La Sindone di Maria Santissima
Il Suo Unico Vero Volto
Maria Santissima Nostra Signora di Guadalupe, La Perfetta
La perpetua verginità di Maria nella Signum Magnum di Paolo VI del 1967
Il documento approfondisce la maternità spirituale di Maria e gli altri aspetti del mistero mariano, compreso il culto che la Chiesa le presta e la sua perpetua verginità inquadrata nel servizio amoroso che la Vergine ha prestato al Figlio. Questa maternità verginale è da sempre una verità creduta e professata dalla Chiesa cattolica. Tra le testimonianze il papa cita:
Leone Magno (+461)
Sono citate sia la Lettera a Flaviano che la Lettera a Giulio vescovo. La Lettera a Flaviano è contro l'eresia di Eutiche e parla sia del concepimento che del parto in cui la verginità di Maria rimase prodigiosamente intatta. Il papa rimprovera ad Eutiche di ignorare le affermazioni della Scrittura e del simbolo di fede che recita: "..nato dallo Spirito Santo e da Maria Vergine". Il documento è un atto formale del Pontefice di Roma, inviato al IV Concilio di Calcedonia del 451 e da questo approvato e ritenuto un "simbolo di fede".
Ormida, papa (+523)
La sua lettera all'imperatore Giustiniano per favorire la pace e l'unità di Oriente ed Occidente, afferma anche che il Figlio di Dio nacque senza aprire il seno della madre e senza distruggere la sua verginità. Dio, nascendo, ha operato un concepimento senza seme e un parto senza corruzione.
Pelagio I, papa (+561)
Nella sua Epistola Humani generis ripropone quello che è stato già affermato sulla verginità di Maria. La "Professio fidei" del 556 di questo papa è ancora una nuova conferma della verginità corporale e permanente di Maria.
Canone III del Concilio Lateranense (649)
"Se qualcuno nega che la santa Genitrice di Dio e stata sempre vergine, secondo la dottrina dei santi Padri, e che il nato da Lei è stato concepito senza seme umano dallo Spirito Santo e che Maria rimase inviolata prima, durante e dopo il parto, sia condannato.
Concilio Toledano XVI (693)
Questo Concilio, convocato in seguito alla congiura ordita dal vescovo Sigisberto contro re Egida, redasse un "simbolo di fede" in cui chiaramente viene presentata la dottrina della maternità verginale di Maria: la Madre di Dio concepì vergine, partorì vergine e dopo il parto ottenne il pudore dell'incorruzione. Per questo crediamo che il Figlio di Dio è nato veramente da Maria Vergine.
I Santi Padri
Portano una testimonianza di ordine teologico: la verginità nel parto e dopo il parto conveniva a Colei che era stata innalzata alla dignità incomparabile della divina maternità.
Il papa adotta anche un "principio di convenienza" che non fonda il discorso della fede, come si faceva prima del Concilio, ma dimostra la liceità di un assunto teologico: era conveniente che Dio purezza assoluta, infinita, non fosse circondato che da un perenne alone di liliale purezza.
La Semprevergine Maria nella Professio Fidei di Paolo VI del 1968
Il 30 giugno 1968 Paolo VI pronunciò a nome di tutti i vescovi e i fedeli della Chiesa Cattolica la sua solenne "Professio Fidei" in qualità di pastore universale della Chiesa. Negli articoli 14 e 15 ripropone i temi della dottrina mariana e, sulla verginità di Maria afferma: "crediamo che la beata Maria, che semprevergine rimase, fu madre del Verbo Incarnato, il Dio e Salvatore nostro Gesù Cristo". La formula che sembra stringata, non è in realtà nuova ma appartiene fin dal Sinodo di Milano del 393 alla tradizionale glossario mariologico della Chiesa.
La "Professio Fidei" ha una grande importanza per questi motivi:
- Il papa rispose con la formula della "Professio Fidei" alle contestazioni e agli atteggiamenti anarchici e contestatari nei confronti del deposito della fede all'indomani del Concilio Ecumenico;
- Il papa diede alla "Professio Fidei" tutto il peso della sua autorità. Pur appartenendo al Magistero ordinario della Chiesa, fu espressa in maniera particolarmente solenne e impegnativa perché richiama tutte le verità che devono essere accettate come imprescindibili per chi vuole appartenere alla comunità cattolica.
La verginità di Maria nel discorso di Giovanni Paolo II a Capua del 1992
Il 24 maggio 1992, al termine delle giornate commemorative del Sinodo plenario di Capua del 392, il papa pronunciò questo discorso sulla verginità perpetua di Maria che si compone di 12 corpose proposizioni che approfondiscono sotto il profilo metodologico, ermenuetico, teologico e pastorale il dogma della verginità.
Metodologia ed ermeneutica del dogma
Il punto di partenza della verginità feconda di Maria è il mistero e l'evento del Verbo Incarnato. Tutti gli aspetti personalogico, biblico, antropologico, culturale, dogmatico di Maria, vanno fondati e compresi nel e con il mistero di Cristo - Dio. Anche la verginità di Maria è, prima di tutto, un tema cristologico. La domanda su di essa e la risposta hanno permesso e permettono di rispondere alla domanda riguardante l'identità umano - divina e la funzione messianico - soteriologica di Gesù. La verginità di Maria è un'esigenza scaturita dalla trascendente identità e dignità del Figlio di Dio. Essa è perciò un "dono" in funzione di Cristo che esprime l'iniziativa e la munificenza di Dio, un dono che Maria accetta e che le permetterà di dedicarsi esclusivamente a Cristo. Il papa esorta i teologi ad accostarsi a questo mistero con senso di venerazione essendo esso frutto dell'agire santo di Dio. In tutta la Tradizione il parto verginale è un evento storico - salvifico che suscita stupore, ammirazione e lode. L'atteggiamento pieno di fede del teologo non significa però la rinuncia ad approfondire i dati della rivelazione e di scoprire l'armonia che regna tra i vari dati. Scrutare ogni cosa, anche le profondità di Dio, fa parte della tradizione teologica cattolica.
Natale - Pasqua: un nesso intrinseco
Nel numero 5 il papa invita a considerare il nesso profondo, già intuito dai Padri, tra la generazione di Cristo "ex intacta virgine" e la sua resurrezione "ex intacto sepulcro". I Padri pur ammettendo accenti diversi sulla concezione verginale o sulla nascita verginale e sulla perpetua verginità di Maria, tutti concordi testimoniano però che esiste un nesso intrinseco tra i due eventi che corrispondono ad un preciso piano di Dio. L'approfondimento patristico e quello esegetico - scientifico ha anche evidenziato un ulteriore rapporto tra le "fasce del presepio" e le "bende del sepolcro", come dimostrano le autorevoli testimonianze di S. Efrem, Gregorio Nazianzeno , Massimo di Torino ed altri. Anche la Liturgia romana e quella mozambicana celebrano il Natale guardando sempre alla Pasqua e viceversa, riconoscendo in Maria la testimone eccezionale dell'identità tra i bambino nato dalla sua carne e il Crocifisso rinato dal sepolcro sigillato.
Fatto e significato dell'evento
Dal n. 6 al 9 il papa illustra il fatto e il significato della perpetua verginità di Maria, sollecitando i teologi a mantenere un indispensabile senso di equilibrio tra l'affermazione del fatto e l'illustrazione del suo significato che, non di rado, vengono stravolti o minimizzati nel loro spessore reale e simbolico. La Chiesa ribadisce con chiarezza:
- il concepimento verginale di Cristo da Maria;
- il parto vero e verginale di Maria quale veneto storico - salvifico per cui conservò l'integrità della sua carne;
- il permanere perpetuo e totale della sua verginità.
Il teologo ha il compito di:
- approfondire con rigore critico i dati e i contenuti del dato di fede;
- esporre in modo organico il messaggio e decifrare cosa Dio ha voluto dire attraverso la verginità di Maria;
- leggere la Tradizione e la Scrittura nelle sue espressioni dirette, implicite e simboliche, anche alla luce dell'interessante testimonianza ebraica che canta il desiderio e la speranza di Israele di divenire la sposa santa, pura e fedele di Jahwè, la comunità escatologica dove " non si ode più il lamento del dolore del parto, né i canti funebri della morte".
Presentazione integra e corretta
Nei numeri 10 e 11 il papa raccomanda ai teologi di presentare in maniera integra e corretta la dottrina sulla verginale maternità di Maria. Questo comporta:
- non svilire nei suoi contenuti e significati l'evento storico - salvifico della nascita verginale del Verbo che ha richiesto la verginità del cuore e quella della carne di Maria;
- evitare posizioni unilaterali, esagerazioni e distorsioni che inficiano i fatti, il contenuto e il simbolismo della perpetua verginità di Maria;
- riconoscere che la dottrina espressa dalla Chiesa non è un dato marginale della fede, ma riguarda il mistero di Cristo e della Chiesa nella sua totalità.
Considerazioni finali sul discorso di Capua
I teologi hanno il compito di aiutare la cultura contemporanea a comprendere il valore evangelico insito nella verginità cristiana.. Approfittando del XVI centenario di Capua, il papa ha riproposto al popolo cristiano la dottrina cattolica sulla perpetua verginità di Maria con un discorso magisteriale importante dato che offre ai teologi spunti metodologici di ordine ermeneutico e teologico per l'approfondimento con la ragione illuminata dalla fede il significato della verginità di Maria.
IL PARTO VERGINALE DEL FIGLIO DI DIO NEL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA
Il Catechismo afferma che ciò che la fede cattolica crede riguardo a Maria, si fonda su ciò che essa crede riguardo a Cristo; quanto insegna su Maria, illumina a sua volta la sua fede in Cristo. Tutto l'insegnamento su Maria è basato sull'insegnamento costante della Chiesa, a partire dalla Bibbia, fino all'enciclica Redentoris Mater di Giovanni Paolo II del 1987. Il tema della verginità è proposto al Cap. II, pag. 2, con sobrietà: "concepito per opera dello Spirito Santo, nato dalla Vergine Maria", formula che, secondo il Catechismo, appartiene fin dalle prime formulazioni della fede alla confessione della Chiesa che ha anche affermato l'aspetto corporeo di tale avvenimento. L'approfondimento della fede nella maternità verginale ha condotto la Chiesa a professare la verginità reale e perpetua di Maria, anche nel parto del Figlio di Dio fatto uomo. La stessa liturgia della Chiesa celebra Maria come la Semprevergine. La maternità verginale, non è vista come un evento isolato, ma in connessione con le ragioni volute e attuate da Dio in Cristo per cui anche la verginità rientra nel progetto salvifico di Dio perché manifesta l'iniziativa assoluta di Dio, inaugura la nuova nascita dei figli di adozione nello Spirito, è segno della fede perfetta di Maria che pienamente si dona a Dio, è figura della perfetta realizzazione della Chiesa anch'essa vergine e Madre nel suo donare Cristo e mantenere integro e fecondo il deposito ricevuto dal Signore.
Conclusione
Il Magistero, partendo dalla Scrittura, ha progressivamente approfondito e confessato il mistero della maternità verginale di Maria, affermato fin dai primordi del Cristianesimo. La storia della Chiesa dimostra l'incessante difesa e riproposizione del "natus ex virgine". Ritenere Maria vergine e madre, è un'esigenza derivante dalla natura trascendente di Cristo e rimanda ad un dono e ad un disegno divino che deve essere accolto e accettato con senso di venerazione, stupore, ammirazione e lode
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L'incarnazione verginale nel dibattito teologico contemporaneo: tra le molteplici opinioni sottolineo quella del
Sacerdote Teologo Ignace de la Potterie
E' uno dei più convinti assertori del concepimento e della nascita verginale di Cristo. Per prima cosa l'esegeta fiammingo contesta l'asserto di coloro che affermano essere l'assunto del parto verginale solo frutto dello sviluppo dogmatico della Chiesa. Secondo la sua esegesi minuziosa, non solo san Luca ma anche san Giovanni ritiene verginale il parto di Maria, mostrando quale sia il significato concreto dato dai due evangelisti all'evento nel contesto dell'incarnazione redentrice.
SAN LUCA 1,13
De la Potterie propone una nuova traduzione e interpretazione che è il recupero di un'esegesi patristica e dottrinale caduta in oblìo legata al termine "santo" riferito a Cristo, Figlio di Dio. Questa già antica interpretazione legge Luca così: "..ideoque et quod nascetur sanctum, vocabitur Filius Dei" e cioè: "ciò che nacserà (in modo) santo sarà chiamato Figlio di Dio". Quindi l'evangelista precisa così il modo di come avverrà questa nascita e questo è conseguenziale a quello che prima lo stesso evangelista aveva affermato e cioè la concezione verginale per opera dello Spirito Santo: alla santità della concezione, corrisponderà la santità della nascita; concezione verginale e parto verginale sono solo un unico effetto della venuta dello Spirito su Maria.
SAN GIOVANNI 1,13
Qui l'autore, collegando Giovanni a Luca traduce in questo modo il passo giovanneo del prologo: "non da sangui, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio (egli) è stato generato". Il plurale di "sangui" è da collegarsi alla legislazione mosaica sulla purificazione della donna al momento del parto o della mestruazione.
La tradizione biblico - giudaica usava spesso il plurale "sangui" per affermare la perdita del siero biologico da parte della donna in queste circostanze. La negazione di Giovanni "non da sangui", starebbe perciò ad indicare non solo il concepimento, ma anche il parto verginale.
Secondo l'autore il "non da sangui", dunque, indica, nel contesto della legge sulla purificazione, che Gesù nascendo, non ha causato effusioni di sangue in sua madre e quindi lei, non avendo avuto nessuna perdita di sangue, non si sarebbe dovuta sottoporre alla purificazione.
Ci sarebbe qui un indizio scritturistico della verginità in partu di Maria.
Con questo gli evangelisti hanno anche voluto insegnare che il nato da Maria è, attraverso l'incorrotta maternità della madre, il restauratore della incorruzione originale ed è di origine divina.