sabato 29 dicembre 2018

La PIOVRA

Risultati immagini per LA PIOVRA



LA PIOVRA MORIRÀ PRESTO

*******

30 dicembre 2009



GESÙ: Il Mondo si trova dentro una grande pentola a pressione che può esplodere da un momento all’altro. Il vapore è già al culmine. Così il male scomparirà da solo. È il momento dell’esplosione generale. Simile ad una piovra dai mille tentacoli, si estende in larghezza, facendo il lavoro di DIO. Tutta sola, la Bestia che continua a gonfiarsi di superbia esploderà di collera e di odio. Presto non si parlerà più di  quelle “tane” dove il male covava il male e dove l’uomo del male si credeva “DIO”.



Tutto ciò che non è DIO, tutto ciò scomparirà da sé. È il tempo della grande pulizia. Già in primavera vedrete certi luoghi quasi del tutto ripuliti da questa peste che ha corrotto popolazioni intere. Tutto questo Male scomparirà col tempo, che rientra poco a poco, in un altro tempo di pace e di gioia.



È la grande pulizia di primavera che cancella la fuliggine dell’inverno: sarà come una pentola dimenticata sul fuoco, che si consuma fino ad esaurire il suo contenuto, e che esploderà e si ridurrà in cenere; perché è il suo stesso fuoco che ugualmente la brucerà.



I martiri riempiranno la Terra; essi sanno di essere chiamati per guarire il loro paese, a prezzo della vita. Dove c’è il sangue dei suoi figli, sparso sul suolo, quel Paese risusciterà più bello di prima. DIO li porterà con Sé perché è necessario che il buon seme cada a terra per nutrire la moltitudine che nascerà proprio da quel seme. Allora, dopo quella aratura in profondità, con quel seme gettato a terra, si vedrà la terra stessa rinnovarsi.



Quanto sangue, quanto dolore, quanti semi a terra !



Non rimanete come semplici spettatori! Perché se DIO permette questo, nulla sarà più uguale a prima, dopo la resurrezione dei paesi in massa, che avranno enorme bisogno dell’aiuto di tutti quelli che sono rimasti ancora al riparo dal grande e terribile  massacro.  Tutto il Mondo si troverà allora nel più grande Ospedale che ci sia, dove tra i morti, vi saranno feriti da curare, e coloro che hanno l’obbligo primario di venire in loro aiuto, in tutto. Perché mai più si vedrà, in seguito, ciò che non avete mai visto e che vi resta da vedere: un deserto cosparso di uomini, misti al sangue che li copre, sdraiati in mezzo a tutti i rottami di questo mondo che è fuggito con la loro vita dalla terra di quei paesi senza nome.



Si parlerà dappertutto di quella fine orribile. La fame e la carestia busseranno a tutte le porte finché non si apriranno. Non aspettate, allora, che quelle porte si aprano per forza, perché da quella sofferenza può nascere una rivolta ancora più grande: la fame non avrà più frontiere. Nutrite con il vostro cibo gli uccelli e gli uccellini caduti dal nido. Non hanno più né nidi, né genitori: hanno perso tutto! Qual è quel padre che darà un serpente al figlio che gli chiede da mangiare un pesce, sia pure il più piccolo?



Siate allora dei padri e delle madri, perché la Terra sarà piena di orfani, disorientati, smarriti e malati, grandi e piccoli. Allora, vedrete che non ci sarà più differenza né di colore della pelle, né di razza, né di religione. Perché nel dolore, il Mondo intero diventa uno, come DIO è Uno, nella Sua Santa parola e nel Suo Santo Spirito. DIO estenderà su una Terra Nuova il Suo Amore Universale. Il Male sarà scomparso per lasciare posto all’AMORE, che non avrà frontiere.



Voi sarete come una unica, sola famiglia: la famiglia del DIO Unico e VERO.

GESÙ Cristo, Parola Vivente di DIO. Amen.


AMDG et DVM

AL DIO IGNOTO!

Risultati immagini per maria valtorta
QUADERNI DEL 1943 CAPITOLO 219
29 dicembre 1943

   Dice il Padre Eterno:

   «Scrivi, ché vi è chi lo desidera e pensa a questo. 
   Paolo di Tarso, un tempo sinedrista convinto e persecutore accanito dei discepoli di Cristo, tornato alla Luce attraverso ad una folgorazione divina e divenuto l’Apostolo instancabile del Figlio mio, nell’Areopago d’Atene annunziò agli Ateniesi quel Dio ignoto al quale essi avevano dedicato un altare.
   Anche ora molti altari vivi sono privi del loro Dio e potrebbero scrivere sulla loro nudità religiosa almeno questa parola: "al Dio ignoto".
   Non scrivono neppur questa, inferiori nel loro paganesimo agli Ateniesi di un tempo i quali, non soddisfatti dei loro simulacri senza vita vera e non offuscati da un languore religioso come voi siete, sentivano che al disopra del bugiardo Olimpo dei loro dèi, ai quali avevano prestato le loro passioni e i loro vizi, vi era un Dio vero e santo, e lo invocavano di farsi conoscere con quell’altare a Lui dedicato, sul quale ancor non era statua e nome in attesa che la Rivelazione divina ve li apponesse.
   Ma voi lo conoscete il Dio vero poiché io ve l’ho rivelato da secoli e secoli e, non contento di rivelarvelo, vi ho mandato il Dio stesso non per bugiarda apparizione o per fugace dimora, ma rivestito di umana Carne e vivente fra voi per tutta una vita.
   Io, a quella Perfezione della Perfezione di Dio - ricordate, o uomini, che Dio è Carità, e il compendio e la perfezione della Carità si ha nel Cristo che si incarna per darvi la Vita - io, a quella Perfezione scesa ad operare fra voi, ho dato un nome. Nome santo da Me voluto poiché nel suo Nome è il compendio della sua Perfezione a della sua missione sublime. Nome noto a Dio solo nel suo significato vero. Nome davanti al quale palpita di più vivo ardore la Divinità, splende di più beatifico splendore il Paradiso con tutte le sue teorie di angeli e di santi, trema l’abisso, e le forze dell’Universo inchinano le loro potenze, poiché riconoscono il nome del Re per cui tutte le cose sono state fatte.
   Nel nome tre volte santo e potente di Gesù è lo splendore e la gloria di Dio, Uno e Trino, poiché Egli è il Santo dei santi in cui si trova, come nel Tempio di Dio, Dio vivo, vero, perfetto come è in Cielo, eterno e operante come ruota che non conosce saldatura e che non cessa il suo moto nei secoli dei secoli antecedenti all’uomo e nei secoli dei secoli susseguenti all’uomo. Onde bene è detto nel Libro: "La casa al mio Nome non me la edificherai tu, uomo, ma il tuo figlio che uscirà dalle tue viscere, sarà lui quello che edificherà una casa al mio Nome".1
   Il Figlio dell’uomo, nato da donna di stirpe santa e a Me consacrata, per volere di Spirito Santo concepito senza peso di carnalità ma per sola infusione d’amore, il Nato di Maria che non apri nel nascere il seno verginale, come nel concepirlo nessuno violò quel seno a Me consacrato, il figlio tuo per la Madre, o Umanità, e il Figlio mio per l’origine divina, sarà Quello che di Se stesso farà la Casa sulla quale è incisa la Gloria del mio Nome.
   Poiché siamo inscindibili nella nostra Trinità, e nel Cristo vi è il Padre, il Figlio e il Divino Spirito. il Figlio non è che la Parola del Padre che ha preso forma per esser a voi Redenzione. Ma il suo annichilimento non spezza l’unione delle Tre Persone, poiché la Perfezione di Dio non conosce limitazioni e separazioni.
   Come potevate voi contenere Dio in tempio talmente infinito e santo quale la Divinità importa?
Solo Dio stesso poteva essere tempio a Dio e portare il suo Nome senza che ciò fosse ironia e offesa. Solo Dio poteva abitare in Se stesso e fare di Sé vivi i templi dell’uomo, sui quali non più mendace è il nome apposto dall’uomo poiché quel Nome Io ve l’ho detto.
   Solo Dio poteva, o cristiani, darvi il suo Nome per segno di salvezza su tutte le stirpi della Terra, quel Nome che leggeranno gli angeli sulla fronte di chi non morrà in eterno e li preserveranno, per quel Nome, dai flagelli dell’ultima ora come dalla seconda morte già ha preservato gli eletti che nella dimora celeste cantano la santità del Nome del mio Figlio.
   Guai a coloro che rinnegano quel Nome a lo offendono sostituendo ad esso, santo, il segno demoniaco di Satana, o che anche solo permettono al languore dello spirito di dimenticarlo come se una sostanza corrodente lo cancellasse dal loro io che ha Vita per quel Nome. La Morte, la vera Morte attende i misconoscitori del Nome del Figlio mio, al quale ho deferito ogni potere e ogni giudizio e nel Nome del quale si piega la mia Maestà ad ogni miracolo, come nell’Universo dovrebbe piegarsi ogni creatura in adorazione santa e soave.
Oh! figli del mio Figlio - che ha portato il suo Nome ad imporporarsi di divino Sangue sull’erta del Calvario e a splendere, unica luce del mondo oscurato, fra le tenebre del Venerdì santo, perché fosse il monito che dall’alto di una Croce accenna al Cielo per il quale siete stati fatti, e da secoli splende per continuarvi a ricordare il Cielo, e mai come ora balena per chiamarvi a Sé in quest’ira da voi creata, invocata, voluta, nella quale perite fra gorgogli di sangue e risate di demoni - o figli del mio Figlio, scalfite nuovamente col vostro dolore che torna a Dio, colla vostra speranza che si rialza a Dio, con la vostra fede che le lacrime ribattezzano, col vostro amore che ritrova la via della Carità, il Nome santo di Gesù Cristo sull’ara del vostro cuore senza Dio, sul tempio profanato della vostra mente. Liberateli l’uno e l’altra dai simulacri di un culto che vi dà morte dello spirito. Ponete in essi e su essi il Dio vero. Amate, cantate, invocate, benedite, credete nel Nome del mio Figlio.
   Nel Nome del Giusto, del Santo, del Forte, del Dominatore, del Vincitore. Nel Nome di Colui davanti al quale non resiste il Padre e per il quale lo Spirito effonde i suoi fiumi di Grazia santificante. Nel Nome del Misericordioso che vi ama sino ad aver voluto conoscere la vita e la morte della terra ed a farsi Cibo per nutrire la vostra debolezza e Sacramento per rimanere fra voi oltre il suo ritorno al Cielo e portare in voi Dio.
   Io ve lo giuro per la mia Santità: non vi è, non vi fu, non vi sarà nome più grande di Questo. in Esso Io, Uno e Trino, sono con la mia Manifestazione Suprema di Potenza e Amore.»

 

   Dice ancora:
   «Metti la data di domani. Gesù Cristo, figlio di Davide, deve aver celebrato il suo Nome nel giorno del Profeta regale dal quale Maria proviene.»

 

   Dice Gesù:
   «E la parola del Signore ti è rivolta in questi termini, anche se tu non la vuoi udire poiché ti fa tremare il cuore e di timore e di pietà, per i giorni che vi sono serbati e per i fratelli che nei giorni dell’ira terribile non avranno Me nel cuore per loro conforto, e vedranno solo l’orrore di Satana e udranno solo le bestemmie di Satana e conosceranno solo la disperazione di Satana.
   Ho messo questa lacuna per monito agli indiscreti, mostrando e dimostrando che io sono il Signore e Maestro al quale non vanno poste limitazioni o tesi, il quale non conosce limitazioni, per mostrare che io sono quello che parlo e non tu creatura, e meco ti conduco dove voglio: dalle rivelazioni e le contemplazioni di eterni veri e di celestiali visioni, alle considerazioni di quest’ora satanica in cui è annullato ogni riflesso di Cielo e ai frutti che dessa ora vi porta.
   O mio popolo, ascolta.
   Ti avevo eletto alla più alta sorte e a te avevo affidato le gemme della mia Redenzione e la mia Dottrina nella Chiesa, fiorente sul tuo suolo come palmizio e cedro da cui fluiscono miele e vino e in cui trovano riparo tutti i viventi che vogliano aver riparo nell’arca vera della salvezza eterna.
   Da te come da un sole erano partiti raggi di una civiltà perfetta perché era la Civiltà del Cristo, la quale non si ammanta di scoperte atte a rendere molle la vita e crudele la sorte, ma di leggi sante, volte ad elevare l’uomo, a sollevare le sue miserie, ad istruire la sua ignoranza, poiché sono leggi venute dalla Fonte divina della Santità, della Carità, della Sapienza.
   Ti avevo dato una missione simile alla mia di Luce nel mondo.
   Mi hai rinnegato. Gerusalemme nuova, hai tradito il Cristo e infierito sui suoi santi e i suoi profeti e ti appresti ad infierire più ancora. Hai sopportato la croce e le chiese come arte e come mezzo per conseguire i tuoi scopi neopagani. Hai respinto il Cibo per satollare il tuo cuore di fango.
   Tutto il fango hai voluto conoscere e assaggiare e con gusto corrotto come quello di un immondo animale ora ti pare dolce al palato. E lussuria, prepotenza, ferocia, avidità, menzogna, corruzione, satanismo, sono i piatti di cui colmi la tua tavola. E castigo, castigo, castigo attiri su te, fabbrichi con le tue stesse mani e te lo infliggi, e invochi chi ti perde e non chiami chi ti perdonerebbe ancora.
   Ho usato ancora una e una misericordia su te e ti ho2 avvertito di non volgere questa mia misericordia a tuo novello danno usandola con fine indegno. E una e una volta ancora avete del dono di Dio fatto un peccato usandolo con fine illecito.
   Proprio come dice il Profeta: "La verga ha fiorito, l’orgoglio ha germogliato". Io vi avevo dato virgulto d’olivo perché lo coltivaste e vi divenisse fronda di giustizia e pace, avvisandovi che il suolo doveva esser sgombrato dall’errore perché il santo mio pollone non s’inselvatichisse nel contatto impuro e non germinasse in rami e frutti di più grande colpevolezza. Ma non avete ascoltato il Signore che - Padre e Maestro - vi dava consiglio, e la fioritura è divenuta veleno e l’orgoglio ha figliato delitto. E altro delitto seguirà, ed altri ancora.
   Per cui vi dico: non uno di voi sarà senza pianto. Piangerà chi possiede e chi è ignudo. Poiché chi possiede perderà e chi è ignudo più non troverà chi lo vesta. La fame, la spada, la pestilenza, vi stringeranno con le loro funi i corpi, e disperazione e terrore le anime cieche.
   Si; come ciechi sarete, camminanti nelle tenebre piene di orridi e di macerie, sapendo che ogni passo che muovete può condurvi a tradimento e morte camminerete come su suolo scosso da terremoto tremendo. E invero la Terra trema sotto i vostri passi perché, per quanto non sia che un pianeta, è più figlia del Creatore di voi, e vede il volto irato di Dio affissare questo suolo, simile a quando guardò i figli meritevoli del diluvio e del fuoco, e si agita, nelle sue profondità, di timore per il suo castigo.
   I valori materiali e intellettuali sconvolti e dispogliati della loro giusta sostanza. Le cognizioni divenute inciampo e non aiuto; fin quella santa di Dio divenuta condanna perché conoscendolo lo rinnegate. Luce e Parola vi rimangono nella strozza senza poter scendere ad illuminare e nutrire lo spirito, poiché il laccio delle vostre perverse passioni vi impedisce di accoglierle.
   Vedendo crollare gli idoli di fango che avevate eretto al posto del Dio vero, conoscerete di avere adorato immondezza e non avrete più fede. Più fede in nulla. Non nel vero, non nel falso.
   E per punizione ai rinnegatori, ai senza fede, verranno loro addosso gli odiatori del Cristo Romano, gli empi della Terra, i sempre più prossimi a Satana, i demolitori della Croce, non tanto sulle cupole dei templi quanto nell’interno dei cuori che ancora portano in sé traccia del mio Segno.
   E tu, Pietro novello, vigila e vigila senza farti illusioni. Vero è che soffrire per il Cristo è dignità che più alta non si trova. Ma io ti dico: "Vigila e prega".
   In ore di grande tempesta occorre non solo avere gonfalone porpureo alto sull’albero della vela, ma che la mano di Pietro sia più che mai sana e sicura alla barra del timone. Il Disorientatore di tutto si serve per disorientare. E nelle ore di fortunale che da ogni lato si avventa per sommergere in un naufragio i valori santi, invisi ai pervertiti, basta che per un attimo la mano sia tolta, per irreparabile sventura, dalla ruota del timone, perché più forte le onde prendano di trasverso la mistica barca.
   Vigila su te perché tu possa sugli altri vigilare. Pietro, ora più che mai occorre che tu mi pasca questi miei agnelli e queste mie pecorelle. Non sei che tu che resti Pastore santo, e se tu cadi molti agnelli verranno condotti da pecore imprudenti fuori dai pascoli, e altri pastori di malvagie dottrine si insinueranno fin nell’interno del mio dominio per contaminarlo con le loro umane - e dire umane è [l325] già misericordioso giudizio -pressioni.
   No. Non è questo il momento di morire per il Cristo. Questo è il momento di vegliare, difendere, istruire, fare argine a ciò che vuole entrare a corrompere sempre più ampiamente e profondamente.
   E credimi, o Cristo in terra, credimi che la piaga già rode in profondo e ottenebra menti e cuori e, quel che è sventura delle sventure, spegne le lucerne che erano state messe in vetta ai monti perché illuminassero la via ai pellegrini cercanti il Cielo. Molte sono già spente, molte fumigano, molte languono, e altre si apprestano a languire. Se i fedeli sono gelidi, i pastori sono freddi, e la morte dello spirito viene per assideramento.insensibile morte che addormenta in un sonno senza luce di risurrezione.
   Pensaci, o Cristo in terra, nato a tanta sorte. E senza stancarti insisti, predica, esorta, riprendi, evangelizza. Troppi sono i templi in cui il Vangelo ha perduto valore e troppi i cuori che odono del Vangelo un suono non vero che da esso li allontana.
   Sopperisci tu, come Pietro primo, alle deficienze dei ministri, e fa’ che le turbe risentano attraverso alle tue labbra la dottrina dolce, santa e salutare, del Cristo, e i non ancora uccisi si salvino e tornino a Me, e torni3 la pace a questa terra in cui non vi è zolla che non conosca la rugiada dei martiri.»

   
   Dopo aver scritto questo brano, che il mio buon Gesù mi detta senza indugio dopo la sua visita, io ripenso alla conversazione avuta con lei4 riguardo a quella persona che giudica che "nulla di buono può venire da Nazaret".
   Il Maestro interloquisce: "Te ne occupi e preoccupi forse?", ed io: "No, Gesù. Per nulla. Pensavo soltanto". "Non ci pensare neppure. Lascia i morti seppellire se stessi. Occupati della mia cuna. Verrò a darti tanti eucaristici baci con essa. Questo è quello che conta: l’amore mio, e non il disamore delle creature".
   5E mi pareva che Gesù mi ponesse le mani sulle spalle (stando colle braccia dietro alle mie spalle). Sentivo distintamente le due mani lunghe e forti di Gesù che mi abbracciavano e scuotevano un poco, attirandomi a Sé con abbraccio d’amore, e vedevo il suo sorriso dolce e maestoso.
   Ieri sera poi, prima del sopore, quando già me lo sentivo venire addosso, ebbi la vista della Vergine e di Gesù, ma Gesù adulto come era alla sua morte. Sempre col suo candido abito. Tutti e6 due vestiti di bianco. Ma la Madonna aveva il suo abito di un bianco argenteo come quello del giglio, e velo uguale: così come era nelle visioni della Grotta; mentre Gesù aveva il suo che è un bianco avoriato come fosse stoffa di lana.
   Ho potuto confrontare bene i due Corpi e i due Volti essendo vicini l’uno all’altra, alla sponda destra del mio letto. Gesù presso il capezzale, Maria alla sua destra verso i piedi del letto.
   Maria era più bassa di tutto il capo del Figlio suo, di modo che la testa della Vergine era all’altezza della spalla del Figlio che è molto alto. Lei è molto più esile mentre Lui ha spalle ampie e tutto un corpo robusto senza esser grasso. Tinta del volto di un bianco avorio. Solo le labbra accentuate nel loro colore, che spicca su quel colore senza colore della pelle, e gli occhi azzurri: chiari nella Vergine, più scuri nel Figlio e più grandi. Occhi da dominatore, ma tanto dolci! Capelli più chiari nella Madre, più accesi nel Figlio, ma sempre d’un biondo tendente al color rame e ugualmente fini, morbidi e mossi in onde che in Gesù finiscono in ricciolo, in Maria non so, perché il velo mi permette solo di vedere quelli della fronte fino alle orecchie. Non so se li ha sciolti, intrecciati, o appuntati sulla nuca.
   Il volto è in tutti e due di un ovale allungato, sottile senza essere ossuto. Più delicato in Maria e più piccolo, perché proporzionato al suo corpo. Ma fronte, naso, bocca, forma delle guance, taglio dell’occhio dalla palpebra liscia e piuttosto abbassata sull’occhio, è uguale. Soltanto, ripeto, quelli di Gesù sono più grandi e il loro sguardo è da dominatore.
   Le mani, candidissime e minute in Maria, sono più virili nel Figlio e più scure di pelle, ma la forma è fortemente affusolata rispetto alla larghezza in tutti a due.
   Gesù e Maria si guardano, dentro per dentro7, con un amore indescrivibile. Maria guarda con amore adorante.  Gesù guarda la Madre con amore infinito, venerante e protettivo, riconoscente, direi. E direi anche che si parlano con lo sguardo e col sorriso. Guardavano me e poi si guardavano. Vedevo il moto delle teste distintamente.
   Poi tutto si annullò nel sopore. Ma quando tornai in me, la prima cosa che vidi furono i miei due Amori ancora allo stesso posto.
   Allora, poiché ero sola, al buio, mentre gli altri mangiavano o parlavano (non so) in stanza da pranzo, mi sono ben guardata da far sapere che ero sveglia. Ho sopportato arsura e bisogno d’esser mossa (ero tutta informicolita) per gustare in pace quella dolce visione. Con le mani mezze intorpidite ho preso la mia corona che avevo sul petto, dove la metto sempre quando mi sento prendere dal sonno o dal collasso, e ho cominciato a dire il rosario. Erano i misteri dolorosi.
   Appena ho iniziato con le invocazioni di Fatima: "Gesù, è per tuo amore, per la conversione dei peccatori, per il santo Padre e per riparare le ingiurie fatte al Cuore immacolato di Maria. Gesù, perdonateci le nostre colpe, preservateci dal fuoco dell’inferno, portate al Cielo tutte le anime e specialmente le più bisognose della vostra misericordia", ho visto i Due guardarsi sfavillando d’amore reciproco. Sfavillare è la parola giusta e dice appena il fulgore dei due Volti.
   Poi, quando dissi il mistero: "L’orazione di Gesù nell’orto", il volto di Maria guardò il Figlio con amore e pena, ed Ella prese nella sua mano piccina la mano destra del Figlio che pendeva lungo il fianco e la baciò con venerazione somma. E così ad ognuno dei cinque misteri dolorosi. La grazia di quell’atto è indescrivibile, e indescrivibile pure lo sguardo che Gesù abbassava sul capo curvo di sua Madre mentre Ella lo baciava sul dorso della mano.
   Non vedevo le stimmate. Veramente, se devo dire il vero, anche quando ho visto Gesù penante8, ho visto sangue sulle sue mani, ma la ferita aperta mai. Perciò non posso dire il punto esatto dove si trova.
   Dopo è venuta gente di casa e mi hanno disturbato. Continuavo a vedere, ma ero disturbata nella pace del contemplare. Avevo il volto solito di quando vedo e Paola9 se ne è accorta e ha detto: "Come siamo belli questa sera!".
   Poi ho lavorato perché mi sentivo felice. Ho messo insieme la "Cuna" che vuole Gesù.
   E poi... mi sono sentita male di cuore e ho avuto una bellissima crisi che dura tuttora. La Vita e la Gioia precipitano con troppa violenza in me, ed il mio corpo sfinito se ne risente. Ma ci sto, a morire con quella visione. Oh! se ci sto!...
   Le ho fatto10 una descrizione così esatta che è quasi una pittura. Se ne bei anche lei. Mi spiace di non poterle far vedere come io vedo, ma faccio il più possibile per fare una parte anche a lei dei tesori che mi dà Gesù. Scusi se sono più che mai illeggibile11, ma sono fra morte e vita, tanto che ho preso e ripreso gocce ecc. ecc., e appena Paola si alza mi farò fare delle iniezioni perché non passa la crisi. Ho voluto scrivere, nonostante il mio stato, perché, se morissi, voglio che lei conosca ciò che ha fatto luminose le mie ultime ore.
   Durante il giorno, poi, mentre ero mezza tramortita dalla sofferenza, pensavo a quanto dicevo circa le ferite alle mani di Gesù. Ed ecco quanto mi dice ora il Maestro.


   Dice Gesù:
   «Le ferite alle palme, che tu non hai visto perché raramente io muovo la sinistra e per abitudine contratta nel lavoro e perché la più ferita, sono state inflitte cosi. 
   Il pensiero dei carnefici era di appendermi per i carpi, immediatamente al di sopra della giuntura del polso, per rendere più sicura la sospensione. E infatti, dopo avermi disteso sulla croce, mi trapassarono la mano destra in questo punto.
   Ma, dato che il costruttore del patibolo aveva segnato il buco di sinistra (usava segnare i posti dei chiodi per rendere più facile l’entrata del chiodo nello spesso legno e più sicura la sospensione di un corpo messo non orizzontalmente ma verticalmente e senza altro sostegno che tre lunghi chiodi) più lontano del punto dove il mio carpo poteva arrivare, dopo avermi stirato il braccio sino a produrre lo strappamento dei tendini, si decisero a configgere il chiodo al centro del palmo, fra osso e osso del metacarpo.
   Nella Sindone ciò non si rileva perché la mano destra copre la sinistra. Fu la ferita alle membra, patita da vivo, più vasta perché, una volta alzata la croce, quando il peso del Corpo si spostò verso il basso e in avanti, il chiodo lacerò molto verso il pollice allargando il foro più che non sia a destra, dove il carpo resistette alla sospensione meglio del metacarpo. E fu anche la più tormentosa, sia per essere dalla parte del cuore, sia perché il chiodo nell’entrare spezzò i nervi e i tendini della mano, dando spasimo atroce che mi si propagò sino alla testa.
   I pittori e gli scultori, che per senso d’arte mi dipinsero o scolpirono con la mano destra semi aperta e la sinistra serrata a pugno, hanno testimoniato senza volere una verità fisica del mio Corpo martirizzato, perché la mano sinistra realmente si serrò a pugno e nello spasimo e per la troncatura dei nervi recisi, e sempre più si chiuse perché sempre più lo spasimo e la contrattura delle fibre nervose aumentò col passare delle ore. 
   Molti sono stati i miei spasimi sulla Croce. Te ne parlerò un giorno12. Ma questo delle mani fu uno dei più crudeli.
   La ferita sulla destra è quasi completamente nascosta dalla manica ed è più piccola e regolare.
   Quando ti sono apparso come Uomo dei dolori avviato al Calvario13, tu non hai visto le ferite delle mani perché, non essendo ancora crocifisso, logicamente non le avevo ancora. Avevo sulle mani il sangue gocciante dal capo coronato e dall’epidermide lacerata dai flagelli, ma non le ferite. Te le mostrerò in tempi più consoni, di questi natalizi, a tale visione di dolore.
   Riguardo a quella parola di cui non comprendi il vero significato, sappi che vuol dire: "mercimonio con Satana"14. Esso si compie in molte guise, tutte da Me maledette. Anche di questo te ne parlerò un giorno. Sappi, per ora, che esso è molto esercitato nel mondo ed è causa di molte sventure e di castighi inesorabili qui e nell’eternità.
   Ora basta. Riposa. Io sono qui e ti benedico.»15

 

   1 La scrittrice aggiunge a matita: III libro dei Re, cap. 8° v. 19. 

   2 ho è aggiunto da noi.

   3 torni è aggiunto da noi.

   4 Padre Migliorini.

   5 A questo punto la scrittrice mette di nuovo la data: 29-12, che aggiunge come annotandola.

   6 e è ripetuto all’inizio della pagina l328.

   7 dentro per dentro significa ogni tanto, di tanto in tanto

   8 Negli scritti del 28 giugno (p. 48) e del 2 agosto (p. 161).

   9 Paola Belfanti.

   10 Si rivolge al Padre Migliorini.

   11 illeggibile è nostra correzione da illegibile 

   12 Nella monumentale opera sulla vita del Signore.

   13 Vedi, ad esempio, le pagine 48, 85, 161. Ma vedi anche la nota 1 di pag. 2.

   14 Simile espressione l’abbiamo già incontrata a pag. 156.

   15 Qui termina il quaderno n. 11. Poiché ci siamo proposti di pubblicare non gli «scritti» ma i «quaderni» del 1943, avvisiamo che gli ultimi due scritti dell’anno li incontreremo all’inizio del prossimo quaderno, il n. 12, che appartiene al 1944.

AMDG et DVM

giovedì 27 dicembre 2018

I Santi Innocenti

Risultati immagini per strage degli innocenti giotto

GIOTTO - SCROVEGNI: La strage degli Innocenti



QUADERNI DEL 1943 CAPITOLO 218


28 dicembre 1943

   Dice Maria:

   «Il primo pianto del mio Bambino ha tremato nell’aria otto giorni dopo la Nascita. Era il primo dolore del mio Gesù. 
   Egli era l’Agnello e come agnello fu marcato col segno del Signore perché fosse a Lui consacrato: Primogenito, secondo la legge divina e secondo la legge umana, fra tutti i viventi. 
   
Già la sua consacrazione a Dio Padre era avvenuta in Cielo quando Egli si era offerto Riparatore della colpa e Redentore dell’uomo, cangiando la sua spirituale natura in quella di Uomo, Verbo fatto Carne per desiderio d’amore. 
   Vittima già deposta sulla pietra del celeste altare, Vittima santa e senza difetto, Egli non aveva bisogno d’altre consacrazioni sempre imperfette a paragone della sua sublime. Ma tale era la Legge e nessuno, fuorché quelli ai quali Dio aveva rivelato la natura del Figlio mio, conosceva come il Bambino della donna galilea fosse il Santo, l’Unto del Signore, il Pontefice eterno, il Redentore e Re. Perciò la Legge doveva compiersi per questo maschio primogenito, nato al Signore e a Lui offerto secondo il suo Volere.

   Circoncisi tutti, i figli di Abramo, ma il segno sui primogeniti era veramente l’anello che li univa a Dio e li consacrava all’altare. Presso al nostro altare non potevano essere offerti coloro che prima non avessero già sofferto per il Signore questi sponsali mistici. Due volte santi i primogeniti ebrei e per la circoncisione e per l’offerta al Tempio, infinitamente santo l’innocente che piangeva sul mio seno dopo aver sparso le prime stille di quel Sangue che è perdono.
   
Se i presenti al rito avessero avuto lo spirito vivo, avrebbero compreso quale Maestà si celava dietro quelle Carni infantili e avrebbero adorato Iddio apparso fra gli uomini per portare gli uomini a Dio. Ma allora, come ora, gli uomini avevano il cuore ingombro da quanto è pratica e non religione, interesse e non distacco dal mondo, egoismo e non carità, superbia e non umiltà. Il volto di Dio non apparve dunque ai loro occhi tralucendo dalle Carni dell’innocente.

   Per conoscere Iddio bisogna fare scopo della vita la ricerca di Dio. Allora Egli si svela senza più mistero, ossia con quel tanto di mistero che Egli, nella sua Sapienza, giudica esser bontà serbarvi per non incenerirvi col suo Fulgore, poiché - sappilo, Maria - la visione di Dio quale è - e come solo in Cielo è concesso vedere, poiché in Cielo sono già spiriti che la santità ha reso atti a contemplare iddio - è di una tale potenza che solo la nostra natura fatta a somiglianza di Dio può sopportarla, così come un figlio può sempre vedere la potenza e la bellezza del padre suo senza sentirsene sgomento e avvilito.

   È nel Cielo, oltre la vita umana, che l’uomo prende la vera somiglianza di Dio è allora che può affissarlo ed accrescere il suo fulgore col Fulgore divino, la sua beatitudine contemplando l’Amore che vi1 ama.

   Il Sangue del mio Figlio chiese, nel suo gocciare, purpureo corteo di altro sangue innocente.

   I piedi del Cristo avrebbero corporalmente calpestato il terreno aspro della Palestina, reso ancor più nemico al suo andare dal malvagio volere umano che ai rovi e alle pietre del cammino univa il suo livore, l’insidia, il tradimento e il delitto.

   Il Re dei Giudei e il Re del mondo non ha avuto molli e preziosi tappeti sotto il suo piede. Anche nell’ora del breve trionfo umano - così umano che, essendo frutto di esaltazione di folla per il presunto re dei Giudei, per colui che avrebbe ridato lustro al popolo ebreo, cadde come ala di vento che più non gonfia la vela e si mutò in bufera - anche allora Egli non ebbe che povere vesti e rami di ulivo, omaggio dei poveri, sotto alla sua ancor più povera cavalcatura.

   Ma quanto gli uomini non vedevano, vedeva l’Uomo-Dio sulla terra e vedeva Dio in Cielo; e quando il mio Cristo tornò al Cielo, dopo il martirio, per ricevere l’abbraccio del Padre, i suoi Piedi trafitti volarono rapidi su un prezioso tappeto di porpora viva, che era rimasto come scia santa dalla terra al Cielo quando i primi martiri del Figlio mio - i piccoli innocenti - erano caduti come manipoli di spighe falciate dal mietitore e come prati di fiori in boccio tagliati a divenire fieno, imporporando del loro sangue la via del Cielo.

   Ogni redenzione ha bisogno di precursori che la preparino. E non tanto con la parola quanto col sacrificio. La Redenzione, ormai iniziata, ebbe alla sua alba il sacrificio dell’innocenza spenta dalla ferocia e al suo meriggio il sacrificio della penitenza uccisa dalla lussuria a cui la penitenza è rimprovero.
   Il Sangue del Golgota cadde fra questi due eroici sangui per insegnarvi che è tra l’innocenza e la penitenza che il Redentore si posa, e che il Sangue del Cristo chiama il vostro sangue alla gloria del dolore per santificarlo e per santificare il mondo unendosi al Sangue santissimo del Figlio mio.»

   vi è lettura incerta; potrebbe leggersi anche si

AMDG et DVM

PER ESSERE DEI PREDILETTI - PAROLE LUMINOSISSIME ...

Risultati immagini per san giovanni apostolo

QUADERNI DEL 1943 CAPITOLO 217


27 dicembre 1943

   ore 1 antimeridiana.
   Dice l’Apostolo: 

  
 «Giovanni al piccolo Giovanni1. Dopo il Maestro e la Madre parlo io pure per darti un insegnamento spirituale. 
   Per essere dei prediletti occorre fare ciò che io ho fatto per ispirazione dello Spirito Santo.
Fedeltà assoluta che tutto accoglie senza esitazione e senza discussione. Purezza di spirito, di mente, di carne. Carità eroica.

   Talora Dio ci sottopone a prove che altro non sono che saggi dell’oro dell’anima. Siamo destinati a questa dimora che io posseggo presso il mio Dio. Ma qui non entra chi nella sua anima porta un anche minimo2 amalgama di impurità. Le prove sono quelle che ci spogliano da quanto è in noi di impuro e fanno del nostro spirito un quarzo senza scorie.
   La fedeltà ci porta a superare le prove senza che esse incrinino la nostra fede e il nostro amore.

   Io ho creduto nel Maestro sempre, ho accettato da Lui tutto sempre, ho voluto ciò che Egli voleva da me prontamente, ho annullato la mia volontà e la mia ragione umana, che ho arse come vittime su un altare, perché io fossi ostia degna del Cristo. Non ho voluto di mio nulla. Tutto ho chiesto al Maestro mio: un nuovo cuore, un nuovo pensiero, un nuovo carattere. Che fosse suo, come il suo, e tutto a servizio suo.

   La mia purezza naturale l’ho resa più candida del giglio angelico tuffandola nell’amore per il Maestro mio. Non pesa l’esser angeli quando le nostre ali si riposano sul Cuore di Cristo. E il divenire serafini a cui l’amore non ha più segreti, è naturale conseguenza di coloro che disposano sé all’Amore incarnato. Occorre contrarre queste spirituali nozze, né mai conoscere orrore di mistico adulterio.

   La Carità è la salvezza nostra, poiché ci santifica trascinandoci nei suoi sublimi vortici e ci perdona di quanto la carne in noi, contro il volere di noi, commette poiché è ribelle peso che anela al basso mentre lo spirito, già attratto all’alto, anela e sale nelle adorazioni di Dio.
   La mia parola a te, discepola, è la stessa di quella che dicevo ai discepoli di un tempo:
   Ama. Dall’amore viene luce, viene vita, viene speranza, viene fede, viene costanza, fortezza, giustizia. Tutto viene dall’amore. Chi possiede l’amore possiede lo Spirito di Dio. E chi possiede lo Spirito ha in sé le sette fonti che annullano i sette peccati che impediscono la Vita in Dio.
   Nelle Tenebre che imperano porta in te accesa la Luce del mondo. Per lei otterrai il possesso del Cielo.
La pace di Cristo sia sempre teco.»
 *
   Lo stesso 27 -12, alle ore 6 antimeridiane.
   Dice Gesù:

   «Sono i miei quattro evangelisti coloro che, fuoco sprigionante fuoco, portano la mia Voce nella direzione voluta dai loro spiriti accesi. Portano la mia Gloria alle genti, perché mi fanno conoscere e dànno col loro ardore moto al tuono3 su cui sfolgora la mia Maestà di Dio, Redentore e Maestro. il loro spirito, vivente eterno in seno a Dio, muove le mistiche ruote e dà, senza mezzi umani, ad esse vita poiché è spirito di Vita.

   A venti secoli di distanza non sono forse essi che ancora evangelizzano e dirigono a Me la massa degli umani e quella dei credenti, ed empiono del fragore santo del mio insegnamento la Chiesa Romana, sonante della mia Voce che rimbomba come voce d’organo sotto le volte mistiche del Tempio smisurato di Dio che vi accoglie, o cristiani non fedifraghi, spenti o rinnegatori, e che si stende vasto come un firmamento su tutta la Terra e le genti accoglie all’ombra della Croce e del Tabernacolo? 

   Non è la loro parola, eco della mia Parola scesa nei loro cuori e fatta in essi Luce per volere dello Spirito di Dio, quella che con rumore d’immense acque vi riporta il tono della voce sublime di Dio? 
   Non è nel rumore dei loro passi il rumore delle moltitudini che la loro parola ha attirate a Me, simile a rumore di armata in cammino, della santa armata di Cristo, loro Duce a Signore, che vince con essi le forze d’inferno e conquista per essi e con essi il Cielo? 

   Non è nel loro aspetto (e qui non alludo al simbolismo del volto, ma dello stile) quelli che vi riportano così viva e perfetta la mia quadruplice figura di Uomo divino nella mia Umanità perfetta, non dissimile alla vostra nei bisogni e nelle passioni, ma sublimata a Perfezione che vi insegna a quali vertici occorre portare sé per essere dei Cieli e quali vi aveva fatti il Padre per i Cieli? La mia pazienza e forza per cui ho vinto Satana, la Morte e il Mondo, e vi ho vinto con l’amore e trascinato come masso di marmo pario sulla salita la cui vetta è il Cielo? Il mio coraggio, il mio eroismo rispetto al quale quello del leone è nullo, perché Io non ho il coraggio di chi assale per nutrire il suo io, ma il coraggio eroico e sublime di chi si fa assalire e uccidere per fare di Sé cibo di vita ai languenti della Terra?

   Non è soprattutto la mia Divinità che splende e balena nell’intelligenza e vi porta dal centro dei Cieli la Luce, e vi porta la Carità, e vi porta la Sapienza, e vi porta la Conoscenza, e vi porta il Dio, Uno e Trino, facendovi cogniti del Padre e possessori dello Spirito, rapendovi ad altezze in cui solo chi ha fatto della sua pesantezza umana una spirituale levità vola come aquila chiamata da un amore a congiungimenti eterni in cui più non siete uomini ma dèi?

   Non vi insegnano col loro rimanere immoti, adorando, quando la mia Voce tuona nei Cieli, la grande verità che non vi è voce più grande della mia, più santa e vera, e che ogni altra voce, ogni altra potenza, deve tacere e fermarsi quando Essa parla, per accoglierla come gemma inestimabile e portarla in sé per mostrarla alle folle e rapirle a Dio?
   Non riposa la mia Gloria su loro come su sicuro trono e non splende la mia Luce su questi benedetti che hanno seminato l’Orbe della mia Parola e l’hanno cristianizzato e redento ammaestrandolo del Redentore e Dio Gesù Cristo?

   Nùtriti, o figlia diletta, di questa santa Parola che essi ti portano e che io ti dono. Poiché sei destinata a ripetere insegnamenti del Verbo4 che prende la tua pochezza per sbalordire i grandi e consolare gli umili, accetta il cibo che io ti offro e non lo ricusare. Se la sua materia ti pare ostica e immangiabile come pesante rotolo di pergamena, sappi che te ne spezzo i sigilli a te ne sbriciolo le parti poiché t’amo, e ti voglio nutrire di cibo santo.
   Apri il tuo cuore a saziane l’insaziabile fame, perché il cuore che ha conosciuto Dio ha di Lui insaziata fame. il mio Vangelo antico e nuovo sarà miele dolcissimo allo spirito tuo.»

   1 L’apostolo ed evangelista Giovanni parla a Maria Valtorta, detta "piccolo Giovanni".
   2 un minimo sono nostre correzioni da una minima
   tuono potrebbe leggersi anche trono 
   4 Maria Valtorta scriverà la monumentale opera, di natura evangelica, sulla vita di Gesù.

Risultati immagini per san giovanni apostolo


AVE MARIA PURISSIMA!

AMDG et DVM

mercoledì 26 dicembre 2018

San Giovanni Apostolo ed Evangelista


Dal libro di san Girolamo Prete sugli Scrittori ecclesiastici. Cap. 9

Giovanni Apostolo, che Gesù amava moltissimo, figlio di Zebedeo e fratello di Giacomo Apostolo decapitato da Erode dopo la passione del Signore, dietro preghiera dei vescovi dell'Asia, scrisse, ultimo fra tutti, il Vangelo contro Cerinto ed altri eretici, e specialmente contro la dottrina che cominciava a sorgere degli Ebioniti, i quali pretendono che Cristo non sia esistito prima di Maria: ciò lo determinò a proclamare la generazione divina di lui.

Nell'anno dunque decimo quarto di Domiziano, nella persecuzione, suscitata da questo, la seconda dopo Nerone, relegato nell'isola di Patmos, scrisse l'Apocalisse, che fu interpretata da Giustino Martire e da Ireneo. Ucciso poi Domiziano e annullati dal senato gli atti di lui perché troppo crudeli, sotto il governo di Nerva ritornò ad Efeso dove, dimorando fino all'impero di Traiano, fondò e governò tutte le chiese dell'Asia: e stremato dalla vecchiezza, morì nell'anno sessantotto dopo la passione del Signore, e fu sepolto presso la medesima città.

Dai Commentari del medesimo sulla Lettera ai Galati
Lib 3 Cap. 6
Il beato Giovanni Evangelista, dimorando in Efeso fino alla più tarda vecchiaia, e non potendo essere condotto in chiesa se non tra le braccia dei discepoli, né potendo più fare lunghi discorsi, in ogni adunanza non faceva che ripetere questo: Figliolini, amatevi scambievolmente Joann. 4,7. Alla fine i discepoli ed i fratelli presenti annoiati di sentire sempre la stessa cosa, gli dissero: Maestro, perché fai sempre la stessa raccomandazione? Allora egli diede questa risposta degna di Giovanni: Perché è il precetto del Signore; e se questo solo sarà osservato, basta.


V. E tu, o Signore, abbi pietà di noi.
R. Grazie a Dio


***********************************************

BELLISSIMA  OMELIA per la festa di san Giovanni Apostolo

Omelia di sant'Agostino Vescovo

Trattato 124 sopra Giovanni dopo la metà

La Chiesa sa che ci sono due vite fatte conoscere e raccomandatele da Dio: l'una consiste nella fede, l'altra nella visione; l'una si svolge in questo pellegrinaggio temporaneo, l'altra dura per tutta l'eternità; l'una trascorre nella fatica, l'altra nel riposo; l'una è propria del nostro viaggio, l'altra della patria; l'una consiste nell'operosità dell'azione, l'altra nella ricompensa della contemplazione, Nell'una si evita il male, e si opera il bene nell'altra non c'è alcun male da evitare, e c'è invece un gran bene da godere. Nell'una si combatte contro il nemico; nell'altra si regna senza nemico.

Nell'una si soccorre l'indigente; nel soggiorno dell'altra- non c'è verun indigente. Nell'una si perdonano i peccati altrui, perché siano perdonati i propri; nell'altra non c'è nulla che abbia a perdonarsi, né si commette cosa che esiga l'altrui venia. L'una è flagellata dai mali, affinché non insuperbisca per i beni; l'altra è colma di tanta pienezza di grazia ch'è esente da ogni male, ed è unita al sommo bene senza alcuna tentazione di superbia.

L'una dunque è buona, ma ancora piena di miserie; l'altra è migliore e beata. Quella è significata nell'Apostolo Pietro, questa in Giovanni. Quella si svolge tutta quaggiù sino alla fine di questo secolo allorché avrà termine; quella non riceverà la sua perfezione che alla consumazione di questo secolo, ma nel secolo futuro non avrà fine. Perciò a questo è detto: «Seguimi» Joann. 21,22. Dell'altro invece «Se io voglio ch'egli rimanga finché venga io cosa t'importa? tu seguimi». Che significa ciò? Per quanto so, per quanto capisco, che significa ciò? se non: tu seguimi imitandomi nel sopportare i mali temporali: l'altro rimanga, finché io venga a dare i beni eterni.

V. E tu, o Signore, abbi pietà di noi.
R. Grazie a Dio.


******************************

Preghiamo
Diffondi, Signore benigno, la luce sulla tua Chiesa, affinché illuminata dalla dottrina del tuo beato Apostolo ed Evangelista Giovanni, giunga alle ricompense eterne. 
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
R. Amen.


******************************