domenica 28 maggio 2023

Cari ragazzi e ragazze!






 



DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Stadio "Meazza", San Siro
Sabato, 2 giugno 2012

[Video]

 

Cari ragazzi e ragazze!

E’ una grande gioia per me potervi incontrare durante la mia visita alla vostra Città. In questo famoso stadio di calcio, oggi i protagonisti siete voi! Saluto il vostro Arcivescovo, il Cardinale Angelo Scola, e lo ringrazio per le parole che mi ha rivolto. Grazie anche a Don Samuele Marelli. Saluto il vostro amico che, a nome di tutti voi, mi ha rivolto il benvenuto. Sono lieto di salutare i Vicari episcopali che, a nome dell’Arcivescovo, vi hanno amministrato o amministreranno la Cresima. Un grazie particolare alla Fondazione Oratori Milanesi che ha organizzato questo incontro, ai vostri sacerdoti, a tutti i catechisti, agli educatori, ai padrini e alle madrine, e a quanti nelle singole comunità parrocchiali si sono fatti vostri compagni di viaggio e vi hanno testimoniato la fede in Gesù morto e risorto, e vivo.

Voi, cari ragazzi, vi state preparando a ricevere il Sacramento della Cresima, oppure l’avete ricevuto da poco. So che avete compiuto un bel percorso formativo, chiamato quest’anno «Lo spettacolo dello Spirito»

Aiutati da questo itinerario, con diverse tappe, avete imparato a riconoscere le cose stupende che lo Spirito Santo ha fatto e fa nella vostra vita e in tutti coloro che dicono «sì» al Vangelo di Gesù Cristo. Avete scoperto il grande valore del Battesimo, il primo dei Sacramenti, la porta d’ingresso alla vita cristiana. Voi lo avete ricevuto grazie ai vostri genitori, che insieme ai padrini, a nome vostro hanno professato il Credo e si sono impegnati a educarvi nella fede. 

Questa è stata per voi – come anche per me, tanto tempo fa! – una grazia immensa. Da quel momento, rinati dall’acqua e dallo Spirito Santo, siete entrati a far parte della famiglia dei figli di Dio, siete diventati cristiani, membri della Chiesa.

Ora siete cresciuti, e potete voi stessi dire il vostro personale «sì» a Dio, un «sì» libero e consapevole. 

Il sacramento della Cresima conferma il Battesimo ed effonde su di voi con abbondanza lo Spirito Santo. Voi stessi ora, pieni di gratitudine, avete la possibilità di accogliere i suoi grandi doni che vi aiutano, nel cammino della vita, a diventare testimoni fedeli e coraggiosi di Gesù. 

I doni dello Spirito sono realtà stupende, che vi permettono di formarvi come cristiani, di vivere il Vangelo e di essere membri attivi della comunità. Ricordo brevemente questi doni, dei quali già ci parla il profeta Isaia e poi Gesù:

– il primo dono è la sapienza, che vi fa scoprire quanto è buono e grande il Signore e, come dice la parola, rende la vostra vita piena di sapore, perché siate, come diceva Gesù, «sale della terra»;

– poi il dono dell’intelletto, così che possiate comprendere in profondità la Parola di Dio e la verità della fede;

– quindi il dono del consiglio, che vi guiderà alla scoperta del progetto di Dio sulla vostra vita, vita di ognuno di voi;

– il dono della fortezza, per vincere le tentazioni del male e fare sempre il bene, anche quando costa sacrificio;

– viene poi il dono della scienza, non scienza nel senso tecnico, come è insegnata all'Università, ma scienza nel senso più profondo che insegna a trovare nel creato i segni le impronte di Dio, a capire come Dio parla in ogni tempo e parla a me, e ad animare con il Vangelo il lavoro di ogni giorno; capire che c’è una profondità e capire questa profondità e così dare sapore al lavoro, anche quello difficile;

– un altro dono è quello della pietà, che tiene viva nel cuore la fiamma dell’amore per il nostro Padre che è nei cieli, in modo da pregarLo ogni giorno con fiducia e tenerezza di figli amati; di non dimenticare la realtà fondamentale del mondo e della mia vita: che c’è Dio e che Dio mi conosce e aspetta la mia risposta al suo progetto;

- il settimo e ultimo dono è il timore di Dio - abbiamo parlato prima della paura -; timore di Dio non indica paura, ma sentire per Lui un profondo rispetto, il rispetto della volontà di Dio che è il vero disegno della mia vita ed è la strada attraverso la quale la vita personale e comunitaria può essere buona; e oggi, con tutte le crisi che vi sono nel mondo, vediamo come sia importante che ognuno rispetti questa volontà di Dio impressa nei nostri cuori e secondo la quale dobbiamo vivere; e così questo timore di Dio è desiderio di fare il bene, di fare la verità, di fare la volontà di Dio.

....  https://www.vatican.va/content/benedict-xvi/it/speeches/2012/june/documents/hf_ben-xvi_spe_20120602_stadio-meazza.html

AMDG et D.V.MARIAE

venerdì 26 maggio 2023

Furono tutti pieni di Spirito Santo

 



Don Davide Banzato

Tacciano le parole e parlino le opere

Oggi commentiamo insieme il passo degli Atti degli Apostoli 2,2-4.6: “Venne all'improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano. Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d'esprimersi. […] Venuto quel fragore, la folla si radunò e rimase sbigottita perché ciascuno li sentiva parlare la propria lingua”. Quello che accadde a Gerusalemme è un miracolo unico perché gli apostoli, grazie allo Spirito Santo, parlano a popoli di varie nazionalità che li sentono parlare nella propria lingua.

Viene in mente Genesi 11 quando – a causa della costruzione della Torre di Babele - il Signore confuse la lingua e l’unità si era perduta perché ci si era voluti innalzare cercando di affermare il proprio ego. Nella Pentecoste viene ritrovata l’unità grazie allo Spirito Santo. Questo passo degli Atti degli Apostoli al capitolo viene commentato anche da Sant'Antonio di Padova nei suoi Sermoni: “Gli apostoli «cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito Santo dava loro il potere di esprimersi» (At 2, 4). Beato chi parla secondo lo Spirito e non secondo l'inclinazione del proprio animo”.

Per Antonio molto spesso parliamo secondo il nostro spirito, non buono, rubiamo le parole degli altri e le propaliamo come nostre. Oppure parliamo e basta e a parole non si convince nessuno. Ci sono tanti profeti menzogneri, millantatori, parolai. Chi parla col cuore, chi parla e ama ed è coerente tra ciò che dice e vive, tocca il cuore delle persone.

Parliamo quindi secondo lo Spirito Santo, secondo la lingua dell’Amore, con umiltà, e davvero si realizzerà ogni giorno una nuova Pentecoste, illuminando la vita di chiunque incontriamo.

Sant’Antonio aggiunge: “La predica è efficace, ha una sua eloquenza, quando parlano le opere. Cessino, ve ne prego, le parole, parlino le opere. Purtroppo siamo ricchi di parole e vuoti di opere”. Parlino dunque le opere grazie allo Spirito Santo. Purtroppo, siamo ricchi di parole e a volte sono parole vuote e quante volte ci capita di perdere tempo dietro al gossip, dietro ai social, ai commenti e a parole che feriscono inutilmente? E per questo Sant'Antonio, commentando questo brano, afferma: “Beato chi parla secondo lo Spirito e non secondo l'inclinazione del proprio animo”. Esiste un linguaggio che è quello del proprio animo, del proprio ego e che può portarci alla divisione, a non capirci, all'incomprensione, al non ascolto, pur essendo nell'epoca della comunicazione.

Invece esiste un linguaggio dello Spirito che ci porta come gli Apostoli a parlare e ad essere capiti, ascoltati e amati, perché quando ci sentiamo capiti ci sentiamo veramente amati. Forse allora potremmo dire che lo Spirito Santo, che è Amoreci può donare quell'unico linguaggio, quella lingua dell’Amore che è comprensibile al di là di ogni barriera culturale e geografica. Facciamo nostre le parole di Sant'Antonio: Tacciano le parole, parlino le opere! Questa lingua, che è proprio dell'amore dello Spirito Santo, non può essere autentica se non si incarna in opere concrete di carità e amore nella vita di tutti i giorni.

AMDG et D.V.MARIAE

domenica 21 maggio 2023

sabato 20 maggio 2023

Dottrina Sociale della Chiesa

 


Senza Dio non c’è Dottrina Sociale della Chiesa, la lezione di Benedetto XVI

Ratzinger ha confermato tre fondamenti imprescindibili della Dottrina sociale della Chiesa, senza i quali non ha senso parlare di impegno sociale dei cattolici. Essi riguardano: la “questione teologica”, il recupero della legge morale naturale, l’impossibilità della neutralità rispetto a Dio.
- DOSSIER: IN MORTE DI UN PAPA

Ci si può chiedere quale sia stato l’apporto di Benedetto XVI alla Dottrina sociale della Chiesa (DSC) e se dalle posizioni da lui espresse in proposito ci si debba allontanare o piuttosto attenersi ad esse e svilupparle. Benedetto si è occupato di molti temi particolari della vita sociale e politica, ha scritto anche una enciclica sociale, la Caritas in veritate (2009), ma il segno specifico del suo interesse per questo ambito della teologia consiste nell’averne confermato i fondamenti per renderla ancora viva. Questo nel quadro di una sua fondamentale preoccupazione, che segna tutto il suo pontificato e che egli espresse in modo particolarmente drammatico nella Lettera sui vescovi lefebvriani del 10 marzo 2009 e durante il viaggio in Portogallo del 13 maggio 2010: «Nel nostro tempo in cui in vaste zone della terra la fede è nel pericolo di spegnersi come una fiamma che non trova più nutrimento, la priorità che sta al di sopra di tutte è di rendere Dio presente in questo mondo e di aprire agli uomini l’accesso a Dio […]. Il vero problema in questo nostro momento della storia è che Dio sparisce dall’orizzonte degli uomini e che con lo spegnersi della luce proveniente da Dio l’umanità viene colta dalla mancanza di orientamento, i cui effetti distruttivi si manifestano sempre di più».

Oggi la Chiesa si trova davanti a questa inedita urgenza: la ricostruzione dell’umano a partire dalla riproposta di Dio. Perché è “inedita” questa urgenza? Perché mai era capitato prima che la cultura umana si costruisse contro la religione e che la religione non potesse rivolgersi ad una natura umana capace di accoglierla. I primi cristiani sapevano di poter contare sull’esistenza della natura umana, che a loro modo anche i filosofi pagani avevano espresso e valorizzato. Oggi, mentre si spegne la fede sparisce anche l’umano dell’uomo.

Con queste motivazioni Benedetto ha indicato tre fondamenti imprescindibili sulla cui base si ergono, oggi come ieri, l’insegnamento sociale della Chiesa e l’impegno sociale dei cattolici. Chi dovesse rifiutarli non potrebbe più parlare di DSC, considerata un equivoco davanti al quale passare oltre.

Il primo fondamento sta nell’indicare che la “questione antropologica” in fondo altro non è che la “questione teologica”. Benedetto ha adoperato spesso la prima di queste due espressioni, sostenendo che la questione sociale è ormai diventata la questione dell’uomo. Ma sbaglierebbe chi si fermasse qui, annoverando questa affermazione nel contesto della “svolta antropologica” della teologia contemporanea. In verità, il vero e proprio carattere benedettiano di questo insegnamento sta nella seconda espressione: «Senza Dio l’uomo non sa dove andare e non riesce nemmeno a comprendere chi esso sia» (CV n. 78). Nella Caritas in veritate egli constata una «coscienza ormai incapace di conoscere l’umano» (n. 75) e, quanto alla causa, afferma: «L’umanesimo che esclude Dio è un umanesimo disumano» (n. 78). Riferimenti alla DSC che non abbiano come scopo primario riaprire un posto a Dio nel mondo sono insufficienti e devianti. Credo che Benedetto XVI volesse dire questo quando ci indicava la strada della “anamnesi”: l’incontro con Cristo mette in moto il ricordo e permette il recupero della dimensione naturale di cui ci si era scordati.

Il secondo fondamento è il pieno recupero della legge morale naturale, in una cultura che rifiuta il concetto stesso di natura. Egli ne parlava partendo dalla razionalità del creato e dalla constatazione che non siamo frutto del caso o del determinismo. La legge morale naturale, egli diceva, è come la lingua che esprime la realtà. La questione di fondo, a questo proposito, è se la visione della realtà come un tutto che ci parla sia recuperabile da parte della sola ragione naturale o no. Il venir meno della ragione metafisica ha certamente causato la secolarizzazione del cristianesimo in quanto l’accesso al trascendente è possibile concettualmente solo tramite la metafisica, però è vero anche il contrario, ossia che la secolarizzazione della fede ha permesso la rinuncia allo slancio della ragione metafisica. Siamo così di fronte ad una situazione nuova: dovrà essere la fede cristiana a porsi come obiettivo di rilanciare la ragione metafisica e l’unità del sapere. Spetta ai pensatori cristiani aprire questa strada ed è desolante constatare lo scarso impegno in questo senso dei centri accademici cattolici.

Il terzo fondamento consiste nell’affermare che quando le questioni mondane, che solitamente vengono affidate alla ragione, si staccano da Dio per conseguire la propria autonomia si pongono non già in un ambito di neutralità rispetto a Dio, ma di opposizione. Infatti, se la logica della costruzione non è in qualche modo riconducibile a Dio, pur nella sua legittima autonomia di metodi e linguaggio, essa di fatto espunge da sé la prospettiva di Dio e si costruisce come se Dio non fosse, che non è un modo neutro di costruirsi, ma un modo di costruirsi senza Dio. A Sidney, per la Giornata mondiale della Gioventù, il 17 luglio 2008, egli aveva detto: «Vi sono molti, oggi, i quali pretendono che Dio debba essere lasciato “in panchina” […]. Se Dio è irrilevante nella vita pubblica, allora la società potrà essere plasmata secondo un’immagine priva di Dio. Ma quando Dio viene eclissato, la nostra capacità di riconoscere l’ordine naturale, lo scopo e il “bene” comincia a svanire».

La “questione teologica”, il recupero della legge morale naturale, l’impossibilità della neutralità rispetto a Dio sono fondamenti in grado di illuminare tutti i principi della DSC e salvarli dalle deformazioni oggi in atto.

di STEFANO FONTANA

AMDG et D.V.MARIAE