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domenica 1 dicembre 2013

BINOMIO INSCINDIBILE

R. DE MATTEILATINO E CHIESA CATTOLICA, BINOMIO INSCINDIBILE.

Il prof. de Mattei  -al Convegno Summorum Pontificum- ha affrontato un argomento che, potremmo dire, è coessenziale al nome stesso del nostro blog (Messainlatino): Il latino, lingua liturgica della Chiesa e della Cattolicità.

La tesi dello storico, sostenuta con dovizia di riferimenti documentali  che qui, ovviamente, non possiamo riportare, è che la lingua latina sia costitutiva della stessa liturgia cristiana: non, quindi, elemento accidentale che possa essere tranquillamente abrogato o modificato.

E' vero che la prima liturgia cristiana fu espressa nel greco della koiné, ma fin dai primi secoli a Roma l'utilizzo del latino si diffonde, secondo quanto possiamo ricostruire dai resti epigrafici.

Papa San Damaso, nel IV secolo, benché spagnolo di nascita, rafforzò la romanità, nelle sue due articolazioni: da un lato la petrinitas, cioè il primato del romano pontefice, dall'altro la latinitas, ossia la romanità della Chiesa . A lui si deve l'adozione della lingua latina come lingua universale della Chiesa, che esprime una rinnovata Weltanschauung della Chiesa.

Quando Teodosio il Grande vinse la battaglia del Frigido contro i pagani barbari, si saldò definitivamente l'unione tra il romano impero e la Fede cristiana. Fino alla riforma liturgica (1970), si continuò quindi a pregare per il romanus imperator, anche se il Sacro Romano Impero era stato dissolto nel 1806 e la stessa casa di Asburgo, che aveva per secoli cinto il serto imperiale, era decaduta nel 1918.

La liturgia della Chiesa non nasce nel IV-V secolo, ma in quel tempo essa fu codificata in stretta aderenza al traditum: in un rescritto del 416 Innocenzo I attesta come la Liturgia romana rappresentava l'antico costume fedelmente conservato. E' la tradizione di sempre, però romanamente sfrondata delle ampollosità che in Oriente ebbero tanto successo.

Il latino arrivò con la fede là dove le legioni romane non misero mai piede, come in Irlanda: ecco la risposta migliore contro chi crede che la Fede si sia inculturata nella latinità, e non viceversa. Le genti irlandesi non parlavano affatto il latino, e l'evangelizzazione avvenne in gaelico, ma accolsero la liturgia nella sua pura forma latina, la fecero propria e la difesero nei secoli contro le più dure persecuzioni.

Lungi dall'inculturarsi nella (inesistente) latinità irlandese, la Fede trapiantò la latinità nell'Irlanda e da là, grazie ai 40 benedettini irlandesi, si diffuse alla Scozia e pure in Inghilterra a sud del Vallo di Adriano, dove era quasi estinto perfino il ricordo dell'Impero romano. Da lì, ulteriormente, in Germania, altro territorio ove le legioni erano state fermate nella selva di Teutoburgo e la latinità romana non era prima pervenuta.

Il greco ambì a divenire come il latino lingua universale, a causa del nazionalismo del patriarcato di Costantinopoli. Il patriarca ambiva a soppiantare il Papa, sul rilievo del primato politico della Seconda Roma (Costantinopoli) rispetto alla decaduta Roma che non aveva più imperatori. Ma in Oriente il Patriarca era soggetto al cesaropapismo imperiale e non valeva molto più di un funzionario imperiale. Il greco scomparve gradualmente, poi, per effetto delle invasioni musulmane.

Quando l'Impero romano rinacque con Carlo Magno, la latinitas riassunse anche un ruolo politico di unificazione; e quando nel Basso Medioevo iniziarono a diffondersi le lingue nazionali, l'uso del latino non declinò, e restò la lingua internazionale fino al XVIII secolo, la lingua della Chiesa, della scienza, della diplomazia.

Vi è una necessità, sia pure storica e non metafisica, di relazione tra il cattolicesimo e la lingua latina. Quel binomio che il padre Chénu, alla vigilia del Concilio, si proponeva di spezzare eliminando il latino dalla vita della Chiesa. Il movimento liturgico pure auspicava un rinnovamento in tal senso in nome di una maggior partecipazione dei fedeli alla liturgia. 
Ma a questi aneliti rispondeva Giovanni XXIII con la Veterum Sapientia, promulgata con la massima solennità (il giorno della Cattedra di Pietro, in San Pietro, davanti a numerosi cardinali e vescovi), che alla vigilia del Concilio, e come ad orientarne gli esiti, chiedeva non solo di conservare l'uso del latino, ma di incrementarne e restaurarne l'utilizzo. Il documento riconosce che la Chiesa ha necessità di una sua lingua propria, non nazionale ma universale, sacra e non ordinaria e volgare, e dal significato univoco e non mutevole nel tempo, per trasmettere la medesima dottrina: unica, per il suo governo, e sacra, per il suo rito. La Chiesa, ontologicamente immutabile, non può affidare alla fluttuazione linguistica la trasmissione delle sue Verità.

E' significativo che anche il codice canonico per le chiese orientali sia sempre stato in lingua latina.

Nessun'altra lingua al mondo possiede del latino le caratteristiche di universalità e, al tempo stesso, di essere aliena ai nazionalismi. La massoneria internazionale da sempre ricerca una società perfetta che parli un'unica lingua ed ha escogitato l'esperanto, però miseramente fallito; mai ha pensato di utilizzare allo stesso fine il latino, per odio alla Chiesa.

L'uso della lingua volgare è una caratteristica di tutte le eresie di questo millennio, a cominciare da quella catara.

*L'intervento del prof. de Mattei è stato interrotto a questo punto dall'arrivo dal card. Castrillòn Hoyos, che è stato accolto da un calorosissimo applauso.*

Ricorda la Genesi che la divisione delle lingue è conseguenza del peccato degli uomini. Gli Apostoli necessariamente evangelizzarono in tutte le lingue, ma il giorno di Pentecoste lo Spirito riportò tutti alla compresione unitaria delle lingue: logico quindi che la Chiesa di Dio si serva di un'unica lingua per tutti. 

La lingua latina, ricordava Giovanni XXIII, fu scelta dalla Provvidenza come lingua della Chiesa, portata ovunque dalle antiche vie consolari. L'unità linguistica resta un modello e un ideale; e se nella predicazione è giocoforza utilizzare la lingua vernacola, il rito e la liturgia richiedono l'unica lingua sacra. // Fu un grave errore del postconcilio che la Chiesa si facesse immanente al mondo rinunziando alla sua lingua, proprio quando l'incipiente mondializzazione avrebbe richiesto un gesto in senso esattamente contrario.

Oggi la Chiesa dovrebbe riaffermare la sua romanitas latinitas; e in esse trova pieno spazio il rito romano antico riportato alla Chiesa dal motu proprio Summorum Pontificum. Ricordando che Pio XII scriveva che il sacerdote che misconoscesse il latino era afflitto da una "deplorevole miseria intellettuale".
Lunga standing ovation finale.

SABATO 14 MAGGIO 2011                                           ENRICO

martedì 8 ottobre 2013

Profezia avverata: Offerta agli sguardi profani come un vergine disonorata, la liturgia, da questo momento, ha perduto il suo carattere sacro, e ben presto il popolo troverà eccessiva la pena di disturbarsi nel proprio lavoro o nei propri piaceri per andare a sentir parlare come si parla sulla pubblica piazza.



8° L'uso del volgare nel servizio divino

Poiché la riforma liturgica ha tra i suoi fini principali l'abolizione degli atti e delle formule mistiche, ne segue necessariamente che i suoi autori debbano rivendicare l'uso della lingua volgare nel servizio divino
Questo è uno dei punti più importanti agli occhi dei settari. Il culto non è una cosa segreta, essi dicono: il popolo deve capire quello che canta. 

L'odio per la lingua latina è innato nel cuore di tutti i nemici di Roma: costoro vedono in essa il legame dei cattolici nell'universo, l'arsenale dell'ortodossia contro tutte le sottigliezze dello spirito settario, l'arma più potente del papato. Lo spirito di rivolta, che li induce ad affidare all'idioma di ciascun popolo, di ciascuna provincia, di ciascun secolo la preghiera universale, ha del resto prodotto i suoi frutti, e i riformati sono in grado ogni giorno di accorgersi che i popoli cattolici, nonostante le loro preghiere in latino, gustano meglio e compiono con più zelo i doveri del culto dei popoli protestanti. 

A ogni ora del giorno ha luogo nelle chiese cattoliche il servizio divino; il fedele che vi assiste lascia sulla soglia la sua lingua materna; al di fuori dei momenti di predicazione egli non intende che accenti misteriosi, che cessano di risuonare nel momento più solenne, il canone della messa. E tuttavia questo mistero lo affascina talmente che non invidia la sorte del protestante, quantunque l'orecchio di quest'ultimo non intenda mai suoni di cui non capisce il significato. 

Mentre il tempio riformato, una volta alla settimana, riunisce a fatica i cristiani puristi, la Chiesa papista vede senza posa i suoi numerosi altari assediati dai suoi religiosi figli; ogni giorno essi si allontanano dal loro lavoro per venire ad ascoltare queste parole misteriose che devono essere di Dio, perché nutrono la fede e leniscono i dolori. 

Riconosciamolo, è un colpo maestro del protestantesimo aver dichiarato guerra alla lingua sacra: se fosse riuscito a distruggerla, il suo trionfo avrebbe fatto un gran passo avanti. Offerta agli sguardi profani come un vergine disonorata, la liturgia, da questo momento, ha perduto il suo carattere sacro, e ben presto il popolo troverà eccessiva la pena di disturbarsi nel proprio lavoro o nei propri piaceri per andare a sentir parlare come si parla sulla pubblica piazza. Togliete alla Église française le sue declamazioni radicali e le sue diatribe contro la pretesa venalità del clero, e andate a vedere se il popolo continuerà a lungo ad andare a sentire il sedicente primate delle Gallie gridare: "Le Seigneur soit avec vous"; e altri rispondergli: "Et avec votre esprit". Tratteremo altrove, in modo specifico, della lingua liturgica.



mercoledì 10 luglio 2013

LATINA LINGUA

LETTERA APOSTOLICA
IN FORMA DI MOTU PROPRIO
LATINA LINGUA
DEL SOMMO PONTEFICE
BENEDETTO XVI
CON LA QUALE VIENE ISTITUITA
LA PONTIFICIA ACCADEMIA DI LATINITÀ

1. La lingua latina è sempre stata tenuta in altissima considerazione dalla Chiesa Cattolica e dai Romani Pontefici, i quali ne hanno assiduamente promosso la conoscenza e la diffusione, avendone fatto la propria lingua, capace di trasmettere universalmente il messaggio del Vangelo, come già autorevolmente affermato dalla Costituzione Apostolica Veterum sapientia del mio Predecessore, il Beato Giovanni XXIII.
In realtà, sin dalla Pentecoste la Chiesa ha parlato e ha pregato in tutte le lingue degli uomini. Tuttavia, le Comunità cristiane dei primi secoli usarono ampiamente il greco ed il latino, lingue di comunicazione universale del mondo in cui vivevano, grazie alle quali la novità della Parola di Cristo incontrava l’eredità della cultura ellenistico-romana.
Dopo la scomparsa dell’Impero romano d’Occidente, la Chiesa di Roma non solo continuò ad avvalersi della lingua latina, ma se ne fece in certo modo custode e promotrice, sia in ambito teologico e liturgico, sia in quello della formazione e della trasmissione del sapere.
2. Anche ai nostri tempi, la conoscenza della lingua e della cultura latina risulta quanto mai necessaria per lo studio delle fonti a cui attingono, tra le altre, numerose discipline ecclesiastiche quali, ad esempio, la Teologia, la Liturgia, la Patristica ed il Diritto Canonico, come insegna il Concilio Ecumenico Vaticano II (cfr Decr. Optatam totius, 13).
Inoltre, in tale lingua sono redatti, nella loro forma tipica, proprio per evidenziare l’indole universale della Chiesa, i libri liturgici del Rito romano, i più importanti Documenti del Magistero pontificio e gli Atti ufficiali più solenni dei Romani Pontefici.
3. Nella cultura contemporanea si nota tuttavia, nel contesto di un generalizzato affievolimento degli studi umanistici, il pericolo di una conoscenza sempre più superficiale della lingua latina, riscontrabile anche nell’ambito degli studi filosofici e teologici dei futuri sacerdoti. D’altro canto, proprio nel nostro mondo, nel quale tanta parte hanno la scienza e la tecnologia, si riscontra un rinnovato interesse per la cultura e la lingua latina, non solo in quei Continenti che hanno le proprie radici culturali nell’eredità greco-romana. Tale attenzione appare tanto più significativa in quanto non coinvolge solo ambienti accademici ed istituzionali, ma riguarda anche giovani e studiosi provenienti da Nazioni e tradizioni assai diverse.
4. Appare perciò urgente sostenere l’impegno per una maggiore conoscenza e un più competente uso della lingua latina, tanto nell’ambito ecclesiale, quanto nel più vasto mondo della cultura. Per dare rilievo e risonanza a tale sforzo, risultano quanto mai opportune l’adozione di metodi didattici adeguati alle nuove condizioni e la promozione di una rete di rapporti fra Istituzioni accademiche e fra studiosi, al fine di valorizzare il ricco e multiforme patrimonio della civiltà latina.
Per contribuire a raggiungere tali scopi, seguendo le orme dei miei venerati Predecessori, con il presente Motu Proprio oggi istituisco la Pontificia Accademia di Latinità, dipendente dal Pontificio Consiglio della Cultura. Essa é retta da un Presidente, coadiuvato da un Segretario, da me nominati, e da un Consiglio Accademico.
La Fondazione Latinitas, costituita dal Papa Paolo VI, con ilChirografo Romani Sermonis, del 30 giugno 1976, è estinta.
La presente Lettera Apostolica in forma di Motu Proprio, con la quale approvo ad experimentum, per un quinquennio, l’unito Statuto, ordino che sia pubblicata su L’Osservatore Romano.
Dato a Roma, presso San Pietro, il giorno 10 novembre 2012, memoria di San Leone Magno, anno ottavo di Pontificato.
BENEDICTUS PP XVI



Statuto della Pontificia Accademia di Latinità
Articolo 1
E’ istituita la Pontificia Accademia di Latinità, con sede nello Stato della Città del Vaticano, per la promozione e la valorizzazione della lingua e della cultura latina. L’Accademia è collegata con il Pontificio Consiglio della Cultura, dal quale dipende.
Articolo 2
§ 1. Scopi dell’Accademia sono:
a) favorire la conoscenza e lo studio della lingua e della letteratura latina, sia classica sia patristica, medievale ed umanistica, in particolare presso le Istituzioni formative cattoliche, nelle quali sia i seminaristi che i sacerdoti sono formati ed istruiti;
b) promuovere nei diversi ambiti l’uso del latino, sia come lingua scritta, sia parlata.
§ 2. Per raggiungere detti fini l’Accademia si propone di:
a) curare pubblicazioni, incontri, convegni di studio e rappresentazioni artistiche;
b) dare vita e sostenere corsi, seminari ed altre iniziative formative anche in collegamento con il Pontificio Istituto Superiore di Latinità;
c) educare le giovani generazioni alla conoscenza del latino, anche mediante i moderni mezzi di comunicazione;
d) organizzare attività espositive, mostre e concorsi;
e) sviluppare altre attività ed iniziative necessarie al raggiungimento dei fini istituzionali.
Articolo 3
La Pontificia Accademia di Latinità si compone del Presidente, del Segretario, del Consiglio Accademico e dei Membri, detti anche Accademici.
Articolo 4
§ 1. Il Presidente dell’Accademia è nominato dal Sommo Pontefice, per un quinquennio. Il Presidente può essere rinnovato per un secondo quinquennio.
§ 2. Spetta al Presidente:
a) rappresentare legalmente l’Accademia, anche di fronte a qualsiasi autorità giudiziaria ed amministrativa, tanto canonica quanto civile;
b) convocare e presiedere il Consiglio Accademico e l’Assemblea dei Membri;
c) partecipare, in qualità di Membro, alle riunioni del Consiglio di Coordinamento delle Accademie pontificie e mantenere i rapporti con il Pontificio Consiglio della Cultura;
d) sovrintendere all’attività dell’Accademia;
e) provvedere in materia di ordinaria amministrazione, con la collaborazione del Segretario, e in materia di straordinaria amministrazione, in accordo con il Consiglio Accademico e con il Pontificio Consiglio della Cultura.
Articolo 5
§ 1. Il Segretario è nominato dal Sommo Pontefice, per un quinquennio. Può essere rinnovato per un secondo quinquennio.
§ 2. Il Presidente, in caso di assenza o impedimento, delega il Segretario a sostituirlo.
Articolo 6
§ 1. Il Consiglio Accademico è composto dal Presidente, dal Segretario e da cinque Consiglieri. I Consiglieri sono eletti dall’Assemblea degli Accademici, per un quinquennio, e possono essere rinnovati.
§ 2. Il Consiglio Accademico, che è presieduto dal Presidente dell’Accademia, delibera circa le questioni di maggiore importanza che riguardano l’Accademia. Esso approva l’ordine del giorno in vista dell’Assemblea dei Membri, da tenersi almeno una volta l’anno. Il Consiglio è convocato dal Presidente almeno una volta l’anno e, inoltre, ogni volta che lo richiedano almeno tre Consiglieri.
Articolo 7
Il Presidente, con il parere favorevole del Consiglio, può nominare un Archivista, con funzioni di bibliotecario, ed un Tesoriere.
Articolo 8
§ 1. L’Accademia consta di Membri Ordinari, in numero non superiore a cinquanta, detti Accademici, studiosi e cultori della lingua e della letteratura latina. Essi sono nominati dal Segretario di Stato. Raggiunto l’ottantesimo anno di età, i Membri Ordinari diventano Emeriti.
§ 2. Gli Accademici Ordinari partecipano all’Assemblea dell’Accademia convocata dal Presidente. Gli Accademici Emeriti possono partecipare all’Assemblea, senza diritto di voto.
§ 3. Oltre agli Accademici Ordinari, il Presidente dell’Accademia, sentito il Consiglio, può nominare altri Membri, detti corrispondenti.
Articolo 9
Il patrimonio della estinta Fondazione Latinitas e le sue attività, inclusa la redazione e pubblicazione della Rivista Latinitas, sono trasferite alla Pontificia Accademia di Latinità.
Articolo 10
Per quanto non previsto espressamente si fa riferimento alle norme del vigente Codice di Diritto Canonico ed alle leggi dello Stato della Città del Vaticano.
   
© Copyright 2012 - Libreria Editrice Vaticana
     

domenica 11 novembre 2012

"Cari seminaristi, studiate il latino!"

Tibi gratias agimus, Pater sancte!

"Cari seminaristi, studiate il latino!"
Benedetto XVI



Mentre tutti pensavano che ormai le sorti del latino ecclesiastico fossero segnate per il peggio, ecco che nuovamente Benedetto XVI estrae un ... dinosauro dal suo cappello! Tira fuori un Motu proprio che viene, prima di tutto, ad istituire una Pontificia Accademia per lo studio e la diffusione della Lingua Latina, ma politicamente - mi si passi il termine - viene ad insistere presso quanti sono impegnati nella formazione del clero sull'importanza della conoscenza della lingua della Chiesa occidentale. E questo, come ricorda il Papa, per poter accedere alle fonti teologiche, cioè per non trovarsi domani una Chiesa tagliata fuori dalle proprie radici culturali e in balia di pochi, in alto, che potrebbero inventarsi via via nuove "tradizioni" o far filtrare verso la base ignara del suo passato, qualunque novità, spacciandola per antichissima (ma non serve che andate a vedere nei documenti... fidatevi....).
Il Papa non vuole che il latino sia considerato una conoscenza elitaria. Proprio in virtù della democratizzazione del sapere e dell'accesso più ampio possibile ai tesori del passato (e del presente), Benedetto XVI sottolinea ancora e ancora che la Chiesa riconosce il latino come lingua propria, non solo nella Liturgia (soprattutto lì), ma anche in ogni settore della sua vita culturale.
Speriamo che i rettori dei seminari e preposti alle istituzioni accademiche ecclesiali non facciano orecchio da mercante, e si convincano che è più importante insegnare il latino e l'inglese, che non martellare i chierici di corsi e corsetti che spezzettano il sapere e non mettono in mano gli strumenti culturali (cioè le lingue) perché ognuno possa continuare anche dopo gli studi i propri approfondimenti personali, sia volti alla storia (con il latino), sia al presente che va al di là del proprio naso nazionale (con l'inglese).

Leggete qui le anticipazioni già fatte ad Agosto e i commenti...
Qui la notizia da RadioVaticana e qui sotto, ecco il Motu Proprio, insieme a due articoli dallo Statuto dell'Accademia sugli gli scopi e mezzi della nuova istituzione oggi fondata:

LITTERAE APOSTOLICAE
MOTU PROPRIO DATAE
"LATINA LINGUA"
De Pontificia Academia Latinitatis condenda

1. Latina Lingua permagni ab Ecclesia Catholica Romanisque Pontificibus usque est aestimata, quandoquidem ipsorum propria habita est lingua, qui eandem cognoscendam et diffundendam assidue curaverunt, cum Evangelii nuntium in universum orbem transmittere valeret, quemadmodum in Constitutione Apostolica Veterum sapientia Decessor Noster beatus Ioannes XXIII iure meritoque edixit.
Enimvero inde a Pentecoste omnibus hominum linguis locuta et precata est Ecclesia. Attamen christianae communitates primorum saeculorum linguam Graecam Latinamque affatim usurpaverunt, cum illis locis in quibus morabantur universalia essent communicationis instrumenta, quorum ope Christi Verbi novitas hereditati obviam ivit Romani et Hellenistici cultus.
Romano Imperio occidentali exstincto, Romana Ecclesia non modo lingua Latina uti perrexit, verum etiam quodammodo custos eiusdem et fautrix fuit, sive in Theologiae ac Liturgiae, sive in institutionis et scientiae transmittendae provincia.


2. Nostris quoque temporibus Latinae linguae et cultus cognitio perquam est necessaria ad fontes vestigandos ex quibus complures disciplinae ceteroqui hauriunt, exempli gratia Theologia, Liturgia, Patrologia et Ius Canonicum, quemadmodum Concilium Oecumenicum Vaticanum II docet (cfr Decretum de Institutione sacerdotali, Optatam totius, 13).
In hac praeterea lingua, ut universalis Ecclesiae natura pateat, typica forma sunt scripti liturgici libri Romani Ritus, praestantiora Magisterii pontificii Documenta necnon sollemniora Romanorum Pontificum officialia Acta.


3. In hodierno tamen cultu, humanarum litterarum extenuatis studiis, periculum adest levioris linguae Latinae cognitionis, quae in curriculis philosophicis theologicisque futurorum presbyterorum quoque animadvertitur. Sed contra, in nostro ipso orbe, in quo scientia ac technologia praecipuum obtinent locum, renovatum culturae et linguae Latinae studium invenitur, non illis in Continentibus dumtaxat quae proprias culturales radices in patrimonio Graeco et Romano habent. Id diligentius est animadvertendum eo quod non modo academiarum provincia et institutionum implicatur, sed ad iuvenes inquisitoresque etiam attinet, qui ex diversissimis Nationibus et traditionibus proveniunt.


4. Quapropter necessitas instare videtur ut linguae Latinae altius cognoscendae eiusque congruenter utendae fulciatur cura, sive in ecclesiali sive in patentiore cultus campo. Ut hic nisus extollatur et evulgetur, consentaneum prorsus est docendi rationes adhibere aptas ad novas condiciones et provehere item necessitudines inter Academicas institutiones et inquisitores, ut copiosum ac multiforme Latini cultus patrimonium efferatur.

Ad haec proposita assequenda, Decessorum Nostrorum semitas calcantes, hasce per Litteras Apostolicas Motu Proprio datas hodie Pontificiam Academiam Latinitatis condimus, quae Pontificio Consilio de Cultura erit obnoxia. Eam regit Praeses, quem Secretarius iuvat et ii a Nobis nominantur, dum Consilium Academicum illis auxilium fert.
Opus Fundatum Latinitas, quod Pauli PP. VI chirographo Romani Sermonis die XXX mensis Iunii anno MCMLXXVI est constitutum, exstinguitur.
Decernimus ut hae Litterae Apostolicae Motu Proprio datae, quibus ad experimentum in quinquennium adnexum Statutum comprobamus, per editionem in actis diurnis "L’Osservatore Romano" evulgentur.

Datum Romae, apud Sanctum Petrum, die X mensis Novembris, in memoria S. Leonis Magni Papae, anno MMXII, Pontificatus Nostri octavo.
BENEDICTUS PP XVI
* * *
Pontificiae Academiae Latinitatis Statutum
Art. I
Pontificia Academia Latinitatis conditur, cuius sedes in Statu Civitatis Vaticanae locatur, quae linguam Latinam et cultum promoveat extollatque. Academia cum Pontificio Consilio de Cultura copulatur, cui est obnoxia.
Art. II
§ 1. Haec sunt Academiae proposita:
a) ut linguae litterarumque Latinarum, quae ad classicos, Christianos, mediaevales, humanisticos et recentissimos pertinent auctores, cognitionem iuvet studiumque provehat, praesertim apud catholica instituta, in quibus vel Seminarii tirones vel presbyteri instituuntur atque erudiuntur;
b) Ut provehat diversis in provinciis Latinae linguae usum, sive scribendo sive loquendo.


§ 2. Ut haec proposita consequatur, Academia studet:

a) scripta, conventus, studiorum congressiones, scaenica opera curare;
b) curricula, seminaria aliaque educationis incepta procurare, etiam iunctis viribus cum Pontificio Instituto Altioris Latinitatis;
c) hodierna quoque communicationis instrumenta in discipulis instituendis adhibere, ut sermonem Latinum perdiscant;
d) expositiones, exhibitiones et certamina apparare;
e) alia agere ac suscipere ad hoc Institutionis propositum assequendum.

LETTERA APOSTOLICA
IN FORMA DI MOTU PROPRIO
"LATINA LINGUA"
con la quale viene istituita la Pontificia Accademia di Latinità


1. La lingua latina è sempre stata tenuta in altissima considerazione dalla Chiesa Cattolica e dai Romani Pontefici, i quali ne hanno assiduamente promosso la conoscenza e la diffusione, avendone fatto la propria lingua, capace di trasmettere universalmente il messaggio del Vangelo, come già autorevolmente affermato dalla Costituzione Apostolica Veterum sapientia del mio Predecessore, il Beato Giovanni XXIII.
In realtà, sin dalla Pentecoste la Chiesa ha parlato e ha pregato in tutte le lingue degli uomini. Tuttavia, le Comunità cristiane dei primi secoli usarono ampiamente il greco ed il latino, lingue di comunicazione universale del mondo in cui vivevano, grazie alle quali la novità della Parola di Cristo incontrava l’eredità della cultura ellenistico-romana.
Dopo la scomparsa dell’Impero romano d’Occidente, la Chiesa di Roma non solo continuò ad avvalersi della lingua latina, ma se ne fece in certo modo custode e promotrice, sia in ambito teologico e liturgico, sia in quello della formazione e della trasmissione del sapere.

2. Anche ai nostri tempi, la conoscenza della lingua e della cultura latina risulta quanto mai necessaria per lo studio delle fonti a cui attingono, tra le altre, numerose discipline ecclesiastiche quali, ad esempio, la Teologia, la Liturgia, la Patristica ed il Diritto Canonico, come insegna il Concilio Ecumenico Vaticano II (cfr Decr. Optatam totius, 13).
Inoltre, in tale lingua sono redatti, nella loro forma tipica, proprio per evidenziare l’indole universale della Chiesa, i libri liturgici del Rito romano, i più importanti Documenti del Magistero pontificio e gli Atti ufficiali più solenni dei Romani Pontefici.

3. Nella cultura contemporanea si nota tuttavia, nel contesto di un generalizzato affievolimento degli studi umanistici, il pericolo di una conoscenza sempre più superficiale della lingua latina, riscontrabile anche nell’ambito degli studi filosofici e teologici dei futuri sacerdoti. D’altro canto, proprio nel nostro mondo, nel quale tanta parte hanno la scienza e la tecnologia, si riscontra un rinnovato interesse per la cultura e la lingua latina, non solo in quei Continenti che hanno le proprie radici culturali nell’eredità greco-romana. Tale attenzione appare tanto più significativa in quanto non coinvolge solo ambienti accademici ed istituzionali, ma riguarda anche giovani e studiosi provenienti da Nazioni e tradizioni assai diverse.


4. Appare perciò urgente sostenere l’impegno per una maggiore conoscenza e un più competente uso della lingua latina, tanto nell’ambito ecclesiale, quanto nel più vasto mondo della cultura. Per dare rilievo e risonanza a tale sforzo, risultano quanto mai opportune l’adozione di metodi didattici adeguati alle nuove condizioni e la promozione di una rete di rapporti fra Istituzioni accademiche e fra studiosi, al fine di valorizzare il ricco e multiforme patrimonio della civiltà latina.
Per contribuire a raggiungere tali scopi, seguendo le orme dei miei venerati Predecessori, con il presente Motu Proprio oggi istituisco la Pontificia Accademia di Latinità, dipendente dal Pontificio Consiglio della Cultura. Essa è retta da un Presidente, coadiuvato da un Segretario, da me nominati, e da un Consiglio Accademico.
La Fondazione Latinitas, costituita dal Papa Paolo VI, con il Chirografo Romani Sermonis, del 30 giugno 1976, è estinta.
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La presente Lettera Apostolica in forma di Motu Proprio, con la quale approvo ad experimentum, per un quinquennio, l’unito Statuto, ordino che sia pubblicata su L’Osservatore Romano.
Dato a Roma, presso San Pietro, il giorno 10 novembre 2012, memoria di S. Leone Magno, anno ottavo di Pontificato.
BENEDICTUS PP XVI

* * *
Statuto della Pontificia Accademia di Latinità
Articolo 1 È istituita la Pontificia Accademia di Latinità, con sede nello Stato della Città del Vaticano, per la promozione e la valorizzazione della lingua e della cultura latina. L’Accademia è collegata con il Pontificio Consiglio della Cultura, dal quale dipende.
Articolo 2§ 1. Scopi dell’Accademia sono:
a) favorire la conoscenza e lo studio della lingua e della letteratura latina, sia classica sia patristica, medievale ed umanistica, in particolare presso le Istituzioni formative cattoliche, nelle quali sia i seminaristi che i sacerdoti sono formati ed istruiti;
b) promuovere nei diversi ambiti l’uso del latino, sia come lingua scritta, sia parlata.

§ 2. Per raggiungere detti fini l’Accademia si propone di:
a) curare pubblicazioni, incontri, convegni di studio e rappresentazioni artistiche;
b) dare vita e sostenere corsi, seminari ed altre iniziative formative anche in collegamento con il Pontificio Istituto Superiore di Latinità;
c) educare le giovani generazioni alla conoscenza del latino, anche mediante i moderni mezzi di comunicazione;
d) organizzare attività espositive, mostre e concorsi;
e) sviluppare altre attività ed iniziative necessarie al raggiungimento dei fini istituzionali.