lunedì 20 settembre 2021

Maria speranza nostra: Spes nostra, salve.

 


CAPITOLO III. - Spes nostra, salve.

§ 1. - Maria è la speranza di tutti.

Gli eretici moderni non possono sopportare che noi salutiamo e chiamiamo Maria speranza nostra: Spes nostra, salve. Dicono che solo Dio è la speranza nostra, e che Dio maledice chi mette la sua speranza nella creatura: Maledictus homo qui confidit in homine (Ier. XVII, 5). Maria, esclamano, è creatura, e come una creatura ha da essere la speranza nostra? Questo dicono gli eretici;1 ma ciò non ostante la S.


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Chiesa vuole che ogni giorno tutti gli ecclesiastici e tutt'i religiosi alzino la voce, e da parte di tutt'i fedeli invochino e chiamino Maria con questo dolce nome di speranza nostra, speranza di tutti: Spes nostra, salve.

In due modi, dice S. Tommaso l'Angelico, noi possiamo mettere la speranza in una persona, come cagion principale e come cagion di mezzo.2 Quelli che dal re sperano qualche grazia, la sperano dal re come signore, e la sperano dal suo ministro o favorito come intercessore. Se esce la grazia, principalmente viene dal re, ma viene per mezzo del suo favorito: onde ha ragione chi cerca la grazia di chiamare quel suo intercessore la sua speranza. Il Re del cielo, perch'è bontà infinita, sommamente desidera di arricchirci delle sue grazie; ma perché dalla parte nostra è necessaria la confidenza, per accrescere in noi questa confidenza ci ha donato per madre e per avvocata la stessa sua Madre, a cui ha data tutta la potenza di aiutarci; e perciò vuole che in lei collochiamo le speranze della nostra salute e d'ogni nostro bene. - Quelli che mettono la loro speranza solo nelle creature senza dipendenza da Dio, come fanno i peccatori, che per acquistare l'amicizia e 'l favore d'un uomo si contentano di disgustare Dio, certamente che questi son maledetti da Dio, come dice Isaia.3 Ma quelli


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che sperano in Maria, come Madre di Dio, potente ad impetrare loro le grazie e la vita eterna, questi son benedetti e compiacciono il Cuore di Dio, che vuole vedere così onorata quella gran creatura, la quale più di tutti gli uomini ed angeli l'ha amato ed onorato in questo mondo.

Ond'è che noi giustamente chiamiamo la Vergine la nostra speranza, sperando, come dice il cardinal Bellarmino (De Beat. SS., l. II, c. 2), di ottenere per la sua intercessione quello che non otterressimo colle sole nostre preghiere.4 Noi la preghiamo, dice S. Anselmo, ut dignitas intercessoris suppleat inopiam nostram (De exc. V., c. 6). Sicché, soggiunge il santo, il supplicare la Vergine con tale speranza, non è diffidare della misericordia di Dio, ma temere della propria indisposizione: Unde Virginem interpellare, non est de divina misericordia diffidere, sed de propria indignitate formidare (Loc. cit.).5


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Con ragione dunque la S. Chiesa applica a Maria le parole dell'Ecclesiastico (Cap. XXIV, [24]) con cui la chiama: Mater... sanctae spei, la madre che fa nascere in noi, non già la speranza vana de' beni miserabili e transitori di questa vita, ma la speranza santa de' beni immensi ed eterni della vita beata. Ave, animae spes, così salutava S. Efrem la divina Madre: ave, Christianorum firma salus: ave, peccatorum adiutrix: ave, vallum fidelium et mundi salus (De laud. Virg.):6 Dio ti salvi, diceva, o speranza dell'anima mia, o salute certa de' Cristiani, o aiuto de' peccatori, difesa de' fedeli, e salute del mondo. - Ci avverte S. Basilio che dopo Dio non abbiamo altra speranza, che Maria; e perciò la chiama, post Deum sola spes nostra.7 E S. Efrem, riflettendo all'ordine della presente provvidenza con cui Dio ha disposto - come dice S. Bernardo e appresso a lungo dimostreremo8 - che tutti quelli che si salvano s'abbiano a salvare per mezzo di Maria,9 le dice:


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Signora, non lasciate di custodirci e di porci sotto il manto della vostra protezione, giacché noi dopo Dio non abbiamo altra speranza che voi: Nobis non est alia quam a te fiducia, o Virgo sincerissima: sub alis tuae pietatis protege et custodi nos (S. Ephrem, de laud. Virg.).10 Lo stesso le dice S. Tommaso da Villanova, chiamandola unico nostro rifugio, aiuto ed asilo: Tu unicum nostrum refugium, subsidium et asylum (Conc. 3, de Conc. Virg.).11

Di ciò par che ne assegni la ragione S. Bernardo, con dire: Intuere, homo, consilium Dei, consilium pietatis; redempturus humanum genus, universum pretium contulit in Maria (Serm. de Nat.):12 Guarda, o uomo, il disegno di Dio, disegno fatto per potere a noi con più abbondanza dispensare la sua misericordia: volendo egli redimere il genere umano, ha posto tutto il valore della Redenzione in mano di Maria, acciocché ella lo dispensi a sua voglia.

Ordinò Dio a Mosè che avesse fatto il propiziatorio di oro purissimo, dicendogli che di là volea poi parlargli: Facies et propitiatorium de auro mundissimo... Inde praecipiam et loquar ad te (Exod., c. XXV, 17 et 22). Dice un autore (Paciucc., Exc. 20, in Sal. Ang., 11) che questo propiziatorio è Maria, donde il Signore parla agli uomini, e di là concede a noi il perdono, le grazie e i doni: Te universus mundus continet commune propitiatorium. Inde pientissimus Dominus loquitur ad cor, inde responsa dat benignitatis et veniae, inde munera largitur, inde nobis omne bonum emanat.13 E perciò,


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dice S. Ireneo che 'l Verbo divino, prima d'incarnarsi nel seno di Maria, mandò l'Arcangelo a richiederne il suo consenso, perché volle che da Maria derivasse al mondo il mistero dell'Incarnazione: Quid est quod sine Mariae consensu non perficitur Incarnationis mysterium? quia nempe vult illam Deus omnium bonorum esse principium (S. Iren., lib. 3 contr. Valent., cap. 33).14 Onde disse l'Idiota: Per ipsam habet mundus et habiturus est omne bonum (In Praef. contempl. B.M.):15 Ogni bene, ogni aiuto, ogni grazia che gli uomini han ricevuta e riceveranno


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da Dio sino alla fine del mondo, tutto loro è venuto e verrà per intercessione e per mezzo di Maria. Avea ragione dunque il divoto Blosio di esclamare: O Maria, quis te non amet? Tu in dubiis es lumen, in maeroribus solatium, in periculis refugium (Cymeliarch., Endol. 1 ad Mar.):16 O Maria, che siete così amabile e così grata con chi v'ama, chi sarà quello stolto ed infelice che non v'amerà? Voi ne' dubbi e confusioni rischiarate le menti di coloro che a voi ricorrono nelle loro afflizioni, voi consolate chi in voi confida ne' pericoli, voi soccorrete chi vi chiama. Tu post Unigenitum tuum, seguita Blosio, certa fidelium salus: Voi dopo il vostro divin Figlio siete la salute certa de' vostri servi fedeli. Ave, desperantium spes, ave, destitutorum adiutrix: Dio vi salvi dunque, o speranza de' disperati, o soccorso degli abbandonati. Cuius honori tantum tribuit Filius, ut quod vis, mox fiat: O Maria, voi siete onnipotente, giacché il vostro Figlio vuol onorarvi con fare subito tutto quello che voi volete.

E S. Germano, riconoscendo in Maria il fonte d'ogni nostro bene e la liberazione da ogni male, così l'invoca: O Domina mea, sola mihi ex Deo solatium, itineris mei directio, debilitatis meae potentia, mendicitatis meae divitiae, vulnerum meorum medicina, dolorum meorum relevatio, vinculorum meorum solutio, salutis meae spes; exaudi orationes meas, miserere suspiriorum meorum, Domina mea, refugium, vita, auxilium, spes et robur meum (S. Germ., in encom. Deip.):17


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O mia Signora, voi sola siete il mio sollievo donatomi da Dio, voi la guida del mio pellegrinaggio, voi la fortezza delle mie deboli forze, la ricchezza delle mie miserie, la liberazione delle mie catene, la speranza della mia salute; esaudite, vi prego, le mie suppliche, abbiate pietà de' miei sospiri, voi che siete la mia regina, il rifugio, la vita, l'aiuto, la speranza e la fortezza mia.

Con ragione dunque S. Antonino applica a Maria quel passo della Sapienza: Venerunt autem mihi omnia bona pariter cum illa (cap. VII, 11). Giacché Maria è la madre e dispensatrice di tutti i beni, ben può dire il mondo, e specialmente chi nel mondo vive divoto di questa regina, che insieme colla divozione a Maria egli ha ottenuto ogni bene: Omnium bonorum mater est, et venerunt mihi omnia bona cum illa, scilicet Virgine, potest dicere mundus (S. Antonin., part. IV, tit. 15, c. 20).18 Onde poi diceva assolutamente l'abbate Cellense: Inventa Maria, invenitur omne bonum:19 Chi trova Maria trova ogni bene, trova tutte le grazie, tutte le virtù; poich'ella per mezzo della sua potente intercessione gli ottiene tutto ciò che gli abbisogna per farlo ricco della divina grazia. Ella ci fa sapere che tiene con sé tutte le ricchezze di Dio, cioè le divine misericordie, per dispensarle a beneficio de' suoi amanti: Mecum sunt divitiae et opes superbae... ut ditem diligentes me (Sap. VIII, 21).20 Onde diceva S. Bonaventura (In Spec.) che noi tutti dobbiamo tener sempre gli occhi alle mani di Maria, acciocché per suo mezzo riceviamo quel bene che desideriamo: Oculi omnium nostrum ad manus Mariae semper debent respicere, ut per manus eius aliquid boni accipiamus.21

Oh quanti superbi colla divozione di Maria han trovata


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l'umiltà! quanti iracondi la mansuetudine! quanti ciechi la luce! quanti disperati la confidenza! quanti perduti la salute! E questo appunto ella predisse, allorché pronunciò in casa di Elisabetta in quel suo sublime cantico: Ecce enim ex hoc beatam me dicent omnes generatione (Luc. II).22 Le quali parole ripetendo S. Bernardo, dice: Ex hoc beatam te dicent omnes generationes, quae omnibus generationibus vitam et gloriam genuisti (Serm. 2, in Pentec.).23 Perciò tutte le genti vi chiameranno beata, perché a tutte le genti voi avete data la vita e la gloria; poiché in voi i peccatori trovano il perdono, e i giusti trovano la perseveranza nella divina grazia: In te peccatores veniam, iusti gratiam inveniunt in aeternum (S. Bernard., loc. cit.). Onde il divoto Laspergio (Lib. IV, Min. op.) introduce il Signore che così parla al mondo: Matrem meam veneratione praecipua venerare: Uomini, dice, poveri figli di Adamo, che vivete in mezzo a tanti nemici ed a tante miserie, procurate di venerare con particolar affetto la Madre vostra. Ego enim mundo dedi in puritatis exemplum, in praesidium tutissimum, ut sit tribulatis asylum: Mentreché io ho data al mondo Maria per vostro esempio, acciocché da lei impariate a viver come si dee; e per vostro rifugio, acciocché a lei ricorriate nelle vostre afflizioni. Quam nemo formidet, nemo ad eam accedere trepidet. Propterea namque adeo feci eam mitem, adeo misericordem, ut neminem aspernat, nulli se neget; omnibus pietatis sinum apertum teneat, neminem a se redire tristem sinat:24 Questa mia figlia, dice Dio, io l'ho fatta tale,


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che niuno possa temerne o possa aver ripugnanza di ricorrere a lei; perciò l'ho creata di natura così benigna e pietosa, ch'ella non sa disprezzare alcuno che a lei ricorre, non sa negare il suo favore ad alcuno che lo domanda. Ella a tutti tiene aperto il manto di sua misericordia, e non permette che alcuno mai parta sconsolato da' suoi piedi. Sia dunque sempre lodata e benedetta la bontà immensa del nostro Dio, che ci ha data questa gran madre ed avvocata così tenera ed amorosa.

O Dio, quanto son teneri i sentimenti di confidenza che avea l'innamorato S. Bonaventura verso del nostro amantissimo Redentore Gesù, e verso della nostra amantissima avvocata Maria! (P. 3, Stim. div. am., c. 13).25 Quantumcumque me Deus praesciverit, scio quod seipsum negare non potest: M'abbia il Signore quanto si voglia riprovato, io so che egli non può negarsi a chi l'ama ed a chi di cuore lo cerca. Eum amplexabor, et si mihi non benedixerit, eum non dimittam; et sine me recedere non valebit: Io l'abbraccerò col mio amore, e se non mi benedice, non mai lo lascerò; ed egli senza me non potrà partirsi. In cavernis vulnerum suorum me abscondam, ibique extra se me invenire non poterit: Se altro non potrò, almeno mi nasconderò dentro le sue piaghe, ed iv'io restando, egli non potrà fuori di sé ritrovarmi. In fine, soggiungeva, se il mio Redentore per le mie colpe mi discaccia da' suoi piedi, io mi butterò ai piedi della sua Madre Maria, ed ivi prostrato non mi partirò, fintanto ch'ella non mi ottenga il perdono: Ad Matris suae pedes provolutus stabo, ut mihi veniam impetret. Poiché questa Madre di misericordia non sa né ha saputo mai non compatire le miserie e non contentare


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i miserabili che a lei ricorrono per aiuto: Ipsa enim non misereri ignorat, et miseris non satisfacere numquam scivit. Ideoque, concludea, ex compassione mihi ad indulgentiam Filium inclinabit: e perciò, se non per obbligo, almeno per compassione non lascerà d'indurre il Figlio a perdonarmi.

Mirateci dunque, concludiamo con Eutimio, mirateci pure cogli occhi vostri pietosi, o pietosissima nostra Madre; poiché noi siamo vostri servi e in voi abbiamo riposta tutta la nostra speranza: Respice, o Mater misericordiosissima, respice servos tuos; in te enim omnem spem nostram collocavimus (Orat. de Deip.).26

Esempio.

Narrasi nella parte quarta del Tesoro del rosario, al miracolo 85, come vi era un cavaliere divotissimo della divina Madre, il quale si avea fatto nel suo palazzo un divoto oratorio, dove innanzi ad una bella immagine di Maria solea spesso trattenersi orando, non solo di giorno, ma anche di notte, interrompendo il riposo per andare ad onorare la sua amata Signora. Or la moglie, poich'egli era casato,27 dama per altro di molta pietà, osservando che 'l marito nel maggior silenzio della casa sorgeva di letto, e uscendo dalla stanza non ritornava se non dopo molto tempo, entrò la misera in gelosia ed in sospetto di male. Onde un giorno per liberarsi da questa spina che la tormentava, si avanzò a domandare al marito s'egli mai amasse altra donna fuor di lei. Il cavaliere sorridendo le rispose: Or sappi che io amo una signora la più amabile del mondo. A lei ho donato tutto il mio cuore; e prima potrò morire che lasciarla d'amare. E se voi la conosceste, voi stessa mi direste ch'io l'amassi più di quanto or l'amo. Intendeva già della SS. Vergine, ch'egli così teneramente amava. Ma la moglie, entrando allora in maggior sospetto, per meglio accertarsi della verità, di nuovo l'interrogò, se mai egli per ritrovare quella signora ogni notte si levava di letto ed usciva dalla stanza? E 'l cavaliere, che non sapeva la grande agitazione della moglie, rispose di sì. La dama allora falsamente accertata di ciò che non era, accecata dalla passione, che fece?


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Una notte, in cui il marito secondo il solito uscì dalla camera, per disperazione prese un coltello e si tagliò la gola, e poco dopo morì.

Il cavaliere, compite le sue divozioni, ritorna alla stanza, va per rimettersi al letto, lo trova tutto bagnato. Chiama la moglie, e non risponde. La scuote, e non si risente. Prende alla fine il lume, e vede il letto pieno di sangue e la moglie morta colla gola ferita. Allora s'avvide che la moglie s'era uccisa per gelosia. Che fece? Serrò a chiave la stanza, e ritornato in cappella si prostrò innanzi alla SS. Vergine, e quivi piangendo dirottamente cominciò a dire: Madre mia, vedete in quale afflizione mi trovo. Se non mi consolate voi, a chi ho da ricorrere? Pensate ch'io per venire ad onorare voi, ho avuta questa disgrazia di vedere mia moglie morta e dannata. Madre mia, voi ci potete rimediare, voi rimediateci.

Eh che chi prega questa Madre di misericordia con confidenza, ne ottiene quel che vuole. Ecco, fatta questa preghiera, si sente chiamare da una serva di casa: Signore, andate alla stanza, perché la signora vi chiama. Il cavaliere non arriva a crederlo per l'allegrezza. Torna, disse alla donzella, vedi bene, se ella veramente mi vuole. Sì, tornò la serva dicendo, andate presto, perché la padrona vi sta aspettando. Va, apre la stanza, e vede la moglie viva, che se li butta a' piedi piangendo, e lo prega a perdonarla, dicendo: Ah sposo mio, la Madre di Dio per le tue preghiere m'ha liberata dall'inferno. Così piangendo tutti due per allegrezza se n'andarono a ringraziare la B. Vergine nell'oratorio. Nella seguente mattina il marito fece un convito di tutti i parenti, a' quali poi fe' narrare il fatto dalla stessa moglie, la quale dimostrava il segno che ancor riteneva della ferita. E tutti più si accesero nell'amore della divina Madre.28


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Preghiera.

O Madre del santo amore, o vita, rifugio e speranza nostra, voi già sapete che 'l vostro Figlio Gesù Cristo, non contento di farsi il nostro perpetuo avvocato appresso l'Eterno Padre, ha voluto che ancora voi v'impegniate appresso di lui per impetrarci le divine misericordie. Egli ha disposto che le vostre preghiere aiutino la nostra salute, ed ha dato a quelle tanto di forza, che ottengono quanto dimandano. Dunque a voi mi rivolgo, o speranza de' miseri, io misero peccatore. Io spero, Signora, che per li meriti di Gesù Cristo, e poi per la vostra intercessione mi ho da salvare. Così confido, e confido tanto che se la mia salute eterna stesse in mano mia, pure io la metterei in mano vostra; mentre più mi fido della vostra misericordia e protezione, che di tutte le opere mie.

Madre e speranza mia, non mi abbandonate, com'io meriterei. Guardate le mie miserie, e movetevi a pietà, e soccorretemi e salvatemi. Confesso ch'io tante volte ho chiusa co' peccati miei la porta a'lumi ed agli aiuti, che voi dal Signore m'avete procurato. Ma la pietà che voi avete dei miserabili e la potenza che avete appresso Dio, superano il numero e la malizia di tutt'i miei demeriti. È noto al cielo ed alla terra che chi è protetto da voi certamente non si perde. Si scordino dunque tutti di me, e non ve ne scordate voi, o Madre di Dio onnipotente. Dite a Dio ch'io son vostro servo, ditegli che voi mi difendete, e sarò salvo. O Maria, io mi fido di voi; in questa speranza vivo, ed in questa voglio e spero morire, dicendo sempre: Unica spes mea Iesus, et post Iesum Virgo Maria.





1 «In solo Deo sperandum est, dicente Propheta (Ier. XVII): Maledictus vir qui spera in homine. Non ergo Maria spes nostra nominanda est, nisi forte iam homo esse desierat.» PETRUS MARTYR VERMIGLI, + 1562, Can. Reg. apostata, nel suo Commentario in I Cor., capo 3. - «Nam, ut infinita alia omittam, quale illud est quod contentissima voce boant: «Roga Patrem, Iube Natum»? Et illud: «Felix caeli porta»? Et illud: «Regina misericordiae, vita, dulcedo et spes nostra?» Sed haec omnia videlicet lapidi etiam et ligno dicere, non est Christum pro capite non agnoscere, modo omnes blasphemias termines hac clausula: Per Christum Dominum nostrum.» Th. BEZA, Annotationes in Novum Testamentum (sine loco: excudebat Henricus Stephanus, 1565), Ad Coloss. II, 18: tom. 2, pag. 429. - Cf. I Tim. IV, 1, pag. 465. - Huldrychus ZVINGLIUS, Opera, I, Tiguri, 1545: Opus articulorum sive conclusionum 67, articulus 20. - Ioannes CALVINUS, Institutiones Christianae Religionis, lib. 3, cap. 20, § 4, 5, n. 17-27. Amstelodami, 1667, pag. 231-235. - Per Lutero, vedi cap. V, § 2, nota 43, pag. 184.

2 «Non licet sperare de aliquo homine, vel de aliqua creatura, sicut de prima causa movente in beatitudinem. Licet autem sperare de aliquo homine vel de aliqua creatura sicut de agente secundario et instrumentali, per quod aliquis adiuvatur ad quaecumque bona consequenda, in beatitudinem ordinata. Et hoc modo ad sanctos convertimur, et ab hominibus etiam aliqua petimus; et vituperantur illi de quibus aliquis confidere non potest ad auxilium ferendum.» S. THOMAS, II-II, art. 4, c.

3 Crediamo che S. Alfonso voglia qui riferirsi alla citazione di Geremia riportata sopra. Isaia non ha una sentenza così netta, ma solo accenni indiretti, come per es. al cap. 31, v. 1-3.

4 S. ROBERTUS BELLARMINUS, Controversiarum tom. II, Venetiis, 1721, quarta controversia generalis, De Ecclesia triumphante, lib. 1, De beatitudine.. sanctorum: nella Prefazione, pag 338, inveisce contro le empie parole di Lutero, «se non pluris aestimare preces B. Mariae, quam cuiuslibet e populo»; nel capo 19, pag. 369, col. 2, 370, col. 1 cita le parole di S. Anselmo (cioè di Eadmero), De excellentia B. V. M., cap. ultim.: «Rogamus, inquit, te, Domina, per ipsam gratiam qua te pius et omnipotens Deus sic exaltavit, et omnia tibi secum possibilia esse donavit, quatenus id apud ipsum nobis impetres et obtineas, ut plenitudo gratiae, quam meruisti, in nobis sic operetur, quo participium beati praemii nobis misericorditer quandoque donetur;» e soggiunge il celebre testo di S. Bernardo: «In periculis, in angustiis, in rebus dubiis, Mariam cogita, etc.» - Nel suo opuscolo De VII verbis a Christo in cruce prolatis, lib. 1, cap. 12 (Opera, VII, Opuscula, Coloniae Agrippinae, 1617, col. 1715,) S. Bellarmino fa sue, tra altre, queste parole di S. Anselmo (cioè di Eadmero): «Invocato autem nomine Mariae, etsi merita invocantis non merentur ut exaudiatur, merita tamen Matris intercedunt ut exaudiatur.»

5 Tutto quello che qui viene detto, deve attribuirsi in parte a SUAREZ, De Incarnatione, pars 2, disputatio 23, sect. 2 et 3. Opera, Venetiis, 1746, tom. XVII, pag. 175-177. «Hinc denique ortum est ut Ecclesia sancta... praestantioribus modis Virginem oret, eam vocando spem nostram, etc. (p. 177, col. 1).» Che noi ricorriamo a Dio per mezzo di Maria, e non sempre direttamente, «est etiam illi (Deo) placitum, et per se conveniens. Primo, ob maiorem reverentiam divinae Maiestatis... Secundo, propter Matris honorem. Ut enim Deus amicos honoret, interdum per eos facit, quod sine illorum intercessione non concedit. Tertio, ut dignitas intercessoris suppleat inopiam nostram; unde Virginem interpellare non est de divina misericordia diffidere, sed de propria indignitate et indispositione timere (pag. 176, col. 2).» - Di S. Anselmo, Suarez (pag. 175) riferisce il seguente testo, il quale veramente è di EADMERO: «Rogamus te, Domina, per ipsam gratiam, qua te pius et omnipotens Deus sic exaltavit, et omnia secum possibilia esse donavit, quatenus id apud ipsum impetres, nec sis obsecratu difficilis, quia procul dubio ideo Unigenitus Filius tuus Dominus noster Iesus Christus erit ad concedendum promptissimus.» - EADMERUS, Liber de excelllentia Virginis Mariae, cap. 12 (inter Opera S. Anselmi, ML 159-578, 579): «Rogamus ergo te, Domina, per ipsam gratiam qua te pius et omnipotens Deus sic exaltavit, et omnia tibi secum possibilia esse donavit, quatenus id apud ipsum nobis obtineas, ut plenitudo gratiae, quam meruisti, in nobis sic operetur quo participium beati praemii eius nobis misericorditer quandoque donetur... Nec sis, quaesumus, exoratu difficilis, quia procul dubio... benignissimus Filius tuus erit, ad concedendum quidquid voles, promptus et exaudibilis.» - Id. Op., cap. 6, col. 570: «Dum igitur ipse (Christus) suo nomine invocatus non statim exaudit, profecto id iusto iudicio facit. Invocato autem nomine Matris suae, etsi merita invocantis non merentur, merita tamen Matris intercedunt ut exaudiatur.»

6 «Ave, lilium convallium, et vallum (al. vallis) fidelium mundique salus... Ave, peccatorum refugium atque diversorium... Ave, animae nostrae spes fida et optima... Ave, firma salus universorum Christianorum ad te sincere ac vere recurrentium.» S. EPHRAEM, Syrus, Sermo de SS. Dei Genitricis Virginis laudibus. Operum quae exstant graece et latine (et latine tantum) tom. III, Romae, 1746, pag. 576, col. 2. Editio Veneta, II, 570.

7 «O spes unica et auxilium fidelium, Dei Genitrix, festina, adiuva supplices tuos, tribulationibus immersos, et consilii auxiliique inopes, ac propterea in dolore versantes, et ad te cum animi confidentia confugientes, o Virgo.» S. IOSEPHUS, (+ 883), per antonomasiam dictus Hymnographus, Syracusanus, Mariale, ex Canone in S. Basileum martyrem, episcopum Amasae, die 26 mensis aprilis. MG 105-1110. - «salve, Ioachim, augustissimae illius pater, quae spes est nostra post Deum.» B. COSMAS VESTITOR (così detto dal suo nobile officio di «Protovestiario» nella corte imperiale: visse a principio del secolo X), Sermo in SS: Ioachimum et Annam, n. 7. MG 106-1010 - Questo titolo di «spes unica», moltissimi l'hanno dato a Maria: tra altri, S. Efrem, S. Andrea Cretense, l'Euchologium Graecorum, S. Giovanni Damasceno, Venanzio Fortunato, Bernardino de Bustis, il Salterio detto di S. Bonaventura, ecc. Vedi MARRACCI, Polyanthea Mariana, lib. 16, v. Spes: Bourassé-Migne, Summa aurea, X, 299-303.

8 Nel capo V.

9 «Intuere, o homo, consilium Dei, agnosce consilium sapientiae, consilium pietatis... Redempturus humanum genus, pretium universum contulit in Mariam... Altius ergo intueamini quanto devotionis affectu a nobis eam voluerit honorari, qui totius boni plenitudinem posuit in Maria: ut proinde si quid spei in nobis est, si quid gratiae, si quid salutis, ab ea noverimus redundare... Sic est voluntas eius, qui totum nos habere voluit per Mariam.» S. BERNARDUS, In Nativ. B. M. V., Sermo de aquaeductu, n. 6, 7. ML 183-440, 441.

10 «Sub tuum praesidium confugimus, o sancta Dei Genitrix: sub alis pietatis atque misericordiae tuae protege et custodi nos... Non nobis est alia, quam in te, fiducia, o Virgo sincerissima.» S. EPHRAEM, l. c. nella nota 6. Ed. Rom., col. 575; ed. Veneta, col. 570.

11 «Tu nostra protectio, tu nostrum refugium, tu nostrum unicum remedium, subsidium et asylum.» S. THOMAS A VILLANOVA, In festo Nativitatis B. V. M. concio 3, n. 6. Concioines, Mediolani, 1760, II, col. 402.

12 Vedi sopra, nota 9.

13 «Mystice hoc propitiatorium est Virgo Deipara, ex qua Deus nostras preces exaudit, et in nos suarum gratiarum flumina fundit. Quocirca D. Andreas Cretensis Virginem alloquens ait: «Te universus mundus continet commune propitiatorium.» Inde pientissimus Dominus nobis loquitur ad cor; inde responsa dat benignitatis et veniae; inde se nobis propitiatum ostendit, inde delicta condonat et munera divina largitur; inde omne nobisbonum emanat; siquidem Virgo Maria sedula prece pro peccatoribus rogat.» PACIUCHELLI, O. P., Excitationes dormitantis animae, Excitatio 20 super Salutationem Angelicum, n. 11. Venetiis, 1720, pag. 545, col. 1. - «Hactenus quidem, dum ageres in humanis, modica te terrae portio habebat: ex quo autem fuisti ex humanis translata, mundus te totus propitiatorium commune amplectitur... Ecce propitiatorium illud ad Sancta sanctorum et in penetralibus divinae mysticaeque arcae depositum: quod modo quidem Seraphinorum (meglio direbbe: Cherubim) pennis obumbretur; modo autem, mystico Iesu adventu, peccata nostra expiet.» S. ANDREAS CRETENSIS, In dormitionem S. Mariae, Oratio tertia. MG 97-1099, 1106.

14 «B. Virgo a Christo constituta materfamilias suae Ecclesiae, omnibus eius filiis et fidelibus, etiam simul sumptis, dignior sit oportet. Unde S. Irenaeus: «Quid est, ait, quod sine Mariae consensu non perficitur Incarnationis mysterium? quia nempe vult illam Deus omnium bonorum esse principium.» CORNELIUS A LAPIDE, In Proverbia Salomonis, XXXI, 29. - «Consequenter autem et Maria virgo obediens invenitur, dicens: «Ecce ancilla tua, Domine, fiat mihi secundum verbum tuum;» Eva vero inobediens... Quemadmodum illa (Eva)... inobediens facta, et sibi et universo generi humano causa facta est mortis: sic et Maria... obediens, et sibi et universo generi humano causa facta est salutis... Quia non aliter quod colligatum est solveretur, nisi ipsae compagines alligationis reflectantur retrorsus... Propter hoc et Lucas initium generationis a Domino inchoans, in Adam retulit, significans quoniam non illi hunc, sed hic illos in Evangelium vitae regeneravit. Sic autem et Evae inobedientiae nodus solutionem accepit per obedientiam Mariae. Quod enim alligavit virgo Eva per incredulitatem, hoc virgo Maria solvit per fidem.» S. IRENAEUS, Contra haereses, lib. 3, cap. 22, n. 4. MG 7-958, 959. - «Quemadmodum enim illa (Eva) per angeli sermonem seducta est, ut effugeret Deum, praevaricata verbum eius; ita et haec (Maria) per evangelicum sermonem evangelizata est, ut portaret Deum, obediens eius verbo. Et si ea inobedierat Deo; sed haec suasa est obedire Deo, uti virginis Evae Virgo Maria fieret advocata. Et quemadmodum astrictum est morti genus humanum per virginem, salvatur per Virginem: aequa lance disposita, virginalis inobedientia, per virginalem obedientiam.» IDEM, Contra haereses, lib. 5, cap. 19, n. 1. MG 7- 1175, 1176. - Si noti che il consenso di Maria fu atto di ubbidienza: «Ecce ancilla, etc.» Richiedendosi dunque, per divino consiglio, l'ubbidienza di Maria all'opera della Redenzione, richiedevasi il suo consenso. E questo fu il principio di tutti i beni. Ci pare dunque Cornelio a Lapide aver bene inteso e compendiato il pensiero d'Ireneo.

15 «Per ipsam (Mariam) et in ipsa et cum ipsa habet mundus, habuit et habiturs est omne bonum.» RAYMUNDUS IORDANUS (sapiens Idiota), Abbas Cellensis, Contemplationes de B. Virgine, Prooemium. Bourassé-Migne, Summa Aurea, IV-851.

16 «Quis te non amet? quis te non colat? Tu enim in rebus dubiis es carum lumen, in maeroribus solatium, in angustiis relevamen, in periculis et tentationibus refugium: tu post Unigenitum tuum certa fidelium salus... Ave, desperantium spes opportuna, et auxilio destitutorum adiutrix praesentissima Maria: cuius honori tantum tribuit Filius, ut quidquid petieris, mox impetres, quidquid volueris, mox fiat.» Lud. BLOSIUS, Paradisus animae fidelis, pars 2, Piarum precularum cimeliarchion, IV, Endologia prima (ad Mariam). Opera, Antverpiae, 1632, pag. 51, 52. - Cf., pag. 257, Sacellum animae fidelis, pars 2, Preculae admodum piae, Preculae ad Mariam, Endologia ad Mariam IV (la stessa preghiera, con qualche lievissimo cambiamento).

17 «Sed, o Domina, sola tu meum ex Deo solatium; divinus ros in me exsistentis aestus; exarescentis cordis mei divinitus affluentes guttae, tenebricosae animae meae splendidissima lampas, itineris mei deductio, meae debilitatis virtus, nuditatis meae vestimentum, mendicitatis meae divitiae, insanabilium vulnerum meorum exstinctio, gemituum meorum cessatio, calamitatum depulsio, dolorum levatio, vinculorum solutio, meae spes salutis, exaudi preces meas; miserere meorum gemituum, ac suscipe lamenta mea... Ita, Domina mea, ita, meum refugium; vita ac auxilium meum, armatura ac gloriatio, spes mea ac robur meum.» S. GERMANUS, Patriarcha CP., Oratio 4, in Praesentationem SS. Deiparae 2. MG 98-318, 319.

18 A. ANTONINUS, Sum. Theol., pars 4, titulus 15, cap. 20, § 12. Veronae, 1740, col. 1061.

19 «Inventa Virgine Maria, invenitur omne bonum.» RAYMUNDUS IORDANUS, Contemplationes, Prooemium, ut supra. Bourassé-Migne, Summa Aurea, IV, 851.

20 Mecum sunt divitiae et gloria, opes superbae et iustitia... ut ditem diligentes me et thesauros eorum repleam. Prov. VIII, 18, 21.

21 «Sicut oculi ancillae in manibus dominae suae, etc. (Ps. CXXII, 2). Ancilla Dominae Mariae est quaelibet anima fidelis, imo etiam Ecclesia universalis. Oculi huius ancillae in manibus Dominae suae semper debent esse, quia oculi Ecclesiae, oculi omnium nostrum, ad manus Mariae semper debent respicere, ut per manus eius aliquid boni accipiamus, et per manus eius, quidquid boni agimus, Domino offeramus.» CONRADUS SAXON, cognomento Holzingarius, Speculum B. M. V. (inter Opera S. Bonav., ed. Rom. et Lugdun., VI, 434, col. 1), lectio 3. - Vedi Appendice, 2.

22 Luc. I, 48.

23 «Omnes, inquam, generationes. Sunt enim generationes caeli et terrae. Pater spirituum, ait Apostolus, ex quo omnis paternitas in caelo (caelis) et in terra nominatur (Ephes. III, 15). Ex hoc ergo beatam te dicent omnes generationes, quae omnibus generationibus vitam et gloriam genuisti. In te enim angeli laetitiam, iusti gratiam, peccatores veniam inveniunt (al. invenerunt) in aeternum.» S. BERNARDUS, In festo Pentecostes sermo 2, n. 4. ML 183-328.

24 «Matrem meam devotione praecipua venerare, ipsam pie crebroque salutando, atque vitam et virtutes eius studiose imitando. Ego enim hanc mundo dedi in sanctitatis, innocentiae ac puritatis exemplum, in singulare patrocinium, et in praesidium tutissimum, ut sit tribulatis ac desolatis omnibus immunitatis asylum, quam nemo horreat, nemo formidet, nemo ad eam accedere trepidet. Propterea namque adeo feci eam mitem, adeo piam, adeo misericordem, adeo denique benignam et clementem, ut neminem aspernetur, nulli se neget, omnibus pietatis sinum apertum teneat, neminem a se redire tristem aut non consolatum sinat.» Io. LANSPERGIUS, Cartusianus, Alloquia Iesu Christi ad animam, lib. 1, pars 3, canon 12. Opuscula spiritualia, I, Coloniae Agrippinae, 1693, pag. 486. Ed. Colonien., 1737, pag. 125.

25 «Quantumcumque me Deus praesciverit... scio quod seipsum negare non potest. Eum ergo totis visceribus amplexabor, et ipsum stringens fortiter, etiamsi aurora apparuerit (Gen. XXXII, 26), et non mihi benedixerit, non ipsum dimittam; quod si benedixerit mihi, nec etiam tunc dimittam, et sine me recedere non valebit... Aut certe scio quid faciam. In cavernis vulnerum suorum me abscondam, ibique quietus (al. laetus) latitabo, nec extra se me invenire poterit, et etiam expellere non decebit, qui dicit: Eum qui venit ad me, non eiiciam foras (Io. VI, 37)... Aut ad Matris suae pedes provolutus stabo... et ut mihi veniam impetret, implorabo. Nec repulsam ab ea pati potero, quia fons pietatis ab omnibus praedicatur. Ipsa enim non misereri ignorat, et miseris non satisfacere numquam scivit... Ideoque ex compassione maxima ante Filium suum mecum, si dici potest, misera apparebit, et mihi ad indulgentiam suum unicum Filium inclinabit.» Stimulus amoris, pars 3, cap. 13. Inter Opera S. Bonav., ed. Rom., Mogunt. et Lugdun., VII, 226, col. 1. - Vedi Appendice, 2.

26 «O optima, respice servos tuos, respice. In te enim omnes spem nostram collocavimus.» EUTHYMIUS monachus, Sermo de zona SS. Deiparae, n. 15. MG 131-1249.



27 Accasato, unito in matrimonio.

28
 AURIEMMA, Affetti scambievoli, parte 2, Bologna, 1681, pag. 301: (Motivo per amar Maria Madre nostra (pag. 238-428), cap. 3. La narrazione comincia così: «Conchiudo con un fatto maraviglioso, che da Geronimo Tais, Domenicano, rapporta Alonso Andrada (c. 36 de imit. Virg.)». - Alfonso de Andrada (1592-1672), S. I., scrisse, tra altre opere, «Guia de la virtud, y de la Imitación de Nuestra Señora para todos estados», in tre vol., in-4, Madrid, 1642, 1644, 1646. - Il Tesoro del Rosario deve essere o il testo stesso o una traduzione del «Mare magnum exemplorum SS. Rosarii ex diversis auctoribus ac voluminibus congregatum per R. P. F. Dominicum RIERA, O. P.,» Exemplum 38, Maioricae, 1699. Meglio si direbbe parte 6, giacché vengono premesse le cinque parti del «Opus aureum B. Alani de Rupe». In fine della sua narrazione, soggiunge il Riera: «Taix in add. cap. 31. Sagastiz., lib. 6, cap. 55. Haec Fernandez, lib. 4, cap. 28.» Certamente si desiderebbe qualche notizia più precisa sulla prima fonte di questa narrazione veramente straordinaria. Ad ogni modo, non sarebbe una ragione perentoria di rigettarla il solo fatto della risurrezione di quella donna infelice. Oltreché niente passa il potere di Maria, sappiamo che, in tempo vicino al nostro, Maria SS. risuscitò, in Alessandria d'Egitto, una giovinetta di 13 anni, messa a morte da un Maomettano, la quale fu poi Suor Maria di Gesù Crocifisso, conversa Carmelitana, morta (1878) in odore di santità nel Monastero di Betlemme, di cui si va instruendo il processo di beatificazione. - Vedi Appendice, 9.

UNA MEDITAZIONE FONDAMENTALE partendo dai Messaggi della Madonna Santissima in San Damiano Piacentino












MADONNA DELLE ROSE




 

FONDAMENTALE DISCORSO: Cari amici! Dio guida la sua Chiesa, la sorregge sempre anche e soprattutto nei momenti difficili. Non perdiamo mai questa visione di fede, che è l’unica vera visione del cammino della Chiesa e del mondo. Nel nostro cuore, nel cuore di ciascuno di voi, ci sia sempre la gioiosa certezza che il Signore ci è accanto, non ci abbandona, ci è vicino e ci avvolge con il suo amore.

 


BENEDETTO XVI

AR  - DE  - EN  - ES  - FR  - HR  - IT  - PT ]

UDIENZA GENERALE

Piazza San Pietro
Mercoledì, 27 febbraio 2013

[Video]

 

Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Presbiterato!
Distinte Autorità!
Cari fratelli e sorelle!

Vi ringrazio di essere venuti così numerosi a questa mia ultima Udienza generale.

Grazie di cuore! Sono veramente commosso! E vedo la Chiesa viva! E penso che dobbiamo anche dire un grazie al Creatore per il tempo bello che ci dona adesso ancora nell’inverno.

Come l’apostolo Paolo nel testo biblico che abbiamo ascoltato, anch’io sento nel mio cuore di dover soprattutto ringraziare Dio, che guida e fa crescere la Chiesa, che semina la sua Parola e così alimenta la fede nel suo Popolo. In questo momento il mio animo si allarga ed abbraccia tutta la Chiesa sparsa nel mondo; e rendo grazie a Dio per le «notizie» che in questi anni del ministero petrino ho potuto ricevere circa la fede nel Signore Gesù Cristo, e della carità che circola realmente nel Corpo della Chiesa e lo fa vivere nell’amore, e della speranza che ci apre e ci orienta verso la vita in pienezza, verso la patria del Cielo.

Sento di portare tutti nella preghiera, in un presente che è quello di Dio, dove raccolgo ogni incontro, ogni viaggio, ogni visita pastorale. Tutto e tutti raccolgo nella preghiera per affidarli al Signore: perché abbiamo piena conoscenza della sua volontà, con ogni sapienza e intelligenza spirituale, e perché possiamo comportarci in maniera degna di Lui, del suo amore, portando frutto in ogni opera buona (cfr Col 1,9-10).

In questo momento, c’è in me una grande fiducia, perché so, sappiamo tutti noi, che la Parola di verità del Vangelo è la forza della Chiesa, è la sua vita. Il Vangelo purifica e rinnova, porta frutto, dovunque la comunità dei credenti lo ascolta e accoglie la grazia di Dio nella verità e nella carità. Questa è la mia fiducia, questa è la mia gioia.

Quando, il 19 aprile di quasi otto anni fa, ho accettato di assumere il ministero petrino, ho avuto la ferma certezza che mi ha sempre accompagnato: questa certezza della vita della Chiesa dalla Parola di Dio. In quel momento, come ho già espresso più volte, le parole che sono risuonate nel mio cuore sono state: Signore, perché mi chiedi questo e che cosa mi chiedi? E’ un peso grande quello che mi poni sulle spalle, ma se Tu me lo chiedi, sulla tua parola getterò le reti, sicuro che Tu mi guiderai, anche con tutte le mie debolezze. E otto anni dopo posso dire che il Signore mi ha guidato, mi è stato vicino, ho potuto percepire quotidianamente la sua presenza. E’ stato un tratto di cammino della Chiesa che ha avuto momenti di gioia e di luce, ma anche momenti non facili; mi sono sentito come san Pietro con gli Apostoli nella barca sul lago di Galilea: il Signore ci ha donato tanti giorni di sole e di brezza leggera, giorni in cui la pesca è stata abbondante; vi sono stati anche momenti in cui le acque erano agitate ed il vento contrario, come in tutta la storia della Chiesa, e il Signore sembrava dormire. Ma ho sempre saputo che in quella barca c’è il Signore e ho sempre saputo che la barca della Chiesa non è mia, non è nostra, ma è sua. E il Signore non la lascia affondare; è Lui che la conduce, certamente anche attraverso gli uomini che ha scelto, perché così ha voluto. Questa è stata ed è una certezza, che nulla può offuscare. Ed è per questo che oggi il mio cuore è colmo di ringraziamento a Dio perché non ha fatto mai mancare a tutta la Chiesa e anche a me la sua consolazione, la sua luce, il suo amore.

Siamo nell’Anno della fede, che ho voluto per rafforzare proprio la nostra fede in Dio in un contesto che sembra metterlo sempre più in secondo piano. Vorrei invitare tutti a rinnovare la ferma fiducia nel Signore, ad affidarci come bambini nelle braccia di Dio, certi che quelle braccia ci sostengono sempre e sono ciò che ci permette di camminare ogni giorno, anche nella fatica. Vorrei che ognuno si sentisse amato da quel Dio che ha donato il suo Figlio per noi e che ci ha mostrato il suo amore senza confini. Vorrei che ognuno sentisse la gioia di essere cristiano. In una bella preghiera da recitarsi quotidianamente al mattino si dice: «Ti adoro, mio Dio, e ti amo con tutto il cuore. Ti ringrazio di avermi creato, fatto cristiano…». Sì, siamo contenti per il dono della fede; è il bene più prezioso, che nessuno ci può togliere! Ringraziamo il Signore di questo ogni giorno, con la preghiera e con una vita cristiana coerente. Dio ci ama, ma attende che anche noi lo amiamo!


Ma non è solamente Dio che voglio ringraziare in questo momento. Un Papa non è solo nella guida della barca di Pietro, anche se è la sua prima responsabilità. Io non mi sono mai sentito solo nel portare la gioia e il peso del ministero petrino; il Signore mi ha messo accanto tante persone che, con generosità e amore a Dio e alla Chiesa, mi hanno aiutato e mi sono state vicine. 

Anzitutto voi, cari Fratelli Cardinali: la vostra saggezza, i vostri consigli, la vostra amicizia sono stati per me preziosi; i miei Collaboratori, ad iniziare dal mio Segretario di Stato che mi ha accompagnato con fedeltà in questi anni; la Segreteria di Stato e l’intera Curia Romana, come pure tutti coloro che, nei vari settori, prestano il loro servizio alla Santa Sede: sono tanti volti che non emergono, rimangono nell’ombra, ma proprio nel silenzio, nella dedizione quotidiana, con spirito di fede e umiltà sono stati per me un sostegno sicuro e affidabile. 

Un pensiero speciale alla Chiesa di Roma, la mia Diocesi! Non posso dimenticare i Fratelli nell’Episcopato e nel Presbiterato, le persone consacrate e l’intero Popolo di Dio: nelle visite pastorali, negli incontri, nelle udienze, nei viaggi, ho sempre percepito grande attenzione e profondo affetto; ma anch’io ho voluto bene a tutti e a ciascuno, senza distinzioni, con quella carità pastorale che è il cuore di ogni Pastore, soprattutto del Vescovo di Roma, del Successore dell’Apostolo Pietro. Ogni giorno ho portato ciascuno di voi nella preghiera, con il cuore di padre.

Vorrei che il mio saluto e il mio ringraziamento giungesse poi a tutti: il cuore di un Papa si allarga al mondo intero. E vorrei esprimere la mia gratitudine al Corpo diplomatico presso la Santa Sede, che rende presente la grande famiglia delle Nazioni. Qui penso anche a tutti coloro che lavorano per una buona comunicazione e che ringrazio per il loro importante servizio.

A questo punto vorrei ringraziare di vero cuore anche tutte le numerose persone in tutto il mondo, che nelle ultime settimane mi hanno inviato segni commoventi di attenzione, di amicizia e di preghiera. Sì, il Papa non è mai solo, ora lo sperimento ancora una volta in un modo così grande che tocca il cuore. Il Papa appartiene a tutti e tantissime persone si sentono molto vicine a lui. E’ vero che ricevo lettere dai grandi del mondo – dai Capi di Stato, dai Capi religiosi, dai rappresentanti del mondo della cultura eccetera. Ma ricevo anche moltissime lettere da persone semplici che mi scrivono semplicemente dal loro cuore e mi fanno sentire il loro affetto, che nasce dall’essere insieme con Cristo Gesù, nella Chiesa. Queste persone non mi scrivono come si scrive ad esempio ad un principe o ad un grande che non si conosce. Mi scrivono come fratelli e sorelle o come figli e figlie, con il senso di un legame familiare molto affettuoso. 

Qui si può toccare con mano che cosa sia Chiesa – non un’organizzazione, un’associazione per fini religiosi o umanitari, ma un corpo vivo, una comunione di fratelli e sorelle nel Corpo di Gesù Cristo, che ci unisce tutti. Sperimentare la Chiesa in questo modo e poter quasi toccare con le mani la forza della sua verità e del suo amore, è motivo di gioia, in un tempo in cui tanti parlano del suo declino. Ma vediamo come la Chiesa è viva oggi!


In questi ultimi mesi, ho sentito che le mie forze erano diminuite, e ho chiesto a Dio con insistenza, nella preghiera, di illuminarmi con la sua luce per farmi prendere la decisione più giusta non per il mio bene, ma per il bene della Chiesa. Ho fatto questo passo nella piena consapevolezza della sua gravità e anche novità, ma con una profonda serenità d’animo. Amare la Chiesa significa anche avere il coraggio di fare scelte difficili, sofferte, avendo sempre davanti il bene della Chiesa e non se stessi.

Qui permettetemi di tornare ancora una volta al 19 aprile 2005. La gravità della decisione è stata proprio anche nel fatto che da quel momento in poi ero impegnato sempre e per sempre dal Signore. Sempre – chi assume il ministero petrino non ha più alcuna privacy. Appartiene sempre e totalmente a tutti, a tutta la Chiesa. Alla sua vita viene, per così dire, totalmente tolta la dimensione privata.

Ho potuto sperimentare, e lo sperimento precisamente ora, che uno riceve la vita proprio quando la dona. Prima ho detto che molte persone che amano il Signore amano anche il Successore di san Pietro e sono affezionate a lui; che il Papa ha veramente fratelli e sorelle, figli e figlie in tutto il mondo, e che si sente al sicuro nell’abbraccio della vostra comunione; perché non appartiene più a se stesso, appartiene a tutti e tutti appartengono a lui.

Il “sempre” è anche un “per sempre” - non c’è più un ritornare nel privato. La mia decisione di rinunciare all’esercizio attivo del ministero, non revoca questo. Non ritorno alla vita privata, a una vita di viaggi, incontri, ricevimenti, conferenze eccetera. Non abbandono la croce, ma resto in modo nuovo presso il Signore Crocifisso. Non porto più la potestà dell’officio per il governo della Chiesa, ma nel servizio della preghiera resto, per così dire, nel recinto di san Pietro. San Benedetto, il cui nome porto da Papa, mi sarà di grande esempio in questo. Egli ci ha mostrato la via per una vita, che, attiva o passiva, appartiene totalmente all’opera di Dio.

Ringrazio tutti e ciascuno anche per il rispetto e la comprensione con cui avete accolto questa decisione così importante. Io continuerò ad accompagnare il cammino della Chiesa con la preghiera e la riflessione, con quella dedizione al Signore e alla sua Sposa che ho cercato di vivere fino ad ora ogni giorno e che vorrei vivere sempre. 

Vi chiedo di ricordarmi davanti a Dio, e soprattutto di pregare per i Cardinali, chiamati ad un compito così rilevante, e per il nuovo Successore dell’Apostolo Pietro: il Signore lo accompagni con la luce e la forza del suo Spirito.


Invochiamo la materna intercessione della Vergine Maria Madre di Dio e della Chiesa perché accompagni ciascuno di noi e l’intera comunità ecclesiale; a Lei ci affidiamo, con profonda fiducia.

Cari amici! Dio guida la sua Chiesa, la sorregge sempre anche e soprattutto nei momenti difficili. Non perdiamo mai questa visione di fede, che è l’unica vera visione del cammino della Chiesa e del mondo. Nel nostro cuore, nel cuore di ciascuno di voi, ci sia sempre la gioiosa certezza che il Signore ci è accanto, non ci abbandona, ci è vicino e ci avvolge con il suo amore. Grazie!





Saluti:

Je vous salue cordialement chers pèlerins de langue française, en particulier les personnes venant de France, de Belgique et des pays francophones qui ont voulu m’accompagner en étant présentes ici ou par la radio et la télévision. Je vous demande de vous souvenir de moi devant Dieu et de prier pour les Cardinaux appelés à élire un nouveau Successeur de l’Apôtre Pierre. Priez aussi pour que le Seigneur l’accompagne de la lumière et de la force de son Esprit ! Que Dieu vous bénisse ! Merci.

I offer a warm and affectionate greeting to the English-speaking pilgrims and visitors who have joined me for this, my last General Audience. Like Saint Paul, whose words we heard earlier, my heart is filled with thanksgiving to God who ever watches over his Church and her growth in faith and love, and I embrace all of you with joy and gratitude.

Ein herzliches »Vergelt’s Gott« sage ich allen Brüdern und Schwestern deutscher Sprache – euch, liebe Freunde, die ihr zu dieser letzten Generalaudienz meines Pontifikats gekommen seid, und allen zu Hause. Und ich danke der Traunsteiner Blaskapelle, daß sie uns die Bayernhymne so schön gespielt hat. Der Herr trägt die Kirche immer, er leitet sie auch in schwierigen Zeiten. Diese Sicht dürfen wir nie verlieren. Wir dürfen stets gewiß sein, der Herr ist uns nahe und umfängt uns mit seiner Liebe. Im Gebet bleiben wir, liebe Freunde, einander nahe, und im Gebet ist der Herr uns nahe. So grüße ich euch alle von ganzem Herzen. Der Herr segne euch und die Kirche in unseren Landen.

Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española, en particular a los grupos provenientes de España y de los países latinoamericanos, que hoy han querido acompañarme. Os suplico que os acordéis de mí en vuestra oración y que sigáis pidiendo por los Señores Cardenales, llamados a la delicada tarea de elegir a un nuevo Sucesor en la Cátedra del apóstol Pedro. Imploremos todos la amorosa protección de la Santísima Virgen María, Madre de la Iglesia. Muchas gracias. Que Dios os bendiga.

Amados peregrinos de língua portuguesa, agradeço-vos o respeito e a compreensão com que acolhestes a minha decisão. Continuarei a acompanhar o caminho da Igreja, na oração e na reflexão, com a mesma dedicação ao Senhor e à sua Esposa que vivi até agora e quero viver sempre. Peço que vos recordeis de mim diante de Deus e sobretudo que rezeis pelos Cardeais chamados a escolher o novo Sucessor do Apóstolo Pedro. Confio-vos ao Senhor, e a todos concedo a Bênção Apostólica.

Saluto in lingua araba:

البَابَا يُصْلِي مِنْ أَجَلِ جَمِيعِ النَّاطِقينَ بِاللُّغَةِ العَرَبِيَّةِ. لِيُبَارِك الرَّبّ جَمِيعَكُمْ.

Traduzione italiana:

Il Papa prega per tutte le persone di lingua araba. Dio vi benedica tutti.

Saluto in lingua polacca:

Witam serdecznie wszystkich Polaków. Ostatnia audiencja generalna jest okazją, by podziękować Bogu za nasze wspólne spotkania. Dziękuję za waszą obecność tu w Rzymie w minionych latach, za wspólną modlitwę, za wszelkie dowody bliskości, sympatii i pamięci. Dziękuję Bogu za pielgrzymkę do Polski na początku mojego pontyfikatu i serdeczne przyjęcie jakiego doznałem. Mając wielkiego orędownika przed Bogiem, błogosławionego Jana Pawła II, „trwajcie mocni w wierze!” (por. 1 Kor 16, 13). Proszę was nadal o modlitwę w mojej intencji i w intencjach Kościoła. Niech będzie pochwalony Jezus Chrystus.

Traduzione italiana:

Saluto cordialmente tutti i Polacchi. L’ultima l’udienza generale è l’occasione per esprimere gratitudine a Dio per questi momenti di incontro. Vi ringrazio per la vostra costante presenza qui a Roma negli anni trascorsi, per ogni espressione di vicinanza, di simpatia e di ricordo. Rendo grazie a Dio per il mio pellegrinaggio in Polonia all’inizio del mio pontificato e per la calorosa accoglienza che ho sperimentato in quella occasione. Avendo un grande intercessore presso Dio, il Beato Giovanni Paolo II, “state saldi nella fede!” (cfr. 1 Cor 16, 13). Vi chiedo di continuare a pregare per me e per la Chiesa. Sia lodato Gesù Cristo.

Saluto in lingua croata:

Srdačno pozdravljam sve hrvatske hodočasnike! Dragi prijatelji, hvala na vašoj ljubavi i blizini. Pod zaštitom Majke Marije, ostanimo povezani u molitvi i vjeri u Krista Uskrslog. Rado blagoslivljam vas i vaše obitelji. Hvaljen Isus i Marija!

Traduzione italiana:

Cordialmente saluto tutti i pellegrini croati! Cari amici, vi ringrazio per il vostro affetto e la vicinanza. Sotto la protezione della Madre celeste, rimaniamo uniti nella preghiera e nella fede in Cristo Risorto. Volentieri benedico tutti voi e le vostre famiglie. Siano lodati Gesù e Maria!

Saluto in lingua ceca:

S láskou zdravím poutníky z České republiky. Děkuji vám za vaši přítomnost a zvu vás, abyste ve světě věrně svědčili o radostné zvěsti spásy. Rád žehnám vám a vašim rodinám. Chvála Kristu!

Traduzione italiana:

Saluto con affetto i pellegrini provenienti dalla Repubblica Ceca e, nel ringraziarli per la loro presenza li invito ad essere nel mondo testimoni fedeli della Buona Novella della salvezza. Volentieri benedico voi e le vostre famiglie. Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua slovacca:

S láskou vítam pútnikov zo Slovenskej republiky.
Bratia a sestry, ďakujem vám za modlitby a pozornosť, ktorými ste sprevádzali moju službu Nástupcu svätého Petra a zo srdca žehnám vás i vaše rodiny vo vlasti.
Pochválený buď Ježiš Kristus!

Traduzione italiana:

Con affetto do un benvenuto ai pellegrini provenienti dalla Repubblica Slovacca.
Fratelli e sorelle, vi ringrazio per le preghiere e per l’attenzione con le quali avete accompagnato il mio servizio di Successore di San Pietro e cordialmente benedico voi e le vostre famiglie in Patria.
Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua rumena:

Lăudat să fie Isus Cristos! Adresez un salut cordial credincioşilor de limba română, mai ales celor de la Oradea! Vă primesc cu bucurie şi vă doresc ca pelerinajul vostru să aducă roade bune pentru voi şi comunităţile voastre. Vă binecuvântez din toată inima!

Traduzione italiana:

Sia lodato Gesù Cristo! Rivolgo un cordiale saluto ai fedeli di lingua rumena, specialmente a quelli provenienti da Oradea. Vi accolgo volentieri ed auspico che il vostro pellegrinaggio apporti frutti di bene a voi ed alle vostre comunità. Di cuore vi benedico!

* * *

Rivolgo un cordiale benvenuto a tutti i pellegrini di lingua italiana. Grazie per il vostro affetto e amore. Grazie! Cari amici, grazie per questi otto anni tra di voi e vi ringrazio per la vostra partecipazione così numerosa a questo incontro, come pure per il vostro affetto e per la gioia della vostra fede. Sono sentimenti che ricambio cordialmente, assicurando la mia preghiera per voi qui presenti, per le vostre famiglie, per le persone a voi care, per la cara Italia e Roma.

Il mio pensiero si rivolge, infine, ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. Il Signore riempia del suo amore il cuore di ciascuno di voi, cari giovani, perché siate pronti a seguirlo con entusiasmo; sostenga voi, cari malati, perché accettiate con serenità il peso della sofferenza; e guidi voi, cari sposi novelli, perché facciate crescere le vostre famiglie nella santità.

Benedicto XVI confirma en la fe.

 Benedicto XVI confirma en la fe: debe rechazarse la legalización de las uniones homosexuales

 Papa Benedicto XVI

«EL HOMBRE TIENE UNA NATURALEZA QUE LE HA SIDO DADA Y VIOLARLA CONDUCE A LA AUTODESTRUCCIÓN»

Benedicto XVI confirma en la fe: debe rechazarse la legalización de las uniones homosexuales

En la introducción de un nuevo libro, Benedicto XVI ha advertido de que cualquier tipo de legalización de las uniones homosexuales, -que algunos obispos defienden si no se les llama matrimonio- es una perversión de la ley natural y una revolución opuesta a toda la tradición de la humanidad hasta hoy. El pontífice emérito, que asegura que la deriva empezó con la aceptación de la anticoncepción, reafirma lo que la Iglesia ha enseñado siempre sobre estas cuestiones, doctrina que él defendió siendo cardenal Prefecto de la Doctrina de la Fe, avalado por Juan Pablo II, y luego como Papa.

(CNA/InfoCatólica) El papa emérito Benedicto XVI ha señalado que la legalización del matrimonio de personas del mismo sexo en muchos países es «una distorsión de la conciencia» que también ha afectado a algunos en círculos católicos.

En la introducción de un nuevo libroque reúne sus escritos sobre Europa y cuenta con un prefacio del Papa Francisco, Benedicto XVI resalta que «con la legalización del ‘matrimonio del mismo sexo’ en 16 países europeos, el asunto del matrimonio y la familia ha tomado una nueva dimensión que no puede ignorarse.

«Presenciamos una distorsión de la conciencia que evidentemente ha penetrado profundamente en sectores de personas católicas», advierte el pontífice emérito.

«Esto no puede responderse con un poco de moralismo o incluso con algunas referencias exegéticas. Este problema es más profundo y por lo tanto debe ser respondido en sus términos fundamentales», precisa Benedicto XVI.

La introducción, publicada en el diario Il Foglio este 16 de septiembre, pertenece al libro en italiano «La verdadera Europa: Identidad y misión».

Benedicto XVI asegura que el concepto de «matrimonio del mismo sexo» es «una contradicción con todas las culturas de la humanidad que se han sucedido hasta ahora, y significa una revolución cultural opuesta a toda la tradición de la humanidad hasta hoy».

El papa Emérito resalta que no hay duda de que las distintas culturas tienen diversas concepciones morales y jurídicas sobre el matrimonio y la familia, como las profundas diferencias entre monogamia y poligamia. Sin embargo, nunca se ha cuestionado el hecho de que la existencia del ser humano en sus formas masculina y femenina está ordenada a la procreación, «así como el hecho que la comunidad de hombre y mujer y la apertura a la transmisión de la vida determinan la esencia de lo que se llama matrimonio».

«La certeza básica de que la humanidad existe como masculina y femenina, y que la transmisión de la vida sirve a esta tarea y que, en esta, más allá de todas las diferencias, en esto consiste esencialmente el matrimonio, es una certeza original que ha sido obvia para la humanidad hasta ahora», escribe Benedicto XVI.

Con la anticoncepción empezó todo

El papa emérito indica que lo que socava fundamentalmente esta idea se introdujo con la invención de la píldora anticonceptiva y la posibilidad que abrió de separar la fertilidad de la sexualidad.

«Esta separación significa, de hecho, que de esta manera todas las formas de sexualidad son equivalentes. Ya no existe un criterio fundamental», resalta.

Según Benedicto XVI, este nuevo mensaje transformó profundamente las conciencias de hombres y mujeres, primero lentamente pero ahora de forma más clara.

Desde la separación de sexualidad de la fertilidad, continúa, llega lo contrario:

«La fertilidad, naturalmente, puede pensarse incluso sin sexualidad».

El pontifice alemán destaca que en ese panorama parece correcto ya no confiar más la procreación de seres humanos a la «pasión ocasional de la carne, sino a un plan y producción de humanos racionalmente». De ese modo, el ser humano ya no es «concebido ni generado sino hecho», lo que significa que una persona humana ya no es un don a ser acogido sino «un producto planificado por nuestro quehacer».

Benedicto XVI indica que si se puede planear hacer vida, también es verdad que se puede planear destruirla, alertando que el creciente apoyo al suicidio asistido y la eutanasia parece ser un «fin planeado para acabar con la vida de alguien como parte integral de la tendencia descrita».

Entonces, el asunto del matrimonio del mismo sexo consiste en ser «un poco más de mente abierta. En realidad, surge una pregunta básica: ¿quién es el hombre? Y con ella surge la pregunta sobre si hay un Creador o si somos todos simplemente productos manufacturados».

«Aparece esta alternativa: el hombre es una criatura de Dios, a su imagen y semejanza y un don de Dios, o el hombre es un producto que él mismo sabe cómo crear», escribe el papa emérito.

Benedicto XVI también señala que «el movimiento ecológico ha descubierto el límite de aquello que se puede hacer y ha reconocido que la naturaleza establece para nosotros una medida que no podemos ignorar impunemente». Y añade: 

«También el hombre tiene una naturaleza que le ha sido dada, y violarla o negarla conduce a la autodestrucción. Por esto, la creación del hombre como masculino y femenino es ignorada en el postulado del ‘matrimonio homosexual'»

Es la doctrina de siempre

La postura de Benedicto XVI es la misma que la Iglesia ha sostenido siempre sobre la homosexualidad y sobre la condición del matrimonio abierto a la vida como base fundamental de cualquier sociedad humana. Se trata de una doctrina cuestionada por diversos obispos a lo largo de todo el mundo, que pretenden que la Iglesia acepte algún tipo de legalización de las uniones homosexuales. Por no hablar de la deriva de buena parte de la Iglesia en Centroeuropa, donde muchos pretenden que se dé la bendición eclesial a ese tipo uniones contranatura.

Siendo Cardenal Prefecto de la Congregación para la Doctrina de la Fe, y contando con el aval expreso de Juan Pablo II, el actual pontífice emérito expresó la postura de la Iglesia sobre el reconocimiento legal de las uniones homosexuales. El texto concluía así:

«La Iglesia enseña que el respeto hacia las personas homosexuales no puede en modo alguno llevar a la aprobación del comportamiento homosexual ni a la legalización de las uniones homosexuales. El bien común exige que las leyes reconozcan, favorezcan y protejan la unión matrimonial como base de la familia, célula primaria de la sociedad. Reconocer legalmente las uniones homosexuales o equipararlas al matrimonio, significaría no solamente aprobar un comportamiento desviado y convertirlo en un modelo para la sociedad actual, sino también ofuscar valores fundamentales que pertenecen al patrimonio común de la humanidad. La Iglesia no puede dejar de defender tales valores, para el bien de los hombres y de toda la sociedad».

Y ya como Papa, pronunció un discurso el 12 de enero del 2006, en pleno debate sobre las uniones civiles en Italia, en el que afirmó:

«...es un grave error oscurecer el valor y las funciones de la familia legítima fundada en el matrimonio, atribuyendo a otras formas de unión reconocimientos jurídicos impropios, de los cuales no existe, en realidad, ninguna exigencia social efectiva».

En ese mismo discurso hizo referencia al pronunciado el año anterior:

«En cambio, las diversas formas actuales de disolución del matrimonio, como las uniones libres y el "matrimonio a prueba", hasta el pseudo-matrimonio entre personas del mismo sexo, son expresiones de una libertad anárquica, que se quiere presentar erróneamente como verdadera liberación del hombre. Esa pseudo-libertad se funda en una trivialización del cuerpo, que inevitablemente incluye la trivialización del hombre. Se basa en el supuesto de que el hombre puede hacer de sí mismo lo que quiera:  así su cuerpo se convierte en algo secundario, algo que se puede manipular desde el punto de vista humano, algo que se puede utilizar como se quiera»

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