19.
“Sì, Io sarò sempre con voi”
“Sia lodato l’Agnello Eucaristico!
Egli è “l’Emanuele”,
ossia “Dio con noi”
Cf Mt 1, 23
L’odio degli Scribi, dei
Farisei e dei loro capi contro Gesù, venuto nel nome del Padre, stava per esplodere in modo clamoroso
e definitivo.
Erano bastati tre anni della sua vita pubblica per accumulare montagne di odio in quei cuori. Gesù aveva solo ricordato a tutti, con la parola e la vita, ‘le dieci parole di Dio’e, naturalmente, aveva smascherato e fustigato ogni vizio e ogni scandalo.
Però le tenebre non potevano tollerare la luce.
L’ingiustizia non voleva
più tollerare l’innocenza. L’odio s’accaniva contro l’Amore, e
l’ipocrisia non riusciva più a sopportare la sincerità luminosa di Gesù. Stravolgendo i fatti, andarono a caccia di pretesti e
usarono astute manovre per aizzare contro
il Nazareno anche l’odio del volgo.
È una realtà storica,
sconcertante e misteriosa. Dobbiamo ammettere che la stessa realtà riverbera e ci fa più palese l’amore di Dio. Solo
il Cuore di un Dio, il Cuore di Gesù, poteva amare come
amò. Un cuore solamente umano non sarebbe stato capace di sopportare tanta ingratitudine ed ingiustizia.
Fu uno dei più strepitosi
miracoli operato da Gesù negli ultimi mesi della sua vìta - cioè la risurrezione di Lazzaro già morto e sepolto da
quattro giorni - che affrettò
la morte del Maestro Divino.
I capi giudei, scorgendo come Gesù con i suoi grandi prodigi
trascinava con
sé quasi tutto il popolo, si radunarono a consiglio per decidere come
disfarsi di quel Nazareno che predicava una nuova alleanza
o patto d’amore.
Càifa, pontefice in carica
quell’anno (780 dalla fondazione di Roma, 30
d.C.), fu l’inconscio profeta che
solennemente affermò essere necessario eliminare Gesù di Nazareth per evitare la rovina dell’intera nazione.
Quando mai fu lecito
uccidere un innocente, perché dalle sue buone azioni ne viene danno all’interesse materiale di altri?
E poi, non erano i Romani già padroni della Palestina? In realtà, Càifa volle
sacrificare Gesiì a non ben
precisati interessi politici. La sua sentenza era cattiva nel senso in cui egli 1’intendeva, ma vera nel senso del Vangelo. E ciò avvenne per disposizione divina. Infatti, la morte
di Gesù era necessaria per riunire insieme
i figli di Dio (non solo Giudei) che
erano dispersi. Quindi da quel giorno deliberarono di ucciderLo (cf Gv 11, 47-53).
L’apostolo Giovanni
racconta come Gesù, saputo che 1’amico Lazzaro era malato andò a trovarlo.
Quando giunse a Betania l’amico era già morto e seppellito. Le sorelle di
Lazzaro, ossia Marta e Maria di Magdala, e molti giudei erano
in lutto. Gesù fu accolto dalle due discepole. Ma ascoltiamo l’evangelista che fu testimone oculare.
“Maria, quando giunse
dov’era Gesù, vistoLo, si gettò ai suoi piedi dicendo: ‘Signore! Se Tu fossi stato qui, mio fratello
non sarebbe morto!’.
Gesù allora, quando la vide
piangere e piangere anche i Giudei che erano
venuti con Lei, si commosse profondamente, si turbò e disse: ‘Dove
l’avete posto?’ (Gv 11, 32-35), e
profondamente commosso si recò al sepolcro; era una grotta e contro vi era posta una pietra. Disse Gesti: ‘Togliete la pietra!’.
Gli rispose Marta, la
sorella del morto: ‘Signore, già manda cattivo odore, poiché è di quattro
giorni!’.
Le disse Gesù: ‘Non ti ho detto
che, se credi, vedrai la gloria
di Dio?’
Tolsero dunque la pietra.
Gesù allora alzò gli occhi e disse: ‘Padre, ti ringrazio che mi
hai ascoltato. Io sapevo che sempre mi dai ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai
mandato’. E, detto questo, gridò a
gran voce: ‘LAZZARO! VIENI FUORI!’. Il morto uscì, con i piedi e le mani avvolti in bende, e il volto coperto da un sudario. Gesù disse: ‘Scioglietelo e lasciatelo andare’ (Gv 11, 38-44).
E così, per la risurrezione di Lazzaro di Betania, altre persone si unirono alla schiera
che marciava con Gesù. San Giovanni scrive: ‘Molti dei Giudei che eran venuti da Maria (Maddalena), alla
vista di quel che Egli aveva compiuto, credettero in Lui”’ (Gv 11, 45; cf 12,11).
Di lì a poche settimane,
nei primi del mese di Nisan (il primo mese dell’anno, corrispondente a marzo-aprile), Gesù — passando per Gerìco — salendo
da Efraim verso
Gerusalemme, ripeté per
la terza volta agli Apostoli: “Ecco noi andiamo a
Gerusalemme. E tutto ciò che fu scritto dai profeti riguardo al Figlio
del1’Uomo si compirà: sarà
consegnato ai pagani, schernito,
oltraggiato, coperto di sputi e, dopo averLo flagellato, Lo uccideranno
e il terzo giorno risorgerà!” (Lc 18, 31- 33).
Era chiara profezia
della imminente Passione
in tutti i suoi principali dettagli.
Però gli Apostoli “non
compresero nulla di tutto questo” (Lc 18, 34). Era ineoncepibile pensare l’amato Maestro in supplizi sì atroci e
infamanti. E poi: che cosa propriamente significava
risorgere? Credevano, sì, che era il Figlio di
Dio, l’Unigenito
del Padre. Ma non ammettevano che potesse essere percosso dall’uomo, e poi, con la croce! Quella
cosa orribile! Alla fine poteva ben fare un miracolo in suo favore! Altro che
tradimento, prigione e uccisione ....
La loro fede era ancora solo umana, non era una vera
fede„ spirituale e santificante. Solo 1’infinita benevolenza
del Signore non disarmò, ma continuò l’opera mirabile
della redenzione.
Giunto
a Gerico, Gesù guarì il
cieco Bartimeo che sedeva lungo la via e fu
ospite di Zaccheo che
era capo dei pubblicani ed era ricco. Gesù portò a lui e a tutta la sua casa la salvezza. Infatti è venuto a cercare e
salvare quello che era perduto (cf Lc 18, 35 ss).
Operò altri miracoli e
si diresse a Betania dove arrivò “sei giorni
prima della Pasqua” (Gv 12,1),
ossia il sabato prima della Domenica delle Palme.
In Betania, nella casa di
Simone il Lebbroso — molto probabilmente Apostolo di Gesù, e quindi in ogni caso da non confondersi con
Simone il fariseo (cf Lc 7,40) — fu
data una cena a cui parteeipò Gesù con gli apostoli e alcuni discepoli tra cui Lazzaro con le attente
e generose sorelle.
Giovanni l’evangelista dice che Marta serviva e Lazzaro — il
risuscitato — era uno dei commensali. Maria (la Maddalena) allora “presa
una libbra di olio profumato di
vero nardo assai prezioso, cosparse i piedi di Gesù e li asciugò con i suoi capelli, e tutta la
casa si riempì
del profumo dell’unguento” (Gv 12,3).
Secondo
Plinio, una libbra di
spighette di buon nardo costava cento denari.
Molto di più valeva l’estratto. Il nardo veniva dall’India e si
manipolava in Egitto, dove lo
riponevano in vasi di alabastro, saldandone a fuoco l’orifizio. Per usarlo bisognava rompere
il collo della fiala che serviva per una sola volta. Un denaro, poi, equivaleva a circa un salario di una giornata
lavorativa.
O beata innamorata di Gesù! Chi ti ispirò quei gesti uniti a tanta generosità?
Solo l’Amore.
Purtroppo l’invidia o
gelosia e l’avarizia si manifestarono attraverso
alcuni discepoli, soprattutto
attraverso l’apostolo Giuda di Keriot che, sdegnoso e senza carità per nessuno, sbottò: “Perché quest’olio profumato
non si è venduto per trecento denari, per poi darli ai poveri?”.
“Lasciala fare - gli disse
Gesù -, perché lo conservi per il giorno della mia sepoltura (presentendo ella la mia prossima morte, mi ha profumato
ora, quasi
in preparazione della mia prossima sepoltura). I poveri infatti
li avete sempre con
voi, ma non sempre avete me” (Gv 12,
7-8).
La mite ed umile risposta fu difesa per l’amorosissima Maria
Maddalena, e giusta lezione per colui che di lì a poche ore avrebbe tradito
il suo Maestro fedele.
Giuda di Keriot era un
ladro. Siccome teneva in custodia la cassa apostolica, prendeva a piacere quello che
vi mettevano dentro. Parlò non perché gli importasse dei poveri, ma solo per vile interesse.
Il giorno seguente,
a1l’aurora, Gesù e gli apostoli andarono a Gerusalemme. “Quando vi furono vicini, presso Bètfage (imboccatura delle
valli) verso il Monte degli Ulivi,
Gesù mandò due dei suoi dicendo loro: ‘Andate nel villaggio che vi sta di fronte.
Troverete subito un’asina legata e con
essa un puledro. Scioglieteli
e conduceteli a
Me. Se poi qualcuno vi dirà qualche cosa, risponderete: Il Si- gnore
ne ha bisogno, ma li rimanderà subito’. Questo avvenne perché si adempisse
ciò che era stato annunciato dal
profeta: ‘Dite alla figlia di Sion: Ecco il tuo Re viene a te, mite, seduto su un’asina, con un puledro figlio di bestia da soma”’ (Mt 21, 1-5).
La mitezza del Signore Gesù
è infinita. Essa è l’esempio numero uno che Egli
dà a quelli che vogliono seguirLo. Altro non desidera che essere imitato nell’umiltà
e nella dolcezza, rifuggendo da ogni superbia o ira, negazione dell’amore.
I discepoli andarono e
trovarono come Gesù aveva detto. Coperto il puledro con i più
bei mantelli lo portarono dal Maestro che vi montò da Re e Signore. Con Gesù a capo, la schiera degli Apostoli e discepoli si avviò esultante.
Gente si unì a gente.
Perché molti erano venuti alla festa e, udito che Gesù veniva a
Gerusalemme, Gli andarono incontro. Fu una folla numerosissima: tutti
facevano a gara a stendere i propri mantelli sulla strada, mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li stendevano sulla via.
La folla che andava innanzi
e quella che veniva dietro, gridava: “Osanna
(Salvaci,ora!) al Figlio di David! Benedetto Colui che viene nel nome
del Si- gnore! Osanna nel più alto dei cieli!” (Mt 21, 6-9).
L’entusiasmo della folla
era indescrivibile. La gente che aveva visto Lazzaro risorgere
Gli rendeva testimonianza. Ciascuno raccontava all’altro quel che sapeva di Gesù e tutti lodavano Dio confessando: “Non abbiamo mai visto nulla di simile!”
Anche dalla bocca dei
bambini e dei lattanti saliva insuperabile la lode al profeta Gesù, da Nazareth
di Galilea.
Questa festa dava tremendamente ai nervi dei Farisei che
si rendevano conto di essere impotenti
e dicevano: “Ecco che il mondo
Gli è andato dietro!”
Sarebbe stata cosa pericolosa gettare acqua
fredda su quell’incendio divampante e perciò sarebbe stato meglio ricorrere
direttamente a Gesù stesso comandandoGli
di far tacere tutta quella gente che L’acc1amava Profeta. Ma Gesù rispose loro: “Vi dico, se costoro
taceranno, grideranno le pietre!” (Lc 19,40).
Quel mattino segnò il
trionfo del Re dei re, vestito di regale mansuetudine. Egli ricevé onori come nessun re li ebbe
mai, ma né Lui né la beata Vergine si illudevano con un trionfo che
nascondeva il veleno del serpente. Presto, molto presto,
il favore popolare si sarebbe dileguato come astro e sarebbe cominciata l’ora delle tenebre la più
atroce.
Il festoso corteo giunse al
Tempio. Gesù vi entrò solennemente per pregare. Subito s’avvide
che nel primo cortile vi regnava
uno strepito da mercato. Ebbe allora
uno scatto fenomenale e cominciò a scacciare quelli che rendevano e quelli che compravano nel Tempio, dicendo
loro: “Sta scritto: E la mia casa sarà casa di preghiera (Is 56,7). Ma
voi ne faceste una spelonca di ladroni! (Ger
7,11)”, e senza
paure o timori rovesciò i tavoli dei cambiavalute e i seggi dei venditori di colombe.
Quando si ristabilì
l’ordine, Gli si avvicinarono ciechi e zoppi ed Egli li guarì.
Così ancora una volta manifestò ai sacerdoti e scribi e farisei, tutta la sua autorità e bontà. Effettivamente lo
zelo della casa del Padre suo Lo divorava. Mentre i gran sacerdoti e gli scribi
cercavano il modo di farLo perire, il popolo
pendeva dalle sue labbra.
Ogni giorno insegnava nel tempio. Gli ultimi giorni della vita
terrena li impiegò ancora nell’istruire
il popolo. La notte invece la trascorreva o verso Betania o nei pressi di
Gerusalemme dedicandosi più particolarmente agli Apostoli; ne completava
l’istruzione facendo conoscere la verità delle profezie sulla morte e sulla risurrezione del Cristo.
Bisogna leggere
direttamente i Vangeli per farsi un’idea esatta sulle opere e sulle parole del Maestro Divino in quelle intensissime
giornate, trascorse quasi interamente nel battagliare con avversari implacabili.
Intanto giunse la sera del
mercoledì santo. Praticamente si era
già alla vigilia di Pasqua, la più grande festa dell’anno.
La Pasqua era il primo dei
sette giorni degli Azzimi (cf Lv 23, 4-7), dal 15 al 22 di
Nisan: ricordava la liberazione di Israele dalla schiavitù d’Egitto. Pasqua significa infatti ‘il passaggio’.
A Gerusalemme i sommi
sacerdoti e i capi del popolo, vedendo che il tempo stringeva e che era
necessario liquidare l’odiato Rabbi Galileo prima
della festa di Pasqua, di nuovo si
radunarono nel palazzo di Caifa: e tennero consiglio per arrestare
con un inganno Gesù e farLo morire. Ma dicevano: “Non durante la festa, perché
non avvengano tumulti tra il popolo” (Mt 26, 4-5).
Come catturare Gesù?
L’occasione propizia si
presentò proprio per mezzo di un apostolo, Giuda di Keriot,
uomo astuto, avido e ladro. Egli, dietro il compenso di trenta denari — tanto costava un agnellino, uno schiavo, secondo il codice ebraico — accompagnato da molte false promesse, si impegnò a consegnar loro
(tradire) quanto prima il suo Maestro
Gesù, affrontando il disprezzo di tutto il mondo, Giudei compresi. La sua
azione fu orrenda, la più orrenda dei secoli (cf Mt 26, 14).
Da quel momento Giuda cercava 1’occasione
spiando i momenti più opportuni per entrare in azione, visto che ormai
erano sfumate le sue vane spe- ranze di un regno terreno del Messia (cf Mc 14,11).
Essendo Galileo, Gesù aveva
il privilegio di anticipare la Pasqua. Perciò
all’a1ba del
giovedì, i discepoli si presentarono al Maestro e domandarono: “Dove vuoi che andiamo
a preparare perché Tu possa mangiare la Pasqua?”.
Gesù
mandò due di loro, Pietro e Giovanni, dicendo: “Ecco, entrando nella
città, vi verrà incontro un uomo che porta una brocca d’acqua. Seguitelo
nella casa
nella quale entrerà, e direte al padrone della casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia sala, dove io mangi la Pasqua con
i miei discepoli?”. Ed egli vi mostrerà una
grande stanza al piano superiore, arredata con
divani, già pronta. Preparate là per noi”.
I discepoli fecero come Gesù aveva loro ordinato, e prepararono la
Pasqua” (cf Mt 26, 17 ss.; Mc
14, 12ss.; Lc 22, 7ss.).
Quella sala grande usata da Gesù per la sua
ultima Pasqua è chiamata “cenacolo”.
Ora è trasformata in
moschea. Con Betlem,
Nazareth e il Calvario è
certamente uno dei luoghi più sacri della cristianità.
“Quando venne l’ora, Gesù si mise a tavola e gli Apostoli
con Lui. Disse:
“HO DESIDERATO ARDENTEMENTE mangiare questa Pasqua con voi,
prima del mio patire. Perché vi dico che non la mangerò mai più, finchè essa non si
compia nel Regno di Dio” (Lc 22, 14-16).
In queste divine parole c’è
1’ardente Volontà di Gesù di dare la vita per gli altri, di immolarsi, farsi triturare e macinare
come frumento e pigiare come uva, per trasformarsi in cibo per le sue creature
che altrimenti morirebbero.
Con tali vivissimi desideri è intrecciato
altresì il pensiero della mostruosa sofferenza
per le ingratitudini e incomprensioni. Gesù sospirava che tutto si compisse.
Povero Gesù:. Il suo cuore già adesso
è nell’angoscia infinita.
Era questa l’ora tanto attesa
e torturante che avrebbe segnato
il massimo di Amore
di Dio per l’uomo. “Dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, LI AMO’ SINO ALLA FINE” (ossia fino
a1l’estremo). Sono le mirabili parole che l’Apostolo prediletto
San Giovanni usa per introdurci alla Passione di Cristo.
Ad accendere le luci della cena pasquale toccava
alla madre di famiglia, quindi probabilmente lo fece la Madonna. E la cena cominciò.
Durante la cena — quando già il
demonio aveva ispirato a Giuda Iscariota, figlio di Simone, il piano di tradirLo — Gesù sapendo che il Padre Gli aveva tutto consegnato nelle mani e che Egli era venuto da Dio e
ritornava a Dio, si alza da tavola, depone il mantello e, preso un
asciugatoio, se lo cinge. Poi versa dell’acqua in una bacinella e si mette
a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli
con l’asciugatoio di cui si era cinto.
Quando ebbe lavato loro (Giuda compreso) i piedi
e rimesso il mantello si pose di nuovo a tavola e spiegò loro che se Egli,
Maestro e Signore, aveva loro lavato
i piedi, anch’essi dovevano lavarsi i piedi gli uni gli altri: ossia dovevano amarsi come fratelli, aiutandosi l’un
l’altro, venerandosi a vicenda con purezza, senza superbie,
egoismi o ipocrisie, ma lealmente.
“VI HO DATO L’ESEMPIO, - disse - PERCHÈ COME HO FATTO IO,
FACCIATE ANCHE VOI. DA QUESTO TUTTI SAPRANNO CHE SIETE MIEI DISCEPOLI, SE VI AMERETE GLI UNI GLI
ALTRI. AMATEVI SCAMBIEVOLMENTE COME IO VI HO AMATI” (Gv 13; 15).
Sarete beati, la mia gioia
sarà in voi e questa gioia sarà piena, se metterete in pratica queste
cose.
Avendo l’Amore avrete già tutto: umiltà, buona volontà, spirito
di sacrificio, eccetera, perché l’Amore è il generatore di ogni
virtù oltre ad esserne la perfezione.
Con l’Amore sarete sempre nella luce e nella pace, perché avrete Dio che è pace
e luce.
Si ha vero amore verso il prossimo, quando l’amore al prossimo va sempre d’accordo con l’amore verso Dio.
Se si sacrifica l’amore di
Dio e la grazia di Dio col pretesto dell’amore al prossimo,
si compromette anche l’amore al prossimo: non è più volere il bene,
ma volere il
massimo male. Questo codice di comportamento vale per tutti: giovani, fidanzati,
coniugati.
Fu lezione efficacissima di
umiltà; lezione di purezza: Dio è luce; lezione di divino amore: amare è servire.
La cena proseguì secondo il
classico rito mosaico. Quando essó fu compiuto, Gesù
celebrò il nuovo rito, già promesso nel famoso discorso di Cafàrnao (Gv 6), e abbondantemente prefigurato nella stessa Bibbia (Ml
1, 11ss). E fu sommo miracolo d’Amore: l’ultimo miracolo di
Gesù, Uomo-Dio, che brilla come la Stella del mattino
nel tempo nuovo dell’umanità: l’Eucaristia.
Nella notte in cui veniva tradito, Gesù prese il pane nelle sue mani sante e venerabili, e alzando gli occhi al cielo, a Dio Padre suo onnipotente, rese grazie con la preghiera di benedizione, spezzò il pane, lo diede ai suoi discepoli, e disse:
“Prendete e mangiatene tutti: QUESTO E IL MIO CORPO offerto in sacrificio
per voi!” Dopo la cena, allo stesso modo, prese il calice nelle sue mani
sante e venerabili, rese grazie a Dio
Padre suo Onnipotente con la
preghiera di benedizione, lo diede ai suoi discepoli, e disse:
“Prendete e bevetene tutti: QUESTO È IL CALICE DEL MIO SANGUE per la nuova ed
eterna alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei
peccati. Fate questo in memoria di me!”
E l’Amore raggiunse la
perfezione, perché dono più grande non c’è, né in cielo né in terra. L’Eucaristia è “il dono di Dio”, è l’anticipo del Paradiso.
Ci chiediamo: Il Corpo Santissimo di Gesti da
chi è stato formato e alimentato? Non è stato forse il sangue immacolato
di Maria Santissima? Certo. Guardando con l’occhio della fede possiamo dire che
ogni santa Comunione è un mangiare “il Pane della Mamma”, il pane impastato
con la sua farina. Perciò facendo la
Comunione con Gesù, noi la facciamo contemporaneamente — anche se
misticamente — con la beata Vergine.
Ecco perché un perfetto devoto dell’Immacolata
è sempre un’anima eucaristica
che cerca sacramentalmente o
spiritualmente di unirsi al suo Signo- re.
“O Maria, Madre di Gesù
Eucaristico, Tu che nel santo Cenacolo fosti la più felice per l’istituzione del Sacramento de11’Amore, prega per noi!”
In quel primo giovedì santo
della storia [6 d'aprile dell'anno 36 dopo Cristo], con l’Eucaristia avvenne anche un altro miracolo d’Amore, intimamente legato al primo. Quando
Gesù disse agli Apostoli: “Fate
questo in memoria di Me!” istituì 1’Ordine sacro del Sacerdozio (Lc 22, 19; 1 Cor 11, 25).
Gli Apostoli ricevettero la
loro ordinazione sacerdotale, investitura eterna, giogo soave fatto di anime acquistate da Cristo e sempre
bisognose di pastori pronti a dare la vita per strapparle a Satana.
Non sarebbe stato difficile
imparare ad essere sacerdoti. Bastava guardare
al Maestro, modello di purezza, carità, distacco dalle cose del mondo,
umiltà, generosità: vero sale che preserva dalla corruzione e luce che risplende.
“O Maria, Madre e Regina dei tuoi sacerdoti, prega per noi”. EUCARISTIA e SACERDOZIO sono due doni inscindibilmente uniti nel Cuore di Gesù.
Quella sera si compì l’evento più meraviglioso dei secoli dei secoli: Gesù di Nazareth celebrò la prima santa Messa, e per il mondo fu il principio di un nuovo tempo. L’umanità con questo sacrificio di riconciliazione aveva il pegno del divino Amore.
La Pasqua antica terminava,
e la Pasqua nuova era già spuntata all’orizzonte. Al
simbolico agnello mosaico (cf Es 12, 1-22), incapace di una soddisfazione adeguata, era stato sostituito l’Agnello reale, capace di
una soddisfazione infinita: il Figlio
di Dio, “vittima di espiazione per i nostri peccati” (1
Gv 4, 10) e degno di adorazione.
Sant’Alberto Magno, commentando le parole
divine: “Fate questo in memoria di Me!”, dice: “Non si poteva comandare nulla di più utile, nulla di più
dolce, nulla di più salutare, nulla di più amabile, nulla di più somigliante alla
vita eterna ... infatti la vita eterna esiste e dura perché Dio si comunica con tutta la sua felicità
ai santi che vivono nella condizione di beati”.
Se non ricorriamo al Corpo
e al Sangue che Gesù Redentore offre e sparge
sui nostri altari
durante la santa Messa, altro sangue verrà versato. Perché questo non avvenga occorre amare l’Eucaristia che
è il Cuore di Dio. Occorre saper far vivere in noi Quel Cuore che è Vita vera.
Ecco perché la santa Messa
è l’azione divina per eccellenza, la più gradita a Dio, e sempre di valore infinito. Gesù è 1’altare. Gesù è la
Vittima. Gesù è il Sacerdote.
O divina grandezza del
Sacerdozio cattolico, o sublimità della santa Messa! Siete il nostro tesoro più
grande, come il centro, il sole della
nostra santa religione, medicina di ogni male e sorgente inesauribile di grazie per l’umana famiglia.
“O umiltà sublime! O sublimità umile, che il Signore dell’universo, Dio e
Figlio di Dio, così si umili da nascondersi, per la nostra salvezza, in poca
apparenza di pane!
Guardate, fratelli, l’umiltà di Dio, e aprite davanti a Lui i vostri cuori (Sal 61,
9); umiliatevi anche voi .. .” (Serafico Padre San Francesco d’Assisi).
“Figli miei, - ci dice con
le parole della Sapienza Colei che è Tesoriera
e Dispensatrice dei doni e delle grazie del Signore — saziatevi dei miei prodotti (Sir 24, 26), riempitevi di Gesù, il frutto di vita che io
ho generato e messo al mondo per voi .. .Venite, mangiate il mio pane, bevete il mio vino che io ho preparato (Pro 9,5). Mangiate, amici,
bevete; inebriatevi, o cari (Ct 5,1); venite,
mangiate il mio pane che è Gesti; bevete il vino del suo amore, che ho
mescolato per voi con il latte
delle mie materne tenerezze”.
Benedetto il Signore: il suo amore per noi ha fatto meraviglie!
E Giuda di Keriot?
Egli era lì, a mensa, sicuro
e disinvolto, come ignaro della chiara realtà che “non v’è creatura che possa nascondersi davanti a Lui, ma tutto
è nudo e scoperto agli occhi
suoi” (Eb 4, 13).
L’indegno apostolo Giuda
Iscariota fu duro più di un macigno all’amore, ai gesti, alla parola amica del Maestro.
“Colui che mangia il mio
pane ha levato contro di me il suo tallone” (Sal 41, 10). “Se mi avesse insultato
un nemico ... se fosse insorto contro di me un
avversario ...Ma sei tu, mio compagno,
mio amico e confidente ... Ci legava una dolce amicizia ...” (Sal 54, 13-15).
Profeticamente la sacra Scrittura allude al tradimento.
Misero, infelice e spudorato Giuda!
Partecipò al Banchetto
divino con il tradimento nel cuore. Fu la lanciata più dura e penosa al Cuore di Gesù (che forse si ripete ancora oggi nella stessa proporzione di uno a dodici, dentro e fuori della comunità
ecclesiale).
Pensando a queste cose, Gesù “rimase turbato nel suo
spirito e dichiarò: In verità io vi dico: Uno di voi mi
tradirà! Ecco: la mano di chi mi
tradisce è con me sulla tavola. Il
Figlio de1l’Uomo se ne va, secondo quanto è stabilito; ma guai a quell’uomo dal quale è tradito!” (Gv 13,21; Lc 22,
21-22).
Il sacrilego Giuda mangiò la sua condanna
e — orrore! — nella notte uscì a consegnare (tradire)
l’Amico e il Maestro ai nemici.
Povero Giuda! Come arrivasti a tal punto? Forse fu il miraggio degli onori?
Lo sfavillio dell’oro? Il gusto dei piaceri?
Certo: tutte queste cose ti indurirono il
cuore e ottenebrarono la mente. E dire che stavi con Gesù! Che è l’Amore e la Potenza stessa.
Tu stesso forse facesti dei miracoli; ma essi non sono santità.
E così di infedeltà in infedeltà, di tradimento in tradimento precipitasti
nel1’abisso del tradimento a lungo architettato: il tradimento di un Dio.
E ti unisti a quei falsi costruttori che scartarono la pietra angolare (lPt 2,7).
È un mistero e non si comprende. Un mistero di
iniquità e un mistero d’Amore! Gli uomini tramano la morte, e Gesù offre
la sua gioia. O Gesù nostra pace, amicizia
e gioia, abbi pietà di noi e aiutaci
ad amare con tutto noi stessi!
Mentre l’apostolo traditore correva nella notte
per consegnare ai sommi sacerdoti e agli Anziani il divin Maestro, Egli, Gesù di Nazareth, il Verbo eterno del Padre, con la ferita del
tradimento nel cuore e la prescienza del prossimo complesso martirio nella mente, alzati gli occhi al cielo
disse:
“PADRE! È giunta l’ora! Glorifica il Figlio tuo,
perché il Figlio glorifichi te! Poiché tu gli hai dato potere sopra ogni essere
umano, perché Egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato.
“La vita eterna è che conoscano te, solo vero
Dio, e il tuo inviato, Gesù Cristo.
Io ti ho glorificato sulla terra; ho compiuto l’opera
che tu mi avevi dato da fare ...” (Gv 17).
È una preghiera
straordinariamente densa, con una vera miniera di tesori in ogni parola;
vi aleggiano tutte le virtù. << Chiedendo al Padre
che tutti siano uno come il Padre e Lui sono uno, Gesù indica il modello perfetto
dell’unione che vuole stabilire. La
riconciliazione che il suo sacrificio dovrà
ottenere per l’umanità ... è più di una riparazione dell’unità perduta; essa
eleva 1’accordo tra gli uomini al
livello di una partecipazione all’accordo perfetto che regna nella comunità divina >> (Giovanni Paolo II).
Unanimemente
tutti concordano che la Preghiera
Sacerdotale di Gesù è uno di quei luoghi biblici dove ogni commento guasta.
Ecco un piccolo progetto - suggerito da Gesù stesso a Maria Valtorta - di offerta di preghiera di sacrificio con distinte intenzioni disposte
lungo la settimana
per corredimere con Gesù e la Vergine Maria:
"Domenica,
lunedì,
martedì e
mercoledì: prega per i sacerdoti
giovedì: per gli idolatri
venerdì: per le anime purganti
sabato: per i peccatori.