"Dignare me laudare Te Virgo sacrata. Da mihi virtutem contra hostes tuos". "Corda Iésu et Marìae Sacratìssima: Nos benedìcant et custòdiant".
sabato 11 gennaio 2020
venerdì 10 gennaio 2020
Il protovangelo di Giacomo
PROTOVANGELO DI GIACOMO
Il Protovangelo di Giacomo (detto anche Vangelo di Giacomo e Vangelo dell'Infanzia di Giacomo) è un
testo apocrifo scritto in Greco e datato intorno al 150 d.c. Il Vangelo si presenta scritto da Giacomo il
Giusto, primo vescovo di Gerusalemme, fratello di Gesù. Tuttavia, gli storici sono scettici circa l'autore
del Vangelo, vista la scarsa conoscenza degli usi civili e religiosi Giudei e datano questo testo intorno al II
secolo. Del Proto-Vangelo esistono tuttora oltre 130 manoscritti in lingua greca, tra cui il più antico è il
Papyrus Bodmer 5, datato intorno al II secolo d.C, conservato nella Bodmer Library di Ginevra.
Il Protovangelo è stato tradotto in Siriaco, Etiopico, Copto, Georgiano, Paleo-slavo, Armeno, Arabo,
Irlandese. La tradizione ha accettato alcuni dati storici contenuti nel testo relativi alla vita di Maria e dei
suoi genitori Anna e Gioacchino.
Natività di Maria santa genitrice di Dio e gloriosissima madre di Gesù Cristo.
Capitolo 1
[1] Secondo le storie delle dodici tribù di Israele c'era un certo Gioacchino, uomo estremamente ricco. Le
sue offerte le faceva doppie, dicendo: "Quanto per me è superfluo, sarà per tutto il popolo, e quanto è
dovuto per la remissione dei miei peccati, sarà per il Signore, quale espiazione in mio favore".
[2] Giunse il gran giorno del Signore e i figli di Israele offrivano le loro offerte. Davanti a lui si presentò
Ruben, affermando: "Non tocca a te offrire per primo le tue offerte, poiché in Israele non hai avuto
alcuna discendenza".
[3] Gioacchino ne restò fortemente rattristato e andò ai registri delle dodici tribù del popolo, dicendo:
"Voglio consultare i registri delle dodici tribù di Israele per vedere se sono io solo che non ho avuto
posterità in Israele". Cercò, e trovò che, in Israele, tutti i giusti avevano avuto posterità. Si ricordò allora
del patriarca Abramo al quale, nell'ultimo suo giorno, Dio aveva dato un figlio, Isacco.
[4] Gioacchino ne restò assai rattristato e non si fece più vedere da sua moglie. Si ritirò nel deserto, vi
piantò la tenda e digiunò quaranta giorni e quaranta notti, dicendo tra sè;: "Non scenderò nè per cibo, nè
per bevanda, fino a quando il Signore non mi abbia visitato: la mia preghiera sarà per me cibo e
bevanda".
Capitolo 2
[1] Ma sua moglie innalzava due lamentazioni e si sfogava in due pianti, dicendo: "Piangerò la mia
vedovanza e piangerò la mia sterilità".
[2] Venne il gran giorno del Signore, e Giuditta, sua serva le disse: "Fino a quando avvilisci tu l'anima
tua; Ecco, è giunto il gran giorno del Signore e non ti è lecito essere in cordoglio.
Prendi invece questa fascia per il capo che mi ha dato la signora del lavoro: a me non è lecito cingerla
perché io sono serva e perché ha un'impronta regale".
[3] Ma Anna rispose: "Allontanati da me. Io non faccio queste cose. Dio mi ha umiliata molto. Forse è un
tristo che te l'ha data, e tu sei venuta a farmi partecipare al tuo peccato". Replicò Giuditta: "Quale
imprecazione potrò mai mandarti affinché il Signore che ha chiuso il tuo ventre, non ti dia frutto in
Israele?". Anna si afflisse molto.
[4] Si spogliò delle sue vesti di lutto, si lavò il capo, indossò le sue vesti di sposa e verso l'ora nona scese
a passeggiare in giardino. Vedendo un alloro, si sedette ai suoi piedi e supplicò il Padrone, dicendo: "O
Dio dei nostri padri, benedicimi e ascolta la mia preghiera, come hai benedetto il ventre di Sara, dandole
un figlio, Isacco".
Capitolo 3
[1] Guardando fisso verso il cielo, vide, nell'alloro, un nido di passeri, e compose in se stessa una
lamentazione, dicendo: "Ahimè! chi mi ha generato? qual ventre mi ha partorito? Sono infatti diventata
una maledizione davanti ai figli di Israele, sono stata insultata e mi hanno scacciata con scherno dal
tempio del Signore.
[2] Ahimè! a chi somiglio io mai? Non somiglio agli uccelli del cielo, poiché anche gli uccelli del cielo sono
fecondi dinanzi a te, Signore. Ahimè! a chi somiglio io mai? Non somiglio alle bestie della terra, poiché
anche le bestie della terra sono feconde dinanzi a te, Signore. Ahimè! a chi somiglio io mai?
[3] Non somiglio a queste acque, poiché anche queste acque sono feconde dinanzi a te, o Signore.
Ahimè! a chi somiglio io mai? Non somiglio certo a questa terra, poiché anche questa terra porta i suoi
frutti secondo le stagioni e ti benedice, o Signore".
Capitolo 4
[1] Ecco, un angelo del Signore le apparve, dicendole: "Anna, Anna! Il Signore ha esaudito la tua
preghiera; tu concepirai e partorirai. Si parlerà in tutta la terra della tua discendenza".
Anna rispose: "(Com'è vero che) il Signore, mio Dio, vive, se io partorirò, si tratti di maschio o di
femmina, l'offrirò in voto al Signore mio Dio, e lo servirà per tutti i giorni della sua vita".
[2] Ed ecco che vennero due angeli per dirle: "Tuo marito Gioacchino sta tornando con i suoi armenti".
Un angelo del Signore era infatti disceso da lui per dirgli: "Gioacchino, Gioacchino! Il Signore ha esaudito
la tua insistente preghiera. Scendi di qui. Ecco, infatti, che Anna, tua moglie, concepirà nel suo ventre".
[3] Gioacchino scese, e mandò a chiamare i suoi pastori, dicendo: "Portatemi qui dieci agnelli senza
macchia e senza difetto: saranno per il Signore, mio Dio. Portatemi anche dodici vitelli teneri: saranno
per i sacerdoti e per il consiglio degli anziani; e anche cento capretti per tutto il popolo".
[4] Ed ecco che Gioacchino giunse con i suoi armenti. Anna se ne stava sulla porta, e vedendo venire
Gioacchino, gli corse incontro e gli si appese al collo, esclamando: "Ora so che il Signore Iddio mi ha benedetta molto. Ecco, infatti, la vedova non più vedova, e la sterile concepirà nel ventre". Il primo giorno Gioacchino si riposò in casa sua.
Capitolo 5
[1] Il giorno seguente presentò le sue offerte, dicendo tra sè;: "Se il Signore Iddio mi è propizio, me lo
indicherà la lamina del sacerdote". Nel presentare le sue offerte, Gioacchino guardò la lamina del
sacerdote. Quando questi salì sull'altare del Signore, Gioacchino non scorse in sè peccato alcuno, ed
esclamò: "Ora so che il Signore mi è propizio e mi ha rimesso tutti i peccati".
Scese dunque dal tempio del Signore giustificato, e tornò a casa sua.
[2] Si compirono intanto i mesi di lei. Nel nono mese Anna partorì e domandò alla levatrice: "Che cosa ho
partorito?". Questa rispose: "Una bambina". "In questo giorno", disse Anna, "è stata magnificata l'anima
mia", e pose la bambina a giacere. Quando furono compiuti i giorni, Anna si purificò, diede poi la poppa
alla bambina e le impose il nome Maria.
Capitolo 6
[1] La bambina si fortificava di giorno in giorno e, quando raggiunse l'età di sei mesi, sua madre la pose
per terra per provare se stava diritta. Ed essa, fatti sette passi, tornò in grembo a lei che la riprese,
dicendo: " (Com'è vero che) vive il Signore mio Dio, non camminerai su questa terra fino a quando non ti
condurrò nel tempio del Signore". Così, nella camera sua fece un santuario e attraverso le sue mani non
lasciava passare nulla di profano e di impuro. A trastullarla chiamò le figlie senza macchia degli Ebrei.
[2] Quando la bambina compì l'anno, Gioacchino fece un gran convito: invitò i sacerdoti, gli scribi, il
consiglio degli anziani e tutto il popolo di Israele. Gioacchino presentò allora la bambina ai sacerdoti, i
quali la benedissero, dicendo: "O Dio dei nostri padri, benedici questa bambina e dà a lei un nome
rinomato in eterno in tutte le generazioni". E tutto il popolo esclamò: "Così sia, così sia! Amen".
La presentò anche ai sommi sacerdoti, i quali la benedissero, dicendo: "O Dio delle sublimità, guarda
questa bambina e benedicila con l'ultima benedizione, quella che non ha altre dopo di sè.
[3] Poi la madre la portò via nel santuario della sua camera, e le diede la poppa. Anna innalzò quindi un
cantico al Signore Iddio, dicendo: "Canterò un cantico al Signore, Dio mio, poiché mi ha visitato e ha tolto
da me quello che per i miei nemici era un obbrobrio: il Signore, infatti, mi ha dato un frutto di giustizia,
unico e molteplice dinanzi a lui. Chi mai annunzierà ai figli di Ruben che Anna allatta?
Ascoltate, ascoltate, voi, dodici tribù di Israele: Anna allatta!". La pose a giacere nel santuario della sua
camera e uscì per servire loro a tavola. Terminato il banchetto, se ne partirono pieni di allegria,
glorificando il Dio di Israele.
Capitolo 7
[1] Per la bambina passavano intanto i mesi. Giunta che fu l'età di due anni, Gioacchino disse a Anna:
"Per mantenere la promessa fatta, conduciamola al tempio del Signore, affinché il Padrone non mandi
contro di noi e la nostra offerta riesca sgradita". Anna rispose: "Aspettiamo il terzo anno, affinché la
bambina non cerchi poi il padre e la madre". Gioacchino rispose: "Aspettiamo".
[2] Quando la bambina compì i tre anni, Gioacchino disse: "Chiamate le figlie senza macchia degli Ebrei:
ognuna prenda una fiaccola accesa e la tenga accesa affinché la bambina non si volti indietro e il suo
cuore non sia attratto fuori del tempio del Signore". Quelle fecero così fino a che furono salite nel tempio
del Signore. Il sacerdote l'accolse e, baciatala, la benedisse esclamando: "Il Signore ha magnificato il tuo
nome in tutte le generazioni. Nell'ultimo giorno, il Signore manifesterà in te ai figli di Israele la sua
redenzione".
[3] La fece poi sedere sul terzo gradino dell'altare, e il Signore Iddio la rivestì di grazia; ed ella danzò con
i suoi piedi e tutta la casa di Israele prese a volerle bene.
Capitolo 8
[1] I suoi genitori scesero ammirati e lodarono il Padrone Iddio perché la bambina non s'era voltata
indietro. Maria era allevata nel tempio del Signore come una colomba, e riceveva il vitto per mano di un
angelo.
[2] Quando compì dodici anni, si tenne un consiglio di sacerdoti; dicevano: "Ecco che Maria è giunta
all'età di dodici anni nel tempio del Signore. Adesso che faremo di lei affinché non contamini il tempio del
Signore?".
Dissero dunque al sommo sacerdote: "Tu stai presso l'altare del Signore: entra e prega a suo riguardo.
Faremo quello che il Signore ti manifesterà"
[3] Indossato il manto dai dodici sonagli, il sommo sacerdote entrò nel santo dei santi e pregò a riguardo
di Maria. Ed ecco che gli apparve un angelo del Signore, dicendogli: "Zaccaria, Zaccaria!
Esci e raduna tutti i vedovi del popolo. Ognuno porti un bastone: sarà la moglie di colui che il Signore
designerà per mezzo di un segno". Uscirono i banditori per tutta la regione della Giudea, echeggiò la
tromba del Signore e tutti corsero.
Capitolo 9
[1] Gettata l'ascia, Giuseppe uscì per raggiungerli. Riunitisi, andarono dal sommo sacerdote, portando i
bastoni. Presi i bastoni di tutti, entrò nel tempio a pregare. Finita la preghiera, prese i bastoni, uscì e li
restituì loro; ma in essi non v'era alcun segno. Giuseppe prese l'ultimo bastone: ed ecco che una colomba
uscì dal suo bastone e volò sul capo di Giuseppe. Il sacerdote disse allora a Giuseppe: "Tu sei stato eletto
a ricevere in custodia la vergine del Signore".
[2] Ma Giuseppe si oppose, dicendo: "Ho figli e sono vecchio, mentre lei è una ragazza. Non vorrei
diventare oggetto di scherno per i figli di Israele". Il sacerdote però rispose a Giuseppe: "Temi il Signore
tuo Dio, e ricorda che cosa ha fatto Dio a Datan, a Abiron e a Core, come si sia spaccata la terra e siano
stati inghiottiti a causa della loro opposizione. Ora, temi, Giuseppe, che non debba accadere altrettanto in
casa tua".
[3] Giuseppe, intimorito, la ricevette in custodia. Giuseppe disse a Maria: "Ti ho ricevuta dal tempio del
Signore e ora ti lascio in casa mia. Me ne vado a eseguire le mie costruzioni e dopo tornerò da te: il
Signore ti custodirà".
Capitolo 10
[1] Ci fu un consiglio dei sacerdoti, e dissero: "Facciamo una tenda per il tempio del Signore". Il
sacerdote disse: "Chiamatemi delle vergini senza macchia della tribù di David". I ministri andarono,
cercarono, e trovarono sette vergini. Il sacerdote si ricordò della fanciulla Maria, dato che era della tribù
di David e senza macchia davanti a Dio. I ministri andarono e la condussero. Le introdussero poi nel
tempio del Signore, e il sacerdote disse: "Su, tirate a sorte chi filerà l'oro, l'amianto, il bisso, la seta, il
giacinto, lo scarlatto e la porpora genuina". A Maria toccò la porpora genuina e lo scarlatto: li prese e se
ne ritornò a casa sua. In quel tempo Zaccaria diventò muto: fino a quando Zaccaria riparlò, il suo posto
fu preso da Samuele. Maria, preso lo scarlatto, lo filava.
Capitolo 11
[1] Presa la brocca, uscì a attingere acqua. Ed ecco una voce che diceva: "Gioisci, piena di grazia, il
Signore è con te, benedetta tu tra le donne". Essa guardava intorno, a destra e a sinistra, donde venisse
la voce. Tutta tremante se ne andò a casa, posò la brocca e, presa la porpora, si sedette sul suo scanno e
filava.
[2] Ed ecco un angelo del Signore si presentò dinanzi a lei, dicendo: "Non temere, Maria, perché hai
trovato grazia davanti al Padrone di tutte le cose, e concepirai per la sua parola". Ma essa, all'udire ciò
rimase perplessa, pensando: "Dovrò io concepire per opera del Signore Iddio vivente, e partorire poi
come ogni donna partorisce?".
[3] L'angelo del Signore, disse: "Non così, Maria! Ti coprirà, infatti, con la sua ombra, la potenza del
Signore. Perciò l'essere santo che nascerà da te sarà chiamato Figlio dell'Altissimo. Gli imporrai il nome
Gesù, poiché salverà il suo popolo dai suoi peccati". Maria rispose: "Ecco l'ancella del Signore davanti a
lui. Mi avvenga secondo la tua parola".
Capitolo 12
[1] Lavorò la porpora e lo scarlatto, e li portò al sacerdote. E il sacerdote la benedisse, dicendo: "Il
Signore Iddio ha magnificato il tuo nome, Maria, e sarai benedetta in tutte le generazioni della terra".
[2] Maria si rallegrò e andò da Elisabetta sua parente: picchiò all'uscio. Udito che ebbe, Elisabetta gettò
via lo scarlatto, corse alla porta e aprì: veduta Maria, la benedisse, dicendo: "Donde a me questo dono,
che venga da me la madre del mio Signore? Ecco, infatti, che colui che è in me ha saltellato e ti ha
benedetta". Ora Maria aveva dimenticato i misteri dei quali le aveva parlato l'arcangelo Gabriele, e
guardò fisso in cielo esclamando: "Chi sono io, Signore, che tutte le generazioni della terra mi
benedicano?". Passò tre mesi presso Elisabetta, e di giorno in giorno il suo ventre ingrossava; Maria,
allora, impauritasi, tornò a casa sua e si nascose dai figli di Israele. Quando avvennero questi misteri, lei
aveva sedici anni.
Capitolo 13
[1] Quando giunse per lei il sesto mese, ecco che Giuseppe tornò dalle sue costruzioni e, entrato in casa,
la trovò incinta. Allora si picchiò il viso, si gettò a terra sul sacco e pianse amaramente, dicendo: "Con
quale faccia guarderò il Signore, Dio mio? Che preghiera innalzerò io per questa ragazza? L'ho infatti
ricevuta vergine dal tempio del Signore, e non l'ho custodita. Chi è che mi ha insidiato? Chi ha commesso
questa disonestà in casa mia, contaminando la vergine? Si è forse ripetuta per me la storia di Adamo?
Quando, infatti, Adamo era nell'ora della dossologia, venne il serpente, trovò Eva da sola e la sedusse:
così è accaduto anche a me".
[2] Giuseppe si alzò dal sacco, chiamò Maria e le disse: "Prediletta da Dio, perché hai fatto questo e ti sei
dimenticata del Signore, tuo Dio? Perché hai avvilito l'anima tua, tu che sei stata allevata nel santo dei
santi e ricevevi il cibo dalla mano d'un angelo?".
[3] Essa pianse amaramente, dicendo: "Io sono pura e non conosco uomo". Giuseppe le domandò:
"Donde viene dunque ciò che è nel tuo ventre?". Essa rispose: "(Come è vero che) vive il Signore, mio
Dio, questo che è in me non so d'onde sia".
Capitolo 14
[1] Giuseppe ebbe molta paura. Si appartò da lei riflettendo che cosa dovesse farne di lei. Giuseppe
pensava: "Se nasconderò il suo errore, mi troverò a combattere con la legge del Signore; la denunzierei
ai figli di Israele, ma temo che quello che è in lei provenga da un angelo, e in questo caso mi troverei a
avere consegnato a giudizio di morte un sangue innocente. Dunque, che farò di lei? La rimanderò via di
nascosto". E così lo sorprese la notte.
[2] Ed ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore, dicendo: "Non temere per questa fanciulla.
Quello, infatti, che è in lei proviene dallo Spirito santo. Partorirà un figlio al quale imporrai il nome Gesù,
poiché salverà il suo popolo dai suoi peccati". Giuseppe si levò dal sonno, glorificò il Dio di Israele che gli
aveva concesso questo privilegio, e la custodì.
Capitolo 15
[1] Venne da lui lo scriba Annas e gli disse: "Perché non ti sei fatto vedere nel nostro consiglio?".
Giuseppe rispose: "Perché ero stanco del viaggio, e il primo giorno mi sono riposato". E voltatosi, quello
vide Maria incinta.
[2] Se ne andò allora di corsa dal sacerdote e gli disse: "Giuseppe, di cui tu sei garante, ha violato
gravemente la legge". Gli rispose il sacerdote: "Come sarebbe a dire? ". "La vergine che ha preso dal
tempio, rispose l'altro, l'ha contaminata. Ha carpito con frode le sue nozze, e non l'ha fatto sapere ai figli
di Israele". Rispose il sacerdote: "Giuseppe ha fatto questo?". Disse lo scriba Annas: "Manda pure dei
ministri, e troverai che la vergine è incinta" I ministri andarono, trovarono come egli aveva detto, e la
condussero via al tribunale con Giuseppe.
[3] Il sacerdote disse: "Perché hai fatto questo, Maria? Perché hai avvilito la tua anima e ti sei
dimenticata del Signore tuo Dio, tu che sei stata allevata nel santo dei santi e ricevevi il cibo dalla mano
di un angelo, che hai udito gli inni sacri e hai danzato davanti a Lui? Perché hai fatto questo?". Ma essa
pianse amaramente, dicendo: "(Come è vero che) vive il Signore, mio Dio, io sono pura dinanzi a lui e
non conosco uomo".
[4] A Giuseppe disse il sacerdote: "Perché hai fatto questo? ". Giuseppe rispose: "(Come è vero che) vive
il Signore, mio Dio, io sono puro a suo riguardo". Disse il sacerdote: "Non dire falsità, dì la verità: hai
carpito fraudolentemente le sue nozze e non l'hai fatto sapere ai figli di Israele; non hai chinato il capo
sotto la mano potente affinché la tua discendenza fosse benedetta".
Capitolo 16
[1] Il sacerdote disse: "Restituisci la vergine che hai ricevuto dal tempio del Signore". Giuseppe versò
allora calde lacrime. Il sacerdote proseguì: "Vi darò da bere l'acqua della prova del Signore che
manifesterà ai vostri occhi i vostri peccati".
[2] E presala, il sacerdote la fece bere a Giuseppe e lo mandò verso la collina: e tornò poi sano e salvo.
La fece bere anche a Maria e la mandò verso la collina: e tornò sana e salva. E tutto il popolo si stupì che
non fosse apparso in loro alcun peccato.
[3] Disse allora il sacerdote: "Il Signore non ha manifestato i vostri peccati.
Neppure io vi giudico". E li rimandò. Giuseppe riprese Maria e tornò pieno di gioia a casa sua glorificando
il Dio di Israele.
Capitolo 17
[1] Venne un ordine dall'imperatore Augusto affinché si facesse il censimento di tutti gli abitanti di
Betlemme della Giudea. Giuseppe pensò: "Io farò recensire tutti i miei figli; ma che farò con questa
fanciulla? Come farla recensire? Come mia moglie? Mi vergogno. Come mia figlia? Ma, in Israele tutti
sanno che non è mia figlia. Questo è il giorno del Signore, e il Signore farà secondo il suo beneplacito".
[2] Sellò l'asino e vi fece sedere Maria: il figlio di lui tirava la bestia e Giuseppe li accompagnava. Giunti a
tre miglia, Giuseppe si voltò e la vide triste; disse tra sè‚: "Probabilmente quello che è in lei la travaglia".
Voltatosi nuovamente, vide che rideva. Allora le domandò: "Che cosa hai, Maria, che vedo il tuo viso ora
sorridente e ora rattristato?". Maria rispose a Giuseppe: "E' perché vedo, con i miei occhi, due popoli: uno
piange e fa cordoglio, l'altro è pieno di gioia e esulta".
[3] Quando giunsero a metà strada, Maria gli disse: "Calami giù dall'asino, perché quello che è in me ha
fretta di venire fuori". La calò giù dall'asino e le disse: "Dove posso condurti per mettere al riparo il tuo
pudore? Il luogo, infatti, è deserto".
Capitolo 18
[1] Trovò quivi una grotta: ve la condusse, lasciò presso di lei i suoi figli e uscì a cercare una ostetrica
ebrea nella regione di Betlemme.
[2] Io, Giuseppe, camminavo e non camminavo. Guardai nell'aria e vidi l'aria colpita da stupore; guardai
verso la volta del cielo e la vidi ferma, e immobili gli uccelli del cielo; guardai sulla terra e vidi un vaso
giacente e degli operai coricati con le mani nel vaso: ma quelli che masticavano non masticavano, quelli
che prendevano su il cibo non l'alzavano dal vaso, quelli che lo stavano portando alla bocca non lo
portavano; i visi di tutti erano rivolti a guardare in alto.
[3] Ecco delle pecore spinte innanzi che invece stavano ferme: il pastore alzò la mano per percuoterle,
ma la sua mano restò per aria. Guardai la corrente del fiume e vidi le bocche dei capretti poggiate
sull'acqua, ma non bevevano. Poi, in un istante, tutte le cose ripresero il loro corso.
Capitolo 19
[1] Vidi una donna discendere dalla collina e mi disse: "Dove vai, uomo?". Risposi: " Cerco una ostetrica
ebrea". E lei: "Sei di Israele?". "Sì" le risposi. E lei proseguì: "E chi è che partorisce nella grotta?". "La
mia promessa sposa" le risposi. Mi domandò: "Non è tua moglie?". Risposi: "E' Maria, allevata nel tempio
del Signore. Io l'ebbi in sorte per moglie, e non è mia moglie, bensì ha concepito per opera dello Spirito
santo". La ostetrica gli domandò: "E' vero questo?". Giuseppe rispose: "Vieni e vedi". E la ostetrica andò
con lui.
[2] Si fermarono al luogo della grotta ed ecco che una nube splendente copriva la grotta. La ostetrica
disse: "Oggi è stata magnificata l'anima mia, perché i miei occhi hanno visto delle meraviglie e perché è
nata la salvezza per Israele". Subito dopo la nube si ritrasse dalla grotta, e nella grotta apparve una gran
luce che gli occhi non potevano sopportare. Poco dopo quella luce andò dileguandosi fino a che apparve il
bambino: venne e prese la poppa di Maria, sua madre. L'ostetrica esclamò: "Oggi è per me un gran
giorno, perché ho visto questo nuovo miracolo".
[3] Uscita dalla grotta l'ostetrica si incontrò con Salome, e le disse: "Salome, Salome! Ho un miracolo
inaudito da raccontarti: una vergine ha partorito, ciò di cui non è capace la sua natura". Rispose Salome:
"(Come è vero che) vive il Signore, se non ci metto il dito e non esamino la sua natura, non crederò mai
che una vergine abbia partorito".
Capitolo 20
[1] Entrò l'ostetrica e disse a Maria: "Mettiti bene. Attorno a te, c'è, infatti, un non lieve contrasto".
Salome mise il suo dito nella natura di lei, e mandò un grido, dicendo: "Guai alla mia iniquità e alla mia
incredulità, perché ho tentato il Dio vivo ed ecco che ora la mia mano si stacca da me, bruciata".
[2] E piegò le ginocchia davanti al Signore, dicendo: "Dio dei miei padri, ricordati di me che sono stirpe di
Abramo, di Isacco e di Giacobbe. Non fare di me un esempio per i figli di Israele, ma rendimi ai poveri.
Tu, Padrone, sai, infatti, che nel tuo nome io compivo le mie cure, e la mia ricompensa la ricevevo da te".
[3] Ed ecco apparirle un angelo del Signore, dicendole: "Salome, Salome! Il Signore ti ha esaudito:
accosta la tua mano al bambino e prendilo su, e te ne verrà salute e gioia".
[4] Salome si avvicinò e lo prese su, dicendo: "L'adorerò perché a Israele è nato un grande re". E subito
Salome fu guarita e uscì dalla grotta giustificata. Ed ecco una voce che diceva: "Salome, Salome! Non
propalare le cose meravigliose che hai visto, sino a quando il ragazzo non sia entrato in Gerusalemme".
Capitolo 21
[21, 1] Poi Giuseppe si preparò a partire per la Giudea. In Betlemme della Giudea ci fu un grande
trambusto, perché erano venuti dei magi che dicevano: "Dov'è il nato re dei Giudei? Abbiamo visto la sua
stella nell'Oriente e siamo venuti ad adorarlo".
[2] Udendo questo, Erode fu turbato e inviò dei ministri ai magi; mandò anche a chiamare i sommi
sacerdoti e li interrogò, dicendo: "Come sta scritto a proposito del Cristo, dove deve nascere?". Gli
risposero: "In Betlemme della Giudea, perché così sta scritto". E poi li rimandò. Interrogò anche i magi,
dicendo: "Quale segno avete visto a proposito del re che è nato?". I magi gli risposero: "Abbiamo visto
una stella grandissima che splendeva tra queste stelle e le oscurava, tanto che le stelle non apparivano
più. E' così che noi abbiamo conosciuto che era nato un re a Israele, e siamo venuti per adorarlo".
"Andate e cercate", disse Erode "e se troverete fatemelo sapere affinché anch'io venga a adorarlo".
I magi poi se ne andarono.
[3] Ed ecco che la stella che avevano visto nell'oriente li precedeva fino a che giunsero alla grotta, e si
arrestò in cima alla grotta. I magi, visto il bambino con Maria sua madre, trassero fuori dei doni dalla loro
bisaccia: oro, incenso e mirra.
[4] Essendo stati avvertiti da un angelo di non entrare nella Giudea, se ne tornarono al loro paese per
un'altra via.
Capitolo 22
[1] Accortosi di essere stato giocato dai magi, Erode si adirò e mandò dei sicari, dicendo loro:
"Ammazzate i bambini dai due anni in giù".
[2] Maria, avendo sentito che si massacravano i bambini, prese il bambino, lo fasciò e lo pose in una
mangiatoia di buoi.
[3] Anche Elisabetta, sentito che si cercava Giovanni, lo prese e salì sulla montagna guardandosi attorno,
ove nasconderlo; ma non c'era alcun posto come nascondiglio. Elisabetta, allora, gemendo, disse a gran
voce: "Monte di Dio, accogli una madre con il suo figlio". Subito il monte si spaccò e l'accolse. E apparve
per loro una luce, perché un angelo del Signore era con loro per custodirli.
Capitolo 23
[1] Erode, nel mentre, cercava Giovanni, e mandò dei ministri da Zaccaria, dicendo: "Dove hai nascosto
tuo figlio?". Rispose loro: "Io sono un pubblico ufficiale di Dio e dimoro costantemente nel tempio del
Signore, non so dove sia mio figlio".
[2] I ministri se ne ritornarono per riferire tutto ciò a Erode. Adiratosi, Erode disse loro: "E' suo figlio colui
che regnerà su Israele!". Mandò, perciò, di nuovo da lui per dirgli: "Dì proprio la verità: dov'è tuo figlio?
Sai bene che il tuo sangue sta sotto la mia mano".
[3] Zaccaria rispose: "Se tu spargerai il mio sangue, io sarò un testimone di Dio. Il mio spirito sarà
accolto dal Padrone, poiché tu spargerai sangue innocente nel vestibolo del tempio del Signore". Allo
spuntare del giorno, Zaccaria fu ucciso. I figli di Israele non sapevano che era stato ucciso.
Capitolo 24
[1] All'ora del saluto, i sacerdoti uscirono, ma Zaccaria non venne loro incontro, come di solito, con la
benedizione. I sacerdoti stettero a aspettare Zaccaria per salutarlo nella preghiera e glorificare
l'Altissimo.
[2] Ma, dato che tardava, tutti si intimorirono. Uno di loro si fece coraggio: entrò e vide presso l'altare del
sangue coagulato e udì una voce che diceva: "Zaccaria è stato ucciso! Il suo sangue non sarà cancellato
fino a quando non giungerà il suo vendicatore". All'udire tali parole ebbe paura, e uscì per riferire ai
sacerdoti.
[3] Questi si fecero coraggio, entrarono e videro quanto era accaduto: gemette la travatura del tempio,
ed essi si strapparono le vesti dall'alto in basso. Non trovarono il suo corpo, trovarono invece il suo
sangue pietrificato. Pieni di timore, uscirono e annunziarono a tutto il popolo che Zaccaria era stato
ucciso. Lo vennero a sapere tutte le tribù del popolo, che lo piansero e fecero cordoglio per tre giorni e
tre notti.
[4] Dopo i tre giorni, i sacerdoti deliberarono chi mettere al suo posto, e la sorte cadde su Simeone.
Questo, infatti, era colui che era stato avvisato dallo Spirito santo che non avrebbe visto la morte fino a
quando non avesse visto il Cristo nella carne.
Capitolo 25
[1] Alla morte di Erode, essendo sorto a Gerusalemme un trambusto, io Giacomo, che ho scritto questa
storia, mi ritirai nel deserto, fino a quando cessò il trambusto a Gerusalemme, glorificando il Padrone Dio
che mi ha concesso il dono e la saggezza per scrivere questa storia.
[2] La grazia sarà in coloro che temono il Signore nostro Gesù Cristo, al quale sia gloria nei secoli dei
secoli. Amen.
http://chiesaredentore.altervista.org/Area_Download/PROTOVANGELO%20DI%20GIACOMO.pdf
Si veda anche: http://www.valtortamaria.com/operamaggiore/volume/1/alla-festa-dei-tabernacoli-gioacchino-e-anna-possedevano-la-sapienza
AMDG et DVM
giovedì 9 gennaio 2020
LA DIFFUSIONE DEL ROSARIO
ALAIN DE LA ROCHE E LA DIFFUSIONE DEL ROSARIO
Durante il generalato dell’Auribelli si ebbe il maggiore impulso nella propagazione del rosario e l’impegno dell’Ordine in tal senso. Protagonista fu Alano de la Rupe (Alain de la Roche, van der Clip), che nato in Bretagna verso il 1428, figlio della provincia di Francia, fu lettore a Parigi, dove nel 1459 il capitolo generale di Nimega l’aveva assegnato per leggere le Sentenze nelle scuole inferiori [1]. Intanto però la riforma domenicana aveva fatto i suoi progressi (allo stesso modo in cui era avvenuto in Italia grazie all’opera di S. Antonino di Firenze ed altri promotori di essa), ed anche il giovane Alano fu preso dal desiderio di una vita più osservanziale, per cui si trasferì nel convento di Lilla (1462-1464), appartenente alla Congregazione riformata d’Olanda. Quando in questo convento giunse il maestro generale Corrado di Asti per dare gli statuti alla nuova Congregazione, trasferì Alano a Douai, altro convento della stessa Congregazione, sempre col compito di insegnare teologia.
Nel 1468 veniva designato Lector Primarius nel convento di Gand[2]. La convocatio o capitolo della Congregazione nel 1470 lo assegnava infine a Rostock, convento che solo tre anni prima era stato accolto nella Congregazione. Qui ebbe l’insegnamento del Commento alle Sentenze di Pietro Lombardo. Fu contento però di tornare a predicare a Douai, sul luogo cioè delle sue prime attività “rosariane”, quando il 16 aprile 1475 partecipò al capitolo della Congregazione e si trattenne a predicare parecchi giorni. Il tema generale di questa predicazione, di una più profonda comunione spirituale per coloro che recitano il Salterio della Vergine e si iscrivono nella nascente Confraternita[3], spinse il vescovo di Tournai a chiedergli di chiarire il suo pensiero. Cosa che egli fece scrivendo una risposta o Apologia [4], che è un trattatello al riguardo. Questo fu il suo canto del cigno, poiché ripresa la via del ritorno al suo convento di Rostock, a Zwolle il 15 agosto cadde ammalato, ed il 7 settembre 1475 chiudeva gli occhi nel Signore. Colui che era stato il principale promotore delle confraternite del Rosario, per meno di 24 ore non poté vedere la istituzione della prima confraternita del Rosario, che avrebbe avuto luogo il giorno dopo a Colonia.
Alano riuscì sempre ad affiancarsi validi collaboratori. Nel 1463, con l’approvazione del vescovo Guglielmo Filastre, redasse il salterio della Beata Vergine, che divenne rapidamente noto come rosario. Egli stesso, organizzando confraternite, mentre era lettore a Douai (1464-1470) si preoccupò della sua recita quotidiana e della sua propagazione, dando a questa devozione mariana confraternale un afflato universalistico, come se volesse mettere tutti i devoti della Vergine sotto il celeste manto come nelle antiche visioni dell’Ordine.
Assegnato nel 1468 a Gand fu aiutato in quest’opera da fra Giacomo Weyts, mentre a Rostock dopo il 1470 fu aiutato dal priore Carboin.
Le novità apportate da Alano rispetto al certosino Domenico di Prussia, sono:
- l’aver portato le Ave a 150 (divise, in 15 decadi che cominciano con un Pater, secondo la incarnazione, la passione e la resurrezione del Signore);
- rifiuto del nome “rosario” (come troppo mondano), preferendo “Salterio”;
- rifiuto della meditazione come momento necessario (anche se consigliato).
- alle clausulae vengono sostituiti i “misteri”[5].
In un capitolo della Congregazione d’Olanda celebrato nel 1473 a Zvolle, si stabiliva che i frati cooperatori recitassero unum psalterium B. Virginis. Lettore a Gand nel 1468, Alano de Rupe trascorse gli ultimi anni a predicare questa forma di preghiera, vale a dire non più 50 ma 150 avemarie, intervallando ogni gruppo di dieci con un Paternoster.
Per tutto il Quattrocento l’Ave Maria comprendeva soltanto la prima parte (la seconda sarà aggiunta nel secolo XVI), a cui seguiva una breve meditazione. La formula della meditazione poteva variare, ma Alano consigliava riflessioni prese dall'Incarnazione e dalla Passione del Signore, e quindi la triplice distinzione in misteri gaudiosi, dolorosi, e gloriosi. A differenza di Domenico di Prussia, che esprimeva la meditazione sul mistero in modo molto conciso e preso direttamente dal racconto evangelico, Alano vi inseriva sia pur brevi riflessioni teologiche. Ad esempio: Ave Maria … Jhesus Christus amabilissimus, qui ab aeterno a Deo Patre suo est genitus, et pro nobis secundum hominem praedestinatus, qui cum Patre et Spiritu Sancto unus est Deus et Dominus par in gloria, aequalisque in essentia. Amen. O anche : Ave Maria … Jhesus Christus pulcherrimus, qui est premium nostrum et gaudium aeternum, fons amoris, dulcedo pacis, requies vera, vita perennis. Amen[6].
Alano affermava, a seguito di un'apparizione della Vergine, che era stato S. Domenico a diffondere il rosario integrale di 150 Ave Marie: Verum ut attentius de cetero orare possis, articulos vitae et passionis Filii mei pro psalterio meo disticte nunc tibi pandam, prout Dominus Jesus Christus Filius meus dilectissime semel beatissimo Dominico visibiliter revelavit, simul cum visione admirabili totius eius passionis in Dominico susceptione. Hoc etiam et ego eidem ostendi et etiam sanctis quam plurimis[7].
Non è facile spiegare come ad Alano sia venuto in mente di rapportare il rosario a S. Domenico, non essendovi elementi al riguardo. Qualcuno ha anche avanzato l’ipotesi di una confusione fra S. Domenico e il certosino Domenico di Prussia. Il fatto che era quasi suo contemporaneo (stesso secolo) rende improbabile tale ipotesi. Tuttavia, nel suo Tractatus responsorius al vescovo di Tournai c’è un punto che sembra suggerirla. Infatti, si accenna al vescovo domenicano Giovanni de Monte, suffraganeo del vescovo di Treviri (1419-1442) come garante della predicazione di S. Domenico sul Salterio di Maria. A meno di un lapsus, resta comunque strano come Alano de Rupe possa aver confuso due personaggi vissuto a due secoli di distanza[8].
Grande successo ebbe poi la sua idea di fondare delle confraternite del rosario, che avessero non solo lo scopo dell'aiuto sociale, ma anche quello di mantenere viva questa grande preghiera. L’8 settembre 1475 veniva istituita, come si è detto, la prima confraternita del rosario. L’anno dopo questa otteneva speciali indulgenze. Un aspetto questo delle indulgenze, molto importante nell’atmosfera di grande entusiasmo con cui Alano accompagnava la sua predicazione del rosario. L’invito a iscriversi nel registro della confraternita era come un invito ad iscriversi nel libro della vita, sicuri che da quel momento si sarebbero ottenuti tutti quei benefici che provenivano non soltanto dalla propria preghiera, ma dalla preghiera di tanti e tanti devoti della Vergine.
Grazie spirituali volle elargire anche Sisto IV nel 1478 [9] e 1479. Quest’ultima bolla (del 12 maggio) auspicava la sua diffusione per la chiesa universale. Nel 1488 la devozione entrò in Italia e dal nord scese rapidamente al sud. Il primo papa ad attribuire la diffusione del rosario a S. Domenico sembra essere stato Alessandro VI dicendo (13 giugno 1495): S. Dominici huius confraternitatis rosarii olim praedicatoris eximii. Altri lo seguiranno[10].
L’importanza dell’opera di Alano e l’attribuzione a lui della paternità del nuovo modo di recitare il Salterio della Vergine (vale a dire il Rosario di 150 e non più solo 50 Ave Marie, divise in decadi e misteri) si ebbe subito dopo la sua morte, quando i capitoli della Congregazione raccomandarono di raccogliere i suoi scritti e quando nel 1480 il vicario generale Adriano van der Meer pubblicò uno scritto dal titolo significativo: Compendium psalterii beatissimae Trinitatis B. Alani[11]. L’opera di Alano dunque non solo non rimase isolata, ma ebbe dei continuatori d’eccezione, i quali però ritoccarono e rielaborarono i suoi scritti da rendere ormai vana la fatica di individuarne i testi autentici.
Tra i continuatori bisogna subito ricordare Michel François di Lilla[12], Cornelio de Sneck e soprattutto Giacomo Sprenger, il priore del convento di Colonia che l’8 settembre del 1475 aveva eretto la prima confraternita ufficiale del rosario. Il successo dell’iniziativa dello Sprenger[13] fu dovuto a due aspetti, l’alleggerimento della preghiera (un rosario di cinquanta Ave Marie una volta alla settimana, invece di 150 ogni giorno) e la connessione con un avvenimento importante, come la liberazione di Neuss dall’assedio francese del 1474, quasi un preannuncio della vittoria di Lepanto di un secolo dopo, grazie alle preghiere alla Vergine e della Vergine[14]. Lo Sprenger si preoccupò anche nel 1478 di procurarsi tutti i documenti pontifici necessari alla diffusione delle confraternite del rosario. Quindi con successo riuscì a comunicare il suo entusiasmo al convento domenicano di Wroclaw e dal 1481 il P. Giovanni di Chemnitz si adoperò per diffondere il rosario tra la Slesia e la Bohemia.
La nuova maniera di pregare si diffuse rapidamente in Germania, in Francia, come in Italia sia al nord che al sud. La prima confraternita del rosario in Italia fu quella di S. Domenico di Castello nel 1480, mentre la prima istituzione ufficiale fu quella del convento di S. Marco a Firenze (maggio 1481)[15]. Il che fa pensare che i primi propagatori del rosario in Italia fossero i riformati della Congregazione d’Olanda. Tuttavia, ben presto anche i conventuali accolsero con entusiasmo la nuova devozione.
La testimonianza più interessante in tal senso per il Mezzogiorno d’Italia è la copia di una bolla di Sisto IV del 12 maggio 1479 eseguita a S.Domenico Maggiore il 3 luglio del 1490. Ivi si afferma che la bolla in questione era stata fatta «a petizione di Francesco, e Margarita Duchi di Brittagna, dicesi, che essendosi introdotto questo modo di orare, cioè di dire tanti Ave Maria, quanti sono li salmi nel Salterio Davidico, cioè centocinquanta, con preporre ad ogni dieci salutazioni una Orazione Domenicale, e tal modo di orare chiamasi Salterio della Beata Vergine. Onde il detto Papa approvò il detto Salterio, ed a tutti li fedeli, che in detto modo vorranno orare ubilibet exstantibus presenti et futuri per qualsivoglia volta, che così oraranno per qualsivoglia quinquagena di detto Salterio, concede cinque anni, ed altretante quadragene d'indulgenze”.
Si può dire perciò che, se la spinta a questa preghiera venne dal territorio fra la Francia, il Belgio e la Germania, il Mezzogiorno d'Italia l'accolse con entusiasmo e già nel Quattrocento i domenicani della Provincia Regni erano impegnati a diffonderla.
L’impatto straordinario delle Societates Psalterii B. M. Virginis di Alano, promosse dalla Congregazione d’Olanda, e le fraternitates Rosarii promosse da Giacomo Sprenger fecero sì che nel giro di un decennio i Domenicani le sentissero come un “bene di famiglia”. E quando anche i Domenicani italiani ebbero assimilato con eccezionale rapidità la nuova forma di preghiera, si ebbe l’impressione che i Domenicani considerassero il Rosario come un monopolio dell’Ordine[16].
Il movimento del Rosario andò sempre più intensificandosi nel XVI secolo, fino a che un avvenimento eccezionale non divenne il simbolo della sua efficacia. A questo avvenimento, cioè alla battaglia di Lepanto (1571) che segnò la riscossa cristiana contro i Turchi, è legata non solo la grande ripresa della devozione del rosario, ma anche la straordinaria fioritura delle confraternite del Rosario, monopolio naturalmente dell’Ordine domenicano. Ed a Lepanto è legato il nome di un altro grande domenicano, il papa Pio V. A quanto detto su di lui (Parte IV, cap. I, § 5) si rinvia per riprendere il discorso della diffusione del Rosario nel Cinquecento e oltre.
[1] Cfr. Acta Capitulorum generalium, III, p. 277; cito dal Mortier, Histoire, IV, p. 626.
[2] Cfr. Acta convoc. Congreg. Hollandiae, f. 25v. Rotterdam 1468. Cito da Mortier, Histoire, IV, p. 627.
[3] Cfr. Le Livre et Ordonnance de la devote Confrairie du Psautier de la glorieuse vierge Marie, in Meersseman, Ordo fraternitatis, cit., pp. 1164-1169.
[4] Cfr. Thomas Kaeppeli, Scriptores Ordinis Praedicatorum, I, pp. 1151-1156, n. 79.
[5] Alano non usa tuttavia questo termine, che verrà usato per la prima volta negli Statuti della Confraternita del Salterio Mariano di Venezia nel 1480. Cfr. B. Kochaniewicz, The Contribution of the Dominicans, p. 392.
[6] Mortier, Histoire, IV, pp. 634-635.
[7] Cfr. Apologeticus, citato da P. Esser, Über die allmähliche… p. 48, in Mortier, Histoire, IV, p. 628-629.
[8] Duval, Rosaire, cit., col. 949.
[9] Bolla Pastor Aeterni, del 30 maggio 1478, in BOP III, Roma 1731, p. 567.
[10] Walz, Compendium, p. 115.
[11] Cfr. Kaeppeli, Scriptores, I, cit., n. 83.
[12] Su di lui e il suo Quodlibet de veritate fraternitatis Rosarii seu Psalterii B. M. Virginis (Colonia 1476), vedi B. Kochaniewicz, The Contribution of the Dominicans, p. 396-397.
[13] Si noti che Felice Fabri, noto pellegrino in Palestina e lettore del convento di Ulm, nel suo Evagatorium, non attribuisce ad Alano, bensì allo Sprenger la rinascita del rosario. Cfr. Mortier, Histoire, IV, cit., p. 630.
[14] Queste iniziative dello Sprenger sono descritte nel trattatello del domenicano Michel François, detto Michele di Lilla: Quodlibetum de veritate fraternitatis Rosarii seu Psalterii B. Mariae Virginis conventus Coloniensis Ord. Praed. Pronunciatum Coloniae in scholis artium tempore quodlibetorum, A. D. 1476. Lo scritto, che l’autore dice pubblicato a sua insaputa, ebbe un numero eccezionale di edizioni. Cfr. Mortier, Histoire, IV, p. 630 ; Duval, Rosaire, col. 950.
[15] Duval, Rosaire, cit., col. 952. Per altri dettagli, vedi B. Kochaniewicz, The Contribution of the Dominicans, p. 394.
[16] Sulla straordinaria diffusione del rosario e delle confraternite del rosario in Europa intorno all’anno 1500, vedi Duval, Rosaire, cit., col. 952-955.
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