lunedì 19 ottobre 2020

Volate alla Luce

 



   Dice Gesù
   «Ti ho detto1 che i libri della Sapienza vanno sempre letti con riferimenti sopra-umani. 
   Proprio l’opposto di quello che fa il mondo, e la scienza del mondo, la quale non sa elevare sé al livello soprannaturale, ma si sforza di abbassare il soprannaturale delle cose al suo livello terreno In questa maniera, dalle pagine ispirate coglie il senso artistico, sente e nota la poesia e la musica, tutto quanto, insomma, carezza i suoi sentimenti umani, ma non si industria di aprire le porte oltre le quali è rinserrato il suo spirito, che essa umanità nega o dimentica di possedere tanto di esso non si cura.
   E lo spirito, oppresso come schiavo in buia galera, non riceve il riflesso - dico "riflesso" perché il raggio non scende attraverso le strette muraglie della superbia e della lussuria umana - non riceve neppure il riflesso del sole della Sapienza raggiante per tutti e per lui, sepolto nel pozzo oscuro dell’indifferenza al soprannaturale, così lontano; non riceve neppure la più lontana onda di quel riflesso di luce, la più lontana vibrazione di quell’armonia che non è fatta di sole parole ma di significati eccelsi, e sempre più si inebetisce in una segregazione delittuosa.
   Poveri spiriti chiusi in esseri dominati dalla triplice sensualità della carne! Quando una parola soprannaturale valica la loro prigione, come eco venuta da lontano, hanno un soprassalto, e tentano uno sforzo per farsi udire dalla carne che li opprime. Ma sono conati vani di un debole oppresso da un gigante.
   Per intendere la Parola quale essa è, e per rendere lo spirito quale dovrebbe essere: signore della carne e non schiavo, l’umanità dovrebbe mettere la scure al piede di interi boschi, e abbattere gli alberi malvagi, piantati dall’imprudenza di alcuni o dal loro ribelle pensiero e lasciati crescere liberamente, anzi: aiutati nel crescere da altri imprudenti ed altri ribelli alla legge del Signore. Dovrebbe far questo l’umanità e fare luce .Permettere alla Luce di scendere dall’alto dei Cieli sui prati della terra dove, come erba che passa, voi spuntate, fiorite e cadete in breve ora. E beati quelli che fioriscono in maniera da esser degni del trapianto nel mio Paradiso.
  Questi sono coloro per i quali non è spenta e preclusa la luce dello spirito. Sono i forti che sanno resistere alle correnti umane. Sono i fedeli che sanno credere anche contro le asserzioni umane. Sono i sicuri che sanno continuare a sentire il Sole anche oltre le ombre create dall’uomo, e nulla li leva da questa loro certezza. Come ago sensibile di bussola si orientano verso la Luce, come uccelli migratori seguono il loro Sole. Sanno lasciare case e parenti per venire al Sole dell’anima loro.
   E non alludo, Maria, a chi entra in monastero. Vi sono creature che vivendo nella famiglia la "lasciano per amor mio" più che se si mettessero oltre la duplice grata di un monastero. Tu ne sai qualcosa e sai che lacrime costi "seguire Me" contro il volere ostile dei famigliari.
   "Vengono a Me" coloro che contro l’egoismo, lo scherno, l’incredulità dei parenti, sanno seguire il loro Re d’Amore, coloro che non si turbano o raffreddano sotto il quotidiano assalto degli ingiusti commenti e dell’altrui indifferenza religiosa. Ma anzi ne soffrono e si affannano a moltiplicare in loro la Luce per portarla fra mezzo alla loro famiglia oscurata, si esauriscono nel tutelare gli interessi del loro Dio nel seno della prima fra le società umane: la famiglia, e giungono a donarmi la loro vita pur di ottenere la Vita ai morti della loro famiglia: ai morti dello spirito.
   Oh! benedetti, oh! beati, oh! eroici figli miei! So cosa voglia dire andare contro al dolce legame dell’amore e all’aspra catena del pregiudizio famigliare per spezzarli e seguire l’ordine del Signore. So. Ricordo. E premio di premio speciale i nascosti martiri dell’egoismo famigliare e dell’amore famigliare, i santi martiri del mio Amore, prepotente in loro come la morte e struggente come un fuoco.
   La frase del Cantico: "Di notte nel mio letto cercai l’amore dell’anima mia senza trovarlo", va letta soprannaturalmente così:
   Molte volte e per cause diverse viene la notte per l’anima. Le necessità della vita, che voifate di sovente divenire "sollecitudini della vita", creano delle ombre crepuscolari, talora così fonde da esser simili a notte senza stelle. La volontà di Dio, per provare la vostra costanza, suscita talora altre notturne tenebre. Durante queste oscurità "l’amore dell’anima vostra" si ritira.
   L’anima, se non è morta del tutto, ama spontaneamente il suo Creatore Iddio. Anche se voi non ve ne accorgete, questa vostra luce, questa vostra fiamma, nascosta entro le opache barriere della carne, tende con nostalgia al Regno da cui è venuta e sospira all’unione con la sua Origine. Si trova spersa fra estranei l’anima sulla terra e cerca la vicinanza dell’Unico che l’assicura: Iddio.
   Quando per incuria vostra iddio si ritira, poiché avete creato la notte con le vostre sollecitudini umane, l’anima soffre. Avviene in lei come uno sbalordimento iniziale. Ma viene poi il momento che essa si ridesta e allora cerca "l’amore suo" e soffre di sentirlo lontano, e per colpa della sua rilassatezza che ha permesso alla carne di signoreggiare con le sue sollecitudini senza valore.
  Quando invece è iddio che per provare uno spirito si ritira da esso e permette alla notte di avvilupparlo2, allora questo spirito vigile si accorge subito d’esser stato lasciato dal suo Amore e balza in piedi per cercarlo, e non ha pace sinché non lo abbia raggiunto e stretto al cuore.
   Alle sollecitudini della terra, questo spirito che ha compreso la Luce oppone l’unica delle sollecitudini che dovreste avere: "quella della ricerca di Dio". Santa sollecitudine dell’anima innamorata, alla quale corrisponde la divina sollecitudine di Dio innamorato delle anime delle sue creature al punto di dare Se stesso a salvezza loro.
   Sia che abbiate perduto la vicinanza mia per colpa vostra o per volontà mia, sappiate imitare la sposa del Cantico. Sorgete senza indugio, cercate senza stanchezze e senza titubanze, senza timori.
  Se dipende da voi la lontananza, sarebbe vergognoso che non cercaste di farvi perdonare essendo pazienti e insistenti nella ricerca. Se dipende da Dio, sarebbe offensivo che voi mostraste umana impazienza e quasi con questa rimproveraste Dio che è incensurabile.
  
E neppure timori dovete avere. Quando uno cerca Iddio, Iddio, anche se è nascosto, veglia su lui. Perciò nulla di "vero" male può fare il mondo al cercatore di Dio. Anche se infierisce con scherni o con persecuzioni, pensate sempre che ciò sono cose di durata relativa mentre il frutto del vostro amore coraggioso non perisce mai.
 Quando infine le vostre amorose ricerche vi concedono di riunirvi all’amore dell’anima vostra, stringetevi ad esso con abbraccio ogni volta più forte sino a divenire fusione totale e indissolubile fra voi e Lui.
   Vedi, piccola sposa mia, quando si è giunti a questo punto Gesù non si scosta mai. Basta che tu volga lo sguardo dello spirito per vedermi vicino. Proprio come uno sposo innamorato che si aggira nella casa nuziale, e basta che la sposa si volga o si affacci alla porta per vederlo presso a sé o nella stanza vicina.
   Non è dolce tutto ciò? Non ti dà tanta sicurezza? Tanta pace e conforto?
  Ma non è ancora nulla. Quando da questa tua piccola casa e dalla labile dimora di carne dove è rinchiusa, io trarrò la tua anima alle dimore eterne, sarai resa cognita di cosa è la beatitudine dell’amore. La gioia di ora è come goccia di miele paragonata al fiume di dolcezza che riverserò su te.»

 


   Più tardi, lo stesso 14 ottobre.
   
   Dice Gesù:
   «Quando l’amore è divenuto così forte da divenire "fusione", è anche inutile temere delle violenze umane che spezzano la vita o della lunghezza della vita stessa.
   Credi, anima che ascolti, credi che nulla è tanto violento come l’amore e tanto distruggente quanto l’amore. Se anche la spada o le frecce dei tiranni non avessero svenato e trafitto i miei martiri, se il fuoco e la pece non li avessero fusi e inceneriti, se l’acqua non li avesse sommersi o le belve sbranati, sarebbero morti lo stesso, giunti a quel punto di incandescenza d’amore al quale li aveva portati l’amore reciproco fra il cristiano e il Cristo. Più di una spada e di una freccia apre vene e cuore l’amore, più del fuoco e della pece consuma l’amore, più di un’acqua sommerge l’amore e più di una belva affamata aspira a Sé l’Amore.
   Ma questo annichilimento della creatura nell’Amore separa la gemma dal suo involucro, schiude il serrame all’angelo chiuso nella carne, meglio diciamo:
allo spirito, per prevenire le obbiezioni dei cavillatori umani che si perdono ad analizzare le rifiniture e non guardano al nucleo del pensiero. Questo annichilimento libera lo spirito immortale e lo fa nascere ai Cieli che l’hanno atteso e che si aprono al suo entrare e si chiudono dietro a lui, mettendo barriere di pace fra esso e la terra ostile ai santi.
   Per questo vi ho detto: "Non temete di chi può uccidere il vostro corpo" perché l’uccisione del corpo è liberazione dello spirito.
   L’Amore è immolatore come la spada e il fuoco, come l’acqua e le belve. E, ai giorni vostri, in cui non sono le grandi persecuzioni che coronarono di porpora la Chiesa nascente, vi dico in verità che non mancano i martiri ai quali è spada, è fuoco, è belva la fiamma d’amore.
   Quella che voi chiamate "Piccolo fiore"3 non è meno martire di Agnese, perché la lama che bevve la vita dell’una e dell’altra ha in fondo un sol nome: "l’Amore". E nel Cielo il martirio dell’una e dell’altra, sebbene consumato con forma diversa, hanno ugual premio, perché la gloria di Dio fu l’agente che le spinse ad incontrarlo e l’amore delle anime quello che le spinse a chiederlo.
   Ugualmente è inutile temere la lunghezza della separazione. L’amore la abbrevia perché consuma. Non resiste a lungo un essere preso in un vortice di fuoco.
   Il fuoco porta velocemente presso al Fuoco, presso Dio Uno e Trino che è la perfezione dell’Amore, che è l’Amore stesso, e che ad ogni attimo di tempo rinnova e espande il suo ardore che va dal Centro ai Tre e dai Tre all’Unità con ineffabili, e non comprensibili a mente umana, moti di amore, e come onda da chiusa sorgente trabocca poi e si espande sull’Universo e lo abbraccia, lo feconda, lo attira, dà ad esso vita e chiede di ricevere le vite create per portarle a conoscere l’Amore, ossia Se stesso, con la perfezione che non è più delle creature mentre sono separate dal Creatore, ma delle creature quando sono nuovamente raccolte sul seno del Creatore.
   Oh! Luce beatifica, oh! Amore tre volte santo, perché il mio sacrificio di Dio non è stato sufficiente a donarmi tutte le creature? Perché, anzi, il Nemico ha talmente agito sulla debolezza umana da rendere impenetrabile il mio sacrificio nella quasi totalità delle creature?
   Oh! dolore dell’Uomo Dio, di Dio che ha lasciato i superessenziali splendori per venire sulla terra allo scopo di dare ai terreni l’Amore e di portare all’Amore i terreni, e vede che per milioni e milioni di esseri inutilmente il suo olocausto di Dio che lascia i Cieli, e di Uomo che si immola, è stato compiuto!
   Vi allontanate così dal Bene, dall’Amore che è Bene, e morite. Morite dopo che io vi ho dato la Vita. Morite per non saper amare e non volervi lasciare amare da Dio.
   Rimanete fedeli, voi, fra gli uomini infedeli a Gesù Signore e Salvatore vostro, infedeli a Dio Uno e Trino, Padre, Redentore, Amore vostro, voi che avete conosciuto l’amore. Non ve ne staccate mai da questa via sicura il cui termine è nel mio Cuore.
   L’amore non solo sia la guida della vostra vita, ma vi spinga in corsa tanto rapida da esser volo verso di Me. Come farfalla che la luce attira, volate alla Luce. Essa è qui per ricevervi e aumenta i suoi bagliori di gioia perché vi vede fedeli.
   Venite. Salite. Non vi è che Dio che sia gioia per la creatura

 

   1 Ad esempio, nel dettato del 9 luglio, pag. 77.

   2 avvilupparlo è nostra correzione da avviluparlo

   3 S. Teresa di Lisieux.



QUADERNI DEL 1943 CAPITOLO 146     14 ottobre 1943


AMDG et DVM


domenica 18 ottobre 2020

Prima che la cecità degli spiriti vostri sia totale, venite al Medico e alla Luce.

 



   Dice Gesù:
   «Quando faccio dire a Sofonia che io porterò via ogni cosa dalla terra, gli faccio profetare ciò che avverrà nella antivigilia del tempo ultimo, quello che poi io annunciai parlando, adombrato sotto la descrizione della rovina del Tempio e di Gerusalemme, della distruzione del mondo, e ciò che profetò il Prediletto nel suo Apocalisse.


   Le voci si susseguono. Anzi posso dire che, come in un edificio sacro elevato a testimoniare la gloria del Signore, le voci salgono da pinnacolo a pinnacolo, da profeta a profeta antecedente a Cristo, sino al culmine maggiore su cui parla il Verbo durante il suo vivere d’uomo, e poi scendono da pinnacolo a pinnacolo, nei secoli, per bocca dei profeti susseguenti al Cristo.



   È come un concerto che canta le lodi, le volontà, le glorie del Signore, e durerà sino al momento in cui le trombe angeliche aduneranno i morti dei sepolcri e i morti dello spirito, i viventi della terra e i viventi del Cielo, perché si prostrino davanti alla visibile gloria del Signore e odano la parola della Parola di Dio, quella Parola che infiniti hanno respinta o trascurata, disubbidita, schernita, disprezzata, quella Parola che venne1: Luce nel mondo, e che il mondo non volle accogliere preferendo le tenebre.


   Io sono il vertice dell’edificio di Dio. Parola più alta e vera della mia non può esserci. Ma il mio Spirito è nella bocca delle "parole" minori, poiché ogni cosa che parla di ciò che è di Dio, è parola ispirata da Dio.


   La carestia e le mortalità delle epidemie saranno uno dei segni precursori della mia seconda venuta. Punizioni create per punirvi e richiamarvi a Dio opereranno, con la loro dolorosa potenza, una delle selezioni fra i figli di Dio e di Satana.


   La fame data dalle rapine e dalle guerre maledette, volute senza giustificazione di indipendenze nazionali ma per sola ferocia di potere e superbia di demoni in veste d’uomini, data dall’arresto, per volere di Dio, delle leggi cosmiche, per cui il gelo sarà aspro e protratto, per cui il calore sarà bruciante e non mitigato da piogge, per cui le stagioni saranno invertite e avrete siccità nelle stagioni delle piogge e piogge nel tempo della maturazione delle messi, per cui, ingannati da subiti tepori o da insolite frescure, fioriranno fuori tempo le piante e si ricopriranno, dopo aver già generato, gli alberi di nuovi inutili fiori che spossano senza frutto la pianta - poiché ogni disordine è nocivo e conduce a morte, ricordatevelo, o uomini - la fame tormenterà crudelmente questa razza proterva a nemica di Dio.


   Gli animali, privi di fieni e di biade, di grani e di semi, periranno per fame e per la fame dell’uomo, saranno distrutti senza dar loro tempo di procreare. Uccelli del cielo e pesci delle acque, mandre e greggi, saranno assaliti da ogni parte per dare ai vostri ventri il cibo che la terra non partorirà più per voi che scarsamente.


   Le mortalità create da guerre e da pestilenze, da terremoti e nubifragi, precipiteranno nell’al di là buoni e malvagi. i primi per punizione vostra che privati dai migliori, sempre più peggiorerete, i secondi per punizione loro che avranno, anzi l’ora prevista, l’inferno per loro dimora.


   La vittima preparata dal Signore per purificare l’altare della Terra profanato dai peccati di idolatria, di lussuria, di odio, di superbia, sarete voi, uomini che perirete a mille e a diecimila sotto la falce aguzza dei fulmini divini. Come erba falciata su un prato in aprile, cadrete gli uni sugli altri: i fiori santi mescolati a quelli velenosi, i morbidi steli mescolati ai pungenti rovi. La mano dei miei angeli sceglierà a separerà i benedetti dai maledetti, portando i primi al Cielo e lasciando i secondi ai tridenti dei demoni per la pastura dell’inferno. Esser re o mendicanti, sapienti o ignoranti, giovani o vecchi, guerrieri o sacerdoti, non costituirà differenza a baluardo contro la morte. il castigo vi sarà e tremendo.


   L’occhio di Dio sceglierà i destinati levando le "luci" perché non abbiano più a soffrire della caligine creata dagli uomini congiunti a Satana,levando le "tenebre" generatrici di tenebre perché possedute dal padre delle tenebre: Satana.


   L’occhio di Dio, che penetra nei palazzi, nelle chiese, nelle coscienze - e non c’è sbarrame e non c’è ipocrisia che gli impedisca di vedere -scruterà nel seno della Chiesa: Gerusalemme di ora, scruterà nel seno delle anime e scriverà il singolo decreto per gli ignavi, gli indifferenti, i tiepidi, i ribelli, i traditori, gli omicidi dello spirito, i deicidi.
   No, non pensate che Dio non vi farà né male né bene per le vostre opere. Io ve lo giuro, lo giuro a Me stesso, lo giuro per la mia Giustizia, lo giuro con triplice giuramento, Io vi farò del bene per il bene che farete e del male per il male da voi compiuto.


   Se a voi le immondezze della carne e della vostra vita da bruti vi fanno crosta agli occhi dell’anima per impedirle di vedere Dio, a Dio nulla fa velo. Appesantirò la mia mano su coloro che di essere nel fango si beano e che nel fango vogliono restare nonostante ogni invito e ogni mezzo che do loro per uscirne. Diverranno fango nel fango, poiché del fango del peccato fanno il cibo preferito dalla loro fame impura.


   Il giorno si avvicina, figli che avete rinnegato il Padre. il tempo della Terra è lungo e breve nello stesso tempo.
   Non era ieri forse che godevate di un onesto benessere dato dalla pace e dalle opere pacifiche che dànno pane e lavoro? Non era ieri forse, o voi che vivete in quest’ora tremenda, che godevate la gioia della famiglia non smembrata e distrutta la gioia dei figli intorno al desco del padre, del talamo: lo sposo presso alla sposa2 del padre curvo sui capi dei bimbi come maestro e amico? Ed ora? Dove è tutto ciò? Rapido come uccello che vola in lidi lontani, quel tempo è passato. Era ieri...


Ora vi volgete e vedete che un numero di giorni, che l’orrore moltiplica con la sua sanguigna intensità, ve ne separa. Vi rifugiate nel ricordo, ma cumuli di macerie e distese di tombe vi distruggono la dolcezza del ricordo con la realtà del presente.
   Oh! uomini, uomini che insultate Dio con voci di bocca e di cuore credendovi lecito farlo, udite,uomini, la voce di Dio, straziata e straziante, che già tuona sul mondo poiché non le giova parlarvi per bocca dei suoi servi ed amici, e che vi annuncia l’ira sua, e che vi chiama ancora perché di punirvi ne soffre.


   Prima che la cecità degli spiriti vostri sia totale, venite al Medico e alla Luce. Prima che il sangue sia tanto d’essere lago di morte, venite alla sorgente della Vita. Radunate le vostre misere capacità di amore volgetele a Dio. L’Amore vi perdonerà per quelle briciole d’amore, avanzo delle rapine della carne e di Satana, che voi offrirete a Lui.


   A Dio vanno date le primizie e la totalità dei beni. Ma posto che questo non avete saputo fare, o figli che mi siete costati la vita, date al Signore grande, pietoso, potente, quello che ancora vi resta. Nella vostra povertà di spirito, povertà non evangelica ma umana, strappatevi dal cuore l’ultimo picciolo, negate alla carne quel resto e datelo a Me. So che a un mio diletto costa meno il sacrificio della vita, poiché l’amore lo inebbria, di quanto a voi non costi il sacrificio di un bacio. E per il vostro sforzo, sproporzionato all’offerta, vi darò premio sproporzionato al dono. Ve lo darò, purché veniate.


   Chi ben lavorò nell’ultima ora sarà ammesso al Regno come colui che resse l’aratro, fino a cadere su esso, dalla sua aurora alla sua anticipata sera. D’avere dimora diversa in Cielo non vi rammaricherete; là non sono le meschinità delle invidie umane. Ma conquistate questo Cielo che ho creato per voi e che vi ho aperto con la mia morte di Croce. Venite al Signore prima che il Signore venga su voi con la sua maestà di Giudice.


   Riguardo a voi, miei diletti, restate nella via che avete scelta. Turbini e tempeste non potranno farvi perdere la mèta che sono io, il cui Cuore è aperto per ricevervi col bacio di amore più vivo. Lasciate che cadano regni e popoli, e ciò che ora si crede potente divenga cenere e maceria, e ciò che ora si crede lecito dettare volontà e dottrine divenga polvere stritolata dalla Volontà e dalla Legge di Dio.


   Nel mio breve regno sul mondo sarò io che regnerò, io e i resti del mio popolo ossia i fedeli veri, quelli che non hanno rinnegato Cristo e ricoperto il segno di Cristo con la tiara di Satana. Cadranno allora le bugiarde deità dello strapotere, le dottrine oscene rinneganti iddio, Signore onnipotente.


   La mia Chiesa, prima che l’ora del mondo cessi, avrà il suo fulgido trionfo. Nulla è diverso nella vita del Corpo Mistico di quanto fu nella vita del Cristo. Vi sarà l’osanna alla vigilia della Passione, l’osanna quando i popoli, presi dal fascino della Divinità, piegheranno il ginocchio davanti al Signore. Poi verrà la Passione della mia Chiesa militante, e infine la gloria della Risurrezione eterna in Cielo.


   O beatitudine di quel giorno in cui saranno finite per sempre le insidie, le vendette, le lotte di questa terra, di Satana, della carne! La mia Chiesa sarà allora composta di veri cristiani. Allora, nel penultimo giorno. Pochi come all’inizio, ma santi come all’inizio. Finirà in santità come in santità cominciò. Fuori resteranno i mentitori, i traditori, gli idolatri. Quelli che all’ultima giornata imiteranno Giuda e venderanno la loro anima a Satana nuocendo al Corpo mistico di Cristo. in essi la Bestia avrà i suoi luogotenenti per la sua ultima guerra.


   E guai a chi in Gerusalemme, negli ultimi tempi, si renderà colpevole di tale peccato. Guai a coloro che in essa sfrutteranno la loro veste per utile umano. Guai a coloro che lasceranno perire i fratelli e trascureranno di fare della Parola che ho loro affidata pane per le anime affamate di Dio. Guai. Fra chi rinnegherà apertamente Iddio e chi lo rinnegherà con le opere, Io non farò differenza. E in verità vi dico, con dolore di Fondatore eccelso, che all’ultima ora tre quarti della mia Chiesa mi rinnegheranno, e li dovrò recidere dal tronco come rami morti e corrotti da lebbra immonda.


   Ma voi che rimarrete in Me, udite la promessa del Cristo. Attendetemi con fedeltà e amore ed io verrò a voi con tutti i miei doni. Col dono dei doni: Me stesso. Verrò a redimere e a curare. Verrò a illuminare le tenebre, a vincerle e fugarle. Verrò a insegnare agli uomini ad amare e adorare il Dio eterno, il Signore altissimo, il Cristo santo, il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo. Verrò aportarvi non la pace di questo mondo, eterno distruttore della Pace, ma la Pace del Regno che non muore.


   Esultate, o miei servi fedeli. Questo vi dice la bocca che non mente. Voi non avrete più a temere di alcun male perché porrò fine al tempo del male, anticiperò questa fine per pietà dei miei benedetti.
   Esultate soprattutto o voi, miei amati di ora. Per voi ancor più sollecito sarà l’avvento del Cristo e il suo abbraccio di gloria. Per voi già si aprono le porte della Città di Dio e ne esce il Salvatore vostro per venirvi incontro e darvi la Vita vera.


   Ancora un poco e per voi verrò. Come per Lazzaro, l’amico mio, io vi chiamerò uno ad uno: "Vieni fuori!". Fuori di questa vita della terra che è tomba per lo spirito incarcerato nella carne. Fuori. Nella Vita e nella libertà del Cielo.
   Chiamatemi col vostro amore fedele. Esso sia la vampa che fonde le catene della carne e dà allo spirito la libertà di venire presto a Me. Dite il più bel grido scritto da uomo: "Vieni, Signore Gesù".»

 

   1 Segue un altro venne che omettiamo.

   2 lo sposo presso alla sposa è nostra costruzione da presso lo sposo alla sposa



QUADERNI DEL 1943 CAPITOLO 160 /   29 ottobre 1943   /



AMDG et DVM

SIATE BARCHE CON TIMONE



   1Dice Gesù: 
   «Leggiamo insieme la Sapienza. Ha inizio con la esortazione, tante volte da Me dettata, a tutti i potenti della terra perché siano potenti più in giustizia che in forza. 


   La forza non è un attributo di santità. Non mette l’uomo ad un livello superumano. Una sola è la forza che vi eleva: quella dello spirito. Ma quella è l’antitesi della forza che voi amate e ammirate come fosse una grande cosa.


   Voi amate la "violenza", la "prepotenza", la "ferocia", e questo trinomio lo chiamate "forza" e la venerate con temenza come la belva alla catena teme l’imperio2 del domatore. Ma badate che quella forza è comune ai bruti. Forza unicamente di carne e sangue, vi fa commettere azioni di carne e sangue. E perciò ben raramente è giustizia.


   L’ho detto3 e lo ripeto: "Voi, potenti, siete tali finché io lo permetto e non oltre". Cosa è dunque questo agitare la frusta sopra coloro che non hanno una autorità specifica? Spogliàti di quella veste che vi è venuta per eredità, se siete dei re, o per fortuna e astuzia, se siete dei dignitari, dei ministri, dei capi di provincia dei capi-paese, dei direttori di un istituto, di una fabbrica, di un ufficio, di un convento, cosa siete voi di diverso dagli altri? Nulla.


   Molte volte i vostri inferiori sono più meritevoli di voi di quel posto. Meritevoli umanamente e soprattutto spiritualmente. Pensatelo sempre che se anche per paura essi tacciono, vi giudicano e vi giudica iddio, che meglio di tutti vede le vostre azioni e il vostro essere delle dorate e incoronate statue di fango, e fango nero del più corrotto stagno. i bugiardi e obbligati ossequi con cui volete essere incensati, fanno ribrezzo a Dio, il quale perdona a quelli, fra le folle, che ve li fanno perché forzati a farlo, e maledice voi e gli altri: idolatri di voi al punto da credervi dèi a di darvi quel culto di onore e rispetto che a Me non dànno.


   Uno solo è Dio. Colui che ha fatto la terra su cui voi imperate nel vostro breve giorno e col vostro stolto o crudele orgoglio. Se volete esser veramente dei "grandi", dei "forti", attingete questa grandezza e questa fortezza dal Grande e Potente: da Dio, seguendo la sua Parola, restando in Lui come figli. Non siete da più dell’ultimo fra i nati di donna, rispetto a Dio che è il Padre Creatore di tutti e che può tenere sul cuore come perla preziosa il povero che voi sprezzate, a Lui diletto per la sua santità, mentre guarda con rimprovero voi che lo sfidate dall’alto del vostro seggio precario.


   Quanto bisogno di luce avete voi che governate la Terra. La luce viene da Dio. Egli solo è il Padre e generatore della Luce. Rimanete dunque sotto al suo raggio santo, seguite la Luce, nonripudiatela per le Tenebre. 


 Cercate il Signore per vostro consigliere. Egli non è uno di quegli stolti, bugiardi, interessati consiglieri, che vi stanno intorno, adulandovi e eccitando i vostri istinti peggiori o per spirito servile o per interessato piano di trarvi in errore per creare la vostra caduta e sostituirsi a voi4 sul seggio da cui siete caduti.


  Ma non pensate di cercarlo, questo Signore santo e onniveggente, con menzogna di intenti. Maledetti coloro che sempre mi nominano, e con Me la Provvidenza mia, per illudere le folle fingendosi agnelli mentre sono lupi. Quel Nome grande e potente, che tuona e splende come sole benedetto sui buoni e come folgore sui malvagi di questa terra e della dimora di Satana, diviene sulle loro labbra blasfeme carbone che scende ad ardere il cuore.


   Io sono dove un figlio mi chiama. Ma non convalido del mio aiuto le opere dei malvagi. Pensate, o uomini, che i loro trionfi effimeri, che vi fanno credere che io sia con loro e dubitare della Giustizia mia, non sono venuti da Me. È il loro duce e padre: è Satana, che glie li concede come a suoi figli e militi devoti, per creare ad essi un sempre più grande tormento dopo la morte.


   Io sono dove è un fedele che crede in Me. Ma costoro non sono fedeli.
Se lo fossero, osserverebbero la mia Parola e la Volontà di Chi mi ha mandato. Invece essi calpestano la prima, disubbidiscono alla seconda e offendono lo Spirito Santo uccidendo il loro spirito con l’odio contrario all’amore, con la lussuria profanatrice, con la superbia corruttrice di anime. Sono barche senza timone prese da vento e da corrente malvagia. Vanno sempre più lontano dalla mèta che è Dio e finiscono a perire nel pozzo d’abisso.
   Quando un cuore è pieno di pensieri di carne o di pensieri d’inferno, quintessenza dei pensieri di carne, come può entrarvi Iddio con le sue luci? Quando un cuore, già di Dio, se ne separa male operando, come può continuare il mio Spirito ad essergli maestro?
   Sono il Misericorde. Compatisco e perdono. Tanto perdono. Perdono quello che vi vedo fare per debolezza umana, non quello fatto con freddo calcolo umano. E non sarò mai tanto severo giudice come con chi, col suo pensiero venduto a Satana, compie più delitti di un bandito, induce altri a compierne, e soprattutto compie il delitto dei delitti: quello di indurre gli animi a dubitare di Dio.
   Oggi questo delitto di omicidio e di deicidio è privativa di non pochi. Uccidono corpi ed anime e uccidono l’idea di Dio nelle anime rendendole cieche come orbite vuote.
   Troppo tardi le folle distinguono. Ma io vedo nel momento che pensate ed agite, e voi tutti, empi della carne e dello spirito, sarete giudicati con severissimo giudizio.»

 

   1 La scrittrice aggiunge a matita: Cap. 1° e (due parole illeggibili) 11 

   2 imperio è nostra correzione da impeio 

   3 Nel dettato del 23 ottobre, pag. 328.

   4 a voi è nostra correzione da ad essi


QUADERNI DEL 1943 CAPITOLO 161.  30 ottobre 1943.


AMDG et DVM


 


sabato 17 ottobre 2020

Maria Simma e la Comunione alla mano




AMDG et DVM


SE DIO NON C’È, CROLLANO I DIRITTI UMANI

Gloria a Dio perché sia pace in terra. Un inedito di papa Benedetto

Dal blog Settimo Cielo di Sandro Magister 8 maggio 2018
Il libro sarà in vendita dal 10 maggio, ma Settimo Cielo ne anticipa qui le pagine più nuove e più attese: un testo di Joseph Ratzinger che porta la data del 29 settembre 2014 e non è stato mai pubblicato prima d’ora, sulla questione capitale del fondamento dei diritti umani, i quali – scrive – o sono ancorati nella fede nel Dio creatore, o non sono.
È un testo di chiarezza cristallina, che Ratzinger ha scritto nel suo ritiro vaticano, un anno e mezzo dopo le sue dimissioni da papa, a commento di un libro – edito poi nel 2015 col titolo definitivo “Diritti umani e cristianesimo. La Chiesa alla prova delle modernità” –del suo amico Marcello Pera, filosofo di scuola liberale, già presidente del senato italiano.
In questo suo commento, il “papa emerito” analizza l’irrompere dei diritti umani nel pensiero laico e cristiano della seconda metà del Novecento, in alternativa alle dittature totalitarie di ogni tipo, atee o islamiche. E spiega perché “nella mia predicazione e nei miei scritti ho sempre affermato la centralità della questione di Dio”.
Il motivo è appunto quello di assicurare ai diritti umani il loro fondamento di verità, senza il quale i diritti si moltiplicano ma anche si autodistruggono e l’uomo finisce col negare se stesso.
Il volume nel quale sta per uscire questo scritto, assieme ad altri testi di Ratzinger sul nesso tra fede e politica, è edito in Italia da Cantagalli:
Joseph Ratzinger-Benedetto XVI, “Liberare la libertà. Fede e politica nel terzo millennio”, a cura di Pierluca Azzaro e Carlos Granados. Cantagalli, Siena, 2018, pp. 208, euro 18. È il secondo di una collana di sette volumi dal titolo “Joseph Ratzinger – Testi scelti”, sui temi fondamentali del pensiero di Ratzinger teologo, vescovo e papa, pubblicati in contemporanea in più lingue e in diversi paesi: in Germania da Herder, in Spagna da BAC, in Francia da Parole et Silence, in Polonia da KUL, negli Stati Uniti da Ignatius Press.
Ed ecco qui di seguito il testo inedito che apre il secondo volume della collana. Il sottotitolo è originale, di Ratzinger in persona.
SE DIO NON C’È, CROLLANO I DIRITTI UMANI
Elementi per una discussione sul libro di Marcello Pera “La Chiesa, i diritti umani e il distacco da Dio”
di Joseph Ratzinger
Il libro rappresenta indubbiamente una grande sfida per il pensiero contemporaneo, e anche, in particolare, per la Chiesa e la teologia. Lo iato tra le affermazioni dei Papi del XIX secolo e la nuova visione che inizia con la “Pacem in terris” è evidente e su di esso si è molto dibattuto. Esso sta anche al cuore dell’opposizione di Lefèbvre e dei suoi seguaci contro il Concilio. Non mi sento in grado di dare una risposta chiara alla problematica del Suo libro; posso solo fare alcune annotazioni che, a mio avviso, potrebbero essere importanti per un’ulteriore discussione.
1. Solo grazie al Suo libro mi è diventato chiaro in che misura con la “Pacem in terris” inizi un nuovo orientamento. Ero consapevole di quanto fosse stato forte l’effetto di quell’Enciclica sulla politica italiana: essa diede l’impulso decisivo per l’apertura della Democrazia Cristiana a sinistra. Non ero consapevole invece di quale nuovo inizio essa abbia rappresentato anche rispetto ai fondamenti ideali di quel partito. E tuttavia, per quel che ricordo, la questione dei diritti umani ha acquisito praticamente un posto di grande rilievo nel Magistero e nella teologia postconciliare solo con Giovanni Paolo II.
.Ho l’impressione che, nel Papa Santo, questo non sia stato tanto il risultato di una riflessione (che pure in lui non mancò), quanto la conseguenza di un’esperienza pratica. Contro la pretesa totalitaria dello Stato marxista e dell’ideologia sulla quale si fondava, egli vide nell’idea dei diritti umani l’arma concreta capace di limitare il carattere totalitario dello Stato, offrendo in tal modo lo spazio di libertà necessario non solo per il pensiero della singola persona, ma anche e soprattutto per la fede dei cristiani e per i diritti della Chiesa. L’immagine secolare dei diritti umani, secondo la formulazione ad essi data nel 1948, gli apparve evidentemente come la forza razionale contrastante la pretesa onnicomprensiva, ideologica e pratica, dello Stato fondato sul marxismo. E così, da Papa, affermò il riconoscimento dei diritti umani come una forza riconosciuta dalla ragione universale in tutto il mondo contro le dittature di ogni tipo.
Questa affermazione riguardava ora non più solo le dittature atee, ma anche gli Stati fondati sulla base di una giustificazione religiosa, così come li incontriamo soprattutto nel mondo islamico. Alla fusione di politica e religione nell’islam, che necessariamente limita la libertà delle altre religioni, e dunque anche quella dei cristiani, viene contrapposta la libertà della fede, che in certa misura considera anche lo Stato laico come forma giusta di Stato, nella quale trova spazio quella libertà della fede che i cristiani sin dall’inizio pretesero.
In questo, Giovanni Paolo II sapeva di essere in profonda continuità con la Chiesa nascente. Essa stava di fronte a uno Stato che conosceva la tolleranza religiosa, certo, ma che affermava un’ultima identificazione tra autorità statale e divina a cui i cristiani non potevano acconsentire. La fede cristiana, che annunciava una religione universale per tutti gli uomini, comprendeva necessariamente una fondamentale limitazione dell’autorità dello Stato in ragione dei diritti e dei doveri della singola coscienza.
Non veniva formulata così l’idea dei diritti umani. Si trattava piuttosto di fissare l’obbedienza dell’uomo a Dio quale limite dell’obbedienza allo Stato. Tuttavia a me non sembra ingiustificato definire il dovere dell’obbedienza dell’uomo a Dio come diritto rispetto allo Stato.
E a questo riguardo era del tutto logico che Giovanni Paolo II, nella relativizzazione cristiana dello Stato a pro della libertà dell’obbedienza a Dio, vedesse espresso un diritto umano che precede ogni autorità statale. Credo che in questo senso il Papa abbia potuto senz’altro affermare una profonda continuità tra l’idea di fondo dei diritti umani e la tradizione cristiana, anche se certo gli strumenti rispettivi, linguistici e di pensiero, risultano molto distanti tra loro.
2. A mio parere, nella dottrina dell’uomo fatto a immagine di Dio fondamentalmente è contenuto quello che Kant afferma quando definisce l’uomo come fine e non come mezzo. Si potrebbe anche dire che essa contenga l’idea che l’uomo è soggetto e non solo oggetto di diritto. Questo elemento costitutivo dell’idea dei diritti umani è espresso chiaramente, mi sembra, nella Genesi: “Domanderò conto della vita dell’uomo all’uomo, a ognuno di suo fratello. Chi sparge il sangue dell’uomo, dall’uomo il suo sangue sarà sparso, perché a immagine di Dio è stato fatto l’uomo” (Gen 9, 5s). L’essere creato a immagine di Dio include il fatto che la vita dell’uomo è posta sotto la speciale protezione di Dio, il fatto che l’uomo, rispetto alle leggi umane, è titolare di un diritto posto da Dio stesso.
Questa concezione acquisì importanza fondamentale all’inizio dell’età moderna con la scoperta dell’America. Tutti i nuovi popoli nei quali ci si imbatteva non erano battezzati, e così si pose la questione se avessero dei diritti o meno. Per l’opinione dominante essi divenivano veri e propri soggetti di diritto solo con il battesimo. Il riconoscimento che erano immagine di Dio in forza della creazione – e che tali rimanevano anche dopo il peccato originale – significava che anche prima del battesimo erano già soggetti di diritto e che dunque potevano pretendere il rispetto della loro umanità. A me sembra che venivano riconosciuti qui dei “diritti umani” che precedono l’adesione alla fede cristiana e qualunque potere statale, quale che sia la sua specifica natura.
.Se non mi sbaglio, Giovanni Paolo II ha concepito il suo impegno a favore dei diritti umani in continuità con l’atteggiamento che ebbe la Chiesa antica nei confronti dello Stato romano. Effettivamente, il mandato del Signore di fare suoi discepoli tutti i popoli aveva creato una situazione nuova nel rapporto tra religione e Stato. Non c’era stata sino ad allora una religione con pretesa di universalità. La religione era una parte essenziale dell’identità di ciascuna società. Il mandato di Gesù non significa immediatamente esigere un mutamento nella struttura delle singole società. E tuttavia esige che in tutte le società sia data la possibilità di accogliere il suo messaggio e di vivere in conformità ad esso.
Ne consegue in primo luogo una nuova definizione soprattutto della natura della religione: essa non è rito e osservanza che ultimamente garantisce l’identità dello Stato. È invece riconoscimento (fede), e precisamente riconoscimento della verità. Poiché lo spirito dell’uomo è stato creato per la verità, è chiaro che la verità obbliga, ma non nel senso di un’etica del dovere di tipo positivistico, bensì a partire dalla natura della verità stessa che, proprio in questo modo, rende l’uomo libero. Questo collegamento tra religione e verità include un diritto alla libertà che è lecito considerare in profonda continuità con l’autentico nocciolo della dottrina dei diritti umani, come evidentemente ha fatto Giovanni Paolo II.
3. Giustamente Lei ha considerato fondamentale l’idea agostiniana dello Stato e della storia, ponendola alla base della Sua visione della dottrina cristiana dello Stato. E tuttavia avrebbe forse meritato una considerazione ancora maggiore la visione aristotelica. Per quanto posso giudicare, ebbe scarso rilievo nella tradizione della Chiesa del Medioevo, tanto più dopo che fu assunta da Marsilio da Padova in contrasto con il magistero della Chiesa.
Poi è stata ripresa sempre più, a partire dal XIX secolo quando si venne sviluppando la dottrina sociale della Chiesa. Si partiva ora da un duplice ordine, l’”ordo naturalis” e l’”ordo supernaturalis”; laddove l’”ordo naturalis” veniva considerato completo in se stesso. Si sottolineava espressamente che l’”ordo supernaturalis” era una libera aggiunta, significando pura grazia che non può essere pretesa a partire dall’”ordo naturalis”.
Con la costruzione di un “ordo naturalis” che è possibile afferrare in modo puramente razionale, si tentava di acquisire una base argomentativa grazie alla quale la Chiesa avrebbe potuto far valere le sue posizioni etiche nel dibattito politico sulla base della pura razionalità. Di giusto, in questa visione, vi è il fatto che anche dopo il peccato originale l’ordine della creazione, pur essendo ferito, non è stato completamente distrutto.
Far valere ciò che è autenticamente umano dove non è possibile affermare la pretesa della fede, in sé è una posizione giusta. Essa corrisponde all’autonomia dell’ambito della creazione e all’essenziale libertà della fede. In questo senso è giustificata, anzi necessaria, una visione approfondita, dal punto di vista della teologia della creazione, dell’”ordo naturalis” in collegamento con la dottrina aristotelica dello Stato. Ma ci sono anche dei pericoli:
a) Molto facilmente si dimentica la realtà del peccato originale e si giunge a forme di ottimismo ingenue e che non rendono giustizia alla realtà.
b) Se l’”ordo naturalis” è visto come una totalità completa in se stessa e che non ha bisogno del vangelo, sussiste il pericolo che ciò che è propriamente cristiano sembri una sovrastruttura in ultima analisi superflua, sovrapposta all’umano naturale. Effettivamente ricordo che una volta mi fu presentata la bozza di un documento in cui alla fine erano espresse formule senz’altro molto pie, e tuttavia lungo tutto il processo argomentativo non solo non compariva Gesù Cristo e il suo vangelo ma nemmeno Dio, e pertanto apparivano superflui. Evidentemente si credeva di potere costruire un ordine della natura puramente razionale, che tuttavia poi strettamente razionale non è, e che, d’altro canto, minaccia di relegare ciò che è propriamente cristiano nell’ambito del mero sentimento. Emerge qui chiaramente il limite del tentativo di ideare un “ordo naturalis” chiuso in se stesso e autosufficiente. Padre de Lubac, nel suo “Surnaturel”, ha cercato di dimostrare che lo stesso San Tommaso d’Aquino – al quale pure ci si richiamava nel formulare quel tentativo – in realtà non aveva inteso questo.
c) Un problema fondamentale di un simile tentativo consiste nel fatto che col dimenticare la dottrina del peccato originale nasce un’ingenua fiducia nella ragione che non percepisce l’effettiva complessità della conoscenza razionale in ambito etico. Il dramma della disputa sul diritto naturale mostra chiaramente che la razionalità metafisica, che in questo contesto viene presupposta, non è immediatamente evidente. A me sembra che abbia ragione l’ultimo Kelsen quando dice che il derivare un dovere dall’essere è ragionevole solo se Qualcuno ha depositato un dovere nell’essere. Questa tesi tuttavia per lui non è degna di discussione. Mi sembra pertanto che alla fine tutto poggia sul concetto di Dio. Se Dio c’è, se c’è un creatore, allora anche l’essere può parlare di lui e indicare all’uomo un dovere. In caso contrario, l’ethos in ultimo si riduce a pragmatismo. Per questo nella mia predicazione e nei miei scritti ho sempre affermato la centralità della questione di Dio. A me sembra che questo sia il punto in cui fondamentalmente convergono la visione del Suo libro e il mio pensiero. L’idea dei diritti umani in ultima analisi conserva la sua solidità, solo se è ancorata alla fede nel Dio creatore. È da qui che essa riceve la definizione del suo limite e insieme la sua giustificazione.
4. Ho l’impressione che nel Suo precedente libro, “Perché dobbiamo dirci cristiani”, Lei valuti l’idea di Dio dei grandi liberali in un modo diverso rispetto a quanto fa nella Sua nuova opera. In quest’ultima esso appare come una tappa verso la perdita della fede in Dio. Al contrario, nel Suo primo libro Lei, a mio parere, aveva mostrato in modo convincente che senza l’idea di Dio il liberalismo europeo è incomprensibile e illogico.
Per i padri del liberalismo, Dio era ancora il fondamento della loro visione del mondo e dell’uomo, cosicché, in quel libro, la logica del liberalismo rende necessaria proprio la confessione del Dio della fede cristiana. Capisco che sono giustificate entrambe le valutazioni: da un lato, nel liberalismo, l’idea di Dio si stacca dai suoi fondamenti biblici perdendo così lentamente la sua forza concreta; dall’altro, per i grandi liberali, Dio comunque è e rimane irrinunciabile. È possibile accentuare l’uno o l’altro aspetto del processo. Credo sia necessario menzionare entrambi. Ma la visione contenuta nel suo primo libro per me resta irrinunciabile: quella cioè per cui il liberalismo, se esclude Dio, perde il suo proprio fondamento.
5. L’idea di Dio include il fondamentale concetto dell’uomo quale soggetto di diritto e con ciò giustifica e insieme stabilisce i limiti della concezione dei diritti umani. Lei nel suo libro ha mostrato in modo persuasivo e stringente cosa accade quando il concetto dei diritti umani viene scisso dall’idea di Dio. La moltiplicazione dei diritti conduce da ultimo alla distruzione dell’idea di diritto e conduce necessariamente al “diritto” nichilista dell’uomo di negare se stesso: l’aborto, il suicidio, la produzione dell’uomo come cosa diventano diritti dell’uomo che al contempo lo negano.
Così, nel suo libro emerge in modo convincente che l’idea dei diritti umani separata dall’idea di Dio in ultimo non conduce solo alla marginalizzazione del cristianesimo, ma in fin dei conti alla sua negazione. Questo, che mi sembra essere l’autentico scopo del suo libro, è di grande significato di fronte all’attuale sviluppo spirituale dell’Occidente che nega sempre più i suoi fondamenti cristiani e si volge contro di essi.
© Edizioni Cantagalli / Libreria Editrice Vaticana

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