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lunedì 9 ottobre 2017

Alfonso Ratisbonne


220px-Alphonse RatisbonneAlfonso Ratisbonne, laureato in giurisprudenza, ebreo, fidanzato, gaudente ventisettenne, cui tutti assicuravano l’amore, le promesse e le risorse di ricchi banchieri suoi parenti, l’irrisore dei dogmi e delle pratiche cattoliche, il beffeggiatore della Medaglia Miracolosa, decise un giorno, per distrarsi di mettersi in viaggio e visitare alcune città dell'Occidente e dell’Oriente, escludendo Roma, che odiava, essendo la sede del Papa e l’aria malsana. 

A Napoli avvenne qualcosa di misterioso. Una forza irresistibile lo portò a prenotare il posto per il nuovo viaggio, anziché per Palermo, prenotò per Roma. Arrivato nella città eterna, fece visita a tanti suoi amici tra cui a Teodoro De Bussière, fervente cattolico

Questi, sapendolo miscredente, riuscì, nelle varie conversazioni a fargli prendere la medaglia e a promettere di dire la preghiera alla Madonna di S. Bernardo, a cui, però, con sorriso beffardo e sdegno disse: «vuol dire che sarà per me un’occasione, nelle mie conversazioni con gli amici, di mettere in ridicolo le vostre credenze». «Fai come vuoi», gli rispose il De Bussière e si mise a pregare con tutta la sua famiglia per la sua conversione. 

Il 20 gennaio uscirono tutti e due. Si fermarono davanti alla Chiesa di S. Andrea delle Fratte. Il cattolico andò in sacrestia per segnare la Messa di un funerale, mentre l’ebreo preferì visitare il tempio, curioso di trovarvi dell’arte, ma nulla lo attrasse, nonostante i lavori del Bernini, del Borromini, del Vanvitelli, del Maini ed di altri illustri artisti ivi raccolti. Si era intorno a mezzogiorno. La Chiesa deserta dava l’immagine di un luogo abbandonato; un cane nero passò saltellante accanto a lui e disparve. 

«D’un tratto - lascio la parola al veggente, secondo come ebbe a deporre con giuramento, durante il processo che ne seguì - mentre camminavo per la chiesa ed ero giunto incontro ai preparativi del funerale, all’improvviso mi sentii preso da un certo turbamento, e vidi come un velo innanzi a me, mi sembrava la chiesa tutta oscura, eccetto una cappella, quasi tutta la luce della medesima Chiesa si fosse concentrata in quella. Levai gli occhi verso la cappella raggiante di tanta luce, e vidi sull’Altare della medesima, in piedi, viva, grande, maestosa, bellissima, misericordiosa la SS.ma Vergine Maria simile all’atto e nella struttura all’immagine che si vede nella Medaglia Miracolosa dell’Immacolata. 

A tal vista io caddi in ginocchio nel luogo dove mi trovavo; procurai, quindi, varie volte di levar gli occhi verso la SS.ma Vergine, ma la riverenza e lo splendore me li feci abbassare, ciò che però non impediva l’evidenza di quell’apparizione. Fissai le di Lei mani, e vidi in esse l’espressione del perdono e della misericordia. Quantunque ella non mi dicesse nulla compresi l’orrore dello stato in cui mi trovavo, la deformità del peccato, la bellezza della religione cattolica, in una parola capii tutto. Sono caduto ebreo e mi sono alzato cristiano». 

In seguito, il convertito fece un bellissimo cammino che lo portò al sacerdozio e a partire missionario nella sua terra di Palestina, dove morì da santo. Quest’ultimo fatto ha inciso profondamente nella storia di questa centrale chiesa romana, che fu insignita del titolo di “Santuario mariano”. 

Nel 1848, il 18 gennaio, l’altare sul quale apparve la Vergine, già dedicato a S. Michele, venne consacrato alla Beata Vergine Maria con il titolo della Medaglia, a ricordo della Medaglia Miracolosa che aveva il Ratisbonne al momento della sua conversione. Il popolo però chiamava la Vergine apparsa in S. Andrea la "MADONNA Del MIRACOLO", poiché la conversione ebbe risonanza in tutto il mondo. 

Nello spazio di pochi anni è divenuto uno dei più celebri e rinomati Santuari mariani internazionali. Tutti di ogni nazione si sono creduti troppo fortunati di aver visitato questo luogo. La devota gara di sacerdoti accorsi e la edificante devozione di non pochi tra prelati e vescovi nel voler offrire il S. Sacrificio della Messa a quell’Altare sono state uno spettacolo così commovente ed insieme grato per il cuore dei devoti romani. 

Le parole di un testimone, quale P. D’Aversa trovano conferma nel lungo elenco di santi e beati che hanno pregato dinanzi alla Vergine del Miracolo. Così S. Maria Crocifissa di Rosa, fondatrice delle Ancelle della Carità (1850), S. Giovani Bosco il sabato santo del 1880 per impetrare l’approvazione della costituzione della sua famiglia, S. Teresa del Bambino Gesù (1887), S. Vincenzo Pallotti, S. Luigi Guanella, S. Luigi Orione, Maria Teresa Lodocowska, il Ven. Bernardo Clausi, il Papa Beato Giovanni Paolo II, ecc. 

Ma un nome che non può essere dimenticato è quello di S. Massimiliano Maria Kolbe, che ancora chierico al collegio di S. Teodoro (20 gennaio 1917), sentendo il suo maestro P. Stefano Ignudi descrivere l’apparizione al Ratisbonne, ebbe la sua prima ispirazione della Milizia dell’Immacolata. Non solo, venne a S. Andrea il 29 aprile 1918 a celebrare la prima Messa all’Altare della “sua Madonna”. 

Per tale devozione e per le molte conversioni che si registravano, il Papa Benedetto XV additò questo Santuario come la "LOURDES ROMANA ". Il Papa Pio XII, nel 1942, elevò la Chiesa a BASILICA. Giovanni XIII, nel 1959, la insignì del titolo cardinalizio, consegnato a S.Em.za card. Ennio Antonelli, Arcivescovo emerito di Firenze.

Fonti: 
http://www.latheotokos.it/modules.php?name=News&file=print&sid=430

http://www.terrasantalibera.org/conversione_ratisbonne.htm

http://it.arautos.org/view/showEspecial/10230-nostra-signora-delle-grazie-e-la-medaglia-miracolosa

Fonte: http://vaticanocattolico.com/lo-ebreo-alfonso-ratisbonne/

***http://www.preghiereagesuemaria.it/santiebeati/padre%20alfonso%20maria%20ratisbonne%20biografia.htm





AMDG et BVM

giovedì 27 novembre 2014

Lettera spirituale: Suor Caterina e la Medaglia: una «Bibbia» dei poveri.











Carissimo Amico/a

Verso la fine dell'anno 1841, un giovane banchiere israelita, appartenente ad una ragguardevole famiglia di Strasburgo, Alfonso Ratisbonne, si ferma a Roma in occasione di un viaggio in Oriente. Le sue disposizioni religiose sono nettamente ostili alla Chiesa cattolica, soprattutto da quando suo fratello Teodoro si è convertito al cattolicesimo ed è stato ordinato sacerdote. Nella Città Santa, si reca da un amico, Gustavo de Bussière. In sua assenza, lo riceve il fratello, Teodoro de Bussière, cattolico fervente. Nel corso della conversazione, Alfonso dà libero sfogo alla sua animosità contro la fede cattolica ed afferma il suo indefettibile attaccamento al giudaismo. Ispirato dalla grazia, il Sig. de Bussière gli regala una medaglia miracolosa, dicendo: «Mi prometta di portare sempre con sè questo piccolo dono che la prego di non rifiutare». Alfonso accetta per cortesia.

Qualche giorno più tardi, il 20 gennaio 1842, i due amici si recano nella chiesa di Sant'Andrea delle Frate. Il Sig. de Bussière lascia un istante Alfonso per intrattenersi con un sacerdote. Quando torna, ritrova il giovane nella cappella di san Michele, prosternato in un profondo raccoglimento. Dopo un po', Alfonso volge verso di lui un volto bagnato di lacrime. «Ero in chiesa da un istante, dirà più tardi, quando, ad un tratto, sono stato preso da un turbamento inesprimibile. Ho alzato gli occhi; tutto l'edificio era sparito alla mia vista; una sola cappella aveva, per così dire, concentrato tutta la luce, e in mezzo a tanto irradiamento, è apparsa, in piedi sull'altare, alta, brillante, piena di maestà e di dolcezza, la Vergine Maria, tale quale essa è rappresentata sulla mia medaglia; una forza irresistibile mi ha spinto verso di lei. La Vergine mi ha fatto segno con la mano d'inginocchiarmi, è sembrato che mi dicesse: Va bene! Non mi ha affatto parlato, ma ho capito tutto». Il 31 gennaio, Alfonso riceve il battesimo. Più tardi, si farà prete col nome di padre Maria Alfonso. In attesa, dopo essersi informato sull'origine della Medaglia Miracolosa, vorrebbe incontrare Suor Caterina Labouré, la religiosa che ne ha ricevuto la rivelazione. Ma questo vuol dire contare senza la profonda umiltà di lei, che desidera rimanere sconosciuta e rifiuta il colloquio.

Dove trovare la forza?

La religiosa tanto discreta che ha visto anch'essa la Santissima Vergine, e che Papa Pio XII chiamerà la Santa del silenzio, è nata il 2 maggio 1806 nel paesello di Fain-les-Moutiers (Borgogna). Il giorno seguente, in occasione del battesimo, ha ricevuto il nome di Caterina. Suo padre, Pierre Labouré, è un coltivatore agiato. Caterina è l'ottava di dieci figli. Ha solo nove anni quando sua madre muore, a 46 anni, il 9 ottobre 1815. Caterina si arrampica su una sedia, si alza sulla punta dei piedi, raggiunge la statua della Santissima Vergine che troneggia su un mobile e, sciogliendosi in lacrime, la supplica di farle da mamma. Il Signor Labouré fa tornare a casa la figlia maggiore, Maria Luisa, che ha 20 anni e si trova a Langres presso una zia, affinchè sostituisca sua madre nella fattoria.

Il 25 gennaio 1818, Caterina fa la prima Comunione con molto fervore. Maria Luisa, constatando la maturità precoce della sorella, la inizia ai lavori di casa, per poter realizzare senza attendere più a lungo il suo progetto di consacrarsi a Dio. Con tono deciso, Caterina dice allora a Tonina, la sorellina più giovane: «Insieme, manderemo avanti la casa». Ecco dunque Caterina regina nella grande fattoria. La mattina, è la prima ad alzarsi. Il suo principale compito quotidiano è quello di preparare e di servire i tre pasti. La fattoressa è la serva; paga di persona più di chiunque altro. Deve occuparsi anche degli animali. Caterina munge le mucche, mattina e sera; distribuisce il foraggio e porta la mandria all'abbeveratoio comunale. Versa ai maiali una zuppa densa, raccoglie le uova nel pollaio, si occupa di 700-800 piccioni che le si posano familiarmente addosso quando lancia loro generosamente il grano. Per di più, va a prendere l'acqua al pozzo, fa il bucato, impasta la farina per fare il pane, si reca, il giovedì, al mercato di Montbard (a 15 km.), ecc. Durante le lunghe serate invernali, la veglia ha luogo davanti al fuoco del caminetto: notizie, ricordi, storie, poi la preghiera della sera. La domenica, Caterina fa visita ai poveri ed agli ammalati.


Da dove attinge questa capacità di assumere un compito tanto gravoso? Il suo segreto è nascosto nelle sue scappate fuori della fattoria. Sparisce per un bel po' ogni giorno per recarsi nella chiesa non lontana, dove prega a lungo inginocchiata sulle lastre fredde. Il tabernacolo è vuoto, perchè il paesello non ha più sacerdote dalla Rivoluzione a questa parte. Ma la presenza del Signore si rivela in fondo al cuore della ragazza. È lì che essa trova la forza di far buon viso a tutti e di compiere bene le sue faccende quotidiane. «Le preghiere non fanno andar avanti il lavoro, è tempo perso», dicono talvolta le vicine. Caterina non se ne preoccupa più che tanto; prega, ed il lavoro è fatto in tempo utile. Il suo profondo desiderio è quello di farsi Suora.


Un sogno la rafforza nella sua vocazione. Vede un sacerdote anziano, molto buono, che la guarda con insistenza... poi, sempre in sogno, si trova al capezzale di un'ammalata. L'anziano sacerdote, tuttora presente, le dice: «Figlia mia, curare gli ammalati è una buona cosa... Un giorno verrai da me. Dio ha progetti su di te, non dimenticarlo». Tuttavia, per farsi Suora, bisognerebbe che sapesse leggere e scrivere. Una cugina si offre di ospitare Caterina a Châtillon-sur-Seine in un rinomato convitto che dirige. Tonina, che ha ora 16 anni, è in grado di assumere i compiti della fattoria. Anche se con reticenza, il Sig. Labouré lascia partire Caterina.

«Non cambio!»

A Châtillon-sur-Seine, la giovane fa visita alle Figlie della Carità, e riconosce con stupore su un ritratto il sacerdote che le era apparso in sogno. «Chi è? chiede – È il nostro buon Padre san Vincenzo de' Paoli», le risponde una suora. Tace; ma questa volta è certa che Dio la vuole Figlia della Carità. Quando raggiunge la maggiore età dell'epoca, 21 anni, annuncia a suo padre la sua decisione di consacrarsi a Dio. Il Sig. Labouré vi si oppone formalmente: ha già dato una figlia a Dio, basta così. E poi, Caterina è utile, è allegra, non snobba le feste dei paesi dei dintorni, ed è stata anche chiesta in matrimonio. Ma la ragazza è decisa: «Non mi voglio sposare». Tonina insiste, e Caterina le risponde: «Te l'ho detto, non mi sposerò mai. Sono fidanzata con Nostro Signore. – Allora, non hai cambiato idea da quando avevi dodici anni? – No, non cambio».

Dopo aver pazientato per qualche mese, Caterina ottiene finalmente l'autorizzazione paterna. Il 21 aprile 1830, si reca in rue du Bac, a Parigi, per cominciarvi il noviziato presso le Figlie della Carità. Fin dai primi mesi di vita religiosa, è favorita da grazie eccezionali: Gesù le si mostra nel Santissimo durante la Messa; il Cuore di san Vincenzo de' Paoli le appare; ha il presentimento di una Rivoluzione, molto prossima. Riferisce tutto al suo confessore, don Aladel, sacerdote lazzarista, il quale, dubitativo, la invita a rimanere calma e a dimenticare.

Nel corso della notte dal 18 al 19 luglio, Suor Caterina viene svegliata da un richiamo: «Sorella! Sorella!» Davanti a lei, un bambino di 4 o 5 anni, vestito di bianco: «Presto, alzati e vieni nella cappella, la Santa Vergine ti aspetta! – Ma mi si sentirà! – Sta' tranquilla, sono le 11 e mezzo, tutti dormono». Si veste e segue il bambino che emana raggi di luce ovunque passa. Nella cappella, tutti i ceri ed i candelabri sono accesi. In capo a un po', Suor Caterina vede una grande Signora che, dopo essersi prosternata davanti al Tabernacolo, va a sedersi in una poltrona. Si precipita ad inginocchiarsi accanto a lei, con le mani appoggiate sulle ginocchia della Santa Vergine: «Figlia mia, le dice Maria, il Buon Dio vuol incaricarti di una missione che ti causerà molta sofferenza... Bisognerà che tu dica tutto al tuo confessore. Sciagure si abbatteranno sulla Francia... Venite ai piedi di quest'altare. Lì, le grazie saranno riversate su tutte le persone che le chiederanno con fiducia e fervore. Si penserà che tutto sia perduto. Ma sarò con voi. Abbiate fiducia, riconoscerete la mia venuta e la protezione di Dio e di san Vincenzo sulle vostre comunità». Quando Maria se ne va, verso le due del mattino, è come una luce che si spegne. Suor Caterina torna a letto, guidata dal bambino. Non si riaddormenta: il che prova che non ha sognato. Don Aladel, informato, vede in tutto ciò soltanto «illusione» e «immaginazione». La profezia di una nuova rivoluzione gli sembra inverosimile: la Francia è prospera ed in pace. Ma la rivoluzione scoppia all'improvviso, il 27 e 28 luglio. Gli insorti si accaniscono contro sacerdoti e suore. Tuttavia, la violenza si ferma alla porta delle Case fondate da san Vincenzo de' Paoli.

Il 27 novembre successivo, durante la preghiera della sera, Suor Caterina vede apparire un quadro che rappresenta la Santa Vergine: Maria le tende le braccia, e dalle sue mani escono raggi di luce di un meraviglioso splendore. Nello stesso istante, si fa sentire una voce: «Questi raggi sono i simboli delle grazie che Maria ottiene in favore degli uomini». Attorno al quadro, Suor Caterina legge, a caratteri d'oro, la seguente invocazione: «O Maria, concepita senza peccato, prega per noi che ricorriamo a te». Poi, il quadro si gira e, a tergo, appaiono la lettera M, iniziale di «Maria», sormontata da una croce e, in basso, i sacri Cuori di Gesù e Maria. La voce precisa molto nettamente: «Bisogna far coniare una medaglia simile a questo modello, e le persone che la porteranno indulgenziata e che reciteranno devotamente questa breve invocazione, godranno della particolare protezione della Madre di Dio». 

Suor Caterina riferisce tutto a don Aladel, che le risponde malamente: «Pura illusione! Se vuoi onorare Nostra Signora, imita le sue virtù, e astieniti dall'immaginazione!» Padrona di sè, la Suora si ritira, calma, e senza prendersela. Ma il colpo è stato duro.

Gemme misteriose

Nel dicembre del 1830, Maria appare per la terza volta a Suor Caterina e le mostra il quadro che rappresenta la medaglia. Le dita della Santissima Vergine sono ornate di gemme da cui partono verso la terra raggi luminosi. Ma da certe pietre prezione non escono raggi: «Le gemme da cui nulla esce, sono le grazie che ci si dimentica di chiedermi», dice la Vergine Maria. Poi, aggiunge: «Non mi vedrai più, ma sentirai la mia voce durante le tue preghiere». Suor Caterina si trova contrastata fra la richiesta reiterata della Santa Vergine e l'obbedienza al confessore che non vuol più sentir parlare di tali «immaginazioni». Non avendo Nostra Signora fissato alcun termine pressante, opta per il silenzio.

Il 30 gennaio 1831, riveste l'abito e viene destinata all'ospizio di Enghien, in un sobborgo di Parigi. Lì, è proprio quello che le ci vuole: il pollaio, l'orto, i piccioni, in un secondo tempo le mucche. Ma la voce interiore la incalza a far coniare la medaglia. Don Aladel, sondato ancora una volta, sottomette il «caso» ad un confratello. Entrambi, si rimettono a Monsignor de Quélen, arcivescovo di Parigi. Il prelato prova un'attrattiva profonda per l'apparizione di Maria nel mistero dell'Immacolata Concezione: «Nessun inconveniente a coniare la Medaglia, essa è perfettamenrte conforme alla fede ed alla devozione. Non abbiamo da giudicare la natura della visione, nè da divulgarne le circostanze. Semplicemente, diffondiamo questa medaglia. E si giudicherà l'albero dai frutti».

Dieci milioni di medaglie

Rassicurato, don Aladel ordina medaglie ad un incisore parigino, e divulga il racconto delle Apparizioni, senza nominare la Suora che ne ha avuto il privilegio. I primi 1500 esemplari della medaglia sono pronti il 30 giugno 1832. Molto rapidamente, i miracoli si moltiplicano, a tal punto che, fin dal febbraio del 1834, la Medaglia è correntemente qualificata «miracolosa». Nel 1839, più di 10 milioni di esemplari sono già stati diffusi. Testimonianze di guarigioni giungono dagli Stati Uniti, dalla Polonia, dalla Cina, dalla Russia... Suor Caterina rende grazie; la buona novella annunciata da Isaia torna d'attualità: I ciechi vedono, gli zoppi camminano, i poveri vengono evangelizzati. La Medaglia è una «Bibbia» dei poveri, il segno di una presenza, quella di Maria, nella luce di Cristo, all'ombra della Croce. I benefici della protezione mariana si fanno sentire in modo speciale nelle famiglie religiose fondate da san Vincenzo de' Paoli, in particolare con l'affluenza delle vocazioni.



I successi incomparabili della Medaglia Miracolosa manifestano quanto Nostro Signore si compiaccia nel vedere sua Madre così onorata. Nel giorno dell'Annunciazione, l'angelo Gabriele l'ha salutata come piena di grazia (Luca 1, 28). Nell'espressione piena di grazia, che assume quasi il valore di un nome, il nome che Dio dà a Maria, la Chiesa ha riconosciuto il privilegio dell'Immacolata Concezione, dogma proclamato solennemente, nel 1854, da Papa Pio IX: «Noi dichiariamo, pronunciamo e determiniamo che la dottrina che afferma che la Beatissima Vergine Maria, fin dal primo istante della sua concezione, per una grazia ed un privilegio singolare di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo, Salvatore del genere umano, è stata preservata da ogni macchia del peccato originale, è una dottrina rivelata da Dio, e, per questa ragione, essa deve essere fermamente e costantemente creduta da tutti i fedeli» (Bolla Infallibilis Deus, 8 dicembre 1854).

Dopo la caduta di Adamo, il peccato più grande di tutti i mali, travolge l'umanità come un torrente; tuttavia, si arresta davanti al Redentore ed alla sua fedele Collaboratrice, Maria. Ma vi è una differenza notevole: Cristo è totalmente santo, in virtù della grazia che, nella sua umanità, deriva dalla sua Persona divina; Maria è tutta santa, in virtù della grazia ricevuta attraverso i meriti di Gesù Cristo. Colei che sarebbe divenuta Madre del Salvatore e Madre di Dio doveva esser immune da ogni macchia. Così, Maria è stata redenta in modo sublime: non attraverso la liberazione dal peccato, ma attraverso la preservazione dal peccato. L'immunità dal peccato originale comporta come conseguenza l'immunità dalla concupiscenza, tendenza disordinata che nasce dal peccato e spinge al peccato. La Santissima Vergine Maria, fedele alla grazia della sua immacolata concezione, non ha cessato di crescere in santità, senza cadere mai in alcun peccato, foss'anche veniale. «Per questo Maria rappresenta, per i credenti, il segno luminoso della divina misericordia ed una guida sicura verso le sommità della perfezione evangelica e della santità» (Giovanni Paolo II, 19 giugno 1996).


L'ascensione verso le «sommità della perfezione» suppone la virtù dell'umiltà, tanto cara alla Vergine Maria. Davanti al torrente di grazie ottenute attraverso la Medaglia Miracolosa, Suor Caterina si comporta anch'essa, da vera figlia di san Vincenzo, con un'umiltà sconcertante. Monsignor de Quélen aveva autorizzato discretamente la diffusione della Medaglia. Ma ben presto, decide di aprire un processo ufficiale per avallare il movimento di grazie che si è prodotto. Tuttavia, quando chiede di incontrare Suor Caterina, magari anche con il volto coperto, riceve un rifiuto, davanti al quale si inchina. «L'avversione della Suora a mostrarsi è dovuta unicamente alla sua umiltà», dirà don Aladel. Ci si accontenterà dunque della sola testimonianza del confessore, lui stesso autorizzato dalla veggente a rivelare i fatti. Quanto a Suor Caterina, essa si sforzerà per tutta la vita di conservare l'anonimato, industriandosi a sventare, con la sua acutezza contadina, le domande indiscrete.

Intanto, essa continua il suo lavoro, trasformando a poco a poco l'orto della casa di Enghien in piccola fattoria. Presta servizio anche in cucina, poi nella stireria ed in portineria, dove accoglie i poveri con una grande delicatezza, curando i corpi ma anche le anime, secondo il consiglio di san Vincenzo. Tuttavia, la sua funzione principale è quella di occuparsi degli uomini anziani. Il suo compito non è facile, perchè deve tener testa agli ex guardacaccia, camerieri, maggiordomi, portinai, pieni di nostalgia delle loro livree dorate. Essa si applica soprattutto ad amare i suoi vecchi, lasciando traspirare una certa preferenza per i più sgradevoli, come se avessero diritto ad attenzioni speciali.


Nel 1860, una nuova giovane superiora, Suor Dufès, viene nominata all'ospizio di Enghien. Essa nutre grandi progetti, che mette vigorosamente in opera, per soccorrere l'immensa miseria del rione. La sua giovinezza intraprendente lascia senza fiato e sconvolge la comunità, ma Suor Caterina placa le Sorelle malcontente. Eppure, Suor Dufès non la risparmia, rimproverandola facilmente. Tale atteggiamento severo si estende a macchia d'olio, e parecchie religiose tengono in scarsissimo conto quella Suora rozza, il cui accento ed il grembiule «puzzano di stalla». Umilmente, Suor Caterina tace, benchè la lotta interiore sia talvolta aspra. Ma la sua umiltà non esclude il coraggio e neppure l'audacia. Nel 1871, dopo la sconfitta della Francia contro la Prussia, la Comune di Parigi si solleva contro l'ordine sociale. La Santa Vergine aveva detto a Suor Caterina: «Verrà il momento in cui il pericolo sarà grande. Si crederà tutto perduto... ma abbi fiducia». Un giorno, gli insorti chiedono alle Suore di consegnare loro due gendarmi feriti da esse accolti, e che intendono giustiziare. Suor Dufès, che rifiuta, viene minacciata del carcere. Lascia discretamente la casa e si rifugia a Versailles. Suor Caterina, che la sostituisce in sua assenza, si reca dai Comunardi per difendere la causa della sua Superiora. Il colloquio è burrascoso ed il comandante del reparto giunge al punto di brandire la sciabola contro di lei. Ma finalmente ottiene causa vinta e torna liberamente all'ospizio.


«Vespa perniciosa!»

Dopo tali tragici avvenimenti, Suor Caterina riprende le sue modeste funzioni. Ma invecchia e gli acciacchi la obbligano a rallentare le sue attività. Per tutta la vita ha sofferto d'artrite e di reumatismi, accettando i suoi mali con una gran fede: «Quando la Santa Vergine manda una sofferenza, è una grazia che ci fa», diceva. Ora, logorata dal lavoro e dall'età, è sfinita ed il suo cuore si affievolisce. Le rimane una pena profonda: la Santa Vergine le aveva chiesto di far scolpire una statua che la rappresentasse con un globo fra le mani. I suoi confessori non hanno voluto tener conto di tale richiesta, e don Aladel le ha addirittura dato della «vespa perniciosa», quando ha insistito per essere esaudita. Suor Caterina prega dunque Maria per sapere se debba rivelare il «suo segreto» alla Superiora; percepisce un «sì» in fondo al cuore e racconta tutto: si esprime con tanta chiarezza e facilità, che la Superiora è conquistata, e ben presto la statua della Vergine dal globo viene eseguita.

Suor Caterina attende allora la morte con serenità. Molte volte, ha avvertito le Sorelle che non avrebbe visto l'anno 1877. Infatti, il 31 dicembre 1876, verso le sette di sera, dopo aver recitato le preghiere dei moribondi con la sua comunità, sembra assopirsi. Ben presto, ci si rende conto che dolcemente, senza rumore, così come è vissuta, è morta: la sua anima vien portata in paradiso dalle mani della Santa Vergine. «Ci siamo appena accorte che aveva cessato di vivere, dirà più tardi Suor Dufès; non ho mai assistito ad una morte così calma e così dolce».



«Certo, è una cosa degna della più alta ammirazione quella di vedere l'augusta Madre di Dio apparire all'umile ragazza, diceva Papa Pio XII all'atto della canonizzazione di Santa Caterina Labouré (il 27 luglio 1947), ma ancor ben più degne di ammirazione ci sembrano le virtù che adornano questa figlia di san Vincenzo». Chiediamo alla Santissima Vergine Maria le grazie di cui abbiamo bisogno, anche noi, per diventare simili a Cristo, perchè, come testimoniava Alfonso Ratisbonne, «le parole mancano per esprimere quel che racchiudono le mani di nostra Madre, e per riferire i doni ineffabili che da esse nascono... Sono la bontà, la misericordia, la tenerezza, sono la dolcezza e la ricchezza del Cielo che si diffondono a torrenti per inondare le anime che essa protegge».



Avendo Dio Padre inviato suo Figlio al mondo attraverso Maria, è attraverso Maria che gli uomini si avvicinano a Gesù, ottengono il perdono delle loro colpe e portano a buon fine l'opera della loro santificazione. Preghiamo la Santissima Vergine e san Giuseppe per Lei e per tutti coloro che Le sono cari, vivi e defunti.

martedì 25 dicembre 2012

**Alfonso Ratisbonne / San Massimiliano Maria KOLBE


S. Massimiliano Maria Kolbe:
Grande Apostolo della Medaglia Miracolosa
dal giorno in cui conobbe
l’apparizione della SS. Vergine
all’ebreo Alphonse Ratisbonne,
nella chiesa di S. Andrea delle Fratte (Roma)



Il pellegrino chi se trova a Roma, spostandosi nella zona tra Piazza di Spagna e Via del Tritone, si imbatterà nella Basilica di Sant'Andrea delle Fratte, nella via omonima. Forse penserà che si tratti di "una in più" tra le belle e storiche chiese della Città Eterna. Entrandoci, però, si accorgerà che si tratta di un Santuario dove è accaduto qualcosa di straordinario. Infatti, entrando dalla porta principale, vedrà subito alla sua sinistra un altare particolarmente illuminato, sull'arco del quale si leggono queste impressionanti parole: "Qui apparve la Madonna del Miracolo - 20 gennaio 1842". Sotto l'arco c'è un gran dipinto che raffigura la Madonna che sovrasta le nuvole e sparge dalle mani raggi luminosi.
A sinistra di chi guarda l'altare c'è una placca, con evidenti segni di non essere recente, scritta in francese che dice: "Il 20 gennaio 1842, Alphonse Ratisbonne da Strasburgo venne qui da ebreo ostinato. Questa Vergine gli apparve così come tu la vedi. Cadde ebreo e si alzò cristiano. - Forestiero, portati a casa il prezioso ricordo della misericordia di Dio e del potere della Vergine."
Più in basso, ecco un'altra placca, più recente con queste parole: "In questa cappella la Madonna apparve all'ebreo Alfonso Ratisbonne convertendolo a Cristo il 20-1-1842". Un po’ più giù si vede una colonna sulla quale poggia un'imponente busto di marmo raffigurante il privilegiato Ratisbonne, con la sua folta barba e uno sguardo che scruta l'infinito.
Facendo pendant dal lato destro si trova il busto di San Massimiliano Maria Kolbe presso il quale una placca registra un fatto: "In questa cappella dell'apparizione San Massimiliano M. Kolbe celebrò la sua prima Messa il 29-4-1918".
Ma, ricapitolando in breve i fatti, che cosa era accaduto in quei giorni?

"Vidi sull'altare, in piedi, viva, grande, maestosa,
bellissima, misericordiosa, la Santissima Vergine Maria"

Vediamo ciò che registra il piccolo ma sostanzioso opuscolo La Madonna del Miracolo (Postulazione Generale dei Minimi, Roma, 1980), che raccomandiamo vivamente ai nostri cari lettori (i sottotitoli sono nostri, tranne l'ultimo. I lettori desiderosi di approfondire questo straordinario evento potranno consultare le seguenti fonti: La conversione miracolosa alla fede cattolica di Al'[fonso] M'[aria] Ratisbonne, tratta dai processi autentici formati a Roma nel 1842, Roma, 1892; cf pure Conversion de M.M.A. Ratisbonne, racontée par lui-même, Le Mans 1842):

Il 20 gennaio 1842, sul mezzogiorno, miracolo nella parrocchia romana dei Minimi.

A Sant'Andrea delle Fratte, l'israelita ventisettenne Alfonso Ratisbonne, di Strasburgo, con un'apparizione dell'Immacolata com'è coniata nella Medaglia Miracolosa, istantaneamente illuminato dalla grazia si convertì al cattolicesimo.
Che cosa avvenne di preciso nell'ora della grazia, lo descrive lo stesso Ratisbonne in alcune lettere e nella deposizione giurata al Vicariato di Roma, per appurare la verità del fatto.
"Vidi come un velo davanti a me - depose il veggente al processo -. La chiesa mi sembrava tutta oscura, eccetto una cappella, quasi che tutta la luce della chiesa si fosse concentrata in quella. Alzai gli occhi verso la cappella raggiante di tanta luce, e vidi sull'altare della medesima, in piedi, viva, grande, maestosa, bellissima, misericordiosa, la Santissima Vergine Maria, simile nell'atto e nella forma, all'immagine che si vede nella Medaglia Miracolosa dell'Immacolata. Mi fece cenno con la mano di inginocchiarmi. Una forza irresistibile mi spinse verso di Lei, che parve dicesse: Basta così. Non lo disse ma capii.
"A tal vista caddi in ginocchio nel luogo dove mi trovavo; cercai, quindi, varie volte di alzare gli occhi verso la Santissima Vergine, ma la riverenza e lo splendore me li faceva abbassare, ciò che, però, non impediva l'evidenza di quell'apparizione.
"Fissai le di Lei mani, e vidi in esse l'espressione del perdono e della misericordia. Alla presenza della Santissima Vergine, benché Ella non mi dicesse parola, compresi l'orrore dello stato in cui mi trovavo, la deformità del peccato, la bellezza della Religione Cattolica, in una parola compresi tutto. (...)

"Uscivo da una tomba, da un abisso di tenebre"...
"Provavo un cambiamento così totale che mi credevo un altro. Cercavo di ritrovarmi e non mi ritrovavo... La gioia più grande si sprigionava dal fondo della mia anima; non potetti parlare; non volli rivelar niente; sentivo in me qualche cosa di solenne e di sacro che mi fece chiedere un sacerdote... Vi fui condotto, e solo dopo averne avuto l'ordine positivo ne parlai come mi era possibile, in ginocchio e col cuore tremante. (...)
"Tutto quel che posso dire, è che al momento del prodigio, la benda cadde dai miei occhi; non una sola benda, ma una quantità di bende che mi avevano avvolto disparvero una dopo l'altra rapidamente, come la neve e il fango e il ghiaccio sotto l'azione di un sole cocente.
"Uscivo da una tomba, da un abisso di tenebre, ed ero vivo, perfettamente vivo... Ma piangevo! Vedevo nel fondo dell'abisso le miserie estreme dalle quali ero stato strappato da una misericordia infinita; rabbrividivo alla vista di tutte le mie iniquità, ed ero stupito, intenerito, sprofondato in ammirazione e riconoscenza. (...)

...Come "un cieco nato che vedesse la luce tutto d'un colpo"
"Ma si domanda come appresi queste verità, poiché è accertato che non ho mai aperto un libro di religione, non ho mai letto una pagina della Bibbia, e che il dogma del peccato originale, totalmente dimenticato o negato dagli Ebrei dei nostri giorni, non aveva mai occupato un istante il mio pensiero; dubito anche di averne sentito il nome. Come sono arrivato, dunque, a questa conoscenza? Non saprei dirlo. Questo io so: che entrando in chiesa ignoravo tutto; che uscendone vedevo chiaro. Non posso spiegare questo cambiamento che con l'immagine di un uomo il quale si risvegliasse da un sonno profondo, o con quella di un cieco nato che vedesse la luce tutto d'un colpo; vede, ma non può definire la luce che lo illumina e nella quale contempla gli oggetti della sua ammirazione. (...)

"Le prevenzioni contro il cristianesimo non esistevano più"
"Qualunque cosa ne sia di questo linguaggio inesatto e incompleto, il fatto positivo è che io mi trovavo in qualche modo come un essere nuovo, come una tabula rasa... Il mondo non era più niente per me; le prevenzioni contro il cristianesimo non esistevano più; i pregiudizi della mia infanzia non avevano più la minima traccia; l'amore del mio Dio aveva talmente preso il posto di ogni altro amore, che la mia stessa fidanzata mi appariva sotto un altro aspetto. L'amavo come un oggetto che Dio tiene nelle sue mani, come un dono prezioso che fa amare ancora di più il donatore.

"I superiori ecclesiastici mi fecero capire che il ridicolo, le ingiurie, i falsi giudizi,
facevano parte del calice di un vero cristiano"
"Ripeto che scongiuravo il mio confessore, il reverendo Padre Villefort, e il signor de Bussières, di mantenere un segreto inviolabile su ciò che mi era avvenuto. Volli seppellirmi al monastero dei Trappisti per occuparmi solo delle cose eterne; lo confesso, e pensavo anche, che nella mia famiglia mi avrebbero creduto folle, che mi avrebbero tacciato di ridicolo, e che così avrei preferito fuggire totalmente il mondo, le sue chiacchiere e i suoi giudizi.
"Però i superiori ecclesiastici mi fecero capire che il ridicolo, le ingiurie, i falsi giudizi, facevano parte del calice di un vero cristiano; mi invitarono a berlo dicendomi che Gesù Cristo aveva predetto ai suoi discepoli pene, tormenti e supplizi. Parole così gravi, lungi dallo scoraggiarmi, infiammarono la mia letizia interiore; mi sentivo pronto a tutto, e chiesi con insistenza il battesimo. Vollero ritardarlo. 'Ma come! Esclamai, gli Ebrei che ascoltarono la predicazione degli Apostoli furono battezzati immediatamente, e voi volete rimandarmelo, dopo aver io ascoltato la Regina degli Apostoli?' I miei sentimenti, i miei acuti desideri e le mie suppliche toccarono gli uomini pietosi che mi avevano accolto, e mi fecero la promessa, per sempre felice, del battesimo!" (cfr. op. cit., pp. 5, 6, 39-43).

AVE AVE AVE MARIA PURISSIMA!


venerdì 20 gennaio 2012

In quello splendore è apparsa, in piedi, sull’altare, grande, fulgida, piena di maestà e di dolcezza, la Vergine Maria, così come è nella Medaglia Miracolosa.



Ein Kerem, Nostra Signora di Sion,
tomba di 
Alphonse Marie Ratisbonne


a Roma per mezzo della Medaglia Miracolosa

Ratisbonne, un giovane intelligente e ricco ebreo di Strasburgo, era stato educato lontano dalla religione. “Non credevo neppure in Dio”, scrive di se stesso. “Non avevo mai aperto un libro di argomento religioso.
Con evidente riluttanza accetta dal barone Bussières la Medaglia Miracolosa.
Poco tempo dopo, il 20 gennaio 1842, il signor de Bussières entra insieme con lui nella chiesa di S. Andrea delle Fratte, per sbrigare in sacrestia alcuni particolari relativi ad una funzione in suffragio del defunto signor Laferronays: anzi è già stato preparato il catafalco al centro della chiesa. Qui gli appare l’Immacolata e lo converte all’istante.
Lo stesso signor de Bussières racconta così il fatto: “Ritornando in chiesa, non scorgo subito Ratisbonne. Poco dopo lo trovo inginocchiato davanti alla cappella di S. Michele Arcangelo. Mi avvicino a lui, lo tocco tre o quattro volte, prima che egli si renda conto della mia presenza. Finalmente si volge verso di me con il volto bagnato di lacrime, abbassa le mani e mi dice , con un’espressione che mi è impossibile descrivere: Oh, quanto ha pregato per me quel signore!”.
“Io stesso ero rimasto stupefatto; sentivo di trovarmi di fronte ad un miracolo. Rialzo Ratisbonne, lo accompagno, lo trascino quasi, per così dire, fuori dalla chiesa, gli chiedo di raccontarmi quel che gli è capitato, di dirmi dove vuole andare. Mi conduca dove vuole – esclamò – dopo quello che ho visto, farò quel che vuole lei”.
“Insisto perché mi spieghi; non riesce; la sua commozione è troppo forte. Estrae dal petto la medaglia miracolosa, la copre di baci e la bagna di lacrime. Lo accompagno a casa e, malgrado le mie insistenze, non riesco ad ottenere nulla da lui, ad eccezione di esclamazioni frammiste a singhiozzi. “ Ah, come sono contento! Quanto è buono Iddio! Quale pienezza di grazia e di bontà! Quanto son degni di compassione coloro che non lo sanno…”.
“Lo accompagnai subito alla chiesa del Gesù, da Padre de Villefort, che gli raccomandò di raccontare ogni cosa. Allora Ratisbonne trae fuori la medaglietta, la bacia, la mostra a noi ed esclama: “Io l’ho vista, io L’ho vista!” e la sua commozione si accresce ancor di più. Ma poco dopo, più calmo riesce a spiegarsi; ecco le sue precise parole: “Ero in chiesa da un po’ di tempo, quando improvvisamente provai un’emozione indicibile. Sollevai gli occhi: l’intero edificio era svanito al mio sguardo. Una sola cappella, per così dire, concentrava il mondo intero. E in mezzo a quella luce che si irradiava ovunque, è apparsa la Vergine Santissima, ritta sopra l’altare, grande, risplendente, piena di maestà e di amorevolezza, quale è rappresentata nella mia medaglia; una forza irresistibile mi spingeva verso di Lei. La Santissima Vergine mi fece segno con la mano di inginocchiarmi. Mi sembrò che dicesse: va bene! Ella non mi parlò affatto, ma io compresi tutto”.
“Durante il breve racconto Ratisbonne si interruppe più volte, come per frenare la commozione che si impadroniva di lui. Lo ascoltammo con gioia e riconoscenza, e contemporaneamente ammiravamo l’ ampiezza e la profondità delle vie di Dio e dei tesori ineffabili della Sua misericordia. In particolare ci colpì una sua espressione, per la sua misteriosa profondità: “Ella non mi parlò affatto; ma io compresi tutto”. In effetti, da quel momento è sufficiente ascoltare Ratisbonne: la fede cattolica sgorga dal suo cuore, come un profumo prezioso dal vaso che lo racchiude, ma non lo può mantenere inerte dentro di sé. Parla della presenza reale, come un uomo che crede in essa con tutte le forze della propria anima (ma dire questo è ancora poco), come un uomo che ne ha l’esperienza.
“Lasciato il Padre de Villefort, siamo andati a rendere gloria a Dio, innanzi tutto nella basilica della SS. Vergine Maria, quindi a S. Pietro.
“È impossibile descrivere il rapimento estatico di Ratisbonne mentre si trovava in queste chiese. “ Ah! - mi diceva stringendomi le mani – ora comprendo l’amore dei cattolici per le loro chiese e la devozione che impone loro di addobbarle e di abbellire!…Come si sta bene qui! Non si vorrebbe mai uscire da qui!… Questa non è più terra, è quasi il paradiso!”.
“Davanti all’altare del Santissimo Sacramento, la presenza reale della divinità lo soggiogava fin al punto tale che veniva meno, se non se ne allontanava subito: tanto gli sembrava tremendo rimanere alla presenza del Dio vivo, con la macchia del peccato originale! E andava a rifugiarsi in una cappella della Santissima Vergine.
“Qui – diceva rivolgendosi a me – non posso, non posso aver paura, sento di essere protetto da una misericordia sconfinata”. Pregava con il più grande fervore sulla tomba dei santi Apostoli. La storia della conversione di San Paolo, che gli avevo narrata, era causa di lacrime ancor più abbondanti.
“Gli chiesi nuovi particolari sulla visione che aveva avuto. Non riusciva a spiegarsi in qual modo fosse passato dal lato destro della chiesa alla cappella situata sul lato sinistro, pur essendo separato dal catafalco.Tutt’a un tratto si era trovato umilmente inginocchiato davanti alla cappella.In un primo momento era riuscito a scorgere la Regina del cielo in tutto lo splendore di una bellezza immacolata, ma i suoi occhi non erano in grado di sopportare quello splendore divino. Tentò per altre tre volte di volgere lo sguardo verso la Madre della misericordia e per tre volte i suoi tentativi furono inutili, perché qualcosa gli impediva di sollevare gli occhi più in alto delle mani benedette, dalle quali uscivano, sotto forma di raggi luminosi, torrenti di grazia.
“ “Oh, mio Dio! – esclamava – io che solo mezza settimana fa bestemmiavo ancora, io che provavo un odio violento verso la religione cattolica!…Tutti, però, mi conoscono, sanno bene che, umanamente parlando, avevo tutti i motivi per rimanere ebreo. La mia famiglia è ebrea, la mia fidanzata è ebrea, mio zio materno è ebreo”“.
Ma ascoltiamo la dichiarazione dello stesso convertito, contenuta in una lettera scritta al parroco della chiesa della Santissima Vergine Maria della Vittoria, a Parigi. Ecco alcuni brani di tale lettera:
“Mio fratello Teodoro, nel quale ponevo una grande speranza, era diventato cristiano e poco tempo dopo – malgrado le insistenti suppliche e lo sconforto che aveva provocato – era andato oltre, era divenuto sacerdote e svolgeva il proprio ministero sacerdotale nella stessa città e sotto gli occhi delle mia famiglia sconsolata. Questi gesti del mio fratello minire mi avevano disgustato enormemente e avevano provocato in me sentimenti di disprezzo nei confronti del suo abito e del suo stato.Educato tra giovani cristiani indifferenti come me, non provavo né simpatia né antipatia verso il cristianesimo. Tuttavia la conversione di mio fratello, che consideravo una pazzia inesplicabile, mi indusse a credere nel fanatismo dei cattolici e sentivo un’avversione nei loro riguardi…
“Terminai gli studi di diritto a Parigi, ottenni il diploma e indossai la toga di avvocato. In seguito,però, fui richiamato a Strasburgo da uno zio materno,che faceva di tutto per avermi accanto a sé. Non sono in grado di calcolare la sua generosità. Egli mi regalava cavalli, carrozze, viaggi, migliaia di gesti di munificenza, senza rifiutare di accontentare ogni mio capriccio…Lo zio mi rinfacciava unicamente i miei frequenti viaggi a Parigi. “Tu ami troppo i Campi Elisi”, mi diceva con amorevolezza. Aveva ragione. Io amavo soltanto i piaceri. Gli affari mi facevano perdere la pazienza, l’atmosfera di ufficio mi soffocava. E benché una specie di pudore innato mi tenesse lontano dai piaceri e dalle compagnie cattive, sognavo solamente divertirmi e piaceri e mi dedicavo ad essi con passione e frenesia…
“Ero ebreo solo di nome, poiché non credevo neppure in Dio. Non avevo mai aperto un libro di argomento religioso. Anzi, in casa di mio zio, come pure quando stavo con i miei fratelli e sorelle, non praticavo neppure le più piccole norme del giudaismo.
“Nel mio cuore vi era il vuoto e non ero per nulla felice in mezzo a tutta quell’abbondanza. Mi mancava qualcosa, tuttavia questo oggetto mi era già stato dato: così almeno io penso.
“[Infatti], avevo una nipote, figlia del maggiore dei miei fratelli,che mi era stata destinata fin dal tempo in cui eravamo ambedue fanciulli. Era cresciuta con il suo fascino davanti ai miei occhi e io vedevo in lei tutto il mio avvenire e tutta la speranza di felicità riservata a me…
“Debbo qui rilevare un certo cambiamento verificatosi nelle mie idee religiose all’epoca del mio fidanzamento. Come ho detto, io non credevo in niente; e in tutto questo nulla, in questa negazione di qualsiasi fede mi trovavo in piena armonia con i miei amici cattolici e protestanti. Tuttavia, la vista della mia fidanzata suscitava in me un sentimento della dignità umana. Incominciai a credere nell’immortalità dell’anima; più ancora incominciai istintivamente a pregare Dio, a ringraziarlo per la felicità; tuttavia non ero felice…Non sapevo rendermi conto dei miei sentimenti, guardavo alla mia fidanzata come al mio angelo buono; le parlavo spesso e, in realtà, il pensare a lei elevava il mio cuore verso Dio, che non conoscevo, che non avevo mai pregato e che non avevo mai implorato.
“Considerammo opportuno differire il matrimonio, a causa della troppo giovane età della mia fidanzata: aveva sedici anni. Dovetti, perciò, compiere un viaggio di piacere, in attesa dell’ora della nostra unione.
“Decisi di recarmi a Napoli, di trascorrere l’inverno a Malta, per rinforzare la mia debole salute, e far ritorno in seguito passando attraverso l’Oriente. Avevo con me delle lettere di raccomandazione perfino per Costantinopoli e mi misi in viaggio alla fine di novembre del 1841. Dovevo essere di ritorno all’inizio dell’anno seguente…
“Soggiornai un mese a Napoli, per vedere tutto e annotare tutto. In particolare scrissi contro la religione e contro i sacerdoti che in quelle fortunate località mi sembravano del tutto fuori posto. Oh, quante bestemmie nel mio diario!…”.
Contrariamente alle sue intenzioni, egli [Ratisbonne] capitò tuttavia a Roma, dove si incontrò con il barone Teodoro de Bussières, che dal protestantesimo era passato al cattolicesimo. Il suo odio verso il cattolicesimo si accrebbe maggiormente dopo la visita al ghetto degli ebrei di Roma. Così descrive più oltre le sue impressioni alla notizia che due ebrei si stavano preparando a ricevere il battesimo: “Non sono in grado di esprimere l’indignazione che mi ha afferrato nel sentire una simile cosa; e allorché la mia guida mi chiese se desideravo assistere al rito : “Io? – esclamai – io? Assistere ad una simile viltà? No, no! Non sarei capace di trattenermi dall’avventarmi contro i battezzandi e i battezzati!”.
“Debbo dire, senza paura di esagerare, che non sono sta mai così pieno di veleno contro il cristianesimo come durante la visita al ghetto. Non mi trattenevo dalle derisioni e dalle bestemmie”.
medaille_miraculeuse.jpgCon manifesta riluttanza accettò la medaglia miracolosa dal barone de Bussières; tuttavia poco dopo, il giovedì 20 gennaio, l’Immacolata si mosse a compassione di lui. Egli stesso continua a scrivere nella lettera: “Mi recai in un caffè di Piazza di Spagna, per dare un’occhiata ai quotidiani; mi trovavo lì da poco tempo, quando giunse il signor Edmondo Humann, figlio del ministro delle finanze, e si sedette accanto a me. Ci trattenemmo in conversazione parlando di Parigi, di arte e di politica. Poco dopo mi raggiunse un altro amico, un protestante, il signor Alfredo de Lotzbeck, con il quale ebbi una conversazione ancor più futile. Parlammo di caccia, di svaghi, di divertimenti carnevaleschi, di una splendida serata che il principe di Torlonia aveva organizzato. Non si potè lasciare da parte la cerimonia del mio matrimonio. Rivolsi l’invito al signor de Lotzbeck, il quale mi promise che vi avrebbe senz’altro partecipato. Se in quel momento (era mezzogiorno) un terzo interlocutore mi si fosse avvicinato e mi avesse detto: “Alfonso, tra un quarto d’ora tu adorerai Gesù Cristo quale tuo Dio, tuo Salvatore e ti umilierai in una povera chiesa e ti batterai il petto davanti ad un sacerdote in un convento di Gesuiti, dove passerai il carnevale preparandoti al battesimo , disposto a sacrificarti per la fede cattolica, e rinunzierai al mondo, alla superbia, ai suoi piaceri, alle tue ricchezze, alle tue speranze, al tuo avvenire e, se sarà necessario, rinunzierai alla tua fidanzata, all’affetto della famiglia, alla stima dei tuoi amici, ai legami con gli ebrei… e non desidererai altro che seguire Cristo e portare la sua croce fino alla morte…”, dico che se un simile profeta mi avesse predetto una cosa del genere, avrei pensato che una persona sola sarebbe stata più impazzita di quello, vale a dire colui che sarebbe stato capace di credere nella possibilità di una simile pazzia! E tuttavia, questa pazzia costituisce oggi la mia saggezza e la mia felicità.
“Uscendo dal caffè, mi imbattei nella vettura del signor Teodoro de Bussières, il quale mi chiese se potevo trattenermi alcuni minuti davanti alla chiesa di Sant’Andrea delle Fratte, che si trovava proprio in quei paraggi, in attesa che egli potesse fare una certa commissione. Mi propose di attendere in vettura; io preferii scendere per dare un’occhiatina alla chiesa.Si stavano facendo dei preparativi per una cerimonia funebre. Chiesi il nome del defunto per il quale erano destinate quelle estreme onoranze. Il signor de Bussières mi rispose: “Si tratta di un mio buon amico, il conte de Laferronays’; non l’avevo mai visto e non provai alcun sentimento all’infuori di un lieve dispiacere, quale si prova alla notizia di una morte improvvisa. Il signor de Bussières mi lasciò perché doveva andare a far preparare una tribuna riservata per la famiglia del defunto. “La prego di non perder la pazienza – mi disse mentre entrava in convento – sarà questione di due minuti”.
“La chiesa di S. Andrea è piccola, povera e deserta… Mi sembrava di essere solo… nessun oggetto d’arte richiamava l’attenzione. Dirigevo meccanicamente lo sguardo attorno senza fermare il pensiero su nessuna cosa. Ricordo che un cane nero si aggirava davanti a me e salterellava qua e là…Poco dopo il cane scomparve. Tutta la chiesa scomparve, non vedevo più nulla, o piuttosto – o mio Dio – vedevo una cosa sola!!!
“Come si fa a parlarne? Oh, no! la parola umana non deve neppure tentare di esprimere ciò che non è possibile esprimere! Qualunque descrizione, per quanto mirabile possa essere, sarebbe soltanto una profanazione di una verità ineffabile.
“Ero lì umiliato, inondato di lacrime, con il cuore che mi scoppiava, allorché il signor de Bussières mi richiamò alla realtà.
“Non fui capace di rispondere alle sue pressanti domande, ma alla fine afferrai la medaglietta che tenevo al petto, baciai con effusione l’effigie della SS. Vergine che spargeva le Grazie. Ah, era proprio LEI!
“Non sapevo dove mi trovavo, non sapevo se ero Alfonso o un altro, mi accorgevo di essere totalmente trasformato, mi sentivo interiormente un altro…Volevo ritornare in me stesso e non riuscivo a farlo…una gioia intensissima esplodeva nel mondo della mia anima; non riuscivo a parlare, non volevo rivelare nulla, sentivo in me qualcosa di grandioso e di santo che mi indusse a chiedere di un sacerdote… Mi condussero da lui e solo dopo aver ricevuto un ordine categorico feci la mia narrazione, per quanto mi fu possibile, in ginocchio con il cuore tremante.
“Le mie prime parole furono espressioni di riconoscenza verso il signor de Laferronays e per la confraternita della Santissima Vergine Maria della Vittoria. Sapevo con sicurezza che il signor de Laferronays aveva pregato per me, ma non sarei stato in grado di dire in qual modo l’avevo saputo e in qual modo dovevo rendermi conto della verità che avevo acquisito: con la fede e la conoscenza. Tutto ciò che posso dire è che in quel momento il velo che mi copriva cadde dai miei occhi. Non uno solo, ma tutti i veli che mi avvolgevano scomparvero l’uno dopo l’altro e rapidamente, come la neve, il fango e il ghiaccio sotto l’azione del sole cocente. Uscivo da una tomba, da un abisso di tenebre ed ero vivo, perfettamente vivo…ma piangevo! Vedevo nel fondo dell’abisso le miserie estreme dalle quali ero stato estratto da una misericordia sconfinata; un brivido mi pervadeva alla vista di tutte le mie scelleratezze ed ero stupito, commosso, tutto preso dall’estasi e dalla riconoscenza. Pensavo a mio fratello con una gioia indicibile, ma alle mie lacrime d’amore si mescolavano lacrime di commiserazione. Purtroppo, tante persone scendono tranquillamente, senza preoccuparsene, verso questo abisso con gli occhi velati dalla superbia…scendono, inghiottiti vivi, in tenebre spaventose…e la mia famiglia, la mia fidanzata, le mie povere sorelle!!! Ah, quale inquietudine straziante! Io pensavo a voi, a voi che amo, per voi ho offerto le mie prime preghiere… Non eleverete voi gli occhi verso il Salvatore del mondo, il cui sangue ha lavato il peccato originale? Ah, quanto è detestabile il marchio di questa sozzura! quale trasformazione radicale esso provoca nella creatura, fatta ad immagine e somiglianza divina! “Mi chiedono come abbia fatto a conoscere queste verità, dato che è accertato che non ho mai aperto un libro di contenuto religioso, non ho mai letto una sola pagina della Bibbia e che il dogma del peccato originale, completamente dimenticato o negato dagli ebrei dei nostri tempi, non ha mai occupato la mia mente neppure per un istante; dubito perfino di averne conosciuto la denominazione. Come ero giunto, quindi, alla conoscenza di esso? Non lo saprei dire. Tutto quel che so è che entrando in chiesa non sapevo nulla, mentre uscendo vedevo con chiarezza. Non so spiegare tale cambiamento in altro modo che paragonarmi ad una persona che viene bruscamente svegliata da un sonno profondo, oppure servendosi dell’analogia di colui che, cieco fin dalla nascita, all’improvviso scorge la luce del giorno: egli vede, ma non è capace di definire la luce che lo illumina e chi gli offre la possibilità di vedere gli oggetti della sua meraviglia.
“Se non si riesce a dare una spiegazione della luce fisica, come si potrebbe spiegare quella luce che, in ultima analisi, è la verità stessa? È vero quando dico che non conoscevo la Scrittura, tuttavia io penetravo con lo sguardo il significato e lo spirito dei dogmi. Io sentivo queste cose molto di più che se le avessi viste, e provavo anche le conseguenze ineffabili che esse producevano in me. Tutto ciò avveniva all’interno di me stesso e queste impressioni, mille volte più rapide del pensiero, mille volte più profonde delle riflessioni, non solo toccavano la mia anima, ma in certo modo le facevano cambiar senso di marcia e la indirizzavano in un’altra direzione, verso un altro scopo e lungo un’altra via…
“Il mondo non era più nulla ormai per me. Le mie prevenzioni contro il cristianesimo non esistevano più; dei pregiudizi acquisiti fin dall’età infantile non vi era più nemmeno la traccia; l’amore verso il mio Dio prese talmente il posto di qualsiasi altro amore che perfino la mia fidanzata mi appariva sotto un altro angolo di visuale: l’amavo come si ama un oggetto che Dio tiene tra le proprie mani, come un dono prezioso che impone di amare ancor di più il donatore…
“Mi sentivo disposto a tutto e bramavo ardentemente il battesimo. Si voleva tramandarlo. “Ma – esclamai – quegli ebrei che avevano ascoltato la predicazione degli apostoli furono battezzati immediatamente, mentre voi vorreste procrastinare il mio battesimo? Dopo che ho ascoltato la Regina degli Apostoli?. La mia commozione, i miei ardenti desideri, le mie implorazioni hanno toccato quelle persone compassionevoli, le quali mi hanno accolto tra di loro e mi hanno fatto la promessa – sorgente di benedizioni in eterno ! – del battesimo.
“Non riuscivo a trattenere l’impazienza dell’attesa del giorno stabilito per l’attuazione di quella promessa. Riconoscevo di essere tanto abominevole davanti a Dio, tuttavia quanta bontà, quanta misericordia mi si manifestava durante tutti i giorni della mia preparazione…D’ora in poi la riconoscenza sarà la mia legge e la mia vita. Non son capace di esprimerla a parole, ma farò il possibile per dimostrarla con le opere…”.


 

AMDG