domenica 4 ottobre 2020

Mater Dei, mundi Corredemptora, ora pro nobis

 Ci ottenga la Vergine, teneramente amata da Francesco, questo dono: il segreto della vera felicità.

 Ci affidiamo a Lei con le parole stesse del Poverello di Assisi: 

“Santa Maria Vergine, non vi è alcuna simile a te nata nel mondo tra le donne, 

figlia e ancella dell’altissimo Re e Padre celeste, 

Madre del santissimo Signor nostro Gesù Cristo, 

sposa dello Spirito Santo: 

prega per noi... presso il tuo santissimo diletto Figlio, Signore e Maestro” 

(Francesco di Assisi, Scritti, 163).

Guardando alla testimonianza di san Francesco, comprendiamo che è questo il segreto della vera felicità: diventare santi, vicini a Dio!

 Benedetto XVI Udienze 2010

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BENEDETTO XVI

UDIENZA GENERALE

Aula Paolo VI
Mercoledì, 27 gennaio 2010
  

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San Francesco d'Assisi

Cari fratelli e sorelle,

in una recente catechesi, ho già illustrato il ruolo provvidenziale che l’Ordine dei Frati Minori e l’Ordine dei Frati Predicatori, fondati rispettivamente da san Francesco d’Assisi e da san Domenico da Guzman, ebbero nel rinnovamento della Chiesa del loro tempo. Oggi vorrei presentarvi la figura di Francesco, un autentico “gigante” della santità, che continua ad affascinare moltissime persone di ogni età e di ogni religione.

“Nacque al mondo un sole”. Con queste parole, nella Divina Commedia (Paradiso, Canto XI), il sommo poeta italiano Dante Alighieri allude alla nascita di Francesco, avvenuta alla fine del 1181 o agli inizi del 1182, ad Assisi. Appartenente a una ricca famiglia – il padre era commerciante di stoffe –, Francesco trascorse un’adolescenza e una giovinezza spensierate, coltivando gli ideali cavallereschi del tempo. A vent’anni prese parte ad una campagna militare, e fu fatto prigioniero. Si ammalò e fu liberato. Dopo il ritorno ad Assisi, cominciò in lui un lento processo di conversione spirituale, che lo portò ad abbandonare gradualmente lo stile di vita mondano, che aveva praticato fino ad allora. Risalgono a questo periodo i celebri episodi dell’incontro con il lebbroso, a cui Francesco, sceso da cavallo, donò il bacio della pace, e del messaggio del Crocifisso nella chiesetta di San Damiano. Per tre volte il Cristo in croce si animò, e gli disse: “Va’, Francesco, e ripara la mia Chiesa in rovina”. Questo semplice avvenimento della parola del Signore udita nella chiesa di S. Damiano nasconde un simbolismo profondo. Immediatamente san Francesco è chiamato a riparare questa chiesetta, ma lo stato rovinoso di questo edificio è simbolo della situazione drammatica e inquietante della Chiesa stessa in quel tempo, con una fede superficiale che non forma e non trasforma la vita, con un clero poco zelante, con il raffreddarsi dell’amore; una distruzione interiore della Chiesa che comporta anche una decomposizione dell’unità, con la nascita di movimenti ereticali. Tuttavia, in questa Chiesa in rovina sta nel centro il Crocifisso e parla: chiama al rinnovamento, chiama Francesco ad un lavoro manuale per riparare concretamente la chiesetta di san Damiano, simbolo della chiamata più profonda a rinnovare la Chiesa stessa di Cristo, con la sua radicalità di fede e con il suo entusiasmo di amore per Cristo. Questo avvenimento, accaduto probabilmente nel 1205, fa pensare ad un altro avvenimento simile verificatosi nel 1207: il sogno del Papa Innocenzo III. Questi vede in sogno che la Basilica di San Giovanni in Laterano, la chiesa madre di tutte le chiese, sta crollando e un religioso piccolo e insignificante puntella con le sue spalle la chiesa affinché non cada. E’ interessante notare, da una parte, che non è il Papa che dà l’aiuto affinché la chiesa non crolli, ma un piccolo e insignificante religioso, che il Papa riconosce in Francesco che Gli fa visita. Innocenzo III era un Papa potente, di grande cultura teologica, come pure di grande potere politico, tuttavia non è lui a rinnovare la Chiesa, ma il piccolo e insignificante religioso: è san Francesco, chiamato da Dio. Dall’altra parte, però, è importante notare che san Francesco non rinnova la Chiesa senza o contro il Papa, ma solo in comunione con lui. Le due realtà vanno insieme: il Successore di Pietro, i Vescovi, la Chiesa fondata sulla successione degli Apostoli e il carisma nuovo che lo Spirito Santo crea in questo momento per rinnovare la Chiesa. Insieme cresce il vero rinnovamento.

Ritorniamo alla vita di san Francesco. Poiché il padre Bernardone gli rimproverava troppa generosità verso i poveri, Francesco, dinanzi al Vescovo di Assisi, con un gesto simbolico si spogliò dei suoi abiti, intendendo così rinunciare all’eredità paterna: come nel momento della creazione, Francesco non ha niente, ma solo la vita che gli ha donato Dio, alle cui mani egli si consegna. Poi visse come un eremita, fino a quando, nel 1208, ebbe luogo un altro avvenimento fondamentale nell’itinerario della sua conversione. Ascoltando un brano del Vangelo di Matteo – il discorso di Gesù agli apostoli inviati in missione –, Francesco si sentì chiamato a vivere nella povertà e a dedicarsi alla predicazione. Altri compagni si associarono a lui, e nel 1209 si recò a Roma, per sottoporre al Papa Innocenzo III il progetto di una nuova forma di vita cristiana. Ricevette un’accoglienza paterna da quel grande Pontefice, che, illuminato dal Signore, intuì l’origine divina del movimento suscitato da Francesco. Il Poverello di Assisi aveva compreso che ogni carisma donato dallo Spirito Santo va posto a servizio del Corpo di Cristo, che è la Chiesa; pertanto agì sempre in piena comunione con l’autorità ecclesiastica. Nella vita dei santi non c’è contrasto tra carisma profetico e carisma di governo e, se qualche tensione viene a crearsi, essi sanno attendere con pazienza i tempi dello Spirito Santo.

In realtà, alcuni storici nell’Ottocento e anche nel secolo scorso hanno cercato di creare dietro il Francesco della tradizione, un cosiddetto Francesco storico, così come si cerca di creare dietro il Gesù dei Vangeli, un cosiddetto Gesù storico. Tale Francesco storico non sarebbe stato un uomo di Chiesa, ma un uomo collegato immediatamente solo a Cristo, un uomo che voleva creare un rinnovamento del popolo di Dio, senza forme canoniche e senza gerarchia. La verità è che san Francesco ha avuto realmente una relazione immediatissima con Gesù e con la parola di Dio, che voleva seguire sine glossa, così com’è, in tutta la sua radicalità e verità. E’ anche vero che inizialmente non aveva l’intenzione di creare un Ordine con le forme canoniche necessarie, ma, semplicemente, con la parola di Dio e la presenza del Signore, egli voleva rinnovare il popolo di Dio, convocarlo di nuovo all’ascolto della parola e all’obbedienza verbale con Cristo. Inoltre, sapeva che Cristo non è mai “mio”, ma è sempre “nostro”, che il Cristo non posso averlo “io” e ricostruire “io” contro la Chiesa, la sua volontà e il suo insegnamento, ma solo nella comunione della Chiesa costruita sulla successione degli Apostoli si rinnova anche l’obbedienza alla parola di Dio.

E’ anche vero che non aveva intenzione di creare un nuovo ordine, ma solamente rinnovare il popolo di Dio per il Signore che viene. Ma capì con sofferenza e con dolore che tutto deve avere il suo ordine, che anche il diritto della Chiesa è necessario per dar forma al rinnovamento e così realmente si inserì in modo totale, col cuore, nella comunione della Chiesa, con il Papa e con i Vescovi. Sapeva sempre che il centro della Chiesa è l'Eucaristia, dove il Corpo di Cristo e il suo Sangue diventano presenti. Tramite il Sacerdozio, l'Eucaristia è la Chiesa. Dove Sacerdozio e Cristo e comunione della Chiesa vanno insieme, solo qui abita anche la parola di Dio. Il vero Francesco storico è il Francesco della Chiesa e proprio in questo modo parla anche ai non credenti, ai credenti di altre confessioni e religioni.

Francesco e i suoi frati, sempre più numerosi, si stabilirono alla Porziuncola, o chiesa di Santa Maria degli Angeli, luogo sacro per eccellenza della spiritualità francescana. Anche Chiara, una giovane donna di Assisi, di nobile famiglia, si mise alla scuola di Francesco. Ebbe così origine il Secondo Ordine francescano, quello delle Clarisse, un’altra esperienza destinata a produrre frutti insigni di santità nella Chiesa.      

Anche il successore di Innocenzo III, il Papa Onorio III, con la sua bolla Cum dilecti del 1218 sostenne il singolare sviluppo dei primi Frati Minori, che andavano aprendo le loro missioni in diversi paesi dell’Europa, e persino in Marocco. Nel 1219 Francesco ottenne il permesso di recarsi a parlare, in Egitto, con il sultano musulmano Melek-el-Kâmel, per predicare anche lì il Vangelo di Gesù. Desidero sottolineare questo episodio della vita di san Francesco, che ha una grande attualità. In un’epoca in cui era in atto uno scontro tra il Cristianesimo e l’Islam, Francesco, armato volutamente solo della sua fede e della sua mitezza personale, percorse con efficacia la via del dialogo. Le cronache ci parlano di un’accoglienza benevola e cordiale ricevuta dal sultano musulmano. È un modello al quale anche oggi dovrebbero ispirarsi i rapporti tra cristiani e musulmani: promuovere un dialogo nella verità, nel rispetto reciproco e nella mutua comprensione (cfr Nostra Aetate, 3). Sembra poi che nel 1220 Francesco abbia visitato la Terra Santa, gettando così un seme, che avrebbe portato molto frutto: i suoi figli spirituali, infatti, fecero dei Luoghi in cui visse Gesù un ambito privilegiato della loro missione. Con gratitudine penso oggi ai grandi meriti della Custodia francescana di Terra Santa.

Rientrato in Italia, Francesco consegnò il governo dell’Ordine al suo vicario, fra Pietro Cattani, mentre il Papa affidò alla protezione del Cardinal Ugolino, il futuro Sommo Pontefice Gregorio IX, l’Ordine, che raccoglieva sempre più aderenti. Da parte sua il Fondatore, tutto dedito alla predicazione che svolgeva con grande successo, redasse una Regola, poi approvata dal Papa.

Nel 1224, nell’eremo della Verna, Francesco vede il Crocifisso nella forma di un serafino e dall’incontro con il serafino crocifisso, ricevette le stimmate; egli diventa così uno col Cristo crocifisso: un dono, quindi, che esprime la sua intima identificazione col Signore.

La morte di Francesco – il suo transitus - avvenne la sera del 3 ottobre 1226, alla Porziuncola. Dopo aver benedetto i suoi figli spirituali, egli morì, disteso sulla nuda terra. Due anni più tardi il Papa Gregorio IX lo iscrisse nell’albo dei santi. Poco tempo dopo, una grande basilica in suo onore veniva innalzata ad Assisi, meta ancor oggi di moltissimi pellegrini, che possono venerare la tomba del santo e godere la visione degli affreschi di Giotto, pittore che ha illustrato in modo magnifico la vita di Francesco.

È stato detto che Francesco rappresenta un alter Christus, era veramente un’icona viva di Cristo. Egli fu chiamato anche “il fratello di Gesù”. In effetti, questo era il suo ideale: essere come Gesù; contemplare il Cristo del Vangelo, amarlo intensamente, imitarne le virtù. In particolare, egli ha voluto dare un valore fondamentale alla povertà interiore ed esteriore, insegnandola anche ai suoi figli spirituali. La prima beatitudine del Discorso della Montagna - Beati i poveri in spirito perché di essi è il regno dei cieli (Mt 5,3) - ha trovato una luminosa realizzazione nella vita e nelle parole di san Francesco. Davvero, cari amici, i santi sono i migliori interpreti della Bibbia; essi, incarnando nella loro vita la Parola di Dio, la rendono più che mai attraente, così che parla realmente con noi. La testimonianza di Francesco, che ha amato la povertà per seguire Cristo con dedizione e libertà totali, continua ad essere anche per noi un invito a coltivare la povertà interiore per crescere nella fiducia in Dio, unendo anche uno stile di vita sobrio e un distacco dai beni materiali.

In Francesco l’amore per Cristo si espresse in modo speciale nell’adorazione del Santissimo Sacramento dell’Eucaristia. Nelle Fonti francescane si leggono espressioni commoventi, come questa: “Tutta l’umanità tema, l’universo intero tremi e il cielo esulti, quando sull’altare, nella mano del sacerdote, vi è Cristo, il Figlio del Dio vivente. O favore stupendo! O sublimità umile, che il Signore dell’universo, Dio e Figlio di Dio, così si umili da nascondersi per la nostra salvezza, sotto una modica forma di pane” (Francesco di Assisi, Scritti, Editrici Francescane, Padova 2002, 401).

In quest’anno sacerdotale, mi piace pure ricordare una raccomandazione rivolta da Francesco ai sacerdoti: “Quando vorranno celebrare la Messa, puri in modo puro, facciano con riverenza il vero sacrificio del santissimo Corpo e Sangue del Signore nostro Gesù Cristo” (Francesco di Assisi, Scritti, 399). Francesco mostrava sempre una grande deferenza verso i sacerdoti, e raccomandava di rispettarli sempre, anche nel caso in cui fossero personalmente poco degni. Portava come motivazione di questo profondo rispetto il fatto che essi hanno ricevuto il dono di consacrare l’Eucaristia. Cari fratelli nel sacerdozio, non dimentichiamo mai questo insegnamento: la santità dell’Eucaristia ci chiede di essere puri, di vivere in modo coerente con il Mistero che celebriamo.

Dall’amore per Cristo nasce l’amore verso le persone e anche verso tutte le creature di Dio. Ecco un altro tratto caratteristico della spiritualità di Francesco: il senso della fraternità universale e l’amore per il creato, che gli ispirò il celebre Cantico delle creature. È un messaggio molto attuale. Come ho ricordato nella mia recente Enciclica Caritas in veritate, è sostenibile solo uno sviluppo che rispetti la creazione e che non danneggi l’ambiente (cfr nn. 48-52), e nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace di quest’anno ho sottolineato che anche la costruzione di una pace solida è legata al rispetto del creato. Francesco ci ricorda che nella creazione si dispiega la sapienza e la benevolenza del Creatore. La natura è da lui intesa proprio come un linguaggio nel quale Dio parla con noi, nel quale la realtà diventa trasparente e possiamo noi parlare di Dio e con Dio.

Cari amici, Francesco è stato un grande santo e un uomo gioioso. La sua semplicità, la sua umiltà, la sua fede, il suo amore per Cristo, la sua bontà verso ogni uomo e ogni donna l’hanno reso lieto in ogni situazione. Infatti, tra la santità e la gioia sussiste un intimo e indissolubile rapporto. Uno scrittore francese ha detto che al mondo vi è una sola tristezza: quella di non essere santi, cioè di non essere vicini a Dio. Guardando alla testimonianza di san Francesco, comprendiamo che è questo il segreto della vera felicità: diventare santi, vicini a Dio!

Ci ottenga la Vergine, teneramente amata da Francesco, questo dono. Ci affidiamo a Lei con le parole stesse del Poverello di Assisi: “Santa Maria Vergine, non vi è alcuna simile a te nata nel mondo tra le donne, figlia e ancella dell’altissimo Re e Padre celeste, Madre del santissimo Signor nostro Gesù Cristo, sposa dello Spirito Santo: prega per noi... presso il tuo santissimo diletto Figlio, Signore e Maestro” (Francesco di Assisi, Scritti, 163).

“Siate sobri, vegliate, perché il vostro avversario sta vagando come un leone ruggente, cercando chi divorare”

III Coro4 ottobre
Trono della Volontà Divina sopra LuciferoSan Francesco d'Assisi

S. Aralim Enneth

O Dio, tu ha detto una volta di lui: “il più debole dei troni…”, e ora è tutto sommerso in un mare di fuoco, come se il mondo fosse andato in fiamme. È questo il tuo angelo, il tuo trono, S. Aralim Enneth?

Da questo mare fluttuante si erge una figura: l’intercessore odierno! È diverso dal Cherubino S. Samaliel, che con il mantello blu della Madre di tutto il creato si inchina così benevolo e tutto pone davanti al trono di Dio con umile gesto. È diverso anche dall’angelo di Maria sul Cuore di Dio (S. Eja), che nella sua umiltà è sommerso col flusso dall’infinita acqua dell’amore fluente dal Cuore di Dio. Egli sta qua, trapassato da una potenza, sulla quale lui stesso non è padrone, la potenza della Volontà di Dio. Però anche lui è volontà. Egli è volontà per Dio. Egli è volontà per il “sì”, per la vita di Dio, per la parola di Dio, per l’amore di Dio. Egli resta semplice in Dio, e non può fare diversamente, non vuole nulla di diverso da ciò. Egli sta qua oggi nel nome di Maria. Egli porta il suo mantello marrone, quello dei fratelli minori, dei fratelli della strada, egli ha il dimesso vestito dell’angelo custode. Dio mostra

S. Aralim Enneth

oggi in triplice aspetto: il primo nella sua essenza come trono davanti a Dio, fragile accanto all’altro potente trono che riempie lo spazio tra cielo e terra, barcollante per il peso del compito, di portare la Volontà Divina sopra Lucifero ed il suo regno, ancor più fluttuante per la sorte di essere tra gli angeli chiamato “Trono di Maria”. Il secondo Dio lo mostra nella sua posizione per il suo compito come possente, oltre il tempo, apocalittica figura con artigli da leone e gigantesche ali come portoni, il suono dalla sua bocca erutta fuori come fuoco e rimbomba come cento tuoni.

Il terzo aspetto lo pone oggi come angelo custode e intercessore davanti al trono di Dio. Sempre ancora potente, è però questo il suo aspetto più semplice. Egli tiene nella mano un cerchio rotto, il cerchio di stelle – diadema - di Lucifero. Con entrambe le mani copre le estremità del cerchio, nonostante che fluiscano fuori ininterrotte serpeggianti fiamme nere dalle estremità del cerchio attraverso le sue dita. Ancora il regno infernale non dà nessun riposo, ancora vive fino nelle ultime istanze. Ma non ha anche san Francesco vissuto in un tempo, dove le fiamme infernali hanno serpeggiato in tutti gli angoli ed estremità? Non è anche S. Francesco stato trapassato dall’ardore di Dio, soave e debole, però con il più chiaro volere del “sì” fino all’ultima conseguenza? Le fiamme dell’amore di Dio hanno trovato un cuore così pronto che l’ardore dell’amore in questo debole corpo a ragione può essere chiamato un amore serafico. In questo modo è da intendere il massimo amore raggiungibile da creatura. Ciò non dipende da cosa siamo, ma cosa Dio fa di noi, e questo solo dobbiamo essere davanti a Dio. Questa è anche la nostra meta: l’incondizionato “sì” detto come S. Francesco, come S. Aralim Enneth.

Preghiera: Signore e Dio, tu hai nella tua sapienza e meravigliosa bontà durante il giudizio assegnato al più debole dei tuoi angeli dei troni il trono di Maria, daglielo fino a quel tempo, affinché porti su di noi in pienezza, ciò che oggi noi invidiamo al nostro padre serafico S. Francesco: l’ardente volontà alla tua vita, alla tua parola, al tuo amore. Amen.

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III Coro3a domenica dopo Pentecoste
La Volontà Divina sopra Lucifero 

S. Aralim Enneth

“Siate sobri, vegliate, perché il vostro avversario sta vagando come un leone ruggentecercando chi divorare”, si legge nell’epistola di oggi. Leone contro leone! Anche il nostro Signore viene appellato il “Leone di Giuda”. E questo santo angelo, il più debole tra tutti i troni-angeloè stabilito da Dio come il trono di Maria, la sua Regina, e lei porta la volontà di Dio su Lucifero. Dio lascia che questo angelo venga una volta considerato come un essere simile a un tronoma con ali possenti, una testa d'angelo e quattro zampe di leoneE nel libro degli angeli è descritto come quello che si erge contro il potere dell’inferno con tutta la sua potenzae quindi formalmente vacillante, particolarmente nelle ore di punta degli attacchi infernali.

Quanto ampiamente Dio mostra fuori queste contraddizioni: l’impotenza del cielo contro il potere dell'inferno, Maria, contro l’intero branco di demoni. Aralim Enneth contro la violenza del “leone ruggente”, così come sulla terra: Davide contro Golia“Ho scelto le cose deboli per confondere i forti.” E cosa accade con un peccatore, che fa penitenza? Egli diviene molto piccolo, come un nulla nel suo pentimentovincendo così tutto l'inferno!

 
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San Francesco d'Assisi : Solennità per i francescani

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San Francesco d'Assisi
Solennità per i francescani

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sabato 3 ottobre 2020

I FIORETTI DI SAN FRANCESCO



CAPITOLO XXIV

Come santo Francesco convertì alla fede il Soldano di Babilonia e la meretrice che lo richiese di peccato.

1855.  Santo Francesco, istigato dallo zelo della fede di Cristo e dal desiderio del martirio,

andò una volta oltremare con dodici suoi compagni santissimi, ritti per andare al Soldano di

Babilonia. E giugnendo in alcuna contrada di Saracini, ove si guardavano i passi da certi sì

crudeli uomini, che nessuno de' cristiani, che vi passasse, poeta iscampare che non fusse

morto: e come piacque a Dio non furono morti, ma presi, battuti e legati furono e menati

dinanzi al Soldano. Ed essendo dinanzi a lui santo Francesco, ammaestrato dallo Spirito

Santo, predicò sì divinamente della fede di Cristo, che eziandio per essa fede egli voleano

entrare nel fuoco. Di che il Soldano cominciò avere grandissima divozione in lui, sì per la

costanza della fede sua, sì per lo dispregio del mondo che vedea in lui, imperò che nessuno

dono volea da lui ricevere, essendo poverissimo, e sì eziandio per lo fervore del martirio, il

quale in lui vedeva. Da quel punto innanzi il Soldano l' udiva volentieri, e pregollo che

spesse volte tornasse a lui, concedendo liberamente a lui e a' compagni ch' eglino potessono

predicare dovunque e' piacesse a loro. E diede loro un segnale, per lo quale egli non

potessono essere offesi da persona.

 Avuta adunque questa licenza così libera, santo Francesco mandò quelli suoi eletti

compagni e due a due in diverse parti di Saracini a predicare la fede di Cristo; ed egli con

uno di loro elesse una contrada, alla quale giugnendo entrò in uno albergo per posarsi. Ed

ivi si era una femmina bellissima del corpo ma sozza dell' anima, la quale femmina

maladetta richiese santo Francesco di peccato. E dicendole santo Francesco: « Io accetto,

andiamo a letto » ed ella lo menava in camera. E disse santo Francesco: « Vieni con meco, io 

ti menerò a uno letto bellissimo ». E menolla a uno grandissimo fuoco che si facea in quella

casa e in fervore di spirito si spoglia ignudo, e gittasi allato a questo fuoco in su lo spazzo

affocato e invita costei che ella si spogli e vada a giacersi con lui in quello letto ispiumacciato

e bello. E istandosi così santo Francesco per grande ispazio con allegro viso, e non ardendo

nè punto abbronzando, quella femmina per tale miracolo ispaventata e compunta nel cuor

suo, non solamente sì si pentè del peccato e della mala intenzione, ma eziandio si convertì

perfettamente alla fede di Cristo, e diventò di tanta santità, che per lei molte anime si

salvarono in quelle contrade.

 Alla perfine, veggendosi santo Francesco non potere fare più frutto in quelle

contrade, per divina revelazione sì dispuose con tutti li suoi compagni di ritornare tra li

fedeli; e raunatili tutti insieme, ritornò al Soldano e prendette commiato da lui. E allora gli

disse il Soldano: « Frate Francesco, io volentieri mi convertirei alla fede di Cristo, ma io temo

di farlo ora: imperò che, se costoro il sentissino eglino ucciderebbono te e me con tutti li tuoi

compagni, e concio sia cosa che tu possa ancora fare molto bene, e io abbia a spacciare certe

cose di molto grande peso, non voglio ora inducere la morte tua e la mia, ma insegnami

com' io mi possa salvare: io sono apparecchiato a fare ciò che tu m' imponi ». Disse allora

santo Francesco: « Signore, io mi parto ora da voi, ma poi ch'io sarò tornato in mio paese e

ito in cielo, per la grazia di Dio, dopo la morte mia, secondo che piacerà a Dio, ti manderò

due de' miei frati, da' quali tu riceverai il santo battesimo di Cristo, e sarai salvo, siccome

m'ha rivelato il mio Signore Gesù Cristo. E tu in questo mezzo ti sciogli d'ogni impaccio,

acciò che quando verrà a te la grazia di Dio, ti truovi apparecchiato a fede e divozione ». E

così promise di fare e fece.

1856 Fatto questo, santo Francesco torna con quello venerabile collegio de' suoi compagni

santi; e dopo alquanti anni santo Francesco per morte corporale rendè l' anima a Dio. E 'l

Soldano infermando sì aspetta la promessa di santo Francesco, e fa istare guardie a certi

passi, e comanda che se due frati v' apparissono in abito di santo Francesco, di subito

fussino menati a lui. In quel tempo apparve santo Francesco a due frati e comandò loro che

sanza indugio andassono al Soldano e procurino la sua salute, secondo che gli avea

promesso. Li quali frati subito si mossono, e passando il mare, dalle dette guardie furono

menati al Soldano. E veggendoli, il Soldano ebbe grandissima allegrezza e disse: « Ora so io

veramente che Iddio ha mandato a me li servi suoi per la mia salute, secondo la promessa

che mi fece santo Francesco per revelazione divina ». Ricevendo adunque informazione

della fede di Cristo e 'I santo battesimo dalli detti frati, così ringenerato in Cristo sì morì in

quella infermità, e fu salva l'anima sua per meriti e per orazioni di santo Francesco.

 A laude di Gesù Cristo e del poverello Francesco. Amen. 

https://www.assisiofm.it/uploads/221-Fioretti%20di%20san%20Francesco.pdf