venerdì 17 marzo 2023

SAN PATRIZIO

          Oggi si festeggia San Patrizio

Patrizio, nato con il nome di Maewyin Succat, scelse successivamente il nome latino di Patrizio (Bannaventa Berniae, 385 – Saul, 17 marzo 461), è stato un vescovo e missionario irlandese di origini scozzesi. 

   È venerato come santo dalla Chiesa cattolica e ortodossa. Assieme ai santi Columba e a Brigida è il patrono dell’Irlanda. Viene festeggiato da tutta la comunità irlandese del mondo, America inclusa, il 17 marzo, data della sua morte.


      Secondo la tradizione irlandese, in Irlanda non ci sarebbero più serpenti da quando San Patrizio li cacciò in mare. Questa leggenda è connessa a quella della montagna sacra irlandese, Croagh Patrick, sulla quale il santo avrebbe trascorso quaranta giorni, gettando alla fine una campana dalla sommità del monte nell’attuale Baia di Clew per scacciare i serpenti e le impurità, formando le isole che la contraddistinguono. 


    Celebre anche la leggenda del pozzo di San Patrizio, il pozzo senza fondo, da cui si aprivano le porte del Purgatorio. 

    Da notare la presenza della leggendaria figura di San Patrizio anche nell’emblema nazionale irlandese, il trifoglio (shamrock). Grazie ad un trifoglio, si racconta infatti, San Patrizio avrebbe spiegato agli irlandesi il concetto cristiano della Trinità, prendendo come esempio le tre foglie collegate ad un unico stelo.


AMDG et DVM

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Preghiera

"Che la nostra vita sia una continua preghiera"

Sacerdoti
"Il prete è un ostensorio, suo compito è di mostrare Gesù. Egli deve sparire e lasciare che si veda solo Gesù…"

Santità
"È santificandoci che santificheremo gli altri"

Vangelo
"Se non viviamo del Vangelo, Gesù non vive in noi"


di Padre Charles de Foucauld

AMDG et DVM

GRANDE OPERA DI CARITA'

PREGARE per i moribondi

 

I santi concordano che i nostri angeli custodi ci accompagnano anche durante la permanenza nel Purgatorio, per consolarci, come afferma sant’Agostino (Sermo 46).

Santa Francesca Romana diceva:

«Quando un uomo muore, il suo angelo custode conduce la sua anima nel Purgatorio e si pone alla sua destra. L’angelo presenta a Dio le preghiere che si fanno per lui e intercede per l’abbreviazione delle sue sofferenze». 

Santa Maria Maddalena dé Pazzi, collocata in spirito in un luogo del Purgatorio, vide vicino ad ognuna delle anime i loro angeli custodi che la consolavano.

Lo stesso vide Santa Margherita Maria de Alacoque e altri santi.

Spesso il nostro angelo ci ispira a pregare per i nostri familiari defunti o per le anime del Purgatorio in generale, perché è una grande opera di carità. 
Santa Veronica Giuliani scrive nel suo diario: «Un mattino il mio angelo custode mi chiese di offrire le mie opere buone in unione con i meriti della Passione di Gesù e della Santissima Vergine per un’anima del Purgatorio… In seguito la vidi libera da tutte le sue pene, tutta bella e gloriosa».

Il servo di Dio Pedro de Basco (+ 1645), dice che una notte si dimenticò di pregare per le anime del Purgatorio; il suo angelo custode lo svegliò e gli disse: «Figlio mio, le anime del Purgatorio aspettano il tuo aiuto e la tua compassione». Per questo non deve meravigliare che nei momenti decisivi dell’agonia, il nostro angelo raddoppi i suoi sforzi per preparare chi gli è stato affidato o l’agonia di altre anime.

Santa Faustina Kowalska, nel suo Diario, parla molto di come il suo angelo le ispirasse di pregare per gli agonizzanti la Coroncina della Misericordia, che Gesù le aveva insegnato per salvarli. Dice: «In modo misterioso il Signore mi fa conoscere che un’anima agonizzante ha bisogno delle mia preghiere, ma spesso è il mio angelo custode che me lo dice» (II 215)
 

Preghiera a San Michele Arcangelo 
per le anime del Purgatorio

Grande San Michele, 
che sei stato incaricato da Dio 
d’introdurre in Cielo le anime degli eletti, 
ti prego per tutti coloro che io ho amato 
e che non ci sono più.
Degnati di visitarle, di assisterle 
e di soccorrerle in mezzo alle fiamme in cui bruciano, 
nell’oscura prigione in cui piangono.
Fa’ che Dio le ammetta al più presto al suo banchetto celeste, 
in quel meraviglioso luogo di luce e di pace.
E quando verrà per la mia anima 
l’ora di scendere in questo oscuro soggiorno, 
ti scongiuro, intercedi per lei 
e vieni a soccorrerla!
Amen.


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giovedì 16 marzo 2023

Ricordando Papa Benedetto XVI

 

La musica sacra sulle note degli angeli

Passione coltivata sin dall'infanzia, per Joseph Ratzinger la musica è un grande amore in grado di veicolare grandi verità. In particolare nella liturgia, dove il criterio di fondo – alla scuola dei monaci – consiste nel sintonizzarsi con il canto delle schiere celesti che adesso lo hanno accolto insieme a loro.

Tra i molti aspetti che riguardano la lunga vita di Benedetto XVI, non penso sia possibile dimenticare il suo amore per la musica, un amore che aveva spesso manifestato in varie occasioni. Egli si dilettava a suonare il pianoforte ed aveva un interesse particolare per la musica di Wolfgang Amadeus Mozart, autore prediletto da molti teologi che nella sua musica hanno intuito l’impronta di Dio. Così è stato anche per Joseph Ratzinger, che in occasione del suo ottantanovesimo compleanno ricevette come "dono" un concerto con la musica dell'amato compositore.

Naturalmente il Papa emerito non era appassionato soltanto di musica strumentale ma anche di musica sacra e suo fratello Georg era uno stimato direttore di coro. Ricevendo l’Associazione Italiana Santa Cecilia nel 2012, affermò che «la Costituzione Sacrosanctum Concilium, in linea con la tradizione della Chiesa, insegna che "il canto sacro, unito alle parole, è parte necessaria ed integrante della liturgia solenne" (n. 112). Perché "necessaria ed integrante"? Non certo per motivi puramente estetici, in un senso superficiale, ma perché coopera, proprio per la sua bellezza, a nutrire ed esprimere la fede, e quindi alla gloria di Dio e alla santificazione dei fedeli, che sono il fine della musica sacra».

Nella raccolta delle sue opere sulla liturgia, ci sono numerosi riferimenti alla musica sacra, con riflessioni davvero illuminanti sulla situazione in cui oggi ci troviamo. Per esempio, quando contesta il fatto che certa musica che si ascolta oggi in Chiesa sia da considerare positivamente perché destinata ai giovani; egli osserva, in realtà, e giustamente che quella musica non esprime la cultura giovanile, ma quella delle grandi corporation della musica pop. 

Una bella meditazione del 2008 al Collège des Bernardins a Parigi, che prende le mosse da san Benedetto, ci offre lo sguardo teologico sulla musica sacra di Benedetto XVI: «In Benedetto, per la preghiera e per il canto dei monaci vale come regola determinante la parola del Salmo: Coram angelis psallam Tibi, Domine – davanti agli angeli voglio cantare a Te, Signore (cfr 138,1). Qui si esprime la consapevolezza di cantare nella preghiera comunitaria in presenza di tutta la corte celeste e di essere quindi esposti al criterio supremo: di pregare e di cantare in maniera da potersi unire alla musica degli Spiriti sublimi, che erano considerati gli autori dell’armonia del cosmo, della musica delle sfere. Partendo da ciò, si può capire la serietà di una meditazione di san Bernardo di Chiaravalle, che usa una parola di tradizione platonica trasmessa da Agostino per giudicare il canto brutto dei monaci, che ovviamente per lui non era affatto un piccolo incidente, in fondo secondario. Egli qualifica la confusione di un canto mal eseguito come un precipitare nella “zona della dissimilitudine” – nella regio dissimilitudinis. Agostino aveva preso questa parola dalla filosofia platonica per caratterizzare il suo stato interiore prima della conversione (cfr. Confess. VII, 10.16): l’uomo, che è creato a somiglianza di Dio, precipita in conseguenza del suo abbandono di Dio nella “zona della dissimilitudine” – in una lontananza da Dio nella quale non Lo rispecchia più e così diventa dissimile non solo da Dio, ma anche da se stesso, dal vero essere uomo. È certamente drastico se Bernardo, per qualificare i canti mal eseguiti dei monaci, usa questa parola, che indica la caduta dell’uomo lontano da se stesso. Ma dimostra anche come egli prenda la cosa sul serio. Dimostra che la cultura del canto è anche cultura dell’essere e che i monaci con il loro pregare e cantare devono corrispondere alla grandezza della Parola loro affidata, alla sua esigenza di vera bellezza». Parole davvero illuminanti che aprono grandi prospettive teologiche.

Purtroppo non fu in grado di fare moltissimo per la musica sacra negli otto anni in cui fu Papa regnante, in quanto il suo carattere molto delicato e la situazione generale di assoluta decadenza non gli permisero di adottare quelle decisioni, forti e impopolari, che forse sarebbero necessarie e che lui sicuramente avrebbe desiderato.

Vorrei chiudere con alcuni ricordi personali. Uno è riferito al tempo in cui era cardinale e mi fece convocare in sagrestia nella Basilica di san Pietro al termine di una Messa celebrata da lui per un gruppo di pellegrini tedeschi, in cui avevo suonato. Mi ringraziò e mi fece presente il suo grande amore per la musica sacra.  Inoltre, ricordo quando da pontefice esprimeva la sua vicinanza alla Cappella Musicale Pontificia detta Sistina, con gesti di grande delicatezza e sensibilità. Un’attenzione alla musica che manifestò nominando cardinale il maestro Domenico Bartolucci che stimava molto per la sua vita spesa al servizio della musica sacra.

Ora Benedetto XVI sta ascoltando la musica degli angeli e potrà vedere con i suoi occhi quello che per tutta la vita ha anelato e sperato.

di Aurelio Porfiri

AMDG et DVM

Sulla Tomba di san Pietro

 


QUADERNETTI CAPITOLO 751


29 novembre 1948

   Dopo aver ricevuto da Bianca Bracci Bottai il trafiletto sulla tomba di S. Pietro (Tirreno del 2411-48). 

   [È allegato il ritaglio del breve articolo sul ritrovamento della tomba di San Pietro] 

   Mentre lo leggo, e precisamente là dove si dice: "... Basilica costantiniana eretta sulla tomba del primo successore di Cristo", la voce potente di Gesù, proprio nel tono di quando controbatte una tesi errata, o vuole imporre la sua Volontà, o rimprovera o compie miracoli, prorompe forte dicendo
   «No! Lo stesso Costantino comprese l'inopportunità di erigere la basilica sul luogo (il Circo di Nerone e gli Orti Neroniani), putente ancora delle depravazioni neroniane, del martirio del mio Pietro. E non "tomba" neppur là dove ora si erige la chiesa. 
   Il mio Pietro, santificato dal suo perfetto volere e dal martirio, dopo esser stato da Me consacrato e dallo Spirito di Dio purificato e posseduto con l'assoluta pienezza dei fuochi Paracliti, non poteva esser deposto là dove, sin sui materiali dei mausolei, era la professione dei culti più sozzi del paganesimo.
   Meglio la nuda, povera cripta della catacomba Ostriana, povera, nuda come la grotta della mia Nascita. Conforme allo spirito evangelico che è solo di carità, fede, speranza, e delle quattro cardinali virtù, e d'ogni altra virtù minore, deve esser ricco. Che il resto è paglia, senza valore. Quando pur non ha valore di peccato agli Occhi Divini di Colui che, Re dei Re e Signore dell'Universo, Figlio del Padre e Dio come il Padre, volle essere povero ed insegnò la ricchezza santa e regale dell'essere povero e santo, insegnò la povertà di spirito, il distacco dalle pompe del mondo e dallo spirito del mondo, per essere liberi di seguireMe e giungere con Me nella Gerusalemme celeste. 
   No. Non tomba di Pietro, del mio Simone di Giona, che Io feci "Pietra"1. Pietra intatta, squadrata, angolare, inattaccabile alla corruzione e alle lusinghe degli uomini e dei tempi. 
   L'obbrobrio vollero per lui i persecutori, e lo trascinarono ad esalare lo spirito ("ti condurranno dove non vorresti"2) in luogo nefando. Ma le sante spoglie posarono, ad esser fondamenta alla Chiesa Romana, nelle viscere del suolo romano, là dove la sozzura pagana non aveva portato i suoi fetori, là dove corpi consumati dall'amore per Me, non dalle lussurie pagane, giacevano. 
   No, dico a voi tutti. No. 
   I "morti" (i pagani) potevano seppellire i loro morti là, dentro i mausolei del colle Vaticano. Ma i "vivi" (i cristiani), i vivi per essere Miei, di Me-Vita, deponevano i loro vivi là dove il sonno era avvolto di purezza e santità, in attesa di esser dissolto nel Gloria della Beata Risurrezione finale per tutti i Santi miei. 
   No, dico a voi. No. Pietro non fu sepolto dopo il martirio altro che là dove già si era martirizzato evangelizzando». 

   Ma intanto, dico io, continua a mostrarmi l'interno dell'ultimo luogo di deposizione, il corpo essiccato ma incorrotto dell'Apostolo, ma non mi dice dove è, né mi fa vedere l'esterno del luogo e così... devo tacere per forza, né abusive indagini nei miei scritti potranno illuminare alcuno in merito... 
   E a me che penso a quelli che scendono nelle Grotte Vaticane pensando di recarsi in luogo santo per essere tomba del Principe degli Apostoli... Gesù dice

   «Là vi sono dei corpi di Santi. E santo perciò è il luogo. Basterebbe, basta a farlo santo la tomba di Pio, decimo di questo nome, vero Pietro, mia Pietra, onore del Ponteficato e della Chiesa tutta».


AMDG et DVM

   1 Mt 16, 18

  

    2 Gv 21, 18