giovedì 31 maggio 2018

Ogni mistero del Rosario distrugge l'eresia



Distrugge l'eresia.

"Nella contemplazione, il Mio Cuore si è infiammato. Oggi è il primo sabato del mese, e i Miei figli si riuniscono di nuovo nel mondo intero. Io ne ho molti, molti, ed è la gioia del mio Cuore Immacolato.
Io li vedo tutti: quelli che per la prima volta mi regalano i loro "primi saba­ti", e quelli che non lo vogliono fare; e ancora quelli che una volta lo facevano ma che ora non lo voglio­no più fare.



Di Gesù si è detto che tutto ciò che faceva, lo faceva bene. Di Sua Madre, si è detto lo stesso. Allora, se volete fare del vostro meglio, dovete imitare il Figlio di Dio e Sua Mare unendovi a loro.


Recitando il Rosario, bisogna chiedersi: 

- Di questo mistero, che posso applicare nella mia vita? 
- Come posso unirmi a Maria e a Suo Figlio? 
- Come posso scoprire ciò che mi è utile affinché il frutto sia buo­no e che tutto ciò che farò, lo faccia bene?



Satana ha inventato delle eresie per impedire il Rosario, per privare gli uomini del Rosario, perché ogni mistero del Rosario distrugge l'eresia.

AVE MARIA PURISSIMA!

INFERNO

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  • Dai Quaderni di M. Valtorta

  • L'empio sarà condotto al sepolcro, è naturale. Tutti gli aiuti può dare Lucifero ai suoi prediletti, ai suoi fedeli, ai suoi schiavi, ma non l’immunità dalla Morte perché solo Io sono Vita e solo Io ho vinto la Morte. Perciò quando la somma del Male commesso dall’empio, è compiuta, Io do ordine alla  Morte di prendere possesso di quella carne. Essa carne conosce perciò l’orrore del sepolcro e per l’empio sarà vero sepolcro. ( … )
    Le anime, scisse dai corpi, hanno tre dimore e le avranno sinché non ne rimarranno che due, dopo il Giudizio che non errerà. I beati gioiscono immediatamente dell’eterno riposo; i penanti attivamente compiono la loro espiazione pensando all’ora della liberazione in Dio, i
    dannati si agitano nel rovello del bene perduto. No, che tanto meno trovano riposo nella loro terribile tortura, quanto più empi sono stati.
    Ma l’empio, colui che con la sua empietà ha trascinato altri all’empietà e sospinto altri al peccato, sarà come una torre insonne in un mare di tempesta. Davanti a sé la folla degli uccisi (nell’anima) da lui, davanti a sé il ricordo vivo dei tanti omicidi d’anime da lui commessi e il rimorso, che non dà pace a chi uccide, dal giorno che Caino sparse il sangue del fratello, lo flagellerà ben più atrocemente dei flagelli infernali.
    Veglierà sul suo Delitto che si avventò contro Dio nelle creatura di Dio e che come belva infuriata portò strage nelle anime. Tremendo avere davanti a sé la prova del malfatto! Castigo aggiunto ai castighi! Orrore senza numero, come senza numero sono le colpe dell’empio fra i peccatori. 7.8.43
  • Gli uomini di questo tempo non credono più all’esistenza dell’inferno, si sono congegnati un al di là a loro gusto e tale da essere meno terrorizzante alla loro coscienza meritevole di molto castigo. Discepoli più o meno fedeli allo Spirito del Male, sanno che la loro coscienza arretrerebbe da certi misfatti, se realmente credesse all’Inferno, così come la fede insegna che sia; sanno che la loro coscienza, a misfatto compiuto, avrebbe dei ritorni in se stessa e nel rimorso troverebbe il pentimento, nella paura troverebbe il pentimento e col pentimento la via per tornare a Me.
    La loro malizia, istruita da Satana, al quale sono servi o schiavi (a seconda della loro aderenza ai voleri e alle suggestioni del Maligno) non vuole questi arretramenti e questi ritorni. Annulla perciò la fede nell’Inferno quale realmente è e ne fabbrica un altro, se pure se lo fabbrica, il quale non è altro che una sosta per prendere lo slancio ad altre, future elevazioni.
    Spinge questa sua opinione sino a credere sacrilegamente, che il più grande di tutti i peccatori dell’umanità, il figlio diletto di Satana, colui che era ladro, com’è detto nel Vangelo, che era concupiscente e ansioso di gloria umana, come dico Io, l’Iscariota, che per fame della triplice concupiscenza si è fatto mercante del Figlio di Dio, e per trenta monete e col segno di un bacio – un valore monetario irrisorio e un valore affettivo infinito – mi ha messo nelle mani dei carnefici, possa redimersi e giungere a Me passando per fasi successive. No. Se egli fu il sacrilego per eccellenza, Io non lo sono. Se egli fu quello che sparse con sprezzo il mio Sangue, Io non lo sono. Perdonare a Giuda sarebbe sacrilegio alla mia divinità da lui tradita, sarebbe ingiustizia verso tutti gli altri uomini, sempre meno colpevoli di lui e che pure sono puniti per i loro peccati, sarebbe sprezzo al mio Sangue, sarebbe infine venire meno alle mie leggi.
    Ho detto, Io Dio Uno e Trino, che ciò che è destinato all’Inferno dura in esso per l’eternità, perché da quella morte non si esce a nuova risurrezione. Ho detto che quel fuoco è eterno e che in esso saranno accolti tutti gli operatori di scandali e d’iniquità. Né crediate che ciò sia sino al momento della fine del mondo. No, che anzi, dopo la tremenda rassegna, più spietata si farà quella dimora di pianto e tormento, poiché ciò che ancora è concesso ai suoi ospiti d’avere per loro infernale sollazzo – il poter nuocere ai viventi e il vedere nuovi dannati precipitare nell’abisso – più non sarà e la porta del Regno nefando di Satana sarà ribattuta, inchiavardata dai miei angeli, per sempre, per sempre, per sempre, il cui numero di anni non ha numero e rispetto al quale, se anni divenissero i granelli di rena di tutti gli oceani della terra, sarebbero meno di un giorno di questa mia eternità immisurabile, fatta di luce e di gloria nell’alto per i benedetti, fatta di tenebre e orrore per i maledetti nel profondo. ( … )
    L’Inferno è luogo in cui il pensiero di Dio, il ricordo del Dio intraveduto nel particolare giudizio non è, come per i purganti, santo desiderio, nostalgia accorata ma piena di speranza, speranza piena di tranquilla attesa, di sicura pace che raggiungerà la perfezione quando diverrà conquista di Dio, ma che già dà allo spirito purgante un’ilare attività purgativa perché ogni pena, li avvicina a Dio, loro amore; ma è rimorso, è rovello, è dannazione, è odio. Odio verso Satana, odio  verso gli uomini, odio verso sé stessi. Dopo aver adorato Satana, nella vita, al posto mio, ora che lo possiedono e ne vedono il vero aspetto, non più celato sotto il maliardo sorriso della carne, sotto il lucente brillio dell’oro, sotto il potente segno della supremazia, lo odiano perché causa del loro tormento.
    Dopo avere, dimenticando la loro dignità di figli di Dio, adorato gli uomini sino a farsi degli assassini, dei ladri, dei barattieri, dei mercanti d’immondezze per loro, adesso che ritrovano i loro padroni per i quali hanno ucciso, rubato, truffato, venduto il proprio onore e l’onore di tante creature infelici, deboli, indifese, facendone strumento al vizio che le bestie non conoscono – alla lussuria, attributo dell’uomo avvelenato da Satana – adesso li odiano perché causa del loro tormento.
    Dopo avere adorato se stessi dando alla carne, al sangue, ai sette appetiti della loro carne e del loro sangue, tutte le soddisfazioni, calpestando la Legge di Dio e la legge della moralità, ora si odiano perché si vedono causa del loro tormento.
    La parola “Odio” tappezza quel regno smisurato; rugge in quelle fiamme; urla nei chiachinni dei demoni; singhiozza e latra nei lamenti dei dannati; suona, suona, suona come un’eterna campana a martello; squilla come una eterna buccina di morte; empie di sé i recessi di quella carcere; è, di suo, tormento, perché rinnovella ad ogni suono, il ricordo dell’Amore per sempre perduto, il rimorso di averlo voluto perdere, il rovello di non poterlo mai più rivedere.
    L’anima morta, fra quelle fiamme, come quei corpi gettati nei roghi o in un forno crematorio, si contorce e stride come animata di nuovo da un movimento vitale e si risveglia per comprendere il suo errore e muore e rinasce a ogni momento con sofferenze atroci, perché il rimorso la uccide in una bestemmia e l’uccisione la riporta a rivivere per un nuovo tormento. Tutto il delitto d’aver tradito Dio nel tempo, sta di fronte all’anima nell’eternità; tutto l’errore d’aver ricusato Dio nel tempo, sta per suo tormento, presente a essa per l’eternità.
    Nel fuoco le fiamme simulano le larve di ciò che adorarono in vita, le passioni si dipingono in roventi pennellate con i più appetitosi aspetti e stridono, stridono il loro memento: Hai voluto il fuoco delle passioni, ora abbiti il fuoco acceso di Dio il cui santo Fuoco hai deriso.
    Fuoco risponde a fuoco. In Paradiso è fuoco d’amore perfetto, in Purgatorio è fuoco d’amore purificatore, in Inferno è fuoco d’amore offeso. Poiché gli eletti amarono alla perfezione, l’Amore a loro si dona nella sua Perfezione. Poiché i purganti amarono tiepidamente, l’Amore si fa fiamma per portarli alla Perfezione. Poiché i maledetti arsero di tutti i fuochi, meno che del Fuoco di Dio, il fuoco dell’ira di Dio li arde in eterno e nel fuoco è gelo.
    Oh! Che sia l’Inferno non potete immaginare. Prendete tutto quanto è tormento dell’uomo sulla terra: fuoco, fiamma, gelo, acque che sommergono, fame, sonno, sete, ferite, malattie, piaghe, morte e fatene un’unica somma e moltiplicatela milioni di volte. Non avrete che una larva di quella tremenda verità.
    Nell’ardore insostenibile sarà commisto il gelo siderale. I dannati arsero di tutti i fuochi umani avendo unicamente gelo spirituale per il Signore Iddio loro. E gelo li attende per congelarli dopo che il fuoco li avrà salati come pesci messi ad arrostire su una fiamma. Tormento nel tormento questo passare dall’ardore che scioglie al gelo che condensa.(…)
    La parola “Odio” tappezza quel regno smisurato; rugge in quelle fiamme; urla nei chiachinni dei demoni; singhiozza e latra nei lamenti dei dannati; (…)
    L’oscurità sarà il terzo tormento. Oscurità materiale e oscurità spirituale. Esser per sempre nelle tenebre dopo aver visto la luce del paradiso ed essere nell’abbraccio della Tenebra dopo aver visto la Luce che è Dio!  Dibattersi in quell’orrore tenebroso in cui s’illumina solo, al riverbero dello spirito arso, il nome del peccato per cui sono in esso orrore, confitti. Non trovare appiglio, in quel rimestìo di spiriti che si odiano e si nuocciono a vicenda, altro che nella disperazione che li rende folli e sempre più maledetti. Nutrirsi di essa, appoggiarsi ad essa, uccidersi con essa. La morte nutrirà la morte, è detto. La disperazione è morte e nutrirà questi morti per l’eternità. (…)
    La vita non dura per questi pochi giorni della terra. La vita incomincia quando vi pare finisca e non ha più termine.
    Fate che per voi scorra là dove la luce e la gioia di Dio fanno bella l’eternità e non dove Satana è l’eterno Suppliziatore15.1.44
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Ma è così difficile accettare oggi il vero san Francesco d'Assisi?

Vatican Insider falsifica San Francesco d’Assisi

Siamo arrivati a questo punto di cecità. È difficile crederlo, ma è scritto nero su bianco, qui. Non è vero – secondo Gianni Valente di Vatican Insider – quello che ha scritto San Bonaventura da Bagnoregio nella Legenda Maior
San Bonaventura, cioè, sarebbe un bugiardo quando riporta quello che San Francesco disse al Sultano: «Se, tu col tuo popolo, vuoi convertirti a Cristo, io resterò molto volentieri con voi. Se, invece, esiti ad abbandonare la legge di Maometto per la fede di Cristo, da’ ordine di accendere un fuoco il più grande possibile: io, con i tuoi sacerdoti, entrerò nel fuoco e così, almeno, potrai conoscere quale fede, a ragion veduta, si deve ritenere più certa e più santa» (IX, 8).
Non può essere avvenuto questo – scrive Valente – perché il Poverello non era mica un integralista, un fanatico, uno che appartiene ai «circoletti clericali che funestano l’attuale stagione ecclesiale». Anzi, questi «circoletti» avrebbero l’intenzione di arruolare San Francesco nelle loro «guerricciole pseudo-dottrinali», allo scopo di falsificarne la figura. Valente si guarda bene dal citare San Bonaventura e la sua Legenda Maior
L’episodio del Sultano – si limita a scrivere – sarebbe un testo di «cronaca circolante sui siti muscolari della galassia “cristianista”», inventato da un certo «Fra Illuminato».
E rincara: «La credibilità di tale versione dell’incontro, con San Francesco votato a “dimostrare” la gloria di Dio sottoponendosi a una specie di ordalia, è sempre stata confutata dagli studiosi delle fonti francescane». Cioè, gli studiosi avrebbero confutato San Bonaventura e la Legenda Maior, scritta invece dal Dottore Serafico proprio come testo ufficiale del francescanesimo! E chi sarebbero semmai questi studiosi? Che peso avrebbero i loro studi, nel caso in cui avrebbero davvero voluto confutare uno dei più grandi Dottori della Chiesa?
Valente derubrica il lavoro di chi si permette di parlare del San Francesco storico e reale nella categoria delle «baruffe pseudo-teologiche da social media», che vedono fronteggiarsi buonisti e integralisti. Mette tutti nello stesso calderone. Eppure è proprio Valente che butta tutto in baruffa. Non dimostra niente. Bacchetta molto. Cerca d’inventare, anche se lo nega, un San Francesco che non predica, ma dialoga amabilmente. Una persona tiepida, insomma. E questo tiepidume dovrebbe convincere i musulmani alla conversione.
Valente tenta di dire che la Regola “non bollata” è a favore dei frati tiepidi, poiché non prevede che essi «facciano liti o dispute» coi saraceni. È ovvio che non lo preveda: chi non ha la santità di San Francesco, essendo mediocre, trasforma la disputa in lite, la predicazione in polemica. È proprio quello che fa Valente: azzanna chi critica i buonisti, accusati ingiustamente di «manipolazioni che trasformerebbero l’Alter Christus d’Assisi in un frate debosciato e vigliacco». E, invece, il rischio buonista sta tutto qui.


Negando il San Francesco di San Bonaventura (ma anche del Celano, ad esempio), Valente celebra il buonismo, il dialogismo, il relativismo e il tiepidismo, tanto cari ai nemici dell’evidenza.

Fonte: Vita Nuova Trieste: di Silvio Brachetta.  | 

Segno dei tempi

Quando il robot "licenzia" l'operaio

Fa scalpore la vicenda di un lavoratore disabile sostituito da una macchina. È un segno dei tempi

IGNAZIO STATUARIO
Robot
Robot
C
ome se non bastassero crisi economica e pressione fiscale, a minacciare il lavoro c'è anche l'innovazione tecnologica. Ne sa qualcosa Osmu Labib, 61enne marocchino, disabile dal 1991, quando durante il turno di lavoro come operaio perse parte di una mano, schiacciata da una pressa. Oggi quell'uomo, rimasto invalido proprio a causa del lavoro, il lavoro lo perde perché al suo posto l'azienda di Melzo (MI) di cui è dipendente ha deciso di "assumere" un robot. La macchina, infatti, può svolgere la sua mansione senza dover ricevere uno stipendio. Il robot ha già preso il suo posto, è stato installato a febbraio. Si tratta di una macchina che posa i tappi sui recipienti dei prodotti.
Sulla vicenda di Labib, al quale mancano quattro anni alla pensione, è intervenuta anche la politica, nello specifico Chiara Gribaudo, responsabile Lavoro del Pd. “Di sicuro la vicenda apre scenari e problematiche che richiedono risposte puntuali dalla politica. A livello nazionale ed internazionale - ha detto -. Il Pd intende essere parte propositiva di una riflessione su quale debba essere il futuro del rapporto tra lavoratore e macchina. Una riflessione che ci porti ad elaborare misure atte a difendere le persone e la dignità del lavoro”.

I robot nell'ambito tessile

La questione, del resto, sta divenendo di interesse sempre più preminente. La Nazione riporta la storia di un impreditore di Prato, inventore del Clobot, descritta come "una start-up innovativa e molto particolare, nata con l’obiettivo di di rivoluzionare la catena di produzione dell’abbigliamento di consumo di massa su scala mondiale". Rivoluzionare in che modo? Ecco spiegato: "Il passaggio fondamentale alla base della sua idea è sostituire la manodopera umana a basso costo utilizzata dai grandi marchi in paesi come Bangladesh, Cina e Vietnam con dei robot, macchinari automatizzati in grado di svolgere gli stessi compiti degli operai, per esempio nella realizzazione di magliette e t-shirt". "Un nostro robot può eseguire il lavoro di 400 lavoratori e in un giorno può assemblare 10mila t-shirt. Stiamo portando l’automazione e la robotica nell’industria della produzione di abbigliamento" spiega proprio Bonacchi.

https://www.interris.it/

mercoledì 30 maggio 2018

Ecco le novità ! E che novità!

"Ecco perché vogliono abolire la Festa della Mamma"

Parla un'insegnante, madre e presidente di un'associazione: "È guerra di alcune elite alla famiglia"

FEDERICO CENCI
Mamma e figlio
Mamma e figlio
C
are mamme, per voi quest’anno niente lavoretti fatti a mano né fiori. O almeno, non vi aspettate simili regalini se avete un figlio che frequenta l’asilo nido “Chicco di Grano”, nel quartiere Ardeatino di Roma. Qui la dirigenza scolastica ha deciso di mettere al bando la vostra festa, considerandola alla stregua di un pericoloso strumento di offesa nei confronti delle minoranze.

Le polemiche

Al posto della Festa della Mamma, è stata pensata una versione generica, definita dagli organizzatori rispettosa “delle trasformazioni sociali e culturali in atto nella nostra società”. La virata politicamente corretta della scuola romana ha scatenato - per rimanere in tema con il nome dell’asilo nido - un granaio di polemiche. Contraria è anche Giusy D’Amico, insegnante di scuola elementare, madre e presidente di “Non si tocca la famiglia”. “I bambini soffrono se la mamma non ce l’hanno - spiega ad In Terris - non per la Festa. E questo cambia di molto la prospettiva sull’analisi dei fatti”. Come educatrice di scuola elementare e, in passato, anche di scuola dell’infanzia, la D’Amico ha sempre rilevato “come fare festa per mamma o per papà renda lieti i bambini e li aiuti a costruire e rinforzare la loro percezione identitaria, che noi educatori abbiamo il dovere di favorire”.

"Non c'è identità senza origine"

Ci sono però bambini orfani di madre: costoro potrebbero sentirsi feriti nel vedere i loro compagni celebrare una presenza a loro negata? “Quando un bambino - spiega l’insegnante - non ha la mamma, magari perché è morta, va aiutato a costruire un legame con il Cielo, perché è necessario che lui mantenga viva quell’appartenenza, la coltivi”. I ricordi della D’Amico vanno quindi alla sua esperienza passata: “Ho avuto un’alunna orfana, che esprimeva la forte volontà di scrivere una lettera per la mamma in due copie: una la portava al cimitero e un’altra la teneva nel suo cassetto”. La stessa necessità è presente nei bambini che sono stati abbandonati. “Ogni anno, in ogni ciclo di istruzione, mi capitano casi di questo tipo - racconta la D’Amico - e percepisco come inossidabile l’esigenza del bambino di legarsi a una figura femminile, che può essere una nonna o in una zia. Così come, nel caso non abbiano il papà, si legano a un nonno o a uno zio”. Del resto, “non vi è identità senza un’origine” e “i bambini sono assetati di figure di riferimento: per differenziarsi con il genitore del sesso opposto e per identificarsi con il genitore del proprio sesso”. “Ci dobbiamo ora aspettare che si sopprima anche l’Inno di Mameli per non offendere gli alunni di nazionalità straniere?”, si chiede provocatoriamente l’insegnante. Ma la D’Amico critica l’asilo “Chicco di Grano” anche nel metodo. “Aver estromesso i genitori da una decisione così delicata - osserva - significa violare qualsiasi normativa scolastica che valorizza il coinvolgimento partecipativo della famiglia e dei genitori”. Se i genitori fossero stati informati preventivamente, forse l’epilogo sarebbe stato diverso e la Festa della Mamma sarebbe stata salvata dalla gogna del politicamente corretto. “Imporre un pensiero unico - riflette l’insegnante - non può trovare il favore tra persone di buon senso”.

Una "campagna contro la famiglia"

Eppure questo pensiero unico ormai da anni sta tentando di diffondersi in modo capillare nelle scuole. Secondo la D’Amico non c’è dubbio, è in atto una campagna ideologica contro la famiglia che si alimenta attraverso una sorta di “neo-lingua” che confonde le coscienze insieme all’indottrinamento mediatico sull’inclusione, sulla valorizzazione delle differenze, sull’intercultura... “E questo ha ingannato molti dirigenti scolastici, che in nome della lotta alle discriminazioni o al femminicidio - rileva la D’Amico - introducono percorsi educativi di dubbio valore”. Ma perché questa guerra contro la famiglia? Nel rispondere, la D’Amico smette gli abiti da insegnante e indossa quelli da dirigente dell’associazionismo familiare: “Perché ci sono delle elite che agiscono affinché entrino in circolo nuovi consumi. E la famiglia non è un utente che spende, che consuma, bensì che risparmia, che fa sacrifici per i figli”. Quegli stessi figli che sono il bersaglio prediletto di chi ha imbracciato queste armi ideologiche, perché - spiega la D’Amico - “sono terreno fertile, una tabula rasa da riempire”, magari con la teoria gender che annulla le differenze. Per questo - ammonisce la mamma, l’insegnante e l’attivista pro-famiglia - “bisogna avere massima vigilanza per evitare che ciò avvenga”.