sabato 12 marzo 2022

21. L’umana pietà e “La Pietà” - AVE MARIA PURISSIMA! -21.

 

21.

L’umana pietà e “La Pietà”

 

“La sofferenza, come spada crudele,  ferisce sul Calvario il Cuore della Vergine Maria, ...perché ai figli impetrasse ptù copiosi i frutti del Sócrificio”.

Liturgia, Prefazio d. B.V.M.

 

Alla lanciata del legionario romano Longino seguì immediatamente il commovente episodio della deposizione di Gesù morto.

Un uomo ricco di Arimatea, di nome Giuseppe, membro distinto del Consiglio, uomo buono che aspettava il Regno di Dio, andò da Pilato e chiese il corpo di Gesù.


Pilato si meravigliò che fosse già morto e, chiamato il centurione, gli domandò se era già morto e, avendolo saputo dal centurione, donò il cadavere a Giuseppe.

Giuseppe di Arimatea, munito di questa ufficiale autorizzazione, si portò subito al Calvario, dopo aver comperato in tutta fretta una sindone nuova ossia un lenzuolo bianco per avvolgervi il cadavere dell’amico e seppelirLo secondo l’usuale rito dei Giudei.


Nel pietoso ufficio si unì a lui anche Nicodemo, che precedentemente era andato da Gesù di notte. Egli portò una mistura di mirra e aloe in quantità considerevole: circa cento libbre, equivalente a trentatré chilogrammi circa.

Giunti velocemente al Calvario, con umana pietà e aiutati dall’Apostolo Giovanni, calarono giti dalla croce l’amato Maestro.


Il loro Gesù fu deposto dal patibolo, L’adagiarono in grembo e tra le braccia materne di Maria: su quel seno e tra quelle braccia che L’avevano portato e servito come nessùn’altra creatura; quelle braccia tra le quali aveva preso un tranquillo riposo; su quel Cuore che aveva sempre e interamente palpitato per Lui.

“Il popolo cristiano, dal sentimento così vivo e penetrante, ha denominato “Pietà” il gruppo della Madre che sostiene sulle sue ginocchia e tra le sue braccia l’esangue spoglia del Figlio.


La Pietà! È necessario confessare che non si poteva trovare un termine più espressivo, poiché nessun altro spettacolo, come quello, è atto a destare nei cuori un senso di viva pietà per le due grandi vittime del genere umano. (G.Roschini)

Il dolore di Maria Santissima fu un dolore gigante, insuperabile, che toccava il Cielo con la cima e 1’inferno con le radici.


Se Ella rimase viva sotto la Croce, con il Cuore lacerato e l’Anima trafitta, fu per un puro miracolo d’Amore. Soltanto l’Amore per Gesù e per noi La sostenne in tanta amarezza.

Ora che Gesù è di nuovo tra le sue braccia, un torrente di calde lacrime scende sulle membra gelide e straziate.

Ma giunse il momento di separarsi dalla salma del Figlio. E' l’ora dell’offerta 

totale. Ed Ella la compie solenne, e prega. Dopo un ultimo bacio d’addio, 

piangendo forte, lascia che si compiano le operazioni per seppellirLo.


Il corpo di Gesù, avvolto in un robusto lenzuolo, e trasportato in luogo adatto, venne lavato e subito imbalsamato con oli e unguenti fortemente aromatici, secondo l’usanza di seppellire dei Giudei. In fretta (ancora con tracce di sangue) fu adagiato nella sindone nuova e poi avvolto/fasciato da bende.

La tarda ora non permetteva un’operazione più lenta ed efficace. La Pasqua stava per iniziare, e non s’accorgevano - fuorché la Vergine Madre - che ormai era iniziata la vera Pasqua, fondata sull’unione dell’IMMACOLATO AGNELLO e l’umanità.


Lì vicino vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, dove nessuno era stato deposto ancora; ivi trasportarono Gesù e Lo deposero sulla gelida pietra della tomba scavata nella roccia.

Poi rotolarono la pietra circolare davanti all’apertura del sepolcro. “C’era lì Maria Maddalena e Maria madre di Giuseppe, che osservarono ogni cosa e videro come era stato deposto il corpo di Gesù”.

Fu qui che esplose lo strazio della più perfetta tra le madri, la quale si vide separata 

da ciò che era rimasto del suo unico Figlio e che sapeva e credeva fermamente 

che sarebbe risorto di lì a poche ore.




È IL GRANDE DOLORE DI MARIA Santissima Corredentrice, l’ultimo, angosciante crudele per un Cuore di Madre come il suo.

Nessuna cosa trattiene quel pianto. Ella piange soprattutto per i cuori degli uomini morti a Gesù. Quanti cuori che, come pietre più fredde di quella del sepolcro, accoglieranno Gesù! Quanti Sacramenti ricusati, quanti Giuda nei secoli, quanti cristiani senza vitalità, cristiani solo di nome ma con 1’anima profanata!

Per prendere con coraggio la nostra parte di sofferenze, come buoni soldati di Cristo (cf 2 Tm 2,3), occorre meditare frequentemente quel che l’Apostolo Pietro ha scritto: “Comportatevi con timore nel tempo del vostro pellegrinaggio. Voi sapete che non a prezzo di cose corruttibili, come l’argento e l’oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta ereditata dai vostri padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, come di agnello senza difetti e senza macchia” (1 Pt 1, 17b-19).


“ ...Se facendo il bene sopporterete con pazienza la sofferenza, ciò sarà gradito davanti a Dio. 

A questo infatti siete stati chiamati, poiché anche Cristo patì per voi, lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme: 

Egli non commise peccato e non si trovò inganno sulla sua bocca, oltraggiato non rispondeva con oltraggi, e soffrendo non minacciava vendetta, ma rimetteva la sua causa a Colui che giudica con giustizia.

Egli portò i nostri peccati nel suo corpo, sul legno della croce, perché non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia; dalle sue piaghe siete stati guariti.

Eravate come pecore erranti, ma ora siete tornati al pastore e guardiano delle vostre anime” (1 Pt 2, 20 b 25).



“O dolcissimo Signore Gesù Cristo, 

degnaTi, Ti supplico, di fortificarmi, 

proteggermi e difendermi con la Tua Passione; 

con le Tue Piaghe nutrimi,  inebriami e rallegrami; 

1’aspersione del Tuo Sangue mi liberi da tutti i miei peccati; 

la Tua morte e la Tua Croce siano per me vita e gloria eterne. 

In queste cose io trovi la delizia, la gioia, 

la salute e la dolcezza del mio cuore. 

Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen” 

(Messale Romano).



Salve Regina Mater Misericordiae

 

Parte prima

CAPITOLO I.- Salve, Regina, Mater misericordiae.

§ 1. - Quanta dee esser la nostra confidenza in Maria, per esser ella regina della misericordia.

Poiché la gran Vergine Maria fu esaltata ad esser madre del Re de' regi, con giusta ragione la S. Chiesa l'onora, e vuole che da tutti sia onorata col titolo glorioso di regina. Se il figlio é re, dice sant'Atanasio (Serm. de Deip.), giustamente la madre dee stimarsi e nominarsi regina: Si ipse rex est qui natus est de Virgine, mater quae eum genuit, regina et domina proprie ac vere censetur.1 Sin da che Maria, soggiunge S. Bernardino da Siena, diede il suo consenso in accettare d'esser madre del Verbo eterno, sin d'allora meritò di esser fatta la regina del mondo e di tutte le creature: Haec autem Virgo in illo consensu meruit primatum orbis, dominium mundi, sceptrum regni super creaturas (Tom. II, s. 51).2 Se la carne di Maria, discorre S. Arnoldo abbate, non fu divisa da quella di Gesù, come poi dalla monarchia del figlio può esser separata la madre? Neque a dominatione Filii mater potest esse seiuncta. Una est Mariae et Christi caro. Ond'è che dee giudicarsi la gloria del regno non solo esser comune tra la madre e 'l Figlio,


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ma ben anche la stessa: Filii gloriam cum matre non tam communem iudico, quam eamdem (S. Arn., de Laud. Virg.).3

E se Gesù è re dell'universo, dell'universo ancora è regina Maria. Regina constituta, totum iure possidet Filii regnum (Ruperto abbate).4 Sicché, dice S. Bernardino da Siena, quante sono le creature che servono a Dio, tante debbono ancora servire a Maria; giacche gli angeli, gli uomini e tutte le cose che sono nel cielo e nella terra, essendo soggette all'impero di Dio, son anche soggette al dominio della Vergine: Tot creaturae serviunt gloriosae Virgini, quot serviunt Trinitati; omnes namque creaturae, sive angeli, sive homines, et omnia quae sunt in caelo et in terra, quia omnia sunt divino imperio subiecta, gloriosae Virgini sunt subiectae (To. II, cap. 61).5 Quindi rivolto alla divina Madre Guerrico abbate, così le parla: Perge, Maria, perge secura in bonis Filii tui, fiducialiter age tamquam regina, mater regis et sponsa; tibi debetur regnum et potestas:6 Siegui dunque, o Maria, siegui sicura a dominare, disponi pure ad arbitrio de' beni del tuo Figlio, mentr'essendo madre e sposa del re del mondo, si dee a te, come regina, il regno e 'l dominio sopra tutte le creature.

Regina dunque è Maria; ma sappia ognuno, per comun consolazione, ch'ella è una regina tutta dolce, clemente, ed inclinata


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al bene di noi miserabili. Perciò la santa Chiesa vuole che noi la salutiamo in questa orazione e la chiamiamo Regina della misericordia. Il nome stesso di regina, come considera il B. Alberto Magno, significa pietà e provvidenza verso de' poveri; a differenza del nome d'imperatrice, che significa severità e rigore.7 La magnificenza dei re e delle regine consiste nel sollevare i miserabili, dice Seneca: Hoc reges habent magnificum, prodesse miseris.8 Sicché dove i tiranni nel regnare han per fine il proprio bene, i regi debbono aver per fine il bene de' vassalli. Ond'è, che nella consagrazione de' re si ungono le loro teste con olio, simbolo di misericordia, per dinotare ch'essi in regnando debbono sopra tutto nudrire pensieri di pietà e beneficenza verso de' sudditi.

Debbono dunque i regi principalmente impiegarsi nelle opere di misericordia; ma non talmente che si dimentichino di usar la giustizia verso de' rei, quando si dee. Non così Maria, la quale, benché regina, nulladimeno non è regina della giustizia, intenta al castigo de' malfattori, ma regina della misericordia, intenta solo alla pietà ed al perdono de' peccatori. E perciò la Chiesa vuole che espressamente la chiamiamo regina della misericordia. Considerando il gran cancelliere di Parigi Giovan Gersone le parole di Davide: Duo haec audivi, quia potestas Dei est, et tibi, Domine, misericordia (Ps. LXI, 12), dice che, consistendo il regno di Dio nella giustizia e nella misericordia, il Signor l'ha diviso: il regno della giustizia se l'ha riserbato per sé, e 'l regno della misericordia l'ha ceduto a Maria, ordinando che tutte le misericordie che si dispensano agli uomini passino per mano di Maria, ed a suo arbitrio si dispensino. Ecco le parole di Gersone: Regnum Dei consistit in potestate et misericordia: potestate Deo remanente, cessit quodammodo misericordiae


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pars Matri regnanti (Pars III, tr. 4, sup. Magn.).9 E lo conferma S. Tommaso nella prefazione all'Epistole canoniche, dicendo che la S. Vergine, allorché concepì nel seno il divin Verbo e lo partorì, ottenne la metà del regno di Dio, con divenir ella la regina della misericordia, e restando Gesù Cristo re della giustizia: Quando Filium Dei in utero concepit, et postmodum peperit, dimidiam partem regni Dei impetravit, ut ipsa sit regina misericordiae, ut Christus est rex iustitiae.10

L'Eterno Padre costituì Gesù Cristo re di giustizia, e perciò lo fe' giudice universale del mondo; onde cantò il Profeta: Deus, iudicium tuum regi da, et iustitiam tuam filio regis (Ps. LXXI, 2). Qui ripiglia un dotto interprete, e dice: Signore, voi avete dato al vostro Figlio la giustizia, quia misericordiam tuam dedisti matri regis.11 Onde S. Bonaventura ben volta il


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suddetto passo di Davide con dire: Deus, iudicium tuum regi da, et misericordiam tuam Matri eius.12 Così parimente l'arcivescovo di Praga Ernesto dice che l'Eterno Padre ha dato al Figlio l'officio di giudicare e punire, ed alla Madre l'officio di compatire e sollevare i miserabili: Pater omne iudicium dedit Filio, et omne officium misericordiae dedit Matri.13 Che perciò predisse lo stesso profeta Davide che Dio stesso, per così dire, consacrò Maria per regina di misericordia ungendola con olio di allegrezza: Unxit te Deus... oleo laetitiae (Ps. XLIV, [8]). Acciocché tutti noi miseri figli di Adamo ci rallegrassimo in pensando di aver in cielo questa gran regina tutta piena d'unzione di misericordia e di pietà verso di noi, come dice S. Bonaventura: Maria plena unctione misericordiae et oleo pietatis, propterea unxit te Deus oleo laetitiae (S. Bon., in Spec., cap. 7).14

Ed a tal proposito quanto bene si applica dal B. Alberto Magno l'istoria della regina Ester, la quale fu già figura della nostra regina Maria.15 Si legge nel libro d'Ester al cap. IV che, regnando Assuero, usci ne' suoi regni un decreto, con cui si ordinava la morte di tutti i Giudei. Allora Mardocheo, che era uno de' condannati, raccomandò la lor salute ad Ester, acciocché si fosse interposta col re, affin di ottenere la rivocazione della sentenza. Sul principio Ester ricusò di fare quest'officio, temendo di sdegnare maggiormente Assuero. Ma la riprese Mardocheo, e le mandò a dire ch'ella non pensasse a salvare solo se stessa, mentre il Signore l'avea posta sul trono per ottenere a tutti i Giudei la salute: Ne putes, quod animam tuam tantum liberes, quia in domo regis es prae cunctis Iudaeis (Esth. IV, 13). Così disse Mardocheo alla regina Ester, e così ancora


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possiamo dir noi poveri peccatori alla nostra regina Maria, se mai ella ripugnasse d'impetrarci da Dio la liberazione del castigo giustamente da noi meritato. Ne putes, quod animam tuam tantum liberes, quia in domo regis es prae cunctis hominibus: Non pensate, Signora, che Dio vi abbia esaltata ad essere la regina del mondo solo per provvedere al vostro bene, ma acciocché ancora voi, fatta sì grande, possiate più compatire e meglio soccorrere noi miserabili.

Assuero, allorché vide Ester alla sua presenza, le domandò con amore che cosa fosse ella venuta a cercargli: Quae est petitio tua? Rispose allor la regina: Si inveni gratiam in oculis tuis, o rex, ... dona mihi... populum meum pro quo obsecro.16 Mio re, gli disse, se mai ho trovata grazia negli occhi tuoi, donami il popolo mio, per cui ti prego. Ed Assuero l'esaudì, subito ordinando che si rivocasse la sentenza.

Or se Assuero accordò ad Ester, perché l'amava, la salute de' Giudei, come Dio potrà non esaudire Maria, amandola egli immensamente, allorch'ella lo prega per li miseri peccatori che a lei si raccomandano, e gli dice: Si inveni gratiam in oculis tuis, o rex: Mio re e Dio, se mai ho trovato grazia appresso di voi - ma ben sa la divina Madre essere stata ella la benedetta, la beata, la sola fra tutti gli uomini a trovare la grazia dagli uomini perduta; ben sa esser ella la diletta del suo Signore, amata più che tutti i santi ed angeli insieme - dona mihi popolum meum, pro quo obsecro. Se mai mi ami, gli dice, donami, Signore, questi peccatori per cui ti supplico. È possibile che Dio non l'esaudisca? E chi non sa la forza che hanno appresso Dio le preghiere di Maria? Lex clementiae in lingua eius (Prov. XXXI, [26]). Ogni sua preghiera è come una legge stabilita dal Signore, che s'usi misericordia a tutti coloro, per cui intercede Maria.

Domanda S. Bernardo, perché la Chiesa nomina Maria Regina di misericordia? E risponde, perché noi crediamo ch'ella apre l'abisso della misericordia di Dio a chi vuole, quando vuole e come vuole; si che non vi è peccatore, per enorme che sia, il quale si perda, se Maria lo protegge: Quod divinae pietatis abyssum cui vult, quando vult, et quomodo vult, creditur aperire; ut nemo tam enormis peccator pereat,


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cui Sancta sanctorum patrocinii suffragia praestat (S. Bern., in Salve Reg.).17

Ma forse poi possiamo noi temere che Maria sdegni d'interporsi per alcun peccatore, perché lo vegga troppo carico di peccati? O forse ci dee atterrire la maestà e la santità di questa gran regina? No, dice S. Gregorio, quanto ella è più alta e più santa, tanto è più dolce e pietosa co' peccatori, che vogliono emendarsi e a lei ricorrono: Maria quanto altior et sanctior, tanto clementior et dulcior circa conversos peccatores (Lib. I, ep. 47).18 - I re e le regine colla maestà che ostentano danno terrore, e fan che i sudditi temano di andare alla loro presenza. Ma che timore, dice S. Bernardo, possono avere i miserabili di andare a questa regina della misericordia, poich'ella niente dà a conoscere di terribile o d'austero a chi va a ritrovarla, ma si dimostra tutta dolcezza e cortesia? Quid ad Mariam accedere trepidat humana fragilitas? Nihil austerum in ea, nihil terribile; tota suavis est, omnibus offerens lac et lanam (Super Sign. Magn.).19 Maria non solo dona, ma ella stessa offerisce a tutti noi latte e lana: latte di misericordia


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per animarci alla confidenza, e lana di rifugio per ripararci da' fulmini della divina giustizia.

Narra Svetonio di Tito imperatore che egli non sapea negare alcuna grazia a chiunque gliela domandava; anzi che alle volte esso prometteva più di quello che poteva attendere, e rispondeva a chi di ciò l'ammoniva, che 'l principe non doveva mandare scontento niuno di coloro che avesse già ammesso a parlargli.20 Tito così diceva; ma in fatti poi spesso forse o mentiva o mancava alle promesse. Ma la nostra regina non può mentire, e può ottener quanto vuole a' suoi divoti. Ella poi ha un cuore così benigno e pietoso, che non può soffrire di mandare scontento chiunque la prega: Ita benigna est, dice Lud. Blosio (l. IV, c. 12), ut neminem tristem redire sinat.21 - Ma come, le parla S. Bernardo, voi potreste, o Maria, ricusare di soccorrere i miserabili, quando voi siete la regina della misericordia? E chi mai sono i sudditi della misericordia, se non i miseri? Tu es regina misericordiae, et qui subditi misericordiae, nisi miseri? Tu regina misericordiae, et ego miserrimus peccator, subditorum maximus. Rege nos ergo, o regina misericordiae (In Salv. Reg.).22 Voi siete la regina della


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misericordia, ed io il peccatore più misero di tutti: dunque s'io sono il più grande de' vostri sudditi, voi dovete aver più cura di me che di tutti gli altri. Abbiate dunque pietà di noi, o regina della misericordia, e pensate a salvarci.

Né ci state a dire, o Vergine sacrosanta, par che le soggiunga S. Gregorio Nicomediense, che non potete aiutarci per la moltitudine de' nostri peccati, perché voi avete una tal potenza e pietà, che niun numero di colpe può mai superarle: Habes vires insuperabiles, ne clementiam tuam superet multitudo peccatorum. Nihil tuae resistet potentiae; tuam enim gloriam Creator existimat esse propriam (Or. de exitu B.V.):23 Niente resiste alla vostra potenza, poiché il vostro e comun Creatore, onorando voi che gli siete madre, stima come sua la gloria vostra. Et Filius in ea exsultans, quasi exsolvens debitum, implet petitiones tuas. E vuol dire che sebbene Maria ha un infinito obbligo al Figlio per averla destinata sua madre, nulladimanco non può negarsi che anche il Figlio è molto obbligato a questa Madre per avergli dato l'essere umano; onde Gesù, quasi per ricompensare quanto dee a Maria, godendo della sua gloria, l'onora specialmente con esaudire sempre e tutte le sue preghiere.

Quanta dunque dee esser la nostra confidenza in questa Regina, sapendo quanto ella è potente con Dio, ed all'incontro


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è ricca e piena di misericordia, in modo che non vi è persona che viva sulla terra, e non sia partecipe della pietà e de' favori di Maria. Così rivelò la stessa beata Vergine a S. Brigida (Rev. lib. I, cap. 6). Io sono, le disse, la regina del cielo e la madre della misericordia; io sono l'allegrezza de' giusti e la porta per introdurre i peccatori a Dio. Né vi è nella terra peccatore che viva e sia così maledetto, che sia privato della misericordia mia; poiché ciascuno, se altro non ricevesse per la mia intercessione, riceve la grazia di esser meno tentato da' demoni di quel che altrimenti sarebbe: Ego regina caeli, ego mater misericordiae: ego iustorum gaudium, et aditus peccatorum ad Deum. Nullus est adeo maledictus, qui quamdiu vivit careat misericordia mea; quia propter me levius tentatur a daemonibus, quam alias tentaretur.24 Niuno poi, soggiunse, purché non sia stato affatto maledetto - cioè s'intende colla finale e irrevocabil maledizione che si dà a' dannati - niuno, disse, è così discacciato da Dio, che, se m'abbia invocata in suo aiuto, non ritorni a Dio e goda della sua misericordia: Nullus est ita abiectus a Deo, nisi fuerit omnino maledictus, qui, si me invocaverit, non revertatur ad Deum et habiturus sit misericordiam.25 Io sono chiamata da tutti la madre della misericordia, e veramente la misericordia di Dio verso gli uomini mi ha fatta così misericordiosa verso di loro: Ego vocor ab omnibus mater misericordiae, et vere misericordia illius misericordem me fecit. E poi concluse dicendo: Ideo miser erit, qui ad misericordem, cum possit, non accedit:26 Perciò sarà misero e misero per sempre nell'altra vita chi in questa potendo ricorrere a me, che sono così pietosa con tutti e tanto desidero di aiutare i peccatori, misero non ricorre e si danna.

Ricorriamo dunque, ma ricorriamo sempre a' piedi di questa dolcissima regina, se vogliamo sicuramente salvarci; e se ci spaventa e ci disanima la vista de' nostri peccati, intendiamo


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che Maria a tal fine è stata fatta regina della misericordia, per salvare colla sua protezione i peccatori più grandi e più perduti che a lei si raccomandano. Questi hanno da essere la sua corona in cielo, secondo le disse il suo divino sposo: Veni de Libano, sponsa mea, veni de Libano, veni, coronaberis... de cubilibus leonum, de montibus pardorum (Cant. IV).27 E chi mai sono questi covili di fiere e mostri, se non i miseri peccatori, l'anime de' quali diventano covili di peccati, mostri i più deformi che possano trovarsi? Or di questi miserabili peccatori appunto, come commenta Ruperto abbate, salvati per vostro mezzo, o gran regina Maria, sarete poi coronata in paradiso: giacché la loro salute sarà la corona vostra; corona ben degna e propria d'una regina della misericordia: De talium leonum cubiculis tu coronaberis. Eorum salus corona tua erit (Rup., Vid. l. 3, in Cant.).28

E a tal proposito leggasi il seguente esempio.

Esempio..

Narrasi nella Vita di Suor Caterina di S. Agostino che nel luogo dove stava questa serva del Signore, vi stava una donna chiamata Maria, la quale in gioventù fu peccatrice, e


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ridotta poi alla vecchiezza seguiva ostinatamente ad essere perversa; tantoché discacciata da' cittadini, e confinata a vivere in una grotta fuor del suo paese, ivi morì mezza fracida, abbandonata da tutti e senza sacramenti, e perciò fu sepolta in campagna come bestia. E Suor Caterina, la quale solea con grande affetto raccomandare a Dio tutte le anime di coloro che trapassavano all'altra vita, dopo aver saputa la morte disgraziata di questa povera vecchia, affatto non pensò a pregare per essa, tenendola, come già la tenevano tutti, per dannata.

Passati quattro anni, ecco un giorno se le presentò innanzi un'anima purgante, che le disse: Suor Caterina, che mala sorte è la mia? Tu raccomandi a Dio le anime di tutti coloro che muoiono, e dell'anima mia solamente non hai avuto pietà? E chi sei tu? disse la serva di Dio. Io sono, rispose, quella povera Maria che morì nella grotta. E come, tu sei salva? ripigliò Suor Caterina. Sì, sono salva, disse, per misericordia di Maria Vergine. E come? Quand'io mi vidi vicina al punto della morte, mirandomi così piena di peccati e abbandonata da tutti, mi voltai alla Madre di Dio, e le dissi: Signora, voi siete il rifugio degli abbandonati; ecco in questo punto io sono abbandonata da tutti; voi siete l'unica speranza mia, voi sola mi potete aiutare, abbiate pietà di me. La S. Vergine mi ottenne un atto di contrizione, morii, e mi salvai; ed ella ancora la mia regina mi ha ottenuta la grazia che la pena mia si abbreviasse, facendomi patire intensivamente quello ch'io avrei dovuto purgare per molti più anni; solo vi bisognano alcune Messe per liberarmi dal purgatorio. Ti prego a farmele dire, ch'io ti prometto di pregare poi sempre Dio e Maria per te.

Suor Caterina subito le fe' celebrar le Messe; ed ecco di nuovo le comparve quell'anima, fra pochi giorni, più luminosa del sole, che le disse: Ti ringrazio, Caterina, ecco già me ne vado al paradiso a cantare le misericordie del mio Dio, ed a pregare per te.29


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Preghiera.

O Madre del mio Dio e mia signora Maria, qual si presenta ad una gran regina un povero impiagato e schifoso, io mi presento a voi, che siete la regina del cielo e della terra. Dall'alto trono in cui sedete, non isdegnate, vi prego, di girare i vostri occhi verso di me povero peccatore. Già Dio vi ha fatta sì ricca per sovvenire i poveri, e vi ha costituita regina della misericordia, acciocché possiate sollevare i miserabili. Guardatemi dunque, e compatitemi. Guardatemi, e non mi lasciate, se non mi cambiate da peccatore in santo.

Vedo bene che io non merito niente, anzi che meriterei per la mia ingratitudine d'essere spogliato di tutte le grazie, che per vostro mezzo ho ricevuto dal Signore. Ma voi che siete la regina della misericordia non andate cercando meriti, ma miserie per soccorrere i bisognosi. Ma chi più povero e bisognoso di me?

O Vergine eccelsa, già so che voi, essendo la regina dell'universo, siete ancora la regina mia; ma io con modo più particolare voglio tutto dedicarmi alla vostra servitù, acciocché


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voi disponiate di me come vi piace. Onde vi dico con S. Bonaventura: Domina, me tuae dominationi volo committere, ut mea plenarie regas et gubernes. Non mihi me relinquas.30 Reggetemi voi, regina mia, e non mi lasciate a me stesso. Comandatemi, impiegatemi a vostro arbitrio, e castigatemi ancora, quando non vi ubbidisco: poiché troppo salutevoli per me saranno i castighi che mi verranno dalle vostre mani.

Io stimo più l'essere vostro servo, che l'essere signore di tutta la terra. Tuus sum ego, salvum me fac.31 Accettatemi, o Maria, per vostro, e come vostro pensate voi a salvarmi. Io non voglio esser più mio, a voi mi dono.

E se per lo passato vi ho servito male, avendo perduto tante belle occasioni di onorarvi, per l'avvenire voglio unirmi a' vostri servi più amanti e più fedeli. No, non voglio che alcuno mi avanzi da oggi innanzi nell'onorare ed amar voi mia amabilissima regina. Così prometto, e così spero di eseguire coll'aiuto vostro. Amen, amen.




1 Siquidem is ipse qui ex Virgine natus est, rex est, et ipse Dominus Deus. Eiusque gratia, quae ipsum genuit, Regina, Domina et Deipara proprie ac vere praedicatur.» Sermo in Annuntiationem Deiparae, n. 13. MG 28-935, 938. Inter Opera S. Athanasii. Non è di S. Atanasio, ma di autore non anteriore a Nestorio ed ai Monoteliti. Autore però non ignobile: Baronio (Epist. apologetica, MG 28-917) non rifuggirebbe dall'attribuire questo Sermone S. Cirillo Alessandrino, o a un dotto e santo Patriarca di Antiochia, Anastasio.

2 «Haec autem Virgo in illo glorioso consensu, meruit... primatum orbis, dominium mundi super omnes creaturas, sceptrum regni...» S. BERNARDINUS SENENSIS, Sermo de Nativitate B. M. V., articulus unicus, cap. 3. Opera, IV, Venetiis, 1745.

3 «Nec a dominatione vel potentia filii mater potest esse seiuncta. Una est Mariae et Christi caro, unus spiritus, una caritas, et ex quo dictum est ei: Dominus tecum, inseparabiliter perseveravit promissum et donum. Unitas divisionem non recipit, nec secatur in partes, et si ex duobus factum sit unum, illud tamen ultra scindi non potest, et filii gloriam cum matre non tam communem iudico quam eamdem.» ARNALDUS seu Ernaldus, Abbas Bonaevallis in diocesi Carnotensi, Libellus de laudibus B. M. V., ML 189-1729.

4 «Ubicumque enim praedicatum fuerit illud de dilecto dictum: Minuisti eum paulo minus ab angelis, gloria et honore coronasti eum, et constituisti eum super opera manuum tuarum (Ps. VIII, 6, 7), praedicabitur et de te, quod sis, o dilecta, et mater huius coronati, ac proinde regina caelorum, totum iure possidens Filii regnum.» RUPERTUS, Abbas Tuitiensis, In Cantica, lib. 3. ML 168-891.

5 «Tot enim creaturae serviunt gloriosae Virgini Mariae, quot serviunt Trinitati. Omnes nempe creaturae... sive spirituales, ut Angeli, sive rationales, ut homines, sive corporales, ut corpora caelestia vel elementa, et omnia quae sunt in caelo et in terra, sive damnati, sive beati, quae omnia sunt divino imperio subiugata, gloriosae Virgini sunt subiecta.» S. BERNARDINUS SENENSIS, Sermo de Nativ. B. M. V., cap. 6. Opera, IV, Venetiis, 1745.

6 « In omnibus requiem quaesivi... Vox est Mariae... Perge, Maria, perge secura in bonis Filii tui; fiducialiter age tamquam regina, mater Regis et sponsa. Requiem quaerebas, sed amplioris gloriae est quod tibi debetur, regnum et potestas.» GUERRICUS, Abbas Igniacensis, In Assumptione B. Mariae, Sermo 3, n. 3. ML 185-195.

7 «Propriissimum nomen quod beatissimae Virgini secundum suam dignitatem summam debetur, est regina misericordiae et plus proprie quam imperatrix; hoc enim nomen magis est nomen timoris et rigoris: regina autem plus est nomen providentiae et aequitatis: unde etiam credo nusquam Deum in Biblia expresse nominari imperatorem, sed regem: hoc enim nomen est maiestatis.» S. ALBERTUS MAGNUS, O. P., Mariale, sive quaestiones super Evangelium Missus est, etc., qu. 162, Contra hoc opponitur, n. 11. Opera, Lugduni, 1651, XX, 114.

8 Hoc reges habent - Magnificum et ingens, nulla quod rapiat dies, - Prodesse miseris, supplices fido lare - Protegere. SENECA, Medea, actus 2, scaena 2, vers. 222-225.



9 «Magnificata est ita hodie (in beatitudine qua nunc fruitur in caelo) beata Virgo, ut Regina caeli, imo et mundi iure vocetur, habens praeeminentiam et virtutem influxivam super omnes. Principatum habet dimidii regni Dei, si sic dici potest, sub typo Esther et Assueri. Regnum quippe Dei consistit in potestate et misericordia. Semel locutus est Deus, duo haec audivi, quia potestas Dei est, et tibi, Domine, misericordia (Ps. LXI, 12). Potestate Domino remanente, cessit quodammodo misericordiae pars Christi Matri, sponsaeque regnanti. Hinc, ab Ecclesia tota, Regina misericordiae salutatur.» IO. GERSON, Collectorium super Magnificat, tractatus 4. Opera, Antwerpiae, 1706, IV, col. 286. Ed. Paris. 1606, pars III, col. 753; ed. Argent. 1514 et Colon. 1518, tract. 4, num. 83, O.

10 Le ultime parole del testo citato sono: «...cuius Filius est rex iustitiae.» - Questi Commentarii non possono dirsi di S. Tommaso, quantunque Bellarmino, con pochi autori, ne difenda l'autenticità. Vennero compresi, con altre opere parimenti men che dubbie, nel vol. XVIII (aggiunto ai 17 dell'edizione Romana di Pio V, Roma, 1570.) dell'ediz. di Anversa, 1612. Possevino (Apparatus sacer, v. Thomas Aquinas), con Sisto Senense, li attribuisce a «Thomas Anglicus, O. P., Cardinalis, + 1305», e crede che la somiglianza dei nomi, essendo facile il passaggio da «Thomas Anglicus» a «Thomas Angelicus», abbia favorito l'errore: si aggiunga la forma scolastica di detti Commentarii. Dello stesso parere, sulla non autenticità dell'opera, è Fabricius (Bibliotheca mediae et infimae latinitatis, v. Thomas Aquinas). Gli editori Romani non ignoravano l'esistenza di questi Commentari (come pure delle opere contenute nel vol. XVIII di Anversa), già pubblicati, a Parigi, a Lione, ad Anversa, dal 1543 in poi: a bella posta, «prudenti consilio», li hanno esclusi dalla loro edizione, quantunque vi abbiano inserito, per la loro notorietà, alcuni opuscoli da essi stessi giudicati o dubbi, o addirittura spurii ed indegni di S. Tommaso.

11 «Confugimus autem primo ad Beatissimam Virginem caelorum reginam, cui rex regum, Pater caelestis, dimidium regni dedit... Sic Pater caelestis, cum habeat iustitiam et misericordiam tamquam potiora regni sui bona: iustitia sibi retenta, misericordiam Matri Virgini concessit.» Gabriel BIEL, Sacri Canonis Missae lucidissima expositio: lectio 80 (de excrescentia orationis dominicae). Brixiae, 1576, pag. 799.

12 Psalterium B. M. V., Ps. 71. Inter Opera S. Bonaventurae; ed. Rom., Moguntina, et Lugdunen., VI, 484. - Vedi Appendice, 2.

13 ARNESTUS (Arnestus a Pardubix, primo Arcivescovo di Praga, 1343-1364), Mariale, c. 122. - Il manoscritto, nella Biblioteca dell'Università di Praga, col titolo: Psalterium de laudibus S. Mariae, viene indebitamente chiamato: Mariale Arnesti, Archiepiscopi Pragensis. Il manoscritto è dell'anno 1385.

14 «Consideremus, carissimi, quod Maria plena est unctione misericordiae, plena oleo pietatis.» CONRADUS SAXON, O. M., Speculum B. M. V., lectio 7. Inter Opera S. Bonaventurae, ed. Rom., Mogunt., Lugdunen., VI, 441, col. 1. - Vedi Appendice, 2.

15 Biblia Mariana, Liber Esther, n. 5, 6. Inter Opera S. Alberti Magni, tom. XX, in fine. Lugduni, 1651.

16 Esther, VII, 2, 3.

17 «Etiam in hoc convenienter vocatur «Regina misericordiae», quod divinae pietatis abyssum cui vult, et quando vult, ac quomodo vult, creditur aperire, ut quivis enormis peccator non pereat, cui Sancta sanctorum patrocinii sui suffragia praestat». In Antiphonam Salve Regina, sermo 1, num. 3. ML 184-1063, inter Opera S. Bernardi. - L'autore non è S. Bernardo; è un pio Benedettino; se poi sia Cluniacense o Cisterciense, non si sa: di ambedue gli Ordini è vero quel che vien detto nel n. 1, col. 1060: «Dulce canticum... quater in anno Ordo noster devotissime concinit». Quel che si aggiunge nello stesso numero, col. 1061: «compositum a sanctis», non pregiudica all'opinione, qualunque essa sia, che si abbia sull'autore dell'Antifona, giacché questa parola «a sanctis» deve o può intendersi nel medesimo senso largo, in cui l'autore intende immediatamente dopo dei suoi confratelli: «digne frequentabitur etiam a sanctis». Tutto al più, si può dire che questo passo sia favorevole a chi pensasse che la piissima Antifona non sia stata composta, tutta intera, da uno solo, ma da varie persone. Finalmente, è certo che questi Sermoni non siano anteriori a S. Bernardo, le cui parole, cavate dal sermone 16 in Cantica, vengono riferite esattamente nel sermone 3, num. 4; quindi non si possono attribuire, come vollero alcuni, a Bernardo di Toledo, il quale visse e morì nel secolo XI. Da tutto l'assieme, sembrerebbe risultare che questi sermoni siano piuttosto di un pio Cisterciense, di poco posteriore a San Bernardo, e forse suo discepolo.



18 «Hoc tamen procul dubio teneas, quia quanto altior et melior ac sanctior est omni matre, tanto clementior et dulcior circa conversos peccatores et peccatrices.» S. GREGORIUS MAGNUS, Registrum, Epistola 47, ad comitissam Mathildem. ML 148-328.

19 «Quid ad Mariam accedere trepidet,» etc., come nel testo. S. BERNARDUS, Dominica infra Octavam Assumptionis B. V. M., Sermo de duodecim praerogativis B. V. M., ex verbis Apoc. XII, 1: «Signum magnum...» ML 133-430.

20 «Natura autem benevolentissimus (Titus), quum ex instituto Tiberii omnes dehinc Caesares beneficia a superioribus concessa Principibus aliter rata non haberent quam si eadem iisdem et ipsi dedissent, primus praeterita omnia uno confirmavit edicto, nec a se peti passus est. In ceteris vero desideriis hominum, obstinatissime tenuit ne quem sine spe dimitteret. Quin et admonentibus domesticis, quasi plura polliceretur quam praestare posset: «Non oportere, ait, quemquam a sermone Principis tristem discedere.» Atque etiam recordatus quondam super coenam quod nihil cuiquam toto die praestitisset, memorabilem illam meritoque laudatam vocem edidit: «Amici, diem perdidi.» SUETONIUS, Duodecim Caesares, Titus, n. VIII.

21 «Ecquis tam immanis uspiam peccator est, qui tot flagitiis sese obstrinxerit quot ullus umquam, qui non idem tui reminiscens, (o praestantissima Regina caelorum,) animum et spem bonam conceperit? Tu plane es unica singularis et fidelissima peccatorum consolatrix.» Ludovicus BLOSIUS, Abbas Laetiensis in Hannonia, Consolatio pusillanimium, cap. 35 (ex Susone), n. 3. - Più espressamente: LANSPERGIUS, Alloquia Christi Iesu ad animam, lib. 1, pars 3, canon 12: «Adeo feci (ego Christus) eam (Mariam) mitem, adeo piam, adeo misericordem, adeo denique benignam et clementem, ut neminem aspernetur, nulli se neget, omnibus pietatis sinum apertum teneat, neminem a se redire tristem aut non consolatum sinat.» Opera, tom. 4, Opusculorum tom. 1. - Sembra evidente che l'intento di S. Alfonso sia di citare il Lanspergio; ciò apparisce, oltreché dall'identità delle parole, dalla nota: l. 4. c. 12, il che, dati i molti sbagli tipografici incorsi nelle note, facilmente si legge: t. (tomo) 4, c. (canone) 12. Il santo medesimo al cap. III, § 1, nota 24, pag. 113, riporta questo testo sotto il nome del Lanspergio.

22 «Cum plenus sim miseria a vertice usque ad pedum plantas, et putrefactus: fetorem gravem et horrorem quomodo dignaberis regere, tam nobilis creatura? Quia tu es Regina misericordiae, et qui sunt misericordiae subditi, nisi miseri? Multum es sollicita de miseris; hos in tuos filios adoptasti, hos regere, Domina, voluisti.» - Meditatio in Salve Regina, n. 1: inter Opera S. Bernardi, ML 184-1077. - Vedi Appendice, 3, A.

23 «Ne, rogo, multa nostra peccata, immensam tuae miserationis vim superent... Quanta enim libet multitudine delicta increverint, facile dissolventur, dum tantum ipsa velis. Nihil enim resistit tuae potentiae, nihil repugnat tuae virtuti: cedunt omnia iussioni tuae; universa morem gerunt praecipienti; imperanti omnia serviunt... Placet (Filio tuo) petitio; intercessio delectat; non recusat implere: quippe suam ipse, tuam existimat gloriam; eaque tamquam Filius exsultans, postulata ceu debitor implet.» GEORGIUS NICOMEDIENSIS, In SS. Deiparae ingressum in templum. MG 100-1439. - In vece di Gregorio, si deve leggere Giorgio. Anche presso l'eruditissimo Possevino, per manifesa svista di copista, venne chiamato Giorgio, e poi Gregorio: il che trasse parecchi in errore. Santo poi non è, quantunque l'abbiano «canonizzato» il Marracci e il Kaiser; né merita questo titolo - malgrado i suoi pregi di oratore, e specialmente di egregio panegirista di Maria - se non altro, a causa dell'appoggio dato da lui allo scismatico patriarca Fozio. Contrariamente all'intitolazione erronea di MG 100-1327, visse fino all'anno 880 incirca.

24 S. BIRGITTAE Revelationes, lib. 6, cap. 10 (a principio).

25 «Nullus ita alienatus est a Deo, nisi omnino fuerit maledictus, qui, si me invocaverit, non revertatur ad Deum, et habebit misericordiam.» La stessa opera, l. c., immediatamente dopo il testo surriferito.

26 «Ego vocor ab omnibus Mater misericordiae. Vere, filia, misericordia Filii mei fecit me misericordem, et misericordia eius visa compatientem. Ideo miser erit qui ad misericordiam, cum possit, non accedit.» La stessa opera, lib. 2, cap. 23 (poco dopo il principio).

27 Cant. IV, 8. - Il testo ebraico può tradursi così: «Veni de Libano, veni de loco circumspectus, de vertice Amana, de cacumine Sanir et Hermon, de habitaculis leonum montibusque pardorum.» Dalla sommità del monte, guardando intorno a sé, la Sposa si vede circondata di cime, ove sono i covili delle belve. Invitata da Cristo a lasciar la dimora terrestre per andarsene con lui nella patria, la Sposa e Madre Maria considera la terra come una regione asprissima, sparsa di alti monti, abitati da belve. Queste rappresentano i peccatori, i quali, coi loro vizi, si rendono simili alle bestie. Ma convertiti e salvati per intercessione di Maria, saranno, a questa Madre di misericordia, per tutti i secoli, una preziosa e risplendente corona.

28 «Ipsa eadem regna, et cubilia leonum et montes dico pardorum, quia videlicet reges regnorum, reges Babyloniorum et Persarum atque Medorum, reges et consules sive imperatores Romanorum, quid nisi leones et pardi dicendi sunt, qui tot bellis, tot caedibus orbem terrarum laceraverunt? De talium leonum cubilibus taliumque pardorum montibus tu, amica mea, coronaberis. Quomodo? Videlicet credent in me, fructum ventris tui, et eorum credentium salus corona tua erit. Ita coronaberis, ut et in caelis regina sanctorum et in terris regina sis regnorum... Reges atque imperatores coronis suis te coronabunt, palatia sua nomini meo sacrabunt, honori tuo dedicabunt, ut desinant esse quod fuerant, montes pardorum, cubilia leonum.» RUPERTUS, Abbas Tuitiensis, (Deutz, coenobii, O. S. B., ad Rhenum, iuxta Coloniam Agrippinam), + 1135: In Cantica, lib. 3. ML 168-890, 891.

29 Suor Caterina di S. Agostino (Caterina di Lonocré), nata in Bayeux, morta (1688) nel Canadà, allora detto Nuova-Francia, ove fece le prime fondazioni del suo Ordine della Misericordia. Ebbe molte grazie soprannaturali. È celebre specialmente per l'aiuto che diede a molte anime del purgatorio. Di questa Maria così parla Suor Caterina: «Era una giovane morta dodici anni prima... Essa non avrebbe mai ottenuto il perdono de' suoi peccati, enormi di numero e di gravezza, senza un soccorso straordinario della Vergine Santissima. Più di 20 anni prima della sua morte, non era ricorsa né a Dio, né alla Vergine, né ai Santi. Aveva lasciati i sacramenti, ogni rispetto per le cose sacre, e s'era tutta ingolfata nel vizio. Ma quello che la salvò, fu che, essendo vicina alla morte e riflettendo al nome di Maria che portava, si rivolse alla Madre di Dio, e le disse: «Ah! Vergine Santissima, io sono indegna di portare il vostro nome; ma io vi prego, non soffrite ch'io sia dannata. Ve ne supplico, in riguardo di questo Nome.»... Ella le ottenne un atto di contrizione, col quale morì... I dodici anni ch'era stata nel purgatorio l'erano paruti come milioni d'anni, perché le sue pene erano all'eccesso. M'aggiunse che da pochi giorni erano cessate, ma che Dio l'aveva condannata a rimanervi, finché qualcuno avesse pregato... per lei; che allora era libera, e andava a godere delle misericordie di Dio... La pregai che, quando fosse in paradiso, ringraziasse per me la SS. Trinità e la SS. Vergine, offerendomi loro per tutto ciò che volevano, che si ricordasse di me, ch'era peccatora, com'ella era stata. Mi disse: «Me ne ricorderò,» e nell'andarsene mi disse: «Addio, addio, mia Madre,» aggiungendo quelle parole di S. Paolo: O altitudo divitiarum sapientiae et scientiae Dei! quam incomprehensibilia sunt iudicia eius et investigabiles viae eius!» RAGUENEAU, S. I., Vita, versione italiana del P. Poggi, lib. 4, cap. 3, pag. 267. Napoli, 1752.

30 «Sub tuo regimine, Domina, volo de cetero militare, et me totaliter tuae dominationi committo, ut me plenarie regas et gubernes. Non mihi me relinquas, quia sum mihi ipsi contrarius nimis.» Stimulus amoris, pars 3, cap. 19. Inter Opera S. Bonaventurae, ed. Rom., Mogunt. et Lugdunen., VII, 231. - Vedi Appendice, 2.

31 Ps. CXVIII, 94.




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