martedì 13 luglio 2021

I cristiani danno a Cesare soltanto quello che è di Cesare, ma non ciò che appartiene a Dio.

Tempo di impegno nel mondo per i cristiani


"Rendi a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio" fu la risposta di Gesù quando gli fu chiesto ciò che pensava sul pagamento delle tasse. Quelli che lo interrogavano, ovviamente, volevano tendergli una trappola. Volevano costringerlo a prendere posizione nel dibattito politico infuocato sulla dominazione romana nella terra di Israele. E tuttavia c’era in gioco ancora di più: se Gesù era realmente il Messia atteso, allora sicuramente si sarebbe opposto ai dominatori romani. Pertanto la domanda era calcolata per smascherarlo o come una minaccia per il regime o come un impostore.


La risposta di Gesù porta abilmente la questione ad un livello superiore, mettendo con finezza in guardia nei confronti sia della politicizzazione della religione sia della deificazione del potere temporale, come pure dell’instancabile ricerca della ricchezza. I suoi ascoltatori dovevano capire che il Messia non era Cesare, e che Cesare non era Dio. Il regno che Gesù veniva ad instaurare era di una dimensione assolutamente superiore. Come rispose a Ponzio Pilato: "Il mio regno non è di questo mondo".


I racconti di Natale del Nuovo Testamento hanno lo scopo di esprimere un messaggio simile. Gesù nacque durante un "censimento del mondo intero", voluto da Cesare Augusto, l’imperatore famoso per aver portato la Pax Romana in tutte le terre sottoposte al dominio romano. Eppure questo bambino, nato in un oscuro e distante angolo dell’impero, stava per offrire al mondo una pace molto più grande, veramente universale nei suoi scopi e trascendente ogni limite di spazio e di tempo.


Gesù ci viene presentato come erede del re Davide, ma la liberazione che egli portò alla propria gente non riguardava il tenere a bada eserciti nemici; si trattava, invece, di vincere per sempre il peccato e la morte.


La nascita di Cristo ci sfida a ripensare le nostre priorità, i nostri valori, il nostro stesso modo di vivere. E mentre il Natale è senza dubbio un tempo di gioia grande, è anche un’occasione di profonda riflessione, anzi un esame di coscienza. Alla fine di un anno che ha significato privazioni economiche per molti, che cosa possiamo apprendere dall’umiltà, dalla povertà, dalla semplicità della scena del presepe?


Il Natale può essere il tempo nel quale impariamo a leggere il Vangelo, a conoscere Gesù non soltanto come il Bimbo della mangiatoia, ma come colui nel quale riconosciamo il Dio fatto Uomo.


E’ nel Vangelo che i cristiani trovano ispirazione per la vita quotidiana e per il loro coinvolgimento negli affari del mondo – sia che ciò avvenga nel Parlamento o nella Borsa. I cristiani non dovrebbero sfuggire il mondo; al contrario, dovrebbero impegnarsi in esso. Ma il loro coinvolgimento nella politica e nell’economia dovrebbe trascendere ogni forma di ideologia.


I cristiani combattono la povertà perché riconoscono la dignità suprema di ogni essere umano, creato a immagine di Dio e destinato alla vita eterna. I cristiani operano per una condivisione equa delle risorse della terra perché sono convinti che, quali amministratori della creazione di Dio, noi abbiamo il dovere di prendersi cura dei più deboli e dei più vulnerabili. I cristiani si oppongono all’avidità e allo sfruttamento nel convincimento che la generosità e un amore dimentico di sé, insegnati e vissuti da Gesù di Nazareth, sono la via che conduce alla pienezza della vita. La fede cristiana nel destino trascendente di ogni essere umano implica l’urgenza del compito di promuovere la pace e la giustizia per tutti.


Poiché tali fini vengono condivisi da molti, è possibile una grande e fruttuosa collaborazione fra i cristiani e gli altri. E tuttavia i cristiani danno a Cesare soltanto quello che è di Cesare, ma non ciò che appartiene a Dio. Talvolta lungo la storia i cristiani non hanno potuto accondiscendere alle richieste fatte da Cesare. Dal culto dell’imperatore dell’antica Roma ai regimi totalitari del secolo appena trascorso, Cesare ha cercato di prendere il posto di Dio. Quando i cristiani rifiutano di inchinarsi davanti ai falsi dèi proposti nei nostri tempi non è perché hanno una visione antiquata del mondo. Al contrario, ciò avviene perché sono liberi dai legami dell’ideologia e animati da una visione così nobile del destino umano, che non possono accettare compromessi con nulla che lo possa insidiare.


In Italia, molte scene di presepi sono adornate di rovine degli antichi edifici romani sullo sfondo. Ciò dimostra che la nascita del bambino Gesù segna la fine dell’antico ordine, il mondo pagano, nel quale le rivendicazioni di Cesare apparivano impossibili da sfidare. Adesso vi è un nuovo re, il quale non confida nella forza delle armi, ma nella potenza dell’amore. Egli porta speranza a tutti coloro che, come lui stesso, vivono ai margini della società. Porta speranza a quanti sono vulnerabili nelle mutevoli fortune di un mondo precario. Dalla mangiatoia, Cristo ci chiama a vivere da cittadini del suo regno celeste, un regno che ogni persona di buona volontà può aiutare a costruire qui sulla terra.


© Copyright Financial Times, 20 dicembre 2012


AMDG et DVM

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giovedì 8 luglio 2021

“Nessun papa si è dimesso per mille anni e anche nel primo millennio è stata un’eccezione”. Dal libro "Ultime conversazioni" di Peter Seewald

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Mentre si consuma lo scisma fattuale con la Chiesa tedesca – per via delle benedizioni alle coppie gay da parte di cento sacerdoti finora non sanzionati  - ci sarebbe da mettere a fuoco una questione sostanziale: se un papa non abdica, chi prende il suo posto non è assistito dallo Spirito Santo.

Qualche giorno fa è emerso come papa Benedetto abbia scritto nel libro “Ultime conversazioni” di Peter Seewald, in riferimento alla propria rinuncia: “Nessun papa si è dimesso per mille anni e anche nel primo millennio è stata un’eccezione”. Siccome si sono dimessi 6 papi nel primo millennio e 4 nel secondo, evidentemente la parola “dimissioni”, per Ratzinger, non si può intendere come “abdicazione”. Infatti lui stesso ha dichiarato di rinunciare solo al ministerium, alle funzioni pratiche, (cosa arcinota, che viene fatta passare come un refuso) ma conserva il munus, il titolo di papa. Il confronto storico torna: nel primo millennio solo il papa Benedetto VIII rinunciò al ministerium e non al munus, a causa di un antipapa.

Ne abbiamo scritto QUI

Per ora nessuno è stato capace di fornire spiegazioni alternative. Comunque sia, un’affermazione-chiave come questa, per ora, è scivolata via, così, insieme a tante altre inaudite discrasie che abbiamo indagato QUI  .

 “Ma, alla fin fine, che importanza ha?” si chiedono in molti, portati a ritenere che il tema della validità della rinuncia sia una questione “di lana caprina”, una sterile disquisizione accademico-giuridica per inguaribili fan di papa Ratzinger che non vogliono accettare le “riforme” di Francesco.

Purtroppo è necessario ribadire un concetto sgradevole: al di là del fatto che Francesco possa piacere più o meno, a seconda delle propensioni, se Benedetto XVI non ha abdicato, il papa è ancora Ratzinger (per quanto privo delle funzioni pratiche) e il conclave del 2013 è invalido. Quindi, Francesco è un antipapa e – teologicamente – NON PUO’ ESSERE ASSISTITO DALLO SPIRITO SANTO. Ergo, un miliardo e 285 milioni di cattolici se ne stanno andando tranquillamente “per prati”, seguendo un cardinale che non è il papa.

Non dovrebbe essere una situazione un po’ preoccupante per coloro che sono i “pastori delle anime”? Eppure, c’è stato qualche ecclesiastico che ha dato segni di curiosità, soprattutto di fronte alle ultime acquisizioni? E’ nato un dibattito?

No. Silenzio. Cespugli rotolanti nel deserto. Come se non fosse successo nulla. Eppure tali questioni sono state riprese dal top dei vaticanisti italiani come Aldo Maria Valli e Marco Tosatti, molto seguiti in ambito religioso.

Ignorare la questione non è fruttuoso, non solo perché il silenzio è, anch’esso, una forma di comunicazione, ma anche perché si rischia di non individuare il destino esiziale verso cui è proiettato il clero che vorrà mantenersi appena un po’ cattolico.

Proveremo a esemplificarlo con un paragone tratto dal mondo naturale.

Tutti conoscono il cuculo, quell’uccello grigiastro che ha l’abitudine di deporre un proprio uovo nel nido di altri uccelli, per esempio, dei passeri. Quando l’uovo del cuculo si schiude, il pulcino getta fuori dal nido le altre uova, si spaccia per il regolare figlio dei passeri facendosi nutrire dagli ignari genitori adottivi. Ma è un uccello di un’altra specie: da quel nido non uscirà un passero, bensì un cuculo, che metterà al mondo altri cuculi.

Allora, (il discorso vale per i credenti) se papa Benedetto non ha abdicato, la successione papale è stata interrotta per sempre (per come la conosciamo). Ovvero, un conclave invalido, quello del 2013, ha messo sul trono un “cuculo”, un estraneo alla “specie petrina” eletto SENZA l’assistenza dello Spirito Santo.  

Non ci sarà mai più un altro papa cattolico in Vaticano. Circa 80 cardinali invalidinominati da un papa invalido, non potranno eleggere un vero papatutta la linea successoria di Bergoglio sarà di antipapi che NON  SARANNO INFALLIBILI ex cathedra, NE’ ordinariamente ASSISTITI DALLO SPIRITO SANTO.

A un antipapa manca, infatti, questa speciale “garanzia di qualità” che viene dal Cielo, (almeno questo dice la dottrina cattolica).

Del resto, la strada intrapresa da Bergoglio non è esattamente quella del più stretto tradizionalismo e l’ultimo episodio, in Germania, delle benedizioni a quello che la dottrina riporta come uno dei “quattro peccati che gridano vendetta al Cielo” dimostra come arriveranno  istanze e questioni sempre più strangolatorie per il clero cattolico ortodosso che sarà posto di fronte a scelte ineludibili.

La dinamica riformista-modernista è, come si vede, spiraloidea, implosiva: se lo Spirito Santo non “fa la guardia”, arriverà un momento in cui le innovazioni dottrinali - o le omissioni – della nuova Chiesa imporranno a sacerdoti, vescovi e cardinali una scelta di campo definitiva.

Presto, molti ecclesiastici saranno messi all’angolo: per loro, oltre una certa soglia di compromessi non sarà possibile scendere e non potranno più rimanere in comunione con Francesco. E allora – paradossalmente - saranno costoro ad essere espulsi dalla Chiesa, scomunicati, scaraventati nel vuoto come le uova dei passeri spinte fuori dal cuculo.

Un “piccolo resto cattolico” dovrà così riorganizzarsi “nelle catacombe”, come preconizzato da papa Ratzinger, abbandonando il Vaticano, basiliche, chiese, palazzi, conventi, musei e tesori.  

Ecco perché non conviene mettere la testa sotto la sabbia e ignorare la questione.

L’unico modo per salvarsi? Quello di individuare per tempo il cuculo come estraneo alla “nidiata petrina”, ovvero riconoscere che il potenziale scomunicatore non ha alcun titolo per scomunicare perché non è il vero papa.

E Il NODO FONDAMENTALE E’ VERIFICARE SE PAPA BENEDETTO HA ABDICATO O NO. La chiave di tutto è racchiusa in quell’atto giuridico.

Quindi,  è inutile fare finta di niente, girare intorno alle questioni: se il clero realmente cattolico non vorrà essere definitivamente espulso dal “Nido di San Pietro”, dovrà chiedere SUBITO a Papa Benedetto un pubblico chiarimento - con una conferenza stampa al di sopra di ogni sospetto - prima che sia troppo tardi.

Altrimenti, sarà meglio cominciare a ritinteggiare le catacombe.

DA:https://www.liberoquotidiano.it/articolo_blog/blog/andrea-cionci/27213242/papa-successione-petrina-interrotta-ratzinger-abdicazione-mai-piu-pontefice-cattolico.html

La frode non è bella

 Cfr. san Luca 16,1-9


 .... Rassicurato sul domani, andò tranquillo dal padrone, il quale a sua volta aveva pedinato il fattore e scoperto il suo gioco. Pure lo lodò dicendo: “La tua azione non è buona e per essa non ti lodo. Ma lodarti devo per la tua accortezza. In verità, in verità i figli del secolo sono più avveduti dei figli della luce”.

   E ciò che disse il ricco Io pure vi dico: La frode non è bella, e per essa Io non loderò mai nessuno. Ma vi esorto ad essere, almeno come figli del secolo, avveduti con i mezzi del secolo, per farli usare a monete per entrare nel regno della Luce. Ossia con le ricchezze terrene, mezzi ingiusti nella ripartizione e usati per l’acquisto di un benessere transitorio che non ha valore nel Regno eterno, fatevene degli amici che vi aprano le porte di esso. Beneficate coi mezzi che avete, restituite quello che voi, o altri della vostra famiglia, hanno preso senza diritto, distaccatevi dall’affetto malato e colpevole per le ricchezze. E tutte queste cose saranno come amici che nell’ora della morte vi apriranno le porte eterne e vi riceveranno nelle dimore beate.

   Come potete esigere che Dio vi dia i suoi beni paradisiaci se vede che non sapete fare buon uso neppure dei beni terrestri? Volete che, per un impossibile supposto, ammetta nella Gerusalemme celeste elementi dissipatori? No, mai. Lassù si vivrà con carità e con generosità e giustizia. Tutti per Uno e tutti per tutti. La comunione dei santi è società attiva e onesta, è santa società. E nessuno che abbia mostrato di essere ingiusto e infedele può entrarvi.

   Non dite: “Ma lassù saremo fedeli e giusti perché lassù tutto avremo senza temenze di sorta”. No. Chi è infedele nel poco sarebbe infedele anche se il Tutto possedesse, e chi è ingiusto nel poco ingiusto è nel molto. Dio non affida le vere ricchezze a chi nella prova terrena mostra di non sapere usare delle ricchezze terrene. Come può Dio affidarvi un giorno in Cielo la missione di spiriti sostenitori dei fratelli sulla Terra, quando avete mostrato che carpire e frodare, o conservare con avidità è la vostra prerogativa? Vi negherà perciò il vostro tesoro, quello che per voi aveva conservato, dandolo a quelli che seppero essere avveduti sulla Terra, usando anche ciò che è ingiusto e malsano in opere che giusto e sano lo fanno.

   Nessun servo può servire due padroni. Perché o dell’uno e dell’altro sarà, o l’uno o l’altro odierà. I due padroni che l’uomo può scegliere sono Dio o Mammona. Ma se vuole essere del primo non può vestire le insegne, seguire le voci, usare i mezzi del secondo».

AMDG et DVM

Papa Benedetto XVI

 


LETTERE ENCICLICHE