domenica 16 giugno 2019

L’amore è ciò che fa della persona umana l’autentica immagine della Trinità, immagine di Dio

Angelus e Omelie di Papa Benedetto XVI nella Solennità della Santissima Trinità

Elenco degli Angelus e delle Omelie di Papa Benedetto XVI 
pronunciati nella Solennità della Santissima Trinità:


(Angelus, 22 maggio 2005)

(Angelus, 11 giugno 2006)

(Omelia, 3 giugno 2007)

(Omelia, 17 maggio 2008)

(Omelia, 18 maggio 2008)

La Pasqua supplementare.

VOLUME X CAPITOLO 636: 

L'Evangelo come mi è stato rivelato


DCXXXVI. La Pasqua supplementare. 

   23 aprile 1947.
 
 1 L'ordine di Gesù è stato eseguito alla lettera, questa volta, e Betania rigurgita di discepoli. Ne sono pieni i prati, i sentieri, i frutteti, gli uliveti di Lazzaro e, non bastando questi a contenere tanta gente che non vuole danneggiare i beni dell'amico di Gesù, molti sono sparsi anche fra gli uliveti che da Betania conducono a Gerusalemme per le vie dell'Uliveto. Più vicini alla casa i discepoli di vecchia data, più lontani altri e altri. Visi poco noti o ignoti affatto. Ma chi può ormai più riconoscere tanti volti e nominarli? Io credo che siano centinaia. Ogni tanto, nel rimuginio, un volto o un nome mi ricordano visi visti fra i beneficati e convertiti da Gesù, magari all'ultima ora. Ma è superiore alle mie capacità ricordare tanti di quei volti e di quei nomi, riconoscerli tutti. Sarebbe come pretendere che io avessi riconosciuto chi era fra la folla che si pigiava lungo le vie di Gerusalemme la domenica delle Palme o nel doloroso Venerdì, o copriva il Calvario di un tappeto di volti per lo più contratti dall'odio.

   Dalla casa di Simone escono ed entrano gli apostoli, circolando fra la gente a tenerla quieta o a rispondere alle sue domande. Anche Lazzaro e Massimino li aiutano. Dalle porte finestre del piano superiore della casa di Simone si vedono apparire e sparire tutti i volti delle discepole: chiome grigie, chiome brune, fra le quali splendono le teste bionde di Maria di Lazzaro e Aurea. Ogni tanto una viene fuori, a guardare, e poi si ritira. Ci sono tutte, proprio tutte, giovani e vecchie, anche quelle che non sono mai venute, come Sara di Afec.
   Sulla terrazza giuocano i bambini raccolti da Sara, i nipoti di Anna di Meron, Maria e Mattia, il fanciullo Scialem, che era deforme e che era nipote di Nahum e che ora è felice e sano, e altri ancora. Uno stormo di uccellini felici, sorvegliati da Marziam e da altri discepoli giovinetti come il pastorello di Enon e Jaia di Pella. Vedo ora fra i fanciulli anche il bambino di Sidone che era cieco. Si capisce che suo padre lo ha condotto con sé.


 2 Il sole inizia il tramonto in un sereno splendidissimo.
   Pietro si consulta con Lazzaro e con i compagni. «Io dico che sarà bene congedare la gente. Che dite? Anche per oggi non verrà. E molti di questi devono questa sera consumare la piccola Pasqua», dice Pietro.
   «Sì. È bene congedarli. Forse il Signore avrà giudicato bene non venire oggi. A Gerusalemme si sono riuniti tutti quelli del Tempio. Non so come è giunta a loro la voce che Egli veniva e…», dice Lazzaro.
   «E se così è? Che gli possono più fare?», dice con veemenza il Taddeo.
   «Tu dimentichi che essi sono essi. E in queste mie parole è detto tutto. Se anche a Lui nulla possono fare di male, molto male possono fare a costoro, venuti per adorarlo. E il Signore non vuol nuocere ai suoi fedeli. E poi! Credi tu che essi, acciecati dal loro peccato e dal loro pensiero, sempre quello, immutabile, non abbiano, fra il grande contrasto di idee che è nel loro capo, anche quella che il Signore sia risorto, ossia non sia mai morto e sia uscito di là come uno che si sveglia da solo o con la complicità di molti? Voi non sapete che boscaglia selvaggia di pensieri, che groviglio, che tempesta di supposizioni è in loro. Se la sono data per non confessare la verità. Veramente si può dire che i complici di ieri sono divisi, oggi, per la stessa causa che prima li teneva uniti. E qualcuno resta sedotto dalle loro idee. Vedete? Alcuni non sono più fra i discepoli…», dice Lazzaro.
   «E lasciali andare! Ne sono venuti altri di migliori. Certo, fra quelli che se ne sono andati sono da cercarsi coloro che hanno detto al Sinedrio che il Signore sarà qui al quattordicesimo del secondo mese. E dopo la delazione non hanno più cuore di venire. Via! Via! Basta di traditori!», dice Bartolomeo.
   «Ne avremo sempre, amico! L'uomo!… Troppo cedevole alle impressioni e pressioni. Ma non dobbiamo temere. Il Signore ha detto che non dobbiamo temere», dice lo Zelote.
   «E non temiamo. Pochi giorni fa avevamo paura ancora. Vi ricordate? Io, per la mia parte, pensavo con timore al ritorno qui. Ora mi sembra di non aver più quel timore. Ma non mi fido troppo di me, e voi pure non fidatevi troppo del vostro Cefa. Perché ho già mostrato una volta di esser argilla che sfarina, anziché compatto granito. 

 3 Ebbene, congediamo costoro. A te, Lazzaro».
   «No, Simon Pietro. A te. Tu sei il capo…», dice Lazzaro benevolmente passando un braccio intorno alle spalle di Pietro e spingendolo così verso la scala e, su per questa, sino al terrazzo che circonda la casa di Simone.
   Pietro fa il gesto di parlare, e la gente che è prossima tace, quella più lontana accorre. Pietro attende che i più siano lì intorno, poi dice: «Uomini di ogni parte d'Israele, ascoltate. Io vi esorto a tornare in città. Il sole ha iniziato la sua discesa. Andate, dunque. Se Egli verrà, noi ve lo faremo sapere a qualunque costo. Dio sia con voi».
   Si ritira, entrando in una stanza ariosa dove sono, intorno alla Vergine, tutte le discepole più fedeli e anche le altre donne che amavano il Signore come Maestro pur senza averlo mai seguito nei suoi pellegrinaggi. E Pietro va a sedersi in un angolino, guardando Maria che gli sorride.
   La gente, fuori, si separa lentamente in due parti. Quella di coloro che restano, quella di coloro che tornano in città. Voci di adulti che chiamano i fanciulli, vocette di bambini che rispondono. Poi il brusio cala di tono.
   «E ora», dice Pietro, «andremo anche noi…».
   «Padre, ma il Signore ha detto che ci sarebbe stato!…».
   «Eh! lo so! Ma, come vedi, non è venuto. Ed è il giorno prescritto…».

 4 «Sì, e mio fratello ha già preparato per voi ogni cosa, ed ecco qui Marco di Giona che viene per condurvi ed aprirvi il cancello. Ma vengo anche io. Tutti veniamo. Lazzaro ha provveduto per tutti», dice Maria di Magdala.
   «E dove consumeremo la cena per tanta gente?».
   «Sarà cenacolo il Getsemani stesso. Dentro la casa, la stanza per quelli che Gesù ha detto. Fuori, presso la casa, le tavole degli altri. Così ha voluto».
   «Chi? Lazzaro?».
   «Il Signore».
   «Il Signore? Ma quando è venuto?».
   «È venuto… Che ti importa il giorno? È venuto e ha parlato con Lazzaro».


 5 «Io credo che Egli venga, anzi, sia venuto da ognun di noi, anche se ognun di noi non lo dice, serbando quella gioia come la sua perla più cara, che teme persino di mostrare temendo perda la sua luce più bella. I segreti del Re!», dice Bartolomeo e guarda il gruppo delle discepole vergini, che si imporpora nei volti come se il raggio del tramonto le colpisse. Ma è fiamma spirituale di gioia intensa quella che le accende.

   Maria, la Vergine delle vergini, bianca nella veste di lino, un giglio vestito di candore, china il capo sorridendo senza parlare. Come assomiglia in questo momento alla Verginella dell'Annunciazione!

   «Certo… Soli non ci lascia, anche se visibilmente non appare. Io dico che è Lui che mette nel mio povero cuore e nell'ancor più povera mente certi pensieri…», confessa Matteo.
   Gli altri non parlano… Si guardano mentre si mettono i mantelli studiandosi a vicenda. Ma la stessa cura con la quale alcuni si coprono il più possibile il volto, a tener celata l'onda di gioia spirituale che riaffiora pensando ai divini incontri segreti, li denuncia per i più favoriti.
   «E ditelo!», dicono gli altri. «Non ne siamo gelosi! Non siamo indiscreti a voler sapere. Ma ci conforterà lo sperare che non saremo per sempre privati della sua vista! Ricordatevi le parole di Raffaele a Tobia: "Certo è bene tener nascosto il segreto del re, ma però è onorifico rivelare e pubblicare le opere di Dio". Ha ragione l'angelo di Dio! Tenetevi il segreto delle pa­role che Egli vi ha date, ma rivelate il suo continuo amore per noi».
   Giacomo di Alfeo guarda Maria, come per ricevere da Lei un lume, e visto, dal suo sorriso, che annuisce, dice: «È vero. Ho visto il Signore». Non di più. Ed è l'unico che lo dice. Gli altri due che si sono ben coperti, ossia Giovanni e Pietro, non dicono parola.


 6 Escono tutti e a gruppi, davanti gli undici, poi Lazzaro con le sorelle e le discepole intorno a Maria, ultimi i pastori e molti dei settantadue discepoli. Si incamminano verso Gerusalemme dalla strada alta che conduce all'Uliveto. I bambini rimasti corrono avanti e indietro felici.
   Marco insegna una stradicciuola che evita il campo dei Galilei e le zone più battute e conduce direttamente alla cinta novella dell'orto degli Ulivi. Apre, li fa passare, chiude. Molti discepoli bisbigliano fra loro e qualcuno va a interrogare gli apostoli, specie Giovanni. Ma essi fanno cenno di attendere, ché non è l'ora di fare ciò che essi chiedono, e tutti si mettono quieti.
   Quanta pace nel vasto uliveto, ancor baciato dall'estremo sole nelle parti più alte, già in ombra nelle parti più basse! Un lene fruscio di vento fra le fronde verd'argento e un lieto cantare di uccelli che salutano il giorno che muore.


 7 Ecco la casetta del custode. Sulla terrazza, che le fa da tetto, Lazzaro ha fatto alzare un padiglione di tende, e la terrazza si è mutata in un aereo cenacolo per coloro fra i discepoli che non hanno potuto un mese prima consumare la Pasqua. Giù, sulla piccola aia ben pulita, altre tavole. Dentro la casa, nella stanza migliore, la tavola delle discepole.
   Vengono portati, alle diverse tavole di quelli che non hanno fatto la Pasqua, gli agnelli arrostiti, le lattughe, gli azzimi e la salsa rossastra, e deposto sulle mense il calice del rito. Su quella delle donne però non c'è il calice di rito, ma tante coppe quante le commensali. Si capisce che le donne erano esonerate da questo lato della cerimonia. Sulle tavole di quelli che hanno già consumato la Pasqua al tempo giusto è l'agnello, ma mancano gli azzimi e le lattughe con la salsa rossastra.
   Lazzaro e Massimino sopraintendono ad ogni cosa. E Lazzaro si curva su Pietro per dirgli qualcosa, che fa agitare violentemente il capo all'apostolo in una denegazione ostinata.
   «Eppure… tocca a te», dice Filippo che è al suo fianco.
   Ma Pietro indica Giacomo d'Alfeo: «A questo tocca».


 8 Intanto che discutono così, ecco il Signore apparire all'inizio della piccola aia e salutare: «La pace a voi».
   Tutti si alzano in piedi e il rumore avverte le donne di ciò che avviene. Stanno per uscire, ma Gesù entra in casa salutando esse pure.
   Maria dice: «Figlio mio!», e lo venera più profondamente di tutti, insegnando con quel gesto che, per quanto Gesù possa essere amico, amico e congiunto tanto da esser persino figlio, è sempre Dio, e da Dio va venerato. Venerato sempre, con lo spirito adorante, anche se il suo amore per noi è così pieno da spingerlo a concedersi in tutta confidenza, da Fratello e Sposo nostro.
   «La pace a te, Madre. Sedete, mangiate. Io salgo là sopra dove Marziam attende il suo premio».
   Torna ad uscire per salire la scaletta e chiama forte: «Simon Pietro e Giacomo d'Alfeo. Venite».
   I due nominati salgono dietro di Lui e Gesù si siede alla tavola di centro dove è Marziam, dicendo ai due apostoli: «Voi farete ciò che vi dirò», e al capo della tavola, che è Mattia: «Inizia il banchetto pasquale».
   Gesù ha Marziam, questa sera, al suo lato, al posto dove era Giovanni l'altra volta. Pietro e Giacomo sono dietro le spalle del Signore in attesa dei suoi ordini.


 9 E con lo stesso rituale della Cena pasquale si svolge questa: gli inni, le domande, le libazioni. Non so se alle altre tavole sia la stessa cosa. Là dove è Gesù io mi affisso, sol che un suo volere non mi obblighi a vedere altro, e di tutto mi smemoro per contemplare il mio Signore, che ora offre i bocconi migliori del suo agnello — Egli lo ha preso sul piatto ma non ne mangia, come non prende lattughe né salsa, né beve al calice — che ora offre i bocconi migliori a Marziam, che è addirittura beato.
   Gesù ha fatto sul principio un cenno a Pietro di chinarsi e ascoltarlo, e Pietro, dopo averlo ascoltato, ha detto forte:
«A questo momento il Signore offerse per noi tutti il calice, essendo Padre e Capo della sua Famiglia».
   Ora fa un nuovo cenno a Pietro, che di nuovo lo ascolta e poi si rialza per dire: «E a questo punto il Signore si cinse per purificarci e insegnarci come fare noi stessi per consumare degnamente il Sacrificio eucaristico».
   La cena procede sinché ad un altro cenno Pietro dice ancora: «In questo momento il Signore, preso il pane e il vino, lo offerse, e pregando li benedisse, e fattene le parti le distribuì a noi dicendo: "Questo è il mio Corpo e questo è il mio Sangue del nuovo Testamento eterno, che per voi e per molti sarà sparso in remissione dei peccati"».


 10Gesù si alza in piedi. È maestosissimo. Ordina a Pietro e a Giacomo di prendere un pane e farlo in minuti bocconi e di empire di vino un calice, il più grande che sia sulle tavole. Essi ubbidiscono e tengono davanti a Lui il pane e il vino, e Gesù stende su essi le sue Mani, pregando senza altro atto che lo sguardo rapito…
   «Distribuite la frazione del pane e porgete il calice fraterno. Tutte le volte che così farete, lo farete in memoria di Me».
   I due apostoli ubbidiscono, tutti venerabondi…
   Gesù, mentre avviene la distribuzione delle Specie, scende dalle donne. Penso, ma non vedo perché non entro dove esse sono, che Gesù comunichi sua Madre con le sue stesse Mani. Un pensiero mio. Non so se risponda a verità. Ma non capirei perché se ne sarebbe andato là se non per fare questo.


 11Poi torna sulla terrazza. Non si siede più. La cena volge al termine.
   Egli dice: «Tutto è consumato?».
   «Tutto è consumato, Signore».
   «Così feci Io sulla Croce. Alzatevi. Preghiamo».
   Stende le braccia come fosse in croce e intona la preghiera del Padre nostro.
   Non so perché piango. Penso che forse è l'ultima volta che gliela sento dire… E, come nessun pittore o scultore potrà mai darci la vera effigie di Gesù, così nessuno, per santo che sia, potrà dire così virilmente e dolcemente insieme il Pater noster. Ne avrò sempre una grande nostalgia di questi Pater sentiti da Gesù, vero colloquio di anima col Padre amatissimo e adoratissimo dei Cieli, grido di onore, ubbidienza, fede, sommissione, umiltà, misericordia, desiderio, fiducia… tutto!

   «Andate! E la Grazia del Signore sia in voi tutti e la sua pace vi accompagni», licenzia Gesù. E si licenzia in un fulgore di luce che supera di gran lunga il chiarore della luna, ormai piena e alta sull'Orto silente, e quello dei lumi messi sulle tavole.
   Non una voce. Lacrime sui volti, adorazioni nei cuori… e null'altro… La notte veglia e conosce, insieme agli angeli, i palpiti di quei benedetti.

AMDG et DVM

Quale è il Padre, tale il Figlio, * e tale lo Spirito Santo.

Sant’Agostino e la Trinità

Perché la Verità non avrebbe detto: Andate, battezzate tutte le genti nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo (Mt 28, 19), se Tu non fossi Trinità. Né avresti ordinato, Signore Dio, che fossimo battezzati nel nome di chi non fosse Signore Dio.
E una voce divina non avrebbe detto: Ascolta Israele: Il Signore Dio tuo è un Dio Unico (Dt 6, 4), se Tu non fossi Trinità in tal modo da essere un solo Signore e Dio. E se Tu fossi Dio Padre e fossi pure il Figlio tuo Verbo, Gesù Cristo, e il Vostro Dono lo Spirito Santo, non leggeremmo nelle Sacre Scritture: Dio ha mandato il Figlio suo (Gal 4, 4; Gv 3, 17), né Tu, o Unigenito, diresti dello Spirito Santo: Colui che il Padre manderà in mio nome (Gv 14, 26) e: Colui che io manderò da presso il Padre (Gv 15, 26).”

L’essere Uno e Trino

E queste dichiarazioni esprimono chiaramente l’essere uno e trino del Creatore che, nelle Sacre Scritture, esplica la sua onnipotente forza. Forza come Padre che dispone. Come Figlio che si incarna nel grembo della Vergine Maria. Forza come Spirito Santo che prepara le menti dei Profeti e degli Apostoli. Spirito che rinvigorisce in tutti la fede e battezza.

Poco tempo prima il Concilio di Nicea del 325, il primo della storia della Chiesa, aveva discusso e condannato la controversia provocata dal monaco e teologo Ario. Ario riteneva la natura di Cristo inferiore a quella del Padre.

Venne ribadita, pertanto, la consustanzialità, ossia la stessa sostanza, la stessa natura del Figlio e del Padre. Ecco ancora le parole di Sant’Agostino sull’argomento.
“Inoltre, partendo dalla creatura, opera di Dio, ho cercato, per quanto ho potuto, di condurre coloro che chiedono ragione di tali cose, a contemplare con l’intelligenza, per quanto era loro possibile, i segreti di Dio per mezzo delle cose create e ho fatto particolarmente ricorso alla creatura ragionevole e intelligente, che è stata creata ad immagine di Dio, per far loro vedere, come in uno specchio, per quanto lo possono e, se lo possono, il Dio Trinità, nella nostra memoria, intelligenza e volontà.
Le parole di Sant’Agostino sull'incarnazione di Dio e sulla SS. Trinità
Chiunque, con una intuizione viva, vede che queste tre potenze, in virtù di una intenzione divina, costituiscono la struttura naturale del suo spirito. percepisce quale cosa grande sia per lo spirito il poter ricordare, vedere, desiderare la natura eterna ed immutabile, la ricorda con la memoria, la contempla con l’intelligenza, l’abbraccia con l’amore, certamente vi scopre l’immagine di quella suprema Trinità”. (A. Sanicanti)


Simbolo Atanasiano 


Chiunque vuol esser salvo, * prima di tutto bisogna che abbracci la fede cattolica.
Fede, che se ognuno non conserverà integra e inviolata, * senza dubbio sarà dannato in eterno.
La fede cattolica consiste in questo: * che si veneri, cioè, un Dio solo nella Trinità [di Persone] e un Dio trino nell'unità [di natura].
Senza però confonderne le persone, * né separarne la sostanza.

Giacché altra è la persona del Padre, altra quella del Figlio, * altra quella dello Spirito Santo;
Ma del Padre, e del Figlio, e dello Spirito Santo unica è la divinità, * eguale , la gloria, coeterna la maestà.
Quale è il Padre, tale il Figlio, * e tale lo Spirito Santo.
Increato è il Padre, increato il Figlio, * increato lo Spirito Santo.
Immenso è il Padre, immenso il Figlio, * immenso lo Spirito Santo.
Eterno è il Padre, eterno il Figlio, * eterno lo Spirito Santo.
Pur tuttavia non vi sono tre [esseri] eterni, * ma uno solo è l'eterno.

E parimenti non ci sono tre esseri increati, né tre immensi, * ma uno solo l'increato, uno solo l'immenso.
Similmente è onnipotente il Padre, onnipotente il Figlio, * onnipotente lo Spirito Santo.
E tuttavia non ci sono tre [esseri] onnipotenti, * ma uno solo è l'onnipotente.
Così il Padre è Dio, il Figlio è Dio, * lo Spirito Santo è Dio.
E tuttavia non vi sono tre Dèi, * ma un Dio solo.

Così il Padre è Signore, il Figlio è Signore, * lo Spirito Santo è Signore.
Però non vi sono tre Signori, * ma un Signore solo.
Infatti, come la fede cristiana ci obbliga a professare quale Dio e Signore separatamente ciascuna Persona; * così la religione cattolica ci proibisce dì dire che ci sono tre Dèi o tre Signori.

Il Padre non è stato fatto da alcuno, * né creato e neppure generato.
Il Figlio è dal solo Padre; * non è stato fatto, né creato, ma generato.
Dal Padre e dal Figlio è lo Spirito Santo, * che non è stato fatto, né creato, né generato, ma che procede.
Dunque c'è un solo Padre, non tre Padri; un solo Figlio, non tre Figli; * un solo Spirito Santo, non tre Spiriti Santi.

In questa Triade niente vi è di prima o di dopo, niente di più a meno grande; * ma tutte e tre le Persone sono fra loro coeterne e coeguali.
Talché, come si è detto sopra, * si deve adorare sotto ogni riguardo nella Trinità l'unità, e nella unità la Trinità.

Pertanto chi si vuol salvare, * così deve pensare della Trinità.

Ma per la salute eterna è necessario * che creda di cuore anche l'Incarnazione di nostro Signor Gesù Cristo.
Or la vera fede consiste nel credere e professare * che il Signor nostro Gesù Cristo, Figlio di Dio, è Dio e uomo.

È Dio, generato, sin dall'eternità, dalla sostanza del Padre, * ed è uomo, nato nel tempo, dalla sostanza d'una madre.
Dio perfetto e uomo perfetto * che sussiste in un'anima razionale e in un corpo umano.
È eguale al Padre secondo la divinità, * è minore del Padre secondo l'umanità.

Il Figlio quantunque sia Dio e uomo, tuttavia non sono due, ma è un Cristo solo.
Ed è uno non perché la divinità si è convertita nell'umanità, * ma perché Iddio s'è assunta l'umanità.

Uno assolutamente, non per il confondersi di sostanza; * ma per l'unità di persona.
Ché come l'uomo, anima razionale e corpo, è uno: * così il Cristo è insieme Dio e uomo.
Il quale patì per la nostra salvezza, discese agli inferi, * e il terzo giorno risuscitò da morte.
Salì al cielo, siede ora alla destra di Dio Padre onnipotente, * donde verrà a giudicare i vivi ed i morti.

Alla cui venuta tutti gli uomini devono risorgere con i loro corpi, * e dovranno rendere conto del loro proprio operato.
E chi avrà fatto opere buone avrà la vita eterna; * chi invece opere cattive subirà il fuoco eterno.
Questa è la fede cattolica, * fede che se ciascuno non avrà fedelmente e fermamente creduto non si potrà salvare.



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V. Gloria al Padre, e al Figlio, * e allo Spirito Santo.
R. Come era nel principio e ora e sempre * nei secoli dei secoli. Amen.

Ant. Gloria a te, o Trinità eguale, o Divinità unica, innanzi a tutti i secoli, e ora e in perpetuo.


AMDG et DVM

Santissima Trinità


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Dal libro di san Fulgenzio Vescovo, della fede a Pietro
Fra le opere di Agostino, tomo 3

La fede che i santi Patriarchi e Profeti ricevettero da Dio prima dell'incarnazione del Figlio suo, che i santi Apostoli appresero dal Signore stesso incarnato, che lo Spirito Santo insegnò loro e ch'essi non solo predicarono colla parola, ma consegnarono nei loro scritti a salutare istruzione dei posteri; questa fede proclama, insieme coll'unità di Dio, la sua Trinità, cioè il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Ma non sarebbe vera Trinità, se una sola e stessa persona si dicesse Padre, Figlio e Spirito Santo.



Se infatti, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, come sono una sola sostanza, così fossero una sola persona; non ci sarebbe più luogo a professare una vera Trinità. D'altra parte ci sarebbe sì Trinità, ma questa Trinità non sarebbe più un solo Dio, se il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo fossero separati fra loro per la diversità delle loro nature, come sono distinti per le proprietà personali. Ma com'è verità che quest'unico vero Dio per sua natura non solo è Dio unico, ma è anche Trino; così questo vero Dio è Trino nelle persone, e uno nell'unità della natura.

Per questa unità di natura il Padre è tutto nel Figlio e nello Spirito Santo, il Figlio tutto nel Padre e nello Spirito Santo, e lo Spirito Santo tutto nel Padre e nel Figlio. Nessuno di essi sussiste separatamente fuori degli altri due: perché nessuno precede gli altri nell'eternità, o li supera in grandezza, o li sorpassa in potere: poiché il Padre, per quanto riguarda l'unità della sua natura divina, non è né anteriore né maggiore del Figlio e dello Spirito Santo; né l'eternità o immensità del Figlio può, quasi anteriore o maggiore, per necessità della natura divina precedere o sorpassare l'immensità e l'eternità dello Spirito Santo.

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Omelia di san Gregorio Nazianzeno
Trattato della fede, dopo il principio
Qual cattolico ignora che il Padre è veramente Padre, il Figlio è veramente Figlio, e lo Spirito Santo è veramente Spirito Santo? siccome il Signore stesso dice ai suoi Apostoli: «Andate, battezzate tutte le Genti nel nome del Padre, e del Figlio e dello Spirito Santo». Ecco quella divinità perfetta nell'unità d'un'unica sostanza, alla quale professiamo di credere. Perché noi non ammettiamo punto in Dio divisione come nelle sostanze corporee; ma a causa della potenza della natura divina, ch'è immateriale, professiamo di credere e alla distinzione reale delle persone che nominiamo, e all'unità della natura divina.

E non diciamo, come alcuni hanno immaginato, il Figlio di Dio essere una estensione di qualche parte di Dio: né intendiamo già un verbo senza realtà come un suono di voce: ma crediamo che le tre denominazioni e le tre persone hanno una stessa essenza, una stessa maestà e potenza. Noi confessiamo dunque un Dio solo: perché l'unità della maestà ci vieta di nominare più dei. Infine, noi nominiamo distintamente, conforme al linguaggio cattolico, il Padre e il Figlio; ma non possiamo né dobbiamo dire due Dii. Non già che il Figlio di Dio non sia Dio, anzi è vero Dio da Dio vero; ma perché sappiamo che il Figlio Dio non ha altro principio che l'unico suo Padre, perciò diciamo che non c'è che un Dio. Questo è quanto ci hanno tramandato i Profeti, e gli Apostoli: questo quanto ha insegnato il Signore medesimo quando disse: «Io e il Padre mio siamo uno» Joan. 10,20.  Dicendo «Uno» esprime, come dicevo, l'unità della divinità; e «Siamo» indica la pluralità delle persone.

Così, secondo la fede cattolica, chiamiamo Dio padre e figlio; ma che siano due dei non possiamo né dobbiamo dirlo. Non che il Figlio di Dio non sia Dio, anzi è « Dio vero da Dio vero »; ma perché sappiamo che il Figlio di Dio non ha altro principio che l'unico suo Padre, perciò diciamo che Dio è uno solo. Questo infatti ci hanno tramandato i profeti e gli apostoli; questo ci insegnò il Signore stesso, quando disse: « Io e il Padre siamo uno ». « Uno » si riferisce all'unità della divinità ; « siamo » indica le persone. 
V. E tu, o Signore, abbi pietà di noi.
R. Grazie a Dio.

Ave Giglio Bianco della Trinità, 
Rosa splendente che abbellisci il Cielo, Ave.
Da Te ha voluto nascere da Te ha voluto prendere il latte 
Colui che governa il Cielo e la Terra!
Deh! Nutri le nostre anime con i Tuoi divini influssi, o Maria!
AMDG et DVM