Caravaggio. Cena in Emmaus
La Parola di Dio nella vita del credente:
il metodo della "Lectio divina" (= Divina Lettura)
La pagina evangelica per antonomasia della lectio divina è quella dei discepoli di Emmaus
(Lc 24,13-35): il cammino dei due discepoli inizia con una fuga dalla Gerusalemme della delusione,
con “gli occhi incapaci” di vedere, con il “volto triste” e la disperazione nel cuore, per giungere alla
Gerusalemme della risurrezione, con “il cuore che arde nel petto”, con gli “occhi che si aprono” e
diventano capaci di vedere, con il desiderio e l’impegno di correre per testimoniare agli altri che il
Signore è risorto.
Al centro di questa storia incontriamo “un forestiero”, un “pellegrino” che si fa
compagno di strada (cum/panis) e per sette miglia spiega le Scritture.
Un poeta francese contemporaneo, Christian Bobin ha intitolato un piccolo testo sulla figura
di Gesù “L’uomo che cammina”, pubblicato in Italia dalla Comunità di Bose. In questa metafora
così semplice viene racchiusa l’identità della persona di Cristo non a partire da un concetto ma da
un gesto, che è quello del camminare. Sulla copertina del libretto una delle immagini più conosciute
dell’arte spagnola, Gesù con la bisaccia del pellegrino (con impressa la conchiglia di san Giacomo)
e i discepoli di Emmaus, bassorilievo di un capitello del chiostro romanico dell’Abbazia benedettina
di Silos (sec. XI) che ritrae l’episodio narrato dal Vangelo di Luca: un misterioso personaggio
affianca due uomini, discepoli di Gesù, che ritornano al loro villaggio delusi e sfiduciati dopo i fatti
accaduti a Gerusalemme in quella tragica Pasqua dell’anno 36 d.C. La scultura fissa la scena nel
momento dell’incontro sulla via e del dialogo tra i due discepoli e il viandante sconosciuto che si
dimostra ignaro degli avvenimenti che li hanno resi così tristi.
Ecco allora la domanda di uno dei
due, Clèopa: “Tu solus peregrinus es in Jerusalem …? (Tu solo sei così forestiero in
Gerusalemme…). Il testo, nel latino della Vulgata, assume più che la constatazione di un fatto, un
vero e proprio atto di fede: “Tu solus peregrinus”, tu solo sei pellegrino, il pellegrino per
eccellenza, l’unico pellegrino. L’episodio di Emmaus diventa parabola dell’intera esistenza umana e
cristiana: Cristo si affianca continuamente a noi e cammina con discrezione a fianco di ciascuno,
con infinita pazienza si comunica a noi e condivide con noi se stesso nella parola e nel pane della
vita. Parola e Eucaristia rivelano l’unica presenza che sa donare speranza e vitalità all’umanità
stanca e delusa, per cui il cammino di un cristiano sarà sempre un cammino cristologico, “Tu solus
peregrinus es, Christe”.
Torniamo all’esortazione della Dei Verbum: “Il Santo Concilio esorta con forza e insistenza
tutti i fedeli ad apprendere la sublime scienza di Gesù Cristo (Fil 3,8) con la frequente lettura delle
divine Scritture. L’ignoranza delle Scritture, infatti, è ignoranza di Cristo. Si accostino dunque
volentieri al sacro testo, sia per mezzo della Liturgia ricca di parole divine, sia mediante la pia
lettura (Lectio divina)” (DV 25).
La Bibbia, Parola di Dio, non è qualcosa, ma è Qualcuno, il Figlio
GIOVANNI PAOLO II, Tertio millennio adveniente, Lettera apostolica circa la preparazione del Giubileo dell’anno
2000, Libreria Editrice Vaticana (Città del Vaticano, 1994) 47.
60 Bobin Ch., L’uomo che cammina, Edizioni Qiqajon, Comunità di Bose (BI) 1998
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di Dio, che qui, oggi, mi parla: non solo tutta la Scrittura parla di Cristo, la Scrittura è Cristo e la
Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture come ha fatto per il corpo stesso del Signore (cfr.
S.Agostino e DV 21). La riscoperta della Parola di Dio nella vita della Chiesa e nella vita
quotidiana dei credenti è uno degli aspetti più importanti della vita spirituale e di fede.
In questi ultimi anni si è riscoperto la validità di un metodo per ascoltare e vivere meglio
l’incontro con la Parola: è il metodo della Lectio divina.
La Lectio divina è un metodo semplice -
dice il card. Martini - adatto a tutti, antico quanto la Chiesa e quanto la natura umana e insieme
modernissimo e facile, popolare, che non richiede una preparazione specialistica, non occorre avere
una laurea, non occorre sapere l’ebraico o il greco: occorre un cuore puro. Chi ha il cuore puro
percepisce nella Parola la presenza di Cristo, quello che conta è la purezza di cuore. La Lectio
estende a tutti i figli di Dio il privilegio concesso a Mosè: “Il Signore parlava con Mosè faccia a
faccia, come un uomo parla con un altro” (Es 33,9.11).
Questo metodo, sperimentato nei secoli, ha
avuto una sua classica impostazione dal monaco certosino Guigo II nella sua opera Scala
Claustralium: egli riconosce in questa pratica quattro momenti: la lettura, la meditazione, l’orazione
e la contemplazione. Punto di partenza è l’esperienza della spiritualità benedettina: “Ascolta,
figlio... apri l’orecchio del tuo cuore ” Con queste parole inizia la regola di S. Benedetto.
L’ascoltare e l’aprire l’orecchio del cuore è l’atteggiamento ideale di ogni discepolo del Signore.
Tutta l’esistenza biblica si identifica in un ascoltare.
Il vedere, invece, salvo esperienze
particolari, è riservato unicamente alla fine dei tempi, quando “saremo simili a Lui, perchè lo
vedremo così come egli è ” (1Gv 3,2).
La lectio è indispensabile per entrare nella verità di Dio, per
scoprire le “abitudini di Dio”. E’ un programma per tutti quelli che vogliono fare un cammino serio.
Da qui nasce la possibilità di passare, da un cristianesimo di tradizioni e di abitudini, ad un
cristianesimo di decisioni, di coscienza, d’interiorità.
La lectio divina è sorgente di giovinezza, di
rinnovamento; ci spoglia dalla crosta dell’uomo vecchio. La fecondità della Chiesa e la profondità
della vita spirituale dei fedeli è in rapporto diretto con l’ascolto della Parola di Dio, “ viva, efficace
e più tagliente di ogni spada a doppio taglio “ (Eb 4,12).
La Chiesa nasce dalla Parola e vive
nutrendosi di essa: “ Erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli ” (At 2,42). La
Lectio divina di per sé è un metodo semplice, adatto a tutti, anche se inizialmente resterà difficile,
come il silenzio e la solitudine; è necessario, come Salomone, chiedere con insistenza l’aiuto dello
Spirito (1Re 3,5.9) e il segreto della sua riuscita sarà sempre l’assiduità, la continuità, la
perseveranza, in un clima sereno, pacato, pacificatore.
Vediamone i passaggi:
1. La lettura (Lectio)
La lettura è il primo grado. E’ necessario leggere, leggere, leggere! Leggere molto per
familiarizzare con la Bibbia. E’ utile leggere sottolineando, per esempio, i verbi, le espressioni più
caratteristiche, le frasi principali, i particolari, soprattutto i passi paralleli, secondo l’antico detto, la
Bibbia spiega la Bibbia. Ogni Parola del testo sacro è spirito e vita e non attende altro che l’avidità
del cuore per precipitarsi in esso. Prima di arrivare al cuore, la parola passa attraverso l’intelligenza
e l’intelligenza attraverso l’ascolto (cfr. Samuele “ Parla, Signore, il tuo servo ti ascolta ”). Di
solito crediamo che pregare significhi essenzialmente parlare a Dio, dire delle formule. No! La
Bibbia ci ricorda che il primo atteggiamento della preghiera è l’ascolto, sempre: “ Ascolta, Israele ”
(Dt 6,4). Il Signore ci ha dato due orecchie e una sola lingua per dirci -ci ammoniscono alcuni
Padri- che nella vita dobbiamo ascoltare il doppio di quanto parliamo.
2. La meditazione (meditatio)
E’ necessario che la lettura sia meditata, ruminata in un clima di serenità: la meditazione
era, per i medievali, una lenta ruminatio, un masticare e un rimasticare il cibo della Parola.
“Quando le tue parole mi vennero incontro le divorai con avidità; la tua Parola fu la gioia e la
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letizia del mio cuore “ (Ger 15,16). Con la meditazione o ruminatio, la Parola di Dio entra poco alla
volta, strappa le maschere, rivela e infrange l’alienazione in cui viviamo, passa nella nostra mente e
pian piano, ma con efficacia e forza dirompente, nel nostro cuore: essa è una spinta incessante che
obbliga a prendere posizioni, che impegna, esige, stimola, giudica, conduce alla pratica.
3. L’orazione (oratio)
Dopo aver visto che cosa dice il testo in sé, che cosa dice a me (noi) qui e oggi, nasce il
dialogo, la preghiera. L’oratio è semplice, si tratta di rispondere a Dio, è un’umile eco di quanto Lui
ci ha detto; dal cuore risale nelle nostre labbra per divenire lode, rendimento di grazie, supplica,
perdono o anche ribellione o imprecazione. E’ necessario credere nella forza creatrice della Parola,
perchè essa fa ciò che annuncia, dice e compie, insegna e anima, illumina e fortifica (Is 55, 9-11).
4. La contemplazione (contemplatio o visio)
La contemplazione riassume in sè tutto il cammino percorso, è l’atteggiamento di chi
s’immerge negli avvenimenti per scoprire e gustare in essi la presenza attiva e creativa della Parola
di Dio che “penetra le nubi e indaga i segreti del cielo“.La contemplazione non solo medita il
messaggio, ma lo realizza; non solo ascolta, ma lo mette in pratica. La contemplazione ci fa scoprire
che non è Dio a non parlare oggi, ma forse siamo noi a non ascoltare sempre la sua voce “ Se il mio
popolo mi ascoltasse...! ” (Sal 81,14). Il credente sperimenta la «gioia ineffabile» (1Pt 1, 8)
dell'inabitazione della presenza del Signore in lui.
S. Bernardo ha parlato di tale esperienza
successiva all'ascolto della Parola di Dio nei termini di «visita del Verbo»: «Confesso che il Verbo
mi ha visitato, e parecchie volte. Sebbene spesso sia entrato in me, io non me ne sono neppure
accorto. Sentivo che era presente, ricordo che era venuto; a volte ho potuto presentire la sua visita,
ma non sentirla; e neppure sentivo il suo andarsene, poiché di dove sia entrato in me, o dove se ne
sia andato lasciandomi di nuovo, e per dove sia entrato o uscito, anche ora confesso di ignorarlo,
secondo quanto è detto: "Non sai di dove venga e dove vada"» .
La contemplazione non allude a «visioni» o a esperienze mistiche particolari, ma indica la
progressiva conformazione dello sguardo dell'uomo a quello divino; indica l'acquisizione del dono
dello Spirito che diviene nell'uomo spirito di ringraziamento e di compassione, di discernimento. La
contemplatio non è un momento in cui bisogna fare qualcosa di particolarmente spirituale, ma è
quotidiano allenamento ad assumere lo sguardo di Dio su di noi e sulla realtà. La lectio divina
plasma un uomo eucaristico, capace di gratitudine e di gratuità, di carità e di discernimento della
presenza del Signore nelle diverse situazioni dell'esistenza. Iniziata con l'invocazione dello Spirito,
la lectio divina sfocia nella contemplazione. Essa tende all'eucaristia, svelando il suo intrinseco
legame con la liturgia: «La lectio divina, nella quale la Parola di Dio è letta e meditata per
trasformarsi in preghiera, è radicata nella celebrazione liturgica».
Il dinamismo della lectio divina
rappresenta il nucleo di tutta quanta la vita spirituale. Alla luce di questo, comprendiamo l'invito
pressante di Benedetto XVI a riprendere e a diffondere la pratica della lectio divina per un
rinnovamento della vita ecclesiale: «Vorrei soprattutto evocare e raccomandare l'antica tradizione
della lectio divina... Questa prassi, se efficacemente promossa, apporterà alla Chiesa una nuova
primavera spirituale»
**************
63 .
61 S. BERNARDO, Sul Cantico dei Cantici, LXXIV, 5).
62 Catechismo della Chiesa Cattolica, 1177
63 BENEDETTO XVI (Messaggio rivolto ai partecipanti al Congresso internazionale sulla Sacra Scrittura nella vita
della Chiesa, Roma, 14-18 settembre 2005).
AMDG et D.V.MARIAE