sabato 29 settembre 2012

San Michele Arcangelo, difendici nella lotta per essere salvati nell'estremo giudizio.


Corona Angelica a San Michele Arcangelo

Corona Angelica


Benedizione della corona


Per lucrare le indulgenze bisogna usare una corona speciale e deve essere benedetta da quei sacerdoti che hanno dalla S. Sede la facoltà di benedire le corone, le medaglie, ecc.

CORONA ANGELICA

O Dio, vieni a salvarmi.
Signore, vieni presto in mio aiuto.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
Come era nel principio, e ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen. San Michele Arcangelo, difendici nella lotta per essere salvati nell'estremo giudizio.

1 Invocazione

Ad intercessione di S. Michele e del Coro celeste dei Serafini, ci renda il Signore degni della fiamma di perfetta carità.

Un Padre nostro e tre Ave al 1° Coro angelico.

2 Invocazione

Ad intercessione di S. Michele Arcangelo e del Coro celeste dei Cherubini, voglia il Signore darci la grazia di abbandonare la via del peccato e correre in quella della cristiana perfezione.

Un Padre nostro e tre Ave al 2° Coro angelico.

3 Invocazione

Ad intercessione di S. Michele Arcangelo e del sacro Coro dei Troni, infonda il Signore nei nostri cuori lo spirito di vera e sincera umiltà.

Un Padre nostro e tre Ave al 3° Coro angelico.

4 Invocazione

Ad intercessione di S. Michele e del Coro celeste delle Dominazioni, ci dia grazia il Signore di dominare i nostri sensi e correggere le nostre corrotte passioni.

Un Padre nostro e tre Ave al 4° Coro angelico.

5 Invocazione

Ad intercessione di S. Michele e del celeste Coro delle Potestà, il Signore si degni di proteggere le anime nostre dalle insidie e tentazioni del demonio.

Un Padre nostro e tre Ave al 5° Coro angelico.

6 Invocazione

Ad intercessione di S. Michele e del Coro delle ammirabili Virtù celesti, non permetta il Signore che cadiamo nelle tentazioni, ma ci liberi dal male.

Un Padre nostro e tre Ave al 6° Coro angelico.

7 Invocazione

Ad intercessione di S. Michele e del Coro celeste dei Principati, riempia Dio le anime nostre dello spirito di vera e sincera obbedienza.

Un Padre nostro e tre Ave al 7° Coro angelico.

8 Invocazione

Ad intercessione di S. Michele e del Coro celeste degli Arcangeli, ci conceda il Signore il dono della perseveranza nella fede e nelle opere buone.

Un Padre nostro e tre Ave all'8° Coro angelico.

9 Invocazione

Ad intercessione di S. Michele e del Coro celeste di tutti gli Angeli, si degni il Signore di concederci di essere da essi custoditi nella vita presente e poi introdotti nella gloria dei Cieli.

Un Padre nostro e tre Ave al 9° Coro angelico.
Un Padre nostro a San Michele
Un Padre nostro a San Gabriele
Un Padre nostro a San Raffaele
Un Padre nostro all'Angelo Custode.


Preghiera

Gloriosissimo principe San Michele, capo e duce degli eserciti celesti, depositario delle anime, debellatore degli spiriti ribelli, condottiero nostro ammirabile, degnatevi di liberare da ogni male tutti noi che con fiducia ricorriamo a Voi e otteneteci con la vostra valida protezione di servire ogni giorno fedelmente il nostro Dio.
V Pregate per noi, Arcangelo San Michele, Gesù Cristo Signore nostro.
R Affinché siamo degni delle sue promesse.
Preghiamo
Onnipotente, sempiterno Dio, che con prodigio di bontà e misericordia, per la salvezza degli uomini hai eletto a Principe della tua Chiesa il glorioso San Michele, concedici, mediante la sua benefica protezione, di essere liberati da tutti i nostri spirituali nemici. Nell'ora della nostra morte non ci molesti l'antico avversario, ma sia il tuo Arcangelo Michele a condurci alla presenza della tua divina Maestà. Amen.



CONSACRAZIONE
a San Michele Arcangelo

Preghiera quotidiana (forma breve)

Principe nobilissimo, Arcangelo San Michele, valoroso guerriero dell'Altissimo, desiderando io di essere nel numero dei tuoi devoti, a te oggi mi offro, mi dedico e pongo tutto me stesso, i miei problemi, la mia casa e famiglia e quanto mi appartiene sotto la tua protezione.
Assistimi in tutte le mie necessità e ottienimi il perdono dei peccati, la grazia di amare di cuore il mio Dio, il mio caro Salvatore Gesù, la mia dolce Madre Maria, tutti gli uomini miei fratelli che incontro sul mio cammino. Difendimi dal male, proteggimi nei pericoli, illuminami nelle scelte perché in questa giornata possa compiere sempre la volontà del Padre che è nei cieli per l'avvento del suo Regno. Amen.



LA CORONA ANGELICA

Forma della Corona Angelica
La corona usata per recitare la "Coroncina Angelica" è formata da nove parti, ciascuna di tre grani per le Ave Maria, preceduti da un grano per il Padre nostro. I quattro grani che precedono la Medaglia con l'effigie di San Michele Arcangelo, ricordano che dopo l'invocazione ai nove Cori angelici bisogna recitare ancora quattro Padre nostro in onore dei Santi Arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele e del Santo Angelo custode.
Origine della Corona Angelica
Questo pio esercizio fu rivelato dall'Arcangelo Michele stesso alla serva di Dio Antonia de Astonac.
Il Principe degli Angeli apparendo alla Serva di Dio disse che voleva essere venerato con nove invocazioni in ricordo dei nove Cori degli Angeli.
Ogni invocazione doveva comprendere il ricordo di un Coro angelico e la recita di un Padre nostro e tre Ave Maria. La Corona Angelica doveva concludersi con la recita di quattro Padre nostro: il primo in suo onore, gli altri tre in onore di S. Gabriele, S. Raffaele e degli Angeli custodi.
L'Arcangelo promise ancora di ottenere da Dio che colui che l'avesse venerato con la recita di questa coroncina prima della Comunione, sarebbe stato accompagnato alla sacra Mensa da un Angelo di ciascuno dei nove Cori. A chi l'avesse recitata ogni giorno prometteva la continua particolare assistenza sua e di tutti gli Angeli santi durante la vita e in Purgatorio dopo la morte.
Benché queste rivelazioni non siano ufficialmente riconosciute dalla Chiesa, tuttavia tale pia pratica si diffuse tra i devoti dell'Arcangelo Michele e dei santi Angeli.
La speranza di ricevere le grazie promesse è stata alimentata e sostenuta dal fatto che il Sommo Pontefice Pio IX fece arricchire di numerose indulgenze questo pio e salutare esercizio.





DECRETO

È pia tradizione che l'Arcangelo S. Michele, Principe della milizia celeste, dichiarasse ad una pia donna, la quale soleva onorarlo ogni giorno con atti di ossequi, che gli sarebbe stato gradito introdurre un modo speciale di preghiere in onor suo e di tutti gli Angeli celesti; Egli perciò concederebbe ai suoi devoti molti favori nei pubblici bisogni, specialmente della Chiesa Cattolica, di cui Egli è perpetuo protettore. Di qui derivò che questo modo di preghiere in onore del Principe Celeste fu praticato con grande ardore da una carmelitana del Monastero di Vetralla, morta in odore di santità nell'anno 1751. Poiché tale devozione fu praticata fino ad oggi con grande vantaggio delle anime, alcune religiose del predetto Monastero, desiderose di rendere comune a tutti i fedeli quei beni spirituali che esse già possedevano, umilmente supplicarono la Santità di N.S. Pio Papa IX per ottenere che chiunque reciti con devoto animo la predetti preghiera possa conseguire le seguenti indulgenze:
I - Di sette anni e altrettanto quarantene ogni volta che si recita la Corona Angelica.
Il - Di cento dì in qualsiasi giorno si porti addosso la detta Corona, o solo si baci l'annessa medaglia improntata dell'effigie dei SS. Angeli.
III - L'indulgenza plenaria una volta al mese se si reciterà quotidianamente e, confessati e comunicati si pregherà per l'esaltazione della S. Chiesa e per la conservazione del Sommo Pontefice.
IV - L'indulgenza plenaria colle stesse opere ingiunte nelle festività;
1° dell'apparizione di San Michele l'8 Maggio; 2° della dedicazione il 29 Settembre; 3° di San Gabriele Arcangelo il 18 Marzo; 4° di San Raffaele Arcangelo il 24 Ottobre; 5° dei Santi Angeli Custodi il 2 Ottobre.
Sua Santità intese le preghiere per udienza di me sottoscritto Segretario, si degnò per speciale grazia di annuire in tutto, conforme all'esposto, e 9uindi ordinò che si promulgasse per ministero della S. Congregazione de' Riti un Decreto senza la spedizione di alcun Breve per la concessione delle predette Indulgenze a chiunque reciti la Corona Angelica, e della speciale facoltà al confessore temporaneo del detto Monastero di benedire le medesime Corone col solito rito della Chiesa. Non ostante etc.

S. Congregazione dei Riti, 8 agosto 1851.
I.C. Lambruschini, Prefetto
C.G. Fatali, Segretario.



Indulto per l'acquisto delle indulgenze a favore di chi non sa né può leggere la formula della Corona Angelica.

Pio IX con decreto 8 Agosto 1851 per l'approvazione della Corona Angelica concesse ai fedeli che la recitano, molte indulgenze plenarie, applicabili anche alle Anime del Purgatorio, come da rescritto del 24 Novembre di detto anno. In seguito a ciò le Carmelitane del Monastero della città di Vetralla, desiderose che anche coloro, i quali non possono leggere, partecipino dei beni spirituali di queste sante Indulgenze colla recita soltanto del Pater ed Ave in quel numero di volte che si prescrive nella detta corona e coll'adempiere quanto viene ingiunto nei descritti decreti, rinnovarono alla stessa Santità di Pio IX umilissime preci per ottenere la propagazione e l'estensione delle dette Indulgenze a ciascuno dei fedeli, che non sa leggere.
Sua Santità per udienza di me sottoscritto Pro-Segretario si degnò per speciale grazia annuire conforme all'esposto, purché si osservino gli altri obblighi prescritti per lucrare le dette Indulgenze.

Li, 8 Settembre 1851.
L.C. LAMBRUSCHINI, Prefetto
D. GIGLI, Pro segr. della S. C. dei Riti.



Spiritualità


“AVE MARIA!
IMMACOLATA MIA
E MIO TUTTO!

BEATO P. GABRIELE M. ALLEGRA: "Io penso che solo per un carisma dello Spirito Santo, solamente col suo aiuto una povera donna ammalata, di cultura biblica limitata, poté nello spazio di tre anni scrivere ventimila pagine che, stampate, equivalgono a dieci volumi: e quali pagine! ... "


ALCUNE TESTIMONIANZE DEL BEATO P. GABRIELE ALLEGRA



Dal suo diario:

Martedì e Mercoledì Santo, 9-10 aprile 1968, Macao
Il poema dell'Uomo-Dio di M. Valtorta è stato pubblicato come un romanzo, e spero che a tal titolo continui a ristamparsi e spesso nell'avvenire, ma non è un romanzo. È il complemento delle quattro tradizioni evangeliche e la spiegazione di esse. 
Questa spiegazione a volte ci sorprende, ci sembra così nuova, così vera e così energica che siamo tutti pronti a trascurarla. Si tratta di rivelazioni private! e poi fatte a una donna! E noi uomini, noi sacerdoti, sappiamo bene imitare in ciò gli Apostoli, che chiamarono delirio di femminette la visione che esse ebbero del Cristo Risorto. 
 Certo S. Paolo nell'elenco dei testi della Resurrezione esclude le donne, ma i Vangeli danno invece ad esse una parte preponderante. Però tutti i sacerdoti in questo vogliono imitare S. Paolo! 
Ora il Poema dell'Uomo-Dio non merita davvero di essere negletto con quella superba sicurezza e con quel sussiego, che è la caratteristica di molti teologi moderni. Nella Chiesa c'è lo Spirito e ci sono quindi i carismi dello Spirito. Io penso che solo per un carisma dello Spirito Santo, solamente col suo aiuto una povera donna ammalata, di cultura biblica limitata, poté nello spazio di tre anni scrivere ventimila pagine che, stampate, equivalgono a dieci volumi: e quali pagine! 

E noto pure che certi discorsi del Signore, dei quali nei Vangeli è solo accennato l'argomento principale, sono sviluppati in quest'opera con una naturalezza, con una concatenazione di pensiero così logica, così spontanea, così aderente al tempo, al luogo, alle circostanze, che non ho trovato nei più famosi esegeti. Cito solo il discorso del Signore con Nicodemo e quello del Pane di vita. 
Ma gli esegeti, seguaci del Metodo della Storia delle forme, non si umilieranno mai (!) a dare uno sguardo a quest'opera, dove con una facilità meravigliosa vengono sciolti molti problemi e rifatti tanti discorsi dei quali purtroppo ci resta solo il tema. Insomma ritengo che quest'opera della Valtorta merita almeno quell'attenzione che i teologi prestarono alla Mistica Ciudad de Dios della Ven. Agreda, alle Rivelazioni della Ven.[ora Beata] A. C. Emmerich e a quelle di S. Brigida. 
Nessuno mi potrà far credere che una povera inferma, solo in virtù del suo fervido sentimento religioso, abbia scritto il Poema, tanto più che i diversi quadri o scene della vita del Signore essa non li vide in ordine cronologico ma contro invece un tal ordine, sparse o rappresentatele confusamente per lo spazio di tre anni. 

Quale fu questo carisma, quali le sue dimensioni? Come lo strumento umano cooperò con esso? Cosa viene dallo Spirito attraverso la mente e il cuore di una pia cristiana, e cosa è frutto esclusivo della psiche della Valtorta? E perché Gesù, nella ipotesi di visioni soprannaturali, adopera il linguaggio di un teologo del secolo XX e non quello del suo tempo? Ha voluto forse insegnarci cosa si trovi nelle Sacre Scritture e come bisogna esprimerlo oggi? 
Tante questioni che meritano di essere studiate e meditate, prima di esporre ragionatamente come il Poema dell'Uomo-Dio non contraddica mai al Vangelo, ma lo completa mirabilmente e lo rende vivo e potente, tenero ed esigente. 
Determinata bene la natura del carisma dello Spirito e la realtà della sua azione in Maria Valtorta, quale atteggiamento deve assumere il cristiano leggendo queste mirabili pagine evangeliche? Mi pare che si imponga la stessa conclusione pratica per chi ha letto e studiato i documenti della Storia delle Apparizioni di Paray le Monial, Lourdes, Fatima, Siracusa... E con lo stesso grado di fede, e nella misura che Gesù Signore e la Chiesa lo desiderano, io ci credo.

*

ED ECCO UN ALTRO SCRITTO DEL BEATO GABRIELE MARIA ALLEGRA DELLA STESSA EPOCA SULLA MEDESIMA MARIA VALTORTA

*

Critica del Beato G. M. Allegra

Critica dell'opera di Maria Valtorta,
 scritta a Macao tra il 1968 e il 1970

<<Il Poema dell'Uomo-Dio, ossia : 
L'EVANGELO COME MI E' STATO RIVELATO 
contiene, anzi è una serie di visioni,
alle quali l'Autrice assiste, come se fosse una contemporanea,
e perciò vede e sente quanto riguarda
la vita di Gesù a cominciare dalla nascita di Maria
SS., avvenuta per grazia celeste nella vecchiaia di
Anna e Gioacchino, sino alla Resurrezione e
Ascensione del Signore, anzi sino all'Assunzione
della Beata Vergine in Cielo.
La Veggente-ascoltatrice comincia di solito a descrivere
il sito della scena che contempla, riporta
il chiacchiericcio della folla e dei discepoli e poi,
a seconda di quanto vede e ascolta, descrive i miracoli,
riferisce i discorsi del Signore, ovvero i
dialoghi dei presenti con Lui, o coi discepoli, o
fra di loro. La rievocazione della vita di Gesù, dei
tempi e dell'ambiente, nei suoi diversi aspetti:
fisico, politico, sociale, familiare, è fatta senza
sforzo alcuno; l'Autrice riporta quello che ha visto
e sentito; il suo stile non sente l'erudizione,
che si nota anche nelle più famose vite di Gesù; è
il resoconto di una teste oculare e auricolare. Se
Maria di Magdala o Giovanna di Cusa, durante la
loro vita, avessero potuto vedere quello che vide
Maria Valtorta e l'avessero scritto, credo che la
loro testimonianza non differirebbe molto da
quella del Poema. La Valtorta osservava con tanta
intensità il luogo e i personaggi delle sue visioni
che chi è stato per ragioni di studio in Terra
Santa e ha letto ripetutamente i Vangeli non fa
uno sforzo eccessivo per ricostruire le scene.

Che un romanziere o un drammaturgo di genio
creino dei caratteri indimenticabili, lo si sapeva;
ma dei tanti romanzieri o drammaturghi che si
sono accostati al Vangelo per utilizzarlo nelle loro
creazioni, io non ne conosco uno che ne abbia
cavato una tale ricchezza e ne abbia tracciato con
tale forza ed in modo così accattivante le figure di
Pietro, di Giovanni, di Maria Maddalena, di Lazzaro,
di Giuda -specialmente di Giuda e della sua
tragica e pia madre, Maria di Simone- e di tanti e
tanti altri (e non parlo ora di Gesù e di Maria)
come lo fa Maria Valtorta senza il minimo sforzo
e con la massima naturalezza. Penso che non pochi
lettori del Poema ben sovente si siano soffermati
a riflettere e, come M. Vinicio allorché
ascoltava la rievocazione della Passione del Signore
fatta da san Pietro all'Ostrianum, abbiano
detto: costei ha visto.

I discorsi

La cosa più impressionante, almeno per me, sono
i discorsi del Signore. Naturalmente ci sono
tutti quelli che si trovano nei S. Vangeli, ma sviluppati,
come pure sono stati sviluppati parecchi
temi che nel Vangelo sono appena abbozzati o
accennati. Inoltre sono riportati molti altri discorsi
di cui nulla si dice nel Vangelo, ma che le
circostanze indussero Gesù a pronunziare.
Anche questi son costruiti come i primi; è lo
stesso Signore che parla, sia che adoperi lo stile
delle parabole - il Poema contiene una quarantina
di parabole "agrapha" - sia quello esortativo o
profetico, sia in ultimo quello sapienziale in uso
presso i rabbini dell’epoca Neo-testamentaria.
Pertanto, oltre ai grandi discorsi dei Vangeli,
come quello della montagna, quello della missione
degli Apostoli, quello escatologico, quelli
dell'ultima settimana e quelli dell'ultima Cena,
nel Poema ce ne sono moltissimi altri che spiegano
il Decalogo, le opere di misericordia corporali
e spirituali, ovvero che costituiscono «speciali
istruzioni alle discepole, ai discepoli, a persone
singole, a uditori misti di giudei e di gentili...
e in fine i discorsi sul Regno di Dio o più
chiaramente sulla Chiesa, prima della Passione
tenuti in un colloquio col fratello-cugino Giacomo
sul Carmelo, e dopo la Resurrezione sviluppati
parlando agli Apostoli e ai discepoli sul Tabor
e su un altro monte della Galilea, il di cui
tema è indicato da san Luca con la semplice frase:
loquens de Regno Dei.
A considerarne sommariamente la materia, si trova
in essi tutta la Fede, la Vita, la Speranza cristiana.
Il tono e lo stile non si smentiscono mai, è
sempre lo stesso: lucido, forte, profetico, a volte
pieno di maestà, a volte traboccante di tenerezza.
Arreco qualche esempio. Noi conosciamo lo sforzo
dei più grandi esegeti per situare e spiegare nel
loro contesto, ad esempio, il colloquio con Nicodemo,
il discorso sul Pane di vita, i discorsi teologico-
polemici pronunziati a Gerusalemme:
quanti sforzi e quanto diversi! Nel Poema la loro
concatenazione è spontanea, naturale, comecché
fluisce logicamente dalle circostanze.
Quello che si dice dei discorsi, vale per i miracoli.
Nel Poema ce ne sono tanti, che il Vangelo comprende
con le frasi: e guariva e sanava tutti...
come pure ci sono alcuni avvenimenti, cui né
esegeti, né romanzieri, né apocrifi hanno pensato.
Per esempio l'evangelizzazione della Giudea, accennata
da san Giovanni (Gv 3, 22) all'inizio del
ministero di Gesù, il misericordioso apostolato
del Signore in favore dei Samaritani, dei poveri,
dei contadini di Doras e di Giocana, degli abitanti
del quartiere dell'Ofel, i viaggi continui dell'instancabile
Maestro per il territorio di tutte le dodici
antiche tribù, e la congiura ordita, da alcuni
in buona fede, in mala fede dai più, per proclamarlo
re, onde distruggerlo più facilmente per
mano romana, congiura cui Giovanni (6, 14-15)
accenna così sobriamente. E come dimenticare
l'eroica fedeltà dei dodici pastori betlemiti, e la
duplice prigionia di Giovanni Battista, e i convertiti
del convertito Zaccheo; e quelle persone che
Gesù salvò anche materialmente, come Sintica,
Aurea Galla, Beniamino di Aenon; e le ultime
voci profetiche del Popolo eletto: Sabea di Bethlechi,
il samaritano lebbroso guarito, Saul di
Kerioth; e le relazioni di Gesù con Gamaliele, con
alcuni membri del sinedrio, con un gruppo di
donne pagane che gravitano attorno a Claudia
Procula, la moglie di Pilato; e la storia e la figura
di Maria Maddalena, del fanciullo Marziam, dei
singoli Apostoli il cui carattere si imprime indelebilmente
nel cuore del lettore attento, specialmente
il carattere di Pietro, Giovanni e Giuda e
della sua pia e sventurata madre?

Il mondo palestinese

E quanto non s'impara circa la situazione politica,
religiosa, economica, sociale, familiare della
Palestina nel primo secolo della nostra èra, anche
dai discorsi dei più umili, anzi specialmente
da questi, che l'Autrice, veggente e ascoltatrice,
riporta! Direi che in quest'opera il mondo palestinese
del tempo di Gesù risusciti davanti ai nostri
occhi e gli elementi migliori e peggiori del
carattere del popolo eletto - il popolo degli
estremi e schivo di ogni mediocrità - balzino vivi
dinanzi a noi.

La rivelazione privata

Il Poema ci si presenta come il completamento
dei quattro Vangeli e una lunga spiegazione di
essi; l'Autrice è l'illustratrice delle scene evangeliche.
La spiegazione e il completamento sono
giustificati in parte dalle parole di San Giovanni:
"molti altri prodigi fece Gesù dinanzi ai suoi discepoli,
che non sono scritti nel presente libro..."
(20, 30); e: "molte altre cose fece Gesù che se si
dovessero scrivere una a una, penso che il mondo
intero non potrebbe contenere i libri da scriversi"
(21, 25). Completamento e spiegazione,
ripeto, giustificati solo in parte o in principio,
giacché dal punto di vista storico-teologico la rivelazione
si è chiusa con gli Apostoli e tutto ciò
che si aggiunge al deposito rivelato, anche se non
lo contraddice ma felicemente lo completa, potrà
al massimo essere il frutto di un carisma particolare,
individuale, che obbliga alla fede colui che
lo riceve e coloro che credono trattarsi di un vero
carisma o di più veri carismi, che nel caso nostro
sarebbero quelli della rivelazione, della visione,
del discorso della sapienza e del discorso della
scienza (cfr. 1 Cor 12, 8; 2 Cor 12,1...).
In breve, la Chiesa non ha bisogno di questa opera
per svolgere la sua missione salvatrice sino
alla seconda venuta del Signore, come non aveva
bisogno delle apparizioni della Madonna a La
Salette, a Lourdes, a Fatima... Sennonché la
Chiesa può tacitamente o pubblicamente riconoscere
che certe rivelazioni private possono giovare
alla conoscenza e alla pratica del Vangelo e
all'intelligenza dei suoi misteri, e quindi approvare
in forma negativa, cioè dichiarando che le rivelazioni
in parola non sono contrarie alla fede, o
può ufficialmente ignorarle, lasciando ai suoi figli
piena libertà di formarsi il proprio giudizio.
In forma negativa sono state approvate le rivelazioni
di santa Brigida, di santa Madide, di santa
Gertrude, della Ven. D'Agreda, di san Giovanni
Bosco e di molti altri santi e sante.

Raffronto con altre opere

Chi si mette a leggere con animo onesto e con
impegno può ben vedere da sé l'immensa distanza
che esiste tra Il Poema e gli Apocrifi del Nuovo
Testamento, specialmente gli Apocrifi dell'Infanzia
e quelli dell'Assunzione, e può anche notare la
distanza che c'è fra quest'opera e le Rivelazioni
della Ven. Emmerich, D'Agreda etc. Negli scritti
di queste due visionarie è impossibile non sentire
l'influsso di terze persone, influsso, invece, che
mi pare si debba assolutamente escludere dal nostro
Poema. Per convincersene basta fare il paragone
tra la vasta e sicura dottrina teologica, biblica,
geografica, storica, topografica... che si addensa
in ogni pagina del Poema e la stessa materia
o le stesse materie nelle opere summenzionate.
Non parlo poi di opere letterarie, che di quelle
che coprono tutta la vita di Gesù, a cominciare
dalla nascita all'Assunzione della Madonna, non
ce ne sono, o almeno mi sono sconosciute. Ma
anche se ci limitiamo all'intreccio delle più celebri,
come: Ben Hur, La Tunica, II grande pescatore,
The silver chalice, The spear... questo non
può affatto sostenere il paragone con l'intreccio
naturale, spontaneo, sgorgante dal contesto degli
eventi e dal carattere delle tante persone - una
vera folla! - che forma la possente travatura del
Poema.
Ripeto: è un mondo che risuscita e l'Autrice lo
domina come se possedesse il genio dello Shakespeare
o del Manzoni. Però le opere di questi due
grandi, quanti studi non richiesero, quante veglie,
quante meditazioni! Maria Valtorta, invece, pur
possedendo una intelligenza brillante, una memoria
tenace e pronta, neppure terminò gli studi medi
superiori, fu per anni e anni afflitta da diverse
malattie e confinata al letto, aveva pochi libri che
stavano tutti in due palchetti del suo scaffale, non
lesse alcuno dei grandi commentari della Bibbia,
che avrebbero potuto giustificare o spiegare la
sua sorprendente cultura scritturistica, ma si serviva
della versione popolare della Bibbia del P.
Tintori ofm; eppure scrisse i dieci volumi del
Poema dal 1943 al 1947, in quattro anni!

Dettagli salienti

Tutti sanno quante ricerche abbiano fatto gli eruditi,
specialmente ebrei, per disegnare le differenti
carte della geografia politica della Palestina, dal
tempo dei Maccabei sino all'insurrezione di Bar
Cocheba; hanno dovuto compulsare per più di
vent'anni un cumulo di documenti: il Talmud, G.
Flavio, l'epigrafia, il folklore, gli antichi itinerari...
eppure l'identificazione di parecchie località
rimane ancora incerta; nel Poema, invece, quale
che possa essere il giudizio che si dà della sua
origine, non vi è alcuna incertezza (almeno per
quattro cinque casi, i recenti studi danno ragione
alle identificazioni in esso supposte, e il numero
penso che crescerebbe se qualche specialista volesse
studiare a fondo questa questione). L'Autrice
vede il biforcarsi delle strade, i cippi miliari
che ne indicano la direzione, le diverse colture a
seconda della diversa qualità del terreno, i tanti
ponti romani gettati su diversi fiumi o torrenti, le
sorgenti vive in certe stagioni e disseccate in altre;
essa nota la differenza della pronunzia fra i
diversi abitanti delle diverse regioni della Palestina
e un cumulo di altre cose che rendono perplesso
o almeno pensoso il lettore.
Una serie di visioni, nelle quali il mistero della
nascita di Gesù, della sua agonia, della sua passione
e della sua resurrezione vien descritto con
parole e immagini celesti, con un eloquio angelico,
mentre d'altra parte tanta luce si proietta sul
mistero di Giuda, sul tentativo di proclamare re
Gesù, sui due fratelli-cugini che non credevano
in Lui, sull'impressione da Lui destata nei Gentili,
sul suo amore per i lebbrosi, i poveri, i vecchi,
i bambini, i Samaritani e specialmente sul suo
amore così ardente, soave e delicato per l'Immacolata
sua Madre.
E chi, dal punto di vista non solo umano, ma specialmente
teologico, può rimanere indifferente
leggendo i due capitoli sulla desolazione della
SS. Madre dopo la tragedia del Calvario, che ci
rivelano come la Corredentrice sia stata tentata
da Satana come era stato tentato il suo Figlio Redentore?
Si paragoni la sublime teologia di questi
due capitoli con quella dei tanti Planctus
dell'Addolorata.

Armonie storiche e dottrinali

Oggi sulla storicità del Vangelo dell'Infanzia e
sui racconti della Resurrezione gli esegeti, anche
cattolici, si prendono le più strane e audaci libertà,
come se con la "Formgeschichte" e con la
"Redaktionsgeschichte Methode" si sia trovato il
toccasana per tutte le difficoltà, che non furono
ignote ai Padri della Chiesa. Veramente, per parlare
solo di alcuni recenti esegeti, Fouard63,
Sepp64, Fillion65, Lagrange66, Ricciotti67... su
questi punti difficili dissero la loro parola equilibrata
e luminosa, ma oggi altri sono i maestri,
che anche i nostri seguono con tanta fiducia. Ebbene,
per tornare a noi, io invito i lettori del
Poema a leggere le pagine consacrate alla resurrezione,
alla ricostruzione degli eventi del giorno
di Pasqua, e constateranno come tutto vi è armoniosamente
legato, così come si sforzarono di
fare, ma senza riuscirci pienamente, tanti esegeti
che seguivano il metodo critico-storicoteologico,
i quali non turbavano ma allietavano il
cuore dei fedeli e ne rafforzavano la fede!

Lingua

Ma c'è un'altra sorpresa: questa donna del secolo
ventesimo, che, confinata sul letto di dolore, è
divenuta la fortunata contemporanea e seguace di
Cristo, all'infuori di certi momenti da lei diligentemente
notati, quando cioè gli Apostoli e Gesù
pregavano in ebraico o aramaico, li sente parlare
in italiano, ma in un italiano aramaizzante. Inoltre
il Signore, la Madonna, gli Apostoli, anche quando
trattano di argomenti trattati nel Nuovo Testamento,
adoperano il linguaggio teologico di
oggi, cioè il linguaggio iniziato dal primo grande
teologo san Paolo e arricchitosi attraverso tanti
secoli di riflessione e di meditazione e diventato
preciso, chiaro, insostituibile.
C'è dunque nel Poema una trasposizione, una traduzione
della buona novella annunziata da Gesù
nella lingua della sua Chiesa di oggi, trasposizione
voluta da Lui, giacché la veggente era priva di
qualsiasi formazione teologica tecnica: e questo,
penso, per farci comprendere che il messaggio
evangelico annunziato oggi, dalla sua Chiesa di
oggi, con la lingua di oggi, è sostanzialmente
identico alla sua predicazione di venti secoli fa.

63 Abate C. Fouard, autore di "Le origini della Chiesa.
La vita di Gesù Cristo" - 1927
64 Johann Nepomuk Sepp, autore di "La vita di Nostro
Signore Gesù Cristo" 1861
65 P. Louis-Claude Fillion, autore di "La vita di Nostro
Signore Gesù Cristo"- 1922
66 P. Marie-Joseph Lagrange, autore di "Il Vangelo di
Gesù Cristo "1939
67 Giuseppe Ricciotti, autore di "Vita di Gesù Cristo"
1947


Il fenomeno Valtorta

Un libro di grande mole, composto in circostanze
eccezionali e in un tempo relativamente brevissimo:
ecco un aspetto del fenomeno valtortiano.
L'Autrice confessa ripetutamente che lei è solo un
portavoce, un fonografo, una che scrive quello
che vede e sente mentre sta "crocifissa a letto".
Quindi, secondo lei, il Poema non è suo, non le
appartiene; le è stato rivelato, mostrato, essa altro
non ha fatto che descrivere quello che ha visto,
riferire quello che ha sentito, pur partecipando
con tutto il suo cuore di donna e di devota cristiana
alle visioni. Da questa sua intima partecipazione
nasce l'antipatia che sente per Giuda, e al
contrario l'affetto intenso che sente per Giovanni,
per la Maddalena, per Sintica... e non parlo del
Signore Gesù e della Madonna Santissima, verso
i quali a volte effonde il suo cuore e il suo amore
con parole di un lirismo appassionato, degno delle
più grandi mistiche della Chiesa.
Nei dialoghi e nei discorsi che formano l'ossatura
dell'opera c'è, accanto a una inimitabile spontaneità
(dialoghi), qualcosa di antico e a volte di
ieratico (discorsi), si sente insomma una traduzione
ottima di una parlata aramaica, o ebraica, in
un italiano vigoroso, polimorfo, robusto. È ancora
da notarsi che nella struttura di questi discorsi
Gesù, o si muove nella scia dei grandi Profeti,
ovvero si accorda al metodo dei grandi rabbini
che spiegavano il Vecchio Testamento applicandolo
alle circostanze contemporanee; si ricordi il
Pesher di Habacuc trovato a Qumran e si confronti,
passi la parola, col "pesher" che ce ne da
Gesù 68.
Si paragonino pure altre spiegazioni che il Signore
da di altri passi del Vecchio Testamento, e per i
quali possediamo in tutto o in parte i commentari
dei Rabbi del 3°o 4° secolo d. C., ma che evidentemente
seguono uno stile tradizionale di composizione
molto più antico e probabilmente contemporaneo
a Gesù, e si constaterà, accanto a una
somiglianza esterna di forma, una tale superiorità
quanto al fondo, alla sostanza, che comprendiamo
finalmente appieno perché la folla diceva: nessuno
ha parlato come quest'uomo.

68 Documenti trovati a Qumran Cava 1, famoso per una
frase sulla fede nel Maestro di Giustizia, identificato dai
commentatori con Gesù Cristo.

Un dono del Signore

Ritengo che l'opera (di Maria Valtorta) richieda una origine sopranaturale. Penso che sia il prodotto di uno o più carismi e che dovrebbe essere studiata alla luce della dottrina dei carismi, facendo anche uso dei contributi dei recenti studi di psicologia
delle scienze affini, che certamente non potevano
essere conosciute da teologi antichi quali
Torquemada69, Lanspergius70, Scaramelli71, ecc.

È proprio dei carismi che essi vengano elargiti
dallo Spirito-Gesù per il bene della Chiesa, per
l'edificazione del Corpo di Cristo; e io non vedo
come si possa ragionevolmente negare che Il
Poema edifichi e diletti i figli della Chiesa. Senza
dubbio la carità è la via più eccellente (1 Cor 13,
1); è pure risaputo che alcuni carismi, che abbondavano nella Chiesa primitiva, si sono in seguito rarefatti, ma è del pari certo che essi non si sono mai estinti del tutto. 
La Chiesa attraverso i secoli
deve perciò continuare a saggiare se essi provengono dallo Spirito di Gesù ovvero sono un camuffamento dello spirito delle tenebre, travestitosi in angelo di luce: probate spiritus si ex Deo sint! (1 Gv 4,1).

Ora, senza prevenire il giudizio della Chiesa, che
sin da questo momento accetto con sottomissione
assoluta, mi permetto di affermare che, essendo
per il discernimento degli spiriti principale criterio
la parola del Signore: "Dai loro frutti li riconoscerete…" (Matteo 3,20), e producendo il
Poema buoni frutti in un numero sempre crescente di lettori, io penso che esso venga dallo Spirito di Gesù.>>

Padre Gabriele Allegra (O.f.m.)

69 Il cardinale Juan de Torquemada (1388-1468) e Johannes
Turrecremata. Scrittore da non confondere con l'inquisitore.
70 Jean Juste di Landsberg (1489-1539)
71 Giovanni Battista Scaramelli (1687-1752)



!Maria, 
Madre de gracia y Madre de Misericordia
En la vida y en la muerte ampàranos, dulce Madre!