sabato 18 settembre 2021

“La vera Europa. Identità e Missione”. RENDERE GIUSTIZIA DI FRONTE A DIO DEL COMPITO AFFIDATOCI PER L’UOMO



Cari amici  ieri per i tipi di Cantagalli è uscito al pubblico l’ultima fatica editoriale di Joseph Ratzinger – Benedetto XVI, “La vera Europa. Identità e Missione”. Il testo è aperto da una breve  introduzione di Ber.

 E qui trovate alcune pagine dell’introduzione all’opera di Benedetto XVI:



RENDERE GIUSTIZIA DI FRONTE A DIO 

DEL COMPITO AFFIDATOCI PER L’UOMO

di Sua Santità Benedetto XVI

Con la legalizzazione in sedici Stati europei del “matrimonio omo- sessuale”, il tema matrimonio e famiglia ha assunto una nuova dimen- sione che non si può certo ignorare. Si assiste a una deformazione della coscienza che evidentemente è penetrata profondamente in settori del popolo cattolico. A questo non si può rispondere con qualche piccolo moralismo e nemmeno con qualche rimando esegetico. Il problema va in profondità e dunque deve essere affrontato in termini di fondo.

Innanzitutto mi sembra importante osservare che il concetto di “matrimonio omosessuale” è in contraddizione con tutte le culture dell’umanità che si sono succedute sino a oggi, e significa dunque una rivoluzione culturale che si contrappone a tutta la tradizione dell’u- manità sino a oggi. Non c’è dubbio che la concezione giuridica e morale del matrimonio e della famiglia differisce straordinariamente nelle culture del mondo. È possibile constatare non solo la differenza fra monogamia e poligamia, ma anche altre profonde differenze. E tuttavia mai è stata messa in dubbio la comunità basilare, il fatto che l’esistenza dell’uomo – nel modo di maschio e femmina – è ordinata alla procreazione, nonché il fatto che la comunità di maschio e fem- mina e l’apertura alla trasmissione della vita determinano l’essenza di quello che è chiamato matrimonio. La certezza di fondo per cui l’uo- mo esiste come maschio e femmina; che la trasmissione della vita è un compito assegnato all’uomo; che proprio la comunità di maschio e femmina serva questo compito; e che in questo, al di là di tutte le differenze, consista essenzialmente il matrimonio – è una certezza ori-ginaria che sino a oggi è stata ovvia per l’umanità.

Un fondamentale sconvolgimento di questa certezza umana origi- naria è stato introdotto quando, con la pillola, è divenuta possibile in termini di principio la separazione tra fecondità e sessualità. Qui non si tratta di casistica, del se e del quando, eventualmente, l’uso della pillola possa essere moralmente giustificato, bensì della novità fonda- mentale che essa come tale significa: vale a dire proprio la separazione in termini di principio tra sessualità e fecondità. Questa separazione significa, infatti, che in questo modo tutte le forme di sessualità sono equiparate. Non esiste più alcun criterio di fondo. Questo nuovo messaggio, contenuto nell’invenzione della pillola, ha profondamente trasformato la coscienza degli uomini, all’inizio lentamente, poi sem- pre più chiaramente.

Ne consegue un secondo passo: innanzitutto, se la sessualità viene separata dalla fecondità, allora, all’inverso, la fecondità può natural- mente essere pensata anche senza la sessualità. Sembrerà giusto, allora, non affidare più la procreazione dell’uomo alla occasionale passione del corpo, bensì pianificare e produrre l’uomo razionalmente. Questo processo, per cui gli uomini non vengono più generati e concepiti ma fatti, è nel frattempo in pieno svolgimento. Questo tuttavia significa allora che l’uomo non è più un dono ricevuto, ma un prodotto pia- nificato del nostro fare. D’altra parte, quello che si può fare lo si può anche distruggere. In questo senso, la crescente tendenza al suicidio come fine pianificata della propria vita è parte integrante del trend descritto.

In questo modo, però, è evidente che, rispetto alla questione del “matrimonio omosessuale”, non si tratta di essere un tantino più larghi e aperti. Si pone piuttosto la domanda di fondo: chi è l’uomo? E con essa anche la domanda se ci sia un Creatore o se non siamo tutti solo prodotti di un fare. Sorge questa alternativa: o l’uomo è creatura di Dio, è immagine di Dio, è dono di Dio, oppure l’uomo è un prodotto che egli stesso sa creare. Quando si rinuncia all’idea della creazione, si rinuncia alla grandezza dell’uomo, si rinuncia alla sua indisponibilità e alla sua dignità che è al di sopra di ogni pianificazione.

Si può esprimere tutto questo anche da un’altra prospettiva. Il mo- vimento ecologico ha scoperto il limite di quello che si può fare e ha riconosciuto che la “natura” stabilisce per noi una misura che non possiamo impunemente ignorare. Purtroppo non si è ancora concre- tizzata “l’ecologia dell’uomo”. Anche l’uomo possiede una “natura” che gli è stata data, e il violentarla o il negarla conduce all’autodistruzione. Proprio di questo si tratta anche nel caso della creazione dell’uomo come maschio e femmina, che viene ignorata nel postulato del “matrimonio omosessuale”.

Mi sembra che sia importante riflettere sulla questione secondo quest’ordine di grandezza. Solo così renderemo giustizia di fronte a Dio del compito affidatoci per l’uomo.

 

 

 

 

Cantagalli 2021 | pp. 264 | euro 19,00

In libreria dal 16 settembre 2021

Ufficio Stampa Edizioni Cantagalli

ufficiostampa@edizionicantagalli.com

Ufficio Stampa Edizioni Cantagalli | ufficiostampa@edizionicantagalli.com




OMELIA DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI Stadio Comunale "Bentegodi" Giovedì, 19 ottobre 2006

 


OMELIA DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI

Stadio Comunale "Bentegodi"
Giovedì, 19 ottobre 2006

 

Venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio!
Cari fratelli e sorelle!

In questa Celebrazione Eucaristica viviamo il momento centrale del IV Convegno nazionale della Chiesa in Italia, che si raccoglie quest'oggi attorno al Successore di Pietro. Il cuore di ogni evento ecclesiale è l'Eucaristia, nella quale Cristo Signore ci convoca, ci parla, ci nutre e ci invia. È significativo che il luogo prescelto per questa solenne Liturgia sia lo stadio di Verona: uno spazio dove abitualmente si celebrano non riti religiosi, ma manifestazioni sportive, coinvolgendo migliaia di appassionati. Oggi, questo spazio ospita Gesù risorto, realmente presente nella sua Parola, nell'assemblea del Popolo di Dio con i suoi Pastori e, in modo eminente, nel Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue. Cristo viene oggi, in questo moderno areopago, per effondere il suo Spirito sulla Chiesa che è in Italia, perché, ravvivata dal soffio di una nuova Pentecoste, sappia "comunicare il Vangelo in un mondo che cambia", come propongono gli Orientamenti pastorali della Conferenza Episcopale Italiana per il decennio 2000-2010.

A voi, venerati Fratelli Vescovi, con i Presbiteri e i Diaconi, a voi, cari delegati delle Diocesi e delle aggregazioni laicali, a voi religiose, religiosi e laici impegnati rivolgo il mio più cordiale saluto, che estendo a quanti si uniscono a noi mediante la radio e la televisione. Saluto e abbraccio spiritualmente l'intera Comunità ecclesiale italiana, Corpo di Cristo vivente. Desidero esprimere in modo speciale il mio apprezzamento a quanti hanno a lungo faticato per la preparazione e l'organizzazione di questo Convegno: il Presidente della Conferenza Episcopale Cardinale Camillo Ruini, il Segretario Generale Mons. Giuseppe Betori con i collaboratori dei vari uffici; il Cardinale Dionigi Tettamanzi e gli altri membri del Comitato preparatorio; il Vescovo di Verona, Mons. Flavio Roberto Carraro, al quale sono grato per le cortesi parole che mi ha rivolto all'inizio della celebrazione a nome anche di questa amata comunità veronese che ci accoglie. Un deferente pensiero va anche al Signor Presidente del Consiglio dei Ministri e alle altre distinte Autorità presenti; un cordiale ringraziamento infine agli operatori della comunicazione che seguono i lavori di quest'importante assise della Chiesa in Italia.


Le Letture bibliche, che poc'anzi sono state proclamate, illuminano il tema del Convegno: "Testimoni di Gesù risorto, speranza del mondo". La Parola di Dio pone in evidenza la risurrezione di Cristo, evento che ha rigenerato i credenti a una speranza viva, come si esprime l'apostolo Pietro all'inizio della sua Prima Lettera. Questo testo ha costituito l'asse portante dell'itinerario di preparazione a questo grande incontro nazionale. Quale suo successore, anch'io esclamo con gioia: "Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo" (1 Pt 1, 3), perché mediante la risurrezione del suo Figlio ci ha rigenerati e, nella fede, ci ha donato una speranza invincibile nella vita eterna, così che noi viviamo nel presente sempre protesi verso la meta, che è l'incontro finale con il nostro Signore e Salvatore. Forti di questa speranza non abbiamo paura delle prove, le quali, per quanto dolorose e pesanti, mai possono intaccare la gioia profonda che ci deriva dall'essere amati da Dio. Egli, nella sua provvidente misericordia, ha dato il suo Figlio per noi e noi, pur senza vederlo, crediamo in Lui e Lo amiamo (cfr 1 Pt 1, 3-9). Il suo amore ci basta.


Dalla forza di questo amore, dalla salda fede nella risurrezione di Gesù che fonda la speranza, nasce e costantemente si rinnova la nostra testimonianza cristiana. È lì che si radica il nostro "Credo", il simbolo di fede a cui ha attinto la predicazione iniziale e che continua inalterato ad alimentare il Popolo di Dio. Il contenuto del "kerygma" dell'annuncio, che costituisce la sostanza dell'intero messaggio evangelico, è Cristo, il Figlio di Dio fatto Uomo, morto e risuscitato per noi. La sua risurrezione è il mistero qualificante del Cristianesimo, il compimento sovrabbondante di tutte le profezie di salvezza, anche di quella che abbiamo ascoltato nella prima Lettura, tratta dalla parte finale del Libro del profeta Isaia. Dal Cristo Risorto, primizia dell'umanità nuova, rigenerata e rigenerante, è nato in realtà, come predisse il profeta, il popolo dei "poveri" che hanno aperto il cuore al Vangelo e sono diventati e diventano sempre di nuovo "querce di giustizia", "piantagione del Signore per manifestare la sua gloria", ricostruttori di rovine, restauratori di città desolate, stimati da tutti come stirpe benedetta dal Signore (cfr Is 61, 3-4.9). Il mistero della risurrezione del Figlio di Dio, che, salito al cielo accanto al Padre, ha effuso su di noi lo Spirito Santo, ci fa abbracciare con un solo sguardo Cristo e la Chiesa: il Risorto e i risorti, la Primizia e il campo di Dio, la Pietra angolare e le pietre vive, per usare un'altra immagine della Prima Lettera di Pietro (cfr 2, 4-8). Così avvenne all'inizio, con la prima comunità apostolica, e così deve avvenire anche ora.


Dal giorno della Pentecoste, infatti, la luce del Signore risorto ha trasfigurato la vita degli Apostoli. Essi ormai avevano la chiara percezione di non essere semplicemente discepoli di una dottrina nuova ed interessante, ma testimoni prescelti e responsabili di una rivelazione a cui era legata la salvezza dei loro contemporanei e di tutte le future generazioni. La fede pasquale riempiva il loro cuore di un ardore e di uno zelo straordinario, che li rendeva pronti ad affrontare ogni difficoltà e persino la morte, ed imprimeva alle loro parole un'irresistibile energia di persuasione. E così, un manipolo di persone, sprovviste di umane risorse e forti soltanto della loro fede, affrontò senza paura dure persecuzioni e il martirio. Scrive l'apostolo Giovanni: "Questa è la vittoria che ha sconfitto il mondo: la nostra fede" (1 Gv 5, 4b). La verità di quest'affermazione è documentata anche in Italia da quasi due millenni di storia cristiana, con innumerevoli testimonianze di martiri, di santi e beati, che hanno lasciato tracce indelebili in ogni angolo della bella Penisola nella quale viviamo. Alcuni di loro sono stati evocati all'inizio del Convegno e i loro volti ne accompagnano i lavori.


Noi oggi siamo gli eredi di quei testimoni vittoriosi! Ma proprio da questa costatazione nasce la domanda: che ne è della nostra fede? In che misura sappiamo noi oggi comunicarla? La certezza che Cristo è risorto ci assicura che nessuna forza avversa potrà mai distruggere la Chiesa. Ci anima anche la consapevolezza che soltanto Cristo può pienamente soddisfare le attese profonde di ogni cuore umano e rispondere agli interrogativi più inquietanti sul dolore, l'ingiustizia e il male, sulla morte e l'aldilà. 

Dunque, la nostra fede è fondata, ma occorre che questa fede diventi vita in ciascuno di noi. C'è allora un vasto e capillare sforzo da compiere perché ogni cristiano si trasformi in "testimone" capace e pronto ad assumere l'impegno di rendere conto a tutti e sempre della speranza che lo anima (cfr 1 Pt 3, 15). Per questo occorre tornare ad annunciare con vigore e gioia l'evento della morte e risurrezione di Cristo, cuore del Cristianesimo, fulcro portante della nostra fede, leva potente delle nostre certezze, vento impetuoso che spazza ogni paura e indecisione, ogni dubbio e calcolo umano. Solo da Dio può venire il cambiamento decisivo del mondo. Soltanto a partire dalla Risurrezione si comprende la vera natura della Chiesa e della sua testimonianza, che non è qualcosa di staccato dal mistero pasquale, bensì ne è frutto, manifestazione e attuazione da parte di quanti, ricevendo lo Spirito Santo, sono inviati da Cristo a proseguire la sua stessa missione (cfr Gv 20, 21-23).


"Testimoni di Gesù risorto": questa definizione dei cristiani deriva direttamente dal brano del Vangelo di Luca oggi proclamato, ma anche dagli Atti degli Apostoli (cfr At 1, 8.22). Testimoni di Gesù risorto. Quel "di" va capito bene! Vuol dire che il testimone è "di" Gesù risorto, cioè appartiene a Lui, e proprio in quanto tale può rendergli valida testimonianza, può parlare di Lui, farLo conoscere, condurre a Lui, trasmettere la sua presenza. È esattamente il contrario di quello che avviene per l'altra espressione: "speranza del mondo". Qui la preposizione "del" non indica affatto appartenenza, perché Cristo non è del mondo, come pure i cristiani non devono essere del mondo. La speranza, che è Cristo, è nel mondo, è per il mondo, ma lo è proprio perché Cristo è Dio, è "il Santo" (in ebraico Qadosh). Cristo è speranza per il mondo perché è risorto, ed è risorto perché è Dio. Anche i cristiani possono portare al mondo la speranza, perché sono di Cristo e di Dio nella misura in cui muoiono con Lui al peccato e risorgono con Lui alla vita nuova dell'amore, del perdono, del servizio, della non-violenza. Come dice sant'Agostino: "Hai creduto, sei stato battezzato: è morta la vita vecchia, è stata uccisa sulla croce, sepolta nel battesimo. È stata sepolta la vecchia, nella quale malamente sei vissuto: risorga la nuova" (Sermone Guelf. IX, in M. Pellegrino, Vox Patrum, 177). Solo se, come Cristo, non sono del mondo, i cristiani possono essere speranza nel mondo e per il mondo.

Cari fratelli e sorelle, il mio augurio, che sicuramente voi tutti condividete, è che la Chiesa in Italia possa ripartire da questo Convegno come sospinta dalla parola del Signore risorto che ripete a tutti e a ciascuno: siate nel mondo di oggi testimoni della mia passione e della mia risurrezione (cfr Lc 24, 48). In un mondo che cambia, il Vangelo non muta. La Buona Notizia resta sempre la stessa: Cristo è morto ed è risorto per la nostra salvezza! Nel suo nome recate a tutti l'annuncio della conversione e del perdono dei peccati, ma date voi per primi testimonianza di una vita convertita e perdonata. Sappiamo bene che questo non è possibile senza essere "rivestiti di potenza dall'alto" (Lc 24, 49), cioè senza la forza interiore dello Spirito del Risorto. Per riceverla occorre, come disse Gesù ai discepoli, non allontanarsi da Gerusalemme, rimanere nella "città" dove si è consumato il mistero della salvezza, il supremo Atto d'amore di Dio per l'umanità. Occorre rimanere in preghiera con Maria, la Madre che Cristo ci ha donato dalla Croce. Per i cristiani, cittadini del mondo, restare in Gerusalemme non può che significare rimanere nella Chiesa, la "città di Dio", dove attingere dai Sacramenti l'"unzione" dello Spirito Santo. In questi giorni del Convegno ecclesiale nazionale, la Chiesa che è in Italia, obbedendo al comando del Signore risorto, si è radunata, ha rivissuto l'esperienza originaria del Cenacolo, per ricevere nuovamente il dono dall'Alto. 

Ora, consacrati dalla sua "unzione", andate! Portate il lieto annuncio ai poveri, fasciate le piaghe dei cuori spezzati, proclamate la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, promulgate l'anno di misericordia del Signore (cfr Is 61, 1-2). Ricostruite le antiche rovine, rialzate gli antichi ruderi, restaurate le città desolate (cfr Is 61, 4). Sono tante le situazioni difficili che attendono un intervento risolutore! Portate nel mondo la speranza di Dio, che è Cristo Signore, il quale è risorto dai morti, e vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.

Renato Baron e la Regina dell’Amore

 “…Si va maturando la certezza della presenza di Dio in quella rivelazione” della Regina dell’Amore

“Egregio Sig. Renato … Approfitto dell’occasione per informarla con grande gioia, che nell’ultima mia visita fatta a Roma nell’incontro con il Cardinale Ratzinger ho avuto modo di parlare di Lei e dei fatti di Schio (le presunte apparizioni della Regina dell’Amore sono iniziate il 25 marzo 1985 fino al 15 agosto 2004 ), in particolare non posso non riportarLe le affermazioni di Sua Eminenza che disse: “dobbiamo rispetto e attenzione per quanto, ormai da tempo, avviene in diocesi di Vicenza, a Schio, al contrario di altre innumerevoli presunte rivelazioni ‘soprannaturali’ qui si va maturando la certezza della presenza di Dio in quella rivelazione’”. 

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Avendo accompagnato spiritualmente Renato per tanti anni fui colpito dal carattere trinitario fin dai primi messaggi del 7, 8, 10, 11, 12, 24 aprile, 12 maggio:

“Ama con tutto il cuore il Padre. Fallo amare perché Lui vi ama”.

“Prega per la Chiesa. Non disperdetevi ma unitevi e fate in Cristo un solo pane (eucaristico). Il Padre vi ama e io vi protegge”.

“Nulla andrà perduto di quello che offrirete al Padre. Cercate la giustizia e amatevi. Pregate insieme e cercate le cose belle. Ricordati dei sacerdoti”.

“L’egoismo, la superbia, l’incomprensione portano le anime alla perdizione. Il Padre tutti vi aspetta ma troppo pochi arrivano”.

“Cercate il Padre e trovandoLo sarete nella vera gioia. Vivete santamente e gusterete da subito il Regno (cioè l’Amore) del Padre. Abbandonate le stoltezze, prodotto del male. Immergetevi di grazia; abbiate coraggio, non fatevi succubi dei demoni”.

“L’immenso amore del Padre vi salverà. RingraziaLo con tutto te stesso. Lui è amore infinito. Amatevi anche voi in tal misura”.

“Non preoccuparti delle difficoltà. Passeranno e te ne scorderai. Perché sono le sofferenze offerte al Padre che santificano e portano alla gioia eterna. Qui non ci sarà mai notte, né sofferenza, né fame; ma una gioia eterna. Venite tutti! Il Padre vi ha invitato tutti. Ti benedico”.

“Non dividete la Chiesa. Ma unitevi e fate una sola famiglia”.


A servizio dei consacrati nell’ascolto dei Messaggi della Madonna Regina dell’Amore il Maestro per anni dopo la Comunione con voce esterna ha dettato le sue Lettere a Renato. Quella più significativa ripropone oggi con il secolarismo quello che è avvenuto ai tempi di sant’Atanasio con l’arianesimo e il semi arianesimo, al tempo di sant’Agostino con il pelagianesimo e il semi pelagianesimo. 

1 agosto 1991: “La lotta di Satana e dei suoi coadiutori, invisibili e visibili, si dirige verso Dio, una lotta nella quale sacerdoti infedeli e senza la fede, da cui sono decaduti, diventano i più abili aiutanti di Satana. Essi non riconoscono più il Padre e la sua creazione ma si inorgogliscono in folle superbia e credono e si vantano di costruire, con il proprio potere, un mondo più perfetto, e si mettono in bocca la più spaventosa parola che mai sia stata inventata e detta: -Dio è morto! – “Gli stessi rinnegati vogliono spogliare Me, Gesù, Figlio di Dio, della divinità e vorrebbero ridurmi a un semplice uomo, a un riformatore, anzi a un rivoluzionario. Una tale degradazione produce la più grande menzogna che mai sia stata pronunciata e scritta”. Miei cari, in verità io vi dico, i progetti e le opere dei senza-Dio e dei rinnegati saranno distrutte davanti agli occhi di Dio, ma voi dovete sapere che il giudizio di Dio non sarà vicino e che i senza-Dio e i rinnegati, i falsi profeti preparano la loro propria catastrofe ancora prima della catastrofe. Già sapete voi che gli Angeli e i Martiri sono dalla parte mia; essi sono l’invisibile esercito che dai cieli combattono la battaglia assieme a coloro che nel mondo sono miei amici. Siate e rimanete anche voi fra questi”.

Benedetto XVI al IV Convegno Ecclesiale Nazionale di Verona (19 ottobre 2006): 

“Dio rimane escluso dalla cultura e dalla vita pubblica, e la fede in Lui diventa difficile, anche perché viviamo in un mondo che si presenta quasi sempre come opera nostra, nel quale, per così dire, Dio non compare più direttamente, sembra divenire superfluo ed estraneo. In stretto rapporto con tutto questo, ha luogo una radicale riduzione dell’uomo, considerato un semplice prodotto della natura, come tale non realmente libero e di per sé suscettibile di essere trattato come ogni altro animale. 
Si ha così un capovolgimento del punto di partenza di questa cultura, che era una rivendicazione della centralità dell’uomo e della sua libertà. 

Nella medesima linea, l’etica viene ricondotta entro i confini del relativismo e dell’utilitarismo, con l’esclusione di ogni principio morale che sia valido e vincolante per se stesso. 
Non è difficile vedere come questo tipo di cultura rappresenti un taglio radicale e profondo non solo con il cristianesimo ma più in generale con le tradizioni religiose e morali dell’umanità: non sia quindi in grado di instaurare un vero dialogo con le altre culture, nelle quali la dimensione religiosa è fortemente presente, oltre a non poter rispondere alle domande fondamentali sul senso e sulla direzione della nostra vita. 
Perciò questa cultura è contrassegnata da una profonda carenza, ma anche da un grande e inutilmente nascosto bisogno di speranza”. 

Su quest’ultimo autorevole giudizio si fonda il dono del presunto carisma della Regina dell’Amore per quelle piccole comunità creative in continuità con la tradizione cattolica come è avvenuto nel IV e V secolo.