mercoledì 30 gennaio 2013

Miracolo! Miracolo!


LA PITTURA CHE SCESE DAL CIELO A GENAZZANO

Miracolo! Miracolo!
È l'unico modo per descrivere il fatto veri­ficatosi in Italia, a Genazzano (Roma), il 25 apri­le del 1467, giorno della festa del suo patrono, San Marco.
La popolazione di quella città contemplò estasiata una nuvola bianca a forma di colonna, che diffondeva raggi di luce, sorvolando i cieli del piccolo paese. Dopo essere rimasta per un certo tempo sospesa nell'aria, essa discese in direzio­ne di una chiesa in costruzione e si appoggiò con­tro una parete incompiuta. A quel punto la nuvola scomparve, la­sciando al suo po­sto una bella im­magine della Ver­gine Madre di Dio con  Gesù Bambi­no in braccio.
In quel mo­mento le campa­ne della chiesa co­minciarono a suo­nare e i fedeli pre­senti videro per­fettamente che nessuno le azionava. Presto anche tutte le campa­ne dei dintorni si misero a suonare, esprimendo la gioia del Cielo per l'arrivo dell'immagine.
La chiesa in costruzione era dedicata alla Madonna del Buon Consiglio, su iniziativa di una vedova di nome Petruccia, molto devota di Maria. Questa buona signora riceveva piccoli aiuti per la costruzione, ma il più delle volte quello che le toc­cava sentire erano parole di scherno e di discre­dito. Con l'arrivo miracoloso dell'immagine, giun­sero da tutte le parti generosi contributi e l'opera poté essere portata a termine in breve tempo.

La notizia del meraviglioso evento giunse a Roma e attirò molti pellegrini a Genazzano. 

Tra di loro vi furono due albanesi - Georgio e De Scla­vis - testimoni a loro volta di un altro impressio­nante miracolo.
Molto preoccupati per il futuro della lo­ro patria, in serio pericolo di essere invasa dal­le truppe turche, angosciati, andarono a prega­re davanti all'Immagine della Patrona dell'Alba­nia, uno splendido affresco dipinto nel santuario della città di Scutari. Dopo un po' di tempo, vi­dero con stupore l'affresco staccarsi dalla parete con un sottile strato di gesso e volare verso il ma­re Adriatico.

Seguirono allora l'immagine fino alla riva del mare e vedendo che seguitava il suo cammi­no, sorvolando la superficie, pensarono che non l'avrebbero mai più rivista...
Un'ispirazione fece loro ricordare San Pie­tro, che miracolosamente camminò sulle acque. Pieni di fede, avanzarono nel mare, camminan­do sulle acque, come se fossero su terra ferma, se­guendo sempre la venerata immagine. Così attra­versarono il mare Adriatico.

Al loro arrivo in Italia, la persero di vista e ne furono sconfortati, finché un giorno, a Roma, vennero a sapere che un affresco della Madonna era disceso dal cielo e si era posato nella vicina cit­tà di Genazzano.

La notizia della miracolosa apparizione dell'affresco si diffuse in tutto il paese con una velocità impressionante. Immediatamente iniziò una vera e propria valanga di miracoli: un paraliti­co cominciò a camminare, una cieca riacquistò la vista, un giovane morto da poco resuscitò.
Nei primi 110 giorni la Madre del Buon Consiglio realizzò 161 miracoli a favore dei suoi fedeli devoti.

I padri agostiniani, incaricati del Santua­rio del Buon Consiglio custodiscono ancor oggi il registro dei miracoli effet­tuati subito dopo l'apparizio­ne dell'affresco della Madon­na. Vediamone alcuni, a titolo di esempio:

Giorno 8 maggio: Sono guarite oggi Francesca Cecca­relli, di Paliano [FR], cieca fin dall'infanzia, e debole per tutta la sua vita e Minna di Giovan Capozzo, di Cave [Roma], che da tempo era divenuta invalida, in quasi tutte le sue membra.

Giorno 18 maggio: Oggi, nella Santa Cappella, è guarito Antonio Guastacavalli, di Fra­scati [Roma], paralitico, che da dodici anni non riusciva a muoversi e nemmeno a sostenersi in  piedi.
Giorno 3 giugno: Oggi, la signora Antonia, di Castel Sanguigno, moglie di Antonio Conti di Montefortino [FM], gravemente colpita da un attac­co apoplettico, a causa del quale ha perso la sensi­bilità di tutto il lato destro, condotta con difficoltà alla Santa Cappella, si è ritrovata immediatamente guarita, completamente sana, dopo essersi trascina­ta per tre anni e sette mesi della sua vita con la ma­lattia.

Ancora oggi l'immagine della Madonna del Buon Consiglio si trova misteriosamente sospesa in aria, invocata da oltre 500 anni! E, cosa ecce­zionale, rimane tuttora sospesa in aria alla distan­za di un paio di centimetri dal muro della cappella laterale del suo Santuario, a Genazzano.
Italiani e pellegrini provenienti da tutto il mondo continuano a venire a Genazzano per chiedere l'intercessione della Madonna, davanti al santo affresco.
Mai Maria rinuncia a soddisfare le richieste dei suoi figli e devoti.

GESU' MARIA AMORE
VENITE INSIEME NEL MIO CUORE!

2. L'amore di Maria verso Dio


 L'amore di Maria verso Dio


Dice sant'Anselmo: « Quanto più un cuore è puro e vuoto di se stesso, tanto più sarà pieno di amore verso Dio ». 

Maria fu tutta umile e vuota di sé, scrive san Bernardino e perciò fu tutta piena di amore divino, superando l'amore di tutti gli uomini e di tutti gli angeli verso Dio. Con ragione dunque san Francesco di Sales la chiamò la « Regina dell'amore». Il Signore ha dato all'uomo questo precetto: « Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore » (Mt 22,37). « Questo precetto, dice san Tommaso, sarà adempiuto completamente e perfettamente in cielo. Su questa terra viene adempiuto, ma in maniera imperfetta ». San Alberto Magno afferma che in certo modo sarebbe stato disdicevole a Dio imporre un precetto che non fosse stato perfettamente osservato da nessuno, se non vi fosse stata la sua divina Madre, la quale l'osservò perfettamente. 
Riccardo di san Vittore conferma questo pensiero dicendo: « La madre del nostro Emmanuele fu perfetta nella pratica di ogni virtù. Chi mai adempì come lei quel primo comandamento: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore? L'amore divino fu in lei così ardente che non poté sfiorarla alcun difetto ». « L'amore di Cristo, scrive san Bernardo, non solo ferì, ma trapassò l'anima di Maria tanto che non restò alcuna parte senza ferita. Così ella amò con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutte le forze e fu piena di grazia ». Quindi Maria poteva ben dire: « Il mio diletto è per me, e io per lui » (Ct 2,16)
« Anche i serafini, dice Riccardo, potevano scendere dal cielo per imparare nel cuore della Vergine il modo di amare Dio ».  
Dio, che è amore (lGv 4,8), venne sulla terra ad accendere in tutti la fiamma del suo divino amore, ma non ne infiammò nessun cuore quanto quello di sua Madre che, essendo libero dagli affetti terreni, era interamente disposto ad ardere di questo fuoco. 

Così san Girolamo scrive: « L'amore di Dio aveva acceso talmente Maria, che niente al mondo poteva alterare il suo sentimento, ma c' erano in lei un ardore continuo e l'ebbrezza di un amore senza limiti ». Il cuore di Maria divenne dunque tutto fuoco e fiamme, come si legge nel Cantico dei cantici: « Le sue fiaccole sono fiaccole di fuoco e di fiamme » (Ct 8,6). Sant'Anselmo spiega: fuoco, ardendo interiormente per amore; fiamme, risplendendo di fuori con l'esercizio delle virtù. 

Dunque, quando Maria portava Gesù tra le braccia, si poteva dire che era « fuoco che porta il fuoco » ben a maggior diritto di quanto diceva Ippocrate, in un altro senso;  a proposito di una donna che portava in mano il fuoco il Sant'Ildefonso dice: « Lo Spirito Santo infiammò interamente Maria, come fa il fuoco con il ferro; di modo che in lei si vedeva solo la fiamma dello Spirito Santo e si sentiva solo il fuoco dell'amore divino ». 

 Secondo san Tommaso da Villanova, il roveto che Mosè vide ardere senza consumarsi era già il simbolo del cuore della Vergine. Perciò con ragione, dice san Bernardo, Maria fu veduta da san Giovanni vestita di sole: « Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole » (Ap 12,1), perché ella penetrò nell'abisso della divina sapienza al di là di quanto si possa immaginare ed è immersa in quella luce inaccessibile per quanto è possibile a una creatura. 

 San Bonaventura afferma che la santa Vergine non fu mai tentata dall'inferno, perché « come un grande fuoco fa fuggire le mosche, così dal suo cuore ardente di amore venivano scacciati i demoni che non ardivano avvicinarsi a lei ». Riccardo di san Vittore dice ugualmente: « La Vergine fu terribile verso i principi delle tenebre, che non osarono avvicinarsi a tentarla, perché li spaventava la fiamma dell'amore ». Maria stessa rivelò a santa Brigida che in questo mondo non ebbe altro pensiero, altro desiderio, altro gaudio che Dio. Dato che sulla terra la sua anima benedetta stava quasi sempre a contemplare Dio, gli atti d'amore che faceva erano innumerevoli, come scrive il padre Suarez. 

Ma preferisco dire, con Bernardino da Busto, che Maria, invece di ripetere gli atti d'amore, come fanno gli altri santi, per singolare privilegio, amava sempre attualmente Dio con un atto continuo. Come l'aquila reale, teneva sempre gli occhi fissi sul sole divino, « in maniera tale, dice san Pier Damiani, che né le azioni impedivano la contemplazione, né la contemplazione le impediva di svolgere le sue attività ». 

Sicché, dice san Germano, fu figura di Maria l'altare propiziatorio, in cui non si spegneva mai il fuoco, né di giorno né di notte. Neppure il sonno impediva a Maria di amare il suo Dio. Se tale privilegio fu concesso ai nostri progenitori nello stato d'innocenza, come afferma sant'Agostino, dicendo che allora « erano ugualmente felici i loro sogni mentre dormivano e la vita quando erano svegli », quello stesso privilegio non deve essere certamente negato alla divina Madre. Glielo accordano il Suarez, l'abate Ruperto, san Bernardino da Siena e sant'Ambrogio il quale, parlando di Maria, lasciò scritto: « Mentre riposava il corpo, vegliava l'animo ». In lei si realizzava ciò che disse il Saggio: « Non si spegne di notte la sua lampada » (Pro 31,18). 

Si, dice san Bernardino, mentre il suo santo corpo in un leggero sonno prendeva il necessario riposo, « la sua anima liberamente tendeva verso Dio. Perciò allora la sua contemplazione era più perfetta di quanto mai poté essere quella di una persona sveglia. "Io dormo, ma il mio cuore veglia", poteva ella dire con la sposa del Cantico dei cantici (Ct 5,2) ». « Ugualmente felice sia quando dormiva che quando vegliava », dice il Suarez
Insomma, afferma san Bernardino, su questa terra « la mente della Vergine era continuamente immersa nell'ardore del suo amore ». Inoltre ella non fece mai se non quello che seppe essere gradito a Dio e tanto amò Dio quanto stimò di doverlo amare. Di modo che, dice San Alberto Magno, « crediamo anche, salvo diverso parere, che nel concepire il Figlio di Dio la beata Vergine abbia ricevuto tanta carità quanta una semplice creatura poteva ricevere in questa vita ». San Tommaso da Villanova aggiunge che con la sua ardente carità la Vergine divenne così bella agli occhi del suo Dio che egli, preso dal suo amore, discese nel seno di lei a farsi uomo. E san Bernardino esclama: « O virtù della Vergine Madre! Una fanciulla ha ferito e rapito il cuore di Dio! ». 
Ma poiché Maria ama tanto il suo Dio, certamente non richiede 
nessun' altra cosa dai suoi devoti, quanto che amino Dio come meglio possono. Così appunto disse alla beata Angela da Foligno un giorno in cui essa si era comunicata: «Angela, sii benedetta dal Figlio mio. Tu cerca di amarlo quanto puoi». 

A santa Brigida la beata Vergine disse: «Figlia, se vuoi legarmi a te, ama il Figlio mio». Maria non desidera nulla più che di vedere amato il suo diletto, che è Dio. Il Novarino si domanda perché la santa Vergine con la sposa del Cantico dei cantici pregava gli angeli di dire al suo Signore il grande amore che gli portava: « Vi scongiuro, figlie di Gerusalemme, se trovate il mio diletto, ditegli che languisco d'amore » (Ct 5,8). Dio non sapeva già forse quanto ella lo amava? « Perché chiede di mostrare all'amato la ferita che egli stesso ha fatto? ». E il Novarino risponde che la divina Madre volle far conoscere il suo amore non a Dio, ma a noi altri, affinché come lei era ferita, potesse ferire anche noi di amore divino.

«Poiché fu ardente d'amore per Dio, dice san Bonaventura, Maria infiamma e rende simili a sé tutti coloro che la amano e l'avvicinano». Perciò santa Caterina da Siena la chiamava «Portatrice del fuoco» dell'amore divino. Se vogliamo dunque ardere anche noi di questa santa fiamma, cerchiamo sempre di accostarci alla nostra Madre con le preghiere e con gli affetti. 


<<Maria, Regina dell'amore, la più amabile, la più amata e la più amante di tutte le creature - come ti diceva san Francesco di Sales - madre mia, tu ardesti sempre d'amore verso Dio. Degnati di donarmene almeno una scintilla. Tu pregasti tuo Figlio per quegli sposi cui mancava il vino: 
« Non hanno vino » (Gv 2,3); e non pregherai per noi ai quali manca l'amore verso Dio, che siamo tanto obbligati ad amare? Dì pure: « Non hanno amore » e ottienici questo amore. Non ti chiediamo altra grazia che questa. Madre, per l'amore che porti a Gesù, esaudiscici, prega per noi. Amen.>>

<<Cor Mariæ Immaculatum, intercede pro nobis>>

La Madonna usa il termine Massoneria nelle sue profezie?


La Madonna contro i massoni

La Madonna usa il termine Massoneria 

nelle sue profezie? 

Gentile Signora, ti scrivo dalla Vandea in Francia, dove insegno storia in un college. Io sono un cattolico praticante e sono molto interessato alla tua traduzione del libro di Fray Manuel Sousa Pereira. Questo testo è affascinante, ma alcune domande mi vengono in mente, come uno storico: 1.La Vergine parla della setta dei Massoni, mentre non esisteva nel 17 ° secolo. Nel testo spagnolo, tuttavia, è la Massoneria detto? 2. Ho letto online che il testo originale di Fray Manuel Sousa Pereira non c'era più, e avevano solo una copia, è vero? 3. Ci sono delle opere più antiche, più vicino al tempo di Madre Mariana de Jesus Torres, negli archivi? 4. Sarebbe possibile creare un sito web in Francia che potrebbe essere la traduzione del tuo sito Nostra Signora del Buon Successo? Grazie per la vostra attenzione, in Christo Rege ,      CK
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Dr. Horvat risponde:

Caro CK, Grazie per la vostra e-mail, e sono lieto di vedere che si sta prendendo sul serio le profezie di Nostra Signora del Buon Successo. Sono lieto di rispondere alle vostre domande, e lo farà nello stesso ordine che li ha fatti: 1. Il nome della Massoneria solo divenne pubblico nel 1717 quando quattro logge di Londra ha costituito la prima Gran Loggia d'Inghilterra, da allora in poi che l'organizzazione vissuto una rapida espansione sul continente e nelle Americhe. Tuttavia, coloro che conoscono la storia della Massoneria affermare che le sue radici sono molto più profonde e viaggiare molto più indietro rispetto al 18 ° secolo. A. Un segreto e un semi-pubblico Massoneria A conferma di questa affermazione vorrei trascrivere un testo di mons. Henri Delassus, il miglior studioso so sul tema:

Nostra Signora del Buon Successo
La Madonna aveva previsto i mali della Massoneria
"L'idea di sostituire la civiltà cristiana con un'altra civiltà basata sul naturalismo è nato, abbiamo affermato, a metà del secolo 14. Un super-umano sforzo, che continua ancora oggi, si è tentato di realizzarlo, alla fine del 18 ° secolo [la Rivoluzione francese]. "E 'difficile immaginare che questa civiltà, contrastare tutto questo tempo da parte della Chiesa, potrebbe sussistere e svilupparsi attraverso cinque secoli, e poi finalmente emergere con il potere che vediamo che ha oggi meno di non supporre che, durante tutto questo tempo, ci sono stati uomini che hanno trasmesso di generazione in generazione come guardia e diffondere e che una potente associazione esiste per preparare la sua trionfo. "Un vero complotto contro il cristianesimo presuppone, in effetti, non solo il voto di distruggere, ma anche un gruppo di persone e un accordo sui mezzi per attaccare, combattere e annientarla. "Dal momento che questi adepti cospirare contro lo stato esistente di cose, che hanno tutto l'interesse a nascondersi mentre vivono e non lasciando alcuna traccia possibile, dell'esistenza della loro associazione e la trama."segni gravi, tuttavia, ci permettono di credere che le idee degli umanisti sono state prese da Massoneria. Indipendente dal fatto che esista o meno prima gli umanisti, nel Freemaonry 18 ° secolo ha tentato di realizzare i suoi progetti, e ai nostri giorni si sta approfittando della prima l'esperienza e la mancanza di successo. "I massoni finta che la loro origine risale a Salomone 'Tempio, e anche che essi sono gli eredi dei misteri del paganesimo. Non è il nostro punto di esaminare qui la base o la mancanza di tale per queste pretese. Piuttosto, vedremo se, in tempi moderni, la setta era in realtà l'anima della trasformazione sociale che ha iniziato nel Rinascimento, è andato avanti nella Riforma, è stato realizzato in [francese] Rivoluzione, e ha continuato a diffondere il stesse idee per più di un secolo "(.Evocazione La Anti-chrétienne , Lille:. Desclée de Brouwer, 1910, vol I, pp 104-105) Vediamo, dunque, che la Massoneria molto probabilmente esisteva una società segreta sconosciuto per molti secoli prima del 18 ° secolo. Quindi, in linea di principio, la Madonna avrebbe potuto menzionata né genericamente o specificamente nelle sue rivelazioni nel 17 ° secolo. B. Possibile l'inserimento della Massoneria parola nelle rivelazioni non possiamo escludere, tuttavia, la possibilità che il P.. Pereira, che ha scritto il suo lavoro nel tardo 18 ° secolo ed era a conoscenza del ruolo pubblico della Massoneria contro la Chiesa cattolica, avrebbe potuto interpretare menzione della Madonna dei nemici della Chiesa come un riferimento alla Massoneria e usato questa parola, anche se era non usato da lei. Questa ipotesi non implica che egli intendeva adulterare il testo, ma piuttosto che lo scopo di confermare ciò che era diventato evidente ai suoi tempi. Se lo ha fatto, è stato perché era certo che la veridicità dei testi originali possono essere controllate nei molti documenti primari sulle rivelazioni che esistevano negli archivi Convento quando ha scritto il suo lavoro. Non poteva sapere che tutte quelle opere sarebbero scomparsi, e che solo il suo sarebbe rimasto come fonte per le rivelazioni. In ogni caso, lasciami andare a mostrare ciò che ha effettivamente scritto. C. Che p. Pereira ha scritto sulla Massoneria Il portoghese p francescana. Manuel Sousa Pereira, che ha viaggiato a Quito nel 1777 e scrisseLa vita Ammirabile di Madre Mariana nel 1790, era profondamente consapevole della Massoneria e delle sue finalità anti-cattolica e anti-monarchica. Nella edizione spagnola della sua biografia di Madre Mariana che abbiamo, a volte si usa la parola setta diabolica o setta, e altre volte setta massonica , quando registra le profezie della Madonna a Madre Mariana. Ci sono sei tali riferimenti: La prima unoè nella quarta apparizione del 21 gennaio 1610. In esso, la Madonna disse a Madre Mariana: "Così ho far sapere a voi che a partire dalla fine del 19 ° secolo e da poco dopo la metà del 20 ° secolo, in quella che è oggi la Colonia e sarà poi la Repubblica dell'Ecuador , le passioni esploderà e ci sarà una totale corruzione dei costumi, perché Satana regnerà quasi completamente attraverso le sette massoniche . Essi si concentreranno principalmente sui bambini per sostenere questa corruzione generale. Guai ai figli di questi tempi "(. Vol. II, pag 21) Gli spagnoli si legge: "... Se levantarán las Pasiones y Habra Una totale Corrupción e costumi de por las que Satanás reinará en las sectas masónicas y Danara principalmente a la infancia, un fin de mantener con esto la Corrupción generale. ... "(Tomo II, pag. 12) (1)

amsterdam gay pride
Madonna predisse immoralità pubblica e una totale corruzione dei costumi. Sopra , un orgoglio 'gay' parata canale di Amsterdam, di seguito , i fan del vampiro di Twilight culto
Twilight Fans 
Il secondo riferimento alla Massoneria si verifica nella stessa apparizione: "Per quanto riguarda il Sacramento del Matrimonio, che simboleggia l'unione di Cristo con la Sua Chiesa, esso verrà attaccato e profondamente profanato. Massoneria, che sarà poi al potere, emanerà leggi inique . con l'obiettivo di abolire questo Sacramento, rendendo facile per tutti di vivere nel peccato e incoraggiando la procreazione di figli illegittimi nati senza la benedizione della Chiesa "(. Vol. II, pag 23) Gli spagnoli si legge: ". .. [El Sacramento del Matrimonio] y será atacado profanado en toda la estensione de la palabra. El Masonismo, que entonces reinará, impondrá leyes inicuas con el objeto de extinguir ese Sacramento. ... (. Vol. II, pag 14) Il terzo riferimento è l'apparizione del 2 febbraio 1610, quando la Madonna parla del 20 ° secolo: "In quell'epoca la Chiesa ritrovarsi attaccato da orde di terribili della setta massonica ., e questa terra povera ecuadoriano sarà agonizzante a causa della corruzione dei costumi, lusso sfrenato, la stampa empia, e la formazione secolare "(. Vol. II, pag 39) Gli spagnoli si legge: "En Aquella época la Iglesia se encontrará combatida por las hordas dela secta Masonica . ... "(Vol. II, pag. 34) Il quarto riferimento è la sintesi di p.Pereira parole di una apparizione della Madonna a Madre Mariana per la festa del Corpus Domini. P. Pereira si riferisce: "Questi connazionali avrebbe funzionato per opprimere la Chiesa nelle loro assemblee e prevenire questa devozione pubblica [processioni del Corpus Christi], perché sarebbe già entrato il partito di Satana, diventando membri del [le] logge massoniche . ... Le mostrò come l'orrendo e pestifero cinghiale selvaggio di muratura entrava la bella, fiorente vigna della Chiesa, lasciandola distrutta e in completa rovina. "(vol. II, pag. 109) Gli spagnoli si legge "... Por haberse pasado y al bando de Satanás, inscribiéndose en las logge .Y ... se mostro la viña de la Iglesia y Hermosa florida, en la cual entrando El Jabali pestifero y orribile de la Masoneria , la dejaría arrasada y en ruina completa. "(vol. II, pag. 120) Il riferimento quinto nell'apparizione del 2 febbraio 1634, parla solo di una setta, la Madonna disse a Madre Mariana che il motivo quarto la luce Tabernacolo uscire "è che il [massonico] setta, dopo aver infiltrato tutte le classi sociali, sarà così sottile da introdurre stessa in ambienti domestici, al fine di corrompere i bambini, e il diavolo gloria in sala da pranzo alla squisita delicatezza del cuore dei bambini. "(vol. III, pag. 30) Gli spagnoli si legge, "El cuarto de motivo apagarse la Lamparita es que habiéndose apoderado la secta de todas las clases socials, Tendra sutileza para introducirse en los Hogares domésticos. ... "(. Vol. II, pag 212) Il riferimento sesto parla di sette diaboliche, quando Madonna racconta su Ecuador all'inizio del 20 ° secolo: "Ecuador vedrà se stessa, isolata nelle enclavi oppressi e perseguitati da sette diabolici . Questo settarismo durerà per 30-33 anni. "(Vol. II, pag. 235) Per inciso, faccio notare che la regola dei liberali durato 30 anni, dal 1895 al 1925. Durante questo periodo la Chiesa era perseguitata violentemente dai partigiani della Massoneria. L'letture spagnola, "... Perseguida por el sectarismo diabólico ... "(vol. III, pag. 60). Conclusioni Mi sembra ci sono tre possibili risposte per quanto riguarda il riferimento alla Massoneria nel manoscritto copiato abbiamo di p. Manuel Sousa Pereira. In primo luogo , il termine Massoneria non era nelle fonti originali usati da p. Pereira, che è, nella Autobiografia di Madre Mariana e di altre biografie e documenti di origine che sono stati conservati nel Cuadernon e sono attualmente perse. Avere familiarità con la Massoneria e la sua persecuzione della Chiesa, p. Pereira utilizzato l'attuale termine setta diabolica e la Massoneria in modo intercambiabile. In questo caso, la parola sarebbe p. Oltre Pereira alle profezie.

Nostra Signora del Buon Successo Convento di Quito

I documenti sono nascosti da qualche parte dentro le mura del convento, di seguito , il convento (al centro) in Piazza

coneptionist convento piazza
In secondo luogo , il religioso che ha copiato il manoscritto di p. Pereira inserito il termine Massoneria, interpretare l'espressione diabolica settadi essere tale. In questo caso, il termine sarebbe un'aggiunta p. Manoscritto di Pereira.terzo luogo , il termine era quello utilizzato nel manoscritto originale di p.Pereira, che avrebbe fedelmente registrato le parole di Madre Mariana nel riferire le profezie di Nostra Signora del Buon Successo nella metà del 17 ° secolo, i testi. La terza supposizione sembra la più probabile per me, dato che non sembra probabile che p. Pereira, un sacerdote serio che desidera fornire le informazioni più accurate possibili delle apparizioni, avrebbe preso delle libertà con le profezie che ha trovato negli archivi.Né sarebbe impossibile o assurdo per la Madonna a parlare di un pericolo in arrivo, con un preciso termine sconosciuto al momento. Ha fatto una profezia simile a Fatima. Nella apparizione del 13 luglio 1917, la Madonna disse ai tre bambini che la "grande guerra" avrebbe iniziato durante il regno di Pio XI. Dal momento che Papa Pio XI non è salito al soglio pontificio fino al 1922, la Madonna predisse correttamente non solo la prima guerra mondiale a venire, ma anche il nome del futuro papa. Come Regina del Cielo e della terra, è certamente in suo potere per conoscere il futuro contingente. Insomma, fino a quando gli altri documenti originali, generalmente indicato come il Cuadernon si trovano, non si può affermare con certezza circa l'uso del termine Massoneria . Quando si trova - come sarà, secondo un'altra profezia di Madre Mariana - avremo non solo il manoscritto originale di p. Pereira, ma le prime biografie di Madre Mariana scritta poco dopo la sua morte e la sua autobiografia. Poi, tutto sarà chiaro. risposta ad altre domande 2 e 3. Le seconda e la terza ha risposto altrove sul sito TIA. Si può leggere la risposta qui . 4. Si può affrontare la possibilità di tradurre il materiale che abbiamo sul nostro sito in francese con il nostro editor, signor Guimarães Atila. È possibile contattare lui qui . Spero che queste risposte sarà di qualche aiuto a voi.     Cordialmente,      Marian T. Horvat


  1. "I brani in inglese sono da mirabil vita di Madre Mariana Vol. I. e II vol. , (Los Angeles: TIA, 2006), I brani spagnoli sono da Vida mirabile de la Madre Mariana de Jesús Torres y Berriochoa (Quito: Fundación Jesús de la Misericordia).
Inviato 10 gennaio 2013

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Beata Alessandrina Maria da Costa


Dal peccato all'altare

Il dott. Giulio Conçalves Cerejeira scrive:

"Dio mi ha concesso la grazia di conoscere "l'Ammalata" di Balasar, la sempre ricordata Alexandrina. ...
[durante un'estasi] ...mia moglie udì da Alexandrina questa frase:

Che orrore! Dal peccato all'altare e dall'altare al peccato!...

Commentando poi quest'esclamazione, la mia sposa venne a sapere che l'Ammalata 'nel suo calvario' offriva gran parte della sue sofferenze in riparazione per i sacerdoti.

Di lì l'idea di raccomandarle alcuni preti della nostra diocesi.

Posso testimoniare una grazia straordinaria ottenuta ad uno di loro: proprio il più lontano da Dio per causa di una vita di peccati e di scandali.
L'interessato mi aveva confidato che già in seminario il suo libro di orazione (?!) era il romanzo 'O crime  ... '
Per molti anni visse come missionario nelle colonie. All'avvento della repubblica passò alle missioni laiche. Là si sposò civilmente con una signora e per motivi politici andò in Spagna.
Più tardi ritornò e prese dimora nel suo circondario facendo comizi sulle idee di sinistra e ultimamente di sapore marxista...

Un certo giorno venne a casa mia e piangendo si dichiarò pentito dicendo che, avendo dato scandalo durante tutta la sua vita, voleva, almeno negli ultimi anni, ritornare alla Chiesa e fare penitenza del male commesso...
Lo ascoltai commosso e contemporaneamente felice e gli dissi:
Bacio in questo momento, in ispirito, le mani di una giovane che da molto soffre per lei per ottenere questa grazia.

(Alexandrina aveva detto alla mia sposa che offriva per lui ogni giorno un'ora della sua sofferenza).

...aiutato e seguito da tutti si separò dalla donna con cui viveva ed iniziò a frequentare la chiesa, dal momento che la sua aspirazione di celebrare la Messa (per i precedenti) non era cosa di facile soluzione.

Dopo qualche tempo fu colto da grave malattia (linfogranulomatosi) che lo portò ad un ospedale di Lisbona e in seguito, senza speranza di guarigione, all'ospedale del circondario;
ben preparato si estinse. Dio sia lodato!"

[da: Gesù Cristo in Alexandrina autobiografia, pp. 816-817]


 


Beata Alessandrina Maria da Costa
Balasar (Portogallo), 3 marzo 1904 - 13 ottobre 1955


GESU' MARIA AMORE
VENITE INSIEME NEL MIO CUORE!



SAN FEDELE DA SIGMARINGEN


  
PADRE FEDELE DA SIGMARINGEN, Sacerdote Predicatore Martire (1578-1622)

Marco Roy (Fedele) nasce a Sigmaringen, diocesi di Costanza, nei primi giorni d'ottobre del 1577
Nel 1601 ottiene la laurea di filosofia nel collegio dei gesuiti di Brisgovia.
Negli anni 1601-1604 frequenta l'università di Friburgo
Nel 1604 accompagna un gruppo di studenti in Italia
Il 7 maggio 1611 ottiene brillantemente la laurea in diritto civile ed ecclesiastico
Nel mese di settembre 1612 viene ordinato sacerdote
Il 4 ottobre 1612 entra tra i cappuccini e inizia il noviziato nel convento di Friburgo
Il 4 ottobre 1613 professione religiosa
Dal 1614 al 1618 studia teologia a Friburgo, a Fraunfeld e Costanza
È guardiano a Rheinfelden nel 1618-1619
Superiore a Feldkirch nel 1619-1620
Guardiano a Freiburg nel 1620-1621 e ancora a Feldkirch nel 1621-1622 dove assiste i soldati
Creata da Propaganda Fide la Missione nella Rezia, nel 1622 è fatto missionario apostolico a Prättigau
Il 24 aprile 1622 a Seewis è ammazzato dagli eretici
In ottobre 1622 il corpo è portato a Feldkirch
Il processo informativo inizia nel 1623
Beatificato il 24 marzo 1729 da Benedetto XIII
Dichiarato santo da Benedetto XIV il 29 giugno 1746
"O Signore, trasformami tutto in Te! Intendo in special modo supplicarti di rendermi totalmente conforme alla tua santissima Umanità in tutte le tue virtú, tribolazioni, pene e tormenti, e soprattutto nella tua abiezione, umiltà e annientamento".
(S. Fedele da Sigmaringen)
Germania
 Nella liturgia viene ricordato il 24 aprile




24 de abril
San Fidel de Sigmaringa (1577-1622)
por Ángel de Novelé, o.f.m.cap.
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San Fidel fue un capuchino alemán, nacido en Sigmaringa, pequeña ciudad de Suabia, a orillas del Danubio. Vivió entre 1577 y 1622, parte en Alemania, parte en Suiza. Para ambas naciones eran aquéllos unos tiempos movidos, inseguros y tormentosos. La Reforma protestante, que apareció en la primera mitad del siglo XVI, había echado raíces firmes y dividido inevitablemente a sus hombres y a sus pueblos. Había por doquier ambiente de lucha, de recelos, de incomodidad religiosa y política. Entre los dos sectores cristianos, el católico y el protestante, se dieron violencias lamentables, que dejaron en los ánimos prejuicios y antipatías seculares, en que, como siempre, llevaron las de perder los católicos. Sabemos bien que ninguno de los jefes de la mal llamada Reforma fue modelo de mansedumbre. Tal vez por sus propios remordimientos, y ciertamente por el orgullo que les dominó, sus ánimos se exacerbaron de manera que hasta inverosímiles nos parecen las referencias exactas que tenemos de sus desplantes, frases groseras y accesos de furor. Por su parte, las tropas católicas reprimieron a veces violentamente los avances del protestantismo con desmanes improcedentes. Todo esto trajo luchas y odios que estaban muy vivos cuando vino al mundo nuestro San Fidel de Sigmaringa.
Estas luchas tuvieron una ventaja: perfilar más y más las ideas de los católicos, su responsabilidad y su conducta. Hubo desde el principio hogares que cerraron a cal y canto sus puertas a los vientos de la herejía y supieron mantener con dignidad y fortaleza los principios salvadores de la religión católica. Uno de estos hogares fue el de Juan Rey y Genoveva Rosemberger, los padres del Santo, que fundaron el suyo sólidamente en la verdad y el amor de Dios, y lo hicieron digno hasta de las evidentes resonancias españolas que tenía el apellido paterno.
San Fidel, que en el bautismo recibió el nombre de Marcos, tiene en su haber el mérito incomparable del martirio. Ya es bastante para haber llegado a la gloria de los altares, porque el acto heroico de amor de Dios que supone el martirio hace santos en un momento a los que lo sufren. Pero San Fidel tiene, como la mayor parte de los mártires, además del mérito del martirio, el de una vida en todo conforme con tan alta vocación. Porque, al fin, el martirio es una gracia que Dios concede a quienes elige para morir por Él.
San Fidel fue algo así como una obra maestra de Dios para aquellos tiempos y aquellas regiones. Tuvo el carácter del alemán clásico, íntegro en sus costumbres, serio, constante, inflexible, ingenuo. Los biógrafos nos lo presentan maduro desde los años de su juventud, alegre, muy inteligente y sin perder nunca los estribos. Sobre todo, fue siempre hombre de gran corazón lo que, andando el tiempo, fue, sin duda, factor importante para que los ideales y estilo de vida de la Orden franciscana le vinieran como anillo al dedo.
Como era de familia noble, hizo sus estudios en la Academia Archiducal de Friburgo de Brisgovia, y los cursó tan brillantemente, que se decía que ni en la Academia ni en la ciudad había quien le igualase en talento. Salió de allí hecho un maestro en el manejo del latín, francés e italiano, y muy joven todavía consiguió el doctorado en ambos derechos.
Terminados sus estudios, el barón de Stotzingen quiso que acompañara a un hijo suyo y a otros jóvenes en un viaje instructivo por Europa, porque pensaba que la presencia de Marcos Rey era la mejor seguridad para los padres de los muchachos. Nuestro joven aceptó el encargo, que fue, creemos, providencial, porque ese aireo por fuera al final de sus estudios le puso al corriente del estado de algunas naciones en sus forcejeos con el protestantismo y de las artes que éste se daba para ganar prosélitos. Sus compañeros de viaje nos han dicho del futuro mártir cosas tan interesantes como éstas: Que no dejó un solo día sus prácticas piadosas, que discutía con energía y pasmosa seguridad con los protestantes, que nunca le vieron airado y que ya entonces tenía por lema de su vida el estudio, la oración y la penitencia.
A la vuelta del viaje abrió inmediatamente su despacho de abogado en Ensisheim (Alsacia). Mal asunto, porque la carrera de abogado es tradicionalmente peligrosa para los que hilan delgado y tienen escrupulosa conciencia. Entre los capuchinos es muy conocida una cuarteta humorística dedicada a San Fidel y que dice así:
Santo es hoy quien fue abogado. ¡Obra del poder divino! Le costó ser capuchino y morir martirizado.
Efectivamente. Comenzó la profesión con el optimismo fácil de la juventud y con la mejor buena voluntad del mundo. Pero en uno de los primeros pleitos que hubo de defender, el abogado contrincante le propuso en secreto «un arreglo» ventajoso para los dos. Aquello bastó para que abandonara irrevocablemente la toga por razones que hoy llamaríamos de incompatibilidad temperamental. Alma tan clara y sincera no había nacido para componendas de ninguna clase.
Hubo a renglón seguido una pequeña crisis en su espíritu, antes de tomar el camino de su verdadera vocación, porque ya entonces le salieron al paso voces facilitonas y doctorales que calificaron de cobardía el deseo de ir a «enterrar» en un convento los talentos superiores que poseía. Pero, al fin, Marcos Rey se decidió a meterse capuchino. Los capuchinos estaban entonces en alza. No llevaban todavía un siglo de existencia y eran ya famosos en casi todo Europa. Después de las primeras vicisitudes y no pequeñas contrariedades de la nueva rama del frondoso árbol franciscano, la austeridad inverosímil, la sencillez encantadora, el celo impetuoso y dulcísimo de los que Lacordaire llamó más tarde «los Demóstenes del pueblo», acabaron por convencer a todos y propagarse como llama por el bosque. Cuando San Fidel se decidió a ingresar en esta Orden, estaba muy extendida por Alemania y Suiza y contaba con figuras excepcionales, como la de San Lorenzo de Brindis, entonces en el cenit de su carrera de predicador y diplomático, no menos que de hombre de Dios venerado por cuantos le conocían en toda Europa. El mismo San Fidel tenía un hermano capuchino, el padre Apolinar de Sigmaringa, músico, poeta y orador celebérrimo.
Cuando tomó el hábito en Friburgo tenía treinta y cinco años y era ya sacerdote. Ambos acontecimientos, la ordenación sacerdotal que recibió por consejo del obispo de Constanza, y la toma de hábito, se realizaron en el otoño de 1612. Hizo su noviciado y profesión, y pasó en seguida al seminario de Constanza para cursar la sagrada teología. Los propios profesores eclesiásticos que tuvo en aquellos primeros años de religioso aseguran que su austeridad, humildad y devoción eran extraordinarias, y que veían en él una superioridad interior, que resaltaba entre todos los de su convento.
Apenas terminados los estudios de teología, se dedicó de lleno a la predicación, de la que esperaban grandes frutos cuantos le conocían. Recorrió gran parte de Suiza y Austria, y el sur de Alemania. En todas partes encontró la cizaña protestante haciendo estragos en el trigal evangélico. De su predicación nos dicen los biógrafos que era francamente elocuente, de buen sentido, concienzuda. San Fidel hablaba ordinariamente con suavidad y mansedumbre, bien preparado, con notable unción, haciéndose tan atractivo por estas cualidades, que hasta los herejes le oían con agrado. Tal vez fue este atractivo lo que no le perdonaron después los herejes al señalarle como víctima entre todos sus compañeros de misión. Pero no todo era suavidad en el padre Fidel. Frecuentemente le arrebataba el espíritu de Dios y entonces saltaba la valla de la humana prudencia, que le aconsejaba inútilmente la moderación. Más de una vez llegaron a sus oídos frases como ésta: «Padre, si quiere comer aquí buenas sopas modere su celo y deje correr los acontecimientos». Es ésta exactamente la impresión que nos dan los sermones que se conservan del Santo. Aparece en ellos siempre el catequista oportuno, eficaz, documentado y piadoso. Pero también el orador inflamado, el lírico contagioso, el hombre de Dios que paladea en el púlpito las suavidades del dogma católico, el fustigador del vicio con frases afiladas como puñales, impresionantes hoy, cuando tan curados estamos de espantos.
Alternó la predicación con el cargo de guardián de los conventos de Friburgo, Rheinfelden y Feldkirch. Presidiendo la comunidad de este último fue destinado a la misión de la Alta Rezia, en donde encontró el martirio.
Era el año 1622. El archiduque de Austria Leopoldo, que había emprendido una cruzada contra la herejía, llevó sus armas victoriosas hasta el país de los grisones, en Suiza, y pidió al Papa que enviase allí misioneros. Suiza fue, como sabemos, una de las naciones que más directamente padecieron las consecuencias del protestantismo. La actividad reformadora comenzó en Zúrich con Zwinglio, en 1519. Y lo malo fue que la actividad zwingliana se desarrolló tanto en el terreno político como en el religioso. Trabajaron también ardorosamente en Suiza Calvino y Ecolampadio. Al principio la Reforma tuvo poco éxito, pero ya en 1528 los católicos fueron excluidos del Consejo de la ciudad de San Gall. En algunos sitios, como Berna, la herejía fue introducida violentamente. Así, poco a poco, el país quedó totalmente dividido, de forma que en 1590 unas ciudades eran netamente católicas, como Lucerna, Zug y Friburgo, y otras, como Zúrich, Berna y Ginebra, totalmente protestantes. También hubo regiones en las que ambas confesiones, la católica y la protestante, andaban mezcladas, y una de éstas fue la de los grisones. Las comarcas que abrazaron el protestantismo se unieron entre sí y con algunos extranjeros, mientras que los cantones católicos se agruparon en propia defensa y se aliaron con Austria. De esta manera se originaron las dos famosas guerras de Capel (1529-1531), que terminaron con la victoria de los católicos y la muerte trágica de Zwinglio.
Desde el concilio de Trento (1545-1563), que fue el gran muro que la Iglesia opuso al protestantismo, hubo en Suiza celosos promotores de la fe y de la verdadera reforma, entre los que destaca San Carlos Borromeo. Después trabajaron los jesuitas y su gran apóstol San Pedro Canisio. A ellos se debe la fundación de colegios en Lucerna, Friburgo de Brisgovia, Siders y otras ciudades. Al mismo tiempo que los jesuitas llegaron los capuchinos, que erigieron su primer convento en Altdorf, en 1579, y al que siguieron otros treinta en todas las comarcas de la Confederación.
El llamamiento del archiduque Leopoldo tuvo eco en Roma, pues estaba recién fundada la Congregación de Propaganda Fide. El origen de esta Congregación, netamente misionera, se halla ya en una ordenación de Gregorio XIII, por la que encargó a cierto número de cardenales de la dirección de las Misiones de Oriente y decretó la impresión de catecismos en lenguas comunes. Pero no estaba sólidamente fundada. Ahora, en tiempos de Gregorio XV, había en Roma un gran predicador capuchino, el padre Jerónimo de Narni, con fama de santidad y a quien San Roberto Berlarmino comparó con el propio San Pablo. Fue este capuchino el que concibió el pensamiento de extender la influencia de dicha Congregación y el que, por su cargo de predicador apostólico, influyó cerca del Papa, el cual, por la constitución apostólica Inscrutabili, de 22 de enero de 1622, fundó la Congregación de Propaganda Fide, que se ocupa desde entonces de todas las Misiones del mundo, reuniendo fondos para atenderlas económicamente, destinando los misioneros, nombrando prefectos, y conociendo y tratando todos los asuntos pertenecientes a la propagación de la fe en todas partes. Para los capuchinos es motivo de satisfacción saber que no sólo tuvieron buena parte en la fundación de la misma, sino que le dieron el primer mártir, como vamos a ver.
Una de las primeras preocupaciones de esta Sagrada Congregación fue enviar misioneros a las regiones europeas más amenazadas por el protestantismo, por lo que la petición del archiduque se aceptó inmediatamente, enviando allá diez capuchinos y al frente de ellos al padre Fidel de Sigmaringa. La región de los grisones era conocida del padre Fidel, pues en alguna de sus correrías apostólicas habíala misionado y sabía por propia experiencia las grandes dificultades y los peligros que encerraba, por haber sido una de las regiones donde más lucha hubo entre católicos y protestantes. A la sazón, como sabemos, estaba dominada por los austríacos y expuesta a algún exceso de las tropas. Aceptó la invitación del Papa con la naturalidad con que los buenos apóstoles aceptan las peores consecuencias de su misión, pero sabiendo bien adónde iba. Por eso quiso despedirse de los suyos en una solemne función religiosa en la iglesia del convento de Feldkirch, y en el sermón que predicó dijo claramente que se marchaba a predicar a los herejes y que no volvería vivo. «Sé que voy a morir asesinado», dijo entre otras cosas, y partió. Era el 14 de abril, y fue martirizado diez días después, lo cual confirma que sus temores no eran infundados y que no habló a humo de paja.
Al llegar a la misión encontróla profundamente turbada. Por todas partes había facciones, insidias, reuniones secretas. Con tacto exquisito trató de insinuarse en las almas y devolver la serenidad a todos para comenzar su obra de apostolado, pero se temía por momentos un tumulto fatal. En vista de ello, y no esperando cosa buena, lo primero que hizo fue prepararse para lo que Dios quisiera y vivir con la mayor pureza de conciencia posible. Escribiendo uno de esos días al abad de San Gal, gran amigo suyo y su primer biógrafo, firmó la carta así: «Fr. Fidel, que pronto será pasto de gusanos».
Para el día 24 de abril fue invitado por unos herejes de Seewis, que, al parecer, querían oír la palabra de Dios de labios del famoso misionero. Era domingo. Muy temprano celebró la santa misa, después de confesarse, y partió desde Grusch a Seewis, acompañado del archiduque, del capitán Fels y una escolta de soldados. Se encontraron la iglesia completamente llena, pues los herejes, que tenían sus planes bien trazados, habían tomado todas las posiciones. El misionero subió al púlpito con ciertas esperanzas de hacer algún fruto, pero, apenas subido, palideció repentinamente. Había en el púlpito un papel que decía: «Hoy predicarás, pero será la última vez». Reaccionó valientemente y comenzó el sermón. En el transcurso del mismo, en tres o cuatro ocasiones, le pareció advertir amagos de tumulto, pero fue al final cuando los enemigos irrumpieron en el templo, después de matar a los soldados de la puerta, armados de espadas, bombardas, mazas y palos. Sonó en seguida un tiro y la bala fue a dar en la pared, muy cerca del predicador. Este descendió del púlpito y se postró ante el altar de la Virgen, encomendándole su suerte. Algunos amigos le impelieron a salir rápidamente por la puerta de la sacristía, pero apenas había andado unos trescientos pasos, ya fuera de la población, le alcanzaron los herejes, que le rodearon como lobos y le instaron a que se entregara. «No me entrego», respondió enérgicamente. «Pues te mataremos», le replicaron. «Podéis hacerlo, pues estoy en las manos de Dios y las de su Santa Madre», dijo el mártir. Y añadió: «Pero mirad bien lo que vais a hacer, no sea que tengáis que arrepentiros algún día». Un golpe tremendo de espada en la cabeza lo derribó, quedando de rodillas. «Jesús, María, valedme», exclamó. Y no pudo decir más, porque, arrojándose en tumulto todos sobre él, le atravesaron el costado con espadas y le destrozaron el cráneo a golpes de mazas y palos. Quedó envuelto en un charco de sangre en medio del campo e insepulto cerca de veinticuatro horas. Eran las 11 de la mañana del 24 de abril de 1622.
Su sepulcro está en la catedral de Coira y su cráneo se conserva en el convento de Feldkirch, su antigua guardianía. Dios quiso glorificar su memoria desde un principio, pues sus reliquias fueron un semillero de milagros. Lo cual movió a los papas a su definitiva exaltación en la tierra. Benedicto XIII le beatificó el 21 de marzo de 1729, y Benedicto XIV le canonizó, juntamente con San José de Leonisa, otro gran apóstol capuchino, el 26 de junio de 1746.

Ángel de Novelé, OFMCap, 

San Fidel de Sigmaringa, en Año Cristiano, Tomo II,
Madrid, Ed. Católica (BAC 184), 1959, pp. 164-172.


San Fidel de Sigmaringa (1577-1622)
por Prudencio de Salvatierra, o.f.m.cap.
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San Fidel, sacerdote capuchino, ejerció la abogacía con rectitud y caridad antes de ingresar en religión en 1612, cuando tenía 35 años de edad. Después, se consagró a la predicación entre los católicos y los protestantes, en una situación crítica y agitada de los cantones suizos. Realizó una gran labor en pro de la fe católica y, en el ejercicio de su sagrado ministerio, fue martirizado por los grisones. Es el primer mártir de la entonces recién instituida Congregación de Propaganda Fide.
Por sus venas corría la noble sangre española, mezclada con la vigorosa sangre alemana. Rey y Rosenberger son sus dos apellidos.
Esta figura caballeresca es digna de un retablo medieval, o mejor, de un sepulcro en las catacumbas romanas. Noble nacimiento, esmerada educación, aspecto atrayente, finos modales, alma seráfica, martirio heroico; por dondequiera que se le contemple, este santo capuchino es una estampa de perfección.
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Nace en 1577, a orillas del Danubio, en la pintoresca ciudad de Sigmaringa. Esta pequeña y hermosa ciudad se levanta graciosamente en el centro del ducado de Suabia, y es capital del distrito de Hohenzollern.
Juan Rey es el burgomaestre, caballero sin miedo y sin tacha, como decían los antiguos, católico por convencimiento y por tradición, jefe de una numerosa familia que Dios ha bendecido con larga mano. La reina de este hogar es Genoveva Rosenberger: ella dirige la casa por los caminos de la oración cotidiana, con alma de artista y de santa, y va modelando los tiernos corazones de sus pequeños en todas las virtudes y en todos los sacrificios. Suavidades y energías. A su sombra crecen los niños, entre juegos y lecciones, haciéndose hombres y cristianos. Los protestantes van invadiendo todo el territorio circunvecino: la casa de Juan Rey opone a ese avance una muralla de fe y de oración.
Uno de los niños se llama Marcos; es nuestro San Fidel. Despierto, juguetón, vivaracho; pero también eminentemente piadoso y aplicado al estudio. Todavía se conserva la cuna en que Genoveva meció los primeros sueños de Marcos: hoy es una reliquia venerable, y sobre ella las madres cristianas de Sigmaringa acostumbran a depositar los cuerpecitos delicados de sus hijos, apenas son bautizados.
Marcos Rey era un prodigio de inteligencia y de buena memoria; el latín, las matemáticas, la historia, la filosofía, entraron en su cabecita con facilidad y le hicieron sabio antes que llegase a ser hombre. Dícese que los discursos latinos que más tarde pronunció parecían escritos por el mismo Cicerón.
Movido por un hermoso espíritu de caridad, cursó la carrera de abogado en la célebre Universidad de Friburgo de Brisgovia, y pensaba: «Yo seré el defensor de los oprimidos». Cómo hizo Marcos Rey sus estudios, nos lo dice el mismo rector de aquel instituto, el profesor Andrés Zimmermann: «En la ciudad y en la Academia de Friburgo no había quien le igualase».
El joven llegó en poco tiempo a ser el estudiante de mayores simpatías entre cuantos le conocieron, por su carácter bondadoso, por su sólida piedad y por su cultura y cortesía admirables. Los barones de Stotzingen se fijaron en él cuando hubo que elegir un preceptor y un guía para su hijo. Este muchacho, rico y cristiano, quiso hacer un largo viaje de recreo y de estudio por diversas naciones europeas, en compañía de varios amigos. Y el «cicerone» más apropiado y de mayor confianza fue el joven Rey. Aceptó éste la proposición lleno de gozo; y el viaje fue para todos una serie no interrumpida de bellas emociones y de útiles enseñanzas. Para nuestro héroe fue especialmente providencial, pues le sirvió para estudiar el avance de los protestantes, en cuya conversión iba más tarde a trabajar con constancia y a morir con gloria. Afortunadamente conservamos algunos relatos de este viaje, debidos a la pluma del joven Stotzingen; son pinceladas preciosas que no pueden faltar en nuestro cuadro. «Durante su viaje por Francia, Marcos Rey tomaba parte en las controversias públicas, ora en las academias, ora en los clubs protestantes, refutando la doctrina antirreligiosa y antipatriótica de los reformados. Los jurisconsultos franceses no podían disimular su admiración ante aquel caballero alemán, de cortos años, que trataba las cuestiones más arduas con tanta facilidad como los que han encanecido en el estudio del derecho y de la teología... Casi todas las mañanas se acercaba a los santos sacramentos, sobre todo en las festividades de Jesucristo, de la Virgen y de San Francisco de Asís, e invitaba a sus compañeros de viaje a hacer lo mismo... Fue siempre devoto, piadoso, ejemplar; jamás le vi airado... En la cuaresma se disciplinaba todos los días y se ceñía el cilicio, como yo mismo pude observarlo con estupor...».
Seguramente que los estudiantes universitarios de nuestro tiempo leerán estas líneas con una sonrisa de desdén. Hoy son muy distintas las «ocupaciones» de nuestros muchachos. Frente al lema de Marcos Rey «mucho estudio, mucha oración, mucha penitencia», más de uno pondrá este otro programa: «nada de oración, poco estudio, mucho gozar». Pero es evidente que el primer programa puede producir héroes y santos; mientras que el segundo sólo producirá muñecos o criminales...
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Terminada la carrera de abogado con brillo excepcional, Marcos Rey abrió su bufete en Ensisheim (Alsacia), poniendo su inteligencia y su corazón al servicio de todas las causas de la justicia y de la caridad. «Un día, dice Clemente de Brescia, se suscitó un pleito entre dos personas, y ambas partes designaron su abogado respectivo. El litigante que tenía más razón a su favor, eligió a Marcos Rey; el abogado de la parte contraria era un hábil tinterillo, ducho en todas las malicias y falto de escrúpulos de conciencia. Aquel rábula intrigante, que temblaba ante la idea de tener que habérselas con los serios argumentos y acrisolada honradez de Marcos, le llamó aparte y le dijo al oído: "Mira, querido; no veo la razón de tanta meticulosidad en la interpretación de las leyes. Hagamos un arreglo entre los dos, y ambos podremos sacar partido y provecho de este litigio"».
Marcos Rey quedó estupefacto ante la insolencia de su indigno colega, abandonó su bufete, colgó la toga, y empezó a pensar seriamente en retirarse del mundo, consagrando su vida a la causa de Dios y de la Iglesia. Se le presentó entonces a la memoria el recuerdo de varios amigos y condiscípulos suyos que hacía unos años dejaron las vanidades mundanas y vistieron el hábito capuchino; pero sobre todo se acordó de Jorge, el menor y el más querido de sus hermanos, que, en 1604, había entrado capuchino con el nombre de padre Apolinar de Sigmaringa, y que ahora era un fervoroso predicador del convento de Friburgo.
Tardó mucho tiempo en decidirse, pensando en cuál orden religiosa sería más apropiada a la índole de su espíritu. Le atraían los cartujos, por el culto que rendían a la soledad y al silencio; le gustaban los jesuitas, por su exquisita cultura y celo apostólico; pero le pareció que los capuchinos, a quienes había tratado más íntimamente, reunían el celo de los unos y la soledad de los otros. La oración fervorosa a que se entregó por aquellos días vino a despejar las dudas de su alma. Añadióse a esto el clamor de la fama de varios ilustres capuchinos cuyos nombres llenaban el mundo. Alemania y Suiza pregonaban la caridad sin límites del P. Esteban de Unterwalden y de sus compañeros, «los ángeles de los apestados»; Italia, Austria y España corrían en pos de la palabra fogosa de San Lorenzo de Brindis; San José de Leonisa había sido una de las primeras antorchas del apostolado católico; los jóvenes aristócratas franceses entraban en gran número a la Orden capuchina; por todas partes el nombre de los austeros monjes iba nimbado con una aureola de santidad; quizá el mismo Marcos Rey había conversado, en su reciente viaje por Europa, con alguno de aquellos famosos capuchinos, que eran el dique más formidable opuesto a los avances del Protestantismo. Lo cierto es que su decisión fue enérgica, madura e inquebrantable.
El obispo de Constanza, sabedor de los propósitos de Marcos Rey, le aconsejó que, antes de tomar el hábito, recibiera las órdenes sagradas, para que pudiese dedicarse inmediatamente al apostolado. Aceptó el joven tan cuerdo consejo, y en septiembre de 1612, contando 35 años de edad, el brillante abogado subía las gradas del altar, ordenado de sacerdote. Su primera misa la celebró en el convento de Friburgo el día 4 de octubre, fiesta de San Francisco de Asís. Un enorme gentío se congregó en la iglesia de los capuchinos para ver aquel insólito espectáculo de la renuncia de todas las ilusiones mundanas, ofrecido valientemente por el nuevo sacerdote. Después de la misa, fue vestido con el hábito que tanto había deseado; y en el mismo momento, Marcos Rey dejó su glorioso nombre seglar y se llamó el padre Fidel de Sigmaringa. El maestro de novicios, al imponerle el nuevo nombre, le dijo estas palabras que habrían de resultar espléndida profecía: «Sé fiel hasta la muerte, y recibirás la corona de la vida».
Hecha la profesión religiosa un año más tarde, el antiguo abogado tuvo que volver a las aulas, estudiando la teología en el seminario de Constanza. Su profesor escribió de él este bello elogio: «El padre Fidel poseía un juicio maduro y clarísima inteligencia. De genio alegre y de admirable serenidad, adivinábase toda la inocencia y candor de su alma. Me atrevo a decir que jamás cometió un pecado mortal. Sostengo que el P. Fidel era modelo de virtud, y muy superior, según creo, a todos los religiosos de su convento».
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Tanto el nuevo sacerdote como su obispo y superiores ardían en deseos de que comenzasen cuanto antes los trabajos de la predicación. Todos se prometían inmensos bienes de su virtud eminente, de su celo y caridad, y hasta de sus cualidades externas. Era alto y bien formado, la frente despejada, barba regular, cabello rubio. Su mirada viva y penetrante tenía una dulzura irresistible. La voz era vibrante y melodiosa.
Muy pronto las esperanzas se convirtieron en la más hermosa y fecunda realidad. Si es cierto, como dice el Apóstol, que a veces Dios escoge para sus obras instrumentos débiles y despreciables al parecer, también es cierto que, en otras ocasiones, los elige hábiles y robustos, y Él mismo los forma en toda perfección para decoro y gloria de su Iglesia. El P. Fidel fue uno de esos instrumentos preciosos modelados por la bondad de Dios para la empresa titánica de la salvación de las almas.
Comienza el nuevo apóstol sus correrías evangélicas en Suiza y las continúa en Austria y en el sur de Alemania. El terreno es áspero, y la mala semilla crece por doquier: otros sembradores, Lutero, Zwinglio, Calvino, le han precedido, y han dejado el campo plagado de cizaña. Su auditorio es una mezcla heterogénea de católicos y de herejes, de gente culta y de curiosos ignorantes. Su palabra va derecha a las almas, limpia de ornatos literarios, caldeada en amor de Dios, rebosante de caridad. «Hablaba con tanta suavidad, mansedumbre y eficacia, que los mismos herejes confesaban no haber oído ni visto jamás a un predicador más piadoso y atrayente... Muy pronto los adversarios se trocaron en amigos. Visitaba a los enfermos, consolaba a los tristes, apaciguaba las discordias. Protestantes y católicos le llamaban "el Ángel de la paz"».
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El secreto de su maravillosa eficacia estaba en la oración; jamás subió al púlpito sin recogerse una hora antes junto al sagrario, la primera y mejor fuente de sus sermones. Mas no descuidaba tampoco la preparación científica: las páginas que conservamos de su pluma, están salpicadas de citas y textos escriturarios y patrísticos, de observaciones místicas, de profundos pensamientos y de consideraciones originales. Se ve en esas páginas al hombre de oración y de estudio. Un día predicó sobre la resurrección de Lázaro, y comentó las lágrimas de Cristo ante el sepulcro de su amigo en esta forma: «Jesús llora, y nosotros, pecadores, permanecemos tranquilos, como si nada malo hubiéramos hecho. Hemos pecado: ¿qué hacer ahora? ¿No lloraremos lágrimas de arrepentimiento? Pobre pecador, ¿qué es lo que ve Cristo en ti, que le aflige y le hace llorar? Es tu alma muerta, y sobre ella se desconsuela y llora. Él te pregunta: ¿Dónde la has puesto? ¿En las riquezas? Sal del sepulcro; no pongas en ellas tu corazón. ¿Dónde la has puesto? ¿En la usura? ¿En los intereses? Sal del sepulcro; ¿de qué te servirá ganar todo el mundo, si pierdes tu alma? ¿Dónde la has puesto? ¿Quizá en las pasiones de la carne? Pues ni los impúdicos ni los adúlteros entrarán en el reino de los cielos. Sal del sepulcro, antes que hagas de tus pecados una costumbre maldita, antes que empieces a despedir el hedor de tus malos ejemplos, antes que tus manos y pies se vean atados por la dificultad de obrar el bien, antes que en tu rostro deje marcadas sus huellas el pecado. Sal del sepulcro. Aun cuando seas un Lázaro, muerto de cuatro días, Cristo te llama: Lazare exi foras; levántate y sal afuera».
Esta página, donde el abogado se esconde detrás del apóstol, parece arrancada de las obras de San Juan Crisóstomo; difícilmente se hallará nada más enérgico, más contundente o más oportuno.
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La verdad, en labios del P. Fidel, estaba siempre por encima de todas las otras conveniencias y respetos humanos. En Altdorf, un caballero le dijo después de escuchar uno de aquellos valientes sermones: «Padre, si queréis comer aquí buena sopa, debéis predicar de otra manera». «¿Y qué me importan a mí vuestras sopas?», le contestó el misionero. «Tened entendido -añadió- que yo no predico para que no me falte vuestra comida, sino que hablo lo que me manda la conciencia».
El valor de este apóstol es, en verdad, sorprendente. Descalzo, pobremente vestido, llevando en sus manos un crucifijo y un breviario, que eran todas sus riquezas, atravesaba los valles cubiertos de nieve, las imponentes montañas de Suiza, los ríos helados; entraba en las guaridas de los protestantes y en las chozas de los mendigos; hablaba en las iglesias y en las plazas públicas; siempre sereno y lleno de fervor, sin miedo a las continuas asechanzas que los adversarios le armaban.
El cargo de Superior, que desempeñó en los conventos de Rheinfelden, de Friburgo (Suiza) y de Feldkirch, no fue obstáculo para sus incesantes trabajos y numerosas predicaciones.
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Todas las virtudes cristianas y monásticas parecían haberse dado cita en el corazón del P. Fidel, y en todas se presenta como modelo de acabada perfección. En la pobreza, se le hubiera tomado por uno de los mejores discípulos del Pobrecillo de Asís; en la humildad era un caso excepcional, pues, a pesar de sus virtudes y talentos, vivía entre sus hermanos como si fuese el más indigno y pecador; en la pureza del corazón era un espejo claro de los cielos, sin nubes ni manchas; en la penitencia, tendríamos que escribir una página horrorosa de mortificaciones, disciplinas, ayunos y cilicios. Obediente hasta el heroísmo a la voz del superior; fervoroso y extático en la oración, como los ángeles que contemplan el rostro divino. Su devoción a la Virgen María fue una de las notas más bellas en aquel concierto de virtudes; tenía las ternuras de un enamorado, las confianzas de un hijo y las delicadezas de un poeta.
Todas estas virtudes, practicadas en grado heroico, daban a su palabra una eficacia maravillosa: un día, dos prominentes herejes, Rodolfo de Salis y Lorenzo Gopffer, caían a sus pies después de larga conversación, y abjuraban públicamente sus errores; otro día, todo un pueblo abandonaba las filas del Protestantismo, ante la virtud y la elocuencia celestial del apóstol capuchino. Los procesos de beatificación y canonización están llenos de interesantes detalles sobre las innumerables conversiones, sobre las disputas públicas y privadas con los corifeos del error, sobre los milagros y profecías del siervo de Dios.
Su actividad no cesaba un momento. Fue nombrado capellán militar, y los soldados llegaron a ser sus mejores amigos; y cuando había alguna falta que corregir o reprender, el P. Fidel no se detenía ante los galones ni ante las estrellas de los más altos jefes; los enfermos le llamaban a gritos, y los condenados a muerte pedían, como última gracia, la compañía animadora del capuchino. «En el cuartel, en el hospital, en las ambulancias, la aparición de un ángel del cielo no habría causado mayor alegría que la presencia del P. Fidel», dice un cronista.
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Para contrarrestar de alguna manera la ola de inmoralidad y de libertinaje que invadía la ciudad de Feldkirch y su comarca, emprendió una campaña tenaz; uno de sus sermones, lleno de vehemente indignación, levantó gran polvareda. Varias señoras y caballeros de la aristocracia llevaron al Senado de la ciudad una reclamación contra el predicador. El P. Fidel, lleno del espíritu de Dios, sereno, elocuentísimo, se presentó en la asamblea y habló sobre la urgencia de cortar de raíz aquellos abusos que él había denunciado desde el púlpito. «Todos unánimemente aprobaron su opinión -escribe un autor-. El Senado votó un reglamento destinado a contener el curso desbordante del lujo, del libertinaje y del desprecio a las leyes de la Iglesia; prohibió en absoluto la venta de libros o escritos contrarios a la religión católica, y mandó inspeccionar las librerías y arrojar al fuego todas las producciones de la mala prensa». Los efectos de aquella decidida intervención del padre Fidel fueron admirables: al poco tiempo, la ciudad estaba desconocida; y la modestia, la caridad y las costumbres puras y cristianas volvieron a florecer entre los habitantes.
Sólo diez años vistió el padre Fidel el hábito capuchino; pero en tan corto tiempo, el fruto de su palabra y el ejemplo de su vida santa hicieron más fruto que un ejército de misioneros. Por dondequiera que pasaba el predicador capuchino, dejaba el recuerdo inolvidable de su santidad y de su doctrina.
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El día 14 de enero de 1622 es una fecha memorable en los anales de la Iglesia Católica. El Papa Gregorio XV, después de varias tentativas y ensayos realizados por sus antecesores, celebró la primera sesión de la Congregación de la Propaganda, en el Palacio del Cardenal Sauli. Unos meses más tarde, el 22 de junio del mismo año, la Congregación quedaba definitivamente fundada por medio de la bula pontificia «Inscrutabili». El objeto de esta Congregación, uno de los organismos más eficaces de la Curia Romana, es el de preocuparse de la difusión del Evangelio en todas las naciones del orbe, fundando misiones y ayudando a los misioneros, especialmente en países de infieles. Esta Congregación está ligada, en sus orígenes, a la Orden Capuchina. El historiador protestante Ranke y otros afirman claramente que uno de los fundadores y propagadores más entusiastas de esta magnífica institución fue el célebre predicador capuchino Jerónimo de Narni, a quien el cardenal Belarmino comparaba con San Pablo, por el fuego y la elocuencia de sus predicaciones. Otro capuchino, nuestro Fidel de Sigmaringa, estaba señalado por Dios para ser el primer mártir y uno de los más bellos ornamentos de aquella Congregación.
Los cardenales que formaban parte de la Propaganda desde la primera sesión de enero, se interesaron especialmente por enviar predicadores a las regiones de Europa más amenazadas por el Protestantismo; y se organizó una expedición de capuchinos que partió inmediatamente a la Alta Rezia. El padre provincial escogió al padre Fidel de Sigmaringa, superior del convento de Feldkirch, que había conocido anteriormente toda la comarca de los grisones, como superior de los misioneros capuchinos de aquella región; y el Nuncio Apostólico monseñor Scappi le dio amplias facultades de índole espiritual.
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Por aquellos días, los grisones estaban bajo el yugo de la dominación austríaca, lo que contribuía a hacer más delicada y violenta la situación. Las tropas austríacas católicas reprimían, a veces sangrientamente, todos los avances del Protestantismo; y los grisones, exasperados por su fanatismo sectario y por el mal trato de los soldados austríacos, declararon guerra a muerte a todos los enemigos de sus errores y de su independencia. El historiador imparcial no puede aplaudir la conducta del ejército católico; pero tampoco sería justo confundir los desordenados actos de los subalternos con la recta y noble intención de sus jefes.
El padre Fidel, que lamentaba sinceramente los abusos cometidos, se propuso remediarlos con su admirable espíritu de caridad y con su intervención prudente y comedida. Anhelando con toda su alma la conversión de los grisones, emprendió su último viaje favorecido con la benevolencia de los caudillos austríacos y armado de facultades espirituales extraordinarias como misionero de la Propaganda. El correo portador de los documentos en que se nombraba al P. Fidel misionero y Prefecto dependiente de la Congregación, no pudo llegar a tiempo: el apóstol se había apresurado a dar su sangre y su vida por la fe.
El 14 de abril del mismo año, 1622, dejó su amada ciudad de Feldkirch y partió para el cantón de los grisones; pero antes quiso despedirse de sus amigos y de todo el pueblo. Subió al púlpito, alrededor del cual se había congregado una inmensa multitud, y dijo con voz serena: «Esta es la última vez que os predico; por voluntad de Dios debo ir a la Rezia, y allí seguramente, y con gran placer mío, he de acabar mi vida, asesinado por los herejes en odio a la fe católica». «Yo -dice un testigo- asistí a aquella última predicación de Feldkirch, en la que declaró abiertamente que iba a predicar a los herejes y que no volvería vivo».
A un compañero le dijo en el momento de la despedida: «Sé que voy a morir asesinado». Las últimas cartas que escribió terminaban con esta firma: «Fray Fidel, que pronto será pasto de gusanos».
Al llegar a su destino, viendo ante sí el abrupto valle del Pretigau, dijo a sus acompañantes en tono profético: «¡No saldré vivo de esta comarca!»
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Todas estas profecías tuvieron cumplimiento rápido y exacto. Sólo diez días pasó el P. Fidel en la última excursión por aquella tierra infestada de herejes, fanáticos discípulos de Lutero, Zwinglio y Calvino. El valle del Pretigau es frío y desolado en extremo; «y el corazón de sus habitantes -dice un escritor-, está en perfecta armonía con aquel clima y con aquellas asperezas».
El día 23 de abril, una comisión de protestantes se acercó al P. Fidel y le invitó hipócritamente a predicar en el pueblecito de Seewis, añadiéndole con falso arrepentimiento: «Estamos avergonzados del escándalo que promovimos en uno de vuestros sermones; os juramos tener más calma y seros obedientes en lo sucesivo». Pero el misionero no se engañaba, y dijo a uno de sus colegas: «No espero cosa buena de los habitantes de Seewis; no obstante, iré para cumplir hasta el fin los deberes de mi cargo».
Al día siguiente, muy de madrugada, el siervo de Dios se confesó, sabiendo que era la última vez que lo hacía, dijo devotamente su misa, predicó e hizo después larga oración, aceptando gustoso la horrible muerte que le esperaba y que Dios le había revelado; y se puso en camino para el sacrificio.
La iglesia de Seewis estaba repleta; los enemigos se habían apresurado a tomar todas las posiciones. El capuchino subió serenamente al púlpito; pero luego palideció un instante; había encontrado allí un papel con estas palabras: «Hoy predicarás; pero éste será tu último sermón». Y predicó con inaudito valor, fustigando la incredulidad, el amor propio, las pasiones y los vicios. De repente, sonó un estampido: una bala, dirigida contra el orador, pegó en la pared del púlpito. El tumulto de la gente despavorida fue espantoso; y en medio de una gritería ensordecedora, los herejes asesinaron a los soldados austríacos que custodiaban las puertas de la iglesia. Mientras tanto, el P. Fidel había descendido del púlpito y se postró ante el altar. El sacristán se acercó para aconsejarle cautela; pero el capuchino le replicó: «Estad tranquilo; no me importa la vida; ya la he puesto en manos de Dios y de su Madre». Pocos instantes después, salió por la puerta de la sacristía. El barón de Felds se acercó al misionero y le acompañó por las afueras de la ciudad; así llegaron al vecino campo de Seljanas... Una turba de protestantes cayó entonces sobre ellos. El barón fue conducido a un castillo cercano, y el P. Fidel quedó solo en medio de sus enemigos... «¿Aceptáis nuestra fe?», le dijeron. «Yo -repuso el santo- no he venido aquí para hacerme hereje, sino para extirpar la herejía. En cuanto a mi cuerpo, haced de él lo que queráis». Una espada que fulguró rápidamente vino a terminar aquel diálogo, cayendo con fuerza sobre la cabeza del misionero. «¡Jesús, María, ayudadme!», exclamó; y se postró de rodillas, mientras la sangre borboteaba en la herida. Pero la rabia satánica de aquellas fieras no se saciaba tan fácilmente: palos, espadas y mazas de hierro se ensañaron en la víctima que murmuraba sus últimas palabras: «Señor, perdónalos. Jesús, tened piedad de mí. María, asistidme».
Eran las once de la mañana del 24 de abril de 1622. El P. Fidel contaba 45 años de edad y 10 de vida capuchina. El mártir, aun con aliento, quedó tendido en medio del campo, cubierto de heridas y de sangre. Dícese que en aquel mismo sitio brotó una fuente milagrosa que todavía existe, «la fuente de San Fidel». Poco tiempo más tarde, unos soldados que fueron en peregrinación al lugar del martirio, hallaron una flor desconocida, de color y perfume deliciosos; los peritos botánicos que la vieron tuvieron que clasificarla con este nombre: es una flor milagrosa y celestial.
San Fidel de Sigmaringa, el apóstol de los grisones, fue beatificado por Benedicto XIII y canonizado por Benedicto XIV. Es el protomártir de la Sagrada Congregación de Propaganda.
Su sepulcro, en la catedral de Coira, ha sido un semillero de milagros y un caudal inagotable de gracias espirituales, no sólo para los católicos, sino también para muchos protestantes que han reconocido la verdadera fe junto a esa tumba gloriosa. El apóstol no ha terminado su misión: como buen soldado, sigue en su puesto de avanzada.

Prudencio de Salvatierra, OFMCap, San Fidel de Sigmaringa, en Ídem, Las grandes figuras capuchinas. Madrid, Ed. Studium, 1957, 2.ª ed.; pp. 89-104.

<<Cor Mariæ Immaculatum, intercede pro nobis>>