In occasione delle prossime ricorrenze mariane del 7 e 13 ottobre mi piace offrire alla vostra riflessione due Messaggi bellissimi e di gran conforto: Alzate gli occhi al cielo e L'Angelo con la chiave e la catena.
* Blumenfeld (Germania), 7 ottobre 1992. Festa della Madonna del Rosario.
L'Angelo con la chiave e la catena.
«Oggi ti trovi qui, nella sede del mio Movimento della Germania, per fare un Cenacolo con i sacerdoti ed i fedeli consacrati al mio Cuore Immacolato.
Mi venerate come la Madonna del Santo Rosario.
Il Rosario è la mia preghiera; è la preghiera che Io sono venuta dal cielo a domandarvi, perché è l'arma che dovete usare in questi tempi della grande battaglia ed è il segno della mia sicura vittoria.
La mia vittoria si compie quando Satana, con il suo potente esercito di tutti gli spiriti infernali, verrà chiuso dentro il suo regno di tenebre e di morte, da dove non potrà più uscire per nuocere nel mondo.
Per questo deve scendere dal cielo un Angelo, a cui viene data la chiave dell'Abisso ed una catena con la quale legherà il grande drago, il serpente antico, Satana con tutti i suoi seguaci.
L'Angelo è uno Spirito, che viene inviato da Dio, per compiere una particolare missione.
Io sono la Regina degli Angeli, perché entra nel mio stesso disegno quello di essere inviata dal Signore a compiere la più grande ed importante missione di vincere Satana.
Infatti, già dal principio, sono preannunciata come Colei che è nemica del serpente, Colei che lotta contro di lui, Colei che alla fine gli schiaccerà il capo.
"Porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua e la sua discendenza. Essa ti schiaccerà il capo, mentre tenterai di mordere il suo calcagno". (Gen. 3, 15)
La mia discendenza è Cristo.
In Lui, che ha operato la Redenzione e vi ha liberati dalla schiavitù di Satana, si compie la mia completa vittoria.
Per questo a Me è affidata la chiave, con cui è possibile aprire e chiudere la porta dell'Abisso.
La Chiave è il segno del potere che ha chi è signore e padrone di un luogo, che gli appartiene.
In questo senso colui che possiede la chiave del creato è solo il Verbo incarnato, perché per mezzo di Lui tutto è stato fatto, e perciò Gesù Cristo è il Padrone ed il Re di tutto l'universo, cioè del cielo, della terra e dell'abisso.
Solo mio figlio Gesù possiede la chiave dell'abisso, perché è lui stesso la Chiave di Davide, che apre e nessuno può chiudere, che chiude e nessuno può aprire. (cf. Ap. 3, 7)
Gesù consegna questa chiave, che rappresenta il suo divino potere, nella mia mano, perché come Madre sua, mediatrice fra voi e mio Figlio, è stato affidato a Me il compito di vincere Satana e tutto il suo potente esercito del male.
È con questa chiave che Io posso aprire e chiudere la porta dell'abisso.
La catena, con cui il grande Drago deve essere legato, è formata dalla preghiera fatta con Me e per mezzo di Me.
Questa preghiera è quella del Santo Rosario.
Una catena infatti ha il compito prima di limitare l'azione, poi di imprigionare ed infine di rendere vana ogni attività di colui che viene con essa legato.
- La catena del Santo Rosario ha anzitutto il compito di limitare l'azione del mio Avversario.
Ogni Rosario, che voi recitate con Me, ha come effetto di restringere l'azione del Maligno, di sottrarre le anime dal suo malefico influsso e di dare maggiore forza alla espansione del bene
nella vita di tanti miei figli.
- La catena del Santo Rosario ha anche l'effetto di imprigionare Satana, cioè di rendere impotente la sua azione e di diminuire ed indebolire sempre di più la forza del suo diabolico potere.
Per questo ogni Rosario recitato bene è un duro colpo dato alla potenza del male, è una parte del suo regno che viene demolita.
- La catena del Santo Rosario ottiene infine il risultato di rendere Satana completamente inoffensivo.
Il suo grande potere viene distrutto.
Tutti gli spiriti maligni sono cacciati dentro lo stagno di fuoco e di zolfo, viene da Me chiusa la porta con la chiave della Potenza di Cristo, e così non potranno più uscire nel mondo per nuocere alle anime.
Comprendete ora, miei figli prediletti perché, in questi tempi ultimi della battaglia fra Me, Donna vestita di sole, ed il grande Drago, Io vi domando di moltiplicare ovunque i Cenacoli di preghiera, con la recita del santo Rosario, la meditazione della mia parola e la vostra consacrazione al mio Cuore Immacolato. (cf. Ap. 12, 1-3)
Con essi voi date alla Mamma Celeste la possibilità d'intervenire a legare Satana, perché possa adempiere così alla mia missione di schiacciargli la testa, cioè di sconfiggerlo per sempre, chiudendolo dentro il suo abisso di fuoco e di zolfo.
L'umile e fragile corda del santo Rosario forma la forte catena con cui renderò mio prigioniero il tenebroso dominatore del mondo, il nemico di Dio e dei suoi servi fedeli.
Così ancora una volta la superbia di Satana verrà sconfitta dalla potenza dei piccoli, degli umili, dei poveri.
Mentre oggi vi annuncio che è vicina questa mia grande vittoria, che vi porterà alla vostra sicura liberazione, vi dono il conforto della mia materna presenza fra voi e vi benedico».
Tra due feste mariane questo sermone è sempre opportuno. Leggere almeno un numero. Ave Maria Purissima! Senza peccato originale concepita!
SERMONE
PER LA
NATIVITÀ DI MARIA SANTISSIMA
di san Bernardo, abate
L’ acquedotto
1. Nel
Cielo si gode per la presenza della Vergine Madre, la terra ne venera la
memoria. Lassù visione di tutta la sua grandezza, qui il ricordo di lei; là vi
è la sazietà, quaggiù come una piccola pregustazione di primizie; lassù la
realtà, quaggiù il nome. Signore, dice, il tuo Nome è per sempre, e
il tuo ricordo di generazione in generazione (Sal 134, 13). Generazione e
generazione, di uomini, s’intende, non di angeli. Vuoi sapere che il suo nome e
la sua memoria è tra noi, e la sua presenza è in cielo? Così pregherete, dice
il Signore: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo Nome
(Mt 6, 9). Preghiera fedele, che fin dall’inizio ci fa sapere che noi siamo
figli adottivi di Dio, ancora pellegrini sulla terra, affinché sapendo che fino
a quando non saremo in cielo, e saremo pellegrini lontani dal Signore, gemiamo
interiormente, aspettando l’adozione a figli, cioè la presenza del Padre. Ben a
proposito il Profeta, parlando di Cristo, dice: Spirito è davanti alla
nostra faccia il Cristo Signore. All’ombra di lui vivremo tra le genti (Lam
4, 20). Tra i beati del cielo invece non si vive all’ ombra, ma piuttosto nello
splendore. Tra i santi splendori, dice il Salmo, dal seno
dell’aurora, come rugiada, io ti ho generato (Sal 109, 3). Questo dice il
Padre.
2. Ma
la Madre ha generato quel medesimo splendore, però nell’ombra, quella stessa
ombra con cui l’Altissimo l’adombrò. A ragione canta la Chiesa, non la Chiesa
dei Santi che è lassù nello splendore, ma quella che nel frattempo è pellegrina
sulla terra: All’ombra di colui che ho bramato, mi sono seduta, e dolce è il
suo frutto al mio palato (Ct 2, 3). Aveva chiesto che le fosse indicata la
luce meridiana dove pasce lo sposo; ma dovette contentarsi dell’ombra in luogo
della luce piena, e ricevere per il momento un assaggio invece della sazietà.
Infine non dice: «Sotto l’ombra di lui che (l’ombra) avevo desiderata, ma mi
sono seduta all’ombra di lui (lo sposo) che avevo desiderato. Non aveva
cercato l’ombra di lui, ma lui stesso, il vero meriggio, luce piena da luce
piena: È il suo frutto, continua, è dolce al mio palato, come
dicesse: al mio gusto. Fino a quando da me non toglierai lo sguardo e non mi
permetterai di inghiottire la mia saliva? (Gb 7, 19) Fino a quando si
continuerà a dire: Gustate e vedere come è soave il Signore? (Sal 33, 9)
Certamente è soave al gusto e dolce al palato, per cui ben a ragione anche
(solo) per questo prorompe in parole di ringraziamento e di lode.
3. Ma
quando si potrà dire: Mangiate, amici, bevete e inebriatevi o carissimi? (Ct
5, 1) /giusti, dice il Profeta, banchetteranno, ma al cospetto
di Dio (Sal 67, 4), ma non nell’ombra. E parlando di sé dice: Mi sazierò
quando apparirà la tua gloria (Sal 16, 15). Anche il Signore dice agli
Apostoli: Voi avete perseverato con me nelle mie prove: e io vi preparo un
regno come il Padre mio l’ha preparato per me, affinché mangiate e beviate alla
mia mensa. Ma dove? Nel mio Regno, dice (Lc 22, 28-30). Beato davvero
chi mangerà il pane nel Regno di Dio. Sia santificato pertanto il tuo Nome, per
il quale frattanto in qualche modo sei in mezzo a noi, o Signore, abitando
per la fede nei nostri cuori, poiché il tuo Nome è stato invocato su di noi (Ef
3, 17). Venga il tuo Regno. Venga ciò che è perfetto e sparisca ciò che
è parziale (Cfr. 1 Cor 13, 10). Ora, dice l’Apostolo, raccogliete il
frutto che vi porta alla santificazione (Rm 6, 22), e il fine è la vita
eterna. La Vita eterna, fonte perenne che irriga tutta la superficie del
paradiso.
E non
solo la irriga, ma la inebria, fonte degli orti, pozzo delle acque vive che
sgorgano impetuose, e fiume impetuoso che rallegra la città di Dio (Sal 45,
5). E chi è questo fonte della vita se non Cristo Signore? Quando si
manifesterà Cristo vostra Vita, anche voi sarete manifestati con lui nella
gloria (Col 3, 4). In verità la stessa pienezza si è annichilita per essere
per noi giustizia e santificazione e perdono, senza che apparisse ancora la
vita o la gloria, o la beatitudine. Questa fonte arrivò fino a noi, le sue
acque furono portate sulle piazze, anche se lo straniero non ne berrà. Quella vena
celeste è discesa attraverso l’acquedotto, non portando l’abbondanza della
fonte, ma cadendo come una pioggia di grazia sui nostri cuori riarsi, a chi più
a chi meno. L’acquedotto è pieno, in modo che gli altri possano attingere dalla
sua pienezza, ma non riceverne la pienezza stessa.
4. Voi
avete già capito, se non sbaglio, quale sia questo acquedotto che, ricevendo la
pienezza della sorgente dal cuore dello stesso Padre, l’ha data per noi alla
luce, anche se non come è, ma quale potevamo comprenderla. Sapete infatti a chi
fu detto: Ave, o piena di grazia (Lc 1, 28). O ci meravigliamo che si
sia potuto trovare una creatura capace di divenire un tale e così grande
acquedotto, simile a quello visto dal Patriarca Giacobbe, la cui sommità
toccasse i cieli, anzi, oltrepassasse i cieli e arrivasse a quel vividissimo
fonte delle acque che sono sopra i cieli? Se ne meravigliava anche Salomone, e
quasi disperando che tale creatura ci potesse essere, diceva: Una donna forte
chi la troverà? E in realtà per tanto tempo al genere umano mancarono i rivoli
della grazia, non essendovi ancora così desiderabile acquedotto di cui
parliamo. Né fa meraviglia che si sia fatto attendere così a lungo, se si pensa
ai lunghi anni che Noè, uomo giusto, impiegò per costruire l’arca, nella quale si
salvarono poche, cioè, otto persone (Gen 6, 9) , e questo per un tempo
abbastanza breve.
5. Ma
in che modo questo nostro acquedotto raggiunse un fonte così elevato? Non in
altra maniera che mediante un veemente desiderio, mediante una fervida
devozione, una pura orazione, come sta scritto: L’orazione del giusto
penetra i cieli (Eccli 35, 21). E chi fu giusto se non la giusta Maria,
dalla quale ci è nato il Sole di giustizia? Come dunque ella arrivò
all’inaccessibile Maestà, se non bussando, chiedendo, cercando? Alla fine trovò
quello che cercava, Lei, a cui fu detto: Hai trovato grazia presso Dio (Lc
1, 30). Che cosa? È piena di grazia, e trova ancora grazia? Era proprio degna
di trovare quello che cercava, non bastandole la propria pienezza, né poteva
starsene contenta del suo bene, ma come sta scritto: Chi beve me avrà ancora
sete: (Eccli 24, 29): essa chiede la sovrabbondanza per la salvezza di
tutti. Lo Spirito Santo sopravverrà in te, le dice l’Angelo, e ti
infonderà quel prezioso balsamo in tanta abbondanza e pienezza da farlo
traboccare abbondantemente da ogni parte. È così, già i nostri volti brillano
per l’unzione dell’olio. Già esclamiamo: Olio effuso è il tuo Nome, (Sal
103, 15) e la tua memoria di generazione in generazione (Sal 101, 13).
Non è però sparso invano quest’olio, e se sparso, non viene sprecato. Per
questo infatti le giovinette, cioè le anime semplici, amano lo Sposo, e non
poco, e l’unguento che scende dal capo, non solo cade sulla barba, ma arriva
fino ai bordi del vestito.
6.
Osserva, o uomo, il disegno di Dio, il disegno della Sapienza, il disegno della
pietà. Prima di irrorare l’aia, la celeste rugiada scese tutta sul vello:
stando per redimere il genere umano, ne depose tutto il prezzo in Maria! Per
quale ragione fece questo? Forse perché Eva venisse scusata per mezzo della
Figlia, e il lamento dell’uomo contro la donna, d’ora in poi non avesse più
ragione di essere. Non dirai più, o Adamo: La donna che mi hai dato mi ha
presentato il frutto proibito; dirai piuttosto: «La donna che mi hai dato
mi ha dato da mangiare il frutto benedetto». Piissimo disegno; ma non è tutto,
forse c’è n’è ancora un altro nascosto. Del resto questo è poca cosa, se non
erro, per i vostri desideri. È un latte dolce; se premiamo più forte, ne verrà
fuori un bel burro grasso. Guardando più a fondo voi scorgerete con quanto
affetto e devozione abbia voluto che noi onorassimo Maria colui che ha posto in
lei la pienezza di ogni bene, sicché se in noi c’è qualche speranza, qualche
grazia, qualche speranza di salvezza, sappiamo che tutto ciò ci viene da lei
che sale ricolma di delizie. Vero giardino di delizie, sul quale non solo
soffia, ma che investe sopravvenendo dall’alto quel divino austro, perché si
diffondano in abbondanza i suoi aromi, vale a dire i carismi delle grazie.
Togli questo sole che illumina il mondo, dove sarà giorno? togli Maria, questa
stella del mare, un mare grande e spazioso: che cosa ne resta se non un mondo
tutto avvolto nella caligine e nell’ombra di morte e in tenebre densissime?
7.
Veneriamo dunque questa Maria con tutto l’ardore dei nostri cuori, con i più
teneri sentimenti di affetto e di devoto ossequio, perché tale è la volontà di
Colui che ha voluto che noi ricevessimo tutto per mezzo di Maria. Questa è la
volontà sua, ma per il nostro bene. Per tutto infatti provvedendo a tutti i
miseri, egli conforta il nostro cuore trepidante, esercita la fede, rafforza la
speranza, scaccia la diffidenza, rialza chi è pusillanime. Avevate timore di
accostarvi al Padre. Atterrito al solo udirne la voce, correvi a nasconderti
tra il fogliame: allora ti ha dato Gesù come mediatore. Che cosa non otterrà
dal Padre un tale Figlio? Sarà infatti esaudito per la sua pietà: il Padre
infatti ama il Figlio. Hai ancora paura di andare anche da lui? È tuo
fratello e carne tua, provato in tutto, eccetto il peccato, perché fosse
misericordioso (Eb 4, 15). Questo ti ha dato Maria come fratello. Ma forse
anche in lui temi la divina maestà, perché pur essendosi fatto uomo, rimase
tuttavia Dio. Vuoi avere un avvocato anche presso di lui? Ricorri a Maria. In
Maria c’ è la pura umanità, non solo pura perché incontaminata, ma pura per
singolarità di natura. Né dubiterei che anch’essa sarà esaudita per la sua
pietà. Il Figlio esaudirà certamente la Madre, come il Padre esaudirà il
Figlio. Figliuoli miei, questa è la scala dei peccatori, questa è la mia
massima fiducia, questa è tutta la ragione della mia speranza. E che? Può forse
il Figlio non accogliere la supplica (della Madre) o non venire esaudito (dal
Padre)? Può egli non ascoltare e non essere ascoltato? Né l’uno, né l’altro. Tu
hai trovato, disse l’Angelo, grazia presso Dio (Lc 1, 30). Felice
espressione. Maria troverà sempre grazia, e la grazia è la sola cosa di cui
abbiamo bisogno. La Vergine prudente cercava non la sapienza, come Salomone,
non le ricchezze, non gli onori, non la potenza, ma la grazia. È infatti solo
la grazia che ci salva.
8.
Perché desideriamo altre cose, o fratelli? Cerchiamo la grazia, e chiediamola
per mezzo di Maria, perché essa trova quello che cerca e nulla le è rifiutato
di quello che essa chiede. Cerchiamo la grazia, ma la grazia presso Dio;
fallace è infatti la grazia presso gli uomini. Cerchino altri il merito, noi
sforziamoci di trovare grazia. Non è forse per grazia di Dio che siamo qui?
Davvero è grazie alla Misericordia del Signore se non siamo consunti noi (Lam
3, 22). Chi noi? Noi spergiuri, noi omicidi, noi adulteri, noi ladri, veramente
rifiuto di questo mondo. Interrogate le vostre coscienze, fratelli e constatate
che ove abbondò il delitto, sovrabbondò la grazia. Maria non pretende il
merito, ma cerca la grazia. Essa ripone tanta fiducia nella grazia e non si
insuperbisce, che è presa da timore al saluto dell’Angelo. Maria, dice
il Vangelo, si domandava che senso avesse quel saluto (Lc 1, 29). Si
riteneva, infatti, indegna di venire così salutata da un Angelo. E forse diceva
tra sé: «Donde viene a me che un Angelo del Signore venga da me?» Non
temere, Maria, non stupirti che venga un Angelo; viene uno che è più grande
anche dell’Angelo. Non meravigliarti che venga a te l’Angelo del Signore: anche
il Signore dell’Angelo è con te. E poi, perché non potresti
vedere l’Angelo tu che già vivi come un Angelo? Perché un Angelo non dovrebbe
visitare una compagna della vita degli Angeli? Come non saluterebbe una
concittadina dei Santi e familiari di Dio? Davvero angelica vita infatti è la
verginità, e coloro che non si sposano né si maritano saranno come Angeli di
Dio.
9. Vedi
come anche in questo modo il nostro acquedotto raggiunge la fonte, né penetra
ormai i cieli con la sola orazione, ma anche con l’ integrità che la rende
vicina a Dio, come dice il Saggio? Era infatti la Vergine Santa di corpo e
di spirito (1 C or 7, 34) , e ad essa si addicevano in modo speciale le parole:
La nostra patria è nei cieli (Fil 3, 20). Santa, ripeto, di corpo e di
spirito, perché non resti alcun dubbio su questo acquedotto. Esso è invero
altissimo, ma sempre incorrotto. Orto chiuso, fonte sigillato (Ct 4,
12), tempio del Signore, sacrario dello Spirito Santo (dall’off. BVM in
Sabato). Né è una vergine stolta, non le manca infatti l’olio, ma ne ha pieno
il vaso di riserva. Essa ha disposto delle ascensioni nel suo cuore (Sal
83, 6), ascendendo sia con le sue opere, sia con la sua orazione. Maria si
reca in fretta sulla montagna e saluta Elisabetta (Lc 1, 39-40) e si ferma
circa tre mesi per aiutarla, così da poter dire, lei Madre ad un altra madre
(Elisabetta) quello che molto tempo dopo il Figlio (Gesù) avrebbe detto al
figlio (Giovanni) : Lascia fare, ora, così dobbiamo compiere ogni giustizia (Mt
3, 15). Veramente sale sui monti Maria, la cui giustizia è come i monti più
alti. Questa è la terza ascensione della Vergine, ed è scritto che una corda a
tre capi è difficile a rompersi: la sua carità cercava con fervore la grazia,
nella sua carne splendeva la verginità, nel servizio alla vecchia Elisabetta
eccelleva l’umiltà. Se infatti chiunque si umilia sarà esaltato, che cosa di
più sublime che l’umiltà di Maria? Elisabetta si stupiva della sua venuta, e
diceva: A che debbo che la Madre del mio Signore venga a me? (Lc 1, 43).
Ma ora si meravigli piuttosto che, sull’esempio del Figlio, essa non sia venuta
per essere servita, ma per servire. Giustamente perciò quel Cantore divino,
pieno di ammirazione per lei, esclamava: Chi è costei che sorge come aurora,
bella come la luna, fulgida come il sole, terribile come schiere a vessilli
spiegati? (Ct 6, 9). Davvero ella sorge sopra tutto il genere umano, sale
fino agli Angeli, ma li oltrepassa ancora e si innalza sopra ogni celeste
creatura. Di fatti essa deve attingere necessariamente al di sopra degli Angeli
l’acqua viva per farla discendere sugli uomini.
10. Come
avverrà questo, dice, poiché non conosco uomo? Santa veramente di
corpo e di spirito, che possedeva l’integrità del corpo, e il proposito di
rimanere vergine. L’Angelo le rispose: Lo Spirito Santo sopravverrà in te e
la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Non interrogare me,
le dice, sono cose superiori a me, e io non posso spiegarle. Lo Spirito
Santo, non lo Spirito Angelico, scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo
ti adombrerà, non io. Non fermarti agli Angeli, Vergine santa: la terra
chiede che per tuo mezzo le venga dato qualcosa di più sublime che plachi la
sua sete. Sorpassatili di poco, troverai l’amato dell’anima tua.
Ho
detto: di poco, non perché il tuo Diletto non sia incomparabilmente più alto,
ma perché tra lui e gli angeli non troverai null’altro. Oltrepassa dunque le
Virtù e le Dominazioni, i Cherubini e i Serafini, e arriverai a lui del quale
cantano in coro, ripetendo a vicenda: Santo, Santo, Santo è il Signore,
Dio degli eserciti (Is 6, 3). Il Santo infatti che da te nascerà sarà
chiamato Figlio di Dio (Lc 1, 35). Fonte della Sapienza il Verbo del
Padre nell’alto dei cieli (Eccl 1, 5). Questo Verbo, per mezzo di te si
farà uomo, sicché colui che dice: Io sono nel Padre, e il Padre è in me (Gv
14, 10), dica pure nello stesso tempo: Io sono uscito da Dio e sono venuto (Gv
8, 42). In principio, è detto, era il Verbo. Già scaturisce la
fonte, ma per il momento resta in se stessa. E il Verbo era presso Dio, in una
luce inaccessibile; e da principio il Signore diceva: Io nutro pensieri di pace
e non di sventura (Ger 29, 11). Ma il tuo pensiero è dentro dite, o Signore, e
noi non sappiamo quello che tu pensi. Chi infatti conosceva i sentimenti del
Signore, o chi era suo consigliere? Pertanto il pensiero di pace è disceso
facendosi opera di pace: Il Verbo si fece carne, e ormai abita tra noi.
Abita nei nostri cuori per la fede, anche nella nostra memoria, abita nel
pensiero, ed è disceso fino all’immaginazione. Come avrebbe potuto prima
formarsi una immagine di Dio, non forse facendosi con il cuore un idolo?
11. Era
del tutto incomprensibile e inaccessibile, invisibile e inescogitabile. Ma ora
ha voluto farsi comprendere, farsi vedere, farsi pensare. In che modo, mi
chiedi? Eccolo che giace nel presepio, riposa in braccio alla Vergine, predica
sul monte, passa le notti in preghiera, ovvero pende dalla croce, è coperto dal
pallore della morte, scende libero e comanda negli inferi, ovvero ancora lo
vedi risorgere il terzo giorno, mostrare agli Apostoli il luogo dei chiodi,
segni della sua vittoria, e infine ascendere al cielo davanti ai loro occhi.
Tutti questi pensieri rispondono a verità, alimentano la pietà e la santità.
Quando penso a qualcuna di queste cose, io penso Dio, che è per ogni cosa il
Dio mio.
Meditare
queste cose io chiamo sapienza, e giudico prudenza il rievocare il dolce
ricordo di questi fatti, prefigurati nei frutti abbondanti spuntati dalla Verga
sacerdotale di Aronne, e che Maria, attingendoli dal cielo, in modo più copioso
ha messo a vostra disposizione. Dal cielo veramente, e da sopra gli Angeli,
perché essa ha ricevuto il Verbo dal cuore stesso del Padre, come sta scritto:
Ilgiorno al giorno trasmette la parola (Sal 18, 3). Davvero giorno
è il Padre: e giorno da giorno è la salvezza di Dio. Non è giorno forse anche
la Vergine? E quale giorno! Giorno veramente fulgido Maria, che avanza come
Aurora che sorge, bella come la luna, splendente come il sole (Ct 6, 9).
12.
Considera come Maria arriva fino agli Angeli per la pienezza della grazia, e
supera quando sopravviene in lei lo Spirito. Negli angeli c’è la carità, la
purezza, l’umiltà. Quale di queste cose non fu eminente in Maria? Ma questo è
stato dimostrato sopra, per quanto ci fu possibile spiegare. Ora vediamo la sua
sopraeminenza. A quale degli Angeli è stato mai detto: Lo Spirito Santo
sopravverrà in te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra:
perciò il Santo che nascerà da te sarà chiamato Figlio di Dio? E poi: La
verità è germogliata dalla terra (Sal 84, 12), non dalla creatura angelica;
essa ha assunto non la natura degli angeli, ma il seme di Abramo. È grande cosa
per l’Angelo l’essere servitore ministro di Dio; ma Maria meritò qualcosa di
più sublime, quella di esserne Madre. La maternità pertanto della Vergine è
gloria sovraeminente, e per il singolare privilegio a lei concesso, essa è
divenuta tanto più eccellente degli angeli quanto più il suo titolo di Madre è
differente da quello di servi (ministri). Già ta per umiltà, ricevette ancora
questa grazia di diventare madre senza concorso d’uomo e senza i dolori del
parto. Tutto questo è ancora poco: quello che è nato da lei è chiamato il
Santo, ed è il Figlio di Dio.
13. Per
il resto, fratelli, dobbiamo fare tutto perché il Verbo che, uscito dalla bocca
del Padre, è venuto a noi per mezzo della Vergine, non se ne ritorni vuoto, ma
ancora, per mezzo della medesima Vergine Maria, rendiamo grazia per grazia.
Vada il pensiero frequente mentre ancora ne sospiriamo la presenza, e le grazie
che scendono a noi siano fatte risalire alla loro origine, per ridiscenderne in
maggiore abbondanza. Se invece non ritornano alla fonte, si disseccano, e
infedeli nel poco, non meritiamo di ricevere ciò che è massimo. È poca cosa il
pensiero unito al desiderio della presenza, poco in confronto con quello che
desideriamo grande è ciò che meritiamo; è molto al di sotto il desiderio, molto
superiore è il merito. Saggiamente la sposa si rallegra non poco di questo
poco. Avendo infatti detto: Dimmi dove pascoli, dove riposi nel meriggio,
(Ct 1, 6) ricevendo piccole cose invece di quelle immense, e in cambio del
pasto meridiano offrendo un sacrificio vespertino non mormora affatto, né si
rattrista, come d’ordinario succede, ma ringrazia, e in tutto si mostra più
devota. Sa infatti che se sarà fedele nell’ombra della memoria, otterrà senza
dubbio la luce della presenza. Pertanto Voi che vi ricordate del Signore,
non tacete e non lasciatelo stare in silenzio (Is 62, 6-7). Poiché coloro
che hanno presente il Signore non hanno bisogno di esortazione, e quello che
dice un altro Profeta: Loda il Signore, Gerusalemme, loda il tuo Dio o Sion (Sal
147, 1), sono parole di congratulazione, più che di ammonizione. Coloro che
camminano nella fede hanno bisogno di essere ammoniti di tacere e di non
lasciare stare in silenzio il Signore. Egli parla infatti, di pace per il
Suo popolo, per i suoi fedeli, per chi ritorna a lui con tutto il cuore (Sal
84, 9) , ascolterà quelli che ascoltano lui, e parlerà a quelli che parlano a
lui. Diversamente, se tu taci, fai tacere anche lui. Non tacere dunque. Da che
cosa? Dalla lode di Dio. Non tacete, e non dategli requie fino a che
stabilisca sulla terra la lode di Gerusalemme. La lode di Gerusalemme è
lode gioconda e decorosa. Non è possibile pensare che gli Angeli, cittadini di
Gerusalemme, prendano piacere e si ingannino a vicenda in una lode vana.
14. Sia
fatta la tua volontà, o Padre, come in cielo, così in terra (Mt 6,
10) affinché la lode di Gerusalemme sia stabilita sulla terra. E adesso che
cosa c’è? In Gerusalemme un Angelo non cerca la sua gloria da un altro Angelo,
e sulla terra l’uomo brama di essere lodato da un altro uomo? Esecrabile
perversità! Ma lasciamola a coloro che ignorano Dio, a coloro che si sono
dimenticati del Signore loro Dio (1 Cor 15, 34). Voi che vi ricordate
del Signore, non tacete, non cessate di lodarlo, fino a che la sua lode si
stabilisca e sia resa perfetta sulla terra. C’è infatti un silenzio
irreprensibile, anzi, lodevole. C’è anche un discorso non buono. Altrimenti non
avrebbe detto il Profeta: È buona cosa per l’uomo attendere in silenzio la
salvezza di Dio (Lam 3, 26). È cosa buona tacere dalla millanteria, è buono
astenersi dalla bestemmia, dalla mormorazione, dalla detrazione. Avviene che
uno, esasperato da un lavoro lungo e faticoso, mormora dentro di sé, e giudica
coloro che vigilano per la sua anima, consapevoli del conto che ne devono
rendere. È questo un grido che rompe ogni silenzio, il grido di un animo
indurito che fa tacere, in quanto non permette che venga percepita la voce
della parola. Un altro, per la pusillanimità dello spirito, si lascia prendere
dalla disperazione e questa è una bestemmia che non sarà rimessa né in questa
vita, né nella futura. Un altro ancora s’inorgoglisce nel suo cuore e leva con
superbia il suo sguardo, stimandosi più di quello che è, e dice: La mia mano
potente (Dt 32, 27) , e pensa di essere qualche cosa, mentre non è nulla.
Che cosa direbbe a costui Colui che parla di pace? Dice infatti: Tu dici: Io
sono ricco, e non ho bisogno di nessuno (Ap 3, 17). Ora la Verità risponde
così: Guai a voi, ricchi, perché avete la vostra consolazione (Lc 6, 24). E al
contrario: Beati, dice, quelli che piangono, perché saranno consolati
(Mt 5, 5). Tacciano dunque in noi la lingua maldicente, la lingua blasfema,
la lingua millantatrice, perché è bene in questo triplice silenzio aspettare la
salvezza di Dio, e dì così: Parla Signore, perché il tuo servo ti ascolta (1 Re 3, 10). Quelle parole in realtà
non sono rivolte a Lui, ma contro di Lui, come diceva Mosè agli Ebrei che
mormoravano: La vostra mormorazione non è contro di noi, ma contro il
Signore (Es 16, 8).
15.
Astieniti da tali parole, senza tuttavia tacere del tutto, per non costringere
Dio al silenzio. Parla a lui accusandoti in umile confessione della tua vanità,
onde ottenere perdono per le colpe passate. Parla ringraziando, invece della
mormorazione, per ottenere una grazia più abbondante per il presente. Parla
nell’ orazione, contro la diffidenza, per conseguire la gloria del futuro.
Confessa, ripeto,i peccati passati, per i benefici presenti rendi grazie, e poi
prega con più fervore per il futuro, di modo che anche Dio non taccia il suo
perdono, non cessi di largire i suoi doni, e non venga meno nelle sue promesse.
Non tacere tu, ripeto, e fa’ in modo che lui non stia in silenzio. Parla tu,
affinché parli anche lui e possa dire: Il mio diletto è a me, e io a lui.
Parola gioconda, parola dolce. Non è davvero parola di mormorazione, ma voce
della tortora. E non dire: Come canteremo i canti del Signore in terra
straniera? (Sal 136, 4). Ormai non sarà più considerata straniera quella di
cui dice lo Sposo: La voce della tortora si è udita nella nostra terra (Ct
2, 12). L’aveva infatti sentito dire: Prendeteci le piccole volpi e
forse per questo uscì in grido di esultanza, dicendo: Il mio Diletto è a me
e io a lui. Davvero voce di tortora, che, con una singolare pudicizia resta
fedele al suo compagno, sia vivo che morto, sicché né la morte, né la vita la
separa dall’amore di Cristo. Considera infatti se ci sia qualche cosa che abbia
potuto alienare questo diletto dalla sua amata, e impedirgli di restare fedele,
anche qualora la diletta abbia peccato o gli abbia voltato le spalle. Ammassi
di nuvole cercavano di offuscare i raggi del sole: così le nostre iniquità si
frapponevano tra noi e Dio, minacciando di separarci da lui; ma il sole divenne
caldo, e tutta quella nuvolaglia si è dissipata. Diversamente, quando mai
saresti tornato da lui se egli non ti fosse rimasto fedele, se non avesse
gridato: Ritorna, Sunamita, ritorna, ritorna, perché ti vediamo?. Sii
dunque anche tu fedele a lui, e nessuna calamità o fatica ti faccia allontanare
da lui.
16.
Lotta con l’angelo, non soccombere, perché il regno di Dio patisce violenza
e i violenti lo rapiscono (Mt 11, 12). Non lasciano forse intendere la
lotta le parole: Il mio Diletto a me, e io a lui?Egli ti ha fatto
conoscere il suo amore; mostragli anche il tuo. In molte cose infatti ti mette
alla prova il Signore tuo Dio. Spesso se ne va, volta altrove la faccia, ma non
perché sia adirato. È una prova, non segno di riprovazione. Il tuo Diletto ti
ha sopportato; sopporta anche tu il tuo Diletto, sopporta, agisci virilmente.
Non lo hanno vinto i tuoi peccati, anche tu non lasciarti vincere dai suoi
flagelli, e otterrai la benedizione. Ma quando? Quando spunterà l’aurora,
quando sarà finito il giorno, quando avrà stabilito la lode di Gerusalemme
sulla terra. Ecco che un uomo lottava con Giacobbe fino al mattino (Gen
32, 24). Al mattino fammi sentire la tua misericordia, perché in te ho
sperato, Signore. Non tacerò, non ti lascerò stare in silenzio fino al
mattino, né digiuno, possibilmente. Tu ti degni in realtà pascerti, ma tra i
gigli. Il mio diletto a me, e io a lui che si pasce tra gigli (Ct 2,
16). Veramente anche sopra, se ricordate, è stato chiaramente indicato che la
voce della tortora si ode quando compariscono i fiori. Ma bada che vi è
indicato il luogo, non il cibo, né vi è espresso di che cosa si pasce il
Diletto, ma tra quali cose. Forse egli si pasce, non di cibo, ma della
compagnia dei gigli, non si ciba di gigli, ma sta in mezzo a loro. E veramente
i gigli piacciono più per il profumo che per il sapore, e sono adatti per
essere veduti più che mangiati.
17.
Così dunque si pasce (lo sposo) tra i gigli fino a che spiri la
brezza del giorno, e alla bellezza dei fiori succeda l’abbondanza dei
frutti. Nel frattempo è l’ora dei fiori, non dei frutti, mentre cioè siamo più
nella speranza che nella realtà, e camminando nella fede e non nella visione,
ci consoliamo più con la speranza che nell’ esperienza (dei beni eterni).
Considera infine la delicatezza del fiore, e ricorda quello che dice
l’Apostolo: Portiamo questo tesoro in vasi di creta. A quanti pericoli
sono esposti i fiori. Come è facile per un giglio essere perforato dagli aculei
delle spine! Giustamente canta il Diletto: Come giglio tra le spine, così la
mia amica tra le fanciulle (Ct 2, 2). Non era tra le spine colui che
diceva: Io ero pacifico in mezzo a coloro che detestavano la pace? (Sal
119, 7) Del resto, anche se il giusto germoglia come il giglio, lo sposo non si
pasce presso un giglio solo, né si compiace della singolarità. Senti come egli
dimori ove vi sono più gigli. Dove vi sono due o tre radunati in mio nome,
mi trovo in mezzo a loro (Mt 18, 20). Gesù ama sempre il mezzo, il Figlio
dell’uomo mediatore tra Dio e gli uomini, riprova sempre gli angoli, le pieghe.
Il mio diletto è a me e io a lui che si pasce tra i gigli. Cerchiamo di
avere gigli, fratelli, estirpiamo spine e triboli e affrettiamoci a sostituirli
con gigli, perché si degni di pascersi anche tra noi qualora si degni di
scendere a noi il Diletto.
18.
Presso Maria egli si pasceva, e abbondantemente, a causa della moltitudine di
gigli. Non era forse un giglio il decoro della verginità, l’ornamento dell’umiltà,
la sovraeminenza della carità? Avremo anche noi dei gigli, anche se di molto
inferiori. Ma neanche tra questi disdegnerà di pascersi lo sposo, a condizione
che le azioni di grazie di cui abbiamo parlato, siano dotate di ilare
devozione, che la nostra orazione sia resa accetta dalla purezza d’intenzione,
e la nostra confessione ci avrà ottenuto, con il perdono, di fare candide le
nostre vesti, come è scritto: Se i vostri peccati fossero come scarlatto,
diverranno come la neve, e se fossero rossi come porpora, diverranno bianchi
come la lana (Is 1, 18). Del resto, qualunque sia la cosa che ti disponi a
offrire, ricordati di affidarla a Maria,onde per il medesimo canale per cui la
grazia è discesa a noi, ritorni al largitore della grazia. A Dio infatti non
mancavano mezzi per infonderci, come voleva, la sua grazia, anche senza questa
acqua, ma egli ha voluto darci questo veicolo. Forse le tue mani sono sporche
di sangue o infette di regali, perché non le hai tenute pure da ogni cupidigia.
Dunque quel poco che desideri offrire, fallo passare per le mani degnissime e
accettissime di Maria se non vuoi subire un rifiuto. Esse in realtà sono come
candidissimi gigli; né avrà a ridire quell’amatore di gigli di non aver trovato
tra i gigli qualsiasi cosa che egli avrà trovato tra le mani di Maria.
Fa' o Madre che viviamo nella grazia dello Spirito Santo
Se non fosse per le cure di Maria, per le preghiere di Maria, la razza umana non sarebbe più. L’avrei cancellata perché veramente il vostro vivere ha toccato il profondo del Male e la Giustizia è ferita, e la Pazienza è colmata, e la Punizione è pronta; mac’è Maria che vi ripara con il suo manto, e se Io posso, con un volger di sguardo, far prostrare il Paradiso e tremare gli astri, non posso nulla contro mia Madre. Sono il suo Dio, ma sono sempre il suo Pargolo. Su quel Cuore mi sono riposato nel primo sonno d’infante e nell’ultimo della morte, e di quel Cuore so tutti i segreti. So, dunque, che punirvi sarebbe dare un trafiggente dolore alla Madre del genere umano, alla Madre vera, che sempre spera potervi condurre al Figlio suo. Sono il suo Dio ma Ella è mia Madre ed Io perfetto in tutto, vi sono Maestro anche in questo: nell’amore per la Madre. A chi ancora crede, nel mondo, Io dico: “La salvezza del mondo è in Maria”. (…) Unico ponte resta Maria, ma se dispregiate Essa pure, sarete schiacciati. Non permetto sia vilipesa Colei in cui lo Spirito Santo discese per generare Me, Figlio di Dio e Salvatore del mondo.4.7.43
52. Le nozze di Cana. Il Figlio non più soggetto alla Madre compie per Lei il primo miracolo Gv 2,1-11
Vedo una casa. Una caratteristica casa orientale - un cubo bianco, più largo che alto, con rade aperture - sormontata da una terrazza che fa da tetto, recinta da un muretto alto circa un metro e ombreggiata da una pergola di vite, che si arrampica fin là e stende i suoi rami su oltre metà di questa assolata terrazza. Una scala esterna sale lungo la facciata sino all'altezza di una porta, che si apre a metà altezza della facciata. Sotto ci sono, al terreno, delle porte basse e rade, non più di due per lato, che mettono in stanze basse e scure. La casa sorge in mezzo ad una specie di aia, più spiazzo erboso che aia, che ha al centro un pozzo. Vi sono delle piante di fico e di melo. La casa guarda verso la strada, ma non è sulla strada. È un poco in dentro, e un viottolo fra l'erba l'unisce alla via che sembra una via maestra. Si direbbe che la casa è alla periferia di Cana: casa di proprietari contadini, i quali vivono in mezzo al loro poderetto. La campagna si stende oltre la casa con le sue lontananze verdi e placide. Vi è un bel sole e un azzurro tersissimo di cielo. In principio non vedo altro. La casa è sola. Poi vedo due donne, con lunghe vesti e un manto che fa anche da velo, avanzarsi sulla via e da questa sul sentiero. Una è più anziana, sui cinquant'anni, e veste di scuro, un color bigiomarrone come di lana naturale. L'altra è vestita più in chiaro, una veste di un giallo pallido e manto azzurro, e sembra avere un trentacinque anni. È molto bella, snella, e ha un portamento pieno di dignità, per quanto sia tutta gentilezza e umiltà. Quando è più vicina, noto il color pallido del volto, gli occhi azzurri e i capelli biondi che appaiono sotto il velo sulla fronte. Riconosco Maria Ss. Chi sia l'altra, che è bruna e più anziana, non so. Parlano fra loro e la Madonna sorride. Quando sono prossime alla casa, qualcuno, certamente messo a guardia degli arrivi, dà l'avviso, ed incontro alle due vengono uomini e donne tutti vestiti a festa, i quali fanno molte feste alle due e specie a Maria Ss. L'ora pare mattutina, direi verso le nove, forse prima, perché la campagna ha ancora quell'aspetto fresco delle prime ore del giorno, nella rugiada che fa più verde l'erba e nell'aria non ancora offuscata da polvere. La stagione mi pare primaverile, perché i prati sono con erba non arsa dall'estate e i campi hanno il grano ancor giovane e senza spiga, tutto verde. Le foglie del fico e del melo sono verdi e ancora tenere, e così quelle della vite. Ma non vedo fiori sul melo e non vedo frutta né sul melo, né sul fico, né sulla vite. Segno che il melo ha già fiorito, ma da poco, e i frutticini non si vedono ancora. Maria, molto festeggiata e fiancheggiata da un anziano che pare il padrone di casa, sale la scala esterna ed entra in un'ampia sala che pare tenere tutta o buona parte del piano sopraelevato. Mi pare di capire che gli ambienti al terreno sono le vere e proprie stanze di abitazione, le dispense, i ripostigli e le cantine, e questa sia l'ambiente riservato a usi speciali, come feste eccezionali, o a lavori che richiedano molto spazio, o anche a distensione di derrate agricole. Nelle feste lo svuotano da ogni impiccio e lo ornano, come è oggi, di rami verdi, di stuoie, di tavole imbandite. Al centro ve ne è una molto ricca, con sopra già delle anfore e piatti colmi di frutta. Lungo la parete di destra, rispetto a me che guardo, un'altra tavola imbandita, ma meno riccamente. Lungo quella di sinistra, una specie di lunga credenza, con sopra piatti con formaggi e altri cibi che mi paiono focacce coperte di miele e dolciumi. In terra, sempre presso questa parete, altre anfore e tre grossi vasi in forma di brocca di rame (su per giù). Le chiamerei giare. Maria ascolta benignamente quanto tutti le dicono, poi con bontà si leva il manto ed aiuta a finire i preparativi della mensa. La vedo andare e venire aggiustando i letti-sedili, raddrizzando le ghirlande di fiori, dando migliore aspetto alle fruttiere, osservando che nelle lampade vi sia l'olio. Sorride e parla pochissimo e a voce molto bassa. Ascolta invece molto e con tanta pazienza. Un grande rumore di strumenti musicali (poco armonici in verità) si ode sulla via. Tutti, meno Maria, corrono fuori. Vedo entrare la sposa, tutta agghindata e felice, circondata dai parenti e dagli amici, a fianco dello sposo che le è corso incontro per primo. E qui la visione ha un mutamento. Vedo, invece della casa, un paese. Non so se sia Cana o altra borgata vicina. E vedo Gesù con Giovanni ed un altro che mi pare Giuda Taddeo, ma potrei, su questo secondo, sbagliare. Per Giovanni non sbaglio. Gesù è vestito di bianco ed ha un manto azzurro cupo. Sentendo il rumore degli strumenti, il compagno di Gesù chiede qualcosa ad un popolano e riferisce a Gesù.
«Andiamo a far felice mia Madre» dice allora Gesù sorridendo. E si incammina attraverso ai campi, coi due compagni, alla volta della casa. Mi sono dimenticata di dire che ho l'impressione che Maria sia o parente o molto amica dei parenti dello sposo, perché si vede che è in confidenza. Quando Gesù arriva, il solito, messo di sentinella, avvisa gli altri. Il padrone di casa, insieme al figlio sposo ed a Maria, scende incontro a Gesù e lo saluta rispettosamente. Saluta anche gli altri due, e lo sposo fa lo stesso. Ma quello che mi piace è il saluto pieno di amore e di rispetto di Maria al Figlio e viceversa. Non espansioni, ma uno sguardo tale accompagna la parola di saluto: «La pace è con te» e un tale sorriso che vale cento abbracci e cento baci. Il bacio tremola sulle labbra di Maria, ma non viene dato. Soltanto Ella pone la sua mano bianca e piccina sulla spalla di Gesù e gli sfiora un ricciolo della sua lunga capigliatura. Una carezza da innamorata pudica. Gesù sale a fianco della Madre e seguito dai discepoli e dai padroni, ed entra nella sala del convito, dove le donne si danno da fare ad aggiungere sedili e stoviglie per i tre ospiti, inaspettati, mi sembra. Direi che era incerta la venuta di Gesù e assolutamente impreveduta quella dei suoi compagni.
Odo distintamente la voce piena, virile, dolcissima del Maestro dire, nel porre piede nella sala: «La pace sia in questa casa e la benedizione di Dio su voi tutti». Saluto cumulativo a tutti i presenti e pieno di maestà. Gesù domina col suo aspetto e con la sua statura tutti quanti. È l'ospite, e fortuito, ma pare il re del convito, più dello sposo, più del padrone di casa. Per quanto sia umile e condiscendente, è colui che si impone. Gesù prende posto alla tavola di centro con lo sposo, la sposa, i parenti degli sposi e gli amici più influenti. I due discepoli, per rispetto al Maestro, vengono fatti sedere alla stessa tavola. Gesù ha le spalle voltate alla parete dove sono le giare e le credenze. Non le vede perciò, e non vede neppure l'affaccendarsi del maggiordomo intorno ai piatti di arrosti, che vengono portati da una porticina che si apre presso le credenze. Osservo una cosa. Meno le rispettive madri degli sposi e meno Maria, nessuna donna siede a quel tavolo. Tutte le donne sono, e fanno baccano per cento, all'altra tavola contro la parete, e vengono servite dopo che sono stati serviti gli sposi e gli ospiti di riguardo. Gesù è presso il padrone di casa ed ha di fronte Maria, la quale siede a fianco della sposa. Il convito comincia. E le assicuro che l'appetito non manca e neanche la sete. Quelli che lasciano poco il segno sono Gesù e sua Madre (il significato è che poco mangiano e poco bevono), la quale, anche, parla pochissimo. Gesù parla un poco di più. Ma, per quanto sia parco, non è, nel suo scarso parlare, né accigliato né sdegnoso. È un uomo cortese ma non ciarliero. Interrogato risponde, se gli parlano si interessa, espone il suo parere, ma poi si raccoglie in Sé come uno abituato a meditare. Sorride, non ride mai. E, se sente qualche scherzo troppo avventato, mostra di non udire. Maria si ciba della contemplazione del suo Gesù, e così Giovanni, che è verso il fondo della tavola e pende dalle labbra del suo Maestro. Maria si accorge che i servi parlottano col maggiordomo e che questo è impacciato, e capisce cosa c'è di spiacevole. «Figlio» dice piano, richiamando l'attenzione di Gesù con quella parola. «Figlio, non hanno più vino». «Donna, che vi è più fra Me e te?». Gesù, nel dirle questa frase, sorride ancor più dolcemente, e sorride Maria, come due che sanno una verità che è loro gioioso segreto, ignorata da tutti gli altri. Gesù mi spiega il significato della frase. «Quel "più", che molti traduttori omettono (nel tradurre le parole che sono in: Giovanni 2, 4), è la chiave della frase e la spiega nel suo vero significato. Ero il Figlio soggetto alla Madre sino al momento in cui la volontà del Padre mio mi indicò esser venuta l'ora di essere il Maestro. Dal momento che la mia missione ebbe inizio, non ero più il Figlio soggetto alla Madre, ma il Servo di Dio. Rotti i legami morali verso la mia Genitrice. Essi si erano mutati in altri più alti, si erano rifugiati tutti nello spirito. Quello chiamava sempre "Mamma" Maria, la mia Santa. L'amore non conobbe soste, né intiepidimento, anzi non fu mai tanto perfetto come quando, separato da Lei come per una seconda figliazione, Ella mi dette al mondo per il mondo, come Messia, come Evangelizzatore. La sua terza sublime mistica maternità fu quando, nello strazio del Golgota, mi partorì alla Croce facendo di Me il Redentore del mondo. "Che vi è più fra Me e te? "Prima ero tuo, unicamente tuo. Tu mi comandavi, Io ti ubbidivo. Ti ero "soggetto". Ora sono della mia missione. Non l'ho forse detto? (Luca 9, 62; Vol 3 Cap 178; Vol 4 Cap 276) "Chi, messa la mano all'aratro, si volge indietro a salutare chi resta, non è adatto al Regno di Dio ". Io avevo posto la mano all'aratro per aprire col vomere non le glebe, ma i cuori, e seminarvi la parola di Dio. Avrei levato quella mano solo quando me l'avrebbero strappata di là per inchiodarmela alla croce ed aprire con il mio torturante chiodo il cuore del Padre mio, facendone uscire il perdono per l'umanità. Quel "più ", dimenticato dai più, voleva dire questo: "Tutto mi sei stata, o Madre, finché fui unicamente il Gesù di Maria di Nazareth, e tutto mi sei nel mio spirito; ma, da quando sono il Messia atteso, sono del Padre mio. Attendi un poco ancora e, finita la missione, sarò da capo tutto tuo; mi riavrai ancora sulle braccia come quand'ero bambino, e nessuno te lo contenderà più, questo tuo Figlio, considerato un obbrobrio dell'umanità, che te ne getterà la spoglia per coprire te pure dell'obbrobrio d'esser madre di un reo. E poi mi avrai di nuovo, trionfante, e poi mi avrai per sempre, trionfante tu pure in Cielo. Ma ora sono di tutti questi uomini. E sono del Padre che mi ha mandato ad essi". Ecco quel che vuol dire quel piccolo e così denso di significato "più " ». Maria ordina ai servi: «Fate quello che Egli vi dirà». Maria ha letto negli occhi sorridenti del Figlio l'assenso, velato dal grande insegnamento a tutti i " vocati ". E ai servi: «Empite d'acqua le idrie» ordina Gesù. Vedo i servi empire le giare di acqua portata dal pozzo (odo stridere la carrucola che porta su e giù il secchio gocciolante). Vedo il maggiordomo mescersi un poco di quel liquido con occhi di stupore, assaggiarlo con atti di ancor più vivo stupore, gustarlo e parlare al padrone di casa e allo sposo (erano vicini). Maria guarda ancora il Figlio e sorride; poi, raccolto un sorriso di Lui, china il capo arrossendo lievemente. È beata. Nella sala passa un sussurrìo, le teste si volgono tutte verso Gesù e Maria, c'è chi si alza per vedere meglio, chi va alle giare. Un silenzio, e poi un coro di lodi a Gesù. Ma Egli si alza e dice una parola: «Ringraziate Maria» e poi si sottrae al convito. I discepoli lo seguono. Sulla soglia ripete: «La pace sia a questa casa e la benedizione di Dio su voi» e aggiunge: «Madre, ti saluto». La visione cessa. Gesù mi istruisce ancora così: «Quando dissi ai discepoli: "Andiamo a far felice mia Madre ", avevo dato alla frase un senso più alto di quello che pareva. Non la felicità di vedermi, ma di essere Lei l'iniziatrice della mia attività di miracolo e la prima benefattrice dell'umanità. Ricordatevelo sempre. Il mio primo miracolo è avvenuto per Maria. Il primo. Simbolo che è Maria la chiave del miracolo. Io non ricuso nulla alla Madre mia, e per sua preghiera anticipo anche il tempo della grazia. Io conosco mia Madre, la seconda in bontà dopo Dio. So che farvi grazia è farla felice, poiché è la Tutta Amore. Ecco perché dissi, Io che sapevo: "Andiamo a farla felice". Inoltre ho voluto rendere manifesta la sua potenza al mondo insieme alla mia. Destinata ad essere a Me congiunta nella carne - poiché fummo una carne: Io in Lei, Lei intorno a Me, come petali di giglio intorno al pistillo odoroso e colmo di vita - congiunta a Me nel dolore, poiché fummo sulla croce Io con la carne e Lei col suo spirito, così come il giglio odora e colla corolla e coll'essenza tratta da essa, era giusto fosse congiunta a Me nella potenza che si mostra al mondo. Dico a voi ciò che dissi a quei convitati: "Ringraziate Maria. È per Lei che avete avuto il Padrone del miracolo e che avete le mie grazie, e specie quelle di perdono ". Riposa in pace. Noi siamo con te».
<<Con GESU' è venuto il regno della vita ed è stato
distrutto il dominio della morte.
Una diversa generazione è apparsa, e una vita
diversa e un diverso modo di vivere.
La nostra stessa natura ha subìto un
cambiamento. Quale è questa generazione? Quella che non scaturisce dal
sangue, né da volere di uomo, né da volere di carne, ma è stata creata da Dio
(cfr. Gv 1, 13).
Come può avvenire questo? Ascolta e te lo spiegherò in
breve. Questa nuova prole
*viene concepita per mezzo della fede,
*viene
data alla luce attraverso la rigenerazione del battesimo, *ha come madre la
Chiesa,
*succhia il latte della sua dottrina e delle sue istituzioni.
*Ha poi come
suo cibo il pane celeste.
*L'età matura è costituita da un alto stile di vita.
*Le
sue nozze sono la familiarità con la sapienza.
*Suoi figli la speranza,
*sua casa
il regno,
*sua eredità e ricchezza le gioie del paradiso.
*La sua fine poi non è
la morte, ma quella vita eterna e beata che è preparata a coloro che ne sono
degni. ... >>
Dai «Discorsi» di san Gregorio di Nissa, vescovo
(Disc. sulla risurrezione di Cristo, 1; PG 46, 603-606. 626-627)
"Gesù dolcissimo, per la gloriosa intercessione dell'Immacolata Vergine MARIA,
Mediatrice d'ogni grazia, accresci la retta fede, la ferma speranza,
e l'amore perpetuo;
illumina l'intelletto, infiamma la volontà, irrobustisci la memoria;