lunedì 9 novembre 2020

VANGELO DI NICODEMO* (Memorie di Nicodemo)

VANGELO DI NICODEMO * (Memorie di Nicodemo) I Recensione latina** PROLOGO Io Enia, protettore, di stirpe ebraica, e seguace della legge, fui afferrato dalla grazia del Salvatore e dal suo grande dono. Conobbi Cristo Gesù nella santa Scrittura, a lui mi avvicinai e ho abbracciato la sua fede per divenire degno del suo santo battesimo. Per prima cosa cercai le memorie scritte in quei tempi a proposito di nostro Signore Gesù Cristo, pubblicate dagli Ebrei all'epoca di Ponzio Pilato, e le abbiamo trovate scritte in caratteri ebraici all'epoca del Signore Gesù Cristo. Io le ho tradotte in lettere etniche mentre regnavano le eccellenze Teodosio, che compiva il diciassettesimo consolato, e Valentiniano, quinto console, durante la nona indizione. Voi tutti che leggete questo libro e lo trascrivete in altri codici, ricordatevi di me Enia, piccolissimo servo del Signore, affinché egli abbia misericordia di me e perdoni i peccati che io ho commesso contro di lui. Sia pace a tutti coloro che leggeranno queste cose e a tutta la loro famiglia, per sempre. Amen. Si era nell'anno decimo ottavo di Tiberio Cesare imperatore dei Romani e nell'anno decimo ottavo del regno di Erode, figlio di Erode, re della Galilea, nell'ottava calenda di aprile, cioè il giorno venticinque del mese di marzo, durante il consolato di Rufino e di Rubellione, nel quarto anno della olimpiade duecentesimaseconda, sotto il principato dei sacerdoti degli Ebrei Giuseppe e Caifa. Le cose compiute dai prìncipi dei sacerdoti e dagli altri Ebrei le ha narrate Nicodemo dopo la croce e la passione del Signore e lo stesso Nicodemo ha ordinato che fossero scritte in lettere ebraiche. [1, 1] Accuse delle autorità ebraiche. Anna e Caifa, Summa e Datan, Gamaliel, Giuda, Levi, Neftali, Alessandro e Giairo e tutti gli altri Ebrei vennero da Pilato accusando il Signore Gesù Cristo di molte cose e dicendo: "Sappiamo che costui è figlio del falegname Giuseppe ed è nato da Maria, e dice di essere figlio di Dio e re; non solo, ma viola il sabato e vuole abrogare la nostra legge paterna". Pilato domanda: "Che cos'è che fa e quale legge vuole abrogare?". Gli rispondono gli Ebrei: "Abbiamo una legge che vieta di curare nel giorno di sabato: costui invece, con opere malvagie, di sabato cura zoppi, gobbi, ciechi, paralitici, lebbrosi e indemoniati". Pilato domanda: "Con quali opere malvagie?". Gli rispondono: "E' un mago, e caccia i demoni per opera di Belzebub principe dei demoni e tutti gli sono sottomessi". Pilato dice: "Questo non è uno scacciare i demoni per opera di uno spirito immondo, ma per opera del dio Asclepiade". [2] Gli Ebrei gli dissero: "Preghiamo la tua grandezza di convocarlo in udienza al tuo tribunale". Pilato chiama a sé gli Ebrei e dice loro: "Ditemi, come posso, io che sono preside, udire un re?". Gli rispondono: "Noi non affermiamo che egli sia re, è lui stesso che lo dice". Gesù sul sudario del cursore. Chiamato un cursore, Pilato gli dice: "In un modo conveniente, sia convocato Gesù". Il cursore uscì, lo riconobbe, lo adorò, stese a terra il fazzoletto che portava in mano per asciugare il sudore e gli disse: "Signore, cammina su di questo ed entra, perché il preside ti chiama". Gli Ebrei, vedendo quanto aveva fatto il cursore, gridarono contro Pilato, dicendo: "Perché non l'hai convocato con il banditore invece che con il cursore? Il cursore, infatti, al vederlo, l'adorò, e stese a terra davanti a sé il fazzoletto che teneva in mano per asciugare il sudore e gli disse: "Signore, il preside ti convoca"". [3] Chiamato il cursore, Pilato gli domandò: "Perché hai fatto questo e hai onorato Gesù detto Cristo?". Gli rispose il cursore: "Quando mi mandasti in Gerusalemme da Alessandro, lo vidi che sedeva su di un asino e i ragazzi ebrei che spezzavano i rami di alberi e li stendevano sul cammino, mentre altri tenevano dei rami in mano, altri stendevano le loro vesti sul cammino gridando e dicendo: "Salve, dunque, tu che sei nei luoghi eccelsi! Benedetto colui che viene nel nome del Signore"". [4] Gli Ebrei gridarono contro il cursore dicendo: "I ragazzi ebrei gridavano in ebraico, e tu, che sei gentile, come potevi capire?". Risponde loro il cursore: "Interrogai un Ebreo dicendo: "Che cos'è che dicono in ebraico?". E quello me lo spiegò". Pilato domanda loro: "Come gridavano in ebraico?". Gli Ebrei rispondono: "Osanna negli altissimi". Pilato li interrogò: "Che cosa significa: Osanna negli altissimi?". Gli rispondono: "Salva, tu che sei nei luoghi eccelsi!". Disse loro Pilato: "Se voi stessi attestate le voci e le parole con le quali acclamavano i ragazzi, che ha fatto di male il cursore?". E tacquero. Gesù e i vessilli romani. Il preside dice al cursore: "Esci, e introducilo nel modo che tu vorrai". Il cursore, uscito, fece come prima, e disse a Gesù: "Signore, entra, poiché il preside ti chiama". [5] Entrato Gesù, i vessilli portati dai vessilliferi inchinarono da soli le loro cime e adorarono Gesù. Gli Ebrei alla vista dei vessilli che si erano inchinati e avevano adorato Gesù, gridarono ancor più contro i vessilliferi. Pilato dice però agli Ebrei: "Non vi meravigliate che i vessilli si siano inchinati e abbiano adorato Gesù?". Rispondono gli Ebrei a Pilato: "Noi abbiamo visto come gli uomini che portano i vessilli si siano inchinati e abbiano adorato Gesù". Il preside, chiamati i vessilliferi, dice loro: "Perché avete agito così?". Rispondono a Pilato: "Noi siamo uomini gentili e servi dei templi. Come potevamo adorarlo? E' piuttosto che mentre noi li tenevamo, le facce dei vessilli si curvarono da sole e lo adorarono". [6] Pilato dice ai prìncipi della sinagoga e agli anziani del popolo: "Scegliete voi degli uomini forti e robusti che tengano i vessilli e vedremo se si inchinano da soli". Gli anziani degli Ebrei presero dodici uomini fortissimi e robustissimi, fecero tenere loro i vessilli sei a sei e li posero davanti al tribunale del preside. Pilato dice al cursore: "Manda Gesù fuori del pretorio, e poi introducilo di nuovo nel modo che vorrai". Uscirono dunque fuori del pretorio sia Gesù che il cursore. Pilato chiamò coloro che avevano tenuto le insegne prima e disse loro: "Per la salute del Cesare, se i vessilli, quando entra Gesù, non si inchineranno, vi amputerò la testa". E il preside ordinò di introdurre Gesù per la seconda volta. Il cursore si comportò come prima e supplicò molto Gesù affinché passasse sopra e camminasse sul suo fazzoletto per asciugare il sudore. Gesù vi passò sopra ed entrò. All'ingresso di Gesù, i vessilli subito si inchinarono e adorarono Gesù. [2, 1] La moglie di Pilato. Vedendo questo, Pilato fu preso dal timore, e volle subito alzarsi dalla sedia curule. Mentre pensava di alzarsi e andarsene, sua moglie gli mandò a dire: "Non ci sia nulla tra te e quest'uomo giusto: questa notte, infatti, ho sofferto molto a causa sua". Radunati gli Ebrei, Pilato disse loro: "Sapete che mia moglie è devota verso Dio e riguardo al giudaismo simpatizza con voi". Gli Ebrei gli rispondono: "Così è, lo sappiamo". Pilato dice loro: "Ecco che mia moglie mi ha mandato a dire: non ci sia nulla tra te e quest'uomo giusto. Questa notte, infatti, ho sofferto molto a causa sua". Gli Ebrei risposero a Pilato, dicendo: "Non ti abbiamo detto, forse, che è un mago? Ecco che ha inviato a tua moglie i fantasmi dei sogni". [2] Accuse contro Gesù e la sua famiglia. Pilato chiamò Gesù e gli disse: "Che ne è di ciò che costoro attestano contro di te? E non rispondi loro nulla?". Gesù rispose: "Se non ne avessero il potere, non parlerebbero. Ognuno ha la padronanza della sua bocca per dire cose buone e cose cattive: essi vedranno". [3] Gli anziani degli Ebrei risposero dicendo a Gesù: "Che cosa abbiamo da vedere noi? Primo, che tu sei nato dalla fornicazione; secondo, che alla tua nascita in Betlemme è stata fatta l'esecuzione dei bambini; terzo, che tuo padre Giuseppe e tua madre Maria fuggirono in Egitto perché non avevano fiducia nel popolo". [4] La difesa. Alcuni degli Ebrei presenti erano benevoli e dissero: "Noi non affermiamo che egli venga dalla fornicazione, ma sappiamo che Maria è sposata a Giuseppe e non è nato dalla fornicazione". Pilato, rivolto agli Ebrei che avevano asserito ch'egli era (nato) dalla fornicazione, dice: "Questo vostro parlare non è veritiero, poiché c'è stato il matrimonio, come affermano le stesse persone della vostra gente". Anna e Caifa dissero a Pilato: "Noi con tutta una moltitudine affermiamo che è nato dalla fornicazione e che è un mago: costoro poi sono proseliti e suoi discepoli". Chiamati Anna e Caifa, Pilato domanda loro: "Chi sono i proseliti?". Gli rispondono: "Coloro che per nascita sono figli di gentili e ora si sono fatti Ebrei". Coloro che avevano affermato che Gesù non era nato dalla fornicazione, e cioè Lazzaro e Asterio, Antonio e Giacomo, Anne e Azara, Samuele e Isacco, Finee e Crispo, Agrippa e Giuda, risposero: "Noi non siamo nati proseliti, ma siamo figli di Ebrei e diciamo la verità. Infatti eravamo presenti al matrimonio di Maria". [5] Convocati a sé questi dodici uomini che asserivano come Gesù non era nato dalla fornicazione, Pilato disse loro: "Vi scongiuro per la salute del Cesare, ditemi se è vero che Gesù non è nato dalla fornicazione". Quelli rispondono a Pilato: "Noi abbiamo una legge che ci vieta di giurare, perché è peccato. Giurino essi, per la salute del Cesare, che non è come abbiamo detto, e noi saremo rei di morte". Allora Pilato domandò ad Anna e a Caifa: "Non rispondete a ciò che attestano costoro?". Anna e Caifa rispondono a Pilato: "Si crede a questi dodici che non sia nato nella fornicazione. Mentre tutto il popolo grida che è nato dalla fornicazione, che è mago, che si dice figlio di Dio e re, e non siamo creduti". [6] Perché si vuole uccidere Gesù. Pilato ordinò di fare uscire tutta la moltitudine, ad eccezione dei dodici uomini che avevano detto ch'egli non è nato dalla fornicazione; e ordinò di separare Gesù da loro. Poi domanda loro Pilato: "Per quale motivo gli Ebrei vogliono uccidere Gesù?". Gli rispondono: "Gli sono rivali perché guarisce di sabato". Pilato disse: "Per una buona opera, lo vogliono uccidere?". Gli rispondono: "Proprio così, signore". [3, 1] Pieno di ira, Pilato uscì fuori dal pretorio e dice loro: "Mi è testimone il sole ch'io non trovo in quest'uomo una sola colpa". Gli Ebrei risposero e dissero al preside: "Se costui non fosse un malfattore, mai te lo avremmo consegnato". Dice loro Pilato: "Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra legge". Gli ebrei risposero: "A noi non è lecito uccidere alcuno". Dice loro Pilato: "Dio ha detto a voi di non uccidere alcuno. Disse dunque a me di uccidere?". [2] Il regno di Gesù. Entrato di nuovo nel pretorio, Pilato chiamò a sé Gesù segretamente, e gli disse: "Tu sei il re degli Ebrei?". Gesù rispose a Pilato: "Parli da te, oppure sono altri che te lo dissero a mio riguardo?". Pilato risponde: "Forse ch'io sono ebreo? Il tuo popolo e i pontefici ti consegnarono a me; che hai fatto?". Gesù rispose: "Il mio regno non è di questo mondo. Se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servi certo combatterebbero affinché non fossi consegnato agli Ebrei. Ma ora il mio regno non è di qui". [3] Gli disse Pilato: "Dunque sei tu re?". Dice a lui Gesù: "Tu lo dici perché io sono re. Io, infatti, sono nato così e per questo sono venuto, per rendere testimonianza alla verità e ognuno che è dalla verità ascolta la mia voce". Gli dice Pilato: "Che cos'è la verità?". Gesù risponde: "La verità è dal cielo". Pilato domanda: "Non c'è verità, in terra?". Gesù risponde a Pilato: "Osserva come coloro che dicono la verità sono giudicati da coloro che hanno autorità sulla terra". [4, 1] Pilato attesta l'innocenza di Gesù. Lasciato Gesù nel pretorio, Pilato uscì fuori dagli Ebrei e dice loro: "Io non trovo in lui alcuna colpa". Gli Ebrei gli dicono: "Costui disse: "Posso distruggere questo tempio e in tre giorni risuscitarlo"". Disse loro Pilato: "Che tempio?". Gli rispondono gli Ebrei: "Quello che Salomone edificò in quarantasei anni. E costui parla di distruggerlo e di edificarlo in tre giorni". Dice loro Pilato: "Io sono innocente del sangue di quest'uomo. Vedrete voi". Gli Ebrei gli risposero: "Il sangue sopra di noi e sopra i nostri figli". [2] Chiamati gli anziani, i sacerdoti e i leviti, Pilato disse loro segretamente: "Non fate così! Mentre voi lo accusate, io non l'ho trovato degno di morte, né per la guarigione né per la violazione del sabato". I sacerdoti, i leviti e gli anziani gli dicono: "Dì un po', se qualcuno bestemmia il Cesare, non è forse degno di morte?". Risponde Pilato: "E' degno di morte". Gli risposero gli Ebrei: "Tanto più è degno di morte costui che ha bestemmiato Dio". [3] Angoscia di Pilato. Il preside ordinò che gli Ebrei uscissero dal pretorio e, chiamato Gesù, gli disse: "Che ti debbo fare?". Gesù rispose a Pilato: "Come ti è stato dato". E Pilato. "Come è stato dato?". Rispose Gesù: "Mosè e i profeti preconizzarono la mia morte e la mia risurrezione". All'udire queste cose, gli Ebrei dicono a Pilato: "Desideri ancora sentire una bestemmia?". Disse Pilato: "Se questo parlare è blasfemo, prendetelo voi, conducetelo alla vostra sinagoga e giudicatelo secondo la vostra legge". Gli Ebrei rispondono a Pilato: "Nella nostra legge sta scritto: se un uomo peccherà contro un uomo, è degno di ricevere quaranta fustigate meno una; ma se bestemmierà contro Dio è degno di essere lapidato". [4] Disse loro Pilato: "Dunque giudicatelo secondo la vostra legge". Gli dicono gli Ebrei: "Vogliamo che sia crocifisso". Rispose loro Pilato: "Non è reo di essere crocifisso". [5] Guardando il circostante popolo ebraico, il preside vide che molti lacrimavano, e disse: "Non tutta la moltitudine vuole ch'egli muoia". Gli anziani dicono a Pilato: "E' per questo che noi e tutta questa moltitudine siamo venuti, affinché muoia". Pilato disse agli Ebrei: "Che ha fatto per morire?". Quelli gli risposero: "Ha affermato di essere figlio di Dio e re". [5, 1] Intervento di Nicodemo. Ma un Ebreo, Nicodemo, si presentò davanti al preside e gli disse: "Ti supplico, misericordioso, ordinami di dire poche parole". Pilato gli rispose: "Dì!". Nicodemo dice: "Agli anziani, ai sacerdoti, ai leviti e a tutta la moltitudine degli Ebrei io dissi nella sinagoga: che avete con quest'uomo? Quest'uomo fa molti segni e molte cose mirabili che nessun uomo ha mai fatto né può fare. Lasciatelo e non vogliate comportarvi malamente contro di lui: se i segni che fa sono da Dio, dureranno; se invece dagli uomini, si dissolveranno. Poiché anche Mosè, inviato da Dio in Egitto, compì molti segni che Dio gli aveva ordinato di compiere davanti al faraone, re d'Egitto; c'erano presenti i maghi curatori Iamne e Mambre, ed anch'essi compirono i segni fatti da Mosè Ä non tutti però Ä, e gli Egiziani ritennero Iamne e Mambre come dèi: ma i segni compiuti da costoro non erano da Dio perciò perirono sia essi sia coloro che avevano ad essi creduto. E ora lasciate quest'uomo: non è, infatti, degno di morte". [2] Gli Ebrei rispondono a Nicodemo: "Tu sei diventato suo discepolo e parli in suo favore". Risponde loro Nicodemo: "Forse che il preside è diventato suo discepolo perché parla in suo favore? Non l'ha forse costituito Cesare in questa dignità?". Gli Ebrei fremevano e digrignavano i denti contro Nicodemo Dice loro Pilato: "Perché, all'udire la verità, digrignate i denti contro di lui?". Gli Ebrei risposero a Nicodemo: "Accetta pure la sua verità e abbi parte con lui!". Nicodemo rispose: "Amen, amen, amen! Accetterò come dite". [6, 1] Testimonianza di un paralitico. Balzò fuori un altro Ebreo a pregare il preside di permettergli una parola. Il preside gli dice: "Dì quello che vuoi dire". E disse: "Da trentotto anni io giacevo infermo su di un lettuccio, in un tremendo dolore. E all'arrivo di Gesù furono da lui guariti molti indemoniati e colpiti da varie infermità. Alcuni giovani ebbero pietà di me, mi presero sul lettuccio, e mi portarono davanti a lui. A questa vista, Gesù ebbe pietà di me e mi disse le parole: "Prendi il tuo lettuccio e cammina". E subito fui guarito. Presi il mio lettuccio e camminai". Gli Ebrei dissero a Pilato: "Domandagli in quale giorno fu guarito". Rispose: "Di sabato". Dicono gli Ebrei: "Non avevamo forse avvertito che guarisce e scaccia i demoni di sabato?". [2] Altre testimonianze. Un altro Ebreo balzò fuori, e disse: "Io sono nato cieco. Udivo la voce, ma non vedevo nessuno. Mentre Gesù passava, gridai a gran voce: "Abbi pietà di me, figlio di David!". Ed ebbe pietà di me. Pose le sue mani sui miei occhi e subito vidi". Balzò fuori un altro Ebreo, che disse: "Io ero gobbo e, con una parola, mi raddrizzò". E un altro disse: "Io ero lebbroso, e mi guarì con una parola". [7, 1] Così una donna, di nome Veronica, da lontano gridò al preside: "Da dodici anni avevo un flusso di sangue; toccai un lembo del suo vestito, e subito il flusso del mio sangue si arrestò". Dissero gli Ebrei: "Abbiamo una legge che vieta alle donne di testimoniare". [8, 1] Ed altri, una moltitudine di uomini e di donne, gridarono dicendo: "Quest'uomo è un profeta, e i demoni gli sono soggetti". A coloro che avevano affermato che i demoni sono soggetti, Pilato domanda: "E perché non gli sono soggetti i vostri maestri?". Rispondono a Pilato: "Non sappiamo". Altri risposero a Pilato: "E' perché suscitò da morte Lazzaro, dopo che da tre giorni era nella tomba". Udendo queste cose, Pilato ebbe paura e disse a tutta la moltitudine degli Ebrei: "Perché volete versare sangue innocente?". [9, 1] Ultimi tentativi di Pilato. Chiamato Nicodemo e i dodici uomini che avevano affermato che egli non era nato da fornicazione, Pilato dice loro: "Che debbo fare? Tra il popolo, infatti, c'è sommossa". Rispondono: "Noi non sappiamo. Vedano loro". Pilato convocò nuovamente la moltitudine degli Ebrei e disse: "Sapete che presso di voi c'è la consuetudine che per il giorno degli azimi io vi mandi in libertà un prigioniero. Ho in carcere un notissimo prigioniero omicida che si chiama Barabba, e Gesù detto Cristo nel quale non trovo alcun motivo di morte. Chi volete ch'io vi mandi in libertà?". Tutti gridarono: "Mettici in libertà Barabba". Dice loro Pilato: "Che farò dunque di Gesù, detto Cristo?". Tutti esclamarono: "Sia crocifisso!". Dissero ancora gli Ebrei: "Non sei amico di Cesare, se metti questo in libertà: giacché disse di essere figlio di Dio e re. A meno che tu voglia che sia lui il re, e non Cesare". [2] Pieno di furore, allora disse loro Pilato: "La vostra stirpe fu sempre sediziosa e voi foste contrari a coloro che erano favorevoli a voi". Gli risposero gli Ebrei: "E chi sono coloro che ci sono favorevoli?". Dice loro Pilato: "Il vostro Dio, che vi ha tolto dalla dura servitù degli Egiziani, che vi ha condotto fuori dall'Egitto attraverso il mare come attraverso una terra secca e nel deserto vi cibò con manna e pernici, e per voi estrasse acqua da una pietra e vi dissetò, e vi diede una legge: in tutti questi eventi avete irritato il vostro Dio e vi siete ricercato come dio un vitello di metallo fuso. Avete esacerbato il vostro Dio, ed egli volle uccidervi. Ma Mosè supplicò in vostro favore affinché non foste fatti morire. E ora affermate ch'io odio il re!". [3] E alzatosi dal tribunale, volle uscire fuori. Ma gli Ebrei gridarono e dissero: "Sappiamo che il re è Cesare e non Gesù. Anche i magi, infatti, gli offrirono doni come a un re, ma Erode, udito dai magi che era nato un re, lo volle uccidere. Saputo questo, suo padre, Giuseppe, prese lui e sua madre, e fuggirono in Egitto. A questa notizia, Erode uccise i bambini ebrei che erano nati in Betlemme". [4] All'udire queste parole, Pilato ebbe timore e, ordinato il silenzio tra il popolo che gridava, domandò: "Dunque, questi è colui che era ricercato da Erode?". Gli risposero: "E' questo!". Presa dell'acqua, Pilato si lavò le mani davanti al popolo dicendo: "Io sono innocente del sangue di questo giusto. Vedete voi". Gli Ebrei gridarono di nuovo, dicendo: "Il suo sangue su di noi e sui nostri figli!". [5] La sentenza. Poi Pilato ordinò di togliere il velo e disse a Gesù: "La tua gente ti ha condannato come re. Per questo ho ordinato che prima tu sia flagellato a motivo degli statuti dell'imperatore, e poi tu sia crocifisso in croce". [10, 1] Gesù in croce tra i ladroni. Pilato consegnò agli Ebrei Gesù flagellato, affinché fosse crocifisso, e con lui due ladroni: uno aveva nome Disma, l'altro aveva nome Gesta. Quando giunsero al luogo, lo spogliarono delle sue vesti, lo cinsero con un panno di tela e posero sul suo capo una corona di spine. Appesero con lui i due ladroni: Disma a destra, e Gesta a sinistra. Gesù diceva: "Padre, perdona loro, non sanno, infatti, quello che fanno". I soldati si divisero i suoi vestiti. E il popolo stava ad aspettare, mentre i prìncipi dei sacerdoti e i loro giudici lo deridevano, dicendo tra sé: "Salvò gli altri, ora salvi se stesso; se è figlio di Dio, discenda dalla croce". I soldati lo schernivano inchinandosi davanti a lui, offrendogli aceto con fiele, e dicendo: "Se sei il re degli Ebrei, libera te stesso!". Dopo la sentenza, Pilato aveva ordinato che il titolo fosse scritto in caratteri ebraici, greci e latini, in base a quanto avevano detto gli Ebrei: "Questo è il re degli Ebrei". [2] Uno dei ladri appesi, di nome Gesta, gli disse: "Se tu sei il Cristo libera te stesso e noi". Ma Disma lo pose in imbarazzo, dicendo: "Neppure tu, che sei in questa sentenza, temi Dio? Noi, infatti, riceviamo giustamente ed equamente quanto abbiamo fatto. Ma costui non ha fatto nulla di male". E diceva a Gesù: "Ricordati di me, Signore, nel tuo regno!". Gesù gli rispose: "Ti dico, in verità, che oggi sarai con me in paradiso". [11, 1] La morte. Era quasi l'ora sesta, quando apparvero le tenebre su tutta la terra, si oscurò il sole, e il velo del tempio si stracciò nel mezzo, allorché Gesù disse a gran voce: "Padre, nelle tue mani affido il mio spirito". E così dicendo, spirò. Il centurione vedendo quanto era accaduto, glorificò Dio, esclamando: "Quest'uomo era giusto!". E tutti i popoli presenti a questo spettacolo, visto l'accaduto, se ne ritornavano percotendo il loro petto. [2] Il centurione riferì poi al preside quanto era avvenuto. All'udire questo, il preside e sua moglie furono molto rattristati; e in quel giorno né mangiarono né bevettero. Convocati gli Ebrei Pilato disse loro: "Avete visto quanto è avvenuto?". Risposero al preside: "Avvenne una comune eclisse di sole". [3] Alla vista di queste cose, anche i suoi amici e le donne che l'avevano seguìto dalla Galilea stavano lontani. Ed ecco un uomo di nome Giuseppe, membro della curia, uomo buono e giusto, che non acconsentì né ai loro consigli né alle loro azioni, da Arimatea, città ebrea, anch'egli in attesa del regno di Dio, andò da Pilato e chiese il corpo di Gesù. E, depostolo dalla croce, lo avvolse in un lenzuolo pulito e lo pose nel suo sepolcro nuovo nel quale non era stato posto ancora nessuno. [12, 1] Le autorità contro Giuseppe e Nicodemo. Gli Ebrei, udito che Giuseppe aveva chiesto il corpo di Gesù, cercavano lui, quei dodici uomini che avevano affermato che non era nato da fornicazione, Nicodemo e molti altri che erano stati davanti a Pilato e avevano manifestato le sue opere buone. Essendo tutti nascosti, apparve loro soltanto Nicodemo, poiché era principe degli Ebrei, e domanda a essi: "Come siete entrati nella sinagoga?". Gli Ebrei gli rispondono: "E tu come sei entrato nella sinagoga, essendo d'accordo con essi? Abbi la sua parte nel secolo futuro". Disse Nicodemo: "Amen, amen, amen!". Anche Giuseppe, uscito fuori, disse loro: "Perché vi rattristate contro di me, per il fatto ch'io ho chiesto il corpo di Gesù? Ecco che l'ho posto nella mia tomba nuova, dopo averlo avvolto in un lenzuolo mondo, poi ho rotolato la pietra all'ingresso della caverna. Non vi siete comportati bene verso un giusto, poiché crocifiggendolo e perforandolo con la lancia non vi siete ricordati quanto è stato profetato a suo riguardo". [2] Gli Ebrei, dunque, trattennero Giuseppe, ordinarono di custodirlo, a causa del sabato, e gli dissero: "Sappi che l'ora non permette che si faccia qualcosa contro di te giacché spunta il sabato. Sappi però che non sei neppure degno della sepoltura, ma daremo le tue carni in pasto ai volatili del cielo e alle bestie della terra". Giuseppe rispose loro: "Questo è il parlare superbo di Golia che bestemmiò il Dio vivo contro il santo David. Ma Dio disse: "A me la vendetta, io ricompenserò", dice il Signore. Con una stretta al cuore, Pilato prese dell'acqua e si lavò le mani davanti al sole, dicendo: "Io sono innocente del sangue di questo giusto; vedrete voi". Rispondendo a Pilato, avete detto: "Il suo sangue su di noi e sui nostri figli! Ed ora temo che venga l'ira di Dio su di voi e sui vostri figli come avete detto". All'udire queste cose, il cuore degli Ebrei si amareggiò e, preso Giuseppe, lo chiusero in una camera senza finestra, alla porta misero delle guardie e posero i sigilli alla porta del luogo ove era stato chiuso Giuseppe. [3] Il sabato mattina fecero un consiglio con i sacerdoti e i leviti per radunarsi poi tutti dopo il giorno di sabato. Svegliatasi presto, tutta la moltitudine prese consiglio, nella sinagoga, con quale morte l'avrebbero ucciso. Durante la seduta ordinarono che, con molte ingiurie, fosse introdotto; ma, aperta la porta, non lo trovarono. Tutto il popolo ne fu spaventato e preso da un enorme stupore giacché i sigilli furono trovati intatti, e le chiavi le aveva Caifa. E non osarono più mettere le mani su coloro che, davanti a Pilato, avevano parlato in favore di Gesù. [13, 1] Testimonianza delle guardie. Mentre sedevano nella sinagoga e altercavano a proposito di Giuseppe, giunsero alcuni dei custodi che avevano richiesto da Pilato per custodire il sepolcro di Gesù affinché non venissero a rubarlo i suoi discepoli. E agli archisinagoghi, ai sacerdoti e leviti annunziarono quanto era accaduto e come avvenne il grande terremoto, dicendo: "L'angelo del Signore discese dal cielo, rotolò la pietra dall'ingresso della tomba e sedette su di essa con un aspetto folgorante e i vestiti come la neve. E dalla paura noi siamo diventati come morti. E abbiamo udito la voce dell'angelo che parlava alle donne venute al sepolcro, dicendo: "Non temete, voi! So, infatti, che cercate Gesù crocifisso. Non è qui! Risorse come aveva detto. Venite a vedere il luogo dove era stato posto il Signore. E andate subito a dire ai suoi discepoli che è risorto dai morti, e vi precederà in Galilea, come vi ha detto"". [2] Gli Ebrei domandano: "A quali donne parlava?". I soldati rispondono: "Non sappiamo che donne erano!". Gli Ebrei domandano: "Che ora era?". I custodi rispondono: "Mezzanotte". Gli Ebrei domandano: "E perché non le avete prese?". I custodi rispondono: "Dalla paura dell'angelo eravamo diventati come morti, e più non speravamo di vedere la luce del giorno. E come potevamo prenderle?". Gli Ebrei dicono: "Viva il Signore Dio! Non vi crediamo". I custodi risposero agli Ebrei: "In quell'uomo avete visto tanti miracoli e non avete creduto, come potete credere a noi che il Signore vive? Infatti, avete giurato proprio bene che il Signore Gesù Cristo vive!". I custodi dicono ancora agli Ebrei: "Abbiamo sentito che avete chiuso in carcere Giuseppe che ha chiesto il corpo di Gesù, che avete posto i sigilli con i vostri anelli, e quando poi avete aperto non l'avete più trovato. Dateci dunque Giuseppe e noi vi daremo Gesù Cristo". Gli Ebrei risposero: "Giuseppe è andato ad Arimatea, la sua città". I custodi dicono agli Ebrei: "E Gesù è in Galilea, come abbiamo udito dall'angelo". [3] Udendo queste parole, gli Ebrei ebbero una grande paura e dicevano: "Che non si divulghi questa notizia, e tutti credano in Gesù!". E gli Ebrei fecero consiglio tra loro: tirarono fuori del denaro sufficiente e lo diedero ai soldati, dicendo: "Dite: "Mentre noi dormivamo vennero i suoi discepoli e l'hanno rubato". Se questo giungerà alle orecchie del preside, noi lo rassicureremo e voi sarete tranquilli". I soldati, ricevutolo, dissero come era stato loro intimato dagli Ebrei: e presso tutti si sparsero le loro parole. [14, 1] Gesù sul monte Mambre. Ma un certo sacerdote, Finee, il maestro Adda e il levita Egia discesero dalla Galilea a Gerusalemme e riferirono agli archisinagoghi, ai sacerdoti e ai leviti che avevano visto Gesù seduto e con lui i suoi discepoli sul monte degli Ulivi, che si chiama Mambre, o Malech, e diceva ai suoi discepoli: ""Andate in tutto il mondo, annunziate a tutte le creature il vangelo del regno. Colui che crederà e sarà battezzato, sarà salvo; colui invece che non crederà, sarà condannato. Questi sono i segni che accompagneranno coloro che credono: nel mio nome scacceranno i demoni, parleranno lingue nuove, prenderanno i serpenti e se berranno qualcosa di velenoso non farà loro male, porranno le mani sui malati e guariranno". Mentre Gesù così parlava ai suoi discepoli, lo abbiamo visto elevato in cielo" [2] I sacerdoti, i leviti e gli anziani, dicono loro: "Date gloria al Dio di Israele e confessategli se queste cose che avete narrato le avete udite e viste". Quelli che avevano riferito, dicono: "Viva il Signore Dio dei padri nostri, Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe! Abbiamo udito e abbiamo visto". Gli Ebrei gli domandano: "E' per questo che siete venuti a darcene notizia, oppure siete venuti ad elevare una preghiera a Dio;" Essi risposero: "Siamo venuti ad elevare una preghiera a Dio". Gli anziani, i prìncipi dei sacerdoti e i leviti dicono loro: "E se siete venuti ad elevare una preghiera a Dio, che cosa siete andati mormorando davanti a tutto il popolo su questa stravaganza?". [3] Il sacerdote Finee, il maestro Adda e il levita Egia dicono agli archisinagoghi, ai sacerdoti e ai leviti: "Se le parole che abbiamo detto su quanto abbiamo visto e udito sono un peccato, ecco che siamo al vostro cospetto: fateci quanto è bene ai vostri occhi". Ed essi, presa la legge, li fecero giurare di non raccontare più a nessuno quelle cose. Poi diedero loro da mangiare e da bere, e li cacciarono fuori della città. Dopo aver dato loro del denaro e tre uomini che li accompagnassero fino in Galilea. [4] Angoscia delle autorità ebraiche. Allora, mentre quelli salivano nella Galilea, gli Ebrei si consigliarono tra loro, si chiusero nell'archisinagoga e si avvilivano con furore grande, dicendo: "Perché accadde questo segno in Israele?". Anna e Caifa dicono: "Sono tristi le vostre anime? Dobbiamo credere ai soldati che l'angelo del Signore discese dal cielo e rotolò la pietra dalla porta della tomba? I suoi discepoli diedero molto oro a quelli che custodivano il sepolcro e presero Gesù, e li ammaestrarono affinché dicessero: "Dite che un angelo del Signore discese dal cielo e rotolò la pietra dall'ingresso della tomba". Ignorate che agli Ebrei non è lecito credere alcuna parola da stranieri? Quelli stessi che ricevettero da noi oro abbondante, dissero come abbiamo loro insegnato". [15, 1] Alla ricerca di Gesù sui monti. Ma Nicodemo, alzatosi, stette in mezzo al consiglio, e disse: "Gli uomini discesi dalla Galilea non temono forse Dio, non sono uomini di pace, odiatori della menzogna? Anch'essi raccontarono sotto giuramento di avere visto Gesù sul monte Mambre che sedeva con i suoi discepoli, che insegnava mentre essi udivano, e che lo videro elevato in cielo. Nessuno li interrogò sul come è stato elevato in cielo. Come ci insegna la Scrittura, i Libri Sacri, anche sant'Elia è stato elevato in cielo: Eliseo gridò a gran voce ed Elia gettò la sua pelle di pecora sopra Eliseo; a sua volta, Eliseo gettò la sua pelle di pecora sopra il Giordano e così passò e andò a Gerico. E gli andarono incontro i figli dei profeti e gli dissero: "Dov'è il tuo signore Elia?". E rispose: "E' stato elevato in cielo". E dissero a Eliseo: "Lo ha rapito uno spirito e lo ha gettato su di una montagna? Prendiamo piuttosto con noi i nostri figli e cerchiamolo". Persuasero Eliseo e andò con loro. Lo cercarono per tre giorni e tre notti, e non lo trovarono perché è stato elevato. Ed ora, uomini, ascoltatemi: mandiamo in tutto Israele, che Gesù non sia stato elevato in qualche luogo e sia stato gettato in una montagna". Questo parlare piacque a tutti. Mandarono dunque in tutte le montagne di Israele a cercare Gesù, e non lo trovarono. Trovarono invece Giuseppe d'Arimatea, ma nessuno osò prenderlo. [2]Missione a Giuseppe d'Arimatea. Annunziarono agli anziani, ai sacerdoti e ai leviti: "Abbiamo girato per tutte le montagne di Israele e non abbiamo trovato Gesù; abbiamo invece trovato Giuseppe d'Arimatea". All'udire di Giuseppe, si rallegrarono e diedero gloria al Dio di Israele. Gli archisinagoghi, i sacerdoti e i leviti tennero consiglio sul modo con cui mandare da Giuseppe: presero un foglio di carta e scrissero a Giuseppe. "Pace a te e a tutti i tuoi! Abbiamo compreso di avere peccato verso Dio e verso te. Hai supplicato il Dio di Israele e ti ha liberato dalle nostre mani. Degnati ora di venire dai tuoi padri e dai tuoi figli, poiché siamo terribilmente tristi. Tutti noi ti abbiamo cercato, dopo che, aperta la porta, non ti avevamo trovato. Sappiamo di avere preso una cattiva deliberazione contro di te, ma il Signore ha rovesciato la nostra deliberazione. Sei onorabile da tutto il popolo, o padre Giuseppe". [3] Da tutte le tribù scelsero sette uomini amici di Giuseppe, noti anche a lui come amici, e gli archisinagoghi, i sacerdoti e i leviti dicono loro: "Osservate. Se riceverà la lettera e la leggerà, certamente verrà con voi da noi; se invece non la leggerà sappiate che macchina contro di noi: salutatelo e ritornate in pace qui da noi". Li benedissero e li congedarono. Giunsero in Arimatea da Giuseppe, lo adorarono con la faccia a terra e gli dissero: "Pace a te e a tutti i tuoi!". Giuseppe rispose: "Pace a voi e a tutto il popolo di Israele!". E gli diedero il rotolo della lettera. Giuseppe prese la lettera, la lesse, se la strinse al petto, benedisse Dio e disse: "Benedetto il Signore Dio che liberò Israele dallo spargere sangue innocente! Benedetto Dio, che ha mandato il suo angelo e mi ha coperto con le sue ali". Li baciò, preparò loro la mensa, mangiarono, bevettero e dormirono. [4] Testimonianza di Giuseppe. Al mattino, quando si alzarono, Giuseppe preparò la sua asina, andò con loro ed entrarono nella città santa, Gerusalemme. Tutto il popolo andò incontro a lui acclamando e dicendo: "Pace al tuo ingresso, padre Giuseppe!". Egli rispose: "La pace del Signore, a tutto il popolo". E tutti lo baciarono. Pregarono con Giuseppe, e al vederlo avevano paura. Nicodemo lo ricevette in casa sua, fece un gran convito, e invitò in casa sua Anna e Caifa, gli anziani, i prìncipi dei sacerdoti e i leviti. Assieme a Giuseppe scherzarono, mangiarono, bevettero, e benedissero Dio; ognuno andò poi a casa propria. Mentre Giuseppe rimase con Nicodemo. [5] Il giorno dopo era la vigilia; i sacerdoti, gli archisinagoghi e i leviti vegliarono e andarono in casa di Nicodemo. Andò loro incontro Nicodemo, e disse loro: "Pace a voi!". Gli risposero: "Pace a te e a Giuseppe, alla tua casa e alla casa di Giuseppe". Nicodemo li introdusse in casa sua. Vi fu una seduta di consiglio, e Giuseppe sedette in mezzo tra Anna e Caifa: e nessuno osò dire parola. Giuseppe disse loro: "Perché mi avete chiamato?". Essi, con gli occhi, fecero segno a Nicodemo di parlare a Giuseppe. Aperta la bocca, Nicodemo disse: "Padre Giuseppe, sai che i venerabili maestri, i sacerdoti e i leviti desiderano udire da te una parola". Giuseppe disse: "Domandate!". [6] Anna e Caifa, presa la legge, scongiurarono Giuseppe dicendo: "Da' gloria al Dio di Israele e fa' a lui la confessione di non nasconderci alcuna cosa". E gli dissero: "Ci ha rattristato molto che tu abbia chiesto il corpo di Gesù, l'abbia avvolto in un panno puro e l'abbia posto in una tomba. Per questo ti abbiamo rinchiuso nella camera ove non c'era alcuna finestra, abbiamo chiuso a chiave e sulla porta abbiamo posto i sigilli; e, passato il sabato, aperta la porta, non ti abbiamo trovato. Siamo quindi rattristati molto e lo stupore ha invaso tutto il popolo di Dio. Perciò sei stato chiamato, ed ora annunziaci quanto è accaduto". [7] Allora Giuseppe, disse: "Nel giorno della vigilia, verso l'ora decima, voi mi avete rinchiuso e ivi rimasi per tutto il sabato. Giunta la mezzanotte, mentre io ero dritto e pregavo, la casa dove mi avete rinchiuso è stata sospesa ai quattro angoli e passò nei miei occhi un bagliore di luce. Tremante, caddi a terra. Poi qualcuno mi alzò dal luogo ove ero caduto, mi inondò con abbondante acqua da capo a piedi, pose un odore di unguento profumato alle mie narici, con la stessa acqua mi ha sfregato la faccia come per lavarmi, mi ha baciato e mi ha detto: "Giuseppe non temere! Apri i tuoi occhi e vedi chi è che ti parla". Guardai e vidi Gesù; ma, tremante, pensavo trattarsi di un fantasma. Gli parlai con la preghiera e con i precetti: ma lui recitava con me. Gli dissi: "Tu sei rabbi Elia?". Mi rispose: "Io non sono Elia". Dissi: "Chi sei, signore?". Mi rispose: "Io sono Gesù, il cui corpo tu hai chiesto a Pilato e lo hai avvolto in un panno puro, e hai messo un sudario sulla mia faccia, e mi hai posto in un sepolcro nuovo, e hai arrotolato una pietra all'ingresso". [8] Allora dissi a colui che parlava: "Signore, fammi vedere dove ti ho posto". E mi condusse e mi fece vedere il luogo ove lo avevo posto, il panno che gli avevo messo e il sudario nel quale avevo avvolto la sua faccia: e conobbi che era Gesù. Mi prese con la sua mano e, a porte chiuse, mi pose in mezzo alla mia casa, mi mise sul mio letto e mi disse: "Pace a te!". Mi baciò e mi disse: "Per quaranta giorni non uscire da casa tua. Ecco. infatti, che vado in Galilea dai miei fratelli"". [16, 1] Gli archisinagoghi, i sacerdoti e i leviti, udendo da Giuseppe queste parole, diventarono come morti, caddero a terra e digiunarono fino all'ora nona. Giuseppe e Nicodemo li pregarono dicendo: "Alzatevi e state dritti sui vostri piedi, prendete del pane e irrobustite le vostre anime, giacché domani è il sabato del Signore". Si alzarono, pregarono il Signore, mangiarono, bevettero, e ognuno se ne andò a casa propria. [2] Testimonianza di Levi. Sabato, poi, i maestri e i dottori sedettero interrogandosi l'un l'altro e dicendo: "Che è quest'ira che ci sovrasta? Abbiamo, infatti, conosciuto suo padre e sua madre". Il maestro Levi disse: "Conobbi i suoi genitori. Sono timorati di Dio, non si allontanano mai dalla preghiera e danno le decime tre volte l'anno. E quando Gesù nacque, i suoi genitori lo portarono in questo luogo e offrirono al Signore sacrifici e olocausti. Anche Simeone, il grande maestro, lo prese tra le sue braccia, dicendo: "Ora congeda in pace il tuo servo, Signore, secondo la tua parola, giacché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, che hai preparato al cospetto di tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele". E benedisse Maria, sua madre, e disse: "E' su questo bambino che ti annunzio". Maria rispose: "Bene, o mio signore?". E Simeone disse: "Bene!". Ed ancora: "Ecco che costui è posto in Israele in rovina e risurrezione di molti, e in segno di contraddizione; e una spada trapasserà la tua stessa anima, affinché si manifestino i pensieri di molti cuori"". [3] Ma gli Ebrei dissero a Levi: "E tu come sai questo?". Levi rispose: "Non sapete ch'io ho imparato la legge da lui?". Questi del consiglio gli dissero: "Vogliamo vedere tuo padre". Interrogarono suo padre e vennero a conoscenza di tutto; ed egli domandò loro: "Perché non avete creduto a mio figlio? E' il beato e giusto Simeone che gli ha insegnato la legge". Il consiglio dice a rabbi Levi: "Le parole che hai detto sono vere". Testimonianza di Adda, Finee, Egia. Gli archisinagoghi, i prìncipi dei sacerdoti e i leviti deliberarono: "Su, mandiamo in Galilea da quei tre uomini che vennero qui e raccontarono della sua dottrina e assunzione, affinché ci riferiscano come l'hanno visto assunto in cielo". Queste parole furono gradite a tutti. [4] Mandarono allora tre uomini in Galilea, dicendo: "Andate a dire a rabbi Adda, a rabbi Finee e a rabbi Egia: "Pace a voi e ai vostri! Nel consiglio sono state compiute molte ricerche su Gesù; perciò siamo stati inviati ad invitarvi nel luogo santo, in Gerusalemme"". Gli uomini andarono in Galilea e li trovarono seduti che meditavano sulla legge. Si salutarono in pace. Essi domandarono: "Perché siete venuti?". I legati risposero: "Il consiglio vi invita nella città santa, Gerusalemme". Quegli uomini, udito che erano cercati dal consiglio, pregarono Dio, sedettero con gli altri uomini e mangiarono e bevettero con loro. All'indomani, alzatisi, partirono per Gerusalemme, in pace. [5] Il giorno seguente si tenne consiglio, e li interrogarono dicendo: "Veramente avete visto Gesù seduto sul monte Mambre mentre ammaestrava i suoi discepoli e mentre fu assunto in cielo?". Rispose per primo il maestro Adda: "Sì, l'ho proprio visto seduto sul monte Mambre che ammaestrava i suoi discepoli; e una nube luminosa coprì lui e i discepoli con la sua ombra, e poi egli salì in cielo, mentre i suoi discepoli pregarono con la faccia a terra". [6] Chiamato il sacerdote Finee, interrogarono pure lui domandando: "Come hai visto Gesù assunto?". Ed egli disse come l'altro. Chiamarono ancora il terzo, rabbi Egia, e lo interrogarono: egli rispose come il primo e il secondo. Testimonianza del sinedrio. Quelli che erano in consiglio dissero: "La legge di Mosè afferma che dalla bocca di due o tre testimoni è concluso ogni fatto". Il maestro Abude, uno dei dottori, affermò: "Nella legge sta scritto: "Enoc camminò con Dio e fu trasferito, giacché Dio lo prese"". Il maestro Giairo disse: "Abbiamo udito della morte di san Mosè, ma non l'abbiamo visto. Sta scritto, infatti, nella legge del Signore: "Dalla bocca del Signore Mosè morì, ma nessun uomo conobbe, fino ad oggi, il suo sepolcro"". Il rabbi Levi disse: "Per quale motivo rabbi Simeone disse: "Ecco che costui è per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, e in segno di contraddizione?"". Il rabbi Isacco disse: "Nella legge sta scritto: "Ecco ch'io mando il mio angelo che preceda la tua faccia per custodirti, sulla buona strada, poiché ho portato il suo nome nuovo"". [7] Conclusione di Anna e Caifa. Allora Anna e Caifa dissero: "Avete detto bene che queste cose sono scritte nella legge di Mosè. Nessuno infatti ha visto la morte di Enoc e nessuno ha ricordato il sepolcro di san Mosè. Ma Gesù parlò con Pilato, lo abbiamo visto sotto i flagelli e ricevere sputi sulla faccia; i soldati gli posero una corona di spine ed ebbe la sentenza da Pilato; poi è stato crocifisso, gli diedero da bere aceto e fiele, e con lui sono stati crocifissi anche due ladri, e il soldato Longino gli perforò il costato con la lancia; il suo corpo fu chiesto dal nostro prezioso padre Giuseppe: poi risorse e, a quanto dicono, tre maestri lo videro assunto in cielo. E rabbi Levi ha testimoniato quanto è stato detto dal vecchio Simeone, cioè che è stato posto a rovina e a risurrezione di molti in Israele, e quale segno di contraddizione". [8] Allora il maestro Dida, disse a tutta l'assemblea: "Se in Gesù si sono avverate tutte le cose che questi hanno testimoniato, ciò viene da Dio: non desti meraviglia ai vostri occhi". I prìncipi della sinagoga, i sacerdoti e i leviti dissero tra loro: "Nella nostra legge sta scritto: "Il suo nome sarà benedetto nei secoli; il suo luogo è anteriore al sole e alla luna; in lui saranno benedette tutte le tribù della terra e tutte le genti lo serviranno; i re verranno da lontano per adorarlo e magnificarlo"". 

PREGHIERA DI GUARIGIONE: La croce di Dozulé — La cruz de Dozulé

PREGHIERA DI GUARIGIONE: La croce di Dozulé — La cruz de Dozulé: Apertura a Dozulè: 29 maggio 2011, visita del Vescovo a Dozulè e prudente apertura al fenomeno, solleci...

DEDICAZIONE DELLA BASILICA DI GESU' SANTISSIMO SALVATORE - ROMA

 


L'abside della basilica, con le decorazioni cosmatesche, racchiude la cattedra papale, che rappresenta simbolicamente la Santa Sede e fa di San Giovanni in Laterano la cattedrale di Roma.

Basilica di San Giovanni in Laterano

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Nota disambigua.svg Disambiguazione – Se stai cercando l'omonima chiesa milanese, vedi Chiesa di San Giovanni in Laterano.
Papale arcibasilica patriarcale maggiore arcipretale cattedrale del Santissimo Salvatore e dei Santi Giovanni Battista ed Evangelista in Laterano
San Giovanni in Laterano - Rome.jpg
StatoItalia Italia
RegioneLazio
LocalitàRoma
ReligioneChiesa cattolica di rito romano
TitolareGiovanni apostolo ed evangelista e Giovanni Battista
DiocesiRoma
Consacrazione324 (o 318)
FondatorePapa Milziade
ArchitettoDomenico Fontana[1]
Giacomo della Porta[2]
Francesco Borromini[3]
Alessandro Galilei[4]
Francesco Vespignani[5]
Stile architettonicoArchitettura paleocristianamedievalerinascimentale e barocca
Inizio costruzioneIV secolo
Completamento1735
Sito webSito ufficiale

Coordinate41°53′09.26″N 12°30′22.16″E (Mappa)

La basilica di San Giovanni in Laterano o cattedrale di Roma, nome completo Papale arcibasilica maggiore cattedrale arcipretale del Santissimo Salvatore e dei Santi Giovanni Battista ed Evangelista in Laterano[6] (in latino Archibasilica Sanctissimi Salvatoris et Sanctorum Ioannis Baptistae et Ioannis Evangelistae in Laterano) è la cattedrale della diocesi di Roma, attualmente retta da papa Francesco tramite il cardinale arciprete Angelo De Donatis.

È la prima delle quattro basiliche papali maggiori e la più antica e importante basilica d'Occidente[7]. Sita sul colle del Celio, la basilica è la rappresentazione materiale della Santa Sede, che ha qui la sua residenza.

La basilica e il vasto complesso circostante (comprendente il Palazzo Pontificio del Laterano, il Palazzo dei Canonici, il Pontificio Seminario Romano Maggiore e la Pontificia Università Lateranense) godono dei privilegi di extraterritorialità riconosciuti dalla Repubblica Italiana alla Santa Sede che pertanto ne ha la piena ed esclusiva giurisdizione.

La denominazione ufficiale è "Arcibasilica Papale del Santissimo Salvatore e dei Santi Giovanni Battista ed Evangelista in Laterano"[6]. Papa Silvestro I, nel IV secolo, la dedicò al Santissimo Salvatore; poi papa Sergio III, nel IX secolo, aggiunse la dedica a San Giovanni Battista; infine papa Lucio II, nel XII secolo, incluse anche San Giovanni Evangelista[6]. È detta "arcibasilica" perché è la più importante delle quattro basiliche papali maggiori[8]; più precisamente, ha il titolo onorifico di Omnium Urbis et Orbis Ecclesiarum Mater et Caput, ovvero Madre e Capo di tutte le chiese nella città e nel mondo[9]. È detta infine "in Laterano", o "lateranense"; Lateranus era un cognomen della gens Claudia[10], e nella zona dove sorse la basilica si trovavano dei possedimenti (horti) di quella famiglia.


La leggenda aurea di Costantino e papa Silvestro

Una famosa e popolare Legenda Aurea narrata nel Trecento da Jacopo da Varagine racconta in un altro modo la storia della fondazione della basilica, intitolando la donazione costantiniana a papa Silvestro I.

Pare che Costantino fosse stato colpito da lebbra, nel 313, ma si rifiutasse di sacrificare i bambini il cui sangue, secondo i medici, lo avrebbe guarito. Costantino avrebbe dunque sognato due sconosciuti di nome Pietro e Paolo, che lo esortarono a mandare a cercare un eremita di nome Silvestro, che con i suoi compagni si era sottratto alle persecuzioni anticristiane in una grotta del monte Soratte, il quale avrebbe saputo guarirlo.

Costantino, che aveva scambiato i due santi per dei, mandò a chiamare Silvestro, che, arrivato, gli mostrò due ritratti degli apostoli Pietro e Paolo, nei quali l'imperatore riconobbe i suoi "dei" del sogno. Allora Silvestro impose all'imperatore di liberare i cristiani carcerati e digiunare una settimana, poi lo immerse nel fonte battesimale e l'imperatore ne uscì guarito.

Costantino dedicò allora gli otto giorni successivi a produrre leggi sulla cristianizzazione di Roma e sull'istituzione della potestà dei vescovi e della Chiesa.

Poi, l'ottavo giorno, dice la leggenda «l'imperatore andò alla chiesa di san Pietro, dove confessò piangendo le sue colpe. Prese poi il piccone e iniziò personalmente lo scavo per costruire la basilica e portò via sulle sue spalle dodici carichi di terra».




AMDG et DVM