IL PIU’ GRANDE SACRAMENTO!
SI’ IL PIU’ GRANDE!
Istituendo il Sacramento della Riconciliazione o Confessione, Gesù Cristo ha manifestato chiaramente il modo in cui vuole perdonare i peccati degli uomini. Quali sono le condizioni affinché ci beneficiamo della sua incommensurabile misericordia? Senza di Esso non potremmo ricevere l'Eucaristia! Eppure molti rifuggono da questo secondo battesimo.
Don Carlos Adriano Santos dos Reis, EP
Era un giovedì soleggiato e umido nella città di San Paolo, quasi alla fine dell'anno. La Cattedrale della Sede aprì le sue porte ai fedeli molto presto, come al solito. Alle nove alcuni sacerdoti cominciarono a camminare per i corridoi laterali del grande edificio in direzione dei confessionali, davanti ai quali vari fedeli attendevano il loro arrivo.
– Perché queste file dentro la Chiesa? – chiese a uno di loro un curioso osservatore.
– Stiamo aspettando per confessarci.
– Come sarebbe?
– Questa fila è per la Confessione, affinché il sacerdote ci ascolti. Lei è cattolico?
– Sì… Tempo fa ho sentito parlare di questo. Solamente nella mia Prima Comunione. Come funziona?
– La Confessione è affinché Dio perdoni i nostri peccati. Ci inginocchiamo lì nel confessionale, vicino al sacerdote, e lui perdona in nome di Dio.
– Ah! E… Dio perdona proprio?
– Sì, chiaro, purché ci sia pentimento.
– Ho fatto tante cose sbagliate nella vita…
Seguì un silenzio prolungato, mentre il visitatore cambiava a poco a poco espressione e si astraeva dalle cose intorno a lui. Era entrato nella Cattedrale mosso da mera curiosità e si sentiva ora invitato a cambiar vita. Era tanto tempo che non si confessava, e non si ricordava più come si faceva. Trenta, quarant'anni?
– Anch'io posso mettermi in fila? Qualsiasi persona avrebbe percepito il dramma interiore di questo sconosciuto, che Dio chiamava alla conversione.
– Sì, entri qui prima di me. Un passo decisivo era stato fatto nella vita di quell'uomo verso la salvezza della sua anima. Si mise vicino agli altri, in attesa del suo turno, ma non riusciva più a parlare, poiché le lacrime correvano a torrenti sul suo volto.
"Forse che io ho piacere della morte del malvagio?"
Casi come questo non sono rari ai nostri giorni. Quanti e quanti uomini hanno fatto bene la loro Prima Comunione, ma dopo, purtroppo, portati dalle preoccupazioni della vita, si sono lasciati trascinare dalle attrazioni del mondo e si sono dimenticati completamente dei loro doveri verso Dio!
Continuano a essere cattolici, sì, ma cattolici la cui fede è diventata come una brace soffocata sotto la coltre di cenere spessa dei peccati. E conservano appena nella memoria alcuni frammenti delle loro prime lezioni di Catechismo, apprese durante l'infanzia.
Dio, però, non li dimentica. A un certo momento Gesù Cristo bussa paternamente alla porta delle loro anime con un affettuoso invito a fare una buona Confessione.
Che cosa terribile sarebbe che una persona, a causa dei suoi gravi peccati, fosse condannata alle prigioni eterne, dove i reprobi sono castigati con l'allontanamento da Dio, per il quale siamo stati creati, e soffrono terribili tormenti, senza un solo istante di sollievo!
Egli, però, sommamente misericordioso, non desidera per il peccatore questo destino: "Forse che io ho piacere della morte del malvagio – oracolo del Signore Dio – o non piuttosto che desista dalla sua condotta e viva?" (Ez 18, 23). Dio vuole perdonarci, e per questo stabilisce questa condizione: la confessione dei nostri peccati a uno dei suoi ministri.
Dio perdona attraverso il sacerdote
La Confessione è uno dei più palpabili segni della bontà di Dio. Gravemente offeso da chi pecca mortalmente, Egli ha il potere di fulminare con una sentenza di eterna condanna il peccatore, e facendolo, praticherebbe soltanto un atto di giustizia. Ci ha lasciato, tuttavia, questo Sacramento per mezzo del quale perdona al penitente tutti i peccati, per quanto gravi e numerosi essi siano.
È molto noto l'episodio della prima apparizione del Divino Maestro ai suoi discepoli, dopo la Resurrezione. Per paura di essere, anche loro, perseguitati e condannati, erano riuniti in una sala con le porte chiuse, quando all'improvviso apparve loro Gesù. Alitando su di loro, il nostro Redentore disse: "Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non li perdonerete, non saranno perdonati" (Gv 20, 22- 23). Era istituito il Sacramento della Confessione!
Così, dai primordi della Chiesa i fedeli hanno cercato gli Apostoli per confessare loro le proprie colpe, e ricevere da loro l'assoluzione. Questo potere di perdonare, dato da Cristo alla sua Chiesa, è conferito ai presbiteri attraverso il Sacramento dell'Ordine. Ed è così che è passato di generazione in generazione attraverso i secoli fino ai nostri giorni.
Requisiti per una buona Confessione
È chiaro che Dio potrebbe perdonare i peccati in un altro modo, ma ha espresso chiaramente la sua volontà di farlo attraverso un sacerdote nel Sacramento della Riconciliazione: "In verità vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato anche in Cielo e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto anche in Cielo" (Mt 18, 18), disse Gesù agli Apostoli.
Como beneficiarci di questo Sacramento?
Dio sommamente misericordioso è anche giusto. Egli vuole che, perché utilizziamo bene questo meraviglioso mezzo, ci sottoponiamo ad alcune condizioni senza le quali la Confessione non solo non ci servirà a nulla, ma diventerebbe nociva per l'anima.
Quali sono questi requisiti? Sintetizzando, la Chiesa ci insegna che cinque cose sono imprescindibili per una buona Confessione:
fare un buon esame di coscienza,
aver dolore dei peccati,
fare il proposito di non commetterli più,
confessarli
e compiere la penitenza imposta dal confessore.
Ma in che cosa consiste precisamente ognuna di queste richieste?
L'esame di coscienza
Il fedele desideroso di ottenere il perdono delle sue colpe, deve prima ascoltare la sua anima, per sapere quali peccati ancora non sono stati confessati. Non è necessario riportare alla memoria i peccati di tutta la vita, ma solo quelli commessi dall'ultima Confessione ben fatta.1
Un episodio narrato nelle Sacre Scritture dimostra bene l'importanza dell'esame di coscienza: il Re Davide aveva commesso due peccati: adulterio e omicidio. Inviato da Dio, il profeta Natan soffiò per mezzo di un severo ammonimento la mancanza dell'esame di coscienza da parte del re. E solo così costui cadde in sé e fu capace di pentirsi e chiedere perdono (cfr. II Sm 12, 1-13).
In questo episodio dell'Antico Testamento, possiamo verificare un altro buon motivo per l'esame di coscienza: ci aiuta a provare dolore per i nostri peccati, cioè, ci aiuta a pentirci. Se ci soffermiamo a conoscere seriamente ognuna delle offese fatte a Dio, ci disponiamo a sentire per loro una vera tristezza e, così, a ottenere il perdono.
L'esame di coscienza deve esser fatto con cura, senza precipitazione. È importante ricordare i peccati commessi con pensieri, parole, atti e omissioni, percorrendo, per questo fine, i Comandamenti della legge di Dio e della Chiesa, la lista dei peccati capitali e gli obblighi del nostro stesso stato. L'esame deve comprendere anche i cattivi costumi da esser corretti, e le occasioni di peccato da essere evitate.
Ma la Chiesa, da buona madre, ci raccomanda anche di evitare di lasciarci condurre dall'esagerata preoccupazione di aver dimenticato una colpa o circostanza. Una volta, Santa Margherita Alacoque, inquieta e turbata, stava facendo con eccessiva cura il suo esame di coscienza per la Confessione. Le apparve allora Nostro Signore stesso e la tranquillizzò: "Perché ti tormenti? Fa' quello che puoi. Io amo i cuori contriti che si accusano sinceramente dei peccati che conoscono, con la volontà di non dispiacerMi più".
Qualunque persona, sia per mancanza di memoria, sia per rilassamento, può sentir difficoltà a ricordare i peccati ancora non confessati. Senza l'aiuto di Dio, nessuno riesce a far nulla bene. Per questo, è molto appropriato cominciare l'esame di coscienza con una preghiera, chiedendoGli, attraverso la Madonna o il nostro Angelo Custode, di illuminare la nostra mente perché riconosciamo tutte le nostre colpe e ci dia la forza per detestarle.
Quante volte ho peccato? Ecco un'importante domanda da farsi. Un soldato ricevette in combattimento tre gravi ferite. Portato all'ospedale, mostrò al medico solo due delle sue ferite; nascose la terza, mosso da uno stupido sentimento di vergogna. A nulla valse che il medico avesse guarito le due lesioni che conosceva, poiché il soldato morì in seguito dell'aggravamento della terza.
Ora, anche la Confessione è un atto di guarigione. Se vogliamo stringere nuovamente la nostra amicizia con Dio, e avere l'anima guarita dalle piaghe dei nostri peccati, dobbiamo chiedere perdono di tutti quanti loro indistintamente. Per questo, trattandosi di peccati mortali – colpe in materia grave, con piena conoscenza e pieno consenso della volontà –, si deve investigare tutto; ossia, nella misura delle possibilità, quante volte è stato praticato un determinato atto peccaminoso, e in che circostanze.
È rilevante riferire nella Confessione le situazioni che aggravano il peccato. Per esempio, rubare a un povero è più grave che a un ricco. Trattare male i genitori, cui dobbiamo la vita, è più grave che fare lo stesso a un compagno di scuola. Le circostanze aggravanti devono esser indicate perché il sacerdote, per perdonare, deve conoscere con chiarezza i peccati. Come un medico, quando visita un paziente, ha bisogno prima di valutare bene il quadro della malattia, per poter applicare la medicina più adeguata. Se omettiamo queste informazioni per malizia, la Confessione sarà mal fatta, pertanto, nessun peccato sarà perdonato.
Il dolore dei peccati
La cosa più importante perché il penitente ottenga il perdono di Dio è il pentimento, ossia, provare disgusto per la colpa commessa e una volontà ferma di non ricadere più in essa. Naturalmente, non c'è necessità di versare lacrime per il dolore dei peccati, ma è necessario nell'intimo del cuore essere dispiaciuti di aver offeso Dio, più che se ci fosse capitata qualsiasi altra disgrazia.
Senza pentimento, la Confessione non ha nessun valore. Non è possibile ottenere il perdono di Dio senza odiare la colpa commessa, senza la disposizione di non ripeterla mai più. Quest'atteggiamento dell'anima deve estendersi a tutti i peccati mortali, senza eccezione alcuna. E per ottenere il perdono delle nostre colpe nella Confessione, basta un pentimento per paura dei castighi che il peccato comporta – l'attrizione –, sebbene la cosa migliore sia che ci pentiamo per aver offeso Dio – la contrizione.
Il pentimento comprende anche la fiducia nella misericordia divina, poiché, il dolore dei peccati senza questa virtù potrebbe portare alla disperazione.
Il fermo proposito
Essendoci, di fatto, pentimento per i peccati commessi, si produrrà nell'anima il proposito, la ferma volontà, risolutamente determinata, di non ripeterli mai più e di fuggire dalle occasioni prossime, di evitare tutto quello che induce al male: può essere una persona, un oggetto, un luogo o anche una circostanza che mi mette in pericolo di offendere Dio.
L'umile accusa?
Si narra che, un giorno, Sant'Antonino di Firenze si trovava in una chiesa e si accorse della presenza di un demonio molto vicino alla fila della Confessione. Disgustato, l'Arcivescovo si diresse dall'angelo malvagio e gli chiese:
– Che stai facendo tu qui?
– Guarda, pratico qui una buona azione.
– Come è possibile questo?
– Sì, sono venuto a fare una restituzione. Normalmente i cristiani hanno vergogna di peccare e, per questo, prima che essi pratichino una cattiva azione, io cerco di toglierla dal loro spirito. Ma ora che stanno per confessarsi, conviene che io la restituisca affinché davanti al confessore essi omettano le loro colpe...
Una Confessione mal fatta può portare un'anima a condannarsi, ed è questo che il demonio vuole. A volte, può accadere di essere tentati di tacere i nostri peccati al confessore, o di non raccontarli direttamente. Affinché questo non succeda, è interessante ricordare anche come debba essere l'accusa dei peccati nel Sacramento della Confessione.
Primo è necessario, seguendo lo stesso principio dell'esame di coscienza, raccontare al sacerdote tutti i peccati mortali commessi dopo l'ultima Confessione ben fatta. Se uno nasconde un solo peccato grave di proposito nella Confessione, oltre a non ricevere il perdono di nessuno, finisce per commetterne un altro, perché sta offendendo qualcosa di sacro istituito da Cristo stesso. Ossia, è a Gesù stesso che si sta mentendo.
La Confessione deve essere sincera. Il penitente deve accusare al sacerdote i suoi peccati con obiettività, evitando superflue lungaggini, che possono perfino pregiudicare la chiarezza della materia. La mancanza di sincerità quanto alla maniera di accusare i peccati è un'altra tentazione del demonio contro cui è imprescindibile stare in guardia. E anche le scuse possono essere occasione di tentazione: giustificare i peccati, creando attenuanti, non riconoscendosi interamente colpevole delle proprie mancanze o dando la colpa agli altri.
Infine, la penitenza
Alla fine della Confessione, il sacerdote impone la penitenza detta anche soddisfazione. In genere è una preghiera o un'opera buona, che il confessore ordina al penitente come espiazione dei suoi peccati.
Col nostro senso di giustizia, sappiamo che a ogni offesa deve corrispondere una riparazione proporzionale. Il principio si applica anche a Dio: se offeso, anche Lui merita una riparazione. Se l'offesa contro Dio è grave, il peccatore merita l'inferno, poiché la punizione riparatrice deve esser proporzionale all'offesa: in questo caso, eterna.
Ma la Confessione sacramentale, oltre a perdonare la colpa del penitente, perdona la pena eterna, che è commutata con una pena temporale. Per questo, quando uno si confessa, i suoi peccati sono completamente perdonati, ma il suo debito con Dio ancora non è stato interamente pagato. Per questo il sacerdote impone la penitenza dopo la Confessione: essa ha l'obiettivo di riparare il male commesso contro Dio. Tuttavia, può succedere che sia perdonata la pena temporale anche nella stessa Confessione; quando il penitente ha uno straordinario dolore per i suoi peccati.
È chiaro che Gesù stesso, con le sue sofferenze e la sua morte in Croce, ha soddisfatto la divina giustizia quanto ai nostri peccati, pagando già il nostro debito riguardo a Dio. Per questo nella Confessione è perdonata la nostra colpa e la punizione eterna. Ma Dio esige, con ogni diritto, che anche noi, quando ci è possibile, facciamo qualcosa a soddisfazione dei nostri peccati. E questa piccola soddisfazione è anche pretesa per la comprensione della gravità delle nostre colpe, affinché ci serva da rimedio ai peccati e ci preservi da ricadute.
Dio perdona coloro che si confessano bene
Tutto nella vita deve esser preso sul serio e più ancora le cose relazionate con Dio. Per questo, dobbiamo praticare con molta fedeltà gli insegnamenti della Chiesa riguardo al Sacramento della Confessione, sempre fiduciosi che, attraverso questo, sono perdonati tutti i nostri peccati, siamo aiutati a non ricadere in loro e ci è restituita la pace di coscienza.
Una volta, si presentò a Sant'Antonio da Padova un grande peccatore per confessarsi. Il poveretto era così confuso che quasi non riusciva a parlare. Piangeva e singhiozzava con tanta veemenza che non riusciva a esprimere al Santo nessuna delle sue colpe. Per aiutarlo, il confessore gli suggerì dolcemente che facesse un esame di coscienza scritto:
– Va', scrivi i tuoi peccati e, poi, torna a confessarli.
Il penitente seguì il consiglio. Poi, lesse nel confessionale le sue colpe, proprio come le aveva scritte. Non appena terminò la Confessione, grande miracolo! Il foglio dove il peccatore aveva scritto meticolosamente le sue offese a Dio diventò completamente bianco, poiché tutto quello che era stato scritto era scomparso!
Questo prodigio ci consola molto e ci incoraggia ad approssimarci con rettitudine e fiducia al Sacramento della Penitenza, che è capace di distruggere in noi il peggior male che esiste, il peccato. Nostro Signore istituì questo Sacramento per tutti i membri peccatori della sua Chiesa, dando loro una nuova possibilità di incontrarsi con Dio e di restaurare l'amicizia con Lui.
Solamente la Confessione ben fatta perdona di fatto i peccati. Se uno, per malizia o vergogna, non si accusasse di uno o più peccati, la sua Confessione non sarebbe valida.
(Rivista Araldi del Vangelo, Maggio/2014, n. 133, pp. 33 - 37)
AVE MARIA!