ALAIN DE LA ROCHE E LA DIFFUSIONE DEL ROSARIO
Durante il generalato dell’Auribelli si ebbe il maggiore impulso nella propagazione del rosario e l’impegno dell’Ordine in tal senso. Protagonista fu Alano de la Rupe (Alain de la Roche, van der Clip), che nato in Bretagna verso il 1428, figlio della provincia di Francia, fu lettore a Parigi, dove nel 1459 il capitolo generale di Nimega l’aveva assegnato per leggere le Sentenze nelle scuole inferiori [1]. Intanto però la riforma domenicana aveva fatto i suoi progressi (allo stesso modo in cui era avvenuto in Italia grazie all’opera di S. Antonino di Firenze ed altri promotori di essa), ed anche il giovane Alano fu preso dal desiderio di una vita più osservanziale, per cui si trasferì nel convento di Lilla (1462-1464), appartenente alla Congregazione riformata d’Olanda. Quando in questo convento giunse il maestro generale Corrado di Asti per dare gli statuti alla nuova Congregazione, trasferì Alano a Douai, altro convento della stessa Congregazione, sempre col compito di insegnare teologia.
Nel 1468 veniva designato Lector Primarius nel convento di Gand[2]. La convocatio o capitolo della Congregazione nel 1470 lo assegnava infine a Rostock, convento che solo tre anni prima era stato accolto nella Congregazione. Qui ebbe l’insegnamento del Commento alle Sentenze di Pietro Lombardo. Fu contento però di tornare a predicare a Douai, sul luogo cioè delle sue prime attività “rosariane”, quando il 16 aprile 1475 partecipò al capitolo della Congregazione e si trattenne a predicare parecchi giorni. Il tema generale di questa predicazione, di una più profonda comunione spirituale per coloro che recitano il Salterio della Vergine e si iscrivono nella nascente Confraternita[3], spinse il vescovo di Tournai a chiedergli di chiarire il suo pensiero. Cosa che egli fece scrivendo una risposta o Apologia [4], che è un trattatello al riguardo. Questo fu il suo canto del cigno, poiché ripresa la via del ritorno al suo convento di Rostock, a Zwolle il 15 agosto cadde ammalato, ed il 7 settembre 1475 chiudeva gli occhi nel Signore. Colui che era stato il principale promotore delle confraternite del Rosario, per meno di 24 ore non poté vedere la istituzione della prima confraternita del Rosario, che avrebbe avuto luogo il giorno dopo a Colonia.
Alano riuscì sempre ad affiancarsi validi collaboratori. Nel 1463, con l’approvazione del vescovo Guglielmo Filastre, redasse il salterio della Beata Vergine, che divenne rapidamente noto come rosario. Egli stesso, organizzando confraternite, mentre era lettore a Douai (1464-1470) si preoccupò della sua recita quotidiana e della sua propagazione, dando a questa devozione mariana confraternale un afflato universalistico, come se volesse mettere tutti i devoti della Vergine sotto il celeste manto come nelle antiche visioni dell’Ordine.
Assegnato nel 1468 a Gand fu aiutato in quest’opera da fra Giacomo Weyts, mentre a Rostock dopo il 1470 fu aiutato dal priore Carboin.
Le novità apportate da Alano rispetto al certosino Domenico di Prussia, sono:
- l’aver portato le Ave a 150 (divise, in 15 decadi che cominciano con un Pater, secondo la incarnazione, la passione e la resurrezione del Signore);
- rifiuto del nome “rosario” (come troppo mondano), preferendo “Salterio”;
- rifiuto della meditazione come momento necessario (anche se consigliato).
- alle clausulae vengono sostituiti i “misteri”[5].
In un capitolo della Congregazione d’Olanda celebrato nel 1473 a Zvolle, si stabiliva che i frati cooperatori recitassero unum psalterium B. Virginis. Lettore a Gand nel 1468, Alano de Rupe trascorse gli ultimi anni a predicare questa forma di preghiera, vale a dire non più 50 ma 150 avemarie, intervallando ogni gruppo di dieci con un Paternoster.
Per tutto il Quattrocento l’Ave Maria comprendeva soltanto la prima parte (la seconda sarà aggiunta nel secolo XVI), a cui seguiva una breve meditazione. La formula della meditazione poteva variare, ma Alano consigliava riflessioni prese dall'Incarnazione e dalla Passione del Signore, e quindi la triplice distinzione in misteri gaudiosi, dolorosi, e gloriosi. A differenza di Domenico di Prussia, che esprimeva la meditazione sul mistero in modo molto conciso e preso direttamente dal racconto evangelico, Alano vi inseriva sia pur brevi riflessioni teologiche. Ad esempio: Ave Maria … Jhesus Christus amabilissimus, qui ab aeterno a Deo Patre suo est genitus, et pro nobis secundum hominem praedestinatus, qui cum Patre et Spiritu Sancto unus est Deus et Dominus par in gloria, aequalisque in essentia. Amen. O anche : Ave Maria … Jhesus Christus pulcherrimus, qui est premium nostrum et gaudium aeternum, fons amoris, dulcedo pacis, requies vera, vita perennis. Amen[6].
Alano affermava, a seguito di un'apparizione della Vergine, che era stato S. Domenico a diffondere il rosario integrale di 150 Ave Marie: Verum ut attentius de cetero orare possis, articulos vitae et passionis Filii mei pro psalterio meo disticte nunc tibi pandam, prout Dominus Jesus Christus Filius meus dilectissime semel beatissimo Dominico visibiliter revelavit, simul cum visione admirabili totius eius passionis in Dominico susceptione. Hoc etiam et ego eidem ostendi et etiam sanctis quam plurimis[7].
Non è facile spiegare come ad Alano sia venuto in mente di rapportare il rosario a S. Domenico, non essendovi elementi al riguardo. Qualcuno ha anche avanzato l’ipotesi di una confusione fra S. Domenico e il certosino Domenico di Prussia. Il fatto che era quasi suo contemporaneo (stesso secolo) rende improbabile tale ipotesi. Tuttavia, nel suo Tractatus responsorius al vescovo di Tournai c’è un punto che sembra suggerirla. Infatti, si accenna al vescovo domenicano Giovanni de Monte, suffraganeo del vescovo di Treviri (1419-1442) come garante della predicazione di S. Domenico sul Salterio di Maria. A meno di un lapsus, resta comunque strano come Alano de Rupe possa aver confuso due personaggi vissuto a due secoli di distanza[8].
Grande successo ebbe poi la sua idea di fondare delle confraternite del rosario, che avessero non solo lo scopo dell'aiuto sociale, ma anche quello di mantenere viva questa grande preghiera. L’8 settembre 1475 veniva istituita, come si è detto, la prima confraternita del rosario. L’anno dopo questa otteneva speciali indulgenze. Un aspetto questo delle indulgenze, molto importante nell’atmosfera di grande entusiasmo con cui Alano accompagnava la sua predicazione del rosario. L’invito a iscriversi nel registro della confraternita era come un invito ad iscriversi nel libro della vita, sicuri che da quel momento si sarebbero ottenuti tutti quei benefici che provenivano non soltanto dalla propria preghiera, ma dalla preghiera di tanti e tanti devoti della Vergine.
Grazie spirituali volle elargire anche Sisto IV nel 1478 [9] e 1479. Quest’ultima bolla (del 12 maggio) auspicava la sua diffusione per la chiesa universale. Nel 1488 la devozione entrò in Italia e dal nord scese rapidamente al sud. Il primo papa ad attribuire la diffusione del rosario a S. Domenico sembra essere stato Alessandro VI dicendo (13 giugno 1495): S. Dominici huius confraternitatis rosarii olim praedicatoris eximii. Altri lo seguiranno[10].
L’importanza dell’opera di Alano e l’attribuzione a lui della paternità del nuovo modo di recitare il Salterio della Vergine (vale a dire il Rosario di 150 e non più solo 50 Ave Marie, divise in decadi e misteri) si ebbe subito dopo la sua morte, quando i capitoli della Congregazione raccomandarono di raccogliere i suoi scritti e quando nel 1480 il vicario generale Adriano van der Meer pubblicò uno scritto dal titolo significativo: Compendium psalterii beatissimae Trinitatis B. Alani[11]. L’opera di Alano dunque non solo non rimase isolata, ma ebbe dei continuatori d’eccezione, i quali però ritoccarono e rielaborarono i suoi scritti da rendere ormai vana la fatica di individuarne i testi autentici.
Tra i continuatori bisogna subito ricordare Michel François di Lilla[12], Cornelio de Sneck e soprattutto Giacomo Sprenger, il priore del convento di Colonia che l’8 settembre del 1475 aveva eretto la prima confraternita ufficiale del rosario. Il successo dell’iniziativa dello Sprenger[13] fu dovuto a due aspetti, l’alleggerimento della preghiera (un rosario di cinquanta Ave Marie una volta alla settimana, invece di 150 ogni giorno) e la connessione con un avvenimento importante, come la liberazione di Neuss dall’assedio francese del 1474, quasi un preannuncio della vittoria di Lepanto di un secolo dopo, grazie alle preghiere alla Vergine e della Vergine[14]. Lo Sprenger si preoccupò anche nel 1478 di procurarsi tutti i documenti pontifici necessari alla diffusione delle confraternite del rosario. Quindi con successo riuscì a comunicare il suo entusiasmo al convento domenicano di Wroclaw e dal 1481 il P. Giovanni di Chemnitz si adoperò per diffondere il rosario tra la Slesia e la Bohemia.
La nuova maniera di pregare si diffuse rapidamente in Germania, in Francia, come in Italia sia al nord che al sud. La prima confraternita del rosario in Italia fu quella di S. Domenico di Castello nel 1480, mentre la prima istituzione ufficiale fu quella del convento di S. Marco a Firenze (maggio 1481)[15]. Il che fa pensare che i primi propagatori del rosario in Italia fossero i riformati della Congregazione d’Olanda. Tuttavia, ben presto anche i conventuali accolsero con entusiasmo la nuova devozione.
La testimonianza più interessante in tal senso per il Mezzogiorno d’Italia è la copia di una bolla di Sisto IV del 12 maggio 1479 eseguita a S.Domenico Maggiore il 3 luglio del 1490. Ivi si afferma che la bolla in questione era stata fatta «a petizione di Francesco, e Margarita Duchi di Brittagna, dicesi, che essendosi introdotto questo modo di orare, cioè di dire tanti Ave Maria, quanti sono li salmi nel Salterio Davidico, cioè centocinquanta, con preporre ad ogni dieci salutazioni una Orazione Domenicale, e tal modo di orare chiamasi Salterio della Beata Vergine. Onde il detto Papa approvò il detto Salterio, ed a tutti li fedeli, che in detto modo vorranno orare ubilibet exstantibus presenti et futuri per qualsivoglia volta, che così oraranno per qualsivoglia quinquagena di detto Salterio, concede cinque anni, ed altretante quadragene d'indulgenze”.
Si può dire perciò che, se la spinta a questa preghiera venne dal territorio fra la Francia, il Belgio e la Germania, il Mezzogiorno d'Italia l'accolse con entusiasmo e già nel Quattrocento i domenicani della Provincia Regni erano impegnati a diffonderla.
L’impatto straordinario delle Societates Psalterii B. M. Virginis di Alano, promosse dalla Congregazione d’Olanda, e le fraternitates Rosarii promosse da Giacomo Sprenger fecero sì che nel giro di un decennio i Domenicani le sentissero come un “bene di famiglia”. E quando anche i Domenicani italiani ebbero assimilato con eccezionale rapidità la nuova forma di preghiera, si ebbe l’impressione che i Domenicani considerassero il Rosario come un monopolio dell’Ordine[16].
Il movimento del Rosario andò sempre più intensificandosi nel XVI secolo, fino a che un avvenimento eccezionale non divenne il simbolo della sua efficacia. A questo avvenimento, cioè alla battaglia di Lepanto (1571) che segnò la riscossa cristiana contro i Turchi, è legata non solo la grande ripresa della devozione del rosario, ma anche la straordinaria fioritura delle confraternite del Rosario, monopolio naturalmente dell’Ordine domenicano. Ed a Lepanto è legato il nome di un altro grande domenicano, il papa Pio V. A quanto detto su di lui (Parte IV, cap. I, § 5) si rinvia per riprendere il discorso della diffusione del Rosario nel Cinquecento e oltre.
[1] Cfr. Acta Capitulorum generalium, III, p. 277; cito dal Mortier, Histoire, IV, p. 626.
[2] Cfr. Acta convoc. Congreg. Hollandiae, f. 25v. Rotterdam 1468. Cito da Mortier, Histoire, IV, p. 627.
[3] Cfr. Le Livre et Ordonnance de la devote Confrairie du Psautier de la glorieuse vierge Marie, in Meersseman, Ordo fraternitatis, cit., pp. 1164-1169.
[4] Cfr. Thomas Kaeppeli, Scriptores Ordinis Praedicatorum, I, pp. 1151-1156, n. 79.
[5] Alano non usa tuttavia questo termine, che verrà usato per la prima volta negli Statuti della Confraternita del Salterio Mariano di Venezia nel 1480. Cfr. B. Kochaniewicz, The Contribution of the Dominicans, p. 392.
[6] Mortier, Histoire, IV, pp. 634-635.
[7] Cfr. Apologeticus, citato da P. Esser, Über die allmähliche… p. 48, in Mortier, Histoire, IV, p. 628-629.
[8] Duval, Rosaire, cit., col. 949.
[9] Bolla Pastor Aeterni, del 30 maggio 1478, in BOP III, Roma 1731, p. 567.
[10] Walz, Compendium, p. 115.
[11] Cfr. Kaeppeli, Scriptores, I, cit., n. 83.
[12] Su di lui e il suo Quodlibet de veritate fraternitatis Rosarii seu Psalterii B. M. Virginis (Colonia 1476), vedi B. Kochaniewicz, The Contribution of the Dominicans, p. 396-397.
[13] Si noti che Felice Fabri, noto pellegrino in Palestina e lettore del convento di Ulm, nel suo Evagatorium, non attribuisce ad Alano, bensì allo Sprenger la rinascita del rosario. Cfr. Mortier, Histoire, IV, cit., p. 630.
[14] Queste iniziative dello Sprenger sono descritte nel trattatello del domenicano Michel François, detto Michele di Lilla: Quodlibetum de veritate fraternitatis Rosarii seu Psalterii B. Mariae Virginis conventus Coloniensis Ord. Praed. Pronunciatum Coloniae in scholis artium tempore quodlibetorum, A. D. 1476. Lo scritto, che l’autore dice pubblicato a sua insaputa, ebbe un numero eccezionale di edizioni. Cfr. Mortier, Histoire, IV, p. 630 ; Duval, Rosaire, col. 950.
[15] Duval, Rosaire, cit., col. 952. Per altri dettagli, vedi B. Kochaniewicz, The Contribution of the Dominicans, p. 394.
[16] Sulla straordinaria diffusione del rosario e delle confraternite del rosario in Europa intorno all’anno 1500, vedi Duval, Rosaire, cit., col. 952-955.