sabato 3 agosto 2019

FESTA DEL RITROVAMENTO DEL CORPO DI SANTO STEFANO CON ALTRI MARTIRI NELL'ANNO 451







DCXLVI. Sepoltura di Stefano e inizio della persecuzione. 

   8 agosto 1951.

 1 È notte alta, ed anche oscura perché la luna è già tramontata, quando Maria esce dalla casetta del Getsemani insieme a Pietro, Giacomo d'Alfeo, Giovanni, Nicodemo e lo Zelote.
   Data la notte scura, Lazzaro, che è ad attenderli davanti alla casa, là dove ha inizio il sentiero che porta al cancello più basso, accende una lucerna ad olio, che ha munita di un riparo di sottili lastre di alabastro o altra materia trasparente. La luce è tenue ma, tenuta bassa verso terra come viene tenuta, la lucerna serve sempre a vedere i sassi e gli ostacoli che possono trovarsi sul percorso. Lazzaro si pone a fianco di Maria, perché soprattutto Lei veda bene. Giovanni è dall'altro lato e sorregge per un braccio la Madre. Gli altri sono dietro, in gruppo.
   Vanno sino al Cedron e proseguono costeggiandolo, in modo da essere seminascosti dai cespugli selvatici che sorgono presso le rive di esso. Anche il fruscio delle acque serve ad occultare e confondere quello dei sandali dei camminatori.
   Sempre seguendo la parte esterna delle mura sino alla porta più prossima al Tempio, e poi inoltrandosi nella zona disabitata e brulla, giungono là dove fu lapidato Stefano. Si dirigono al mucchio di pietrame sotto cui è semi sepolto e ne rimuovono le pietre, sinché il povero corpo appare. È ormai livido, e per la morte e per le percosse e la lapidazione avute, duro, irrigidito, raggomitolato in se stesso così come lo colse la morte.



 2 Maria, che era stata pietosamente trattenuta lontana di qualche passo da Giovanni, si svincola e corre a quel povero corpo lacero e sanguinoso. Senza curarsi delle macchie che il sangue raggrumato imprime sulla sua veste, Maria, aiutata da Giacomo d'Alfeo e da Giovanni, depone il corpo su un telo steso sulla polvere, in un posto privo di pietre, e con un lino, che bagna in un'anforetta che le porge lo Zelote, deterge, così come può, il volto di Stefano, ne ravvia i capelli, cercando di condurli sulle tempie e sulle guance ferite per coprire le orrende tracce lasciate dalle pietre. Deterge anche le altre membra e vorrebbe ricomporle in una posa meno tragica. Ma il gelo della morte, avvenuta già da molte ore, non lo permette che parzialmente.

   Ci si provano anche gli uomini, più forti fisicamente e moralmente di Maria, che sembra di nuovo la Madre Dolorosa del Golgota e del Sepolcro. Ma anche loro devono rassegnarsi a lasciarlo come sono riusciti a ridurlo dopo tanti sforzi. Lo rivestono di una lunga veste monda, perché la sua è stata dispersa o rubata per spregio dai lapidatori e la tunichetta, che gli avevano lasciata, è ormai uno straccio tutto rotto e sanguinoso.

   Fatto ciò, sempre alla tenue luce della lucerna che Lazzaro tiene molto vicina al povero corpo, lo sollevano e lo depongono su un altro telo ben pulito. Nicodemo raccoglie il primo telo, bagnato dell'acqua usata per lavare il martire e del suo sangue raggrumato, e se lo pone sotto il manto. Giovanni e Giacomo dalla parte del capo, Pietro e lo Zelote dalla parte dei piedi, sollevano il telo contenente il corpo e iniziano la via del ritorno, preceduti da Lazzaro e da Maria. Non tornano però per la via fatta nel venire, ma anzi, addentrandosi per la campagna e girando ai piedi dell'uliveto, raggiungono la via che conduce a Gerico e a Betania.



 3 Lì si fermano, per riposarsi e per parlare. E Nicodemo, che per essere stato presente, sebbene in maniera passiva, alla condanna di Stefano, e per essere uno dei capi dei giudei sapeva meglio degli altri le decisioni del Sinedrio, avverte i presenti che è stata scatenata e ordinata la persecuzione contro i cristiani, e che Stefano non è che il primo di una lunga lista di nomi già designati, perché di seguaci del Cristo.

   Il primo grido di tutti gli apostoli è: «Facciano ciò che vogliono! Noi non muteremo, né per minaccia, né per prudenza!».

   Ma i più giudiziosi dei presenti, ossia Lazzaro e Nicodemo, fanno osservare a Pietro e a Giacomo d'Alfeo che la Chiesa ha ancora ben pochi sacerdoti del Cristo e che, se venissero uccisi i più potenti di essi, ossia Pietro pontefice e Giacomo vescovo di Gerusalemme, la Chiesa difficilmente si salverebbe. Ricordano anche a Pietro che il loro Fondatore e Maestro aveva lasciato la Giudea per la Samaria per non essere ucciso prima di averli ben formati, e come avesse consigliato ai suoi servi di imitare il suo esempio sino a che i pastori fossero tanti da non far temere la dispersione dei fedeli per la morte dei pastori. E terminano dicendo: «Spargetevi voi pure per la Giudea e la Samaria. Fatevi là dei proseliti, degli altri, numerosi pastori, e da lì spargetevi per la Terra onde, come Egli comandò di fare, tutte le genti conoscano il Vangelo».
 4 Gli apostoli sono perplessi. Guardano Maria, quasi per sapere il suo giudizio in merito.
   E Maria, che capisce quegli sguardi, dice: «Il consiglio è giusto. Ascoltatelo. Non è viltà, ma prudenza. Egli ve lo insegnò: "Siate semplici come le colombe e prudenti come le serpi. Vi mando come pecore in mezzo ai lupi. Guardatevi dagli uomini…"».

   Giacomo la interrompe: «Sì, Madre. Però disse anche: "Quando sarete posti nelle loro mani e tradotti davanti ai governanti, non turbatevi per ciò che dovrete rispondere. Non sarete voi a parlare, ma parlerà per voi e in voi lo Spirito del Padre vostro". E io resto qui. Il discepolo deve essere come il Maestro. Egli è morto per dar vita alla Chiesa. Ogni morte nostra sarà una pietra aggiunta al grande nuovo Tempio, un aumento di vita al grande immortale corpo della Chiesa universale. Mi uccidano pure, se vogliono. Vivente in Cielo, sarò più felice, perché al fianco del Fratel mio, e più potente ancora. Non temo la morte. Ma il peccato. Abbandonare il mio posto mi pare imitare il gesto di Giuda, il perfetto traditore. Quel peccato Giacomo d'Alfeo non lo farà mai. Se devo cadere, cadrò da eroe al mio posto di lotta, in quel posto in cui Egli mi volle».
   Maria gli risponde: «Nei tuoi segreti con l'Uomo-Dio io non penetro. Se Egli così ti ispira, fa' così. Lui solo, che è Dio, può aver diritto di ordinare. A noi tutti spetta solo di ubbidirgli sempre, in tutto, per fare la sua Volontà».



 5 Pietro, meno eroico, confabula con lo Zelote per sentire il suo parere in merito.
   Lazzaro, che è vicino ai due e sente, propone: «Venite a Betania. È vicina a Gerusalemme e vicina alla via per la Samaria. Da lì partì il Cristo tante volte per sfuggire ai suoi nemici…».

   Nicodemo, a sua volta, propone: «Venite nella mia casa di campagna. È sicura e vicina sia a Betania che a Gerusalemme, e sulla via che conduce, per Gerico, ad Efraim».
   «No, è meglio la mia, protetta da Roma», insiste Lazzaro.
   «Sei già troppo odiato, da quando Gesù ti risuscitò, affermando così, potentemente, la sua Natura divina. Pensa che la sua sorte fu decisa per questo motivo. Che tu non abbia a decidere la tua», gli risponde Nicodemo.
   «E la mia casa dove la mettete? In realtà è di Lazzaro. Ma ha ancora nome di mia», dice Simone lo Zelote.

   *Maria interviene dicendo: «Lasciate che io rifletta, pensi, giudichi ciò che è meglio fare. Dio non mi lascerà senza la sua luce. Quando saprò, ve lo dirò. Per ora venite con me, al Getsemani».
   «Sede d'ogni sapienza, Madre della Parola e della Luce, sempre ci sei Stella di guida sicura. Ti ubbidiamo», dicono tutti insieme, quasi veramente lo Spirito Santo avesse parlato nei loro cuori e sulle loro labbra.

 6 Si alzano dall'erba su cui si erano seduti ai margini della strada, e mentre Pietro, Giacomo, Simone e Giovanni vanno con Maria verso il Getsemani, Lazzaro e Nicodemo sollevano il telo che involge il corpo di Stefano e, alle prime luci dell'alba, si dirigono verso la via di Betania e Gerico.
   Dove portano il martire? Mistero.

AMDG et DVM



Più che la paura fa la fiducia... per conquistare questo premio santissimo del Cielo.


CLXXI. Terzo discorso della Montagna: i consigli evangelici che perfezionano la Legge. 

  25 maggio 1945

 1 Continua il discorso del Monte.

   Il luogo e l'ora sono sempre gli stessi. La gente è ancora più aumentata. In un angolo, presso un sentiero, come volesse udire ma non eccitare ripugnanze fra la folla, è un romano. Lo distinguo per la veste corta e il mantello diverso. Ancora vi sono Stefano ed Erma.
   E Gesù va lentamente al suo posto e riprende a parlare. 

   «Con quanto vi ho detto ieri non dovete giungere al pensiero che Io sia venuto per abolire la Legge. No. Solo, poiché sono l'Uomo e comprendo le debolezze dell'uomo, Io ho voluto rincuorarvi a seguirla col dirigere il vostro occhio spirituale non all'abisso nero, ma all'Abisso luminoso. Perché, se la paura di un castigo può trattenere tre volte su dieci, la certezza di un premio slancia sette volte su dieci. Perciò più che la paura fa la fiducia. Ed Io voglio che voi l'abbiate piena, sicura, per potere fare non sette parti di bene su dieci, ma dieci parti su dieci e conquistare questo premio santissimo del Cielo.
   Io non muto un iota della Legge. E chi l'ha data fra i fulmini del Sinai? L'Altissimo.
   Chi è l'Altissimo? Il Dio uno e trino.
   Da dove l'ha tratta? Dal suo Pensiero.
   Come l'ha data? Con la sua Parola.
   Perché l'ha data? Per il suo Amore.

   Vedete dunque che la Trinità era presente. Ed il Verbo, ubbidiente come sempre al Pensiero e all'Amore, parlò per il Pensiero e per l'Amore.
   Potrei smentire Me stesso? Non potrei. Ma posso, poiché tutto Io posso, completare la Legge, farla divinamente completa, non quale la fecero gli uomini che durante i secoli non la fecero completa ma soltanto indecifrabile, inadempibile, sovrapponendo leggi e precetti, e precetti e leggi, tratti dal loro pensiero, secondo il loro utile, e gettando tutta questa macia a lapidare e soffocare, a sotterrare e sterilire la Legge santissima data da Dio. Può una pianta sopravvivere se la sommergono per sempre valanghe, macerie e innondazioni? No. La pianta muore. La Legge è morta in molti cuori, soffocata sotto le valanghe di troppe soprastrutture. Io sono venuto a levarle tutte e, disseppellita la Legge, risuscitata la Legge, ecco che Io la faccio non più legge ma regina.

 2 Le regine promulgano le leggi. Le leggi sono opera delle regine, ma non sono da più delle regine. Io invece faccio della Legge la regina: la completo, l'incorono, mettendo sul suo sommo il serto dei consigli evangelici. Prima era l'ordine. Ora è più dell'ordine. Prima era il necessario. Ora è più del necessario. Ora è la perfezione. Chi la disposa, così come Io ve la dono, all'istante è re perché ha raggiunto il "perfetto", perché non è stato soltanto ubbidiente ma eroico, ossia santo, essendo la santità la somma delle virtù portate al vertice più alto che possa esser raggiunto da creatura, eroicamente amate e servite col distacco completo da tutto quanto è appetito e riflessione umana verso qual che sia cosa. Potrei dire che il santo è colui al quale l'amore e il desiderio fanno da ostacolo ad ogni altra vista che Dio non sia. Non distratto da viste inferiori, egli ha le pupille del cuore ferme nello Splendore Ss. che è Dio e nel quale vede, poiché tutto è in Dio, agitarsi i fratelli e tendere le mani supplici. E senza staccare gli occhi da Dio, il santo si effonde ai fratelli supplicanti. Contro la carne, contro le ricchezze, contro le comodità, egli drizza il suo ideale: servire. Povero il santo? Menomato? No. E’ giunto a possedere la sapienza e la ricchezza vere. Possiede perciò tutto. Né sente fatica perché, se è vero che è un produttore continuo, è pur anche vero che è un nutrito di continuo. Perché, se è vero che comprende il dolore del mondo, è anche vero che si pasce della letizia del Cielo. Di Dio si nutre, in Dio si allieta. È la creatura che ha compreso il senso della vita.

  Come vedete, Io non muto e non mutilo la Legge, come non la corrompo con le sovrapposizioni di fermentanti teorie umane. Ma la completo. Essa è quello che è, e tale sarà fino all'estremo giorno, senza che se ne muti una parola o se ne levi un precetto. Ma è incoronata del perfetto. Per avere salute basta accettarla così come fu data. Per avere immediata unità con Dio occorre viverla come Io la consiglio. Ma poiché gli eroi sono l'eccezione, Io parlerò per le anime comuni, per la massa delle anime, acciò non si dica che per volere il perfetto rendo ignoto il necessario. Però di quanto dico ritenete bene questo: colui che si permette di violare uno fra i minimi di questi comandamenti sarà tenuto minimo nel Regno dei Cieli. E colui che indurrà altri a violarli sarà ritenuto minimo per lui e per colui che egli indusse alla violazione. Mentre colui che con la vita e le opere, più ancora che con la parola, avrà persuaso altri all'ubbidienza, costui grande sarà nel Regno dei Cieli, e la sua grandezza si aumenterà per ognuno di quelli che egli avrà portato ad ubbidire e a santificarsi così. 

 3 Io so che ciò che sto per dire sarà agro alla lingua di molti. Ma Io non posso mentire anche se la verità che sto per dire mi farà dei nemici.
   In verità vi dico che se la vostra giustizia non si ricreerà, distaccandosi completamente dalla povera e ingiustamente definita giustizia che vi hanno insegnata scribi e farisei; che se non sarete molto più, e veramente, giusti dei farisei e scribi, che credono esserlo con l'aumentare delle formule ma senza mutazione sostanziale degli spiriti, voi non entrerete nel Regno dei Cieli.

   Guardatevi dai falsi profeti e dai dottori d'errore. Essi vengono a voi in veste d'agnelli e lupi rapaci sono, vengono in veste di santità e sono derisori di Dio, dicono di amare la verità e si pascono di menzogne. Studiateli prima di seguirli.
   L'uomo ha la lingua e con questa parla, ha gli occhi e con questi guarda, ha le mani e con esse accenna. Ma ha un'altra cosa che testimonia con più verità del suo vero essere: ha i suoi atti
E che volete che sia un paio di mani congiunte in preghiera se poi l'uomo è ladro e fornicatore? 
E che due occhi che volendo fare gli ispirati si stravolgono in ogni senso, se poi, cessata l'ora della commedia, si sanno fissare ben avidi sulla femmina, o sul nemico, per lussuria o per omicidio? 
E che volete che sia la lingua che sa zufolare la bugiarda canzone delle lodi e sedurvi con i suoi detti melati, mentre poi alle vostre spalle vi calunnia ed è capace di spergiurare pur di farvi passare per gente spregevole? 
Che è la lingua che fa lunghe orazioni ipocrite e poi veloce uccide la stima del prossimo o seduce la sua buona fede? 
Schifo è! Schifo sono gli occhi e le mani menzognere.

   Ma gli atti dell'uomo, i veri atti, ossia il suo modo di comportarsi in famiglia, nel commercio, verso il prossimo ed i servi, ecco quello che testimoniano: "Costui è un servo del Signore". Perché le azioni sante sono frutto di una vera religione
Un albero buono non dà frutti malvagi e un albero malvagio non dà frutti buoni. 
Questi pungenti roveti potranno mai darvi uva saporita? 
E quegli ancora più tribolanti cardi potranno mai maturarvi morbidi fichi? No, che in verità poche e aspre more coglierete dai primi e immangiabili frutti verranno da quei fiori, spinosi già pur essendo ancora fiori. 
L'uomo che non è giusto potrà incutere rispetto con l'aspetto, ma con quello solo. Anche quel piumoso cardo sembra un fiocco di sottili fili argentei che la rugiada ha decorato di diamanti. Ma se inavvertitamente lo toccate, vedete che fiocco non è, ma mazzo di aculei, penosi all'uomo, nocivi alle pecore, per cui i pastori lo sterpano dai loro pascoli e lo gettano a perire nel fuoco acceso nella notte perché neppure il seme si salvi. Giusta e previdente misura. Io non vi dico: "Uccidete i falsi profeti e gli ipocriti fedeli". Anzi vi dico: "Lasciatene a Dio il compito". Ma vi dico: "Fate attenzione, scostatevene per non intossicarvi dei loro succhi".

 4 Come debba essere amato Dio, ieri l'ho detto. 
Insisto a come debba essere amato il prossimo.

   Un tempo era detto: "Amerai il tuo amico e odierai il tuo nemico" No. Non così. Questo è buono per i tempi in cui l'uomo non aveva il conforto del sorriso di Dio. Ma ora vengono i tempi nuovi, quelli in cui Dio tanto ama l'uomo da mandargli il suo Verbo per redimerlo. Ora il Verbo parla. Ed è già Grazia che si effonde. Poi il Verbo consumerà il sacrificio di pace e di redenzione e la Grazia non solo sarà effusa, ma sarà data ad ogni spirito credente nel Cristo. Perciò occorre innalzare l'amore di prossimo a perfezione che unifica l'amico al nemico.

   Siete calunniati? Amate e perdonate. 
Siete percossi? Amate e porgete l'altra guancia a chi vi schiaffeggia pensando che è meglio che l'ira si sfoghi su voi, che la sapete sopportare, anziché su un altro che si vendicherebbe dell'affronto. 
Siete derubati? Non pensate: "Questo mio prossimo è un avido", ma pensate caritativamente: "Questo mio povero fratello è bisognoso" e dategli anche la tunica se già vi ha levato il mantello. Lo metterete nella impossibilità di fare un doppio furto perché non avrà più bisogno di derubare un altro della tunica.

   Voi dite: "Ma potrebbe essere vizio e non bisogno". Ebbene, date ugualmente. Dio ve ne compenserà e l'iniquo ne sconterà. Ma molte volte, e ciò richiama quanto ho detto ieri sulla mansuetudine, vedendosi così trattato, cade dal cuore del peccatore il suo vizio, ed egli si redime giungendo a riparare il furto col rendere la preda.
   Siate generosi con coloro che, più onesti, vi chiedono, anziché derubarvi, ciò di cui abbisognano. 
Se i ricchi fossero realmente poveri di spirito come ho insegnato ieri, non vi sarebbero le penose disuguaglianze sociali, cause di tante sventure umane e sovrumane
Pensate sempre: "Ma se io fossi nel bisogno, che effetto mi farebbe la ripulsa di un aiuto?", e in base alla risposta del vostro io agite. Fate agli altri ciò che vorreste vi fosse fatto e non fate agli altri ciò che non vorreste fatto a voi.

   L'antica parola: "Occhio per occhio, dente per dente", che non è nei dieci comandi ma che è stata messa perché l'uomo privo della Grazia è tal belva che non può che comprendere la vendetta, è annullata, questa sì che è annullata, dalla nuova parola: "Ama chi ti odia, prega per chi ti perseguita, giustifica chi ti calunnia, benedici chi ti maledice, benefica chi ti fa danno, sii pacifico col rissoso, condiscendente con chi ti è molesto, soccorri di buon grado chi a te ricorre e non fare usura, non criticare, non giudicare". Voi non sapete gli estremi delle azioni degli uomini. In tutti i generi di soccorso siate generosi, misericordiosi siate. Più darete più vi sarà dato, e una misura colma e premuta sarà versata da Dio in grembo a chi fu generoso. Dio non solo vi darà per quanto avete dato, ma più e più ancora. Cercate di amare e di farvi amare. Le liti costano più di un accomodamento amichevole e la buona grazia è come un miele che a lungo resta col suo sapore sulla lingua.

 5 Amate, amate! Amate amici e nemici per essere simili al Padre vostro che fa piovere sui buoni e sui cattivi e fa scendere il sole sui giusti e sugli ingiusti riservandosi di dare sole e rugiade eterne, e fuoco e grandine infernali, quando i buoni saranno scelti, come elette spighe, fra i covoni del raccolto. 
Non basta amare coloro che vi amano e dai quali sperate un contraccambio. Questo non è un merito, è una gioia, e anche gli uomini naturalmente onesti lo sanno fare. Anche i pubblicani lo fanno e anche i gentili. Ma voi amate a somiglianza di Dio e amate per rispetto a Dio, che è Creatore anche di quelli che vi sono nemici o poco amabili. Io voglio in voi la perfezione dell'amore e perciò vi dico: "Siate perfetti come perfetto è il Padre vostro che è nei Cieli.
   Tanto è grande il precetto d'amore verso il prossimo, il perfezionamento del precetto d'amore verso il prossimo, che Io più non vi dico come era detto: "Non uccidete", perché colui che uccide sarà condannato dagli uomini
Ma vi dico: "Non vi adirate" perché un più alto giudizio è su voi e calcola anche le azioni immateriali. Chi avrà insultato il fratello sarà condannato dal Sinedrio. Ma chi lo avrà trattato da pazzo, e perciò danneggiato, sarà condannato da Dio. Inutile fare offerte all'altare se prima non si è sacrificato nell'interno del cuore i propri rancori per amore di Dio e non si è compito il rito santissimo del saper perdonare. 
Perciò se quando stai per offrire a Dio tu ti sovvieni di avere mancato verso il tuo fratello o di avere in te rancore per una sua colpa, lascia la tua offerta davanti all'altare, fa' prima l'immolazione del tuo amor proprio, riconciliandoti col tuo fratello, e poi vieni all'altare, e santo sarà allora, solo allora, il tuo sacrificio. Il buon accordo è sempre il migliore degli affari. Precario è il giudizio dell'uomo, e chi ostinato lo sfida potrebbe perdere la causa e dovere pagare all'avversario fino all'ultima moneta o languire in prigione. Alzate in tutte le cose lo sguardo a Dio. Interrogatevi dicendo: "Ho io il diritto di fare ciò che Dio non fa con me?". Perché Dio non è così inesorabile e ostinato come voi siete. Guai a voi se lo fosse! Non uno si salverebbe. Questa riflessione vi induca a sentimenti miti, umili, pietosi. E allora non vi mancherà da parte di Dio, qui e oltre, la ricompensa.

 6 Qui, a Me davanti, è anche uno che mi odia e che non osa dirmi: "Guariscimi", perché sa che Io so i suoi pensieri. Ma Io dico: "Sia fatto ciò che tu vuoi. E come ti cadono le scaglie dagli occhi così ti cadano dal cuore il rancore e le tenebre".
   Andate tutti con la mia pace. Domani ancora vi parlerò». 

   La gente sfolla lentamente, forse in attesa di un grido di miracolo che non viene. Anche gli apostoli e i discepoli più antichi, che restano sul monte, chiedono: «Ma chi era? Non è guarito forse?» e insistono presso il Maestro che è rimasto in piedi, a braccia conserte, a veder scendere la gente. 
Ma Gesù sulle prime non risponde; poi dice: «Gli occhi sono guariti. L'anima no. Non può perché è carica di odio». 
   «Ma chi è? Quel romano forse?». 
   «No. Un disgraziato».
   «Ma perché lo hai guarito, allora? » chiede Pietro. 
   «Dovrei fulminare tutti i suoi simili?». 
   «Signore... io so che Tu non vuoi che dica: "sì ", e perciò non lo dico.. - ma lo penso.. - ed è lo stesso...»   
   «E’ lo stesso, Simone di Giona. Ma sappi che allora... Oh! quanti cuori pieni di scaglie d'odio intorno a Me! Vieni. Andiamo proprio là in cima, a guardare dall'alto il nostro bel mare di Galilea. Io e te soli».


venerdì 2 agosto 2019

PRIMO SEGNO:

la confusione


28 gennaio 1979. 
Festa di San Tommaso d'Aquino.

Primo segno: la confusione.

<< Figli prediletti, rifugiatevi nel mio Cuore Immacolato.

Il regno glorioso di Cristo sarà preceduto da una grande sofferenza che servirà a purificare
la Chiesa e il mondo e a condurli al loro completo rinnovamento.

Gesù ha già iniziato la sua misericordiosa opera di rinnovamento con la Chiesa, sua Sposa.
Vari segni vi indicano che è giunto per la Chiesa il tempo della purificazione: il primo di essi è
la confusione che vi regna. Questo infatti è il tempo della più grande confusione.

La confusione si è diffusa all'interno della Chiesa, ove ogni cosa viene sovvertita in campo dogmatico, liturgico e disciplinare.

Vi sono verità rivelate da mio Figlio e che la Chiesa ha per sempre definito con la sua divina e
infallibile autorità.

Queste verità sono immutabili, come immutabile è la Verità stessa di Dio. Molte di esse fanno
parte di veri e propri misteri, perché non sono e non potranno mai essere comprese dalla
umana intelligenza.

L'uomo le deve accogliere con umiltà, attraverso un atto di pura fede e di ferma fiducia in Dio
che le ha rivelate e le propone agli uomini di tutti i tempi, attraverso il magistero della Chiesa.

Ma ora si è diffusa la tendenza così pericolosa di volere penetrare e comprendere tutto -
anche il mistero - giungendo così ad accogliere della Verità solo quella parte che è
comprensibile dalla umana intelligenza. Si vuole svelare il mistero stesso di Dio.

Si rifiuta quella verità che non è razionalmente compresa.

Si tende a riproporre razionalisticamente tutta la verità rivelata, nella illusione di renderla
accettabile a tutti. Così si corrompe la verità con l'errore. L'errore viene diffuso nella
maniera più pericolosa, cioè come un modo nuovo e aggiornato di comprendere la Verità; e si
finisce con il sovvertire le stesse verità che sono il fondamento della fede cattolica.

Non si negano apertamente, ma si accolgono in maniera equivoca giungendo nella dottrina al più
grave compromesso con l'errore che mai si sia compiuto.

Alla fine ancora si parla e si discute, ma non si crede più e la tenebra dell'errore si diffonde.
La confusione, che tende a regnare all'interno della Chiesa e a sovvertire le sue verità, è il
primo segno che vi indica con certezza che per essa è giunto il tempo della sua purificazione.
La Chiesa infatti è Cristo che misticamente vive fra voi.

Cristo è la Verità. La Chiesa deve perciò sempre risplendere della Luce di Cristo che è la
Verità.

Ma ora il suo Avversario è riuscito a fare entrare nel suo interno tanta tenebra con la sua
opera subdola e ingannatrice.

E oggi la Chiesa è oscurata dal fumo di Satana.

Satana ha anzitutto oscurato l'intelligenza ed il pensiero di tanti miei figli, seducendoli con
l'orgoglio e la superbia, e per loro mezzo ha oscurato la Chiesa.

Voi, figli prediletti della Mamma Celeste, Voi apostoli del mio Cuore Immacolato, a questo oggi
siete chiamati: a combattere con la parola e con l'esempio, perché sia sempre più accolta da
tutti la Verità. Così per mezzo della Luce sarà sconfitta la tenebra della confusione.

Perciò voi dovete vivere alla lettera il Vangelo di mio Figlio Gesù. Dovete essere solo Vangelo
vissuto. Poi dovete a tutti annunciare, con forza e con coraggio, il Vangelo che vivete.

La vostra parola avrà la forza dello Spirito Santo che vi riempirà, e la Luce della Sapienza che
vi dona la Mamma Celeste.

Per questo quanto più la confusione, entrata all'interno della Chiesa, aumenterà la grande
sofferenza della sua purificazione, tanto più Essa per mezzo di voi esperimenterà il conforto
e l'aiuto della mia azione materna.

Da voi la Chiesa sarà aiutata a uscire dalla tenebra, per rinascere allo splendore divino della
sua immutabile Verità  >>.


AVE MARIA PURISSIMA!

La chiesa di Santa Maria degli Angeli della Porziuncola, luogo della nascita dell’Ordine dei Frati Minori, continua fino ad oggi ad essere un centro di gravità per ogni genuino incontro tra l’uomo e Dio



L’INDULGENZA DELLA PORZIUNCOLA

Nel Luglio 1216 giunse a Perugia, dove si trovava la curia papale, Jacques de
Vitry-sur-Seine, parroco di Argenteuil e canonico di Oignies, nella diocesi di Namur, nel
Belgio. Era stato consigliere spirituale di una delle donne mistiche del medioevo, Marie
d’Oginies, che aveva dato un forte contributo allo sviluppo del movimento delle Beguins,
o Beghine, nella Flandria.

Jacques, o Giacomo, da Vitry, era stato scelto da Innocenzo III
come vescovo della città principale del Regno Latino crociato di Gerusalemme, e cioè,
Sainte Jean d’Acre, sul littorale mediterraneo della Palestina. Lui era, di fatto, un forte
sostenitore del progetto di Innocenzo III di indire una nuova crociata durante il Concilio
Lateranense IV, e per questo motivo era anche un grande predicatore della crociata.
     Quando arrivò a Perugia, tuttavia, trovò che Innocenzo III era appena morto il 16
Luglio 1216. Aveva fatto una sosta nella città di Milano, che egli descrive come “un vero
covo di eretici”. A Perugia dovette incontrare la decadenza della curia romana che lo
angosciò molto.
     Nella sua prima lettera che ci è pervenuta, scritta ai suoi amici da
Genova nel 1216, prima di salpare per l’Oriente, egli scrive:

<<Partito di qui (Milano), arrivai a Perugia. Trovai papa Innocenzo morto, ma non
ancora sepolto. Nella notte i ladri avevano spogliato la sua salma di tutte le vesti
preziose, lasciando il suo corpo quasi nudo e già in putrefazione nella chiesa. Io poi
entrai nella chiesa e conobbi con piena fede quanto sia breve la gloria ingannatrice di
questo mondo. Il giorno dopo i funerali, i cardinali elessero Onorio (il cardinale Cencio
Savelli, eletto il 18 Luglio 1216), uomo di età avanzata e pio, semplice e molto mite, che
aveva distribuito ai poveri quasi tutto il suo patrimonio. La domenica dopo l’elezione, fu
consacrato Sommo Pontefice >> (FF 2202).

Dopo la sua consacrazione episcopale, il 31 Luglio 1216, Giacomo da Vitry parte
per Acri. Ma nella stessa Lettera scritta da Genova, troviamo il primo riferimento da
parte di un non-francescano, come fu il Vitry, all’esistenza dell’Ordine dei Frati Minori,
con cui egli venne in contatto nel suo soggiorno in Umbria.

<<Ho trovato però, in quelle regioni, una cosa che mi è stata di grande
consolazione: delle persone, d’ambo i sessi, ricchi e laici, che, spogliandosi di ogni
proprietà per Cristo, abbandonavano il mondo. Si chiamavano frati minori e sorelle
minori e sono tenuti in grande considerazione dal Papa e dai cardinali.

Costoro vivono secondo la forma della Chiesa primitiva ... Durante il giorno
entrano nelle città e nei paesi, adoperandosi attivamente per guadagnare altri al
Signore; la notte ritornano negli eremi o in qualche luogo solitario per attendere alla
contemplazione.

Le donne invece dimorano insieme in alcuni ospizi non lontani dalle città, e non
accettano alcuna donazione, ma vivono col lavoro delle proprie mani.
Gli uomini di questa religione convengono una volta l’anno nel luogo stabilito,
per rallegrarsi nel Signore e mangiare insieme, ricavando da questi incontri notevoli
benefici. Qui, avvalendosi del consiglio di persone esperte, formulano e promulgano
delle leggi sante, che sottopongono al Papa per l’approvazione. Dopo di che, si
separano per tutto l’anno disperdendosi per la Lombardia, la Toscana, le Puglie e la
Sicilia  >> (FF 2205-2208).

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Questa Lettera offre degli indizi preziosissimi riguardo all’inizio dell’Ordine,
come viene visto da una persona che non appareteneva all’Ordine. In questo, appunto,
sta il suo alto valore. Jacques parla di fratres minores e di sorores minores. Il nome dato
al ramo femminile è certamente originale, e viene coniato dal Vitry stesso, siccome le
Clarisse non si conoscevano con questo nome. Ma c’è già il segno distintivo della
comune chiamata evangelica sia dei Frati Minori come anche delle Povere Dame.

Vitry vede la vita dei seguaci di Francesco modellata su quella della primitiva comunità
cristiana di Gerusalemme nel Libro degli Atti. In questo dettaglio pure si dimostra un
“estraneo” alla realtà evangelica di Francesco, che si basava piuttosto sulla apostolica
vivendi forma di Cristo e degli apostoli. Fa vedere l’alternarsi dell’attività dei frati tra
eremo e città, tra preghiera e apostolato. Parla delle Povere Dame e delle loro piccole
hospitia, o monasteri, come quello di San Damiano, che monasteri nel senso classico del
termine certamente non erano. Ma nota anche che non accettavano proprietà e che
vivevano dal lavoro delle proprie mani. Riguardo ai frati Jacques de Vitry è il primo
testimone extra-francescano che parla dei capitoli generali che si tennero alla Porziuncola
una vola all’anno, e di cui parleremo nel prossimo capitolo.

Jacques de Vitry non nomina Francesco in questa lettera. Forse non lo aveva
ancora incontrato. Ma lo nominerà in altri documenti, iniziando dalla Lettera che scrive
da Damiata, in Egitto, nel 1220, durante la quinta crociata. In Egitto Jacques de Vitry
incontra Francesco e lo conosce. Ma di questo parleremo più avanti, nel capitolo
riguardo al viaggio di Francesco in Oriente.

L’anno 1216 viene anche indicato come il momento in cui Francesco ottiene dal
Papa Onorio III l’Indulgenza della Porziuncola. Si deve dire già in partenza che le Fonti
Francescane del secolo 13 pare che dicano  nulla riguardo a questa indulgenza e
alle circostanze che avrebbero indotto Francesco a chiederla al Papa. Molti studiosi
avevano, nel passato, relegato questa storia nel rango delle pie leggende. Tuttavia,
studiosi come Paul Sabatier, che ricordiamolo, era protestante, non si dimostra scettico, e
addirittura arriva a inserire un capitolo intero riguardo alla vicenda della indulgenza nella
sua Vie de Saint François d’Assise.

I documenti che maggiormente parlano della vicenda
dell’Indulgenza della Porziuncola sono Il Diploma di Teobaldo, vescovo di Assisi, del 10
agosto 1310, e il Trattato sulla Indulgenza della Porziuncola, di frate Francesco di
Bartolo di Assisi (prima del 1334). Documenti piuttosto tardivi, ma che la storia
riconosce come sostanzialmente autentici, non soltanto per una prova storica
dell’Indulgenza, ma anche come un ritratto sociale e religioso dell’Umbria del secolo 13.
Non si deve certamente negare il loro forte tono polemico, dato che furono redatte anche
come risposta ai detrattori della stessa Indulgenza. Qui diamo un sunto del racconto
tratto dal Diploma di Teobaldo (Fonti Francescane 2706/10-11).

***<<  Stando il beato Francesco presso Santa Maria della Porziuncola, il Signore
durante la notte gli rivelò che si portasse dal sommo pontefice, il signor Onorio, che
temporaneamente si trovava a Perugia, per impetrare l’indulgenza per la stessa chiesa di
Santa Maria della Porziuncola, appena da lui restaurata. Egli, alzatosi di mattino,
chiamò frate Masseo da Marignano ... e si presentò davanti al detto signor Onorio, e
disse: “Padre santo, ho appena finito di restaurare per voi una chiesa a onore della
Vergine madre di Cristo. Supplico vostra santità che l’arricchiate di un’indulgenza senza
offerte di denaro”. Egli rispose: “Non è conveniente fare questo perché chi richiede
un’indulgenza, bisogna che la meriti dando una mano. Ma dimmi di quanti anni la vuoi 
e quanta indulgenza vi debba concedere”.

 E santo Francesco replicò: “Santo Padre, la
sua santità voglia dare non anni, ma anime”. Ed il signor papa riprese: “In che modo
vuoi anime?” Il beato Francesco replicò: “Santo padre, voglio, se piace a sua santità,
che quanti verranno in questa chiesa confessati, pentiti e, come è conveniente, assolti dal
sacerdote, vengano liberati dalla pena e dalla colpa in cielo e in terra, dal giorno del
battesimo fino al giorno e all’ora della loro entrata nella suddetta chiesa”. Il signor
papa aggiunse: “È molto ciò che chiedi, Francesco; e non è consuetudine della Curia
romana concedere simile indulgenza”. Allora il beato Francesco rispose: “Signore, non
chiedo questo da parte mia, ma da parte di colui che mi ha mandato, il Signore Gesù
Cristo”. A questo punto il signor papa all’istante concluse dicendo tre volte: “Mi piace
che tu abbia questa indulgenza”.

I signori cardinali presenti replicarono: “Badate, signore, che se concedete a
costui una tale Indulgenza, farete scomparire l’Indulgenza della Terra Santa e ridurrete
a nulla l’indulgenza degli apostoli Pietro e Paolo, che non sarà tenuta in nessun conto”.
Rispose il signor papa: “Gliela abbiamo data e concessa, non possiamo, né è
conveniente annullare ciò che è stato fatto, ma la modificheremo in modo tale che la sua
validità si estenda solo per una giornata”.

Allora chiamò santo Francesco e gli disse: “Ecco che d’ora in poi concediamo
che ognuno che verrà ed entrerà nella predetta chiesa confessato per bene e contrito,
venga assolto dalla pena e dalla colpa, e vogliamo che questo valga ogni anno per un
giorno solo, dai primi vespri inclusa la notte fino ai vespri del giorno successivo”.
    Mentre il beato Francesco, fatto l’inchino, usciva dal palazzo, il papa, vedendolo
allontanarsi, chiamandolo disse: “O sempliciotto, dove vai? Che documento porti di tale
indulgenza?” E il beato Francesco rispose: “Per me è sufficiente la vostra parola. Se è
opera di Dio, tocca a lui renderla manifesta. Non voglio nessun altro documento di essa,
ma la carta sia solo la beata Vergine Maria, il notaio sia Gesù Cristo e gli angeli siano
testimoni”.

Con quanta solennità poi fu resa pubblica l’Indulgenza, nell’occasione della
consacrazione della stessa chiesa da parte di sette vescovi, non intendiamo scrivere se
non soltanto quello che Pietro Zalfani, presente a detta consacrazione affermò davanti a
frate Angelo ministro provinciale, a frate Bonifacio, frate Guido, frate Bartolo da
Perugia e ad altri frati del convento della Porziuncola. Riferì che egli era presente alla
consacrazione di quella chiesa, che fu celebrata il 2 agosto, ed aveva ascoltato il beato
Francesco mentre predicava alla presenza di quei vescovi; che egli aveva in mano una
‘cedola’ e diceva: “Io vi voglio mandare tutti in paradiso, e vi annuncio una Indulgenza,
che ho ottenuto dalla bocca del sommo pontefice. Tutti voi che siete venuti oggi, e tutti
coloro che ogni anno verranno in questo giorno, con buona disposizione di cuore e
pentiti, abbiano l’indulgenza di tutti i loro peccati”.  >>***

L’episodio della Indulgenza della Porziuncola è oggiogiorno oggetto di studi seri
e nessuno dubita della sua autenticità, anche se le fonti che ce lo tramandano sono scarse.
Quello che colpisce è certamente l’animo aperto di Francesco che vede nella chiesetta
della Porziuncola un luogo privilegiato di perdono e di riconciliazione. Non a caso che la
chiesa di Santa Maria degli Angeli della Porziuncola, luogo della nascita dell’Ordine dei
Frati Minori, continua fino ad oggi ad essere un centro di gravità per ogni genuino
incontro tra l’uomo e Dio, instaurando un rapporto di reciproco amore e perdono che sta
al centro del carisma di Francesco d’Assisi.


SALVE, SANCTE PATER: 
PATRIAE LUX!
FORMA MINORUM!
VIRTUTIS SPECULUM!
RECTI VIA!
REGULA MORUM!
Carnis ab exilio 
duc nos ad regna polorum!


IL SEGRETO DI MARIA ( 5 )


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D) PRATICHE INTERIORI DELLA SANTA SCHIAVITU' : SUO SPIRITO E SUOI FRUTTI

1. La sua formula "unica" di attività spirituale e il suo spirito

La formula

43. Ho detto, poi, che questa devozione consiste nel fare tutte le proprie azioni con Maria, in Maria, per mezzo di Maria e per Maria.

Lo spirito di dipendenza interiore da Gesù e da Maria. -

Prendere questo spirito e perseverarvi

44. Non basta essersi dato una volta a Maria, in qualità di schiavo; nemmeno basta ripetere ciò tutti
i mesi, tutte le settimane: sarebbe questa una devozione troppo passeggera e non potrebbe innalzare
l'anima a quella santità a cui può elevarla. 
Non vi è certo grande difficoltà ad iscriversi in una
confraternita, e neanche ad abbracciare questa devozione, e a recitare ogni giorno qualche preghiera
vocale, come essa prescrive: la grande difficoltà è di entrare nello spirito di questa devozione, che è
di rendere un'anima interiormente dipendente e schiava della Santissima Vergine e di Gesù per
mezzo di Lei. 
Ho trovato molte persone che, esternamente si sono poste con mirabile ardore in
questa schiavitù; poche invece ne ho trovate che ne abbiano preso lo spirito, e, meno ancora che vi
abbiano perseverato.


2. - Le quattro direttive della formula

Operare con Maria

45. 1) - La pratica essenziale di questa devozione consiste nel fare tutte le proprie azioni con Maria,
cioè nel prendere la Santissima Vergine come modello perfetto di tutto ciò che si deve fare.
Condizioni preliminari: rinuncia e unione di intenzione che consegna l'anima all'azione di Maria

46. Prima dunque di dare inizio a qualsiasi cosa, è necessario rinunciare a se stessi e ai propri
progetti per quanto eccellenti; bisogna annientarsi davanti a Dio riconoscendosi incapaci da se stessi
di alcun bene soprannaturale e di qualsiasi azione utile alla salvezza; bisogna ricorrere alla
Santissima Vergine e unirsi a Lei e alle sue intenzioni, benché sconosciute; bisogna unirsi per
mezzo di Maria alle intenzioni di Gesù Cristo, mettersi, cioè come uno strumento nelle mani di Lei,
affinché Ella faccia in noi, di noi e per noi, come le sembrerà meglio, alla maggior gloria di suo
Figlio e, per mezzo di suo Figlio Gesù Cristo, alla maggior gloria del Padre; di modo che non si
compiano atti di vita interiore ed operazioni spirituali se non dipendentemente da Lei.


Operare in Maria

47. 2) - Bisogna fare ogni cosa in Maria; bisogna cioè abituarsi, a poco a poco, a raccogliersi in se
stessi, per formarvi una piccola idea od immagine spirituale di Maria. 
Ella sarà per l'anima l'Oratorio per potervi fare tutte le sue preghiere a Dio, senza timore di essere respinta; la Torre di Davide dove mettersi al sicuro contro tutti i suoi nemici; la Lampada accesa per illuminare tutto il suo interiore e infiammarlo di amore divino; il sacro Tabernacolo per vedere Dio con Lei; Maria, finalmente sarà per quest'anima il suo unico Tutto presso Dio e il suo rifugio universale.
 Se prega, pregherà in Maria; se riceve Gesù nella Santa Comunione, lo deporrà in Maria perché vi si
compiaccia; se opera, opererà pure in Maria, e dappertutto e in tutto farà atti di rinuncia di se stessa.


Operare per mezzo di Maria

48. 3) - Non bisogna mai andare a Nostro Signore se non per mezzo di Maria, per mezzo della sua
intercessione e del suo credito presso di Lui, non trovandosi mai soli nel pregarlo.


Operare per Maria

49. 4) - Infine, tutte le azioni devono essere fatte per Maria: divenuti, cioè, schiavi di questa augusta
Sovrana, non si lavori più che per Lei, per il Suo profitto e alla Sua gloria come fine prossimo, alla
gloria di Dio come fine ultimo. Si deve rinunciare, in tutto quello che si fa, all'amor proprio, che
impercettibilmente si prende quasi sempre come fine, e ripetere spesso dal profondo del cuore: "O
Mia cara Madre, per Te vado qua e là, faccio questa o quella cosa, soffro questa pena o questa
ingiuria!".


3) Tre avvenimenti importanti che riguardano lo spirito della Santa Schiavitù
Non credere cosa più perfetta l'andare direttamente a Gesù senza passare da Maria


50. Bada di non credere, o anima predestinata, che sia cosa più perfetta andare direttamente a Gesù,
direttamente a Dio con la tua opera e la tua intenzione: la tua opera, la tua intenzione sarebbero di
poco valore; se invece ci vai per mezzo di Maria, allora è l'operazione di Maria in te, e quindi essa
sarà sublime e degnissima di Dio.


Non farsi violenza per "sentire e gustare" -L'"Amen" dell'anima

51. Stai anche attento a non farti violenza per sentire e gustare ciò che dici o che fai: ma dì tutto e
fa' tutto in quella pura fede che Maria ebbe quaggiù, e che Ella con il tempo ti comunicherà. Lascia,
o povera piccola schiava, lascia alla tua Sovrana la chiara visione di Dio, i trasporti, le gioie, i
piaceri, le ricchezze, e prendi per te soltanto la fede pura, piena di svogliatezze, di distrazioni, di
noie, di aridità; e dille: "Amen, Così sia, a tutto quello che Tu, mia Padrona, fai in Cielo: per ora è
ciò che posso fare di meglio".

Non inquietarsi se non si gode tanto presto della presenza di Maria

52. Guardati inoltre dall'affliggerti se non godi così presto della dolce presenza della Vergine nel
tuo intimo. Questa grazia non è concessa a tutti; e quando Dio, nella sua grande misericordia, ne
favorisce un'anima, questa può benissimo perderla se non è fedele a raccogliersi spesso; qualora
però ti cogliesse tanta sciagura, ritorna dolcemente alla tua Sovrana e chiedile umilmente perdono.

4. Frutti meravigliosi di questa pratica interiore della Santa Schiavitù

Li insegnerà soprattutto l'esperienza

53. L'esperienza ti farà conoscere infinitamente più di quanto io ti dico, e tu troverai, qualora sia
fedele al poco che ti ho insegnato, tante ricchezze e tante grazie nella pratica di questa devozione,
che ne resterai meravigliata e la tua anima ne sarà colma di gioia.


Bisogna dunque procurare, con una pratica fedele, di avere in sé l'anima e lo spirito di Maria

54. Lavoriamo quindi, anima cara, e per mezzo di questa devozione fedelmente praticata, facciamo
in modo che l'anima di Maria sia in noi per glorificare il Signore, lo spirito di Maria sia in noi per
rallegrarsi in Dio, suo Salvatore. 
Sono queste le parole di Sant'Ambrogio: "Sia in ciascuno di noi l'anima di Maria per proclamare la grandezza del Signore, sia in ciascuno di noi lo spirito di Maria per gioire in Dio Salvatore". 
E non crediamo che vi sia stata più gloria e più felicità a dimorare nel seno di Abramo, chiamato Paradiso, che nel seno di Maria, perché Dio vi pose il suo trono. Così dice il dotto abate Guerrico: "Non credere che il Paradiso, raffigurato dal seno di Abramo, sia più felice del grembo di Maria, nel quale il Signore ha posto il suo trono".


La Santa Schiavitù stabilisce soprattutto la vita di Maria nella nostra anima

55. Questa devozione, fedelmente praticata, produce nell'anima effetti innumerevoli. Il principale -
vero dono dell'anima - è quello di stabilirvi la vita di Maria, in modo che non è più l'anima che vive,
ma la Vergine che vive in lei, poiché l'anima di Maria diviene, per così dire, la sua anima. Ora,
quando per una grazia ineffabile, ma vera, la divina Maria è Regina in un'anima, quali meraviglie
non vi opera! Siccome Ella è l'artefice delle grandi meraviglie, specialmente nel nostro intimo,
perciò vi lavora in segreto, all'insaputa dell'anima stessa, la quale se ne avesse conoscenza,
guasterebbe la bellezza delle sue opere.


Maria fa sì che, di continuo, la nostra anima viva in Gesù, e Gesù viva nella nostra anima

56. E nello stesso modo, siccome Ella è dappertutto la Vergine feconda, così porta in tutto l'intimo
dove si trova, la purezza del cuore e del corpo, la rettitudine delle intenzioni, la fecondità delle
buone opere.
Non credere anima cara, che Maria, la più feconda di tutte le creature, tanto che giunse a produrre
un Dio, rimanga oziosa in un'anima fedele. Ella farà vivere incessantemente quest'anima per Gesù, e
Gesù in lei: "Figli miei, per voi io soffro di nuovo i dolori del parto, finché non sarà chiaro che
Cristo è in mezzo a voi" (Gal. 4, 19), e se Gesù Cristo è così veramente frutto di Maria per ogni
anima in particolare, come lo è per tutti quanti in generale, è certo che in modo specialissimo Egli è
frutto di Maria e suo capolavoro nell'anima dove Lei risiede.


Maria diventa ogni cosa per la nostra anima presso Gesù

57. Infine, Maria, per quest'anima diviene ogni cosa presso Gesù Cristo: Ella ne illumina lo spirito
con la sua pura fede, le approfondisce il cuore con la sua umiltà, glielo dilata ed infiamma con la
sua carità, glielo purifica con la sua purezza, glielo nobilita ed arricchisce con la sua maternità
Ma per che motivo insistere? Solo l'esperienza può rivelarci queste meraviglie di Maria, meraviglie
incredibili alle persone dotte ed orgogliose, anzi al comune dei devoti e devote.

5. La santa schiavitù alla fine dei tempi
Per mezzo di Maria il Regno di Gesù arriverà alla fine dei tempi

58. Poiché per mezzo di Maria Santissima Dio venne la prima volta al mondo, nell'umiliazione e
nell'annientamento, non potrebbe pur dirsi altresì per mezzo di Maria Santissima, che Egli verrà
un'altra volta, come l'attende tutta la Chiesa, per regnare dovunque e per giudicare i vivi e i morti?
   Ma chi può sapere come e quando ciò avverrà? So bene però che Dio, i cui pensieri distano dai
nostri più che non disti il cielo dalla terra, verrà nel tempo e nel modo meno atteso dagli uomini,
anche i più dotti e i più versati nella Sacra Scrittura, che a questo riguardo è molto oscura.
Per mezzo della Santa Schiavitù, praticata dai suoi grandi santi, Maria farà che arrivi il regno
definitivo di Gesù

59. Allo stesso modo, si deve credere che verso la fine dei tempi, e più presto forse che non si pensi,
Dio susciterà grandi uomini ripieni dello Spirito Santo e di quello di Maria, per mezzo dei quali
Ella, questa divina Sovrana, opererà nel mondo grandi meraviglie per distruggervi il peccato e
stabilire il Regno di Gesù Cristo, suo Figlio, sulle rovine di quello del mondo corrotto; e che per
mezzo di questa devozione alla Vergine, di cui non so dare che una traccia, e ben pallida anche
questa, a causa della mia pochezza, quei santi personaggi verranno a capo di tutto.