venerdì 20 marzo 2020

La strada verso il vero sviluppo


CARITA' NELLA VERITA'
51. Le modalità con cui l'uomo tratta l'ambiente influiscono sulle modalità con cui tratta se stesso e, viceversa. Ciò richiama la società odierna a rivedere seriamente il suo stile di vita che, in molte parti del mondo, è incline all'edonismo e al consumismo, restando indifferente ai danni che ne derivano [122]. 

È necessario un effettivo cambiamento di mentalità che ci induca ad adottare nuovi stili di vita, “nei quali la ricerca del vero, del bello e del buono e la comunione con gli altri uomini per una crescita comune siano gli elementi che determinano le scelte dei consumi, dei risparmi e degli investimenti” [123]. 

Ogni lesione della solidarietà e dell'amicizia civica provoca danni ambientali, così come il degrado ambientale, a sua volta, provoca insoddisfazione nelle relazioni sociali. 
La natura, specialmente nella nostra epoca, è talmente integrata nelle dinamiche sociali e culturali da non costituire quasi più una variabile indipendente. 

La desertificazione e l'impoverimento produttivo di alcune aree agricole sono anche frutto dell'impoverimento delle popolazioni che le abitano e della loro arretratezza. Incentivando lo sviluppo economico e culturale di quelle popolazioni, si tutela anche la natura. 

Inoltre, quante risorse naturali sono devastate dalle guerre! La pace dei popoli e tra i popoli permetterebbe anche una maggiore salvaguardia della natura. L'accaparramento delle risorse, specialmente dell'acqua, può provocare gravi conflitti tra le popolazioni coinvolte. Un pacifico accordo sull'uso delle risorse può salvaguardare la natura e, contemporaneamente, il benessere delle società interessate.

La Chiesa ha una responsabilità per il creato e deve far valere questa responsabilità anche in pubblico. 

E facendolo deve difendere non solo la terra, l'acqua e l'aria come doni della creazione appartenenti a tutti. Deve proteggere soprattutto l'uomo contro la distruzione di se stesso. 

È necessario che ci sia qualcosa come un'ecologia dell'uomo, intesa in senso giusto. Il degrado della natura è infatti strettamente connesso alla cultura che modella la convivenza umana: quando l'« ecologia umana » [124è rispettata dentro la società, anche l'ecologia ambientale ne trae beneficio. Come le virtù umane sono tra loro comunicanti, tanto che l'indebolimento di una espone a rischio anche le altre, così il sistema ecologico si regge sul rispetto di un progetto che riguarda sia la sana convivenza in società sia il buon rapporto con la natura.

Per salvaguardare la natura non è sufficiente intervenire con incentivi o disincentivi economici e nemmeno basta un'istruzione adeguata. Sono, questi, strumenti importanti, ma il problema decisivo è la complessiva tenuta morale della società

Se non si rispetta il diritto alla vita e alla morte naturale, se si rende artificiale il concepimento, la gestazione e la nascita dell'uomo, se si sacrificano embrioni umani alla ricerca, la coscienza comune finisce per perdere il concetto di ecologia umana e, con esso, quello di ecologia ambientale. 

È una contraddizione chiedere alle nuove generazioni il rispetto dell'ambiente naturale, quando l'educazione e le leggi non le aiutano a rispettare se stesse. Il libro della natura è uno e indivisibile, sul versante dell'ambiente come sul versante della vita, della sessualità, del matrimonio, della famiglia, delle relazioni sociali, in una parola dello sviluppo umano integrale. 

I doveri che abbiamo verso l'ambiente si collegano con i doveri che abbiamo verso la persona considerata in se stessa e in relazione con gli altri. Non si possono esigere gli uni e conculcare gli altri. Questa è una grave antinomia della mentalità e della prassi odierna, che avvilisce la persona, sconvolge l'ambiente e danneggia la società.


52. La verità e l'amore che essa dischiude non si possono produrre, si possono solo accogliere. La loro fonte ultima non è, né può essere, l'uomo, ma Dio, ossia Colui che è Verità e Amore. 

Questo principio è assai importante per la società e per lo sviluppo, in quanto né l'una né l'altro possono essere solo prodotti umani; la stessa vocazione allo sviluppo delle persone e dei popoli non si fonda su una semplice deliberazione umana, ma è inscritta in un piano che ci precede e che costituisce per tutti noi un dovere che deve essere liberamente accolto. 

Ciò che ci precede e che ci costituisce — l'Amore e la Verità sussistenti — ci indica che cosa sia il bene e in che cosa consista la nostra felicità. Ci indica quindi la strada verso il vero sviluppo.

AMDG et DVM

L'astrobiologia

Il rapporto tra astronomia e fede in un'intervista a padre Funes, direttore della Specola Vaticana

L'extraterrestre è mio fratello

di Francesco M. Valiante
"E quindi uscimmo a riveder le stelle". Cita Dante - il celebre verso che chiude l'ultimo canto dell'Inferno - per descrivere la missione dell'astronomia. Che è anzitutto quella di "restituire agli uomini la giusta dimensione di creature piccole e fragili davanti allo scenario incommensurabile di miliardi e miliardi di galassie". E se poi scoprissimo di non essere i soli ad abitare l'universo? L'ipotesi non lo inquieta più di tanto. È possibile credere in Dio e negli extraterrestri. Si può ammettere l'esistenza di altri mondi e altre vite, anche più evolute della nostra, senza per questo mettere in discussione la fede nella creazione, nell'incarnazione, nella redenzione. Parola di astronomo e di sacerdote. Parola di José Gabriel Funes, direttore della Specola Vaticana.
Argentino, quarantacinque anni, gesuita, dall'agosto del 2006 padre Funes ha le chiavi della storica sede nel Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo, che Pio XI concesse all'osservatorio vaticano nel 1935. Fra circa un anno le restituirà, per ricevere quelle del monastero delle basiliane situato al confine tra le Ville Pontificie e Albano, dove si trasferiranno gli studi, i laboratori e la biblioteca della Specola. Unisce modi cortesi e pacati a quel leggero distacco dalle cose terrene di chi è abituato a tenere gli occhi rivolti verso l'alto. Un po' filosofo e un po' investigatore, come tutti gli astronomi. Contemplare il cielo è per lui l'atto più autenticamente umano che si possa fare. Perché - spiega a "L'Osservatore Romano" - "dilata il nostro cuore e ci aiuta a uscire dai tanti inferni che l'umanità si è creata sulla terra:  le violenze, le guerre, le povertà, le oppressioni".

Come nasce l'interesse della Chiesa e dei Papi per l'astronomia?

Le origini si possono far risalire a Gregorio XIII, che fu l'artefice della riforma del calendario nel 1582. Padre Cristoforo Clavio, gesuita del Collegio romano, fece parte della commissione che studiò questa riforma. Tra Settecento e Ottocento sorsero ben tre osservatori per iniziativa dei Pontefici. Poi nel 1891, in un momento di conflitto tra il mondo della Chiesa e il mondo scientifico, Papa Leone XIII volle fondare, o meglio rifondare, la Specola Vaticana. Lo fece proprio per mostrare che la Chiesa non era contro la scienza ma promuoveva una scienza "vera e solida", secondo le sue stesse parole. La Specola è nata dunque con uno scopo essenzialmente apologetico, ma col passare degli anni è divenuta parte del dialogo della Chiesa col mondo.

Lo studio delle leggi del cosmo avvicina o allontana da Dio?

L'astronomia ha un valore profondamente umano. È una scienza che apre il cuore e la mente. Ci aiuta a collocare nella giusta prospettiva la nostra vita, le nostre speranze, i nostri problemi. In questo senso - e qui parlo come prete e come gesuita - è anche un grande strumento apostolico che può avvicinare a Dio.

Eppure molti astronomi non perdono occasione per fare pubblica professione di ateismo.

Direi che è un po' un mito ritenere che l'astronomia favorisca una visione atea del mondo. Mi sembra che proprio chi lavora alla Specola offra la testimonianza migliore di come sia possibile credere in Dio e fare scienza in modo serio. Più di tante parole conta il nostro lavoro. Contano la credibilità e i riconoscimenti ottenuti a livello internazionale, le collaborazioni con colleghi e istituzioni di ogni parte del mondo, i risultati delle nostre ricerche e delle nostre scoperte. La Chiesa ha lasciato un segno nella storia della ricerca astronomica.

Ci faccia qualche esempio.

Basterebbe ricordare che una trentina di crateri della luna portano i nomi di antichi astronomi gesuiti. E che un asteroide del sistema solare è stato intitolato al mio predecessore alla direzione della Specola, padre George Coyne. Si potrebbe richiamare inoltre l'importanza di contributi come quelli di padre O'Connell all'individuazione del "raggio verde" o di fratello Consolmagno al declassamento di Plutone. Per non parlare dell'attività di padre Corbally - vicedirettore del nostro centro astronomico di Tucson - che ha lavorato con un team della Nasa alla recente scoperta di asteroidi residui della formazione di sistemi binari di stelle.

L'interesse della Chiesa per lo studio dell'universo si può spiegare col fatto che l'astronomia è l'unica scienza che ha a che fare con l'infinito e quindi con Dio?

Per essere precisi, l'universo non è infinito. È molto grande ma è finito, perché ha un'età:  circa quattordici miliardi di anni, secondo le nostre conoscenze più recenti. E se ha un'età, significa che ha un limite anche nello spazio. L'universo è nato in un determinato momento e da allora si espande continuamente.

Da che cosa ha avuto origine?

Quella del big bang resta, a mio giudizio, la migliore spiegazione dell'origine dell'universo che abbiamo finora dal punto di vista scientifico.

E da allora che cosa è successo?

Per trecentomila anni la materia, l'energia, la luce sono rimaste unite in una sorta di miscela. L'universo era opaco. Poi si sono separate. Così noi adesso viviamo in un universo trasparente, possiamo vedere la luce:  quella delle galassie più lontane, per esempio, che è arrivata a noi dopo undici o dodici miliardi di anni. Bisogna ricordare che la luce viaggia a trecentomila chilometri al secondo. Ed è proprio questo limite a confermarci che l'universo oggi osservabile non è infinito.

La teoria del big bang avvalora o contraddice la visione di fede basata sul racconto biblico della creazione?

Da astronomo, io continuo a credere che Dio sia il creatore dell'universo e che noi non siamo il prodotto della casualità ma i figli di un padre buono, il quale ha per noi un progetto d'amore. La Bibbia fondamentalmente non è un libro di scienza. Come sottolinea la Dei verbum, è il libro della parola di Dio indirizzata a noi uomini. È una lettera d'amore che Dio ha scritto al suo popolo, in un linguaggio che risale a duemila o tremila anni fa. All'epoca, ovviamente, era del tutto estraneo un concetto come quello del big bang. Dunque, non si può chiedere alla Bibbia una risposta scientifica. Allo stesso modo, noi non sappiamo se in un futuro più o meno prossimo la teoria del big bang sarà superata da una spiegazione più esauriente e completa dell'origine dell'universo. Attualmente è la migliore e non è in contraddizione con la fede. È ragionevole.

Ma nella Genesi si parla della terra, degli animali, dell'uomo e della donna. Questo esclude la possibilità dell'esistenza di altri mondi o esseri viventi nell'universo?

A mio giudizio questa possibilità esiste. Gli astronomi ritengono che l'universo sia formato da cento miliardi di galassie, ciascuna delle quali è composta da cento miliardi di stelle. Molte di queste, o quasi tutte, potrebbero avere dei pianeti. Come si può escludere che la vita si sia sviluppata anche altrove? C'è un ramo dell'astronomia, l'astrobiologia, che studia proprio questo aspetto e che ha fatto molti progressi negli ultimi anni. Esaminando gli spettri della luce che viene dalle stelle e dai pianeti, presto si potranno individuare gli elementi delle loro atmosfere - i cosiddetti biomakers - e capire se ci sono le condizioni per la nascita e lo sviluppo della vita. Del resto, forme di vita potrebbero esistere in teoria perfino senza ossigeno o idrogeno.

Si riferisce anche ad esseri simili a noi o più evoluti?

È possibile. Finora non abbiamo nessuna prova. Ma certamente in un universo così grande non si può escludere questa ipotesi.

E questo non sarebbe un problema per la nostra fede?

Io ritengo di no. Come esiste una molteplicità di creature sulla terra, così potrebbero esserci altri esseri, anche intelligenti, creati da Dio. Questo non contrasta con la nostra fede, perché non possiamo porre limiti alla libertà creatrice di Dio. Per dirla con san Francesco, se consideriamo le creature terrene come "fratello" e "sorella", perché non potremmo parlare anche di un "fratello extraterrestre"? Farebbe parte comunque della creazione.

E per quanto riguarda la redenzione?

Prendiamo in prestito l'immagine evangelica della pecora smarrita. Il pastore lascia le novantanove nell'ovile per andare a cercare quella che si è persa. Pensiamo che in questo universo possano esserci cento pecore, corrispondenti a diverse forme di creature. Noi che apparteniamo al genere umano potremmo essere proprio la pecora smarrita, i peccatori che hanno bisogno del pastore. Dio si è fatto uomo in Gesù per salvarci. Così, se anche esistessero altri esseri intelligenti, non è detto che essi debbano aver bisogno della redenzione. Potrebbero essere rimasti nell'amicizia piena con il loro Creatore.

Insisto:  se invece fossero peccatori, sarebbe possibile una redenzione anche per loro?

Gesù si è incarnato una volta per tutte. L'incarnazione è un evento unico e irripetibile. Comunque sono sicuro che anche loro, in qualche modo, avrebbero la possibilità di godere della misericordia di Dio, così come è stato per noi uomini.

Il prossimo anno si celebra il bicentenario della nascita di Darwin e la Chiesa torna a confrontarsi con l'evoluzionismo. L'astronomia può offrire un contributo a questo confronto?

Come astronomo posso dire che dall'osservazione delle stelle e delle galassie emerge un chiaro processo evolutivo. Questo è un dato scientifico. Anche qui io non vedo contraddizione tra quello che noi possiamo imparare dall'evoluzione - purché non diventi un'ideologia assoluta - e la nostra fede in Dio. Ci sono delle verità fondamentali che comunque non mutano:  Dio è il creatore, c'è un senso alla creazione, noi non siamo figli del caso.

Su queste basi, è possibile un dialogo con gli uomini di scienza?

Direi che anzi è necessario. La fede e la scienza non sono inconciliabili. Lo diceva Giovanni Paolo II e lo ha ripetuto Benedetto XVI:  fede e ragione sono le due ali con cui si eleva lo spirito umano. Non c'è contraddizione tra quello che noi sappiamo attraverso la fede e quello che apprendiamo attraverso la scienza. Ci possono essere tensioni o conflitti, ma non dobbiamo averne paura. La Chiesa non deve temere la scienza e le sue scoperte.

Come invece è avvenuto con Galileo.

Quello è certamente un caso che ha segnato la storia della comunità ecclesiale e della comunità scientifica. È inutile negare che il conflitto ci sia stato. E forse in futuro ce ne saranno altri simili. Ma penso che sia arrivato il momento di voltare pagina e guardare piuttosto al futuro. Questa vicenda ha lasciato delle ferite. Ci sono stati malintesi. La Chiesa in qualche modo ha riconosciuto i suoi sbagli. Forse si poteva fare di meglio. Ma ora è il momento di guarire queste ferite. E ciò si può realizzare in un contesto di dialogo sereno, di collaborazione. La gente ha bisogno che scienza e fede si aiutino a vicenda, pur senza tradire la chiarezza e l'onestà delle rispettive posizioni.

Ma perché oggi è così difficile questa collaborazione?

Credo che uno dei problemi del rapporto tra scienza e fede sia l'ignoranza. Da una parte, gli scienziati dovrebbero imparare a leggere correttamente la Bibbia e a comprendere le verità della nostra fede. Dall'altra, i teologi e gli uomini di Chiesa dovrebbero aggiornarsi sui progressi della scienza, per riuscire a dare risposte efficaci alle questioni che essa pone continuamente. Purtroppo anche nelle scuole e nelle parrocchie manca un percorso che aiuti a integrare fede e scienza. I cattolici spesso rimangono fermi alle conoscenze apprese al tempo del catechismo. Credo che questa sia una vera e propria sfida dal punto di vista pastorale.

Cosa può fare in questo senso la Specola?

Diceva Giovanni XXIII che la nostra missione deve essere quella di spiegare agli astronomi la Chiesa e alla Chiesa l'astronomia. Noi siamo come un ponte, un piccolo ponte, tra il mondo della scienza e la Chiesa. Lungo questo ponte c'è chi va in una direzione e chi va in un'altra. Come ha raccomandato Benedetto XVI a noi gesuiti in occasione dell'ultima congregazione generale, dobbiamo essere uomini sulle frontiere. Credo che la Specola abbia questa missione:  essere sulla frontiera tra il mondo della scienza e il mondo della fede, per dare testimonianza che è possibile credere in Dio ed essere buoni scienziati.


(©L'Osservatore Romano 14 maggio 2008)

AMDG et DVM


giovedì 19 marzo 2020

VIVI PER ... GUADAGNARE DIO

L' "anima dannata", di Marcos Zapata
...mi hai fatto perdere Dio.
4. 
Venne a confessarsi una volta al P. Onofrio d'Anna, pio operario nel regno di Napoli, una donna tutta atterrita, che aveva tenuta pratica disonesta con due giovani, l'uno de' quali per gelosia aveva ucciso l'altro. 

Narrò al Padre che nella stessa ora ch'era morto quel misero giovane, l'era apparso vestito di nero, cinto di catene, e che d'ogni parte mandava fuoco, con un ferro in mano: e che alzando quegli il braccio per tagliargli la gola, ella allora tremando disse:

Ah tale (nominando il di lui nome), che t'ho fatt'io, che mi vuoi uccidere? 
A ciò il dannato pieno di sdegno rispose: Cana, cana, cana, mi dici che t'ho fatto? mi hai fatto perdere Dio. 
Allora ella invocò la B. Vergine, e quell'ombra al sentir nominare il SS. Nome di Maria disparve e non si vide più 

(In vit. P. Ant. de Collel., c. 31, § 5).


Soltanto quando Gesù avrà portato il suo Regno fra voi, tutta l'umanità potrà finalmente godere del grande dono della Pace

Sancte Joseph adjuva nos

1989
Vieni Signore Gesù
Dongo (Como), 1 gennaio 1989. 
Festa di Maria Santissima Madre di Dio.
Vieni Signore Gesù.
«Sono la vostra Mamma Immacolata, che vi conduce a Gesù e vi porta alla pace.
Oggi tutta la Chiesa gioisce, contemplando il mistero ineffabile della mia divina ed universale
maternità.

All'inizio di questo nuovo anno, che sarà segnato dal succedersi di avvenimenti gravi e
significativi, voi guardate particolarmente a Me come alla Madre della speranza ed alla Regina
della pace.

Nel tempo, che state vivendo, della grande tribolazione, la mia presenza materna si farà
sempre più forte e straordinaria.

Quanto più grande ed universale si farà il dominio del mio Avversario, il Dragone rosso, tanto
più grande ed universale si farà anche la presenza vittoriosa della Donna vestita di sole.

Per questo siete entrati ormai in un periodo di tempo segnato da una mia forte presenza fra
voi e sarà resa a tutti manifesta per mezzo di straordinari avvenimenti.

Sono la vostra tenera Madre che ha il compito di condurvi a Gesù vostro Signore e vostro
Salvatore.

In questi anni, che vi separano ancora dalla fine di questo secolo, Io agirò in tutti i modi
perché il Regno di Gesù possa essere instaurato fra voi ed il Signore Gesù possa essere da
tutti amato e glorificato.

- Vieni Signore Gesù nella vita dei singoli per mezzo della Grazia divina, dell'amore e della
santità.

Io opererò in maniera molto forte per portare tutti voi, che siete consacrati al mio Cuore
Immacolato, ad una grande santità, affinché Gesù possa sempre più vivere, operare e
risplendere nella vostra vita».

- Vieni Signore Gesù nelle famiglie, per aiutarle a ritrovare la via della comunione, dello
scambievole e reciproco amore, della perfetta unità e di una completa disponibilità al dono
della vita.

- Vieni Signore Gesù nelle Nazioni, che hanno bisogno di tornare ad essere comunità aperte al
bene spirituale e materiale di tutti, specialmente dei piccoli, dei bisognosi, degli ammalati, dei
poveri e degli emarginati.


Si prepara per voi l'avvento del Regno di Gesù, che vi introdurrà in una nuova era di grande
fraternità e di pace. 

Per questo oggi, all'inizio di un periodo di tempo molto importante,
perché in esso si realizzerà un disegno da Me stessa preparato ed attuato, vi invito tutti ad
unirvi alla preghiera che la vostra Mamma Celeste, unita allo Spirito Santo suo Sposo divino,
ogni giorno rivolge al Padre, "Vieni Signore Gesù".

Soltanto quando Gesù avrà portato il suo Regno fra voi, tutta l'umanità potrà finalmente godere del grande dono della Pace».




AMDG et DVM

Fratelli miei, Sorelle mie...


19 marzo 1944

   Giovanni, cap. 21 v. 19   
   Dice Gesù:
   «Un altro breve insegnamento per quelli che, quasi giunti alla mèta, hanno bisogno di compiere gli ultimi sforzi per toccare vittoriosamente la fine della prova.

   Siate perfetti, ho detto1. La perfezione si inizia dalle cose più pesanti e si compie con le più leggere. Si inizia domando la carne, si compie emendando il pensiero da quelle idee che non sono peccato ma che hanno in sé tara di una ingiustizia mentale non gradita a Dio. Compatita da Dio che è misericorde, ma non gradita. Ora, perché voler venire a Me con la veste non bruttata da macchie, ma non fresca e intatta come quella di un giglio che s'è deterso dalla polvere con la rugiada del mattino?

   Io sono la vostra rugiada e mi effondo per levarvi anche le più lievi appannature di umanità e di errore ed imperlarvi della mia Grazia per farvi gioielli del trono del Padre. Vi ho dato il mio Amore e il mio Sangue. Vi ho dato la mia Parola e il mio Corpo. Ma voglio darvi più che la Parola. Voglio darvi il mio Pensiero.

   Che è il pensiero? È l'anima della parola. Quando due si amano, non si accontentano di dirsi le parole necessarie, ma si comunicano anche gli intimi pensieri. Oh! gioia poter dire a chi ci ama quello che come lampo, come musica, come palpito ferve nella mente e per questo fervere ci distingue dai bruti, i cui moti mentali si limitano ai bisogni rudimentali del vivere!
 L'uomo pensa, e dal pensiero trae capolavori d'arte, di genio, di bellezza. L'uomo pensa, e in questo suo pensare ha un intimo amico che empie di compagnia anche la solitudine del romito. Il pensiero dell'uomo spazia, spirituale come è, per tutto l'universo. Si sprofonda nel rammemorare gli èvi lontani, si immerge nella previsione dei tempi avvenire, studia e contempla e medita le mirabili opere di Dio nel creato, riflette sui misteri degli uomini (ogni uomo è un mistero chiuso in veste mortale: luminoso o buio a seconda del suo animo santo o satanico; mistero noto a Dio solo a cui nulla è ignoto) e dalla contemplazione delle cose e degli uomini sale alle contemplazioni di Dio. Come aquila che, rapida, saetta da una valle ai suoi picchi e da questi ascende più alto a spaziare nel cielo, a salire verso il sole, a cercare le stelle, così il pensiero umano può salire, spaziare, immergersi nella purità splendente di Dio dopo aver meditato sulla capacità umana, alla immensità divina dopo aver riflettuto alla relatività umana, sull'eternità divina dopo aver contemplato la labilità umana, alla Perfezione dopo aver guardato, senza superbia che acceca, l'umana imperfezione.

   Ebbene: come è dolce comunicare a chi si ama questo nostro pensiero! Le luci di esso offerte come gemme ai più cari! È l'amore dell'amore: il più puro, il più eletto.
Io voglio darvi il mio Pensiero. Farvi comprendere il Pensiero celato nella Parola. È come se vi prendessi e vi mettessi nella mia Mente e vi facessi conoscere i tesori chiusi in essa. Per farvi sempre più simili a Me e perciò più graditi al Padre mio e vostro.
   Nel Vangelo di Giovanni, possessore perfetto del Pensiero del Verbo di Dio fatto Carne, del pensiero del suo Gesù, Maestro e Amico, è detta una frase2"Ora disse questo per significare con quale morte avrebbe reso gloria a Dio".
   Con quale morte avrebbe reso gloria a Dio. Figli! Tutte le morti sono gloria resa a Dio quando sono accettate e subìte con santità. Lungi da voi la anche santa invidia di questa o quella morte. Lungi la misurazione umana del valore di questa o di quella morte. La morte è una volontà di Dio che si compie. Anche se l'esecutore di essa è un uomo feroce che si rende arbitro dei destini altrui e per la sua adesione a Satana ne diviene strumento per tormentare i suoi simili ed assassino dei medesimi, maledetto da Me, la morte è sempre l'estrema obbedienza a Dio che ha comminato3 la morte all'uomo per il suo peccato.
   Conoscete tante indulgenze e vi sono anime piccine (non piccole: piccine) le quali, nella loro religione ristretta e fasciata dalle pratiche come una mummia fra le tenebre di un ipogeo, fanno la somma giornaliera di quanti giorni di indulgenza acquistano con questa e quella preghiera. Le indulgenze ci sono perché ne godiate nella vita futura, è vero. Ma fate luce, date ala alla vostra anima e alla vostra religione. Sono cose celesti. Non fatene delle schiave imprigionate in buia carcere. Luce, luce, ala, ala. Alzatevi! Amate! Pregate per amare, siate buoni per amare, vivete per amare.
   Due sono le più grandi indulgenze. Plenarie. E vengono da Dio, da Me Pontefice eterno. Quella dell'Amore che copre la moltitudine dei peccati4. Li distrugge nel suo fuoco. Chi ama con tutte le sue forze consuma di attimo in attimo le sue umane imperfezioni. Più di imperfezioni non fa chi ama. La seconda plenaria indulgenza, data da Dio, è quella di una morte rassegnata, quale che sia il genere di essa, di una morte volonterosa di fare la estrema obbedienza a Dio.
   La morte è sempre un calvario. Grande o piccino, è sempre calvario. Ed è sempre "grande" anche se all'apparenza non ha nulla che la faccia apparire tale, perché è proporzionata da Dio alle forze di ognuno (parlo qui dei figli miei, non di quelli che sono figli di Satana), alle forze che Dio aumenta a misura della morte che è destino della sua creatura; ed è grande perché, se è compiuta santamente, assume la grandezza di ciò che è santo. Ogni morte, dunque, santa, è gloria resa a Dio.
   Come è bello vedere la rosa aprirsi sul suo stelo! Eccola: è chiusa come un rubino nel suo castone di smeraldo, ma schiude le lamine del castone e, come bocca che si apre al sorriso, disserra i petali porporini. Risponde col suo sorriso di seta al bacio del sole. Si apre. È una aureola di velluto vivo intorno all'oro dei pistilli. Canta col suo colore e col suo profumo la gloria di Chi l'ha creata, e poi a sera si piega stanca e muore con un più vivo profumare, che è la sua estrema lode al Signore.
   Come è bello udire nei boschi, a sera, il coro degli uccelli che, prima di mettersi a riposo, cantano con tutti i trilli delle loro gole l'orazione di lode al Padre che li ha nutriti! Sembra che il coro cada, ma vi è sempre il più innamorato che lancia un nuovo trillo e incita gli altri a seguirlo, poiché il sole ancor non è caduto e la luce è cosa tanto bella che si deve salutarla perché essa li ami e torni al mattino; poiché ancor il buon Dio permette si veda un chicco sparso al suolo, un moscerino sperduto, un bioccolo di lana da portare ai piccini o da dare al piccolo gozzo che il buon Signore sfama. E il coro continua sinché la luce muore e i riconoscenti si raccolgono sul ramo, pallottoline di tepore che hanno ancora un pigolìo sotto le piume per dire: "Grazie, o mio Creatore".
 La morte del giusto è come quella della rosa, è come il sonno dell'uccello. Dolce, bella, gradita al Signore. Nell'arena di un circo o nel buio della carcere, fra gli affetti familiari o nella solitudine di chi è senza nessuno, rapida o lunga di tormenti, essa è sempre, sempre, sempre gloria resa a Dio.
   Accettatela con pace. Desideratela con pace. Compitela con pace. La mia pace permanga in voi anche in questa prova, in questo desiderio, in questa consumazione. Abbiate già la mia pace eterna in voi, sin da ora, e per questa estrema cosa.
   Pensate che la morte cruenta di un'Agata non differisce5 per Me da quella di una Liduina, e quella di una Teresa Martin da quella di un Domenico di Guzman, quella di un Tommaso Moro da quella di un Contardo Ferrini.
   Colui che fa la volontà del Padre mio, Io l'ho detto6, è beato. Beato, Io ho detto, e fratello e sorella e madre mia. Io ho detto questo. Perché Io ho reso gloria a Dio mio Padre facendo la sua volontà nella vita e nella morte. Imitate dunque il Maestro vostro ed Io vi chiamerò: "Fratelli miei, sorelle mie"

           

   ho detto il giorno precedente, con rinvio a Matteo 5, 48.
           
   
frase che è in Giovanni 21, 19, cui rinvia la scrittrice accanto alla data.


   
comminato in Genesi 3, 17-19.
   
   
copre la moltitudine dei peccati, come in Giacomo 5, 201 Pietro 4, 8.
   
   
la morte… non differisce, anche se venuta in modo diverso, per le persone sante, come Agata che morì da
 martire, Liduina che morì da inferma, Teresa Martin che morì consumata nella clausura, Domenico di Guzman che morì
 spossato dalle fatiche dei viaggi,Tommaso Moro che morì assassinato, Contardo Ferrini che morì di tifo.
   6 l'ho detto in Matteo 12, 46-50Marco 3, 31-35Luca 8, 19-21.