “noi”: nessuno può dire: “Padre mio” se non Cristo, il Figlio. Perciò noi, se davvero vogliamo pregare nel modo giusto, dobbiamo farlo con gli altri e per gli altri, uscendo da noi stessi, aprendoci. Tutto questo è significato da quel “camminare insieme col Signore” che è, per così dire, il segno distintivo della festa del Corpus Domini. 

Dopo che Gesù ebbe terminato il suo discorso eucaristico nella sinagoga di Cafarnao, molti discepoli lo abbandonarono: era qualcosa di troppo impegnativo, di troppo misterioso. Le loro attese erano più che altro rivolte ad una liberazione politica, tutto il resto sapeva ben poco di concretezza. Non è forse così anche oggi? Quante persone, nel corso degli ultimi cent’anni, se ne sono andate perché a loro avviso Gesù non era abbastanza “pratico”. Quello che poi da parte loro sono riusciti a realizzare è sotto gli occhi di tutti. E se il Signore oggi ci domandasse: «Volete andarvene anche voi?». In questa festa del Corpus Domini, insieme con Simon Pietro, noi con tutto il cuore vogliamo rispondergli: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna, e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio» (Gv 6,67s). 


Da: In cammino verso Gesù Cristo – Ed San Paolo 2004
AVE MARIA PURISSIMA!

domenica 18 settembre 2022

Il volto della Chiesa "cosparso di polvere"...

 

JOSEPH RATZINGER :B16 e G.GÄNSWEIN

PROFEZIE DI SANTA ILDEGARDA DI BINGEN…

Benedettoxvi

Set 17

  • Il volto della Chiesa "cosparso di polvere", il suo vestito "strappato" -

«Nell’anno 1170 dopo la nascita di Cristo ero per un lungo tempo malata a letto. Allora, fisicamente e mentalmente sveglia, vidi una donna di una bellezza tale che la mente umana non è in grado di comprendere. La sua figura si ergeva dalla terra fino al cielo. Il suo volto brillava di uno splendore sublime. Il suo occhio era rivolto al cielo. Era vestita di una veste luminosa e raggiante di seta bianca e di un mantello guarnito di pietre preziose. Ai piedi calzava scarpe di onice.

Ma il suo volto era cosparso di polvere, il suo vestito, dal lato destro, era strappato. Anche il mantello aveva perso la sua bellezza singolare e le sue scarpe erano insudiciate dal di sopra.

Con voce alta e lamentosa, la donna gridò verso il cielo: “Ascolta, o Cielo: il mio volto è imbrattato! Affliggiti, o Terra: il mio vestito è strappato! Trema, o abisso: le mie scarpe sono insudiciate!”. E proseguì: “Ero nascosta nel cuore del Padre, finché il Figlio dell’uomo, concepito e partorito nella verginità, sparse il suo sangue. Con questo sangue, quale sua dote, mi ha preso come sua sposa.

Le stimmate del mio Sposo rimangono fresche e aperte, finché sono aperte le ferite dei peccati degli uomini. Proprio questo restare aperte delle ferite di Cristo è la colpa dei sacerdoti. Essi stracciano la mia veste poiché sono trasgressori della Legge, del Vangelo e del loro dovere sacerdotale. Tolgono lo splendore al mio mantello, perché trascurano totalmente i precetti loro imposti. Insudiciano le mie scarpe, perché non camminano sulle vie dritte, cioè su quelle dure e severe della giustizia, e anche non danno un buon esempio ai loro sudditi. Tuttavia trovo in alcuni lo splendore della verità”.

E sentii una voce dal cielo che diceva: “Questa immagine rappresenta la Chiesa. Per questo, o essere umano che vedi tutto ciò e che ascolti le parole di lamento, ANNUNCIALO ai sacerdoti che sono destinati alla GUIDA e all’ISTRUZIONE del popolo di Dio e ai quali, come agli Apostoli, è stato detto: ‘Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura’ (Mc. 16,15)”».

(Lettera a Werner von Kirchheim e alla sua comunità sacerdotale: PL 197, 269ss)

AMDG et DVM

martedì 13 settembre 2022

UNA LETTERA PREZIOSA DI PAPA BENEDETTO XVI


BENEDICTUS XVI, PAPA EMERITUS, SCRIVE AL CENTRO INTERNAZIONALE DI STUDI GIOACHIMITI


 Dopo l’incontro con Papa Francesco, avvenuto lo scorso 6 aprile, e due lettere della Segreteria di Stato del Vaticano con apprezzamenti verso il lavoro del Centro internazionale di studi gioachimiti, un’altra straordinaria testimonianza è pervenuta al prestigioso Istituto culturale: quella del Papa Emerito Benedetto XVI.

“ A quel tempo - scrive il papa al presidente del Centro Studi - Gioacchino era ancora considerato un sognatore sulla cui opera si preferiva tacere… Da allora l’opera di Gioacchino è stata al centro di ampi dibattiti e il silenzioso abate di Fiore si meraviglierebbe di tutto quello che oggi gli si attribuisce “.

Quando negli anni Cinquanta scrissi il mio lavoro sulla Teologia della storia di San Bonaventura dovetti utilizzare l’edizione del cinquecento , pubblicata nella Repubblica di Venezia.  “.

Il papa continua nella sua bella lettera con un significativo apprezzamento verso l’operazione culturale più importante che sta svolgendo da quarant’anni il Centro Studi, la pubblicazione delle opere di Gioacchino da Fiore che consente di poter attingere al pensiero dell’abate calabrese e non alle interpretazioni e manipolazioni che ne hanno caratterizzato la lettura:

“Per questo la pubblicazione di una moderna edizione critica dei suoi scritti rappresenta un’assoluta necessità , alla quale Lei ha corrisposto con il Suo Centro Internazionale di Studi Gioachimiti”.

Il Papa conclude la sua straordinaria testimonianza chiedendo l’invio dei libri pubblicati dal Centro Studi.

Negli anni cinquanta, Ratzinger scrisse un lavoro importante, “San Bonaventura . La teologia della storia”, pubblicato successivamente dalla Porziuncola nel 2008.

Il volume propone uno stimolante studio degli aspetti culturali e religiosi della societas chistiana del secolo XIII e l’analisi del dibattito sul ruolo del francescanesimo.

Ratzinger ha approfondito il confronto tra la concezione della storia di Bonaventura e quella dell’abate di Fiore ed ha studiato l’influsso di Gioacchino su Bonaventura.
Secondo Ratzinger, san Bonaventura ha accolto la concezione gioachimita di Cristo “centro dei tempi”, e non solo “fine dei tempi”.

Ratzinger sostiene che “l’idea di considerare Cristo l’asse dei tempi è estranea a tutto il primo millennio cristiano ed emerge solo in Gioacchino…che divenne, proprio nella Chiesa stessa, l’antesignano di una nuova comprensione della storia che oggi ci appare essere la comprensione cristiana in modo così ovvio da renderci difficile credere che in qualche momento non sia stato così.”.

Secondo papa Benedetto XVI, San Bonaventura è sintonizzato con Gioacchino nell’ intendere la rivelazione “non più semplicemente come la comunicazione di alcune verità alla ragione, ma come l’agire storico di Dio, in cui la verità si svela gradatamente”.

È questa l’idea rinnovata di rivelazione che Ratzinger avrebbe veicolato, nominato teologo esperto al Concilio Vaticano II, nei documenti conciliari sulla divina Rivelazione.




Molto pertinente  il video seguente:
AMDG et DVM

sabato 13 agosto 2022

BENEDETTO XVI



BENEDETTO XVI: L’EUROPA. COS’È ESSA PROPRIAMENTE???

 Questa domanda è stata sempre nuovamente posta, in maniera espressa, dal cardinal Joseph Glemp in uno dei circoli linguistici del sinodo episcopale sull’Europa: dove comincia, dove finisce l’Europa? 

Perché ad esempio la Siberia non appartiene all’Europa, sebbene essa sia abitata anche da europei, le cui modalità di pensare e di vivere è inoltre del tutto europea? 

E dove si perdono I confini dell’Europa nel sud della comunità di popoli della Russia? 

Dove corre nel suo confine nell’Atlantico? 

Quali isole sono dell’Europa, e quali invece non lo sono, E perché non lo sono? 

In questi incontri divenne perfettamente chiaro che Europa solo in maniera del tutto secondaria è un concetto geografico: l’Europa non è un continente nettamente afferrabile in termini geografici, ma è invece un concetto culturale e storico.

martedì 14 giugno 2022

Rinnovando gli auguri...

 

SANTITÀ AUGURI ! BUON COMPLEANNO!!!

Quale modo migliore, con una Sua preghiera, augurarLe buon compleanno? Che Lei stia sempre sotto la protezione della Santissima Trinità, della Santa Vergine Maria Immacolata Concezione e Corredentrice, di San Giuseppe Suo Castissimo Sposo , e di San Michele Arcangelo uniti a tutti i Santi del Paradiso non per ultimo il Suo ,e nostro amatissimo, predecessore San Giovanni Paolo II .

AD MULTOS ANNOS SANTITÀ!

“O Dio, nostro Padre,
fonte inesauribile di vita e di pace,
accogli nel tuo abbraccio misericordioso
i caduti della guerra che qui ha infuriato,
i caduti di ogni guerra che ha insanguinato la terra.
Concedi loro di godere la luce senza tramonto,
che nel riflesso del tuo chiarore
illumina la buona coscienza di ogni uomo e di ogni donna di buona volontà
Tu, che nel Tuo Figlio Gesù Cristo hai concesso all’umanità sofferente
una testimonianza alta del tuo amore per noi,
Tu che nel Cristo Signore nostro
hai posto il segno di una sofferenza mai inutile
ma feconda della tua forza redentrice,
Concilia quanti nel mondo ancora soffrono
per l’odio cieco di guerre fratricide
la forza della speranza senza tramonto,
il sogno di una civiltà dell’amore definitivamente attuata,
il coraggio di una quotidiana e reale azione di pace,
Donaci il tuo Spirito Paraclito
perché uomini del nostro tempo,
possano comprendere che il dono della pace
è molto più prezioso di qualsiasi tesoro corruttibile, e che nell’attesa del giorno senza tramonto
tutti siamo chiamati a essere costruttori di pace per il domani dei Tuoi figli.
Rendi tutti i cristiani più convinti testimoni della vita quale dono inestimabile del tuo amore,
Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen”.

PAPA BENEDETTO XVI

venerdì 18 marzo 2022

MESSA DEL CORPO MISTICO

 


MESSA DEL CORPO MISTICO 

La celebrazione della S. Messa non è un rito privato o una devozione privata, ma è una cerimonia di tutta la Chiesa, compiuta da tutta la Chiesa, a beneficio di tutta la Chiesa, anche se ciò avviene mediante alcuni suoi ministri. 

Gesù, come in ogni Sacramento, nell'Eucaristia non viene mai a contatto solo con il singolo individuo, ma con tutta la Chiesa; così l'individuo che riceve l'Eucaristia, non viene a contatto soltanto con Cristo, ma anche con tutta la Sua Chiesa. Questo perché Gesù offre al Padre non soltanto Se stesso, ma anche la sua Chiesa, cioè tutto Se stesso: Lui e la Sua Chiesa, Lui e noi, Lui e tutta l'umanità. 

La ragione profonda, dogmatica di questa doppia offerta (Gesù - Chiesa) è che la Chiesa è in Gesù "un'unica persona mistica". Ad ogni istante Gesù s'immola e si offre al Padre, la Chiesa con Lui, purificata, santificata, divenuta "conmateria del Sacrificio". 

Pur avendo soddisfatto per ogni singolo uomo, Gesù presentò al Padre la Sua soddisfazione per la redenzione dell'umanità. I singoli uomini sono stati redenti, salvati da Cristo, come parte di un solo organismo. Quindi non ci si deve sentire salvati solo personalmente, ma salvati nell'insieme, come una cosa sola. 

Anche se un solo fedele assiste alla S. Messa, in lui vi è tutta la parrocchia, tutta la Chiesa, tutta l'umanità. Di conseguenza, non ci si deve sentire soli nella Messa, non si deve guardare soltanto in alto, ma anche attorno. Unirsi ai fratelli presenti e assenti per essere accolti insieme dal Padre comune. 

Unirsi ai fratelli anche con spirito di sostituzione e di supplenza per presentarli con noi al Padre. Si deve cooperare con Cristo, affinché possa offrire al Padre tutto il Suo corpo che siamo noi, che sono tutti gli uomini. Non privarlo dell'intima consolazione di presentare al Padre un'offerta completa. 

Proprio per attirare tutti gli uomini a Sé, Egli rinnova in ogni luogo e in ogni tempo il Suo sacrificio eucaristico. Corrispondiamo a questo amore, a questa attesa di Gesù. 

Sappiamo vedere sull'altare non soltanto il Suo Corpo naturale - immolato e glorioso -, ma anche il Suo Corpo Mistico e cerchiamo di renderlo completo, perfetto il più possibile, portando in noi tanti 4 fratelli: familiari, parenti, conoscenti..., coloro che soffrono, che fanno soffrire..., coloro che svolgono i lavori domestici..., coloro che si trovano negli uffici, nelle fabbriche..., coloro che fanno del male..., coloro che stanno morendo... 

Sentiamoli tutti in noi, per celebrare insieme la Messa, per presentarci insieme al Padre, per cibarci insieme del Corpo di Cristo, per far circolare in noi e fra noi il medesimo amore di Cristo. Ricordiamo che Gesù non potrà offrirsi totalmente al Padre finché c'è un solo membro del Suo Corpo che rifiuta di offrirsi con Lui. 


LA MIA PARTECIPAZIONE 

La Messa, mistero della fede, riattualizza l'atto salvifico dell'amore di Cristo. Mistero d'amore, così poco conosciuto, per cui tanto trascurato. Siamo chiamati a riparare anche questa ignoranza sulla Messa con una partecipazione attiva e con una testimonianza sincera. Potrebbe esserci di aiuto la seguente riflessione. 

1 - Unirsi a Cristo Ogni Messa rende presente la suprema offerta che Cristo fa di Sé stesso al Padre. Però sull'altare non è più solo, non è più il Cristo del Cenacolo e del Calvario, bensì è il Cristo Risorto, il Capo del Corpo Mistico, che richiede la presenza di tutti i suoi membri. 

Il pane che il celebrante depone sulla patena, il vino che versa nel calice, non è solo preparazione all'offerta di Cristo, ma è anche un invito ai fedeli di rendersi presenti in quel pane e in quel vino. E noi ci rendiamo presenti in essi nella misura in cui vi inseriamo la nostra vita, la vita delle persone care, la vita della Chiesa, della società, del mondo intero. 

Comprendiamo l'importanza di questo atto, se vogliamo partecipare alla Messa e non rimanere semplici spettatori. 


2 - Immolarsi con Cristo Nel momento culminante della Messa in cui il Celebrante pronuncia le parole della consacrazione, ricordiamoci che in quel pane, in quel vino ci siamo anche noi. Come il pane e il vino si lasciano trasformare nel Corpo e nel Sangue di Cristo, riattualizzando la sua immolazione, così anche noi dobbiamo permettere allo Spirito Santo di agire su ognuno di noi, se vogliamo partecipare all'immolazione di Cristo. 

L'immolazione di Cristo consiste essenzialmente nel fare la volontà del Padre, una volontà salvifica che L'ha condotto alla morte in croce e che Lo conduce continuamente a riattualizzare la sua passione e morte su ogni altare. Per cui anche noi dobbiamo prendere questa nostra volontà e deporla sull'altare, perché illuminata, trasformata, fortificata dallo Spirito Santo, possiamo con libertà accettare la situazione in cui ci troviamo a dire con sincerità: "Padre, sia fatta la tua volontà". 


3 - Donarsi con Cristo Uniti a Cristo, immolati con Cristo, dobbiamo donarci come Lui si dona. Lui si lascia mangiare, anche noi dobbiamo lasciarci mangiare, divenire con Lui un pane offerto, spezzato, mangiato. Potrebbero sembrare delle belle frasi, ma lontane della realtà; eppure esprimono una verità. Soltanto non ce ne rendiamo conto. 

Infatti, nel momento della Consacrazione, nelle parole di Gesù: "Prendete e mangiate, questo è il mio Corpo... Prendete e bevete questo è il mio Sangue... ", vi è anche la parola di ognuno di noi, membri del suo Corpo Mistico. 5 In Gesù diciamo vicendevolmente: "Prendete e mangiate questo è il mio corpo..., prendete e bevete, questo è il mio sangue". Una donazione dell'uno all'altro che abbraccia tutta la vastissima gamma della carità


domenica 12 dicembre 2021

Gesù è la gioia di Maria ed è la gioia della Chiesa, di tutti noi.

 


ATTO DI VENERAZIONE ALL’IMMACOLATA A PIAZZA DI SPAGNA

DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria
Sabato, 8 dicembre 2012

[Video]
 

Cari fratelli e sorelle!

E’ sempre una gioia speciale radunarci qui, in Piazza di Spagna, nella festa di Maria Immacolata. Ritrovarci insieme – romani, pellegrini e visitatori – ai piedi della statua della nostra Madre spirituale, ci fa sentire uniti nel segno della fede. Mi piace sottolinearlo in questo Anno della fede che tutta la Chiesa sta vivendo. Vi saluto con grande affetto e vorrei condividere con voi alcuni semplici pensieri, suggeriti dal Vangelo di questa solennità: il Vangelo dell’Annunciazione.



Anzitutto, ci colpisce sempre, e ci fa riflettere, il fatto che quel momento decisivo per il destino dell’umanità, il momento in cui Dio si fece uomo, è avvolto da un grande silenzio. L’incontro tra il messaggero divino e la Vergine Immacolata passa del tutto inosservato: nessuno sa, nessuno ne parla. E’ un avvenimento che, se accadesse ai nostri tempi, non lascerebbe traccia nei giornali e nelle riviste, perché è un mistero che accade nel silenzio. 

Ciò che è veramente grande passa spesso inosservato e il quieto silenzio si rivela più fecondo del frenetico agitarsi che caratterizza le nostre città, ma che – con le debite proporzioni – si viveva già in città importanti come la Gerusalemme di allora. Quell’attivismo che ci rende incapaci di fermarci, di stare tranquilli, di ascoltare il silenzio in cui il Signore fa sentire la sua voce discreta. Maria, quel giorno in cui ricevette l’annuncio dell’Angelo, era tutta raccolta e al tempo stesso aperta all’ascolto di Dio. In lei non c’è ostacolo, non c’è schermo, non c’è nulla che la separi da Dio. Questo è il significato del suo essere senza peccato originale: la sua relazione con Dio è libera da qualsiasi pur minima incrinatura; non c’è separazione, non c’è ombra di egoismo, ma una perfetta sintonia: il suo piccolo cuore umano è perfettamente «centrato» nel grande cuore di Dio. Ecco, cari fratelli, venire qui, presso questo monumento a Maria, nel centro di Roma, ci ricorda prima di tutto che la voce di Dio non si riconosce nel frastuono e nell’agitazione; il suo disegno sulla nostra vita personale e sociale non si percepisce rimanendo in superficie, ma scendendo ad un livello più profondo, dove le forze che agiscono non sono quelle economiche e politiche, ma quelle morali e spirituali. E’ lì che Maria ci invita a scendere e a sintonizzarci con l’azione di Dio.

C’è una seconda cosa, ancora più importante, che l’Immacolata ci dice quando veniamo qui, ed è che la salvezza del mondo non è opera dell’uomo – della scienza, della tecnica, dell’ideologia – ma viene dalla Grazia. Che significa questa parola? Grazia vuol dire l’Amore nella sua purezza e bellezza, è Dio stesso così come si è rivelato nella storia salvifica narrata nella Bibbia e compiutamente in Gesù Cristo. Maria è chiamata la «piena di grazia» (Lc 1,28) e con questa sua identità ci ricorda il primato di Dio nella nostra vita e nella storia del mondo, ci ricorda che la potenza d’amore di Dio è più forte del male, può colmare i vuoti che l’egoismo provoca nella storia delle persone, delle famiglie, delle nazioni e del mondo. Questi vuoti possono diventare degli inferni, dove la vita umana viene come tirata verso il basso e verso il nulla, perde di senso e di luce. I falsi rimedi che il mondo propone per riempire questi vuoti – emblematica è la droga – in realtà allargano la voragine. Solo l’amore può salvare da questa caduta, ma non un amore qualsiasi: un amore che abbia in sé la purezza della Grazia - di Dio che trasforma e rinnova - e che così possa immettere nei polmoni intossicati nuovo ossigeno, aria pulita, nuova energia di vita. Maria ci dice che, per quanto l’uomo possa cadere in basso, non è mai troppo in basso per Dio, il quale è disceso fino agli inferi; per quanto il nostro cuore sia sviato, Dio è sempre «più grande del nostro cuore» (1 Gv 3,20). Il soffio mite della Grazia può disperdere le nubi più nere, può rendere la vita bella e ricca di significato anche nelle situazioni più disumane.

E da qui deriva la terza cosa che ci dice Maria Immacolata: ci parla della gioia, quella gioia autentica che si diffonde nel cuore liberato dal peccato. Il peccato porta con sé una tristezza negativa, che induce a chiudersi in se stessi. La Grazia porta la vera gioia, che non dipende dal possesso delle cose ma è radicata nell’intimo, nel profondo della persona, e che nulla e nessuno possono togliere. Il Cristianesimo è essenzialmente un «evangelo», una «lieta notizia», mentre alcuni pensano che sia un ostacolo alla gioia, perché vedono in esso un insieme di divieti e di regole. In realtà, il Cristianesimo è l’annuncio della vittoria della Grazia sul peccato, della vita sulla morte. E se comporta delle rinunce e una disciplina della mente, del cuore e del comportamento è proprio perché nell’uomo c’è la radice velenosa dell’egoismo, che fa male a se stessi e agli altri. Bisogna dunque imparare a dire no alla voce dell’egoismo e a dire sì a quella dell’amore autentico. La gioia di Maria è piena, perché nel suo cuore non c’è ombra di peccato. Questa gioia coincide con la presenza di Gesù nella sua vita: Gesù concepito e portato in grembo, poi bambino affidato alle sue cure materne, quindi adolescente e giovane e uomo maturo; Gesù visto partire da casa, seguito a distanza con fede fino alla Croce e alla Risurrezione: Gesù è la gioia di Maria ed è la gioia della Chiesa, di tutti noi.

In questo tempo di Avvento, Maria Immacolata ci insegni ad ascoltare la voce di Dio che parla nel silenzio; ad accogliere la sua Grazia, che ci libera dal peccato e da ogni egoismo; per gustare così la vera gioia. Maria, piena di grazia, prega per noi!

AMDG et DVM

martedì 29 giugno 2021

"IL PAPA è uno solo"...

Dal Blog di Andrea Cionci

 “Il papa è uno solo” ripete Benedetto XVI da otto anni, senza mai spiegare quale sia dei due. In merito alle sue dibattute dimissioni, in molti si chiedono, spazientiti: “Se è ancora lui il papa, perché non lo dice apertamente?”.

Forse non può, ma abbiamo individuato un testo dove Ratzinger spiega che, sebbene con la Declaratio del 2013 si sia dimesso rinunciando al “ministerium”,  alle funzioni pratiche, di converso non ha affatto abdicato al “munus”, il titolo divino di papa. (Le parole sono importanti: dimettersi è rinunciare a delle funzioni, abdicare è rinunciare al titolo di sovrano).

Noiosi “legalismi clericali”, come dice Bergoglio? No. Si tratta di un problema enorme – che viene accuratamente evitato nel pubblico dibattito - perché se un papa vivente non abdica al munus decadendo completamente, non si può indire un altro conclave. Anche dal punto di vista teologico, lo Spirito Santo non orienta l’elezione del papa in un conclave illegittimo, né lo assiste. Il “papa Francesco” quindi, non sarebbe mai esistito, sarebbe solo un “vescovo vestito di bianco”, come nel Terzo segreto di Fatima e nessuno più, nella sua linea successoria, sarebbe un vero papa. Vale quindi la pena di applicarsi alla questione.

Ma veniamo al documento: a pag. 26 [o  31 della prima edizione di settembre 2016] di “Ultime conversazioni” (Garzanti 2016), libro-intervista di Peter Seewald, il giornalista chiede a Benedetto XVI:  “Con lei, per la prima volta nella storia della Chiesa, un pontefice nel pieno ed effettivo esercizio delle sue funzioni si è dimesso dal suo “ufficio”. C’è stato un conflitto interiore per la decisione?”.

Risposta di papa Ratzinger: “Non è così semplice, naturalmente. Nessun papa si è dimesso per mille anni e anche nel primo millennio ciò ha costituito un’eccezione: perciò una decisione simile la si deve ponderare a lungo. Per me, tuttavia, è apparsa talmente evidente che non c’è stato un doloroso conflitto interiore”.

UN'AFFERMAZIONE ASSURDA, per come immaginiamo comunemente  la parola “dimissioni”: negli ultimi mille anni (1016-2016) ci sono stati ben quattro papi che hanno rinunciato al trono, (tra cui il famoso Celestino V, nel 1294) e, nel primo millennio del papato (33-1033), ce ne sono stati altri sei. Forse Ratzinger non conosce bene la storia della Chiesa?

La sua frase ha, invece, un senso perfettamente coerente se comprendiamo che “dimettersi“ dal ministerium - come ha fatto Ratzinger - non comporta affatto “abdicare” al munus. Semmai può essere il contrario. La distinzione – vagamente (e forse intenzionalmente) ipnotica QUI  - fra munus ministerium è stata formalizzata a livello canonico nel 1983, ma è utile a Benedetto XVI per far passare un messaggio chiarissimo: egli, infatti,  non ci sta parlando dei papi che hanno abdicato, ma di quelli che si sono dimessi come lui, cioè quelli che hanno perso il ministerium, le funzioni, SENZA ABDICARE.

Tutto torna:   l’”eccezione” del primo millennio di cui parla Ratzinger è quella di BENEDETTO VIII, TEOFILATTO DEI CONTI DI TUSCOLO che, spodestato nel 1012 dall’antipapa Gregorio VI, in fuga, dovette rinunciare per alcuni mesi al ministerium,  ma non perse affatto il munus di papa, tanto che fu poi reinsediato sul trono dall’imperatore santo Enrico II. Nel secondo millennio, invece, nessun papa ha mai rinunciato al solo ministerium, mentre ben quattro pontefici hanno, invece, abdicato, rinunciando al munus.

Consultato sulla questione storica, il Prof. Francesco Mores, docente di Storia della Chiesa all’Università degli Studi di Milano, conferma: “Esiste effettivamente questa differenza tra il I e il II millennio. Lo snodo decisivo è la riforma “gregoriana” (del 1073). Per quanto in conflitto coi poteri secolari, i papi del II millennio mantennero sempre un minimo di esercizio pratico del loro potere (quindi non rinunciarono al ministerium n.d.r.), a differenza di pochissimi casi nel I millennio: Ponziano, Silverio, ma, soprattutto, Benedetto VIII”.

Benedetto XVI ci sta dicendo chiaramente che lui ha dovuto rinunciare al ministerium come quel suo antico, omonimo predecessore e che nessuno di loro due ha mai abdicato al munus.

Se non fosse così, Ratzinger  come potrebbe dire che dimettendosi come lui, nessun papa si è dimesso nel II millennio e che nel I millennio è stata un’eccezione”?

Non si scappa.

Ulteriore conferma viene dall’altro libro intervista di Seewald, “Ein Leben”, dove,  a pag. 1204, Benedetto XVI prende le distanze da Celestino V, che abdicò legalmente nel II millennio (1294): “La situazione di Celestino V era estremamente peculiare e non poteva in alcun modo essere invocata come (mio) precedente”.

Sempre in Ein Leben,  la parola “abdicazione” compare otto volte - nove  nell’edizione tedesca (“Abdankung”) - e mai riferita a Ratzinger, ma solo a papi che abdicarono per davvero, come Celestino, o che volevano farlo sul serio, come Pio XII per sfuggire ai nazisti. Per Ratzinger, invece, si parla solo di dimissioni (“Ruecktritt”).

Oggi, quindi, non avremmo “due papi”, bensì “mezzo” papa: solo Benedetto XVI,  privo del potere pratico. Per questo, egli continua  a vestire di bianco (pur senza mantelletta e fascia), a firmarsi P.P. (Pontifex Pontificum), a vivere in Vaticano e a godere inspiegabilmente di altre prerogative pontificie. Ci sono altre spiegazioni?

La questione non può passare in cavalleria: un miliardo e 285 milioni di cattolici hanno diritto di sapere chi è il papa. QUI  Forse una conferenza stampa di papa Benedetto, per esempio, oppure un sinodo con discussione pubblica fra vescovi e cardinali nominati prima del 2013: fare chiarezza - in modo assolutamente trasparente - non è più differibile.