lunedì 12 dicembre 2022

La Perfetta Vergine Santa Maria Madre di Dio, Nostra Regina


<< NICAN MOPOHUA >>

<< Qui si racconta >>, ordinatamente, il modo in cui poco tempo fa apparve miracolosamente la  Perfetta Vergine Santa Maria Madre di Dio, Nostra Regina, là sul colle Tepeyac, conosciuto come Guadalupe.

Dapprima si fece vedere da un indio di nome Juan Diego; e poi la sua Preziosa Immagine apparve davanti a fra' Juan de Zumárraga, fatto vescovo da poco tempo.


1. Dieci anni dopo la conquista della città di México, quando erano ormai già stati

deposti gli scudi e le frecce, quando dappertutto regnava la pace nei villaggi,

2. cosi come sbocciò, ora già rinverdisce e apre la sua corolla la conoscenza di

Colui per il quale si vive: il vero Dio.

3. In quel tempo, era l'anno 1531, verso i primi giorni del mese di dicembre,

accadde che vi era un indio, un povero uomo del popolo,

4. il cui nome era Juan Diego, che viveva, secondo quanto si dice, a Cuauhtitlan,

5. e che, riguardo a tutte le cose di Dio, apparteneva in tutto a Tlatilolco.

6. Era un sabato, ancora prima dell'alba, e veniva alla ricerca di Dio e dei suoi

comandamenti.

7. Giunto nei pressi del piccolo colle chiamato Tepeyac, cominciava ad albeggiare.

8. Udì cantare in cima al colle, sembrava il canto di molti uccelli preziosi; quando

quelle voci cessavano, sembrava quasi che fosse il colle a rispondere; i loro

canti, così straordinariamente dolci e deliziosi, oltrepassavano quelli del

coyotototl e del tzinitzcan e di altri uccelli rari.

9. Juan Diego si fermò per guardare. Disse tra sé: "Sono forse io degno, merito

davvero ciò che sto udendo? Non lo sto forse solo sognando? Non lo sto forse

vedendo in dormiveglia?

10. Dove sto? Dove mi trovo? Forse là dove ci hanno tramandato i nostri antenati, i

nostri nonni: nella terra dei fiori, nella terra del mais, della nostra carne, del

nostro sostentamento; forse nella terra celeste?

11. Guardava verso la cima del colle, nella direzione in cui sorge il sole, proprio da

dove proveniva il prezioso canto celestiale.

12. E quando improvvisamente il canto cessò, quando non si udì più, allora sentì

che lo chiamavano dalla cima del colle, dicendogli: "Juanito, Juan Dieguito".

13. Osò allora dirigersi verso il luogo da dove lo chiamavano; nessun turbamento

passava nel suo cuore e niente lo alterava, anzi si sentiva oltremodo felice e

contento; cominciò a salire sul colle per vedere da dove lo chiamavano.

14. E quando giunse alla cima del colle, non appena lo vide una Signora che stava

proprio lì in piedi,

15. lo chiamò affinché Le si avvicinasse.

16. E non appena fu davanti a Lei, si meravigliò per quanto la sua perfetta bellezza

oltrepassasse ogni immaginazione:

17. il suo vestito splendeva come il sole, come se riverberasse,

18. e la pietra, il masso su cui era ritta in piedi, come se lanciasse raggi;

19. lo splendore di Lei simile ad una pietra preziosa, come se fosse un bracciale

(ineguagliabilmente bello)

20. la terra sembrava risplendere per i riflessi di un arcobaleno nella nebbia

21. Ed i mezquites e i nopales e le altre erbe che normalmente ivi crescevano

sembravano smeraldi. Le foglie sembravano turchesi. E il loro tronco, le spine e

i frutti splendevano come l'oro.

22. Si prostrò alla sua presenza. Ascoltò la sua voce, la sua parola, che era

estremamente glorificatrice, sommamente affabile, come di qualcuno che

desiderasse attirarlo a sé e lo stimasse molto.

23. Gli disse: "ASCOLTA, MIO PICCOLO FIGLIO AMATISSIMO, JUANITO.

DOVE STAI ANDANDO?"

24. Ed egli Le rispose: "Mia Signora, Regina, Fanciulla mia, sto andando alla tua

casa di México Tlatilolco, per seguire le cose di Dio che ci danno, che ci offrono

coloro che sono le immagini di Nostro Signore: i nostri sacerdoti".

25. In seguito, parla con lui e gli rivela la sua volontà

26. gli dice: "Sappi, sappi con certezza, mio piccolo figlio amatissimo, che io sono

la Perfetta Sempre Vergine Santa Maria, Madre del Verissimo Dio per il quale si

vive, il Creatore delle persone, il Signore di tutto ciò che ci circonda e ci

avvolge, il Padrone del cielo, il Padrone della terra, desidero molto che proprio

qui si costruisca la mia piccola casa sacra

27. dalla quale io lo rivelerò, lo esalterò rendendolo manifesto:

28. lo darò alle genti mediante tutto il mio amore personale, il mio sguardo

misericordioso, il mio aiuto, la mia salvezza:

29. poiché io sono in verità la vostra madre misericordiosa

30. la tua e quella di tutti gli uomini che su questa terra sono uno solo,

31. e di tutti gli altri popoli che mi amano, che mi invocano, che mi cercano, che in

me confidano,

32. poiché da lì ascolterò il loro pianto, la loro tristezza, per guarire, per curare tutte

le loro pene, le loro miserie, i loro dolori.

33. E per realizzare ciò che il mio amorevole sguardo pretende, va' al palazzo del

vescovo di México, e digli che sono io a mandarti, affinché tu gli manifesti

quanto desidero che mi faccia costruire qui una casa, erigere per me un tempio;

gli racconterai tutto ciò che hai visto e ammirato, e tutto cio' che hai udito.

34. E sii certo che te ne sarò molto grata e te lo ripagherò,

35. che con tutto questo ti arricchirò, ti glorificherò;

36. e molto meriterai ciò con cui io ti ricompenserò della fatica, del servizio con cui

tu ti farai carico di tutto verso colui al quale ti invio.

37. Ora hai ascoltato, figlio mio il più piccolo, il mio desiderio, la mia parola; va',

fa' ciò che a te spetta".

38. E immediatamente si prostrò alla sua presenza: "Signora mia, Fanciulla, vado

subito a realizzare il tuo venerabile anelito, la tua venerabile parola; ed ora mi

separo da Te, io, il tuo povero piccolo indio".

39. Scese dunque per venire a mettere in opera il suo compito: venne verso la strada

rialzata, viene direttamente a Messico.

40. Non appena giunse all'interno della città, si diresse al palazzo del vescovo, che

solo da poco tempo era giunto, sacerdote governante; il suo nome era D. Fra'

Juan de Zumárraga, sacerdote di San Francesco.

41. E una volta arrivato cerca subito di vederlo, prega i suoi servitori, i suoi

aiutanti, che glielo vadano a dire;

42. dopo che fu passato molto tempo, vennero a chiamarlo, quando il signor

vescovo ebbe comandato che entrasse.

43. Appena entrato, si inginocchiò davanti a lui, si prostrò, e poi subito gli rivela,

gli racconta il prezioso anelito, la preziosa parola della Regina del Cielo, il suo

messaggio, e gli riferisce anche tutto ciò che aveva ammirato, visto, udito.

44. Ed avendo ascoltato tutto il suo racconto, il suo messaggio, come se non lo

ritenesse vero,

45. gli rispose, gli disse: "Figlio mio, torna un'altra volta, ancora con calma ti

ascolterò, ancora per bene dal principio vedrò, considererò la ragione per la

quale tu sei venuto, la tua volontà, il tuo desiderio".

46. Uscì; se ne andava triste, poiché non si era realizzato subito il suo incarico.

47. Poi verso sera, verso la fine del giorno, tornò, da lì andò diretto al la cima del

colle,

48. ed ebbe la gioia di incontrare la Regina del Cielo: proprio lì dove le era apparsa

la prima volta, lo stava aspettando. 

49. E non appena la vide, davanti a Lei si prostrò, si gettò a terra, le disse:

50. "Mia piccola dolce Padrona, Signora, Regina, Figlia mia la più piccola,

Fanciulla mia, sono stato dove mi hai ordinato per realizzare il tuo amabile

anelito, la tua amabile parola; anche se sono entrato con difficoltà dove è il

luogo del sacerdote governante, l'ho visto, davanti a lui ho esposto il tuo

desiderio, la tua parola, come mi hai comandato.

51. Mi ricevette amabilmente ed ascoltò tutto perfettamente, ma, per come mi

rispose, è come se non l'avesse capito, non crede che sia vero.

52. Mi disse: "Torna un'altra volta; ti riascolterò con calma, ancora perbene dal

principio vedrò perché sei venuto, il tuo desiderio, la tua volontà".

53. Dal modo in cui mi rispose, mi accorsi chiaramente che pensa che la tua casa

che vuoi che ti erigano qui, forse altro non è che una mia invenzione, o forse che

non proviene dalle tue labbra;

54. molto ti supplico, Signora mia, Regina, Fanciulla mia, che tu incarichi piuttosto

qualcuno dei nobili, stimati, che sia conosciuto, rispettato, onorato, di portare, di

riferire il tuo amabile anelito, la tua amabile parola affinché le credano.

55. Poiché in verità io sono un uomo del campo, sono mecapal, sono parihuela,

sono coda, sono ala; sono io stesso ad aver bisogno d'essere condotto, portato a

braccia, non è per me l'andare o l'intrattenermi là dove tu mi invii, mia piccola

Vergine, Figlia mia la più piccola, Signora, Bambina;

56. dispensami, per favore: affliggerò di pena il tuo volto, il tuo cuore; finirò per

cadere nella tua collera, nel tuo dispiacere, Signora Padrona mia".

57. Così gli rispose la perfetta Vergine, degna di onore e venerazione:

58. "Ascolta, figlio mio il più piccolo, sappi con certezza che non sono scarsi i miei

servitori, i miei messaggeri, ai quali incaricai di portare il mio anelito, la mia

parola, affinché compiano la mia volontà;

59. è però molto necessario che tu, personalmente, vada, preghi che per la tua

intercessione si realizzi, si compia il mio volere, la mia volontà.

60. E molto ti prego, figlio mio il più piccolo, e con rigore ti comando, di tornare dal

vescovo un'altra volta domani.

61. E da parte mia fagli sapere, fagli udire il mio volere, la mia volontà, affinché

realizzi, costruisca il mio tempio che gli chiedo.

62. E nuovamente, con cura, digli in che modo io, personalmente, la sempre

Vergine Santa Maria, io, che sono la Madre di Dio, ti mando".

63. Juan Diego, da parte sua, le rispose, le disse: "Signora mia, Regina, Bimba mia,

non voglio angustiare con pena il tuo volto, il tuo cuore; con grande piacere

realizzerò il tuo desiderio, la tua parola; in nessun modo tralascerò di farlo, né

giudico fastidioso il cammino.

64. Andrò a compiere la tua volontà, ma forse non sarò ascoltato, o anche se lo

fossi forse non sarò creduto.

65. Domani verso sera, quando ormai cala il sole, tornerò per riportare alla tua

parola, al tuo anelito, ciò che mi risponderà il sacerdote governante.

66. Ora Ti saluto rispettosamente, Figlia mia la più piccola, Fanciulla, Signora,

Bambina mia, riposa ancora un po'.

67. Poi anche lui andò a casa sua a riposare.

68. Il giorno seguente, domenica, quando era ancora notte, tutto era ancora scuro,

uscì da lì, dalla sua casa, venne diretto a Tlatilolco, venne per imparare ciò che

appartiene a Dio e a mettersi in fila; per poi vedere il signor vescovo.

69. E verso le dieci era già tutto pronto: aveva ascoltato la messa, aveva fatto la fila

e la folla si era dispersa.

70. E Juan Diego si diresse quindi al palazzo del signor vescovo.

71. E appena arrivò, fece quasi a lotta per vederlo, e con grande fatica lo vide

un'altra volta;

72. s'inginocchiò ai suoi piedi, diventò triste nel parlargli, nel rivelargli la parola,

l’anelito della Regina del Cielo,

73. nella speranza che fosse creduta l'ambasciata, la volontà della Perfetta Vergine,

di costruirle, di erigerle la sua piccola casa sacra, lì dove aveva detto, lì dove la

voleva.

74. E il vescovo governante moltissime cose gli chiese, lo interrogò, per potersi

accertare dove l'avesse vista, come Ella fosse; assolutamente tutto raccontò al

signor vescovo.

75. Ma anche se egli assolutamente tutto gli riferì, ed in ogni cosa vide, ammirò che

appariva con tutta evidenza che Ella era la Perfetta Vergine, l'Amabile, la

Meravigliosa Madre del Nostro Salvatore Nostro Signore Gesucristo,

76. tuttavia, ancora non si poté realizzare

77. Disse che non solo mediante la sua parola, la sua petizione, si sarebbe

compiuto, realizzato ciò che egli chiedeva,

78. ma che era assolutamente necessario qualche altro segno perché si potesse

credere che a inviarlo era la Regina del Cielo in persona.

79. Non appena Juan Diego ebbe udito ciò, disse al vescovo:

80. "Signor governante, rifletti su quale segno vuoi, perché io poi andrò a chiederlo

alla Regina del Cielo che mi ha mandato".

81. Ed avendo il vescovo constatato che confermava, che in nulla vacillava o

dubitava, allora lo licenzia.

82. E non appena è fuori, comanda ad alcuni della sua casa nei quali riponeva

assoluta fiducia, che lo seguissero, che osservassero attentamente dove andava,

chi vedeva, con chi parlava.

83. E così fu fatto. E Juan Diego venne diretto. Percorse la strada rialzata.

84. E coloro che lo seguivano, prima d'arrivare al Tepeyac, all'altezza del ponte di

legno, finirono per perderlo. E benché lo cercassero dappertutto, non riuscirono

più a vederlo da nessuna parte.

85. E così tornarono indietro. Non solo perché ne rimasero molto infastiditi, ma

anche perché li aveva ostacolati nel loro intento, si adirarono.

86. Andarono cosi a raccontare al signor vescovo, gli misero in testa di non

credergli, gli dissero di come gli raccontasse solo menzogne, che non faceva che

inventare ciò che veniva a dirgli, o che solo sognava o immaginava ciò che gli

diceva, ciò che gli chiedeva.

87. E decisero dunque che, se un'altra volta fosse venuto, fosse tornato, lì stesso lo

avrebbero afferrato e duramente castigato, affinché non tornasse a dire bugie, né

a svegliare all'alba la gente.

88. Nel frattempo, Juan Diego stava con la Santissima Vergine, riferendole la

risposta data dal signor vescovo;

89. come la Signora la ebbe ascoltata, gli disse:

90. "Va bene, piccolo figlio mio, tornerai qui domani per portare al vescovo il

segno che ti ha chiesto;

91. con quello ti crederà, e non avrà più dubbi su nulla, né sospetterà più di te;

92. e sappi, piccolo figlio mio, che io ti ricompenserò per l'attenzione e il lavoro e

la fatica che per me hai affrontato;

93. ora va', ché domani ti aspetto qui".

94. Ma il giorno seguente, lunedì, quando Juan Diego doveva portare il segno per

essere creduto, non tornò.

95. Giunto a casa, infatti, un suo zio, di nome Juan Bernardino, era caduto

ammalato, era molto grave.

96. Andò anche a chiamare un medico, fece anche qualcosa per lui, ma non c'era

più tempo, era ormai molto grave.

97. E quando sopraggiunse la notte, suo zio lo pregò che all'alba, quando fosse

ancora scuro, uscisse, venisse a chiamare a Tlatilolco qualche sacerdote che

andasse a confessarlo, a prepararlo,

98. poiché era sicuro che fosse ormai il tempo, il luogo, per morire, e che ormai non

si sarebbe più alzato, né guarito.

99. E il martedì, quando la notte era ancora alta, Juan Diego uscì dalla sua casa per

venire a chiamare il sacerdote a Tlatilolco;

100. e quando finalmente giunse sul fianco del colle col quale termina la sierra, ai

suoi piedi, là dove comincia il sentiero, dalla parte in cui il sole tramonta, dove

prima era salito, disse:

101. "Se vado diritto per il sentiero, questa Signora potrebbe vedermi e certamente,

come è stato, mi tratterrà affinché io porti il segno al governante ecclesiastico,

come mi aveva comandato;

102. ma prima deve abbandonarci la tribolazione; debbo prima chiamare il sacerdote religioso, mio zio non fa che aspettarlo".

103. Fece quindi il giro del colle, lo salì in un punto intermedio per uscire sul

versante orientale, per raggiungere rapidamente México, per non essere

trattenuto dalla Regina del Cielo.

104. Pensa che facendo quel tratto non lo potrà vedere colei che osserva

perfettamente ogni luogo.

105. La vide non appena prese a scendere da sopra il colle, e che da lì l'aveva sempre

osservato, da dove prima lo vedeva.

106. Gli venne incontro sul fianco del colle, venne a tagliargli la strada; gli disse:

107. "Che accade, il più piccolo dei miei figli? Dove vai, dove sei diretto?";

108. E lui, forse si dette pena o forse provò vergogna? O forse si spaventò, divenne

timoroso?

109. Alla sua presenza si prostrò, la salutò, le disse:

110. "Fanciulla mia, Figlia mia la più piccola, Bambina mia, spero che tu sia

contenta; come ti sei svegliata? Sta bene il tuo amato corpicino, Signora mia,

Bambina mia?

111. Con pena angustierò il tuo volto, il tuo cuore: ti faccio sapere, Fanciulla mia, che

un tuo servitore, mio zio, è gravemente ammalato.

112. Una grave malattia lo ha colpito, certamente ne morirà presto.

113. E voglio andare in fretta alla tua piccola casa di México, per chiamare qualcuno

degli amati di Nostro Signore, dei nostri sacerdoti, affinché vada a confessarlo e

a prepararlo,

114. poiché in realtà è per questo che siamo nati, noi che veniamo ad aspettare il

travaglio della nostra morte.

115. Ma, se vado a farlo, poi tornerò qui di nuovo per andare a portare il tuo anelito,

la tua parola, Signora, Fanciulla mia.

116. Ti prego di perdonarmi, abbi con me ancora un po' di pazienza, poiché non ti sto ingannando, Figlia mia la più piccola, Bambina mia, domani senz'altro verrò in

tutta fretta".

117. Non appena ebbe ascoltato le ragioni di Juan Diego, la Misericordiosa Perfetta

Vergine gli rispose:

118. "ascolta, riponilo nel tuo cuore, figlio mio il più piccolo, non è nulla ciò che ti ha

spaventato, che ti ha afflitto, non si turbi il tuo volto, il tuo cuore: non temere per

questa malattia né per alcun'altra infermità, né per altre cose che ti affliggono,

dolorose.

119. Non sono qui, io che ho l'onore e la gioia di essere madre? Non stai sotto la mia

ombra e la mia protezione? Non sono io la fonte della tua gioia? Non stai nel

cavo del mio mantello, nella croce delle mie braccia? Di cos'altro hai bisogno?

120. Che nessun'altra cosa ti affligga, ti turbi; che non ti dia pena la malattia di tuo

zio, perché non ne morirà per adesso. Sii certo che sta già bene".

121. (E proprio in quel momento, come si seppe poi, suo zio guarì).

122. E Juan Diego, udita l'amorevole parola, l'amorevole anelito della Regina del

Cielo, se ne consolò moltissimo, il suo cuore si colmò di pace,

123. e la supplicò di mandarlo subito a vedere il vescovo governatore, per portargli

un segno, una prova, affinché credesse.

124. La Regina Celeste gli ordinò allora di salire fin sulla cima del colle, dove l'aveva

vista precedentemente;

125. gli disse: "Sali, Figlio mio il più piccolo, sulla cima del colle, dove mi hai visto e

ti detti degli ordini;

126. lì vedrai che vi sono molti diversi fiori: tagliali, riuniscili, mettili tutti insieme;

poi, ritorna quaggiù; portali qui, alla mia presenza".

127. E Juan Diego salì dunque sul colle,

128. e quando raggiunse la sommità, rimase stupito per quanto erano fioriti, aperte le loro corolle, i fiori più svariati, graziosi e belli, pur non essendo ancora il loro

tempo:

129. poiché in verità in quella stagione il gelo ancora imperava;

130. andavano diffondendo un profumo soavissimo; come perle preziose, come

irrorati di rugiada notturna.

131. Cominciò allora a tagliarli, li unì tutti assieme, li ripose nel cavo del suo

mantello.

132. E' certo che la cima del colle non era un luogo in cui potessero crescere fiori, vi

abbondano solo sassi, cardi selvatici, spine, cactus, mezquite,

133. e anche se a volte vi potevano crescere delle pianticelle, allora era dicembre,

quando il gelo tutto mangia, tutto distrugge.

134. E poi ridiscese, portando alla Bambina Celeste i vari fiori che era andato a

tagliare,

135. e quando li vide, colle sue venerabili mani li prese;

136. poi nuovamente li tornò a deporre del cavo del suo mantello e gli disse:

137. "Figlio mio il più piccolo, questi diversi fiori sono la prova, il segno che porterai

al vescovo;

138. da parte mia gli dirai che veda in essi il mio desiderio e che pertanto realizzi il

mio volere, la mia volontà.

139. E tu..., tu che sei il mio messaggero..., in te è assolutamente riposta la mia

fiducia;

140. e molto ti ordino, con fermezza, che sia tu da solo alla presenza del vescovo ad

aprire il tuo mantello e a mostrargli ciò che vi porti.

141. E gli racconterai tutto puntualmente, gli dirai che ti ho ordinato di andare in

cima al colle a tagliare i fiori, e tutto ciò che hai visto e ammirato,

142. affinché tu possa convincere il sacerdote governante, affinché faccia ciò che

deve fare, si eriga il mio tempio che gli ho chiesto".

143. E non appena gli dette quell'ordine la Celeste Regina, venne a prendere la strada rialzata, viene diretto a México, ora viene contento.

144. Il suo cuore ormai è tranquillo, poiché porterà a termine la sua missione, la

realizzerà perfettamente.

145. Sta molto attento a ciò che porta nel cavo del mantello, che nulla possa

disperdersi;

146. viene gustandosi l'aroma dei diversi preziosi fiori.

147. Una volta giunto al palazzo del vescovo, gli andarono incontro il portinaio e gli

altri servitori del sacerdote governante,

148. e li supplicò di dirgli quanto desiderasse vederlo, ma nessuno volle, fingevano di non capirlo, o forse perché era ancora molto buio,

149. o forse perché già lo sapevano che non faceva altro che molestarli, importunarli,

150. e già era stato loro riferito da quei compagni che lo persero di vista quando lo

avevavo seguito.

151. Per un lunghissimo tempo rimase ad aspettare soddisfazione.

152. E quando videro che per lunghissimo tempo se ne stette lì, in piedi, il capo

chino, senza far nulla, aspettando d'essere chiamato, e che portava qualcosa, lo

portava nel cavo del suo mantello; dopo un po' gli si avvicinarono per vedere

cosa portasse e per togliersi la curiosità.

153. E quando Juan Diego si rese conto che non poteva in alcun modo nascondere

loro ciò che portava e che per questo lo avrebbero potuto molestare, spintonare o

forse strattonare, fece in modo di mostrare appena che si trattava di fiori.

154. E quando s'accorsero che erano fiori delicati, vari, e che non si era ancora in

tempo di fioritura, li ammirarono tantissimo, per quanto erano sbocciate le loro

corolle, quanto erano profumati, quanto sembravano belli.

155. E vollero prenderne e strappargliene alcuni;

156. per tre volte cercarono di prenderglieli, ma in nessun modo vi riuscirono,

157. perché, quando cercavano di farlo, essi non vedevano più i fiori, ma questi

apparivano come fossero dipinti, o ricamati, o cuciti sul mantello.

158. Andarono subito a riferire al vescovo governante ciò che avevano visto,

159. quanto desiderasse entrare a vederlo l'indio che già altre volte era venuto, e che

ormai da moltissimo tempo se ne stava lì aspettando il permesso, perché

desiderava vederlo.

160. E il vescovo governante, udito ciò, si rese conto che era quella la prova per

convincerlo, per compiere ciò che quell'uomo sollecitava.

161. Subito ordinò di farlo entrare.

162. E una volta entrato, alla sua presenza si prostrò, come aveva già fatto

precedentemente.

163. E raccontò di nuovo ciò che aveva visto, ammirato, e il suo messaggio.

164. Gli disse: "Signore mio, governante, ho fatto, ho compiuto ciò che mi hai

ordinato;

165. sono andato a dire alla Signora mia Padrona, Bambina Celeste, Santa Maria,

Amata Madre di Dio, che chiedevi una prova per potermi credere, che tu le

facessi la sua piccola casa sacra, là dove ti chiedeva di edificarla;

166. e le dissi anche che ti avevo dato la mia parola di portarti un segno, una prova

della vua volontà, come tu mi incaricasti.

167. E ascoltò bene il tuo desiderio, la tua parola, e ricevette benevolmente la tua

richiesta del segno, della prova, affinché si faccia, si realizzi la sua amata

volontà.

168. E così, quando era ancora notte, mi comandò di venire a vederti un'altra volta;

169. e le chiesi la prova per essere creduto, come mi aveva detto che avrebbe fatto, e

subito lo fece.

170. E mi inviò sulla cima del colle, là dove io l'avevo vista prima, affinché ivi

tagliassi diverse rose di Castiglia.

171. E dopo averle tagliate, gliele riportai laggiù;

172. e con le sue sante mani le prese,

173. di nuovo nel cavo del mio mantello le ripose,

174. affinché venissi a portartele, a te personalmente le dessi.

175. Benché sapessi bene che la cima del colle non è un luogo adatto per i fiori,

poiché vi è solo abbondanza di sassi, cardi selavatici, arbusti, cactus, mezquite,

non per questo dubitai, non per questo vacillai.

176. Quando fui giunto sulla cima del colle vidi che era già il paradiso.

177. Lì trovai, perfetti, tutti i diversi fiori bellissimi, quanto di più fine ci possa

essere, pieni di rugiada, splendenti, cosicché poi mi misi a tagliarli;

178. e mi disse che da parte sua te li dessi, e che così io avrei provato e tu avresti

visto il segno che le chiedevi per realizzare la sua amata volontà;

179. e affinché appaia che è verità la mia parola, il mio messaggio,

180. eccoli qui, fammi il favore di riceverli".

181. E stese quindi il suo bianco mantello, dentro il quale aveva riposto i fiori.

182. E non appena caddero a terra tutti i vari fiori preziosi,

183. lì si trasformò in segno, apparve all'improvviso l'Amata Immagine della Perfetta Vergine Santa Maria, Madre di Dio, nella forma e nella figura in cui oggi sta,

184. e dove è ora conservata nella sua piccola amata casa, nella sua piccola casa sacra sul Tepeyac, che si chiama Guadalupe.

185. E appena la videro il vescovo governante e tutti quelli che stavano lì, si

inginocchiarono e molto la ammirarono,

186. si alzarono in piedi per vederla, si rattristarono, si afflissero, sospeso il cuore, la mente...

187. E il vescovo governante nel pianto, con tristezza, lo pregò, gli chiese perdono

per non aver compiuto la sua volontà, il suo venerabile anelito, la sua venerabile

parola,

188. e quando di alzò, sciolse dal collo attorno al quale era legato l'indumento, il

mantello di Juan Diego

189. sul quale la Regina Celeste era apparsa, s'era trasformata in segno;

190. e poi la portò, l'andò a collocare là, nel suo oratorio.

191. E Juan Diego passò ancora un giorno lì, nella casa del vescovo, che lo trattenne

ancora.

192. E il giorno appresso gli disse: "Va', andiamo e mostrami dove la Regina del

Cielo vuole che le costruiscano il suo tempio".

193. Subito fu invitata gente per farlo, erigerlo.

194. E Juan Diego, appena ebbe mostrato dove la Signora del Cielo aveva comandato che le si erigesse la sua piccola casa sacra, chiese il permesso:

195. voleva recarsi a casa sua per andare a vedere suo zio Juan Bernardino, che era

gravemente ammalato quando l'aveva lasciato per andare a chiamare un

sacerdote a Tlatilolco affinché lo confessasse e lo preparasse, e che la Regina del

Cielo aveva detto d'avere già guarito.

196. Ma non lo lasciarono andar via da solo, lo accompagnarono alla sua casa.

197. E quando arrivarono, videro che suo zio era davvero guarito, assolutamente più

nulla lo angustiava.

198. E questi, da parte sua, si meravigliò molto della forma in cui suo nipote era

accompagnato e molto onorato;

199. chiese al nipote perché ciò accadesse, perché lo onoravano tanto;

200. E gli raccontò che quando lo aveva lasciato per andare a chiamargli un sacerdote che lo confessasse, lo preparasse, là sul Tepeyac gli era apparsa la Signora del Cielo;

201. e lo aveva inviato a México dal vescovo governante, affinché gli facesse una

casa sul Tepeyac.

202. E gli aveva detto di non affliggersi, ché suo zio ormai stava bene, e ciò l'aveva

consolato molto.

203. Suo zio gli disse che era certo che proprio in quel momento fu guarito,

204. e l'aveva vista esattamente nella stessa forma in cui era apparsa a suo nipote,

205. gli disse che anche lui era stato mandato a México a vedere il vescovo;

206. e che anche lui, quando l'avesse visto, doveva riferirgli assolutamente tutto,

raccontandogli ciò che aveva visto

207. e il modo meraviglioso in cui era stato guarito,

208. e che avrebbe dovuto chiamare, invocare la sua Amata Immagine proprio così:

La Perfetta Vergine Santa Maria di Guadalupe.

209. Condussero quindi Juan Bernardino alla presenza del vescovo governante, lo

portarono a parlare da lui affinché desse testimonianza,

210. e insieme a suo nipote Juan Diego, il vescovo li ospitò a casa sua alcuni giorni,

211. mentre si costruiva la piccola casa sacra della Bambina Regina là sul Tepeyac,

dove si fece vedere da Juan Diego.

212. E il signor vescovo trasferì nella Chiesa Maggiore l'amata Immagine dell'Amata

Bambina Celeste.

213. Andò a prelevare l'amata Immagine dal suo palazzo, dal suo oratorio in cui

stava, affinché tutti la vedessero e l'ammirassero.

214. E proprio tutta questa città, nessuno escluso, si commosse quando venne a

vedere, ad ammirare la sua preziosa Immagine.

215. Venivano a riconoscere il suo carattere divino.

216. Venivano a presentarle le loro preghiere.

217. Molti restarono ammirati per la maniera miracolosa in cui era apparsa,

218. poiché assolutamente nessun uomo della terra dipinse la sua amata Immagine.

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Introduzione 1,2

Prima apparizione 3,25

Madre del verissimo Dio 26, 28

Madre misericordiosa di tutti gli uomini 29,

Seconda apparizione 46, 67

Secondo incontro con Zumarraga 68, 87

Terza apparizione 88, 98

Quarta apparizione 99, 121

I fiori 122, 146

Terzo incontro con Zumarraga 147, 181

L'immagine sulla Tilma 182, 197

https://www.kofc.org/es/resources/our-lady-of-guadalupe/nican-mopohua.pdf



Maria Santissima, Nostra Signora di Guadalupe, La Perfetta

 12 dicembre

Maria Santissima, nostra Signora di Guadalupe, La Perfetta

PREGHIERA DI SUA SANTITA' BENEDETTO XVI

A MARIA SANTISSIMA,

NOSTRA SIGNORA DI GUADALUPE

VENERATA NEI GIARDINI VATICANI

Mercoledì, 11 maggio 2005


Santa Maria, che con il titolo di Nostra Signora di Guadalupe

sei invocata come Madre dagli uomini e dalle donne

del popolo del Messico e dell'America Latina,

incoraggiati dall'amore che ci ispiri, 

riponiamo nuovamente nelle Tue mani materne la nostra vita.


Tu che sei presente in questi giardini vaticani,

regna nel cuore di tutte le madri del mondo e nel nostro cuore.

Con grande speranza, a Te ricorriamo e in Te confidiamo.


Ave Maria,

piena di grazia,

il Signore è con Te.

Tu sei benedetta fra tutte le donne

e benedetto è il frutto del seno Tuo, Gesù.

Santa Maria,

Madre di Dio,

prega per noi peccatori,

adesso e nell'ora della nostra morte. Amen.

Nostra Signora di Guadalupe

prega per noi.

BENEDICTUS XVI PP.

***

Beata Maria Vergine di Guadalupe in Messico

Dal Martirologio

Beata Maria Vergine di Guadalupe in Messico, il cui materno aiuto il popolo dei fedeli implora umilmente numeroso sul colle Tepeyac vicino a Città del Messico, dove ella apparve, salutandola con fiducia come stella dell’evangelizzazione dei popoli e sostegno degli indigeni e dei poveri.

sabato 10 dicembre 2022

Caro Santo sorridente...

 


«SETTE REGOLE» CHE REGGONO

A san Bernardino da Siena

Caro Santo sorridente,

Papa Giovanni apprezzava talmente le tue prediche scritte

che voleva proclamarti dottore della chiesa. Morì e non se ne

fece, sinora, nulla. Peccato!

Quelle che il buon papa apprezzava, non erano però le tue

prediche in latino, studiate, limate, ben suddivise, bensì le prediche

in italiano, raccolte dalla tua voce, tutte sprizzanti vita,

fervore religioso, umorismo e saggezza pratica. Egli ti vagheggiava,

forse, «Dottore Sorridente» accanto al «Mellifluo» Bernardo,

all’«Angelico» Tommaso, al «Serafico» Bonaventura, al «Consolante» Francesco di Sales.

Pensava che in tempi in cui parole difficili, irte di ismi nebulosi,

sono usate ad esprimere perfino le cose più facili di questo

mondo, fosse opportuno mettere in risalto il fraticello che aveva

insegnato: «Parla chiarozzo, acciò che chi ode, ne vada contento

e illuminato, e non imbarbagliato»!

E tutt’altro che «imbarbagliati» rimasero, davanti alla tua

predica, i professori e gli studenti dell’università di Siena nel giugno

del 1427. Tu parlasti loro del «modo di studiare», proponesti

«sette regole» e concludesti: «Le quali sette regole se le osservi

e vi continui, in poco tempo diventerai valent’uomo o valente

donna».

Col tuo permesso, abbreviandole e... addomesticandole, io

tento ora di richiamare le tue «sette regole» in vista degli studenti

di oggi.

I quali sono brava e simpatica gente, che non corrono nessunissimo

pericolo di venire «imbarbagliati», per il semplice motivo

che vogliono fare da sé la propria esperienza delle cose. Né da te

né da me gradiscono «modelli di comportamento», che odorino

di moralismo a un chilometro di distanza. E probabilmente non

leggeranno queste righe, ma io le scrivo lo stesso; scrivo a te.

Anche Einaudi ha scritto le Prediche inutili, che, tuttavia, a

qualcuno sono riuscite utili.

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* * *

Prima regola, la estimazione. Uno non arriva a studiare sul

serio, se prima non stima lo studio. Non arriva a farsi una cultura,

se prima non stima la cultura.

Quello studente fa arco della schiena sui libri. Tu scrivi: «Bene!

così non ti grilla il cervello come altri zovincelli, che non

attendono a studio niuno, ma a forbire le panche!». Ama i libri,

sarai a contatto con gli uomini grandi del passato: «Parlerai loro

ed essi parleranno con te; udiranno te, e tu udirai loro, e gran

diletto ne piglierai».

Cosa diventa, invece, lo studente scioperato? Diventa «come

uno porco in istia che pappa e bee e dorme». Diventa «Messer

Zero», che non combinerà nulla di grande e di bello nella vita.

Intendiamoci: per una vera cultura sono da apprezzare, oltre

che i libri, anche la discussione, il lavoro di gruppo, lo scambio

di esperienze. Tutte queste cose ci stimolano ad essere attivi oltre

che ricettivi; ci aiutano ad essere noi stessi nell’imparare, a manifestare

agli altri il nostro pensiero in modo originale; favoriscono

l’attenzione cortese verso il prossimo.

Mai però venga meno l’estimazione verso i grandi «maestri»;

essere i confidenti di grandi idee vale più che essere gli inventori

di idee mediocri. Diceva Pascal: «Colui che è salito sulle spalle

di un altro, vedrà più lontano dell’altro, anche se è più piccolo

di lui!».

* * *

Seconda regola, la separazione. Separarsi, almeno un pochino!

Altrimenti non si studia sul serio. Gli atleti devono pur

astenersi da molte cose: lo studente è un po’ atleta e tu, caro fra

Bernardino, gli hai preparato tutta una lista di cose «proibite».

Ne riporto qui solo due: cattive compagnie, cattive letture.

«Uno libertino tutti li guasta. Una mela fracida, accostata alle

buone, tutte l’altre corrompe». «Occhio – tu scrivi – anche ai

libri di Ovidio e altri libri di innamoramenti». Senza disturbare

Ovidio, oggi tu parleresti esplicito di libri, di rotocalchi indecenti,

cinema cattivi e droga. Intatta, invece, conserveresti la seguente

apostrofe: «Quando tu, padre, hai un figliolo a studio, a

Bologna, o dove si sia, e tu senti che egli è innamorato, non gli

mandare più denari. Fallo tornare, ché egli non imparerà nulla,

305

se non canzonette e sonetti... e sarà poi Messer coram-vobis».

Efficace quest’ultimo rimedio, di «tagliare i viveri». Ma oggi

esso non scatta più: lo stato, infatti, si sostituisce, se occorre, ai

papà, snocciolando agli universitari il presalario.

Rimane una speranza: che lo studente si applichi da sé il

«rimedio del saltimbanco».

Ti è noto: salito su una sedia, il saltimbanco, ai contadini

che l’attorniavano attoniti e a bocca aperta in giorno di mercato,

mostrava una scatoletta chiusa: «Qui dentro – diceva – c’è il rimedio

efficacissimo per i calci dei muli: costa poco, pochissimo,

acquistarlo è una fortuna». E di fatto, molti acquistavano. Ma

ad uno dei compratori venne voglia di aprire la scatola: vi trovò

nient’altro che due metri di sottile spago. Alzò la voce a protestare:

«È una truffa!». «Niente truffa – rispose l’imbonitore – tu

sta’ distante quanto è lungo lo spago e nessun calcio sprangato da

mulo ti potrà raggiungere!».

È il rimedio classico e radicale suggerito da voi predicatori;

vale per tutti, vale specialmente per gli studenti esposti oggi a

mille insidie. Separazione! Da tutti i “muli», che sprangano calci

morali!

* * *

Terza regola, quietazione. «L’anima nostra è fatta come l’acqua.

Quando sta quieta, la mente è come un’acqua quieta; ma

quando è commossa, s’intorbida». Va dunque fatta riposare e

quietare, questa mente, se si vuol imparare, approfondire e ritenere.

Com’è possibile riempire la testa di tutti i personaggi dei

rotocalchi, del cinema, del «video», degli sport, così vivaci, invadenti

e talvolta avvilenti e inquinanti, e poi pretendere ch’essa

ritenga, insieme, le nozioni dei libri di scuola, al confronto così

scolorite e scialbe?

Una fascia di silenzio occorre proprio attorno alla mente di

chi studia, perché si conservi quieta e pulita. Tu, piissimo frate,

suggerisci di chiederla al Signore; suggerisci perfino la giaculatoria

adatta: «Quietaci, messer Domeneddio, la mente». Gli studenti

nostri, a questo punto, sorrideranno; sono abituati spesso

a ben altre giaculatorie! Ma tant’è: un po’ di silenzio e un pizzico

di preghiera in mezzo a tanto quotidiano fracasso non guasta in

alcun modo!

306

* * *

Quarta regola, ordinazione, cioè ordine, equilibrio, giusto

mezzo, sia nelle cose del corpo che dello spirito. Mangiare? «Sì –

tu scrivi – ma non troppo né poco. Tutti gli estremi sono viziosi,

la via del mezzo ottima. Non si può portare due some: lo studio

e il poco mangiare, il troppo mangiare e lo studio: ché l’uno ti

farà intisichire e l’altro ti ingrosserà il cervello». Dormire? Anche,

ma «non troppo né poco... più utile è levarsi per tempo... con la

mente sobria».

Pur lo spirito ha bisogno di ordinare e tu continui: «Non

mandare il carro davanti ai buoi... impara piuttosto meno scienza

e sàppila bene, che assai e male!». Salvator Rosa è d’accordo

con te, quando scrive: Se infarinato se’, vatti a far friggere. L’imparaticcio,

la semplice infarinatura, la superficialità, il pressappochismo

non sono cose serie. Tu consigli anche di avere simpatie

personali tra i vari autori o le varie materie: «Fa’ istima in te più

d’uno dottore che d’un altro, o d’un libro che d’un altro... Non

ne dispregiare però niuno».

* * *

Quinta regola, continuazione, ossia perseveranza. «La mosca

si posa appena sul fiore e passa, volubile e agitata, ad un altro

fiore; il calabrone si ferma un po’ di più, ma gli preme far rumore;

l’ape, invece, silenziosa e operosa, si ferma, succhia a fondo

il nettare, porta a casa e ci dà il miele dolcissimo». Così scriveva

san Francesco di Sales e mi pare che tu convenga in pieno: niente

studenti-mosca, niente studenti-calabrone, ti piace la volitività

tenace e realizzatrice e hai ragione da vendere.

Nella scuola e nella vita, non basta desiderare, bisogna volere.

Non basta cominciare a volere, ma occorre continuare a

volere. E non basta neppure continuare, ma è necessario saper ricominciare

a volere da capo tutte le volte che ci si è fermati o per

pigrizia o per insuccessi o per cadute. La sfortuna di un giovane

studente, più che la scarsa memoria, è una volontà di stoppa. La

fortuna, più che il forte ingegno, è una volontà robusta e tenace.

Ma questa si tempra soltanto al sole della grazia di Dio, si scalda

al fuoco delle grandi idee e dei grandi esempi!

Uso interno di LdS.it

307

* * *

Sesta regola, discrezione. Vuol dire: fare il passo secondo la

gamba; non prendere il torcicollo a forza di mirare a mete troppo

alte; non mettere mano a troppe cose insieme; non pretendere i

risultati dalla sera alla mattina.

Essere il primo della classe è interessante, ma non è per me,

se ho i soldi dell’ingegno contati in tasca; lavorerò con ogni impegno

e sarò contento anche se arrivo quarto o quinto. Mi piacerebbe

prendere lezioni di violino, ma tralascio, se esse danneggiano

i miei studi e fanno dire di me: «Chi due lepri insieme caccia,

una non prende e l’altra lascia!».

* * *

Settima regola, dilettazione, cioè prendere gusto. Non si può

studiare a lungo, se non si prende un po’ di gusto allo studio. E

il gusto non capita subito, ma dopo. Nei primi tempi c’è sempre

qualche ostacolo: la pigrizia da superare, occupazioni piacevoli

che ci attirano di più, la materia difficile. Il gusto viene più tardi,

quasi premio per lo sforzo fatto.

Tu scrivi: «Sanza essere ito a Parigi a studiare, impara dall’animale

ch’ha l’unghie fèsse (cioè il bue), che prima mangia e insacca,

e poi ruguma, a poco a poco». Ruguma significa rumina,

ma per te, caro e saggio santo, vuol dire qualcosa di più, cioè: il

bue va assaporandosi il fieno piano piano, quando è saporabile e

godibile, e fino in fondo. E così dovrebbe avvenire per i libri di

studio, cibo delle nostre menti.

* * *

Caro san Bernardino! Enea Silvio Piccolomini, tuo concittadino

e papa con il nome di Pio II, scrisse che, alla tua morte,

i signori più potenti d’Italia si divisero le tue reliquie. Ai poveri

senesi, che tanto ti amavano, nulla rimase di te. Restava solo

l’asinello, sulla cui groppa eri qualche volta salito, quando ti sentivi

stanco dal viaggio negli ultimi anni di tua vita. Le donne di

Siena videro un giorno passare la povera bestia, la fermarono, la

depilarono tutta e conservarono quei peli come reliquia.

308

Al posto dell’asinello, io ho spelacchiato e “spennato», rovinandola,

una delle tue bellissime prediche. Queste «penne» andranno

tutte disperse al vento o qualcuna, almeno da qualcuno,

sarà raccolta?

Settembre 1972

Da Papa Luciani, OperaOmnia

AMDG et DVM