domenica 10 luglio 2022

In principio era il Verbo

 

QUADERNETTI CAPITOLO 732


25 luglio 1948

   In principio era il Verbo e il Verbo era in Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio con Dio1.    Tutto quanto fu fatto, per mezzo di Lui è stato fatto, e senza di Lui nulla di ciò che fu fatto è stato creato. 
   In Lui era la Vita, e la Vita è la Luce degli uomini. E la Luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno compresa. 
   Ci fu un uomo mandato da Dio il cui nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla Luce perché tutti credessero in Essa per mezzo di lui. Egli non era la Luce, ma era stato mandato per rendere testimonianza alla Luce. Alla vera Luce, quella che illumina ogni uomo che viene in questo mondo. 
   Il Verbo era ormai nel mondo, ma il mondo che era stato fatto per mezzo di Lui non lo conobbe. Venne alla sua Casa e i suoi non lo ricevettero. Ma a quelli che l'accolsero credendo al suo vero Nome diede il diritto di diventare figli di Dio. Costoro non sono generati da sangue e carne né da volere d'uomo, ma (per Gesù Cristo) in Dio sono nati. 
   E il Verbo si fece carne ed abitò fra noi e noi ne abbiamo contemplata la gloria che questo Unigenito Figlio del Padre riceve, piena di Grazia e verità. 
   E Giovanni testimoniò di Lui proclamando: "Questo è Colui che vi ho annunziato dicendo: Colui    che verrà dopo di me in verità mi ha preceduto, perché è da prima di me". 
   Dalla pienezza della sua Perfezione noi tutti abbiamo ricevuto e grazia sopra Grazia. Perché da Mosè abbiamo avuto soltanto la Legge, ma la Grazia e la Verità sono state diffuse da Gesù Cristo. Perché nessun uomo ha mai veduto Iddio, ma è l'Unigenito Figlio che sta nel seno del Padre che lo ha rivelato. 

   Non Due Nature, ma Una sola. Non Una sola Persona, ma Due. Uguali per Natura. Diverse per rapporti personali di generazione. Un solo Essere, pur essendo due Persone distinte. 
   Perciò Dio il Padre, come Dio il Figlio, e formanti Un solo Dio. Eterno il Padre come eterno il Figlio.
   Onnipotente, infinito, perfettissimo il Generato come il Generante. 
   Un solo volere, sapere, potere dei Due, pur essendo reciprocamente indipendenti nell'azione; volendo, sapendo, potendo il Verbo come vuole, sa e può il Pensiero che lo ha generato contemplandosi nelle sue perfettissime Perfezioni, e comprendendosi, poiché solo Dio può comprendere Dio, ed esultare nel vedersi. 
   Ed in questa esultazione generare la Luce, la Vita, perché fossero e creassero, moltiplicando la gioia amorosa di Dio che sfavilla nel poter effondere il suo amore su infinite creature, dando a tutte provvidenze, dando alla creatura fatta a sua immagine e somiglianza Sé stesso e il suo Regno, per poter circondarsi di un popolo di figli, illuminati, durante il tempo, dalla Luce perché possano conoscere, servire, amare il Signore, letificati dal godimento eterno della visione beatifica di Dio oltre il tempo. 
   Né il Verbo Generato è soggetto per inferiorità di relazioni al Pensiero Generante, ma è soltanto spontaneamente ubbidiente per amore santissimo di Figlio Divino al Padre suo che lo ha divinamente generato. 
   Perché è l'Amore quello che fa delle Persone distinte "Una sol cosa". La Unità della Trinità è per lo Spirito Santo di Dio, ossia per la Carità che è lo Spirito del Signore. Spirito Ss. di Dio Ss. 
   Il Figlio, esultando nel seno del Padre, che esulta contemplando il suo Verbo e vedendo ogni creatura nella Luce da Lui generata, alla quale ha comunicato la Sua Vita ed ogni altra sua proprietà, meno quella sua propria di Padre; così come ogni creatura, dotata di spirito e di ragione, può conoscere sufficientemente Dio suo Creatore per la generazione eterna del Verbo e per la sua Incarnazione nel tempo, essendo nel Verbo Increato e nel Verbo Incarnato visibili tutte le mirabili perfezioni del Padre Iddio. 
   Nel Verbo Ss. tutto è presente della inconoscibile verità dei Cicli e della meravigliosa storia dei destini dell'uomo, e per il Verbo l'uomo può conoscere, essere reso atto ad amare e predestinato a possedere Dio, Colui che è l'Incomprensibile, ma che la Luce rivela in maniera conveniente perché l'uomo lo conosca e si salvi amandolo, avendo per questo amore la Vita. 
   Il Padre, compiacendosi dell'esultanza volonterosa del Figlio, immagine della Sua sostanza e splendore della Sua gloria, Fattore di ogni cosa fatta, Autore della rigenerazione dell'uomo alla vita soprannaturale. 
   E per questo reciproco esultare e compiacersi l'Uno dell'Altro, l'Uno nell'Altro, essendo dal principio senza principio Dio con Dio, Dio in Dio, ecco procedere l'Amore, Colui che darà, al tempo giusto, una Carne al Verbo Eterno, facendo del Figlio di Dio il Cristo, sempre Una sol cosa col Padre, ma non più una sola Natura in Due Persone, come era al principio, sibbene due nature nella sola persona dell'Uomo Dio, vero Dio nella sostanza del Padre dal quale mai si disunì, e vero Uomo per la sostanza presa dalla Madre. 
   Tutte le cose sono state fatte per mezzo del Verbo, volendo il Padre che tutte le cose che per mezzo del Verbo hanno avuto vita, tutte gli fossero sottoposte, e i cieli cantassero le sue lodi, i firmamenti lo incoronassero di astri, la terra fosse sgabello ed incensiere posto ai suoi piedi, le acque facessero un lavoro di zaffiri pari a quello visto da Mosè ed Ezechiele2 sotto il trono di Dio, e le creature dotate di anima spirituale e ragionevole lo benedicessero con riconoscenza, per la duplice vita avuta per mezzo di Lui. 
   Egli in verità ha dato ad esse non soltanto l'esistenza temporanea, ma anche la Vita eterna, essendo Egli il Vivente e il Redentore che ha dato la sua vita nel tempo perché ogni uomo avesse diritto alla vita nell'eternità. E di comunicare questa vita Egli si compiace. E la comunica a seconda della natura e del fine della cosa creata per il volere onnipotente del Padre. 
   Infinitamente si compiace di poter comunicare la Vita soprannaturale agli uomini, e comunicarla nella misura giusta, perché non sia vilipesa e dispersa questa Gemma divina, né sia scarsa là dove la buona volontà porta un uomo sulla via della perfezione, e la da con infinita e perfetta Sapienza perché ogni creatura che tende istintivamente al suo Creatore abbia nel tempo una conoscenza intuitiva di Lui e della Legge che a Lui conduce; e abbia nell'eternità il premio assegnato a coloro che vissero nell'amore e nella giustizia. 
   E, Figlio del Padre delle Luci, e Luce Divinissima Egli stesso, avendo ricevuto dal principio senza principio della sua generazione la proprietà di essere la Luce per ogni uomo che viene in questo mondo, Egli ogni uomo illumina perché veda il Signore, presente nelle molteplici meraviglie del Creato, e lo riconosca nella Voce risuonante nell'interno dell'uomo, nella misteriosa legge incisa dal dito di Dio sulle spirituali pagine dell'anima, nella coscienza, maestra che insegna, sprona, rattiene o rampogna. Misericordioso vestigio lasciato da Dio del dono di scienza perfetta dato ad Adamo perché sapesse distinguere il Bene dal Male, e freno messo all'io, non più fortificato dal dono dell'integrità, perduta come la scienza ai piedi dell'albero fatale, perché l'uomo, vedendo il Supremo Bene nel raggio dell'amorosa Luce Divina, sappia Quello volere e non altro, ed abbia così la gloria dei figli di Dio. 
   Il Verbo è Vita, il Verbo è Luce, essendo il Verbo Grazia. 
   E la Grazia è vita divina che si innesta alla vita umana, vita soprannaturale infusa a quella naturale per fare gli uomini capaci da vivere da figli di Dio e perciò partecipi della vita divina. 
   E la Grazia è raggio transeunte della divina Luce che penetra e inonda, venendo direttamente da Dio, e illumina l'uomo, perché possa conoscerlo intuitivamente, e lo accende, perché lo possa amare. Senza la deificazione ottenuta per mezzo della Grazia l'uomo non potrebbe comprendere ciò che tanto eccede le cose naturali e le capacità di comprensione della creatura naturale da essere l'Incomprensibile. Ma la Grazia, elevando l'uomo all'ordine soprannaturale, lo fa capace di comprendere l'Incomprensibile, di conoscere intuitivamente Dio, di amare Quegli che vuole essere chiamato "Padre" e vuole chiamare "figli" quelli ai quali ha dato per fine ultimo il godimento della visione beatifica di Lui e l'eredità del pacifico Regno dei Cieli. 
   Senza la misericordiosa ed inesauribile effusione della Luce della Vita, gli uomini vissuti nei millenni che vanno dalla Colpa alla Redenzione si sarebbero smarriti, ignorando l'esistenza certa di Dio, e sarebbero periti non essendo più mossi da amore. 
   Ma la vitale Luce misericordiosa, tenendo desto e illuminato nelle anime il ricordo di Dio, suscitò in esse l'anelito al Bene perduto, lo aiutò nel crescere, tanto più lo aiutò quanto più l'anima era istintivamente sitibonda di riunirsi alla Sorgente divina dalla quale era venuta, di modo che condusse e conduce sui sentieri della Vita i giusti, amanti di Dio, fosse Esso il Dio noto del Popolo ebreo, o l'ignoto Dio dei Gentili, o la divinità intuita essere dagli idolatri che adoravano, e adorano, come possono, ma ai quali non è mancato, e non manca per questo loro adorare, che è fede in un Dio esistente, ed è amore per esso, ed è pentimento per le violazioni alla legge morale naturale, l'aiuto misterioso di Dio. 
   Le misteriose operazioni di Dio nell'intimo delle anime solo Dio e quelli che le ricevono le conoscono. Ispirazioni, impulsi al bene, adorazioni ardenti, contrizioni perfette, creano, durante la vita terrena e sulle soglie dell'altra, per la misericordia di Dio e la buona volontà dell'uomo, prodigi di filiazione divina per i quali coloro che furono giusti e amanti, pur non essendo stati del Popolo eletto prima, del Popolo santo poi (i fedeli cattolici) possono far parte della moltitudine del Popolo di Dio, essendo, prima e dopo dell'avvento di Cristo in Terra, vissuti "dacristiani", parte perciò dell'anima della Chiesa di Cristo, e quindi "salvati" per i meriti di Lui.
   Né paia eresia. Come il Battista fu presantificato3 prima che nato fosse, ed ebbe la gloria prima dell'effusione del sangue di Cristo, ma sempre in vista di questa effusione del Sangue divino, del Sacrificio perfetto, della santità del Dio Uomo, altrettanto può darsi che uscendo dall'oscurità della vita terrena, dal seno della terra per nascere alla vita ultraterrena, per passare dalle tenebre del mondo materiale alla luce del mondo spirituale, coloro che mossi da buona volontà seguirono la legge del dovere morale, non per paura dei castighi umani, ma per impulso d'amore spirituale verso l'Immenso Spirito che il raggio di Dio ricordava all'anima ragionevole, abbiano diritto alla vita eterna e ne entrino in possesso, non potendosi pensare che Dio: il Giusto, il Misericordioso, la Carità infinita, il Padre di tutti gli uomini, possa lasciare senza premio coloro che se lo sono meritato. 
   Ma la Luce, splendente, con misericordia, durante i millenni dell'attesa, fu accolta da pochi giusti, mentre incompresa da troppi che erano "abissi informi e vuoti avvolti nelle tenebre"4, ossia sepolcri di spiriti uccisi dalla sfrenatezza dell'uomo carnale nel quale la concupiscenza triplice ha spento ogni luce, non solo divina ma anche ragionevole. 
   E come agli inizi della Creazione le tenebre che coprivano l'abisso informe e vuoto della Terra non compresero la bellezza, potenza e grandezza dell'elemento luce, principio indispensabile al formarsi del Creato, così altrettanto agli inizi della Redenzione e inizio s'ebbe dal principio dell'esistenza umana dell'uomo decaduto, pur essendo vero e reale inizio l'avvento del Cristo sulla Terra, e inizio più completo il tempo della sua predicazione, e inizio perfetto il dì di Parasceve le tenebre: gli uomini oscurati dalle concupiscenze, non compresero la Luce. 
   Non vollero comprenderla i libidinosi del censo e del potere. Non potevano comprenderla i sopraffatti dal senso. 
   Ma più per questi che per quelli Dio mandò un uomo senza peccato, il profetizzato dai Profeti come "angelo precorrente l'Angelo del Testamento", come "voce gridante nel deserto" dei cuori aridi di Grazia, come il Precursore inviato "a preparare le vie del Signore", ad invitare gli uomini a penitenza, perché si aprissero le orecchie del loro spirito ad intendere la Parola, e le pupille del loro spirito a vedere la vera Natura di Gesù di Nazaret: il Cristo. 
   Giovanni non era la Luce. Ma per la Grazia avuta mentre ancora era nel seno materno, e conservata con l'innocenza e penitenza perfette della vita, era in grado di vedere la Luce chiusa nella Carne dell'Uomo, e di testimoniare perciò che quell'Uomo era la Luce Vera discesa dal Cielo, mandata dal Padre ad illuminare ogni uomo, e che andava seguito credendo alla sua Verità per avere salvezza, accogliendo la sua Parola per essere accolti da Lui come suoi discepoli, ed essere così rigenerati figli di Dio. 
   Ma nonostante la testimonianza data da Giovanni al mondo d'Israele e al resto del mondo rappresentato dai Gentili presenti fortuitamente in Palestina nell'anno decimoquinto dell'Impero di Tiberio Cesare, le genti, che erano state fatte per mezzo del Verbo, non lo conobbero per ciò che Egli era. 
   Pochi, sui moltissimi, accettarono la testimonianza di Giovanni, la testimonianza degli avvenimenti connessi alla vita del Cristo, la testimonianza della sua vita e dei suoi miracoli, la testimonianza del Padre e dello Spirito Santo. I più non lo vollero conoscere. E quando Egli si volse particolarmente a quelli della sua Casa sua secondo il Sacerdozio, essendo Egli stato costituito dal Padre Sommo Sacerdote in eterno secondo l'ordine di Melchisedec, e sua secondo la nascita in Betlem Efrata non fu accolto. Ma anzi fu trattato come uno straniero, odiato come un nemico, accusato come un colpevole, proscritto come un ribelle, maledetto come un indemoniato, e infine imprigionato e consegnato al Proconsole perché fosse giudicato reo di morte come sovvertitore del popolo e bestemmiatore sacrilego, e trascinato a morire, mediante il supplizio infamante della croce, fuori delle mura della Città non più santa, come un ladrone omicida. 
   Ma a quelli che lo accolsero, allora e nei secoli, ai poveri di spirito, ai mansueti, a quelli che piangono, ai desiderosi di giustizia, ai misericordiosi, ai puri di cuore, ai pacifici, ai perseguitati, ai piccoli, ai pentiti, a quelli che lo amarono credendo nel suo vero Nome e accolsero in cuore la sua Parola e la sua Legge, Egli rivelò il Padre e il Regno, e quanto è da farsi per possederli, insegnò la Verità, comunicò la Vita, infuse la Grazia e le Virtù, instaurò in essi il regno luminoso di Dio, onde figli di Dio tornassero ad essere e con pieno diritto potessero essere così chiamati. 
   Di questi il Verbo, dopo essersi fatto loro Fratello nell'Umanità, si è fatto seno fecondo, accogliendoli nella sua amorosa e feconda immensità, incorporandoli a Sé perché essendo in Lui fossero nel Padre. 
   E dopo averli così ricreati da alla luce questi nuovi figli di Dio, li da con grida, lacrime e dolore della sua Umanità, con esultanza della sua Divinità, dicendo al Padre le perfette parole della sua orante e perpetua offerta: "Ecco, o Padre mio, questa tua nuova famiglia, il tuo popolo santo. Essi sono miei, perché Tu me li hai affidati, ma Io te li dono perché ogni cosa mia è tua, ed ogni cosa tua è mia. Te li dono perché ti glorifichino così come mi hanno glorificato riconoscendomi per quello che sono, accogliendo la tua Parola, credendo che Io vengo da Te e che Tu mi hai mandato. Ma in Me ancora li tengo perché Tu in Me: Gesù Cristo, li veda, così come già li vedesti dal principio in Me, Verbo Increato, ed essendo in Me, ancora una sol cosa con Te siano, così come Io sono in Te, e come Noi Due siamo una sola cosa"5
   Questa è la generazione dei figli di Dio. 
   Essi non sono figli per essere stati concepiti, formati e dati alla luce per voglia di carne e sangue d'uomo, ma vengono generati dallo Spirito, e spiritualmente, per la fede, la carità, la vita nel CristoVita. 
   Il Verbo Incarnato, Gesù, Luce del mondo, li da alla luce. Perciò da Dio sono nati essendo il Verbo un'Unica Cosa col Padre che genera per potenza d'amore infinito. 
   Ecco dunque che così come nell'eterna generazione del Verbo e nella sua Incarnazione nel tempo, il Fattore generativo fu l'Amore: prima di tutte le sue Perfezioni, la sua Perfezione di Natura dopo la quale tutte le altre poi vengono, anche nella rigenerazione dell'uomo è ancora l'amore la potenza che crea la ricreazione dell'uomo a figlio di Dio, la vita dell'uomo in Dio e il Regno di Dio nell'uomo, perché senza il divino amore non ci sarebbe stata la redenzione, e senza l'amore dell'uomo a Dio e alla sua Legge di carità non ci può essere unione con Dio, Dio nell'uomo e l'uomo in Dio. 
   Prima della venuta del Verbo il mistero di Dio era così nascosto che l'uomo aveva, da esso, ostacolo all'amare. Ma da quando l'eterno Verbo del Padre lasciò il Cielo per abitare, Uomo fra gli uomini, coi fratelli, l'ostacolo venne rimosso, perché lo splendore di Dio, la verità del suo Essere, la sua potenza, le sue perfezioni infinite, la sua misericordia e il suo amore, rifulsero agli occhi degli uomini essendo tutto gloriosamente manifesto nell'Unigenito Figlio del Padre, che dal Padre tutto aveva ricevuto, e manifestato con pienezza di Grazia e di Verità. 
   E non bastando ancora, ad abbattere totalmente l'ostacolo dell'incertezza sulle verità di Dio, la Parola Ss., il suo esempio, le sue opere, quelle opere che Egli compiva perché il Padre gli aveva commesso di compierle, non bastando la testimonianza del Padre data con la Voce e con il benedire del suo consenso ogni atto o richiesta del Figlio, ecco la parola dell'uomo venerato da Israele come Profeta grande tanto da essere creduto il Cristo: "Questi è Colui che, pur essendo venuto dopo di me, mi ha preceduto, perché è da prima di me". 
   E veramente "da prima" di ogni creatura è il Verbo, essendo stato generato avanti d'ogni creazione ed avendo il primato, anche come Figlio dell'Uomo, in ogni perfezione naturale e soprannaturale, Lui perfetto come Dio e perfetto come Uomo, superiore agli Angeli, uguale solo al Padre suo. 
   E per questa sua duplice perfezione di Dio e di Uomo tutti gli uomini hanno ricevuto, e riceveranno sino alla fine dei secoli, grazie d'ogni genere, oltre che la Grazia, necessaria per conseguire la gloria alla quale l'amoroso desiderio di Dio ha predestinato l'uomo. 
   Quanto la Luce Santissima: il Verbo, ha donato agli uomini, supera infinitamente quanto Mosè ottenne per gli uomini. Perché per Mosè l'uomo ottenne la Legge, ma dal Cristo gli uomini ottengono di potere praticare la Legge non per timore ma per amore, adorando così Iddio in spirito e verità. 
   Sono la Grazia e la Verità diffuse da Gesù Cristo che hanno fatto gli uomini sapienti di Dio, e perciò di Lui filialmente amorosi. 
   Perché tanto più si ama quanto più la cognizione è certa. Non si può amare chi non si sa di sicuro che esista e che accetti l'amore che gli è offerto. Tanto più si ama quando si è certi che colui che si ama ci ama, non il doppio né il centuplo, ma senza misura. 
   L'uomo d'Israele, per tradizione, l'uomo giusto d'ogni popolo per soprannaturale illuminazione, sentivano esservi una Divinità provvida, onnipotente, eterna, creatrice di tutte le cose naturali, e anche dell'anima immortale, e l'uomo d'Israele inoltre per fede attendeva anche il Messia promesso dall'inizio dei tempi. 
   Ma la carnalità dell'uomo decaduto dalla grazia aveva alterato l'idea messianica, e da spirituale quale era ne aveva fatto un'idea puramente umana. Per questo anche i migliori d'Israele avevano una cognizione molto parziale di Dio. Poco sapendo poco amavano. I migliori temendo eccessivamente il Dio terribile del Sinai. I peggiori irridendosi di Lui e della sua Legge, nonostante le pompose esibizioni di un culto tutto esterno. 
   E poco amando poco sentivano Dio nei loro cuori, credendosi perciò poco amati. E credendosi poco amati poco osavano tendere all'Amore che essi credevano soltanto Rigore di infinita Maestà. La loro mente non poteva concepire un amore divino grande sino ad immolarsi per l'amore dell'uomo e per il suo bene soprannaturale. 
   Ma Gesù Cristo, l'Unigenito Figlio di Dio, con la sua Parola e con le sue azioni, con tutto Sé stesso, ha rivelato il Signore nella sua Verità. 
   Egli, che lo conosce perfettamente perché è nel seno del Padre, ha svelato l'infinito amore di Dio che è giunto a dare il suo Unigenito perché fosse immolato per restituire la Grazia, ossia per dare Sé stesso agli uomini, per reintegrare gli uomini, discesi all'ordine naturale, nell'ordine soprannaturale. 
   Egli ancora, e per la Grazia e per la sua Parola, li ha tutti ammaestrati. Da Dio, come è detto dai profeti, perché tutti conoscessero il Tutto. E con tutta la sua vita di Figlio dell'Uomo, di Maestro e Redentore perché tutti conoscessero il Padre che è Dio ed è Padre universale. 
   A tutti quelli di buona volontà Gesù ha rivelato l'incomprensibile mistero di Dio. Tutto quanto è nascosto, dell'Incomprensibile Natura e delle sovraonnipotenti perfezioni divine, Gesù in Sé e per Sé lo rende visibile e cognito. 
   Solo quelli ostinati nell'impenitenza e nella superbia ribelle poterono e possono, dopo la manifestazione finale dell'Uomo-Dio, negare ancora di aver conosciuto Dio. Egli alla loro sarcastica domanda sempre risponde: "Sono il Principio che vi parlo" assicurando: "Per l'innalzamento del Figlio dell'Uomo voi conoscete chi sono" e questa assicurazione ha la sua conferma nei segni tremendi che accompagnarono la sua Morte e nella sua Risurrezione. 
   Né ha più scuse il perseverare dell'Umanità nella incredulità e ignoranza nate dall'odio. 
   Perché la Luce ha ormai balenato con tutta la sua potenza di Dio, rivelando il Dio Uno e Trino in tutta la sua onnipotenza, sapienza e bontà perfettissime, né quella Luce si offuscherà in eterno. 

   Dettato il 25 luglio 1948.


   
   
   1 Gv 1, 1-18

   2 Ez 1, 26

   3 Lc 1, 41

   4 Gen 1, 1-2

   5 Gv 17, 6-11

venerdì 8 luglio 2022

Elenco degli speciali: LA VITA DI JOSEPH RATZINGER, parte seconda (a cura...

Elenco degli speciali: LA VITA DI JOSEPH RATZINGER, parte seconda (a cura...: Grazie alla nostra Gemma (di nome e di fatto) possiamo leggere la seconda parte della biografia di Papa Benedetto. Ancora un ringraziament...

LA VITA DI JOSEPH RATZINGER

 

LA VITA DI JOSEPH RATZINGER, parte prima (a cura di Gemma)


LA VITA DI JOSEPH RATZINGER, parte seconda

LA VITA DI JOSEPH RATZINGER, parte terza

LA VITA DI JOSEPH RATZINGER, parte quarta

LA VITA DI JOSEPH RATZINGER, parte quinta

LA VITA DI JOSEPH RATZINGER, parte sesta

LA VITA DI JOSEPH RATZINGER, parte settima (a cura di Gemma)

Il Papa ricorda la sua giovinezza: "Nella biografia della mia vita - nella biografia del mio cuore, se così posso dire - la città di Frisinga ha un ruolo molto speciale. In essa ho ricevuto la formazione che da allora caratterizza la mia vita. Così, in qualche modo questa città è sempre presente in me e io in lei" (Commovente discorso in occasione del conferimento della cittadinanza onoraria di Frisinga, 16 gennaio 2010)

Ratzinger: "Il mio Concilio: ricordi dell'attuale Pontefice" (Reset e Repubblica)

Joseph Ratzinger presenta se stesso: discorso di Presentazione alla Pontificia Accademia delle Scienze

Joseph Alois Ratzinger nasce in Baviera nella diocesi di Passau, a Marktl an Inn , il 16 aprile 1927 alle 4.15, Sabato Santo, da Joseph e Maria.

Viene battezzato il mattino successivo con l’acqua appena benedetta della “notte pasquale”. Come ricorda nella sua biografia, “La mia vita” , l’essere il primo battezzato della nuova acqua è sempre stato per lui un segno di benedizione, “un importante segnale premonitore di una vita fin dall’inizio immersa nel mistero pasquale”.
Indiscrezione della stampa tedesca, vuole che i genitori si siano conosciuti con l’aiuto di un annuncio pubblicato dal padre Joseph su una rivista cattolica. La madre Maria, ex cuoca, ha origini sud-tirolesi. Il padre viene descritto come uomo severo ma giusto, severità compensata dalla calorosa cordialità della mamma Maria.
Ha due fratelli, Maria e Georg, più grandi rispettivamente di 5 e 3 anni.
Marktl si trova vicinissimo ad Altotting, l'antico santuario mariano risalente all'epoca carolingia, luogo di grandi pellegrinaggi per la Baviera e l'Austria occidentale.
Il padre, gendarme, nei dieci anni successivi, deve spesso trasferirsi e, come dice lui stesso, “non è per nulla facile dire dove io sia di casa”.
Solo due anni dopo, si stabilisce a Tittmoning, piccola città sul Salzach, il cui ponte fa anche da confine con l’Austria (“Tittmoning, dall’architettura così marcatamente salisburghese, è rimasto il paese dei sogni della mia infanzia”).Di quel periodo racconta: “sentivamo che il nostro sereno mondo infantile non era affatto incastonato in un paradiso. Nelle adunanze pubbliche, mio padre doveva intervenire sempre più di frequente contro le violenze dei nazisti. Sentivamo molto chiaramente l’enorme preoccupazione che gravava su di lui e che egli non riusciva a scrollarsi di dosso nemmeno nei piccoli gesti di ogni giorno”. Così alla fine del 1932, dal momento che a Tittmoning si era esposto parecchio, decide di trasferirsi ad Aschau sull’Inn. A Tittmoning il piccolo Joseph riceve la Cresima dalle mani del Cardinale Michael Faulhaber, Arcivescovo di Monaco. Alla vista del porporato il cresimando Ratzinger disse: «Anch’io, un giorno, diventerò cardinale!». Il fratello Georg, pero', smorzo' subito quella frase che si sarebbe rivelata profetica: «Vabbè, due settimane fa volevi fare l’imbianchino!».

Ad Aschau la famiglia Ratzinger abita nel primo piano della villa di un contadino con annesso giardino e stagno dove il piccolo Joseph mentre gioca sta quasi per annegare.
La vita della famiglia procede secondo i ritmi della locale comunità cattolica e sempre presente e vivo è, fin dall’infanzia, l’interesse per la liturgia che accompagnerà Joseph Ratzinger per tutta la vita (”l’inesauribile realtà della liturgia cattolica mi ha accompagnato attraverso tutte le fasi della mia vita”…“ogni nuovo passo che mi faceva entrare più profondamente nella liturgia era per me un grande avvenimento”) .
Nel 1937, in seguito al pensionamento del padre, la famiglia si trasferisce a Traunstein , località a 30 km da Salisburgo, diventato in pratica il suo vero paese d’origine.
Il fratello Georg sviluppa grande passione per la musica e per primo entra in seminario, Maria frequenta la scuola media delle francescane, il piccolo Joseph fa spesso lunghe passeggiate col padre al quale in quel periodo si avvicina di più.
I bambini a casa durante i giochi si immedesimano spesso nella parodia del sacerdote e un aneddoto riportato in una biografia vuole che durante una “processione” prendano accidentalmente fuoco le trecce della sorella.
Nel 1939, su consiglio del parroco, entra anche lui nel seminario di Traunstein. Della fase iniziale di quell’esperienza dice: “ io sono tra quelle persone che non sono fatte per la vita in internato. A casa avevo vissuto e studiato in grande libertà, così come volevo, costruendomi un mio mondo infantile. Trovarmi a contatto in una sala studio con circa sessanta altri ragazzi era per me una tortura”, così come le due ore di sport odierne, essendo poco dotato per le attività sportive , più piccolo d’età e nettamente inferiore per forza fisica di tutti gli altri.
E’ il primo della classe ma non è malvisto dai compagni perché li lascia copiare. Legge "con fervore Goethe, Schiller gli appare un po' troppo moralista", scrive poesie sulla vita quotidiana e la natura e da lezioni di recupero.
Nello stesso anno, a settembre, scoppia la guerra e nel 1943, a 16 anni, insieme agli altri seminaristi della sua classe, viene reclutato nei servizi di contraerea a Monaco (“è quasi superfluo ricordare che il periodo trascorso presso la contraerea causò delle situazioni imbarazzanti, soprattutto per un individuo così poco incline alla vita militare come me”) e alla fine assegnato ai servizi telefonici e dispensato dalle esercitazioni militari. Nel settembre 44 viene congedato ma, a casa, trova la chiamata al servizio lavorativo del Reich. (“Quelle settimane di servizio lavorativo sono rimaste nella mia memoria come un ricordo opprimente”. I superiori sono in gran parte provenienti dalla cosiddetta Legione Austriaca, “persone fanaticamente ideologizzate, che ci tiranneggiavano con violenza”. Racconta di essersi salvato in quel periodo dall’arruolamento volontario dichiarando insieme a qualcun altro, di essere intenzionato a diventare sacerdote cattolico. (“Venimmo coperti di scherni e insulti e ricacciati indietro, ma queste umiliazioni ci erano molto gradite, dal momento che ci liberavano dalla minaccia di questo arruolamento falsamente volontario e da tutte le sue conseguenze”). Sospesi i lavori, viene rimandato a casa ma di lì a poco arriva la chiamata alle armi con destinazione alla caserma di fanteria di Traunstein per il corso di addestramento. Da lì il trasferimento a varie località nei dintorni, anche se viene più volte esonerato dal servizio per malattia.
Durante l'arruolamento forzato, non sparo' mai nemmeno un colpo anche a causa di una ferita al pollice della mano sinistra, la cui cicatrice è tuttora visibile.
Secondo una biografia di un autore tedesco il giovane Ratzinger rischio' di morire di setticemia per quel taglio. Il medico militare consiglio' l'amputazione del dito, ma, grazie soprattutto alle cure della madre, non fu necessario procedere all'operazione.
Alla fine di aprile del 45 diserta e torna a casa ma all’arrivo degli americani, identificato come soldato, viene internato come prigioniero di guerra. Di quei giorni ricorda: “mi infilai in tasca un grosso quaderno e una matita – una scelta apparentemente poco pratica, mentre in realtà, quel quaderno si rivelò per me una meravigliosa compagnia, poiché, giorno dopo giorno, vi potei segnare pensieri e riflessioni di ogni genere; arrivai persino a cimentarmi con la composizione di esametri greci”. A giugno, viene rilasciato in libertà e torna a casa (“la Gerusalemme celeste in quel momento non mi sarebbe potuta apparire più bella”) e col ritorno anche del fratello Georg si ricostituisce l’unità familiare. (“I mesi successivi in cui potemmo gustare la ritrovata libertà , che ora avevamo imparato a stimare nel suo giusto valore, sono tra i più bei ricordi della mia vita”).
In quel periodo, insieme ad altri, partecipa con entusiasmo alla ricostituzione del seminario semidistrutto, adibito ad ospedale militare e comincia ad appassionarsi allo studio della teologia (“di libri, nella Germania distrutta ed economicamente prostrata, non era possibile acquistarne. Ma dal parroco e in seminario potevamo ricevere qualcosa in prestito, cercando così di muovere i primi passi sul terreno sconosciuto della teologia e della filosofia”)

AMDG et DVM