mercoledì 10 febbraio 2021

Quanti cristiani si convertirebbero se avessero la fortuna di possedere le giuste disposizioni nell’ascoltare la Parola di Dio!

 


La Parola di Dio

Beati coloro che ascoltano la Parola di Dio e la osservano” (Lc 11,28).
     Leggiamo nel Vangelo, fratelli miei, che il Salvatore del mondo istruendo il popolo, gli rivolgeva parole così meravigliose e tanto sorprendenti, che una donna, in mezzo alla folla, alzò la voce e gridò: “Beato il seno che ti ha portato e le mammelle che ti hanno nutrito”; ma Gesù Cristo subito rispose: “Molto più felice è colui che ascolta la Parola di Dio e osserva ciò che essa gli comanda”.
       Questo forse vi stupisce, fratelli miei: che Gesù Cristo ci dica che colui che ascolta la Parola di Dio, col desiderio sincero di trarne profitto, è più gradito a Dio di colui che Lo riceve nella santa Comunione.
       Sì, senza alcun dubbio, fratelli miei! noi non abbiamo ancora ben compreso quanto sia prezioso il dono della Parola di Dio.
Ahimè! fratelli miei, se lo avessimo ben compreso, con quanto rispetto e con quanto amore dovremmo ascoltarla!
  Fratelli miei, non cadiamo in errore: la Parola di Dio necessariamente produrrà in noi i suoi frutti, o buoni o cattivi; saranno buoni, se possediamo delle buone disposizioni, cioè un vero desiderio di trarne profitto e di fare tutto quello che ci indicherà; saranno cattivi, se la ascolteremo con indifferenza o addirittura con disgusto, o forse con disprezzo; perciò, o essa ci illuminerà e ci mostrerà i nostri doveri, oppure ci accecherà e ci indurirà.
Ma per farvi meglio comprendere tutto ciò, vi dimostrerò:
1° come sono grandi i vantaggi che possiamo trarre dalla Parola di Dio; 2° come abitualmente i cristiani la accolgono; 3° le disposizioni che dobbiamo nutrire in noi per avere la fortuna di trarne profitto.
Anzitutto, per farvi comprendere quanto è alto il prezzo della Parola di Dio, vi dirò che tutto l’essere e il progresso della religione cattolica, sono l’effetto della Parola di Dio, congiunta alla grazia che sempre l’accompagna.
Sì, fratelli miei, possiamo senz’altro affermare che, dopo la morte di Gesù Cristo sul Calvario e il santo Battesimo, non vi è nessun’altra grazia che noi riceviamo nella nostra santa religione, che possa uguagliarla: e questo è facile da capire. (può stupire questa super-valutazione della Parola al di sopra della stessa Eucaristia, ma la spiegazione che il Santo Curato darà ne chiarisce il senso).
Quante persone sono volate in cielo senza aver ricevuto il sacramento della Penitenza! Quante altre, senza aver ricevuto il sacramento del Corpo adorabile e del Sangue prezioso di Gesù Cristo! e quante altre si trovano in cielo senza aver ricevuto né il sacramento della Confermazione né quello della Estrema Unzione!
Ma per quanto riguarda l’ammaestramento che ci deriva dalla Parola di Dio, sin da quando abbiamo l’età adatta per comprenderla, è assolutamente impossibile entrare in cielo senza lasciarci istruire da essa, tanto quanto lo sarebbe se non fossimo stati battezzati.
Ahimè! fratelli miei, nel giorno del giudizio costateremo disgraziatamente che la maggior parte dei cristiani si danna l’anima perché non ha conosciuto adeguatamente la dottrina della nostra religione.
Andate, fratelli miei, interrogate tutti quei cristiani che si sono dannati e domandate loro perché si trovano all’inferno. Tutti vi risponderanno che la loro infelicità è derivata o dal fatto che non hanno voluto ascoltare la Parola di Dio o dal fatto che l’hanno disprezzata.
Ma voi forse mi chiederete: che cosa opera in noi questa Parola santa?
Ecco: essa è simile a quella colonna di fuoco che guidava i Giudei quando erano nel deserto, che mostrava loro la strada che dovevano percorrere, che si fermava, quando era necessario che il popolo si fermasse, e che partiva, quando era necessario che il popolo camminasse.
Sicchè questo popolo non doveva fare altro che seguirla fedelmente e così era certo di non sbagliare strada.
Sì, fratelli miei, essa si comporta esattamente allo stesso modo anche a nostro riguardo: essa è come una bella fiaccola che brilla davanti a noi, che vuol dirigere tutti i nostri pensieri, tutti i nostri progetti e tutte le nostre azioni.
E’ lei che illumina la nostra fede, che fortifica la nostra speranza, che infiamma il nostro amore verso Dio e verso il prossimo.
E’ lei che ci fa comprendere la grandezza di Dio, il fine felice per il quale siamo stati creati, la bontà di Dio, il suo amore per noi, il valore della nostra anima, la grandezza della ricompensa che ci è stata promessa.
Sì, è lei che dipinge davanti ai nostri occhi la gravità del peccato, l’oltraggio che esso arreca a Dio, i mali che ci aspettano nell’altra vita.
E’ lei che ci fa rabbrividire alla vista del giudizio che è riservato ai peccatori, che essa ci dipinge in modo spaventoso.
Sì, fratelli miei, è questa Parola che ci conduce a credere, senza nulla obiettare, tutte le verità della nostra santa religione, dove tutto è mistero, risvegliando così la nostra fede.
Ditemi, non è forse vero che dopo una istruzione (sulla Parola di Dio) ci si sente il cuore pieno di emozione e di buoni propositi?
Ahimè! colui che disprezza la Parola di Dio è veramente da compiangere, poiché disprezza in tal modo tutti i mezzi di salvezza che il buon Dio ci offre per salvarci.
Ditemi, fratelli miei, di che cosa si sono serviti i patriarchi e i profeti, lo stesso Gesù Cristo e tutti gli apostoli, come anche tutti coloro che li hanno seguiti, al fine di stabilire e accrescere la nostra santa religione, se non della Parola di Dio?
Vedete Giona, allorchè il Signore lo manda a Ninive; cosa fa? nient’altro che annunziare la Parola di Dio, dicendogli che entro quaranta giorni tutti i suoi abitanti sarebbero periti.
Non fu forse questa Parola santa che cambiò i cuori degli uomini di questa grande città, rendendoli da grandi peccatori grandi penitenti?
Cosa fece S.Giovanni Battista per cominciare a far conoscere il Messia, il Salvatore del mondo? Non fu forse annunciare la Parola di Dio?
Cosa fece Gesù Cristo stesso, percorrendo le città e le campagne, continuamente circondato dalle folle che lo seguivano fin nel deserto? Di quale mezzo si servì per insegnare la religione che egli voleva stabilire, se non di questa Parola santa?
Ditemi, fratelli miei, cosa ha condotto tanti grandi del mondo ad abbandonare i loro beni, i loro genitori e tutte le loro comodità?
Non è stato forse acoltando la Parola di Dio che essi hanno aperto gli occhi dell’anima e hanno compreso la precarietà e la provvisorietà di tutte le cose create e si sono perciò dedicati alla ricerca dei beni eterni?
Un sant’Antonio, un san Francesco, un sant’Ignazio……
Ditemi, chi può portare i figli a nutrire un grande rispetto per il loro padre e per la loro madre, facendoglieli considerare come rappresentanti di Dio stesso?
Non sono forse gli insegnamenti che hanno ricevuto nel catechismo impartito dai loro pastori, che hanno fatto percepire loro la grandezza della ricompensa che spetta a un figlio saggio e obbediente?
Eh! fratelli miei, chi sono i figli che disprezzano i loro genitori?
Ahimè! fratelli miei, quanti poveri figli ignoranti, e che dall’ignoranza sono condotti nell’impurità e nel libertinaggio, e che finiscono per far morire i loro poveri genitori o per il dispiacere o in un modo ancora più malvagio!
Chi, fratelli miei, può indurre un vicino a nutrire una grande carità per l’altro vicino, se non un insegnamento da lui ascoltato, che gli ha mostrato quanto sia gradito a Dio un gesto di carità?
Chi ha indotto tanti peccatori a uscire dal loro stato di peccato?
Non è stato forse qualche insegnamento che hanno ricevuto, per mezzo del quale gli è stata descritta la condizione infelice di un peccatore che cade nelle mani di un Dio vendicatore?
Se volete averne la prova, ascoltate un istante e ne sarete convinti.
Si narra che un anziano ufficiale di cavalleria passava, durante uno dei suoi viaggi, per un luogo dove il padre Bridaine predicava una missione.
Preso dalla curiosità di ascoltare un uomo che aveva una così grande reputazione e che lui ancora non conosceva, entra in una chiesa mentre il padre Bridaine era intento a descrivere lo stato spaventoso di un’anima immersa nel peccato, l’accecamento di cui il peccatore era vittima, che lo faceva perseverare nel suo peccato, e il facile mezzo che tale peccatore aveva per uscirne, facendo una buona confessione generale.
Il militare restò talmente colpito, ebbe dei rimorsi di coscienza tanto forti, o meglio, i rimorsi divennero così insopportabili, che sull’istante formò in se stesso la risoluzione di confessarsi, facendo una confessione generale di tutta la sua vita.
Attende il predicatore ai piedi del pulpito e gli chiede la grazia di fargli fare la confessione di tutta la sua vita.
Il padre Bridaine lo accolse con grande carità. “Padre mio, gli disse il militare, resterò finchè lei vorrà; è sorto in me un grande desiderio di salvare la mia anima”.
Fece la sua confessione con tutti quei sentimenti di pietà e di dolore che ci si potrebbe attendere da un peccatore che si converte; egli stesso ammetteva che ad ogni peccato che confessava gli sembrava di togliersi un peso enorme dalla coscienza.
Quando ebbe finito di confessarsi, si allontanò dal padre Bridaine piangendo a calde lacrime.
La gente, stupita nel vedere questo militare versare tante lacrime, gli chiedeva quale fosse la causa del suo dolore e delle sue lacrime: “Ah! amici miei, com’è dolce versare lacrime d’amore e di riconoscenza, per uno come me che è vissuto lungamente nell’odio verso il suo Dio!”.
Ahimè! quanto è cieco l’uomo che invece di amare il buon Dio, vive come suo nemico, mentre sarebbe tanto dolce amarlo!
Quel militare, poi, andò a trovare il padre Bridaine in sacrestia, e là, alla presenza di tutti gli altri missionari, volle renderlo partecipe dei suoi sentimenti: “Signori, disse loro, e tu, padre Bridaine, tenete bene a mente ciò che sto per dirvi: io non credo di aver mai gustato, in tutta la mia vita, un piacere così intenso, così puro e dolce di quello che ho gustato quando ho avuto la felicità di essere in stato di grazia. No, non penso che Luigi XV (re di Francia), che ho servito per trentasei anni, possa essere felice tanto quanto lo sono io ora; no, non credo che con tutti i piaceri che lo circondano e con tutto lo splendore del suo trono, possa essere così contento come lo sono io. Dopo aver deposto l’orribile fardello dei miei peccati, anche se mi trovo nel dolore e nel proposito di fare penitenza, non cambierei la mia sorte con tutti i piaceri e tutte le ricchezze del mondo”.
A queste parole, si getta ai piedi del padre Bridaine e stringendogli la mano gli chiede: “Ah! padre mio, quali azioni di grazie potrò mai rendere al buon Dio per tutta la mia vita, per avermi condotto in questo paese, quasi prendendomi per mano? Ahimè! padre mio, non avevo nessuna intenzione di fare ciò che tu hai avuto la bontà di farmi fare. No, padre mio, non potrò mai dimenticarti; ti chiedo la grazia di domandare al buon Dio per me, che tutta la mia vita non sia altro che una vita di lacrime e di penitenza”.
Il padre Bridaine e tutti gli altri missionari che erano stati testimoni di questa avventura, si commossero profondamente dicendo: “Oh! quali grazie fa il buon Dio a coloro che hanno un cuore docile alla sua voce! Oh! quante anime si dannano, le quali, se avessero la fortuna di essere istruite sarebbero salve!”.
Per questo il padre Bridaine, prima dei suoi incontri, chiedeva al buon Dio di far ardere talmente il suo cuore, che le sue parole divenissero come un fuoco divorante che brucia d’amore i cuori dei peccatori più incalliti e più ribelli alla grazia.
Ebbene, fratelli miei, quale fu la causa della conversione di questo soldato? Nient’altro che la Parola di Dio che quello ascoltò, accogliendo docilmente la voce della grazia.
Ahimè! quanti cristiani si convertirebbero se avessero la fortuna di possedere le giuste disposizioni nell’ascoltare la Parola di Dio!
Quali buoni pensieri e quali buoni desideri essa farebbe nascere nei cuori, e quante opere buone ci farebbe compiere, per poterci guadagnare il cielo!
Prima di andare oltre,fratelli miei, bisogna che vi citi un piccolo episodio che è successo al medesimo padre Bridaine, mentre svolgeva una missione a Aix en Provence; vi si ritrova qualcosa di molto singolare.
Mentre quel missionario stava per mettersi a tavola con un confratello, un ufficiale bussò in gran fretta all’alloggio dei missionari. Tutto ansimante chiede con il volto molto teso di parlare con il responsabile della comunità.
Essendosi avvicinato il padre Bridaine, gli dice all’orecchio, con una certa emozione e con un tono severo che mostrava come la sua anima era agitata: “Padre Bridaine”. Il missionario va con lui in disparte e l’ufficiale chiude la porta, si toglie gli stivali, getta lontano il cappello, sfodera la spada.
Vi confesso, raccontava in seguito il padre Bridaine ai suoi compagni, che tutto questo mi spaventò: il suo silenzio, il suo occhio stravolto, la sua stretta di mano, la sua fretta e il suo turbamento, mi facevano capire che doveva trattarsi di uno a cui avevo sottratto l’oggetto della sua passione, e che, per vendicarsi, veniva certamente a togliermi la vita.
Ma ben presto dovetti ricredermi, vedendo questo militare gettarsi alle mie ginocchia, con la faccia incollata sul pavimento, che pronunciava con convinzione queste parole: “Non mi abbandonare, padre mio, non rimandare ad un altro momento; tu vedi ai tuoi piedi il più grande peccatore che la terra abbia potuto sopportare fin dall’inizio del mondo. Sono un mostro, vengo da molto lontano per confessarmi da te senza indugio, altrimenti non so più dove andrò a finire”.
Il padre Bridaine gli dice con bontà: “Amico mio, aspetta solo un istante, torno subito”. “Padre mio, gli risponde il soldato piangendo a calde lacrime, rispondi tu della mia anima in questo frattempo? Sappi, padre mio, che ho percorso ventisette leghe per arrivare qui; è da troppo tempo che non vivo più, mentre il cuore mi scoppia e non posso più resistere; la mia vita e l’inferno sembrano essere ormai la stessa cosa.
Il mio tormento è iniziato allorchè ti ho ascoltato mentre predicavi in un certo luogo, dove tu hai dipinto con tale precisione lo stato della mia anima, che mi è stato impossibile non credere che il buon Dio ti aveva ispirato quella predica proprio per me. Eppure ero entrato in quella chiesa soltanto per curiosità, ma era proprio lì che il buon Dio mi aspettava. Come sono felice, padre mio, di potermi liberare da questi rimorsi di coscienza che mi divorano! Concedimi tutto il tempo necessario perché possa fare una buona confessione; resterò qui finchè vorrai ma occorre che tu mi dia sollievo all’istante, perché la mia coscienza è un carnefice che non mi concede riposo né di giorno né di notte. Infine, padre mio, voglio convertirmi sul serio; hai compreso padre mio? Non uscirai di qui prima che io abbia potuto scaricare i pesi che ho sul mio cuore. Se ti rifiuterai, credo che morirò di dolore qui ai tuoi piedi”.
Diceva tutto ciò, ci riferì il padre Bridaine, versando lacrime in abbondanza. Fui così commosso, ci disse ancora, da questa scena così toccante, che lo abbracciai, lo benedissi e mescolai le mie lacrime alle le sue; non pensavo più di tornare a mangiare; lo incoraggiai, quanto potei, di fare pieno affidamento sulla grazia del buon Dio, che già aveva sperimentato in un modo tutto particolare.
Restai quattro ore di seguito ad ascoltare la sua confessione; mi bagnava con le sue lacrime, e ciò mi induceva a non trattenere le mie; lo lasciai soltanto per andare ad annunziare la Parola di Dio”.
Questo generoso militare restò per qualche tempo vicino al padre Bridaine, per ricevere le raccomandazioni necessarie per avere la buona sorte di perseverare.
Prima di lasciare il padre Bridaine, lo pregò di perdonarlo per le lacrime che gli aveva fatto versare: “Tuttavia, padre mio, gli disse il militare, le vostre non erano nulla in confronto alle mie. Tremavo tutto il giorno nel timore che la morte mi cogliesse nello stato in cui mi trovavo, mi sembrava che la terra stesse per aprirsi sotto i miei piedi per inghiottirmi vivo nell’inferno. Sappi, padre mio, che quando si hanno simili nemici al proprio seguito (i rimorsi), e si riflette seriamente, non si può restare tranquilli, avendo ancora un cuore duro come il bronzo. Adesso, padre mio, vorrei morire, tanta è la gioia di essere in pace con il buon Dio”.
Da allora non poteva più lasciare il padre Bridaine, gli baciava le mani, lo abbracciava.
Il padre Bridaine, dal canto suo, vedendo un tale miracolo della grazia non poteva trattenersi dal versare copiose lacrime: il loro ultimo addio fece colare lacrime a tutti coloro che ne furono testimoni.
Addio, padre mio, diceva il militare al padre Bridaine, dopo il buon Dio è a voi che devo il cielo”.
Ritornato nel suo paese, non riusciva a fare a meno di rendere manifesto a tutti, quanto il buon Dio era stato buono con lui, e finì la vita fra le lacrime e la penitenza, morendo in fama di santità, sei mesi dopo la sua conversione.
Ebbene! fratelli miei, chi fu la causa della conversione di questo soldato?
Ahimè! fratelli miei, ciò che voi ascoltate ogni domenica nelle omelie, è proprio quello che il soldato ascoltò dalla bocca del padre Bridaine, allorchè egli descriveva lo stato spaventoso di un peccatore che compare davanti al tribunale di Gesù Cristo, con la coscienza carica di peccati.
Ahimè! Dio mio, quante volte il vostro pastore vi ha presentato lo stesso quadro desolato? Chi, più di voi, ne è rimasto scosso?
E perché dunque, fratelli miei, ciò non vi ha smosso e convertito?
Forse che la Parola di Dio non ha il medesimo potere, fratelli miei?
No, fratelli miei, non può essere questo il motivo per cui voi siete rimasti nel peccato.
Oppure, fratelli miei, è perché questa santa Parola vi è stata proclamata da un peccatore? E’ forse per questo che non vi ha toccato?
No, fratelli miei, non è neppure questa la vera ragione; ma eccola: è perché i vostri cuori sono troppo induriti, e perché voi da troppo tempo abusate delle grazie che il buon Dio vi dona per mezzo della sua santa Parola.
E’ perché, fratelli miei, il peccato vi ha cavato gli occhi della vostra povera anima ed ha finito per farvi perdere di vista i beni e i mali dell’altra vita.
O mio Dio! quale disgrazia, per un cristiano, essere bandito dal cielo per tutta l’eternità e rimanere insensibile a questa perdita!
O Dio mio! quale follia è mai quella di sapersi prossimi ad essere precipitati nelle fiamme dell’inferno, e restare tranquilli in uno stato che fa rabbrividire gli angeli e i santi!
Dal momento in cui la Parola di Dio non scuote più le coscienze, tutto è perduto. Non ci sono più possibilità (di conversione) a meno di un grande miracolo, ma ciò accade molto raramente.
O Dio mio! chi mai potrà comprendere come si possa restare insensibili ad una simile disgrazia?
Tuttavia, senza andare oltre, guardate in quale stato si trovano quasi tutti coloro che mi ascoltano.
Voi sapete che è il peccato a regnare nel vostro cuore; voi sapete anche che fino a che il peccato abita in voi, non avete da aspettarvi altro che queste sciagure.
O mio Dio! questo solo pensiero non dovrebbe farci morire di spavento?
Ahimè! il buon Dio prevedeva in anticipo quanto poco avremmo approfittato di questa Parola di Vita, quando ci racconta nel vangelo questa parabola: “Un seminatore uscì di buon mattino a seminare il suo grano, e mentre lo seminava, una parte cadde sul bordo della strada e fu calpestata dai piedi dei passanti e fu divorata dagli uccelli del cielo; un’altra parte cadde sulle pietre e subito seccò; un’altra cadde fra le spine, che la soffocarono; infine, un’altra parte cadde sulla terra buona e portò frutto il centuplo”.
Vedete, fratelli miei, che Gesù Cristo ci dimostra che, fra tutte le persone che ascoltano la Parola di Dio, non ve n’è che una quarta parte che ne approfitta, ma sarebbe ancora troppo bello se di questo quarto ce ne fosse almeno una che ne traesse profitto sul serio.
Allora sì che il numero dei buoni cristiani sarebbe più grande di quello che è!
Gli apostoli si stupirono di questa parabola, e gli chiesero: “Spiegaci, per favore che cosa significa ciò”.
Gesù Cristo, con la sua bontà abituale disse loro: “Ecco: il cuore dell’uomo è simile a un terreno che porterà frutto a seconda che sarà coltivato bene o male; il seme di cui si parla, disse loro Gesù Cristo, è la Parola di Dio.
Quella che cade sul bordo della strada, sono coloro che ascoltano la Parola di Dio, ma che non vogliono né cambiare vita, né compiere quei sacrifici che Dio esige da loro per renderli buoni e a lui graditi.
Sono ancora coloro che non vogliono lasciare le loro cattive compagnie o i luoghi dove essi hanno tante volte offeso il buon Dio; oppure sono coloro che, trattenuti da un falso rispetto umano, abbandonano tutti i buoni propositi che hanno formulato ascoltando la Parola di Dio.
Quella che cade tra le spine, sono coloro che ascoltano con gioia la Parola di Dio, ma essa non produce in essi nessuna opera buona: provano piacere ad ascoltarla, ma non a fare ciò che comanda.
Quella che cade sulle pietre, sono coloro che hanno il cuore indurito e ostinato, che non ascoltano la Parola se non per disprezzarla o abusarne.
Infine, quella che cade nella terra buona, sono coloro che desiderano ascoltarla, che usano tutti i mezzi che il buon Dio gli ispira per trarne buon profitto; ed è soltanto in questi cuori che essa produce frutto in abbondanza, e questo frutto consiste nello stroncare la vita mondana e nel coltivare quelle virtù che un cristiano deve praticare per piacere a Dio e salvare la propria anima.
Vi rendete conto da soli, fratelli miei, dalla stessa Parola di Gesù Cristo, di quanto poche siano le persone che traggono profitto dalla Parola di Dio, poiché su quattro, solo una mette questo seme nella situazione di poter portare frutto, come d’altronde è facile dimostrare, come vedremo subito.
Ma se ora mi chiedete a chi si riferisce Gesù Cristo parlando del seminatore che esce di buon mattino per andare a spargere il suo seme nel campo, fratelli miei, vi dirò che questo seminatore è il buon Dio in persona.
E’ lui che ha cominciato a lavorare alla nostra salvezza dall’inizio del mondo, inviandoci i suoi profeti, prima della venuta del Messia, per insegnarci che cosa bisognasse fare per essere salvi.
Ma poi non si è accontentato di mandare i suoi servi, ma è venuto lui stesso, e ci ha tracciato il cammino che dobbiamo intraprendere; è venuto ad annunciarci la Parola santa.
Ma soffermiamoci meglio, fratelli miei, su coloro che possiedono le giuste disposizioni per comprendere questa Parola di vita.
Ahimè! fratelli miei, avete appena visto, dalle stesse parole di Gesù Cristo, che molto pochi sono quelli che recano in se stessi le disposizioni necessarie per trarne un buon profitto.
Sapete a chi assomiglia una persona che non si nutre di questa Parola o che ne abusa?
E’ simile a un malato senza medicine, o ad un viaggiatore smarrito e senza guida, oppure a un povero privo di ogni risorsa.
Diciamolo chiaramente, fratelli miei: è assolutamente impossibile amare Dio e piacere a lui, senza nutrisi di questa divina Parola.
Come potremmo mai essere attaccati a lui, se non lo conoscessimo?
E chi potrebbe farcelo conoscere, con tutte le sue perfezioni, con tutta la sua bellezza e il suo amore per noi, se non la Parola di Dio che ci racconta tutto quello che Egli ha fatto per noi e i beni che ci prepara nell’altra vita, ammesso che ci sforziamo di piacergli in tutto?
Chi può condurci ad abbandonare e a piangere i nostri peccati, se non il quadro spaventoso che lo Spirito Santo ci dipinge nelle Sacre Scritture?
Chi può indurci a sacrificare tutto ciò che abbiamo di più caro al mondo, per avere la felicità di ottenere i beni del cielo, se non la prospettiva che i predicatori della Parola ci delineano?
Se avete qualche dubbio al riguardo, domandate a sant’Agostino che cosa fu che lo fece arrossire nel bel mezzo delle sue nefandezze: non fu forse il quadro impressionante che gli presentò sant’Ambrogio in un discorso in cui mostrò tutto l’orrore del vizio della fornicazione e quanto fosse orrendo l’oltraggio che esso arrecava a Dio?
Che cosa fu che indusse santa Pelagia, questa famosa cortigiana che, con la sua bellezza e ancor più con una vita sregolata aveva causato la perdizione di tante anime, cosa fu che la portò ad abbracciare le più aspre penitenze per il resto della sua vita?...
Un giorno che era seguita da una marmaglia di giovani avvicinatisi per farle la corte, essendosi abbigliata magnificamente, immersa in un’atmosfera piena di mollezza e di cattivi desideri, in questo sfoggio di mondanità, si trovò a passare presso la porta di una chiesa, dove erano riuniti alcuni vescovi che discutevano su faccende ecclesiastiche.
I santi prelati, indignati per questo spettacolo, ne distolsero la vista; tuttavia uno di essi, chiamato Nono, fissò in volto questa commediante e le disse gemendo: “Ah! questa donna che si prende tanta cura di piacere agli uomini sarà la nostra condanna, noi che ci preoccupiamo tanto poco di piacere al buon Dio!”.
Il santo prelato avendo preso per mano il suo diacono, lo condusse nella sua cella; quando furono arrivati, si prostrò con la faccia a terra e, percuotendosi il petto e piangendo amaramente, disse: “O Gesù Cristo, mio Maestro, abbi pietà di me; per tutta la vita non mi sono preso tanta cura per adornare la mia anima che è così preziosa, che vi è costata così cara, quanto questa cortigiana si è preso cura, in un sol giorno, per adornare il suo corpo, in modo da piacere al mondo!”.
Il giorno dopo, essendo il santo vescovo salito sul pulpito, dipinse in una maniera molto spaventosa tutto il male che quella cortigiana procurava, il gran numero di anime che la sua cattiva condotta trascinava nell’inferno, e parlando versava abbondanti lacrime.
Capitò che proprio Pelagia fosse in chiesa e ascoltasse la predica che il santo vescovo faceva; ella ne rimase talmente scossa, o meglio terrorizzata, che decise all’istante di convertirsi.
Va a trovare il santo prelato senza alcun indugio, si getta ai piedi del santo vescovo davanti a tutta l’assemblea, e gli chiede con tanta insistenza e con tante lacrime il Battesimo, che il vescovo, vedendola così insistente le amministrò non solo il Battesimo ma anche la Confermazione e la Comunione.
In seguito, Pelagia distribuì tutti i suoi beni ai poveri, mise in libertà tutti i suoi schiavi, si ricoprì di un cilicio, lasciò di nascosto la città di Antiochia e andò a chiudersi in una grotta sul monte degli Ulivi, presso Gerusalemme.
Il diacono del santo vescovo desiderava recarsi a Gerusalemme in pellegrinaggio; il suo vescovo gli disse, prima che quello partisse, di informarsi, quando fosse arrivato, se vi fosse laggiù una ragazza nascosta in una grotta da quattro anni.
Infatti, appena giunto a Gerusalemme, il diacono si informò se si conoscesse una certa donna rinchiusa da quattro anni in una grotta nei pressi della città.
La trovò sul monte, in una cella che aveva come unica apertura una piccola finestra quasi sempre chiusa.
La penitenza terribile che Pelagia vi conduceva l’aveva talmente trasformata che il diacono stentava a riconoscerla. Le disse che veniva a farle visita da parte del vescovo Nono.
Ella rispose semplicemente, piangendo a dirotto, che il vescovo Nono era un santo e che si raccomandava molto alle sue preghiere; poi chiuse subito la finestrella ritenendosi indegna di vedere la luce, lei che aveva tanto offeso il buon Dio ed era stata causa di perdizione per tante anime.
Gli eremiti del posto gli riferirono unanimi che ella esercitava tali torture sul suo corpo, che gli stessi asceti più austeri ne restavano impressionati.
Il diacono, prima di ripartire, volle avere ancora una volta la fortuna di rivederla, ma la trovò morta.
Ebbene! fratelli miei, chi tirò fuori questa povera infelice dal bel mezzo delle sue nefandezze, per farne una così grande penitente?
Ebbene! fratelli miei, una sola predica produsse in lei un tale cambiamento!
E ancora, fratelli miei, da dove derivò tutto questo?
Derivò, fratelli miei, dal fatto che la Parola di Dio trovò il suo cuore ben disposto a ricevere questo seme; questa Parola cadde sul terreno buono.
Sapete, fratelli miei, chi siamo noi?
Ecco: noi siamo quei fortunati in questo mondo che si trovano nell’abbondanza di tutto quello che il cuore può desiderare, che sforzano la loro intelligenza per inventare sempre nuove vivande per provare gusti sempre nuovi nei cibi che ci vengono serviti, e tuttavia non riescono a trovare nessuna soddisfazione.
Se una persona che sta soffrendo la fame fosse testimone di ciò, non direbbe forse, piangendo: “Ah! se io avessi quello che voi tanto disprezzate, quanto sarei felice!”.
Ahimè! fratelli miei, potremmo affermare che è proprio ciò che direbbero i poveri idolatri o i pagani, se avessero la metà o un quarto di quella Parola che ci viene somministrata così spesso e della quale noi facciamo così poco caso, se addirittura non la disprezziamo, quella Parola che noi ascoltiamo con noia e disgusto!
Ahimè! quante lacrime quelli verserebbero, quante penitenze, quante buone opere e quante virtù essi avrebbero la buona volontà di praticare!
Sì, fratelli miei, questa Parola santa è sprecata per quei cristiani peccatori che si danno alla dissipazione, che non hanno regole di vita, il cui spirito e il cui cuore sono simili a una strada larga attraverso la quale passano tutti i cattivi pensieri, senza che essi sappiano neppure rendersi conto di cosa significhi sforzarsi di scacciarne anche uno solo.
Ora sono occupati da un buon pensiero o da un buon desiderio, ma un istante dopo accolgono pensieri cattivi e desideri impuri; adesso li sentirete cantare le lodi di Dio in chiesa, ma in un altro momento li sentirete cantare le canzoni più vergognose nei luoghi di divertimento.
Qui li vedrete mentre parlano bene dei loro vicini, ma poi li troverete in compagnia di coloro che tagliano sulla loro reputazione; un giorno daranno buoni consigli, ma il giorno dopo nutriranno propositi di vendetta.
Da ciò si deduce, fratelli miei, che se essi ascoltano la Parola di Dio, lo fanno solo per abitudine se non addirittura con cattive intenzioni, per criticare, cioè, colui che gli fa la carità di annunziargliela.
La ascoltano così come si ascolterebbe una favola o una cosa molto indifferente.
Ahimè! che cosa può operare la Parola di Dio in questi cuori così mal disposti, se non un ulteriore indurimento?
Mio Dio, la tua santa Parola che ci hai donato per aiutarci nell’opera di salvezza, quante anime precipita invece nell’inferno!
Vi ho detto appunto, cominciando il mio discorso, che la Parola di Dio porta sempre frutto, o buono o cattivo, a seconda delle nostre disposizioni interiori.
Ecco, fratelli miei, cosa accade in una persona che non vuole combattere le sue cattive inclinazioni, che non vuole decidersi a liberarsi dalle passioni che la dominano: mano a mano che la Parola di Dio scende nell’anima, entra l’orgoglio che la incita a mettere gli altri sotto i piedi, entra il desiderio di vendetta che la rode; i cattivi pensieri e i cattivi desideri vengono a sprofondare l’anima nel pantano dei vizi; infine il demonio che regna in questo povero cuore, alla prima occasione cancella ciò che è rimasto della traccia che la Parola di Dio può aver lasciato in noi.
Ecco, fratelli miei, qual è l’insegnamento del Vangelo: non so se lo avete ben compreso, ma per quanto mi riguarda, io tremo quando sento sant’Agostino che ci dice che noi siamo colpevoli quando ascoltiamo la Parola di Dio senza un vero desiderio di trarne profitto, tanto quanto furono colpevoli i Giudei allorchè flagellarono Gesù Cristo e lo fecero rotolare ai loro piedi.
Ahimè! fratelli miei, forse non ci siamo mai resi conto che ogni volta che non siamo disposti a trarre profitto dall’ascolto di questa Parola santa, commettiamo una specie di sacrilegio.
Tuttavia, fratelli miei, non voglio dire che siano queste le vostre disposizioni, almeno per un gran numero: siamo ancora capaci di prendere delle belle risoluzioni di cambiar vita; quando ascoltiamo una predica, siamo capaci di dire a noi stessi: bisogna senz’altro migliorare.
E questo va molto bene. Ma allorchè il buon Dio ci manda qualche prova, dimentichiamo tutte le nostre risoluzioni e continuiamo nel nostro vecchio modo di vivere.
Abbiamo fatto il proposito di essere meno attaccati ai beni di questo mondo; ma poi, al minimo torto che ci vien fatto cerchiamo di vendicarci, parliamo male di coloro che ci hanno fatto il torto e conserviamo il rancore; ci dà fastidio perfino vedere queste persone e non accettiamo più di servirle.
Altre volte facciamo il proposito di praticare l’umiltà, poiché abbiamo ascoltato in una istruzione quanto bella sia questa virtù e quanto ci renda graditi a Dio; ma alla prima occasione che si presenta, allorchè qualcuno mostra di disprezzarci, ci adiriamo, parliamo male di coloro che ci contraddicono, e se per caso abbiamo fatto loro qualche gesto di bontà, glielo rinfacciamo.
Ecco, fratelli miei, qual è il nostro modo di agire. Molte volte abbiamo deciso di fare il bene, ma appena ne abbiamo l’occasione, non ce ne ricordiamo più e continuiamo sulla strada di prima.
E così la nostra povera vita passa, tra risoluzioni e continue ricadute, di modo che ci ritroviamo sempre gli stessi.
Ahimè! Fratelli miei, questo seme della Parola va dunque sprecato per il maggior numero dei cristiani e servirà solo per la loro condanna!
Ma, forse, voi mi obietterete che in altri tempi la Parola di Dio era più potente, oppure coloro che l’annunciavano erano più efficaci.
No, fratelli miei, la Parola del buon Dio ha lo stesso potere ora di allora, e coloro che l’annunciavano erano così inadeguati come al presente.
Ascoltate san Pietro nelle sue predicazioni: “Ascoltatemi bene, dice questo santo apostolo, il Messia che voi avete fatto soffrire, che voi avete fatto morire, è risuscitato per la felicità di tutti coloro che credono che la salvezza viene da lui”.
Non aveva ancora finito di dire ciò, che tutti i presenti si fusero in lacrime ed emisero alte grida dicendo: “Ah! grande apostolo, che cosa dobbiamo fare per ottenere perdono?”.
Figli miei, disse loro san Pietro, se volete che i vostri peccati vi siano perdonati, fate penitenza, confessate i vostri peccati, non peccate più, e il medesimo Gesù Cristo che voi avete crocifisso ma che è risuscitato, vi perdonerà”.
In una sola predicazione, tremila persone donarono a Dio la loro vita e abbandonarono per sempre il peccato.
In un’altra predicazione, cinquemila rinunciarono alla loro idolatria per aderire a una religione che esige continui sacrifici; essi seguirono coraggiosamente la strada che Gesù Cristo aveva indicato.
Di quale segreto, fratelli miei, si sono serviti mai gli apostoli per cambiare la faccia del mondo?
Eccolo: “Volete voi, dicevano gli apostoli, piacere a Dio e salvare la vostra anima? Allora colui che si dedica al vizio dell’impurità vi rinunci e viva nella purezza per essere gradito a Dio. Colui che ha frodato il prossimo, restituisca tutto; colui che nutre rancore verso il suo prossimo, si riconcili con lui”.
Ascoltate san Tommaso: “Vi avverto, da parte di Gesù Cristo stesso, che gli uomini subiranno il giudizio, dopo la loro morte, sul bene e sul male che hanno fatto; i peccatori andranno a trascorrere la loro eternità nel fuoco dell’inferno, per soffrire in eterno, ma colui che sarà stato fedele nell’adempiere la legge del Signore, avrà una sorte opposta: uscendo da questa vita, entrerà nel cielo per gioire di ogni sorta di delizie e di felicità”.
Ascoltate san Giovanni, il discepolo prediletto: “Figli miei, amatevi tra di voi come Gesù Cristo vi ha amati; siate caritatevoli gli uni verso gli altri, come lo è stato Gesù Cristo verso di voi, lui che ha sofferto e che è morto per la vostra felicità; sopportatevi gli uni gli altri; perdonate a vicenda le vostre debolezze, come egli perdona a tutti voi”.
Ora ditemi: possiamo immaginare qualcosa di più semplice?
Ebbene, fratelli miei, non vengono predicate anche a voi le stesse verità?
Non viene detto anche a voi, ciò che predicava san Pietro, che cioè Gesù Cristo è morto per voi, che egli è ancora pronto a perdonarvi, se vorrete pentirvi e abbandonare il peccato?!
Non furono proprio le stesse parole che fecero spargere tante lacrime e convertirono tanti pagani e peccatori?
Non vi si dice, come diceva Giovanni Battista, che se avete frodato il prossimo dovete restituire, altrimenti non entrerete mai nel cielo?
Non viene detto anche a voi che se vi siete lasciati andare al vizio dell’impurità, bisogna abbandonarlo e vivere nella purezza?
Non vi si dice ancora che, se vivrete e morirete nel peccato, andrete tutti all’inferno?
E perché mai, allora, fratelli miei, queste parole non producono anche in voi il medesimo effetto, cioè non vi convertono?
Ahimè! Fratelli miei, diciamolo pure, gemendo: non è che questa Parola non abbia lo stesso potere di allora, ma è piuttosto che questo seme divino cade in cuori induriti e impenitenti, e non appena vi cade, il demonio la soffoca.
Poiché questa divina Parola non parla che di sacrifici, di mortificazioni, di distacco dal mondo e da se stessi, e poiché non si è disposti a fare tutto ciò, allora si preferisce rimanere nel peccato, persevarare in esso e in esso morire.
Sarete d’accordo con me che bisogna veramente avere il cuore indurito per scegliere di restare nel peccato, pur sapendo molto bene che, se dovessimo morire in questo stato, avremmo in sorte nient’altro che l’inferno!
Questo ci viene ripetuto senza tregua, ma, malgrado ciò, preferiamo rimanere peccatori come siamo, attendendo tranquillamente la morte, pur essendo pienamente consapevoli che il nostro destino eterno non potrà essere che quello di un dannato.
O mio Dio, quanto è infelice la situazione di un peccatore che non ha più la fede!
Ma, a questo punto mi chiederete: che cosa dunque bisogna fare per trarre profitto dalla Parola di Dio, affinchè essa ci sia di aiuto nell’opera della conversione?
Ecco, fratelli miei, che cosa occorre fare.
Non dovete fare altro che considerare attentamente la condotta di quella gente che accorreva per ascoltare Gesù Cristo.
Veniva da molto lontano, nutrendo un desiderio sincero di praticare tutto ciò che Gesù Cristo avesse comandato.
Abbandonavano tutte le cose terrene, non si preoccupavano nemmeno dei bisogni primari del loro corpo, assolutamente persuasi che Colui che nutriva le loro anime, avrebbe fornito il nutrimento anche ai loro corpi.
Essi erano mille volte più premurosi nel ricercare i beni del cielo piuttosto che quelli della terra; dimenticavano ogni cosa per non pensare ad altro che a quello che Gesù Cristo diceva loro.
Guardateli mentre ascoltano Gesù Cristo o gli apostoli: i loro occhi e il loro cuore sono intenti solo a questo; le donne non si ricordano minimamente delle faccende di casa; il mercante perde di vista il suo commercio; il contadino dimentica la sua terra; i giovani mettono sotto i piedi il culto dell’immagine; tutti ascoltano con avidità la Parola e fanno tutto ciò che possono per imprimerla nel loro cuore. Gli uomini più inclini alla sensualità aborriscono i loro vergognosi piaceri, non nutrendo più ormai altra preoccupazione che quella di sottomettere i loro corpi alla sofferenza.
La santa Parola di Dio costituisce la loro unica occupazione; vi ripensano continuamente e la meditano, provano piacere a parlare di essa e a sentirne parlare.
Ebbene! Fratelli miei, esaminate voi stessi e vedete se tutte le volte che ascoltate la Parola di Dio possedete le stesse disposizioni di quelle persone.
Fratelli miei, potete dire di essere venuti qui per ascoltare questa santa Parola con la medesima premura, con la medesima gioia, e con il sincero desiderio di trarne profitto?
Stando ora qui, avete voi forse dimenticato tutti i vostri affari terreni, per pensare esclusivamente ai bisogni delle vostre anime?
Prima ancora di ascoltare questa Parola santa, avete chiesto al buon Dio di comprenderla nel modo giusto e di imprimerla in modo indelebile nei vostri cuori?
Avete considerato questo momento dell’ascolto, come il più felice della vostra vita, poiché Gesù Cristo stesso afferma che la sua santa Parola è preferibile alla santa Comunione? (Riguardo a questa affermazione del Santo Curato, che a prima vista può sembrare eccessiva, si veda quanto già chiarito da lui stesso all’inizio dell’omelia; n.d.t.).
Siete disposti ad eseguire prontamente tutto ciò che essa vi ordina?
L’avete ascoltata con attenzione e con rispetto, non come la parola di un uomo, ma come la Parola di Dio stesso?
Una volta terminata l’omelia, avete ringraziato il buon Dio per la grazia che vi ha concesso, che è quella di istruirvi Lui stesso per mezzo della bocca dei suoi ministri?
Ahimè! Dio mio, se ve ne sono tanto pochi che ascoltano con queste disposizioni, non ci meravigliamo, poi, fratelli miei, del fatto che questa santa Parola produca così poco frutto.
Ahimè! Quanti tra i presenti stanno qui provando solo fastidio e noia!
Quanti altri dormono e sbadigliano! Quanti sfogliano un libro e malignano!
Si vedono addirittura alcuni che spingono a tal punto la loro mancanza di fede, che, a causa di un certo senso di disprezzo, escono fuori dalla chiesa, disprezzando la Parola santa e colui che l’annuncia.
Quanti altri, poi, pur essendo già usciti fuori, dicono che si sono stufati e che non ritorneranno mai più!
E altri, infine, tornando nelle loro case, senza pensare minimamente a quello che hanno ascoltato e senza meditarlo in profondità, se ne dimenticano completamente o, se ci ripensano, lo fanno solo per dire che è durato troppo o per criticare colui che ha avuto la carità di annunciare la Parola!
Quanti sono coloro che, arrivati nelle loro case, condividono ciò che hanno ascoltato con quelli che non hanno potuto parteciparvi?
Quanti sono quei padri o quelle madri che interrogano i loro figli su ciò che ricordano della Parola santa che hanno ascoltato, e che spiegano loro quelle cose che essi non hanno ben compreso?
Anzi, fratelli miei, si dà così poco peso alla Parola di Dio, che, ahimè! quasi nessuno confessa di non averla ascoltata con attenzione.
Ahimè, quanti peccati si commettono, dei quali la maggior parte dei cristiani non si accusa mai!
Mio Dio, quanti cristiani si dannano!
Quanti sono coloro che hanno detto a se stessi: quanto è bella questa Parola?! Come è vero quello che dice? E’ da tanti anni che l’ascolto e che essa mi fa vedere lo stato della mia anima e mi fa quasi toccare con mano che, se la morte mi cogliesse, sarei per sempre perduto! Eppure resto sempre nel peccato.
O Dio mio, quante grazie disprezzate, quanti mezzi di salvezza dei quali fino ad ora ho abusato! Ma ora basta, voglio che le cose cambino, voglio chiedere al buon Dio di non ascoltare mai più questa santa Parola senza essere ben disposto.
No, non voglio mai più pensare dentro di me, come ho fatto finora, che la tale Parola riguarda il tale o la tale; no, dirò che essa viene annunciata proprio per me, ne voglio trarre profitto più che posso.
Quale deve essere la conclusione di tutto questo discorso, fratelli miei?
Ecco: la Parola divina è uno dei più grandi doni che il buon Dio possa farci, poiché senza conoscerla è impossibile salvarsi.
Se vediamo tanta gente malvagia nei tempi sciagurati nei quali viviamo, è solo perché non si conosce a dovere la propria religione, dal momento che se la si conoscesse, sarebbe impossibile non innamorarsene e non mettere in pratica ciò che comanda.
Quando incontrate qualche persona empia, che disprezza la religione, potete senz’altro dire: “Ecco un ignorante che disprezza quello che non conosce”, perché, fratelli miei, se la conoscesse si convertirebbe.
Sforziamoci, fratelli miei, di ascoltarla sempre con un piacere tanto più grande, quanto più comprendiamo che da essa dipende la salvezza della nostra anima, e che per mezzo di essa scopriamo quanto sia felice il nostro destino, quanto sia grande la ricompensa che essa ci promette, poiché dura per tutta l’eternità.
E’ questa la felicità che vi auguro…

AMDG et DVM

IL PAPA BENEDETTO XVI: Chi aspira al sacerdozio per un accrescimento del proprio prestigio personale e del proprio potere ha frainteso il senso di questo ministero

 

Il Papa: Chi aspira al sacerdozio per un accrescimento del proprio prestigio personale e del proprio potere ha frainteso il senso di questo ministero


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SANTA MESSA PER L’ORDINAZIONE PRESBITERALE DI 14 DIACONI DELLA DIOCESI DI ROMA, 20.06.2010

Alle ore 9.30 di oggi, XII Domenica del tempo "per annum", il Santo Padre Benedetto XVI presiede nella Basilica Vaticana la Santa Messa nel corso della quale conferisce l’Ordinazione presbiterale a 14 diaconi della Diocesi di Roma.
Concelebrano con il Papa: l’Em.mo Cardinale Vicario Generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma, gli Ecc.mi Vescovi Ausiliari, i Superiori dei Seminari interessati e i Parroci degli Ordinandi.
Nel corso della Liturgia dell’ordinazione, il Santo Padre pronuncia la seguente omelia:

OMELIA DEL SANTO PADRE

Cari Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
Carissimi Ordinandi,
Cari Fratelli e Sorelle !


come Vescovo di questa Diocesi sono particolarmente lieto di accogliere nel «presbyerium» romano quattordici nuovi Sacerdoti. Insieme col Cardinale Vicario, i Vescovi Ausiliari e tutti i Presbiteri ringrazio il Signore per il dono di questi nuovi Pastori del Popolo di Dio. Vorrei rivolgere un particolare saluto a voi, carissimi ordinandi: oggi voi state al centro dell’attenzione del Popolo di Dio, un popolo simbolicamente rappresentato dalla gente che riempie questa Basilica Vaticana: la riempie di preghiera e di canti, di affetto sincero e profondo, di commozione autentica, di gioia umana e spirituale.

In questo Popolo di Dio, hanno un posto particolare i vostri genitori e familiari, gli amici e i compagni, i superiori ed educatori del Seminario, le varie comunità parrocchiali e le diverse realtà di Chiesa da cui provenite e che vi hanno accompagnato nel vostro cammino e quelle che voi stessi avete già servito pastoralmente. Senza dimenticare la singolare vicinanza, in questo momento, di tantissime persone, umili e semplici ma grandi davanti a Dio, come, ad esempio, le claustrali, i bambini, i malati e gli infermi. Esse vi accompagnano con il dono preziosissimo della loro preghiera, della loro innocenza e della loro sofferenza.

È, dunque, l’intera Chiesa di Roma che oggi rende grazie a Dio e prega per voi, che ripone tanta fiducia e speranza nel vostro domani, che aspetta frutti abbondanti di santità e di bene dal vostro ministero sacerdotale.

Sì, la Chiesa conta su di voi, conta moltissimo su di voi! La Chiesa ha bisogno di ciascuno di voi, consapevole come è dei doni che Dio vi offre e, insieme, dell’assoluta necessità del cuore di ogni uomo di incontrarsi con Cristo, unico e universale salvatore del mondo, per ricevere da lui la vita nuova ed eterna, la vera libertà e la gioia piena. Ci sentiamo, allora, tutti invitati ad entrare nel «mistero», nell’evento di grazia che si sta realizzando nei vostri cuori con l’Ordinazione presbiterale, lasciandoci illuminare dalla Parola di Dio che è stata proclamata.

Il Vangelo che abbiamo ascoltato ci presenta un momento significativo del cammino di Gesù, nel quale egli chiede ai discepoli che cosa la gente pensi di lui e come lo giudichino essi stessi. Pietro risponde a nome dei Dodici con una confessione di fede, che si differenzia in modo sostanziale dall’opinione che la gente ha su Gesù; egli infatti afferma: Tu sei il Cristo di Dio (cfr 9,20). Da dove nasce questo atto di fede? Se andiamo all’inizio del brano evangelico, costatiamo che la confessione di Pietro è legata ad un momento di preghiera: «Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui» (9,18). I discepoli, cioè, vengono coinvolti nell’essere e parlare assolutamente unico di Gesù con il Padre. E in tal modo viene loro concesso di vedere il Maestro nell’intimo della sua condizione di Figlio, viene loro concesso di vedere ciò che gli altri non vedono; dall’«essere con Lui», dallo «stare con Lui» in preghiera, deriva una conoscenza che va al di là delle opinioni della gente per giungere all’identità profonda di Gesù, alla verità. Qui ci viene fornita un’indicazione ben precisa per la vita e la missione del sacerdote: nella preghiera egli è chiamato a riscoprire il volto sempre nuovo del suo Signore e il contenuto più autentico della sua missione. Solamente chi ha un rapporto intimo con il Signore viene afferrato da Lui, può portarlo agli altri, può essere inviato. Si tratta di un «rimanere con Lui» che deve accompagnare sempre l’esercizio del ministero sacerdotale; deve esserne la parte centrale, anche e soprattutto nei momenti difficili, quando sembra che le «cose da fare» debbano avere la priorità.

Un secondo elemento vorrei sottolineare del Vangelo di oggi. Subito dopo la confessione di Pietro, Gesù annuncia la sua passione e risurrezione e fa seguire a questo annuncio un insegnamento riguardante il cammino dei discepoli, che è un seguire Lui, il Crocifisso, seguirlo sulla strada della croce.

Ed aggiunge poi – con un’espressione paradossale – che l’essere discepolo significa «perdere se stesso», ma per ritrovare pienamente se stesso (cfr Lc 9,22-24). Cosa significa questo per ogni cristiano, ma soprattutto cosa significa per un sacerdote? La sequela, ma potremmo tranquillamente dire: il sacerdozio, non può mai rappresentare un modo per raggiungere la sicurezza nella vita o per conquistarsi una posizione sociale.

Chi aspira al sacerdozio per un accrescimento del proprio prestigio personale e del proprio potere ha frainteso alla radice il senso di questo ministero. Chi vuole soprattutto realizzare una propria ambizione, raggiungere un proprio successo sarà sempre schiavo di se stesso e dell’opinione pubblica. Per essere considerato, dovrà adulare; dovrà dire quello che piace alla gente; dovrà adattarsi al mutare delle mode e delle opinioni e, così, si priverà del rapporto vitale con la verità, riducendosi a condannare domani quel che avrà lodato oggi. Un uomo che imposti così la sua vita, un sacerdote che veda in questi termini il proprio ministero, non ama veramente Dio e gli altri, ma solo se stesso e, paradossalmente, finisce per perdere se stesso.

Il sacerdozio - ricordiamolo sempre - si fonda sul coraggio di dire sì ad un’altra volontà, nella consapevolezza, da far crescere ogni giorno, che proprio conformandoci alla volontà di Dio, «immersi» in questa volontà, non solo non sarà cancellata la nostra originalità, ma, al contrario, entreremo sempre di più nella verità del nostro essere e del nostro ministero.

Carissimi ordinandi, vorrei proporre alla vostra riflessione un terzo pensiero, strettamente legato a quello appena esposto: l’invito di Gesù a «perdere se stesso», a prendere la croce, richiama il mistero che stiamo celebrando: l’Eucaristia. A voi oggi, con il sacramento dell’Ordine, viene donato di presiedere l’Eucaristia! A voi è affidato il sacrificio redentore di Cristo, a voi è affidato il suo corpo dato e il suo sangue versato. Certo, Gesù offre il suo sacrificio, la sua donazione d’amore umile e totale alla Chiesa sua Sposa, sulla Croce. E’ su quel legno che il chicco di frumento lasciato cadere dal Padre sul campo del mondo muore per diventare frutto maturo, datore di vita. Ma, nel disegno di Dio, questa donazione di Cristo viene resa presente nell’Eucaristia grazie a quella potestas sacra che il sacramento dell’Ordine conferisce a voi presbiteri. Quando celebriamo la Santa Messa teniamo nelle nostre mani il pane del Cielo, il pane di Dio, che è Cristo, chicco spezzato per moltiplicarsi e diventare il vero cibo della vita per il mondo. È qualcosa che non vi può non riempire di intimo stupore, di viva gioia e di immensa gratitudine: ormai l’amore e il dono di Cristo crocifisso e glorioso passano attraverso le vostre mani, la vostra voce, il vostro cuore!

Come allora non pregare il Signore, perché vi dia una coscienza sempre vigile ed entusiasta di questo dono, che è posto al centro del vostro essere preti! Perché vi dia la grazia di saper sperimentare in profondità tutta la bellezza e la forza di questo vostro servizio presbiterale e, nello stesso tempo, la grazia di poter vivere questo ministero con coerenza e generosità, ogni giorno.

La grazia del presbiterato, che tra poco vi verrà donata, vi collegherà intimamente, anzi strutturalmente, all’Eucaristia. Per questo, vi collegherà nel profondo del vostro cuore ai sentimenti di Gesù che ama sino alla fine, sino al dono totale di sé, al suo essere pane moltiplicato per il santo convito dell’unità e della comunione. È questa l’effusione pentecostale dello Spirito, destinata a infiammare il vostro animo con l’amore stesso del Signore Gesù. È un’effusione che, mentre dice l’assoluta gratuità del dono, scolpisce dentro il vostro essere una legge indelebile – la legge nuova, una legge che vi spinge ad inserire e a far rifiorire nel tessuto concreto degli atteggiamenti e dei gesti della vostra vita d’ogni giorno l’amore stesso di donazione di Cristo crocifisso. Riascoltiamo la voce dell’apostolo Paolo, anzi in questa voce riconosciamo quella potente dello Spirito Santo: «Quanti siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo» (Gal 3,27). Già con il Battesimo, e ora in virtù del Sacramento dell’Ordine, voi vi rivestite di Cristo. Alla cura per la celebrazione eucaristica si accompagni sempre l’impegno per una vita eucaristica, vissuta cioè nell’obbedienza ad un’unica grande legge, quella dell’amore che si dona in totalità e serve con umiltà, una vita che la grazia dello Spirito Santo rende sempre più somigliante a quella di Cristo Gesù, Sommo ed eterno Sacerdote, servo di Dio e degli uomini.

Carissimi, la strada che ci indica il Vangelo di oggi è la strada della vostra spiritualità e della vostra azione pastorale, della sua efficacia e incisività, anche nelle situazioni più faticose ed aride. Di più, questa è la strada sicura per trovare la vera gioia.

Maria, la serva del Signore, che ha conformato la sua volontà a quella di Dio, che ha generato Cristo donandolo al mondo, che ha seguito il Figlio fino ai piedi della croce nel supremo atto di amore, vi accompagni ogni giorno della vostra vita e del vostro ministero. Grazie all’affetto di questa Madre tenera e forte, potrete essere gioiosamente fedeli alla consegna che come presbiteri oggi vi viene data: quella di conformarvi a Cristo Sacerdote, che ha saputo obbedire alla volontà del Padre e amare l’uomo sino alla fine.

Amen!

© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana

CANTA Mariam: 15-21

 


PSALMUS  XV

Conserva me, Domina, quoniam speravi in Te:

mihique Tuae stillicidia Gratiae impartire.

 

Alvus Tuus virginalis et viscera Tua:

Filium Altissimi genuerunt.

 

Benedicta sint ubera Tua:

quibus lacte deifico Salvatorem enutriisti.

 

Confitemini laudes Virgini gloriosae: 

quicumque apud Eam gratiam et misericordiam invenistis.

 

Date magnificentiam nomini Ejus: 

et collaudate in saeculum Conceptum atque Partum Ejus.

Gloria Patri, etc.


 


PSALMUS  XVI

Exaudi, Domina, iustitiam meam et amorem:

amove a me tribulationem meam.

 

Confitebor Tibi in voce exultationis:

cum magnificaveris super me misericordiam Tuam.

 

Imitamini Eam, sanctae Virgines Dei:

ut imitatae sunt Agnes, Barbara, Doròthea et Catharina.

 

Honorificate Eam in voce labiorum vestrorum:

per hoc Eius gratiam Agatha, Lucia, Margarita et

Caecilia susceperunt.

 

Sponsum dabit vobis Patris Filium:

et de Paradisi liliis coronam incomparabiliter radiantem. 

Gloria Patri, etc.

 


PSALMUS   XVII

Diligam Te, Domina coeli et terrae:

et in gentibus nomen Tuum invocabo.

 

Confitemini Illi, tribulati corde:

et roborabit vos contra inimicos vestros.

 

Stilla nobis, Domina, gratiam uberum Tuorum:

ex manante lacte dulcedinis Tuae refice viscera puerorum

tuorum.

 

Religiosi omnes honorate Illam:

quia Ipsa es adjutrix, et vestra specialis advocata.

 

Esto refrigerium nostrum, gloriosa Mater Christi:

quia Tu es totius religionis mirabile firmamentum.

Gloria Patri, etc.

 


PSALMUS   XVIII

Coeli enarrant gloriam Tuam:

et unguentorum Tuorum fragrantia in gentibus est dispersa.


Respirate ad Illam, perditi peccatores:

et perducet vos in indulgentiae portum.

 

In hymnis et psalmis et canticis pulsate viscera Eius:

et stillabit vobis gratiam dulcedinis Suae.

 

Glorificate Eam, iusti, ante thronum Dei:

quia fructu ventris Eius estis iustitiam operati.

 

Laudate Eam, coeli coelorum:

et nomen Eius glorificet omnis terra. 

Gloria Patri, etc.

 



PSALMUS  XIX

Exaudias nos, Domina, in die tribulationis:

et precibus nostris converte clementem faciem Tuam.

 

Ne projicas nos in tempore mortis nostrae:

sed succurre animae, cum deserverit corpus suum.

 

Mitte angelum in occursum eius:

per quem ab hostibus defendantur.

 

Ostende ei serenissimum Iudicem saeculorum:

qui ob Tui gratiam veniam ei largiatur.

 

Sentiat in poenis refrigerium Tuum:

et concede ei locum inter electos Dei. 

Gloria Patri, etc.

 


PSALMUS  XX

Domina, in virtute Tua laetabitur cor nostrum:

et in dulcedine nominis Tui consolabitur anima nostra.

 

De sedibus mitte nobis Sapientiam:

per quam in omni veritate dulciter illustremur.

 

A carnalibus desideriis concede gratiam abstinendi:

ut lumen gratiae in nostris cordibus oriatur.

 

Quam dulcia diligentibus Te eloquia tua, Domina!

quam suavia sunt Tuarum stillicidia gratiarum.

 

Gloriam et honorem psallam Tibi:

et in nomine Tuo gloriabor in saeculum.

Gloria Patri, etc.

 


 

PSALMUS   XXI

Deus, Deus meus:

respiciat in me meritis Tuis, Virgo semper Maria.

 

Domina mea, clamavi ad Te per diem et noctem:

et fecisti cum servo Tuo misericordiam Tuam.

 

Quia ego speravi in misericordia Tua:

sempiternum a me opprobrium abstulisti.

 

Deriserunt me inimici mei undique:

Tu autem sub umbra manus Tuae contulisti mihi

refrigerium bonum.

 

Adorent Te familiae gentium:

et glorificent te omnes ordines angelorum.

Gloria Patri, etc.

 

AMDG et DVM