mercoledì 26 febbraio 2020

Mons. Crepaldi Vescovo di Trieste. Genitori state attenti!

Sì, state attenti

Molte recenti vicende di cronaca minorile ci hanno colpito in profondità perché hanno rivelato casi di inganno e violenza sistematica contro i nostri figli e un odio sistematico contro la famiglia.
Il Forteto, Bibbiano, le ingenti risorse all’educazione gender da parte del Comune di Milano, riduzione Lgbt tramite Paperino… hanno fatto emergere il problema della sicurezza dei nostri bambini, ragazzi e giovani agli educatori, agli operatori dei servizi sociali, ai giudici per i minori,  agli “esperti”, agli animatori… alle “istituzioni”.
Un tempo l’esistenza di una diffusa etica pubblica garantiva i genitori.
Nella società c’era una comune valutazione dell’importanza del capitale sociale da formare ad alcuni valori ritenuti fondamentali.
L’onestà nel comportamento, il rispetto tra i sessi, la centralità dei genitori nell’educazione, l’aiuto delle istituzioni verso la famiglia naturale, una condivisa religiosità che abituava alla coscienza del bene e del male e del rapporto di alcuni nostri comportamenti con l’Assoluto, permettevano ai genitori una certa tranquillità quando mandavano il figlio in gita, in “colonia” al mare, al campo-scuola, perfino quando lo mandavano in strada o in piazza a giocare a pallone, o dal bottegaio a fare la spesa.
Non parliamo poi di quando lo mandavamo a scuola.
I servizi sociali allora erano marginali.
Vigilanza
Oggi non è più così.
Come Pastore, ritengo che genitori e famiglia dovrebbero tenere maggiormente presenti alcuni aspetti nuovi e pericolosi del modo in cui la nostra società tratta i nostri figli, soprattutto perché la loro manipolazione è organizzata, pianificata e istituzionalizzata.
Il caso di Bibbiano lo dimostra ampiamente.
Dietro c’era una precisa ideologia che mirava a distruggere la famiglia.
In questo caso erano operative molteplici complicità, legate tra loro non solo da interessi economici ma anche da quelli ideologici.
Il salto di qualità (in senso negativo) è qui evidente: non si tratta di abusi o violenze condotte da individui disturbati o avidi, ma di una pianificazione tra servizi sociali, ambienti giudiziari, educatori e malviventi (con connivenze anche politiche).
Le nostre famiglie non sono abituate a tenere presenti queste reti di collaborazioni per un fine malvagio.
Qualcosa di analogo lo avevamo del resto già verificato nel mondo della scuola pubblica a proposito dell’implementazione dell’agenda educativa ispirata al gender.
Già in questo caso si era visto che esiste un legame stretto tra funzionari degli enti pubblici (per esempio di Un Comune per le scuole materne da esso dipendenti), dirigenti scolastici, insegnanti e associazioni LGBT cui venivano appaltati i progetti educativi omosessualisti.
Già allora si era parlato di “istituzionalizzazione” della deformazione educativa dei nostri bambini.
Le cose nel frattempo si sono purtroppo evolute.
Oggi è richiesto l’impegno
Queste considerazioni conducono certamente ad aumentare la sorveglianza, ad esaminare i programmi e i progetti, a verificare la qualità umana e morale degli educatori ad unirsi tra genitori e famiglie per darsi informazioni sui servizi pubblici rivolti ai bambini e ai giovani.
Portano però anche più in là, ossia alla decisione di mettersi a gestire in proprio molte attività educative o ludiche o di recupero relative ai nostri figli.
Spingono a creare forme organizzate di solidarietà tra famiglie, affinché quelle in difficoltà non siano solo nelle mani di interventi istituzionali.
Non c’è solo da aprire gli occhi e da denunciare, c’è anche da impegnarsi in prima linea per dare una chiara connotazione umana e cattolica alle iniziative verso i giovani, ragazzi e famiglie.
Le scuole parentali sono un primo esempio di un impegno di questo genere.
I genitori sanno chi sono gli insegnanti dei propri figli e cosa insegneranno loro.
Ma anche tante altre attività possono essere gestite direttamente e in proprio da famiglie cattoliche, unite tra loro anche in forma di associazione o di cooperativa: campi scuola, vacanze all’estero, campi-lavoro di solidarietà, incontri culturali adatti a giovani e ragazzi, feste in famiglia… fino a forme di affido dei minori come Dio comanda.
+ Giampaolo Crepaldi
Arcivescovo di Trieste

Tratto da: Il Timone, settembre 2019: http://www.iltimone.org/prodotto/timone-187-settembre-2019/
Abstract: Un tempo c’era una diffusa etica pubblica che garantiva una certa tranquillità nell’affidare i figli alle istituzioni. Oggi occorre molta attenzione e capacità di costruire alternative.

martedì 25 febbraio 2020

La Madonna dettò a Ida una preghiera: Signore Gesù Cristo, Figlio del Padre, manda ora il tuo Spirito sulla terra. Fa abitare lo Spirito Santo nei cuori di tutti i popoli, affinché siano preservati dalla corruzione, dalle calamità e dalla guerra. Che la Signora di tutti i Popoli, che una volta era Maria, sia la nostra Avvocata. Amen.



Trentatreesima visione - 
31 maggio 1951


La Signora appare e dice: "Sono qui e vengo per dirti che voglio essere Maria, la Signora di tutti i Popoli. Guarda bene. Mi trovo davanti alla croce del Redentore. Il mio capo, le mie mani e i miei piedi come quelli di un essere umano, come quelli del Figlio dell'Uomo. Il corpo come dello Spirito.
 Ho posto i miei piedi fermamente sul globo perché il Padre e il Figlio vuole portarmi in questo periodo in questo mondo come Corredentrice, Mediatrice e Avvocata. 


Il nuovo ed ultimo dogma mariano sarà questo. Quest'immagine lo precederà. Questo dogma sarà molto contestato ma verrà portato a compimento. Ho ripetuto queste cose perché tu le chiarisca al tuo direttore spirituale e ai teologi, per essere capace di confutare le loro obiezioni. Ora sta' attenta e racconta ciò che ti mostro. Questa è l'ultima indicazione che do riguardo all'immagine. Guarda bene: Mi trovo in piedi sul globo; intorno al globo, figlia mia, credevi di vedere nuvole. Ma guarda bene ciò che ti mostro". 


Ed ora vedo le nuvole cambiarsi in pecore. Da sinistra a destra, intorno al globo, dal basso e dai due lati, emerge un gregge di pecore. Qua e là vedo fra loro, pecore nere.


 Ai piedi del globo si trovano degli agnelli. Le pecore avanzano, alcune pascolando. Ma le più tengono le teste alzate, come se guardassero attentamente la Signora con la croce. Ci sono anche pecore che sono distese a terra e guardano la Signora con la testa alzata.


Poi la Signora mi dice: "Figlia mia, fissa bene quest'immagine nella tua memoria e trasmettila bene. Il gregge rappresenta i popoli di tutto il mondo, che non troveranno pace finché non si prostreranno rivolgendo lo sguardo verso la croce, il centro di questo mondo".


"Ora guarda le mie mani e di' ciò che vedi". Ora nel centro delle mani è come se vi fosse una ferita e da ogni mano scaturiscono tre raggi, i quali sembrano irradiarsi sulle pecore.


La Signora sorride e dice: "Questi sono tre raggi, i raggi di Grazia, Redenzione e Pace. Per mezzo della grazia del mio Signore e Maestro, il Padre mandò, per amore dell'umanità, il Suo unico Figlio sulla terra quale Redentore. Ambedue vogliono ora inviare il Vero Spirito Santo, solo Lui può portare la Pace. Allora: Grazia, Redenzione, Pace.


Il Padre e il Figlio vogliono inviare in questo tempo Maria, la Signora di tutti i Popoli, quale Corredentrice, Mediatrice, Avvocata. Con ciò ti ho dato una chiara e precisa spiegazione di questa immagine. Con questo l'immagine è completa. Tu, figlia, sei lo strumento, solo lo strumento, per comunicare queste cose. Provvedi affinché la preghiera, che in maniera breve e potente chiede che venga mandato il vero Spirito Santo, venga al più presto divulgata.


Di' al tuo padre spirituale e a tutti coloro che collaborano, che io prometto di dare grazie per l'anima e il corpo, secondo la volontà del Figlio, a tutti quelli che pregheranno davanti a questa immagine invocando Maria, la Signora di tutti i Popoli.


Non dovete considerare questo come qualcosa che è riservato a una cerchia limitata. Io sono la "Signora di tutti i Popoli". Questa immagine deve andare di nazione in nazione, di città in città. Questo è il significato dell'opera di redenzione. Adesso mi rivolgo al tuo padre spirituale e agli altri collaboratori. Voi conoscete il vostro dovere: non abbiate esitazione a compiere quanto ho detto. Voglio ripetere ancora una volta la promessa a tutti coloro che sono bisognosi nello spirito e nel corpo che li aiuterò se faranno la mia volontà, che è la volontà del Padre".


Adesso la Signora attende un attimo, guardando davanti a sé, poi prosegue: "Teologi, voi non avrete alcuna difficoltà se considererete che il Signore e Maestro ha già predestinato la Signora per il sacrificio: la spada era già diretta al cuore della Madre. Con ciò voglio dire che ho sempre preceduto il Figlio nelle sofferenze spirituali e fisiche.


E ora mi rivolgo alle donne di questo mondo: donne di questo mondo, sapete voi cosa significa essere donne? Significa sacrificio. Abbandonate il vostro egoismo e la vostra vanità e preoccupatevi di portare i bambini e coloro che ancora vagano sperduti, alla croce, il centro di tutto. Sacrificatevi anche voi. Poi mi rivolgo agli uomini di questo mondo. Io dico loro: uomini, da voi deve venire la forza e la volontà per portare il mondo all'unico Sovrano di questo mondo, al Signore Gesù Cristo.


Figlia, ti ho spiegato che cosa significherà per il mondo questo messaggio: tu devi, tramite il tuo padre spirituale ed altri, preoccuparti che questo venga reso noto al mondo. Questo è il mio desiderio per oggi. Voglio essere la Signora di tutti i Popoli. Agisci prontamente e con mezzi moderni".
Mentre la Signora si allontana lentamente dice ancora: "Questo tempo è il Nostro tempo"

https://profezie3m.altervista.org/ptm_amsterdam.htm


Misteri della luce. Opportuna integrazione nel Santo Rosario


Una opportuna integrazione

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19. 

Dei tanti misteri della vita di Cristo, il Rosario, così come si è consolidato nella pratica più comune avvalorata dall'autorità ecclesiale, ne addita solo alcuni. 
Tale selezione è stata imposta dall'ordito originario di questa preghiera, che si venne organizzando sul numero 150 corrispondente a quello dei Salmi.

Ritengo tuttavia che, per potenziare lo spessore cristologico del Rosario, sia opportuna un'integrazione che, pur lasciata alla libera valorizzazione dei singoli e delle comunità, gli consenta di abbracciare anche i misteri della vita pubblica di Cristo tra il Battesimo e la Passione

È infatti nell'arco di questi misteri che contempliamo aspetti importanti della persona di Cristo qualerivelatore definitivo di Dio. 
Egli è Colui che, dichiarato Figlio diletto del Padre nel Battesimo al Giordano, annuncia la venuta del Regno, la testimonia con le opere, ne proclama le esigenze. 
È negli anni della vita pubblica che il mistero di Cristo si mostra a titolo speciale quale mistero di luce: « Finché sono nel mondo, sono la luce del mondo » (Gv 9, 5). 

Affinché il Rosario possa dirsi in modo più pieno 'compendio del Vangelo', è perciò conveniente che, dopo aver ricordato l'incarnazione e la vita nascosta di Cristo (misteri della gioia), e prima di soffermarsi sulle sofferenze della passione (misteri del dolore), e sul trionfo della risurrezione (misteri della gloria), la meditazione si porti anche su alcuni momenti particolarmente significativi della vita pubblica (misteri della luce). 
Questa integrazione di nuovi misteri, senza pregiudicare nessun aspetto essenziale dell'assetto tradizionale di questa preghiera, è destinata a farla vivere con rinnovato interesse nella spiritualità cristiana, quale vera introduzione alla profondità del Cuore di Cristo, abisso di gioia e di luce, di dolore e di gloria.


Misteri della gioia

20. Il primo ciclo, quello dei 'misteri gaudiosi', è effettivamente caratterizzato dalla gioia che irradia dall'evento dell'Incarnazione. Ciò è evidente fin dall'Annunciazione, dove il saluto di Gabriele alla Vergine di Nazareth si riallaccia all'invito alla gioia messianica: « Rallegrati, Maria ». A questo annuncio approda tutta la storia della salvezza, anzi, in certo modo, la storia stessa del mondo. Se infatti il disegno del Padre è di ricapitolare in Cristo tutte le cose (cfr Ef 1, 10), è l'intero universo che in qualche modo è raggiunto dal divino favore con cui il Padre si china su Maria per renderla Madre del suo Figlio. A sua volta, tutta l'umanità è come racchiusa nel fiat con cui Ella prontamente corrisponde alla volontà di Dio.

All'insegna dell'esultanza è poi la scena dell'incontro con Elisabetta, dove la voce stessa di Maria e la presenza di Cristo nel suo grembo fanno « sussultare di gioia » Giovanni (cfr Lc 1, 44). Soffusa di letizia è la scena di Betlemme, in cui la nascita del Bimbo divino, il Salvatore del mondo, è cantata dagli angeli e annunciata ai pastori proprio come « una grande gioia » (Lc 2, 10).

Ma già i due ultimi misteri, pur conservando il sapore della gioia, anticipano i segni del dramma. La presentazione al tempio, infatti, mentre esprime la gioia della consacrazione e immerge nell'estasi il vecchio Simeone, registra anche la profezia del « segno di contraddizione » che il Bimbo sarà per Israele e della spada che trafiggerà l'anima della Madre (cfr Lc 2, 34-35). Gioioso e insieme drammatico è pure l'episodio di Gesù dodicenne al tempio. Egli qui appare nella sua divina sapienza, mentre ascolta e interroga, e sostanzialmente nella veste di colui che 'insegna'. La rivelazione del suo mistero di Figlio tutto dedito alle cose del Padre è annuncio di quella radicalità evangelica che pone in crisi anche i legami più cari dell'uomo, di fronte alle esigenze assolute del Regno. Gli stessi Giuseppe e Maria, trepidanti e angosciati, « non compresero le sue parole » (Lc 2, 50).

Meditare i misteri 'gaudiosi' significa così entrare nelle motivazioni ultime e nel significato profondo della gioia cristiana. Significa fissare lo sguardo sulla concretezza del mistero dell'Incarnazione e sull'oscuro preannuncio del mistero del dolore salvifico. Maria ci conduce ad apprendere il segreto della gioia cristiana, ricordandoci che il cristianesimo è innanzitutto euanghelion, 'buona notizia', che ha il suo centro, anzi il suo stesso contenuto, nella persona di Cristo, il Verbo fatto carne, unico Salvatore del mondo.

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Misteri della luce

21. Passando dall'infanzia e dalla vita di Nazareth alla vita pubblica di Gesù, la contemplazione ci porta su quei misteri che si possono chiamare, a titolo speciale, 'misteri della luce'. 
In realtà, è tutto il mistero di Cristo che è luce. Egli è « la luce del mondo » (Gv 8, 12). 

Ma questa dimensione emerge particolarmente negli anni della vita pubblica, quando Egli annuncia il vangelo del Regno. 

Volendo indicare alla comunità cristiana cinque momenti significativimisteri 'luminosi' – di qesta fase della vita di Cristo, ritengo che essi possano essere opportunamente individuati: 

1. nel suo Battesimo al Giordano, 
2. nella sua auto-rivelazione alle nozze di Cana, 
3. nell'annuncio del Regno di Dio con l'invito alla conversione, 
4. nella sua Trasfigurazione e, infine, 
5. nell'istituzione dell'Eucaristia, espressione sacramentale del mistero pasquale.

Ognuno di questi misteri è rivelazione del Regno ormai giunto nella persona stessa di Gesù

È mistero di luce innanzitutto il Battesimo al Giordano. Qui, mentre il Cristo scende, quale innocente che si fa 'peccato' per noi (cfr 2Cor 5, 21), nell'acqua del fiume, il cielo si apre e la voce del Padre lo proclama Figlio diletto (cfr Mt 3, 17 e par), mentre lo Spirito scende su di Lui per investirlo della missione che lo attende. 

Mistero di luce è l'inizio dei segni a Cana (cfr Gv 2, 1-12), quando Cristo, cambiando l'acqua in vino, apre alla fede il cuore dei discepoli grazie all'intervento di Maria, la prima dei credenti. 

Mistero di luce è la predicazione con la quale Gesù annuncia l'avvento del Regno di Dio e invita alla conversione (cfr Mc 1, 15), rimettendo i peccati di chi si accosta a Lui con umile fiducia (cfr Mc 2, 3-13; Lc 7, 47-48), inizio del ministero di misericordia che Egli continuerà ad esercitare fino alla fine del mondo, specie attraverso il sacramento della Riconciliazione affidato alla sua Chiesa (cfr Gv 20, 22-23). 

Mistero di luce per eccellenza è poi la Trasfigurazione, avvenuta, secondo la tradizione, sul Monte Tabor. La gloria della Divinità sfolgora sul volto di Cristo, mentre il Padre lo accredita agli Apostoli estasiati perché lo ascoltino (cfr Lc 9, 35 e par) e si dispongano a vivere con Lui il momento doloroso della Passione, per giungere con Lui alla gioia della Risurrezione e a una vita trasfigurata dallo Spirito Santo. 

Mistero di luce è, infine, l'istituzione dell'Eucaristia, nella quale Cristo si fa nutrimento con il suo Corpo e il suo Sangue sotto i segni del pane e del vino, testimoniando « sino alla fine » il suo amore per l'umanità (Gv 13, 1), per la cui salvezza si offrirà in sacrificio.

In questi misteri, tranne che a Cana, la presenza di Maria rimane sullo sfondo. I Vangeli accennano appena a qualche sua presenza occasionale in un momento o nell'altro della predicazione di Gesù (cfr Mc 3, 31-35; Gv 2, 12) e nulla dicono di un'eventuale presenza nel Cenacolo al momento dell'istituzione dell'Eucaristia. 

Ma la funzione che svolge a Cana accompagna, in qualche modo, tutto il cammino di Cristo

La rivelazione, che nel Battesimo al Giordano è offerta direttamente dal Padre ed è riecheggiata dal Battista, sta a Cana sulla sua bocca, e diventa la grande ammonizione materna che Ella rivolge alla Chiesa di tutti i tempi: « Fate quello che vi dirà » (Gv 2, 5). È ammonizione, questa, che ben introduce parole e segni di Cristo durante la vita pubblica, costituendo lo sfondo mariano di tutti i 'misteri della luce'. 



Misteri del dolore

22. Ai misteri del dolore di Cristo i Vangeli danno grande rilievo. Da sempre la pietà cristiana, specialmente nella Quaresima, attraverso la pratica della Via Crucis, si è soffermata sui singoli momenti della Passione, intuendo che è qui il culmine della rivelazione dell'amore ed è qui la sorgente della nostra salvezza. 

Il Rosario sceglie alcuni momenti della Passione, inducendo l'orante a fissarvi lo sguardo del cuore e a riviverli. 
Il percorso meditativo si apre col Getsemani, lì dove Cristo vive un momento particolarmente angoscioso di fronte alla volontà del Padre, alla quale la debolezza della carne sarebbe tentata di ribellarsi. 

Lì Cristo si pone nel luogo di tutte le tentazioni dell'umanità, e di fronte a tutti i peccati dell'umanità, per dire al Padre: « Non sia fatta la mia, ma la tua volontà » (Lc 22, 42 e par). Questo suo 'sì' ribalta il 'no' dei progenitori nell'Eden. E quanto questa adesione alla volontà del Padre debba costargli emerge dai misteri seguenti, nei quali, la salita al Calvario, con la flagellazione, la coronazione di spine, la morte in croce, Egli è gettato nella più grande abiezione: Ecce homo!

In questa abiezione è rivelato non soltanto l'amore di Dio, ma il senso stesso dell'uomo. Ecce homo: chi vuol conoscere l'uomo, deve saperne riconoscere il senso, la radice e il compimento in Cristo, Dio che si abbassa per amore « fino alla morte, e alla morte di croce » (Fil 2, 8). I misteri del dolore portano il credente a rivivere la morte di Gesù ponendosi sotto la croce accanto a Maria, per penetrare con Lei nell'abisso dell'amore di Dio per l'uomo e sentirne tutta la forza rigeneratrice.


Misteri della gloria

23.« La contemplazione del volto di Cristo non può fermarsi all'immagine di Lui crocifisso. Egli è il Risorto! ».(29) Da sempre il Rosario esprime questa consapevolezza della fede, invitando il credente ad andare oltre il buio della Passione, per fissare lo sguardo sulla gloria di Cristo nella Risurrezione e nell'Ascensione. Contemplando il Risorto il cristiano riscopre le ragioni della propria fede (cfr 1 Cor 15, 14), e rivive la gioia non soltanto di coloro ai quali Cristo si manifestò – gli Apostoli, la Maddalena, i discepoli di Emmaus –, ma anche la gioia di Maria, che dovette fare un'esperienza non meno intensa della nuova esistenza del Figlio glorificato. A questa gloria che, con l'Ascensione, pone il Cristo alla destra del Padre, Ella stessa sarà sollevata con l'Assunzione, giungendo, per specialissimo privilegio, ad anticipare il destino riservato a tutti i giusti con la risurrezione della carne. Coronata infine di gloria – come appare nell'ultimo mistero glorioso – Ella rifulge quale Regina degli Angeli e dei Santi, anticipazione e vertice della condizione escatologica della Chiesa.
Al centro di questo percorso di gloria del Figlio e della Madre, il Rosario pone, nel terzo mistero glorioso, la Pentecoste, che mostra il volto della Chiesa quale famiglia riunita con Maria, ravvivata dall'effusione potente dello Spirito, pronta per la missione evangelizzatrice. La contemplazione di questo, come degli altri misteri gloriosi, deve portare i credenti a prendere coscienza sempre più viva della loro esistenza nuova in Cristo, all'interno della realtà della Chiesa, un'esistenza di cui la scena della Pentecoste costituisce la grande 'icona'. I misteri gloriosi alimentano così nei credenti la speranza della meta escatologica verso cui sono incamminati come membri del Popolo di Dio pellegrinante nella storia. Ciò non può non spingerli ad una coraggiosa testimonianza di quel « lieto annunzio » che dà senso a tutta la loro esistenza. 

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Dai 'misteri' al 'Mistero': la via di Maria

24. Questi cicli meditativi proposti nel Santo Rosario non sono certo esaustivi, ma richiamano l'essenziale, introducendo l'animo al gusto di una conoscenza di Cristo che continuamente attinge alla fonte pura del testo evangelico. Ogni singolo tratto della vita di Cristo, com'è narrato dagli Evangelisti, rifulge di quel Mistero che supera ogni conoscenza (cfr Ef 3, 19). È il Mistero del Verbo fatto carne, nel quale « abita corporalmente tutta la pienezza della divinità » (Col 2, 9). Per questo il Catechismo della Chiesa Cattolica insiste tanto sui misteri di Cristo, ricordando che « tutto nella vita di Gesù è segno del suo Mistero ».(30) Il « duc in altum » della Chiesa nel terzo Millennio si misura sulla capacità dei cristiani di « penetrare nella perfetta conoscenza del mistero di Dio, cioè Cristo, nel quale sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza » (Col 2, 2-3). A ciascun battezzato è rivolto l'ardente auspicio della Lettera agli Efesini: « Che il Cristo abiti per la fede nei vostri cuori e così, radicati e fondati nella carità, siate in grado di [...] conoscere l'amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio » (3, 17-19). 
Il Rosario si pone a servizio di questo ideale, offrendo il 'segreto' per aprirsi più facilmente a una conoscenza profonda e coinvolgente di Cristo. Potremmo dirlo la via di Maria. È la via dell'esempio della Vergine di Nazareth, donna di fede, di silenzio e di ascolto. È insieme la via di una devozione mariana animata dalla consapevolezza dell'inscindibile rapporto che lega Cristo alla sua Madre Santissima: i misteri di Cristo sono anche, in certo senso, i misteri della Madre, persino quando non vi è direttamente coinvolta, per il fatto stesso che Ella vive di Lui e per Lui. Facendo nostre nell'Ave Maria le parole dell'angelo Gabriele e di sant'Elisabetta, ci sentiamo spinti a cercare sempre nuovamente in Maria, tra le sue braccia e nel suo cuore, il « frutto benedetto del suo grembo » (cfr Lc 1, 42).


Mistero di Cristo, 'mistero' dell'uomo

25. Nella già ricordata testimonianza del 1978 sul Rosario quale mia preghiera prediletta, espressi un concetto sul quale desidero ritornare.

Dissi allora che « la semplice preghiera del Rosario batte il ritmo della vita umana ».(31)

Alla luce delle riflessioni finora svolte sui misteri di Cristo, non è difficile approfondire questa implicazione antropologica del Rosario. Un'implicazione più radicale di quanto non appaia a prima vista. 

Chi si pone in contemplazione di Cristo ripercorrendo le tappe della sua vita, non può non cogliere in Lui anche la verità sull'uomo. 

È la grande affermazione del Concilio Vaticano II, che fin dalla Lettera enciclica Redemptor hominis ho fatto tante volte oggetto del mio magistero: « In realtà, il mistero dell'uomo si illumina veramente soltanto nel mistero del Verbo incarnato ».(32

Il Rosario aiuta ad aprirsi a questa luce. Seguendo il cammino di Cristo, nel quale il cammino dell'uomo è « ricapitolato »,(33) svelato e redento, il credente si pone davanti all'immagine dell'uomo vero. 

Contemplando la sua nascita impara la sacralità della vita, guardando alla casa di Nazareth apprende la verità originaria sulla famiglia secondo il disegno di Dio, 
ascoltando il Maestro nei misteri della vita pubblica attinge la luce per entrare nel Regno di Dio e, 
seguendolo sulla via del Calvario, impara il senso del dolore salvifico. 
Infine, contemplando Cristo e sua Madre nella gloria, vede il traguardo a cui ciascuno di noi è chiamato, se si lascia sanare e trasfigurare dallo Spirito Santo. Si può dire così che ciascun mistero del Rosario, ben meditato, getta luce sul mistero dell'uomo. 

Al tempo stesso, diventa naturale portare a questo incontro con la santa umanità del Redentore i tanti problemi, assilli, fatiche e progetti che segnano la nostra vita. « Getta sul Signore il tuo affanno, ed egli ti darà sostegno » (Sal 55, 23)

Meditare col Rosario significa consegnare i nostri affanni ai cuori misericordiosi di Cristo e della Madre sua. 

A distanza di venticinque anni, ripensando alle prove che non sono mancate nemmeno nell'esercizio del ministero petrino, mi sento di ribadire, quasi come un caldo invito rivolto a tutti perché ne facciano personale esperienza: sì, davvero il Rosario « batte il ritmo della vita umana », per armonizzarla col ritmo della vita divina, nella gioiosa comunione della Santa Trinità, destino e anelito della nostra esistenza.




SANCTA MARIA, 
SPLENDOR SANCTAE ECCLESIAE, 
FLUMEN SAPIENTIAE
ORA PRO NOBIS!

lunedì 24 febbraio 2020

Coronavirus, come prevenire il contagio: 10 consigli del ministero della...

Racconto di un pellegrino russo


LEGGIMI E CAMBIERAI VITA

Primo racconto

Pregate senza posa

Per grazia di Dio io sono un uomo e cristiano, per azioni gran peccatore, per condizione un
pellegrino senza terra, della specie più misera, sempre in giro da paese a paese. Per ricchezza ho
sulle spalle un sacco con un po’ di pane secco, nel mio camiciotto la santa Bibbia, e basta. La
ventiquattresima domenica dopo la Trinità sono entrato in chiesa per pregare mentre si recitava
l’Ufficio; si leggeva l’Epistola dell’Apostolo ai Tessalonicesi, in quel passo dove è detto: "Pregate
senza posa". Quella parola penetrò profondamente nel mio spirito, e mi chiesi come sarebbe stato
possibile pregare senza posa dal momento che ognuno di noi deve occuparsi di tanti lavori per
sostenere la propria vita. Ho cercato nella Bibbia e ho letto coi miei occhi proprio quel che avevo
inteso:
Bisogna pregare senza posa, pregare con lo spirito in ogni occasione, pregare in ogni luogo alzando
mani pure.

Avevo un bel riflettere, non sapevo proprio cosa decidere. "Che fare?", pensavo. Dove trovare
qualcuno che mi possa spiegare quelle parole? Andrò nelle chiese dove predicano uomini di gran
fama, e forse là troverò quel che cerco. E mi misi in cammino. Ho ascoltato molte prediche
magnifiche sulla preghiera. Erano però istruzioni sulla preghiera in generale; che cosa è la
preghiera, perché è necessario pregare veramente, su questo, nemmeno una parola. Ho sentito una
predica sulla preghiera in spirito e sulla preghiera perpetua; ma non mi si diceva come fare per
giungere a questa preghiera. Così, frequentando le prediche non sono riuscito ad avere quel che
desideravo. Allora ho smesso di andare alle prediche e ho deciso di cercare con l’aiuto di Dio un
uomo sapiente ed esperto, che mi sapesse spiegare quel mistero dal quale il mio spirito era rimasto
invincibilmente attratto. Quanto tempo ho camminato! Leggevo la Bibbia e chiedevo se non si
potesse trovare in qualche luogo un maestro spirituale o una guida saggia e piena di esperienza. Una
volta mi fu detto che in un villaggio viveva da molti anni un signore che si occupava di salvare
l’anima sua: "Egli ha una sua cappella, non si muove mai e senza posa prega Dio e legge libri
spirituali". A queste parole non camminai più, ma mi misi addirittura a correre verso il villaggio; vi
giunsi e mi diressi subito alla casa di quel signore. – Che vuoi da me? –, mi chiese. – Ho sentito dire
che siete un uomo pio e saggio; per questo vi chiedo in nome di Dio di spiegarmi che cosa vuol dire
questa espressione dell’Apostolo: "Pregate senza posa", e come sia possibile pregare in questo
modo. Ecco quel che voglio capire e pure non ci so arrivare da solo. Il signore rimase qualche
istante in silenzio, mi guardò con attenzione e disse: – La preghiera perpetua è lo sforzo incessante
dello spirito umano per giungere a Dio. Per riuscire in questo benefico esercizio, conviene chiedere
spesso al Signore di insegnarci a pregare senza posa. Prega di più, e con più zelo; la preghiera ti farà
capire da sé come può diventare perpetua; per questo ci vuole molto tempo. Dopo queste parole mi
fece servir da mangiare, mi diede qualche moneta per il viaggio e mi congedo. Ma non aveva saputo
spiegare nulla. Ripresi la mia via; pensavo, leggevo, riflettevo come meglio potevo a quel che mi
aveva detto quel signore, e pure mi era impossibile comprendere; avevo tanta voglia di arrivarci che
le mie notti passavano senza sonno. Dopo aver percorso duecento verste, arrivai a un capoluogo di
provincia. Vi scorsi un monastero. Nella locanda mi dissero che in quel monastero viveva un
superiore pio, caritatevole e ospitale. Andai da lui. Mi accolse con bontà, mi fece sedere e mi offrì
da mangiare. – Padre santo, gli dissi, non ho bisogno di un pranzo; vorrei invece che voi mi deste
un insegnamento spirituale: come fare per salvare l’anima?

– Ecco: vivi secondo i comandamenti, prega Dio e sarai salvo!
– Ho sentito dire che bisogna pregare senza posa, ma non so come fare a pregare senza posa e non
posso nemmeno comprendere che cosa significhi la preghiera perpetua. Vi prego, Padre, spiegatemi
questo. – Non so, fratello, come spiegartelo meglio. Ma aspetta. Ho un piccolo libro dove questo è
esposto bene – e prese L’istruzione spirituale dell’uomo interiore di san Dimitri –: prendi, leggi
questa pagina. Cominciai a leggere questo passo:
Le parole dell’Apostolo: Bisogna pregare senza posa si applicano alla preghiera fatta con
l’intelligenza; l’intelligenza, infatti, può essere sempre immersa in dio e pregarlo senza posa.
– Vi prego, spiegatemi come l’intelligenza può rimanere sempre immersa in Dio senza distrarsi e
pregarlo senza posa.
– È molto difficile, se Dio non avrà concesso questo dono, disse il superiore. Ma non aveva detto
niente. Rimasi da lui tutta la notte, e il mattino, dopo averlo ringraziato per la sua cortese
accoglienza, mi misi in cammino senza saper bene dove andare. Ero triste per la mia incapacità di
capire, e per consolazione leggevo la santa Bibbia. Così per cinque giorni seguitai a camminare per
la strada maestra; finalmente, una sera, incontrai un vecchietto che aveva l’aria di un religioso. Alla
mia domanda, rispose che era monaco e che l’eremo in cui viveva con alcuni confratelli era a dieci
verste dalla strada; mi invitò ad andare da loro. – Da noi, mi disse, si ricevono i pellegrini, li
alloggiamo e diamo loro da mangiare nella nostra foresteria. Non avevo proprio alcuna voglia di
andarci e gli dissi: – Il mio riposo non dipende da un alloggio, ma da un insegnamento spirituale;
non cerco un pasto, ho abbastanza pane nel mio sacco. – Quale insegnamento vai cercando? Cosa
desideri capire meglio? Vieni da noi, caro fratello: abbiamo alcuni starets così esperti che possono
darti un indirizzo spirituale e guidarti sulla via vera alla luce della parola di Dio e degli
insegnamenti dei santi Padri. – Vedete, padre, è un anno ormai che, ascoltando leggere l’Ufficio, ho
inteso questo comando dell’apostolo: Pregate senza posa. Non sapendo come interpretare questa
espressione, mi sono messo a leggere la Bibbia. E anche in essa, in molti passi, ho trovato il
comando di Do: bisogna pregare senza posa, sempre, in ogni occasione, in ogni luogo, non solo
durante il lavoro quotidiano, non solo quando si è svegli, ma anche nel sonno: Io dormo ma il mio
cuore è desto. Questo mi ha molto sorpreso e non ho potuto comprendere come si possa compiere
tal cosa e quali sono i mezzi per arrivarvi; si è destato in me un desiderio vivo e un’ardente
curiosità: queste parole non mi hanno più dato pace né di giorno né di notte. Così mi sono messo a
frequentare le chiese, ho ascoltato le prediche sulla preghiera; ma ascolta ascolta, non ho mai sentito
dire come si fa a pregare senza posa. Si parlava sempre della preparazione alla preghiera o dei suoi
frutti, senza che fosse insegnato come pregare senza posa e quel che significa una simile preghiera.
Ho letto spesso la Bibbia e vi ho trovato quel che avevo sentito; ma non sono ancora riuscito a
comprendere quello che vorrei sapere. Così dal quel tempo io continuo a essere incerto e inquieto.
– Ringrazia Dio, fratello caro, perché ti ha rivelato un’attrazione così viva in te verso la preghiera
interiore perpetua. Vedi in questo la chiamata di Dio e calmati, pensando che così l’accordo tra la
tua volontà e la volontà divina è stato giustamente provato; egli ti ha dato di comprendere che né la
saggezza di questo mondo, né un desiderio vano di conoscenza possono guidare alla luce celeste
– la preghiera perpetua – ma la povertà di spirito e l’esperienza attiva nella semplicità del cuore.
Ecco perché non fa meraviglia che tu non abbia inteso nulla di profondo sull’azione di pregare e che
non abbia potuto imparare come giungere a questa attività perpetua. In verità si predica molto sulla
preghiera e ci sono molti lavori recenti su questo argomento, ma tutti i giudizi dei loro autori sono
basati sulla speculazione intellettuale, sui concetti della ragione naturale e non sull’esperienza
nutrita dall’azione, parlano più di quel che è accessorio alla preghiera che non della sua essenza.
Uno spiega magnificamente perché è necessario pregare; un altro parla della potenza e degli effetti
benefici della preghiera; un terzo delle condizioni necessarie per pregare bene, ossia lo zelo,
l’attenzione, il fervore del cuore, la purità di spirito, l’umanità, il pentimento, tutti sentimenti
necessari per accingersi a pregare. 

Ma a che cosa sia la preghiera e a come si impari a pregare –
problemi che pure sono essenziali e fondamentali – è raro trovare risposta nei predicatori di oggi;
perché questo è più difficile di tutte le loro spiegazioni e richiede non una cultura scolastica, ma una
conoscenza mistica. E quel che è più triste, questa saggezza elementare e vana porta a misurare Dio
con una misura umana. Molti commettono un grande errore quando pensano che i mezzi preparatori
e le buone azioni generano la preghiera, mentre in realtà la fonte delle opere e di tutte le virtù è
proprio la preghiera. Essi, erroneamente, scambiano i frutti o le conseguenze della preghiera con i
mezzi per arrivarci, e così ne diminuiscono la forza. È un punto di vista completamente opposto alla
Scrittura, perché l’Apostolo Paolo così parla della preghiera: Vi scongiuro prima di tutto di pregare.
Così L’Apostolo pone la preghiera al di sopra di tutto: vi scongiuro prima di tutto di pregare. Al
cristiano si chiede di compiere molte opere buone, ma l’opera della preghiera è al di sopra di tutte le
altre, perché senza di lei non si può trovare la via che conduce al Signore, conoscere la Verità,
crocifiggere la carne con le sue passioni e i suoi desideri, essere illuminato nel cuore dalla luce di
Cristo e unirsi a lui nella salvezza. Dico frequente, perché la perfezione e la correzione della nostra
preghiera non dipendono da noi, come ancora dice l’Apostolo Paolo:

Non sappiamo quel che bisogna domandare. Solo la frequenza è lasciata in nostro potere come
mezzo per raggiungere la purezza di preghiera, che è la madre di ogni bene spirituale. Acquista la
madre e avrai la discendenza, dice sant’Isacco il Siriaco, insegnando che bisogna acquistare prima
la preghiera per poter mettere in pratica tutte le virtù. Ma conoscono male tali questioni e ne parlano
poco quelli che non si sono familiarizzati con la pratica e gli insegnamenti misteriosi dei Padri.
Così conversando, eravamo arrivati senza accorgercene fino all’eremo. Per non separarmi da quel
saggio vecchietto e soddisfare tutto il mio desiderio, mi affrettai a dirgli:

– Vi prego, venerando Padre, spiegatemi che cosa è la preghiera interiore perpetua e come la si può
imparare; vedo che voi ne avete un’esperienza profonda e sicura.
Lo starets accolse la mia domanda con bontà e mi invitò a rimanere con lui:
– Vieni da me, ti darò un libro dei Padri che ti farà comprendere in modo chiaro che cosa sia la
preghiera e te la farà imparare con l’aiuto di Dio.
Entrammo nella sua cella e lo starets mi rivolse queste parole:
– La preghiera di Gesù, interiore e costante, è l’invocazione continua e ininterrotta del nome di
Gesù con le labbra, con il cuore e con l’intelligenza, nella certezza della sua presenza in ogni luogo,
in ogni tempo, anche durante il sonno. Si esprime con queste parole: "Signore Gesù Cristo, abbiate
pietà di me!"
Chi si abitua a questa invocazione ne riceve gran consolazione e prova il bisogno di dire sempre
questa preghiera; dopo un po’ di tempo, non può più vivere senza ed essa scorre in lui da sola.
Comprendi ora cos’è la preghiera perpetua?
– Lo comprendo benissimo, padre! In nome di Dio, insegnatemi ora come arrivarci! Esclamai pieno
di gioia.
Come si impari la preghiera, lo vedremo in questo libro, che si chiama Filocalia, e contiene la
scienza completa e particolareggiata della preghiera interiore perpetua esposta da venticinque Padri;
è così utile e perfetto da essere considerato la guida essenziale della vita contemplativa e, come dice
il beato Niceforo, "conduce alla salvezza senza pena e senza dolore".
– È allora più alto della Bibbia? Gli chiesi:
– Non è più alto né più santo della Bibbia, no. Ma contiene le spiegazioni luminose di tutto quel che
rimane misterioso, nella Bibbia, a cagione della debolezza del nostro spirito, la cui vista non arriva
fino a quelle altezze. Ecco un’immagine: il sole è un astro maestoso, splendente e superbo; ma non
si può guardarlo a occhio nudo. Per contemplare questo re degli astri e sopportare il suo sguardo di
fiamma, bisogna usare un vetro artificiale, infinitamente più piccolo e più opaco del sole. Bene: la
Scrittura è quel sole splendente e la Filocalia quel pezzo di vetro. Ascolta, ora ti leggerò come
esercitarsi alla preghiera interiore perpetua.
Lo starets aprì la Filocalia, scelse un passo di Simeone il Nuovo Teologo e cominciò. "Rimani
assiso nel silenzio e nella solitudine, piega il capo, chiudi gli occhi; respira più dolcemente, guarda
con l’immaginazione nell’intimo del tuo cuore, raccogli la tua intelligenza, ossia il tuo pensiero,
dalla testa al cuore. Scandisci respirando: "Signore Gesù Cristo, abbiate pietà di me", a voce bassa,
o anche soltanto con la mente. Sforzati di cacciar via ogni pensiero, sii paziente e ripeti questo
esercizio".
Poi lo starets mi spiegò tutto questo con degli esempi, e leggemmo ancora nella Filocalia le parole
di san Gregorio il Sinaita e dei beati Callisto e Ignazio. Tutto quel che leggemmo lo starets me lo
spiegava con parole sue. Io stavo attento ed estatico, sforzandomi di fissare tutte quelle parole nella
memoria con la maggior precisione. Passammo così tutta la notte e andammo a mattutino senza aver
dormito mai. Lo starets, congedandomi, mi benedisse e mi esortò a tornare con franchezza e
semplicità di cuore, perché è vano accingersi senza guida all’opera dello spirito.
In chiesa sentii in me uno zelo che mi incitava a studiare con attenzione la preghiera perpetua, e
chiesi a Dio di volermi aiutare. Poi mi venne il timore che sarebbe stato molto difficile andare dallo
starets per confessarmi e chiedergli consiglio; in foresteria non potevano ospitarmi più di tre giorni
e nei dintorni non c’era alcun modo di essere alloggiato… Per fortuna, seppi che a quattro verste da
lì c’era un villaggio; allora vi andai per cercare un posto e, con mia gioia, Dio mi aiutò. Potei
sistemarmi come guardiano presso un contadino, a patto di passare l’estate da solo in una capanna
in fondo all’orto. Grazie a Dio, avevo trovato un angolo tranquillo. Fu così che mi misi a vivere e a
studiare, secondo i mezzi suggeriti, la preghiera interiore, andando spesso a vedere lo starets.
Per una settimana mi esercitai nella solitudine del mio orticello allo studio della preghiera interiore,
seguendo esattamente i consigli dello starets. Da principio, tutto pareva andare bene. Ma poi sentii
una gran pesantezza, pigrizia, noia, un sonno invincibile e i pensieri si abbatterono su di me come
nuvole. Andai dallo starets pieno di rammarico e gli esposi il mio stato. Mi accolse con bontà e mi
disse:
– Fratello caro, è la lotta che conduce contro di te il mondo oscuro, perché non c’è nulla che esso
tema tanto quanto la preghiera del cuore. Ma il nemico non agisce che secondo la volontà e il
permesso di Dio, nella misura che a noi è necessaria. È certamente opportuno che la tua umiltà
venga ancora messa alla prova; è troppo presto per arrivare con uno zelo eccessivo alle soglie del
cuore, perché correrai il rischio di cadere nell’avarizia spirituale. Ti leggerò ora quel che dice in
proposito la Filocalia.
Lo starets cercò tra gli insegnamenti del monaco Niceforo e lesse:
"Se malgrado tutti gli sforzi, fratello, non puoi entrare nella regione del cuore, come io ti ho
consigliato, fa’ quel che ti dico e, con l’aiuto di Dio, troverai quello che cerchi.
Tu sai che la ragione di ogni uomo sta nel petto… A questa ragione leva via dunque ogni pensiero
(lo puoi se lo vuoi) e ripeti il "Signore Gesù Cristo, abbiate pietà di me". Cerca di sostituire con
questa invocazione interiore ogni altro pensiero, e alla fine questo ti aprirà certamente la soglia del
cuore: l’esperienza lo garantisce".
Accolsi con gioia le parole dello starets e tornai alla mia capanna. Mi misi a fare per filo e per segno
quel che egli mi aveva insegnato. Per due giorni ci fu qualche difficoltà, poi questo divenne così
facile che quando non dicevo la preghiera, sentivo il bisogno di riprenderla ed essa scorreva facile e
leggera senza più l’applicazione costretta dell’inizio.
Narrai questo fatto allo starets, che mi ordinò di recitare seimila preghiere al giorno e mi disse:
Sta’ tranquillo e sforzati soltanto di attenerti fedelmente al numero di preghiere che ti è prescritto:
Dio avrà misericordia di te. Per tutta una settimana rimasi nella mia capanna solitaria a recitare ogni
giorno le mie seimila preghiere senza preoccuparmi di niente e senza dover lottare contro le
distrazioni; cercavo solo di osservare fedelmente il comando dello starets. Che avvenne? Mi abituai
così bene alla preghiera che, se mi fermavo anche solo un istante, sentivo un vuoto come se avessi
perduto qualcosa; non appena ricominciavo la preghiera, mi sentivo di nuovo leggero e felice. Se
incontravo qualcuno, non avevo più voglia di parlare, desideravo soltanto stare in solitudine e
recitare la preghiera, tanto mi ero abituato nel giro di una settimana.
Lo starets che non mi vedeva ormai da dieci giorni venne da me egli stesso, a sentire mie notizie; gli
spiegai quel che mi accadeva. Mi ascoltò, poi disse:
– Eccoti abituato alla preghiera. Vedi, bisogna ora conservare quest’abitudine e rafforzarla; non
perdere tempo e, con l’aiuto di Dio, impegnati a recitare dodicimila preghiere al giorno; rimani in
solitudine, alzati un poco prima, coricati un poco più tardi e vieni a trovarmi due volte ogni mese.
Mi attenni agli ordini dello starets e, il primo giorno riuscii a malapena a recitare le mie dodicimila
preghiere, terminando a sera molto avanzata. Il giorno dopo la cosa mi riuscì più facile e più
gradevole; sentii dapprima una certa fatica, una specie di indurimento della lingua e una rigidezza
nelle mascelle, ma senza alcuna sensazione sgradevole; quindi avvertii un leggero dolorino al
palato, poi al pollice della mano sinistra che sgranava il rosario, mentre il braccio si riscaldava fino
al gomito, il che provocava una sensazione deliziosa. E questo non faceva che incitarmi a recitare
ancor meglio la mia preghiera. Così per cinque giorni i eseguii fedelmente le dodicimila preghiere e
insieme con l’abitudine acquistai anche la gioia della preghiera.
In mattino per tempo fui, si può dire, svegliato dalla preghiera. Cominciai a dire le mie orazioni del
mattino, ma la lingua mi si inceppava e non avevo altro desiderio che quello di recitare la preghiera
di Gesù. Non appena cominciai, divenni tutto gioioso, le mie labbra si muovevano da sole e senza
sforzo. Passai tutta la giornata in letizia. Ero come tagliato fuori da tutto e mi sentivo in un altro
mondo; terminai senza difficoltà le mie dodicimila orazioni prima della fine della giornata. Avrei
addirittura voluto continuare, ma non osavo superare la cifra che mi era stata imposta dallo starets. I
giorni che seguirono continuai a invocare il nome di Gesù Cristo con facilità e senza mai stancarmi.
Andai a visitare lo starets e gli raccontai ogni cosa nei più minimi particolari. Alla fine egli mi
disse:
– Dio ti ha dato il desiderio di pregare e la possibilità di farlo senza fatica. È un effetto naturale,
prodotto dall’esercizio e dall’applicazione costante, come una ruota che si fa girare intorno a un
perno; dopo una spinta essa continua a girare su se stessa, ma per far sì che il movimento duri
bisogna ungere il meccanismo e dare nuove spinte. Tu vedi ora di quali facoltà meravigliose il Dio
amico degli uomini ha dotato la nostra natura sensibile, e hai conosciuto le sensazioni straordinarie
che possono nascere anche nell’anima peccatrice, nella natura impura che non è illuminata ancora
dalla grazia. Ma quale grado di perfezione, di gioia e di rapimento non raggiunge l’uomo, quando il
Signore vuole rivelargli la preghiera spirituale spontanea e purificare l’anima sua dalle passioni! È il
dono che ricevono coloro che cercano il Signore nella semplicità di un cuore che trabocca d’amore!
Ormai ti permetto di recitare tante preghiere quante tu vorrai; cerca di consacrare alla preghiera
tutto il tuo tempo, e invoca il nome di Gesù senza più contare, rimettendoti umilmente alla volontà
di Dio e sperando nel suo aiuto; egli non ti abbandonerà e guiderà il tuo cammino.
Obbedendo a questa regola, passai tutta l’estate a recitare senza posa la preghiera di Gesù e fui
veramente sereno. Durante il sonno, sognavo a volte di star recitando la preghiera. E durante la
giornata, quando mi capitava di incontrare delle persone, esse mi parevano così care come se
fossero stati membri della mia famiglia. Le distrazioni si erano placate e io non vivevo che con la
preghiera; cominciavo a indurre il mio spirito ad ascoltarla e a volte il mio cuore ne riceveva un
senso di calore e di gioia immensi. Quando mi succedeva di entrare in chiesa, il lungo servizio della
solitudine mi pareva breve e non mi stancava più come un tempo. La mia solitaria capannuccia mi
pareva un palazzo meraviglioso, e non sapevo come ringraziare Dio di aver mandato a me, povero
peccatore, uno starets dagli ammaestramenti così preziosi.
Ma non potei beneficiare a lungo della direzione del mio diletto e saggio starets: egli morì sul finire
dell’estate. Gli dissi addio con le lacrime agli occhi e, ringraziandolo per il suo paterno
insegnamento, gli chiesi di lasciarmi come benedizione il rosario con cui aveva sempre pregato.
Così rimasi solo. L’estate finì, si raccolsero i frutti dell’orto; non avevo più un tetto. Il contadino mi
diede due rubli d’argento per salario, riempì il mio sacco di pane per il viaggio e io ripresi la mia
vita errante, ma non ero più povero come un tempo: l’invocazione del nome di Gesù Cristo mi
sosteneva lungo il cammino e tutti mi trattavano con bontà; pareva che tutti si fossero messi a
volermi bene.
Un giorno mi chiesi che cosa avrei potuto fare con i rubli che mi aveva dato il contadino. A che
cosa mi servono? Ah, ecco: non ho più lo starets, non ho alcuno che mi serva di guida. Mi vado a
comprare una Filocalia; ne trovai una, sì, ma il negoziante voleva tre rubli e io non ne avevo che
due. Ebbi un bel contrattare, non volle scendere di un centesimo; alla fine mi disse:
– Va’ un po’ a vedere in questa chiesa, qui accanto. Chiedi del sagrestano. So che ha un vecchio
libro come questo, e forse te lo cederà per due rubli.
Vi andai e infatti potei acquistare per due rubli una Filocalia quanto mai vecchia e sciupata. La
aggiustai come mi fu possibile con della tela e la misi nel mio sacco in compagnia della Bibbia.

E ora eccomi pellegrino, recitando senza posa la preghiera di Gesù che mi è più cara e più dolce di
ogni altra cosa al mondo. Talvolta percorro più di settanta verste in un giorno e non mi accorgo di
camminare; sento soltanto che recito la preghiera. Quando un freddo violento mi colpisce, recito la
preghiera con maggior attenzione e ben presto mi sento caldo e confortato. Se la fame si fa troppo
insistente, invoco più spesso il nome di Gesù Cristo e non mi ricordo più di aver avuto fame. Se mi
sento male e la schiena o le gambe mi dolgono, mi concentro nella preghiera di Gesù e non sento
più dolore. Quando qualcuno mi insulta, non penso che alla benefica preghiera di Gesù;
immediatamente collera o pena svaniscono e dimentico tutto. Il mio spirito è diventato semplice,
veramente. Non mi do pena per nulla, nulla mi occupa, nulla di quanto è esteriore mi trattiene;
vorrei essere sempre in solitudine; per abitudine, non ho che un bisogno solo: recitare senza posa la
preghiera, e quando lo faccio divento allegro. Dio sa che cosa si compie in me. Naturalmente tutte
queste cose sono soltanto impressioni sensibili o, come diceva lo starets, l’effetto della natura e di
un’abitudine acquisita; ma non oso ancora mettermi a studiare la preghiera nell’intimo del cuore,
sono troppo indegno e troppo stupido. Aspetto l’ora di Dio sperando nella preghiera del mio starets
defunto. Così non sono giunto ancora alla preghiera spirituale del cuore, spontanea e perpetua: ma,
grazie a Dio, comprendo chiaramente ora quel che significa la parola dell’Apostolo che avevo udita
un tempo: Pregate senza posa. 

AMDG et DVM