domenica 30 dicembre 2012

Battezzato nel giorno natale del martire Valente, Valentino volle essere detto

Mi piace pubblicare anzitempo  una bella antichissima omelia. Il tutto
potrà servire per il prossimo 14 febbraio! 


L'Omelia per san Valentino


16 - 1, ore 6 ant.

Scrivo alla luce del lumino di cera, e non so come scriverò. Ma non voglio
soffrire quello che ho sofferto ieri. Mentre dicevo il “Veni Sancte Spiritus” mi
si presenta questa visione, ed è così prepotente che capisco l’inutilità di
insistere a pregare. La seguo perciò. E vedendola complessa la scrivo come posso
a questa luce.

Sono di certo nelle catacombe. In quale? In quale secolo? Non so. Sono in una
chiesa catacombale fatta così: [grafico]. Insomma a rettangolo terminato da una
vasta aula rotonda nel cui centro è l’altare: una tavola rettangolare, staccata
dalla parete, coperta da una vera tovaglia, ossia da un telo di lino ad alti
orli su tutti i quattro lati, ma senza merletti e ricami.

Sulla parete dell’abside è dipinta una scena evangelica: il Buon Pastore. Non è
certo un capolavoro. Una via di campagna che pare mota gialla; una chiazza
verdastra oltre la via, a sinistra di chi guarda, sarebbe il prato; sette pecore
ammassate tanto da parere un blocco solo, di cui solo delle due prime si vede il
muso mentre le altre paiono fagotti panciuti, camminano sulla via, venendo verso
chi guarda, ai limiti del prato. Il Buon Pastore è al loro fianco, sul fondo,
vestito di bianco e col manto rosso sbiadito. Ha sulle spalle una pecorina che è
tenuta per le zampette da Lui. Il pittore, o mosaicista, ha fatto tutto quello
che ha potuto... ma non si può certo dire che Gesù sia bello. Ha il
caratteristico volto piatto, largo più che lungo perché preso di fronte, dai
capelli stesi e appiccicati, troppo scuri e opachi, dei dipinti e mosaici
cristiani primitivi. Non ha neppure la barba. Però nel suo brutto ha uno sguardo
mesto e amoroso che attira, ed una mossa, sulla bocca, di sorriso doloroso che
fa pensare.
Nel punto segnato da una crocetta vi è una bassa apertura. Ma tanto bassa che
solo un fanciullo potrebbe passare senza urtarvi il capo. Sopra, una lapide
lunga quanto un uomo segna un loculo. Sulla lapide è scritto il “Pax” che si
usava allora e sotto in latino: “Ossa del beato martire Valente”. Ai lati della
epigrafe sono graffite una ampolla e una foglia di palma.

In fondo alla chiesa, dove è il segno rotondo, un’altra bassa apertura, e presso
ad essa vedo quattro robusti fossori, armati di pale e picconi. Sono vicini a
due mucchi di arenaria di sterro. Arguisco che si sia in tempo di persecuzioni e
che siano pronti a far franare la parete e ad occultare la chiesa con la frana e
coi mucchi di arenaria già pronti.

Nella chiesa vi è il solito chiarore giallo-rosso tremolante delle lampadette ad
olio. Verso l’altare la luce è più viva. Nel fondo è appena un chiarore nel
quale si perdono i contorni delle persone vestite per lo più di scuro.
L’altare ha sopra il calice, ancora coperto. Ma la Messa deve essere già
iniziata. All’altare vi è un vegliardo dal volto ascetico, pallidissimo, sembra
scolpito nel vecchio avorio. La tonsura si perde nella calvizie che mette solo
una corona di soffici capelli bianchi intorno al capo sino al disopra delle
orecchie. Il resto è nudo, e la fronte pare immensa. Sotto essa due chiari occhi
cilestrini, miti, tristi, limpidi però come quelli di un bimbo. Naso lungo e
sottile, bocca dalla caratteristica piega dei vecchi, dalle mascelle molto
sdentate. Un viso magro e austero di santo. Lo vedo bene perché è vòlto verso di
me, stando nel rito dall’altra parte dell’altare. Ha la pianeta di allora, ossia
a mantellina, e sopra ha il pallio oltre la stola.

Sul davanti dell’altare vi sono inginocchiati (dove ho messo i tre punti) tre
giovani. I due ai lati hanno la casacchetta dei diaconi, con le maniche larghe e
lunghe oltre i gomiti. Quello di centro ha la veste già a pianeta, con le
maniche fatte da una mantellina che va dalle coste alle scapole, a tracolla ha
la stola. Vedendo la stola, che se bene mi ricordo non vidi nelle prime Messe,
arguisco che non vedo scena dei primi tempi. Penso essere nella fine del II
secolo o agli inizi del III. Però potrei sbagliare, perché questa è riflessione
mia e in fatto di archeologia cristiana e di cerimonie di quei tempi sono
analfabeta.

Il Pontefice - deve essere tale per il pallio - passa sul davanti dell’altare e
viene a porsi di fronte ai tre giovani inginocchiati. Impone le mani al primo e
al terzo pronunciando preghiere in latino. Poi si porta di fronte a quello di
centro, quello della stola a tracolla, e impone anche a lui le mani sul capo;
poi, servito da uno vestito da diacono, intinge le dita in un vaso d’argento e
unge la fronte e le palme delle mani del giovane, alita a lui in viso, anzi
prima alita poi unge le mani, gliele lega insieme con un lembo della stola che
l’aiutante ha slegata dal corpo di lui, e l’altra parte gliela passa sul collo
come un giogo. Poi lo fa alzare e, tenendolo per le mani legate, lo fa salire
sui tre scalini che conducono all’altare e glielo fa baciare, e baciare quello
che suppongo sia il Vangelo: un voluminoso rotolo tenuto da un nastro rosso. Poi
lo bacia a sua volta e lo conduce con sé dall’altra parte e continua la Messa.

Capisco ora, però, che era da poco iniziata, perché dopo poco (è quasi uguale
alla nostra e anche questo mi fa capire che siamo almeno alla fine del II
secolo) si giunge al Vangelo. Lo canta il nuovo sacerdote (penso sia stata una
ordinazione sacerdotale). Viene di nuovo sul davanti dell’altare, e i due che
erano ancora in ginocchio si alzano, uno prende una lampadetta, l’altro il
rotolo del Vangelo che gli porge quello che già serviva all’altare. Il diacono
svolge il rotolo e lo tiene aperto al punto giusto, stando di fronte al neo
sacerdote che ha al fianco quello della lampada. Il neo sacerdote, che è alto,
bruno, coi capelli piuttosto ondulati, sui trent’anni, dal volto
caratteristicamente romano, canta con bella voce il Vangelo di Gesù e del
giovane che gli chiede che fare per seguire Lui
(Matteo 19, 16-30; Marco 10, 17-27; Luca 18, 18-30.)

Ha una voce sicura e forte, ben tonata. Empie la chiesa.
Canta con canto fermo e con un sorriso luminoso nel
volto, e quando giunge al “Vade, quaecumque habes vende et da pauperibus et
habebis thesaurum in coelo et veni sequere Me” la sua voce è uno squillo di
gioia e di amore.
Bacia il Vangelo e torna presso il Pontefice che ha ascoltato in piedi il
Vangelo, vòlto verso il popolo e con le mani congiunte in preghiera. Il neo
sacerdote si inginocchia ora.

Il Pontefice [Marcello] invece pronuncia la sua omelia:

«Battezzato nel giorno natale del martire Valente, il nuovo figlio della Chiesa
Apostolica e Romana, e fratello nostro, ha voluto assumere il nome del martire
beato, ma con quella modifica che l’umiltà attinta dal Vangelo - l’umiltà: una
delle radici della santità - gli dettava. E non Valente, ma Valentino volle essere detto.

Oh! ma che in vero Valente egli è. Guardate quanto cammino ha fatto il pagano la
cui religione era il vizio e la prepotenza. Voi lo conoscete quale è ora, nel seno della Chiesa. 
Qualcuno fra voi - e specie quelli che padri e madri di vera generazione gli sono stati, per essere quelli che con la parola e l’esempio
l’hanno fatto concepire dalla Santa Madre Chiesa e partorire da essa per l’altare e per
il Cielo - sanno quello che egli era non come cristiano Valente ma come il
pagano di prima, il cui nome egli, e noi con lui, non vogliamo neppur ricordare.
Morto è il pagano. 

E dall’acqua lustrale è risorto il cristiano. 
Ora egli è il vostro prete. Quanto cammino! Quanto! 
Dalle orgie ai digiuni; 
dai triclini alla chiesa; 
dalla durezza, dall’impurità, dall’avarizia, all’amore, alla castità, alla generosità assoluta.

Egli era il giovane ricco, e un giorno ha incontrato, portato a lui dal cuore
dei santi, che anche senza parole illustrano Cristo - perché Egli traluce dal
loro animo - ha incontrato Gesù, Signor nostro benedetto. 
Gli occhi dolcissimi del Maestro si sono fissati 
sul volto del pagano. E il pagano ha provato una seduzione che nessun piacere gli aveva 
ancor data, una emozione nuova, dal nome
sconosciuto, dalla non descrivibile sensazione. 

Un che di soave come carezza di madre, di onesto come odore di pane testé sfornato, di puro come alba di primavera, di sublime come sogno ultraterreno.

Cadete voi larve del mondo e dell’Olimpo pagano quando il Sole Gesù bacia un suo
chiamato. Come nebbie vi dissolvete. Come incubi demoniaci fuggite. Che resta di
voi? Di voi che sembravate tanto splendida cosa? Un mucchio lurido di detriti
inceneriti malamente e ancor fetidi di corruzione.
“Maestro buono, che devo fare per seguire Te e avere la vita eterna?” ha chiesto. 
E il dolce, divino Maestro, con poche parole gli ha dato l’insegnamento di Vita: 
“Osserva questi comandi”. Oh! non gli poteva dire: “Segui la Legge!”.
Il pagano non la conosceva. Gli disse allora: “Non uccidere, non rubare, non spergiurare, 
non essere lussurioso, onora i parenti e ama Dio e prossimo come te stesso”
Parole nuove! Méte mai pensate! 
Orizzonti infiniti pieni di luce. Della sua luce.

Il pagano non poteva dare la risposta del giovane ricco. Non poteva. Perché nel
paganesimo sono tutti i peccati ed egli tutti li aveva nel cuore. Ma volle poterla dare. 
E venne ad un povero vecchio, al Pontefice perseguitato, e disse:
“Dàmmi la Luce, dàmmi la Scienza, dàmmi la Vita! Un’anima dàmmi, in questo mio
corpo di bruto!”, e piangeva.
E il povero vecchio, che io sono, ha preso il Vangelo ed in esso ha trovato la Luce, 
la Scienza, la Vita per il mendicante piangente. Ho trovato tutto nel Vangelo di Gesù, nostro Signore, per lui. 

E gli ho potuto dare l’anima. L’anima
morta evocarla a vita, e dirgli: “Ecco l’anima tua. Custodiscila per la vita eterna”.
Allora, bianco del bagno battesimale, egli si è dato a ricercare il Maestro buono e lo ha trovato ancora e gli ha detto: “Ora posso dirti che faccio ciò che Tu mi hai detto. Che altro manca per seguire Te?”. 
E il Maestro buono ha risposto: 
“Va’, vendi quanto hai e dallo ai poveri. Allora sarai perfetto e potrai seguire Me”.

Oh! allora Valentino ha superato il giovane di Palestina! Non se ne andò via,
incapace di separarsi da tutti i suoi beni. 
Ma questi beni mi ha portato per i
poveri di Cristo e, libero dal giogo delle ricchezze, pesante giogo che impedisce 
di seguire Gesù, mi ha chiesto il giogo luminoso, alato, paradisiaco del Sacerdozio.
Eccolo. Lo avete visto sotto quel giogo, con le mani legate, prigioniero di Cristo, salire al suo altare. Ora vi frangerà il Pane eterno e vi disseterà col Vino divino. 

Ma lui, come io, per esser perfetti agli occhi del Maestro buono vogliamo ancora una cosa. Farci noi pane e vino: immolarci, frantumarci,
spremerci sino all’ultima stilla, ridurci a farina per essere ostie. 
Vendere l’ultima, l’unica ricchezza che ci resta: la vita. Io la mia cadente vita di vecchio. 
Egli la fiorente vita di giovane.

Oh! non deluderci, Pontefice eterno. Concedici il beato martirio! Col sangue
vogliamo scrivere il tuo Nome: Gesù Salvatore nostro. Un altro battesimo vogliamo, per la nostra stola che l’imperfezione umana sempre corrompe: quello del sangue. 
Per salire a Te con stole immacolate e seguirti, o Agnello di Dio che levi i peccati del mondo, che li hai levati col tuo Sangue! 

Beato martire Valente, nella cui chiesa siamo, al tuo Pontefice Marcello e per il tuo fratello
sacerdote chiedi dal Pontefice eterno la stessa tua palma e corona.»

E non c’è altro.

Fonte: Scritti di Maria Valtorta



AVE MARIA PURISSIMA 
SENZA PECCATO ORIGINALE CONCEPITA

AMDG et DVM

giovedì 27 dicembre 2012

* ADVERTENCIAS (“A mis Sacerdotes” de Concepción Cabrera de Armida)



"A MIS SACERDOTES" De Concepción Cabrera de Armida. CAPITULO XXVI: Advertencias.

MENSAJES DE NUESTRO SEÑOR
JESUCRISTO PARA SUS PREDILECTOS.


(“A mis Sacerdotes” de Concepción Cabrera de Armida)


XXVI




“Hay que hacer mucho hincapié, en los seminarios y en los Noviciados, en hacer entender a los aspirantes al sacerdocio la divina sublimidad de su vocación. Hay que advertir y recalcar y ponderar los santos deberes que el sacerdote contrae y en el gran peligro de perder su alma, sino cumple su vocación. Hay que hacerles ver claramente, los calvarios a que van a subir por mi amor. Hay que advertirles muy a lo vivo las tentaciones a que van a verse expuestos y la guerra sin cuartel que les va a hacer en todos los días de su vida Satanás.

Que no aleguen después ignorancia de las tempestades que les esperan, de las amarguras que tienen que apurar, de las soledades del corazón que van a sufrir y de las persecuciones, calumnias, etc., a las que se van a ver expuestos por mi Nombre.

Pero también hay que hacerles entender bien el lado contrario. El favor insigne de predilección mía al ascenderlos al sacerdocio. Los dones especiales, y luces, y gracias, y carismas, y coronas inmortales que les esperan. Las divinas bendiciones en que se verán envueltos. LA fortaleza de Dios y el amor infinito y especial del Espíritu Santo sobre ellos. El grado divino que los elevan en la tierra sobre todas las criaturas. La gracia de las gracias y sin rival de la santa Misa. El mismo poder de Dios que se les comunica de perdonar los pecados y de abrir el cielo de las almas. La elevación a otra esfera en la tierra y en el cielo sobre el común de las gentes, etc.

Yo quiero una reacción poderosa en el clero; un cuidado más asiduo de los Obispos en la formación de las almas sacerdotales; una vigilancia mayor en los Seminarios, en los cuerpos y en los espíritus, educando sacerdotes dignos, ilustrados, humildes, compasivos y llenos de amor al Espíritu Santo y a María.

Hay que hacer reflexionar profundamente a los que están próximos a llegar al Altar en la semejanza Conmigo que el Padre les exige para confiarles lo que a mí me confió: ¡las almas! Hay que impregnarlos de la idea de que deben transformarse en Mí, ser otros Yo, no sólo en el Altar, sino siempre, y asemejarse a Mí desde muy antes de ser ordenados.

Que se den cuenta bien clara de que el Padre mismo les va a comunicar su santa fecundación para que le den almas santas a la Iglesia de Dios. Mucho recurso al Padre, mucha gratitud para con Él, deben tener esas almas de elección, predilectas de su divino e infinito amor. Y como en cada acto de ministerio del sacerdote concurra la Trinidad, deben vivir absortos en Ella, adorando, amando y bendiciendo a las tres Divinas Personas en general y cada una en particular.

Los sacerdotes más que nadie tienen filiación santa e íntima con el Divino Padre; fraternidad santa y pura con el Divino Verbo humanado, y unión profunda, perfecta y constante con el Espíritu Santo, por sus Dones, por sus Frutos, por sus luces, por su fuego divino y puro, que apaga todas las concupiscencias y los guarda.

Constantemente tiene presente el sacerdote a la Trinidad en cada acto de su culto y de su ministerio. En las oraciones que tiene por deber que rezar, muy a menudo se encuentra con esa Trinidad Santísima. Pero por desgracia, las más de las veces no piensa en Ella; con la costumbre y la rutina mecánicamente la nombra; y esto contrista mi Corazón.

Como hombre, ¡cuánto honro a la Divinidad unida a mi humanidad en la persona del Verbo! Esa humanidad la humillo ante la Divinidad, para darle gloria y atraerle por mis infinitos méritos (infinitos por lo que tienen de divino), almas y corazones que alaban a la Trinidad, tres personan en una sola sustancia. Por esto me contrista ese abandono, esa poca devoción del sacerdote al nombrar a la Trinidad y al invocarla y alabarla muchas veces con la boca y pocas con el corazón.

Yo la honro; y el sacerdote, mi representante en la tierra, la deshonra. Ya un sacerdote no debe vivir sino dentro de ese ciclo divino de la Trinidad , y de ahí tener su s delicias, y de ahí formar su cielo en la tierra, y ahí encontrar, si quiere su felicidad, su descanso, su paz, su dicha, su calma y su todo.

Que no busque nada el sacerdote fuera de la Trinidad y de María. Ahí debe fijar su vida, sus aspiraciones, el círculo de su existencia.

De ahí sacará luz, gracia, fuerza virtudes, dones y cuanto necesite. ¿Para qué buscar en otra parte lo que no hay? Ciencia, pensamientos elevados, un océano sij fondo ni riberas de perfecciones y abismos de amor, de consuelos santos y de dicha en sus amarguras tiene ahí. Todo lo tiene en la Trinidad; todo lo tiene en Mí, Dios Hombre.

¡Oh! ¡y cuánto anhelo sacerdotes según el ideal de mi Padre!

¿Y cuál es ese ideal?

Yo mismo. Sacerdotes Jesús, sacerdotes puros, dulces, santos y crucificados. Obispos Yo; seminaristas iniciados a ser Jesús. Todos enamorados, como Yo, del Padre y por las almas; todos generosos y celosos tan sólo de la gloria de Dios, mirando siempre al cielo sin descuidar los pormenores de la tierra en cuánto sean para mi glorificación. Quiero sacerdotes que me vean a Mí y no se busquen a sí mismos: quiero realizar en mi Iglesia ese ideal que me trajo a la tierra, esa perfección sacerdotal que hace sonreír a mi Padre, embelesarme de alegría y derramar bendiciones sobre el mundo.

Quiero reinar por mis sacerdotes santos; quiero millones de almas que me amen; pero atraídas por corazones puros, sin más interés que el de consolarme, glorificando al Padre por el Espíritu Santo.

La gloria del Padre es mi mayor consuelo; y como lo que más ama en la tierra son sus sacerdotes, quiero darles sacerdotes según mi Corazón, según su mente, según el ideal que llevo en mi alma y del que di ejemplo a mi paso por la tierra.

Hay mucha paja y poco grano; muchas apariencias y poca realidad; mucha superficie y poco fondo; muchas hojas y muy escaso fruto; mucho número pero pocos, relativamente, que satisfagan los anhelos de mi Corazón.

Claro que también hay en mi Iglesia mucho bueno que hace contrapeso a lo malo; pero ya estoy cansado de medianías, y el mundo, se hunde, no porque falten obreros en mi Viña, sino porque faltan buenos y santos obreros que solo vivan por mis intereses y por la gloria de Dios.

Aun en las Comunidades hay mucho que deja que desear; y quiero una reacción vibrante que se deje sentir en favor de mi Iglesia tan amada. Y esta reacción vendrá; sí, vendrá por el Espíritu Santo y por María, por el verbo, Yo, para honrar a mi Padre y reparar las ofensas que se le hacen en las Misas sobre todo, por sacerdotes indignos.

Ha llegado el tiempo de sacudir de muy hondo a muchos corazones de Obispos y sacerdotes. Ya no más esperas que me urge la salvación de las almas; y si el mundo se hunde, y si la tibieza avasalla los corazones, es porque faltan ¡ay! sacerdotes celosos y enamorados de mi cruz que la practiquen , que la prediquen, que incendien con este santo leño a las almas.

La ola de la iniquidad y del sensualismo ahoga al mundo –y ¿lo diré?-, ha penetrado hasta el Santuario y lastima en lo más intimo las fibras de mi Corazón. Satanás gana terreno, cree ya triunfar, y no es justo que mis sacerdotes duerman y se ocupen de todo lo que no soy Yo.

Por esto, de raíz tiene que venir el remedio en los sacerdotes presentes y en la nueva generación que dé a la Iglesia sacerdotes dignos, apóstoles de fuego que ardan en amor y que, por el Espíritu Santo y con el Espíritu Santo y con María, encienden el divino fuego en el mundo paganizado por Satanás.

Hay que activarse y no dormir sobre laureles, cuando el enemigo avasalla, y engaña, y hunde miles de almas en el Infierno.

Oración, Oración, penitencia y ofrecerme; ofrecer al Verbo único que pueda abrir los canales de gracias divinas y extraordinarias para las almas.

*****************************************************

Que nadie diga que nada se puede hacer; porque todos pueden orar, pueden mortificarse, pueden ofrecerme puros al Padre y así apresurar la hora de la reconquista de este amado pueblo…. Que es mi consentido, como llegaré a probarlo.

Pero que me hagan caso aquí y en la redondez de la tierra.

Entre otras cosas, estos cataclismos los envío para renovar la fe, y la Iglesia tiene que dar un gran vuelo en la regeneración y en la perfección de los sacerdotes”.



****************



“A los Sacerdotes, hijos predilectos de la Virgen Santísima.”


Mi propiedad

“Si permanecéis en el jardín de mi Corazón Inmaculado, sois míos. Nadie entonces podrá arrebataros de Mí, porque Yo misma seré vuestra defensora; debéis sentiros seguros.

No temías, por tanto, ni a Satanás, ni al Mundo, ni a la fragilidad de vuestra propia naturaleza.

Sentiréis, eso sí, la seducción y la tentación, que el Señor permite como prueba, y que a la vez os da la medida de vuestra debilidad.

Pero os defenderé del Maligno, que de ningún modo puede hacer daño a los que me pertenecen.





DEO GRATIAS et B.V.MARIAE!
padremaria@libero.it

Orazione a san Giovanni Apostolo per assicurarsi l’assistenza di Maria SS.ma in ogni luogo e ora.


"SALVE, DOLCISSIMO APOSTOLO SAN GIOVANNI. ..."

Preghiera per assicurarsi
-per mezzo del beatissimo Apostolo e custode San Giovanni-
l’assistenza di Maria SS.ma in ogni luogo e ora.

<< 1.  Salve, dolcissimo Apostolo San Giovanni. Salve, il più elevato di tutti gli Evangelisti. Salve, fedelissimo custode di Santa Maria, Madre di Gesù.
2.  L’anima mia ti saluta con devota effusione. Ti rendo i miei omaggi dal più intimo del mio cuore, invocandoti con affettuose preghiere e sospiri.
3.  O beatissimo Apostolo Giovanni! Quando Gesù fu condannato alla morte di croce e coperto di piaghe, lo seguisti con l’anima angustiata e il volto bagnato di lacrime, fin sul luogo della crocifissione.
4.  E accompagnasti anche l’addoloratissima Madre sua, la Vergine Maria, insieme alla pietosa Maddalena, che per l’eccesso del dolore stava sul punto di tramortire.
5.  La grandezza del tuo amore per il Figlio e il cordiale affetto che ti unì al dolore della Madre si  manifestò nella fermezza e coraggio con cui rimanesti presso Gesù fino al momento in cui L’inchiodarono sulla croce, e presso la Vergine Madre fin quando la spada del dolore si infisse del tutto nel Suo Cuore Immacolato.
6.  Per ciò, Gesù, entrato in agonia, ti affidò in modo speciale Sua Madre.
7.  Te L’affidò perché tu, che rimanesti vergine, custodissi la Vergine; ed altresì ti prendessi cura di Lei nelle sue necessità, e con premurose attenzioni di carità La servissi filialmente come propria madre.
8.  O fedelissimo e castissimo custode della santissima Madre di Dio, la Vergine Maria! O, Tu, l’amico dello Sposo della Chiesa, il tesoriere dell’eterno Re!
9.  Tu Giovanni, alla morte di Cristo, passasti a occupare il suo posto di figlio della Vergine; così a te fu affidata l’Arca di Dio che conteneva la manna celeste.
10.  Ti venne affidato il compito di vigilare sulla luminosa Porta del cielo, per cui entrò il Re della Gloria, quando Egli stesso morendo sulla croce disse: “Ecco tua Madre!”.
11.  O, quale tesoro!, la Madre tua e Madre di Dio, la Madre eccelsa, la Madre benedetta per tutta l’eternità, che ti fu affidata, consegnata, associata!
12.  Oh! Chi mi darà poter tenere una tale Madre, e con Lei un tale custode!
13.  Ad Essi voglio raccomandare con tutta sicurezza la mia povera anima, perché la ricevano sotto la loro protezione, e nell’ora tremenda di partire da questo mondo non mi terrorizzi quell’infernale nemico.
14.  O clementissimo e buon Gesù, ricordaTi di me nella mia ultima ora!
15.  E spegnendosi la mia voce corporale, venendo meno i miei sensi, mi venga in aiuto la pietosa orazione della Tua amatissima Madre, e mi circondino strettamente le leali attenzioni dell’Apostolo San Giovanni.
16.  Orsù, dunque, Mamma pietosa e compassionevole Vergine Maria! Ti supplico per l’amabile Tuo Figlio, e per l’Apostolo cui Ti affidò dalla Croce, assistermi in ogni luogo e in ogni momento.
17.  Però prego –in modo speciale- Te, che con San Giovanni e Maria Maddalena mai Ti separasti dal lato del moribondo Tuo Figlio Gesù, di non abbandonarmi nella mia ultima agonia.
18.  O dolcissimo Apostolo San Giovanni, sollecito custode e amico sempre fedele, proteggimi con le armi della milizia celeste e col segno della Santa Croce!
19.  Allontana dalla mia presenza il nemico del nome cristiano, e, al sopraggiungere del supremo istante della morte, liberami nel nome santissimo di Gesù!
20.  Oh! i due begli ulivi che effondono somma pietà e misericordia! Devotissimamente mi raccomando alla Vostra intercessione e perpetua protezione, affinché, superati tutti gli ostacoli, mi accompagniate tutti insieme e felicemente nel beato Regno di Cristo Gesù. Amen. >>

(A. Kempis: De imitatione Mariae) 

AVE MARIA!
AMDG


San Giovanni : Apostolo, Evangelista, Vergine, Amico dello Sposo, Aquila divina, Teologo santo, Dottore della Carità, figlio di Maria,



L'anno liturgico
di dom Prosper Guéranger
27 DICEMBRE
SAN GIOVANNI, APOSTOLO ED EVANGELISTA
L'Apostolo-Vergine.
Dopo Stefano il Protomartire, Giovanni, l'Apostolo e l'Evangelista, è il più vicino alla mangiatoia del Signore. Era giusto che il primo posto fosse riservato a colui che ha amato l'Emmanuele fino a versare il proprio sangue per il suo servizio, poiché, come dice il Salvatore stesso non vi è amore più grande del dare la propria vita per coloro che si amano (Gv 15, 13). D'altronde il Martirio è stato sempre considerato dalla Chiesa come il supremo slancio della carità, ed ha perfino la virtù di giustificare il peccatore in un secondo Battesimo. Ma dopo il sacrificio del sangue, il più nobile, il più coraggioso, quello che conquista soprattutto il cuore dello Sposo delle anime è il sacrificio della verginità. Ora, allo stesso modo che santo Stefano è riconosciuto come il tipo dei Martiri, san Giovanni ci appare come il Principe dei Vergini. Il Martirio è valso a Stefano la corona e la palma; la Verginità ha meritato a Giovanni prerogative sublimi che, mentre dimostrano il pregio della castità, pongono questo discepolo fra i più nobili membri dell'umanità.

Nel fiore della giovinezza, Giovanni seguì il Cristo e non si volse più indietro; la tenerezza particolare del cuore di Gesù fu tutta per lui, e mentre gli altri erano Discepoli e Apostoli, egli fu l'amico del Figlio di Dio. La ragione di questa rara predilezione fu, come afferma la Chiesa, il sacrificio della verginità che Giovanni offrì all'Uomo-Dio. Ora, è giusto mettere in risalto, nel giorno della sua festa, le grazie e le prerogative che sono derivate a lui dal sublime favore di questa amicizia celeste.

Il Discepolo prediletto.
Questa sola espressione del santo Vangelo: Il Discepolo che Gesù amava, dice, nella sua mirabile concisione, più di qualsiasi commento. Pietro, senza dubbio, è stato scelto per essere il Capo degli Apostoli e il fondamento della Chiesa; è stato più onorato; ma Giovanni è stato più amato. Pietro ha ricevuto l'ordine di amare più degli altri; ha potuto rispondere a Cristo, per tre volte, che era proprio così; tuttavia, Giovanni è stato più amato da Cristo dello stesso Pietro, perché era giusto che fosse onorata la Verginità.
La castità dei sensi e del cuore ha la virtù di avvicinare a Dio l'uomo che la possiede, e di attirare Dio verso di lui; è per questo che nel momento solenne dell'ultima Cena, di quella Cena feconda che doveva rinnovarsi sull'altare fino alla fine dei tempi, per rianimare la vita nelle anime e guarire le loro ferite, Giovanni fu posto accanto a Gesù stesso, e non soltanto ebbe questo insigne onore, ma nelle ultime effusioni dell'amore del Redentore, questo figlio della sua tenerezza osò posare il capo sul petto dell'Uomo-Dio. Fu allora che attinse, alla divina sorgente, la luce e l'amore; e tale favore, che era già una ricompensa, divenne il principio di due grazie speciali che presentano in modo particolare san Giovanni all'ammirazione di tutta la Chiesa.
Il Dottore.
Infatti, avendo voluto la divina Sapienza manifestare il mistero del Verbo, e affidare alla Scrittura i segreti che fin allora nessuna penna umana era stata chiamata a narrare, fu scelto Giovanni per questa grande opera. Pietro era morto sulla croce, Paolo aveva piegato il capo alla spada, gli altri Apostoli avevano anch'essi sigillato la propria testimonianza con il sangue. Rimaneva in piedi solo Giovanni in mezzo alla Chiesa; e già l'eresia, profanando l'insegnamento apostolico, cercava di annientare il Verbo divino, e non voleva più riconoscerlo come Figlio di Dio, consustanziale al Padre. Giovanni fu invitato dalle Chiese a parlare e lo fece, con un linguaggio celeste. Il suo divino Maestro aveva riservato a lui, mondo da ogni bruttura, il compito di scrivere con la sua mano mortale i misteri che i suoi fratelli erano stati chiamati solo ad insegnare: il VERBO, Dio ETERNO, e questo stesso VERBO FATTO CARNE per la salvezza dell'uomo. Con questo si elevò come l'Aquila fino al Sole divino; lo contemplò senza restarne abbagliato perché la purezza dell'anima e dei sensi l'aveva reso degno di entrare in rapporto con la Luce increata. Se Mosè, dopo aver conversato con il Signore nella nube, si ritirò dai divini colloqui con la fronte risplendente di raggi meravigliosi, come doveva essere radioso il volto venerabile di Giovanni, che si era posato sul Cuore stesso di Gesù, dove - come dice l'Apostolo - sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza (Col 2,3)! Come dovevano essere luminosi i suoi scritti, e come divino il suo insegnamento! Cosicché quell'immagine sublime dell'Aquila descritta da Ezechiele e confermata da san Giovanni stesso nella sua Rivelazione, gli è stata applicata dalla Chiesa, insieme con il bel nome di Teologo che gli dà tutta la tradizione.

L'Apostolo dell'amore.
A quella prima ricompensa, che consiste nella penetrazione dei misteri, il Salvatore aggiunse per il suo Discepolo prediletto un'effusione d'amore inusitata, perché la castità, distogliendo l'uomo dagli affetti bassi ed egoistici, lo eleva ad un amore più puro e più generoso. Giovanni aveva accolto nel cuore i discorsi di Gesù: ne fece partecipe la Chiesa, e soprattutto rivelò il divino Sermone della Cena, in cui effonde l'anima del Redentore, che, avendo amato i suoi, li amò sino alla fine (Gv 13,1). Scrisse delle Epistole, e lo fece per dire agli uomini che Dio è amore (Gv 4,8), che chi non ama non conosce Dio (Gv 4,8), che la carità esclude il timore (ivi 18). Fino al termine della sua vita, fino ai giorni della sua estrema vecchiaia, insisté sull'amore che gli uomini si devono scambievolmente, sull'esempio di Dio che li ha amati; e come aveva annunciato più chiaramente degli altri la divinità e lo splendore del Verbo, così più degli altri si mostrò l'Apostolo di quella infinita carità che l'Emmanuele è venuto a portare sulla terra.

Il Figlio di Maria.
Ma il Signore gli riservava un dono veramente degno del discepolo vergine e prediletto. Morendo sulla croce, Gesù lasciava Maria sulla terra; ormai, da parecchi anni, Giuseppe aveva reso l'anima al Signore. Chi avrebbe vegliato dunque su un così sacro deposito? Chi sarebbe stato degno di riceverlo? Avrebbe Gesù mandato i suoi Angeli per custodire e consolare la Madre sua? Quale uomo sulla terra avrebbe potuto meritare tale onore? Dall'alto della croce, il Salvatore scorge il discepolo vergine: tutto è fissato. Giovanni sarà un figlio per Maria, Maria sarà una madre per Giovanni; la castità del discepolo l'ha reso degno di ricevere un legato così glorioso. Così - secondo quanto rileva eloquentemente san Pier Damiani - Pietro riceverà in deposito la Chiesa, Madre degli uomini; ma Giovanni riceverà Maria, Madre di Dio. Egli la custodirà come un suo bene, prenderà accanto a lei il posto del suo divino amico, l'amerà come la propria madre, e sarà come un suo figlio.

La gloria di san Giovanni.
Circondato com'è di tanta luce, riscaldato da tanto amore, stupiremo che san Giovanni sia divenuto l'ornamento della terra, la gloria della Chiesa? Enumerate allora, se potete, i suoi titoli, enumerate le sue qualità.  Apostolo, Vergine, Amico dello Sposo, Aquila divina, Teologo santo, Dottore della Carità, figlio di Maria, è anche l'Evangelista per il racconto che ci ha lasciato della vita del suo Maestro e amico, Scrittore sacro per le sue tre Epistole, ispirato dallo Spirito Santo, Profeta per la sua misteriosa Apocalisse, che racchiude i segreti del tempo e dell'eternità. Che cosa gli è dunque mancato? La palma del martirio? Non lo si potrebbe dire, poiché se non ha consumato il suo sacrificio, ha tuttavia bevuto il calice del Maestro, quando, dopo la crudele flagellazione, fu immerso nell'olio bollente davanti a porta Latina, in Roma, nell'anno 95. Giovanni fu dunque Martire di desiderio e di intenzione, se non di fatto; e se il Signore, che lo voleva conservare nella sua Chiesa come un monumento della stima che ha per la castità e degli onori che riserba a tale virtù, arrestò miracolosamente l'effetto d'uno spaventoso supplizio, il cuore di Giovanni non aveva meno accettato il Martirio in tutta la sua estensione [1].

Questo è il compagno di Stefano accanto alla culla nella quale onoriamo il divino Bambino. Se il Protomartire risplende con la porpora del sangue, il candore virgineo del figlio adottivo di Maria non è forse più abbagliante di quello della neve? I gigli di Giovanni non possono sposare il loro innocente splendore allo splendore vermiglio delle rose della corona di Stefano? Cantiamo dunque gloria al neonato Re, la cui corte brilla di colori sì freschi e ridenti.
Questa celeste compagnia si è formata sotto i nostri occhi. Dapprima abbiamo visto Maria e Giuseppe soli nella stalla accanto alla mangiatoia; subito dopo, l'armata degli Angeli è apparsa con le sue melodiose coorti; quindi son venuti i pastori con i loro cuori umili e semplici; poi, ecco Stefano il Coronato, Giovanni il Discepolo prediletto; e nell'attesa dei Magi, altri verranno presto ad accrescere lo splendore delle pompe, e ad allietare sempre più i nostri cuori. Quale nascita è mai quella del nostro Dio! Per quanto umile appaia, quanto è divina! Quale Re della terra, quale Imperatore ha mai avuto attorno alla sua culla onori simili a quelli del Bambino di Betlemme? Uniamo dunque i nostri omaggi a quelli che egli riceve da tutti questi membri beati della sua corte; e se ieri abbiamo rianimato la nostra fede alla vista delle palme sanguinanti di Stefano, ridestiamo oggi in noi l'amore della castità, all'ardore dei celesti profumi che ci mandano i fiori della corona virginea dell'Amico del Cristo.


MESSA [2]
La santa Chiesa apre i canti del divino Sacrificio con le parole dell'Ecclesiastico che applica a san Giovanni. Il Signore ha posto il Discepolo prediletto sulla cattedra della sua Chiesa, per fargli proclamare i suoi misteri. Nei suoi divini colloqui, lo ha riempito d'una sapienza infinita e lo ha rivestito di una veste risplendente di candore, per onorare la sua verginità. "Nel mezzo della Chiesa, ha aperto la bocca; e il Signore lo ha riempito dello Spirito di sapienza e d'intelletto; lo ha rivestito della veste di gloria".

EPISTOLA (Eccli 15,1-6). - Chi teme Dio, farà il bene, e chi abbraccia la giustizia, possederà la sapienza, che gli andrà incontro qual veneranda madre. Lo nutrirà col pane della vita e dell'intelligenza, lo disseterà coll'acqua della salutare sapienza, starà ferma in lui e non piegherà. Lo terrà stretto e non sarà confuso, lo farà grande tra i suoi compagni. Gli farà aprir bocca in mezzo all'adunanza, lo riempirà dello spirito di sapienza e d'intelligenza, e lo coprirà col manto della gloria; ammasserà su di lui tesori di gioia e di allegrezza e gli farà ereditare un nome eterno il Signore Dio.

Questa suprema Sapienza è il Verbo divino, che è venuto incontro a san Giovanni, chiamandolo all'apostolato. Il Pane di vita di cui essa l'ha nutrito è il Pane immortale dell'ultima Cena; l'Acqua d'una dottrina salutare, è quella che il Salvatore prometteva alla Samaritana, e di cui è stato concesso a Giovanni di dissetarsi a lungo nella sua stessa sorgente, quando posò il capo sul Cuore di Gesù. La forza irremovibile è quella che egli ha fatto risplendere nella custodia vigile e coraggiosa della castità, e nella confessione del Figlio di Dio davanti ai ministri di Domiziano. Il tesoro che la divina Sapienza ha accumulato per lui, è quell'insieme di gloriose prerogative che abbiamo enumerate. Infine, il nome eterno è quello di Giovanni, il Discepolo prediletto.

VANGELO (Gv 21,19-24). - In quel tempo, Gesù disse a Pietro: Seguimi. Pietro, voltatesi, si vide vicino il discepolo prediletto da Gesù, quello che nella cena posò sul petto di lui, e disse: Signore, chi è il tuo traditore? Or vedutolo Pietro disse a Gesù: Signore e di lui che ne sarà? Gesù rispose: Se io voglio che resti finché io non torni, che te ne importa? Tu seguimi. Si sparse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non morrebbe. Gesù però non disse non morrà; ma: Se voglio che egli resti finch'io non torni, che te ne importa? È questo il discepolo che attesta tali cose, e le ha scritte: sappiamo che la sua testimonianza è verace.

Il brano del Vangelo di oggi ha impegnato molto i Padri e i commentatori. Si è creduto di vedervi la conferma del sentimento di coloro che hanno preteso che san Giovanni sia stato esentato dalla morte fisica, e che aspetti ancora nella carne, la venuta del Giudice dei vivi e dei morti. Non bisogna vedervi tuttavia, con la maggior parte dei santi Dottori, se non la differenza delle due vocazioni: quella di san Pietro e quella di san Giovanni. Il primo seguirà il Maestro, morendo come lui sulla croce; il secondo sarà preservato, raggiungerà una felice vecchiaia, e vedrà venire a sé il Maestro che lo toglierà a questo mondo con una morte pacifica.

O diletto discepolo del Bambino che ci è nato, come è grande la tua felicità! quanto è meravigliosa la ricompensa del tuo amore e della tua verginità! In te si compiono le parole del Maestro: Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. E tu non soltanto l'hai visto, ma sei stato suo amico, hai riposato sul suo cuore. Giovanni Battista ha timore di tendere le mani per immergere nel Giordano il suo capo divino; Maddalena, rassicurata da lui stesso, non osa sollevare il capo, e si ferma ai suoi piedi; Tommaso aspetta l'ordine per osar di mettere il dito nelle cicatrici delle sue piaghe: e tu, alla presenza di tutto il Collegio Apostolico, prendi accanto a lui il posto d'onore, appoggi il tuo capo mortale sul suo seno. E non soltanto godi della visione e del possesso del Figlio di Dio incarnato; ma, poiché il tuo cuore è puro, voli con la rapidità dell'aquila, e fissi con lo sguardo tranquillo il sole di Giustizia, nel seno stesso della luce inaccessibile in cui egli abita eternamente con il Padre e lo Spirito Santo. Questo è dunque il prezzo della fedeltà che tu gli hai mostrata conservando per lui, puro da ogni macchia, il prezioso tesoro della castità. Ricordati di noi, tu che sei il favorito del grande Re! Oggi, noi confessiamo la divinità del Verbo immortale che tu ci hai fatto conoscere; ma vorremmo anche avvicinarci a lui, in questi giorni in cui si mostra così accessibile, così umile, così pieno d'amore, sotto le vesti dell'infanzia e della povertà. Ma purtroppo i nostri peccati ci trattengono; il nostro cuore non è puro come il tuo; abbiamo bisogno d'un protettore che ci introduca alla mangiatoia del nostro Signore (Is 1,3). Per godere di questa felicità, o prediletto dell'Emmanuele, noi speriamo in te. Tu ci hai svelato la divinità del Verbo nel seno del Padre; portaci alla presenza del Verbo incarnato. Che per mezzo tuo possiamo entrare nella stalla, fermarci accanto alla mangiatoia, vedere con i nostri occhi e toccare con le nostre mani il dolce frutto della vita eterna. Ci sia concesso di contemplare i dolci lineamenti di Colui che è nostro Salvatore e nostro Amico, di sentire i battiti di quel cuore che ti ha amato e che ci ama; di quel cuore che, sotto i tuoi occhi, fu squarciato dal ferro della lancia, sulla croce. Ottienici di restare accanto alla culla, di essere partecipi dei favori del celeste Bambino, di imitare come te la sua semplicità.

E infine, tu che sei il figlio e il custode di Maria, presentaci alla madre tua che è anche la nostra. Ch'ella si degni, per la tua preghiera, di comunicarci qualcosa di quella tenerezza con la quale veglia accanto alla culla del suo divin Figlio; ch'ella veda in noi i fratelli di Gesù che ha portato nel seno, che ci associ all'affetto materno nutrito per te, fortunato depositario dei segreti e degli affetti dell'Uomo-Dio.
Ti raccomandiamo anche la Chiesa di Dio, o santo Apostolo! Tu l'hai piantata, l'hai irrorata, l'hai adornata del celeste profumo delle tue virtù, l'hai illuminata con i divini insegnamenti; prega ora affinché tutte le grazie che tu hai arrecate, fruttifichino fino all'ultimo giorno; affinché la fede brilli di un nuovo splendore, l'amore di Cristo si riaccenda nei cuori, i costumi cristiani si purifichino e rifioriscano, e il Salvatore degli uomini, quando ci dice, con le parole del tuo Vangelo: Non siete più miei servi, ma miei amici, senta uscire dalle nostre bocche e dai nostri cuori una risposta d'amore e di coraggio la quale lo assicuri che lo seguiremo dovunque, come tu stesso l'hai seguito.

* * *

Consideriamo il sonno del Bambino Gesù in questo terzo giorno dalla sua nascita. Ammiriamo il Dio di bontà, disceso dal cielo per invitare tutti gli uomini a cercare fra le sue braccia il riposo delle loro anime, che si sottomette a prendere il proprio riposo nella loro dimora terrena, e che santifica con il sonno divino la necessità che ci impone la natura. Poco fa ci confortava vederlo offrire sul suo petto un luogo di riposo a san Giovanni e a tutte le anime che vorranno imitarlo nella purezza e nell'amore; ora vediamo lui stesso dormire dolcemente nel suo umile giaciglio, o sul seno della Madre sua.
Sant'Alfonso de' Liguori, in uno dei suoi deliziosi cantici, celebra così il sonno del divino Bambino e la tenerezza della Vergine Madre:


Fermarono i cieli 

La loro armonia,

Cantando Maria
La nanna a Gesù


Con voce divina

La Vergine bella,

Più vaga che stella
Diceva così:


Mio Figlio, mio Dio,

Mio caro Tesoro

Tu dormi, ed io moro
Per tanta beltà.


Dormendo, mio Bene,

Tua Madre non miri.

Ma l'aura che spiri
È fuoco per me.


O bei occhi serrati,

Voi pur mi ferite:

Or quando v'aprite,
Per me che sarà?


Le guance di rosa

Mi rubano il core;

O Dio, che si more
Quest'alma per Te!


Mi sforz'a baciarti

Un labbro sì raro:

Perdonami, Caro,
Non posso, più, no.


Si tacque ed al petto

Stringendo il Bambino,

Al Volto Divino
Un bacio donò.


Si desta il Diletto

E tutto amoroso

Con occhio vezzoso
La Madre guardò.


Ah Dio ch'alla Madre

Quegli occhi, quel guardo

Fu strale, fu dardo
Che l'Alma ferì.


E tu non languisci,

O dur'alma mia,

Vedendo Maria
Languir per Gesù.


Se tardi v'amai,
Bellezze Divine;

Or mai senza fine
Per voi arderò.


Il Figlio e la Madre, 
La Madre col Figlio,

La rosa col giglio
Quest'alma vorrà.

Onoriamo dunque il sonno di Gesù Bambino; rendiamo i nostri omaggi al Neonato nello stato di volontario riposo, e pensiamo alle fatiche che l'attendono al risveglio. Crescerà questo Bambino; diventerà un uomo, e camminerà, attraverso tanti travagli, alla ricerca delle anime nostre, povere pecorelle smarrite. Che almeno, in queste prime ore della sua vita mortale, il suo sonno non sia turbato; il pensiero dei nostri peccati non agiti il suo cuore; e Maria goda in pace la gioia di contemplare il riposo di quel Bambino che deve più tardi causarle tante lacrime. Verrà presto il giorno in cui egli dirà: "Le volpi hanno le loro tane, gli uccelli dell'aria i loro nidi, ma il Figlio dell'Uomo non ha dove posare il capo".
Pietro di Celles dice eloquentemente nel suo quarto Sermone sulla Natività del Signore: "Cristo ha avuto tre posti dove posare il capo. Innanzitutto, il seno del suo eterno Padre; Egli dice: Io sono nel Padre, e il Padre è in me. Quale riposo più delizioso di questa compiacenza del Padre nel Figlio, e del Figlio nel Padre? In un mutuo e ineffabile amore, essi sono beati per l'unione. Ma, pur conservando quel luogo di riposo eterno, il Figlio di Dio ne ha cercato un secondo nel seno della Vergine. L'ha coperto dell'ombra dello Spirito Santo, e ha preso ivi un lungo sonno, mentre si formava in essa il suo corpo umano. La purissima Vergine non ha turbato il sonno del suo figliuolo; ha tenuto tutte le forze dell'anima sua in un silenzio degno del cielo, e rapita in se stessa intendeva dei misteri che non è dato all'uomo ripetere. Il terzo luogo di riposo del Cristo è nell'uomo; è nel cuore purificato dalla fede, dilatato dalla carità, elevato dalla contemplazione, rinnovato dallo Spirito Santo. Tale cuore offrirà al Cristo non già una dimora terrena, ma un'abitazione celeste, e il Bambino che ci è nato non rifiuterà di prendervi il suo riposo".


[1] Morì verosimilmente ad Efeso, sotto il regno di Traiano (98-117).
[2] Il Sacramentario leoniano porta due messe nella festa di san Giovanni. Una veniva celebrata senza dubbio in Laterano, dove esisteva un oratorio dedicato all'Apostolo; l'altra a S. Maria Maggiore, forse a motivo dei mosaici di Sisto III che commemoravano il Concilio di Efeso, tenuto vicino al sepolcro di san Giovanni. Oggi, la Stazione ha luogo in quest'ultima basilica, che è il più insigne santuario eretto alla gloria della Madre di Dio.

da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 145-154

AVE MARIA!
VIRGO DOLOROSISSIMA! 

martedì 25 dicembre 2012

Un cert'uomo assistendo alla Messa...


"...Un cert'uomo assistendo alla Messa senza divozione, come fanno tanti, a quelle parole che in fine si dicono, Et Verbum caro factum est, non fé alcun segno di riverenza; allora un demonio gli diede un forte schiaffo, dicendo: 'Ingrato, senti che un Dio s'è fatt'uomo per te, e tu neppure ti degni d'inchinarti? Ah che se Iddio, disse, avesse fatto ciò per me, io in eterno starei per sempre ringraziandolo' (*).

Dimmi, cristiano, che avea da fare più Gesù Cristo per farsi amare da te? Se il Figlio di Dio avesse avuto a salvar dalla morte il suo medesimo Padre, che più poteva fare che abbassarsi sino a prender carne umana, e sacrificarsi alla morte per la di lui salvezza?
Dico più: se Gesù Cristo fosse stato un semplice uomo, e non già una persona divina, e avesse voluto con qualche segno d'affetto acquistarsi l'amore del suo Dio, che avrebbe potuto fare più di quello che ha fatto per te? Se un servo tuo per tuo amore avesse dato tutto il sangue e la vita, non ti avrebbe già incatenato il cuore, ed obbligato almeno per gratitudine ad amarlo? E perché Gesù Cristo poi, giungendo a dare sino la vita per te, non ha potuto sinora giungere ad acquistarsi il tuo amore?"
(S. Alfonso M. de' Liguori)



(*) MAGNUM SPECULUM EXEMPLORUM, Distinctio 9, Exemplum 75. Venetiis, 1618, pag. 608.


AVE MARIA!