martedì 26 febbraio 2019

Virtù, Scienze e Teologia

Le virtù necessarie allo studio delle scienze e della teologia





Ugo di san Vittore
1125 c.
Didascalicon, lib. III, capp. VI-XIII
In questo brano tratto dal Didascalicon, Ugo di s. Vittore espone l’importanza delle virtù morali, della contemplazione e dell’umiltà nel lavoro intellettuale di coloro che si dedicano allo studio. «La meditazione — scrive il teologo — è l’attività di pensiero della persona che riflette per un tempo prolungato e con saggezza, ricercando prudentemente le cause e l’origine, il modo e l’utilità di ogni cosa».
VI. Tre cose sono necessarie a coloro che si dedicano allo studio: doti naturali, esercizio e disciplina. Per quanto attiene alle doti naturali, esse si rivelano quando lo studente capisce con facilità ciò che ascolta e lo conserva con memoria tenace; per quanto riguarda l'esercizio, l'allievo dovrà perfezionare con laboriosità e zelo le proprie disposizioni naturali; per quanto concerne la disciplina, lo studente, con una vita virtuosa, dovrà accordare il proprio comportamento alla sua cultura.
Esporrò in sintesi alcune considerazioni di carattere introduttivo su questi tre requisiti.

VII. Coloro che si impegnano nell'apprendimento, devono disporre sia d'ingegno sia di memoria: infatti queste due cose sono tanto collegate nell'attività di chi studia e nell'oggetto di studio che, se una di esse è insufficiente, l'altra da sola non potrà portare nessuno studente alla perfezione. Similmente il guadagno non serve a nulla, se non può essere conservato; d'altra parte ingrandisce invano il suo magazzino colui che non ha nulla da custodirvi. L'ingegno acquista e la memoria conserva il sapere.
L'ingegno è una forza naturale dello spirito, che da sé sola costituisce un valore: esso è una dote naturale, che viene favorita dal buon uso e mentre la fatica esagerata lo consuma, il moderato esercizio lo raffina. A questo proposito si ricordi l'accorto avvertimento di quell'educatore che disse: Ora voglio che tu risparmi le tue forze: ci si affatica chini sui libri, va' a correre all'aria aperta.
Vi sono due attività che esercitano l'ingegno: la lettura e la meditazione. La lettura avviene quando apprendiamo qualcosa, secondo determinate regole e norme, da ciò che è stato scritto. La lettura si attua in tre modi: per opera del docente, per opera del discente o nello studio personale. Infatti si dice: “Leggo il libro per gli studenti”, oppure: “Leggo il libro spiegato dal docente” e infine: “Leggo il libro da solo”. Quando si studia si deve fare attenzione all'ordine e al metodo.

VIII. L'ordine concerne le materie d'insegnamento (la grammatica infatti precede la dialettica e così l'aritmetica precede la musica); in secondo luogo i libri (ad esempio lo scritto di Sallustio su Catilina precede nel tempo quello su Giugurta); poi la narrazione (che si sviluppa in una continuità collegata e connessa) ed infine il commento.
Nelle materie d'insegnamento esiste un ordine di successione secondo una disposizione naturale. Per i libri, si considera la persona dell'autore oppure l'argomento trattato. Nella narrazione si osserva un ordine secondo l'esposizione della materia, che può essere naturale, quando gli avvenimenti vengono riferiti così come si sono svolti, oppure artificiale, quando vien narrato prima ciò che effettivamente è avvenuto dopo e viceversa. Nel commento di un testo l'ordine è determinato dai livelli di ricerca; il commento comprende tre oggetti: la struttura grammaticale, il significato delle parole e l'intendimento del pensiero dell'autore.
La struttura grammaticale è la disposizione ordinata delle parole, che noi designiamo anche come costruzioni del periodo. Il significato è il facile e chiaro senso della frase, come si offre ad una prima lettura. L'intendimento del pensiero dell'autore attiene ad un piano di comprensione più profonda, che non può essere raggiunta senza commento ovvero interpretazione. L'ordine si applica quando si considera e si esamina prima la struttura grammaticale, poi il significato ed infine il pensiero dell'autore: fatto ciò, il commento è compiuto.

IX. Il metodo opportuno per studiare un testo consiste nella sua suddivisione in parti. Ogni suddivisione comincia da parti definite e procede indefinitamente. Ogni realtà delimitata risulta più chiara e di essa si può conseguire una conoscenza sicura.
L'apprendimento comincia dalle cose più note, attraverso di esse si raggiunge la conoscenza dell'ignoto. Inoltre ci serviamo della ragione (il cui compito specifico è suddividere), quando discendiamo dagli universali ai particolari, suddividendo e indagando la natura delle cose individuali. Ogni universale infatti è più definito e determinato dei singoli particolari. Quando dunque cerchiamo d'imparare qualcosa, dobbiamo incominciare da quelle nozioni che sono più conosciute, più determinate e di ambito più generale e poi, discendendo a poco a poco e distinguendo con varie suddivisioni le singole realtà, potremo evidenziare la natura delle cose particolari.

X. La meditazione è l'attività di pensiero della persona che riflette per un tempo prolungato e con saggezza, ricercando prudentemente le cause e l'origine, il modo e l'utilità di ogni singola cosa. La meditazione prende origine dalla lettura, ma non è vincolata dalle norme precise che regolano lo studio dei testi; infatti si compiace a spaziare in campi aperti, ove liberamente può fissare la forza del pensiero nell'indagine speculativa della verità, esaminando ora l'una ora l'altra causa delle cose, indagando anche le realtà più profonde, non lasciando nulla di incerto ed oscuro.
L'inizio del sapere si trova dunque nella lettura, ma il suo compimento perfetto si realizza nella meditazione: coloro che sanno amarla con familiare consuetudine e vi si applicano a lungo, rendono la loro vita assai lieta e trovano grandissimo conforto nelle avversità.
La meditazione riesce efficacemente ad allontanare lo spirito dal frastuono delle cose terrene e permette di pregustare, in qualche modo, già in questa vita, la dolcezza della pace eterna. Quando infine si saprà cercare e trovare oltre tutte le cose create il loro Creatore, lo spirito si arricchirà di luce intellettuale e di gioia: allora la meditazione conseguirà il suo massimo risultato.
Vi sono tre specie di meditazione: la prima consiste nell'attento esame delle azioni umane, la seconda nello studio accurato dei comandamenti divini, la terza nella valutazione delle opere di Dio. I comportamenti umani presentano vizi e virtù; i precetti divini contengono comandi, promesse ed ammonimenti; le opere divine sono tutte quelle cose che l'onnipotenza di Dio crea, la Sua sapienza governa e la Sua bontà dispone.
Solo colui che sa meditare attentamente sulle mirabili opere di Dio, potrà capire quanto esse siano degne di profonda considerazione.

XI. Riguardo alla memoria, penso di non dover tralasciare ora di dire che, come l'ingegno, analizzando, indaga e trova, così la memoria, sintetizzando, custodisce. È opportuno sintetizzare ed affidare alla memoria quanto abbiamo analizzato nell'apprendimento. Sintetizzare significa ridurre ad un compendio breve e schematico ciò su cui ampliamente si è letto o discusso: con parola d'origine antica ciò si dice riepilogare, cioè riassumere.
Infatti ogni trattazione sistematica ha un suo pensiero dominante, sui quale si basa il valore di tutta l'esposizione e la forza del discorso; a questo si collegano e si riferiscono tutti gli argomenti. Raccogliere, ossia sintetizzare, è appunto cercare e prendere in considerazione questo pensiero dominante.
La sorgente è una sola, ma i ruscelli che ne derivano sono molti: perché si dovrebbero seguire tutte le tortuosità dei vari corsi d'acqua? Nella sorgente c'è tutto. Mi esprimo così, perché la memoria umana è limitata, predilige la concisione, e quando si estende a molti oggetti, è meno efficace su un singolo argomento.
Da ogni oggetto di studio bisogna ricavare un pensiero breve e chiaro, indi è opportuno riporlo nello scrigno della memoria: quando poi le circostanze lo richiederanno sarà possibile derivare da esso le altre idee. Questo deve venir spesso ripetuto e richiamato alla mente, per così dire, come dal ventre della memoria al palato, affinché non perda la sua chiarezza ed il suo vigore a causa di un lungo e ininterrotto abbandono.
Ti consiglio, o mio studente, di non compiacerti se avrai letto molto, ma se sarai riuscito a capire molto, e non soltanto se avrai capito, ma se sarai capace anche di ricordare: altrimenti, l'aver letto ed anche l'aver compreso non ti recheranno gran vantaggio.
Per questo motivo ribadisco quanto ho affermato e cioè che coloro i quali si dedicano allo studio devono poter disporre di ingegno e di memoria.

XII. Un saggio, interrogato sulle disposizioni migliori per apprendere, rispose: Spirito umile, impegno nella ricerca, vita tranquilla, indagine silenziosa, povertà, terra straniera; queste circostanze rendono più agevole il superamento delle difficoltà che si incontrano durante gli studi.
Egli conosceva, penso, quel detto: Il buon comportamento morale impreziosisce la cultura , e per tale motivo collegò avvertimenti sul modo di vivere alle norme riguardanti lo studio, affinché l'allievo potesse venire a conoscere non solo il metodo del suo lavoro, ma anche lo stile della sua vita.
Non merita plauso la scienza di una persona disonesta: perciò e di massima importanza che colui che si dedica alla ricerca del sapere non trascuri le regole di una vita corretta.

XIII. L'umiltà è la condizione preliminare di un comportamento disciplinato; di questa virtù esistono molte testimonianze: le seguenti riguardano specialmente gli studenti. Prima di tutto essi non devono sottovalutare nessuna scienza e nessun libro, in secondo luogo non devono affatto vergognarsi di accettare un insegnamento da qualsiasi persona, infine, se riusciranno ad acquisire la cultura, non dovranno mai disprezzare nessuno.
Molti sbagliano perché vogliono sembrare sapienti prima del tempo: si abbandonano così alla vanità dell'orgoglio, cominciano a fingere di essere ciò che non sono ed a vergognarsi di ciò che sono: tanto più si allontanano dalla sapienza, quanto più bramano di essere considerati sapienti e non di esserlo. Ho conosciuto diverse persone di questo genere, le quali, prive ancora dei rudimenti della cultura, giudicavano sola cosa degna di loro occuparsi di altissimi problemi: credevano di poter diventare grandi, soltanto leggendo i libri ovvero ascoltando le parole di autori celebri e sapienti.
“Noi — dicevano — li abbiamo visti, noi siamo stati ad ascoltare le loro lezioni, spesso essi solevano conversare con noi, siamo stati conosciuti da uomini tanto eccellenti e famosi!” Io vi dico invece: “Volesse il cielo che nessuno al mondo mi conoscesse, ma che io potessi conoscere quanto umanamente è conoscibile”.
Voi vi vantate di aver visto, ma non dite di aver capito Platone: a questo punto credo che non sia per voi occasione di prestigio venire ad ascoltare le mie lezioni. Io non sono Platone, né ho avuto la fortuna di incontrarlo. Voi avete bevuto alla fonte della filosofia, eppure sarebbe un gran bene se aveste ancora sete! Persino un re, che pur ha bevuto da calici d'oro, beve anche da un vaso di coccio, se ha sete. Perché dovreste ritirarvi? Avete ascoltato Platone, ascoltate ora anche Crisippo. È diventato proverbiale il detto: Forse ciò che tu non sai, lo sa Ofello [Orazio, Satire II, II,2].
Non vi è nessuna persona cui sia stato dato di sapere tutto e non vi è nessuna persona che non abbia ricevuto dalla natura qualche dono speciale: pertanto gli studenti devono ascoltare volentieri tutti, devono sforzarsi di leggere tutto e non devono disprezzare nessuno scritto, nessun autore, nessun insegnamento: senza pregiudizi devono cercare di imparare da qualsiasi persona ciò che non sanno; non devono pensare a quanto già conoscono, ma a quanto ancora ignorano.
In questo senso si dice che Platone avesse un tempo preferito imparare con umiltà, piuttosto che insegnare con presunzione. Perché dovresti vergognarti d'imparare e non hai pudore di essere ignorante? Ciò è molto più disonorevole. Perché aspiri a cose tanto grandi, quando sei tanto piccolo? Considera realmente fin dove possono arrivare le tue forze.
Procede nel modo migliore colui che cammina con passo regolare. Taluni hanno voluto fare un gran salto in avanti e poi sono caduti in un burrone. Non aver dunque troppa fretta: solo così raggiungerai prima la sapienza.
Impara volentieri da tutti ciò che non sai, perché l'umiltà può farti partecipare del possesso di quel bene speciale che la natura ha riservato ad ogni singolo essere umano. Sarà più sapiente di tutti colui che avrà voluto imparare qualcosa da tutti: chi riceve qualcosa da tutti, finisce per diventare più ricco di tutti.

Didascalicon. I doni della promessa divina, l'essenza dell'amore, discorso in lode del divino amore, trad. di Vincenzo Liccaro, Rusconi, Milano 1987, pp. 130-138.

AMDG et DVM

lunedì 25 febbraio 2019

Rosario evangelico meditato



Primo mistero: L’Annunciazione

(da L'Evangelo come mi è stato rivelato, Vol. 1)
Padre Nostro...

(Maria Valtorta scrive una visione di Maria, a Nazareth...)
Ciò che vedo. Maria, fanciulla giovanissima, quindici anni al massimo all'aspetto, è in
una piccola stanza rettangolare. Una vera stanza di fanciulla. È seduta su uno sgabello
basso la Vergine. Fila del lino candidissimo e morbido come una seta. Le sue piccole
mani, solo di poco più scure del lino, prillano sveltamente il fuso. Il visetto giovanile, e
tanto tanto bello, è lievemente curvo e lievemente sorridente, come se accarezzasse o
seguisse qualche dolce pensiero.
1. Ave Maria...

Vi è molto silenzio nella casetta e nell'orto. Vi è molta pace tanto sul viso di Maria
quanto nell'ambiente che la circonda. Maria si mette a cantare sottovoce e poi alza lievemente la voce. Non va al gran canto. Ma è già una voce che vibra nella stanzetta e
nella quale si sente una vibrazione d'anima. Non capisco le parole, dette certo in ebraico. Ma, dato che ripete ogni tanto: «Jehovà», intuisco che sia qualche canto sacro, forse un salmo. Forse Maria ricorda i canti del Tempio. E deve essere un dolce ricordo…
2. Ave Maria...

Perché posa sul grembo le mani sorreggenti il filo e il fuso e alza il capo appoggiandolo
indietro alla parete, accesa da un bel rossore nel viso, con gli occhi persi dietro a chissà
quale soave pensiero, fatti lucidi da un'onda di pianto che non trabocca ma che li fa più
grandi. Eppure quegli occhi ridono, sorridono al pensiero che vedono e che l'astrae dal
sensibile. Il viso di Maria, emergente dalla veste bianca e semplicissima, così rosato e
cinto dalle trecce che porta avvolte come corona intorno al capo, pare un bel fiore…
3. Ave Maria...

8
Il canto si muta in preghiera: «Signore Iddio Altissimo, non tardare oltre a mandare il
tuo Servo per portare la pace sulla terra. Suscita il tempo propizio e la vergine pura e
feconda per l'avvento del tuo Cristo. Padre, Padre santo, concedi alla tua serva di offrire la sua vita a questo scopo. Concedimi di morire dopo aver visto la tua Luce e la tua
Giustizia sulla terra e di aver conosciuto che la Redenzione è compiuta. O Padre santo,
manda alla terra il Sospiro dei Profeti. Manda alla tua serva il Redentore. Che nell'ora
in cui cessi il mio giorno, si apra per me la tua Dimora, perché le sue porte sono state
già aperte dal tuo Cristo per tutti coloro che hanno sperato in Te. Vieni, vieni, o Spirito
del Signore. Vieni ai tuoi fedeli che ti attendono. Vieni, Principe della Pace!.. -». Maria
resta assorta così...
4. Ave Maria...

La tenda palpita più forte, come se qualcuno dietro ad essa ventilasse con qualcosa o
la scuotesse per scostarla. E una luce bianca di perla fusa ad argento puro… e l'Arcangelo si prosterna. Deve necessariamente assumere aspetto umano. Ma è un aspetto
trasumanato. Di quale carne è composta questa figura bellissima e folgorante? Di quale sostanza l'ha materializzata Iddio per renderla sensibile ai sensi della Vergine? Solo
Dio può possedere queste sostanze e usarle in tal maniera perfetta. E' un volto, è un
corpo, sono occhi, bocca, capelli e mani come le nostre. Ma non sono la nostra opaca
materia. E' una luce che ha preso colore di carne, di occhi, di chioma, di labbra, una luce che si muove e sorride e guarda e parla.
5. Ave Maria...

«Ave, Maria, piena di Grazia, ave!». La voce è un dolce arpeggio come di perle gettate
su un metallo prezioso. Maria trasale e ab-bassa lo sguardo. E più trasale quando vede
la fulgida creatura inginocchiata ad un metro circa di distanza da Lei e che, con le mani
incrociate sul petto, la guarda con una venerazione infinita. Maria balza in piedi e si
stringe alla parete. Diviene pallida e rossa alternativamente. Il suo viso esprime stupore e sgomento. Si stringe inconsciamente le mani sul seno nascondendole sotto le larghe maniche, si curva quasi per nascondere il più possibile il suo corpo.
6. Ave Maria...

Dice l'Angelo: «Non temere, Maria!» ripete l'Arcangelo. «Io sono Gabriele, l'Angelo di
Dio. Il mio Signore mi ha mandato a te. Non temere, perché tu hai trovato grazia presso Dio. Ed ora tu concepirai nel seno e partorirai un Figlio e gli porrai nome "Gesù".
Questi sarà grande, sarà chiamato Figlio dell'Altissimo (e tale sarà in vero) e il Signore
Iddio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà in eterno sulla casa di Giacobbe, e
il suo Regno non avrà mai fine. Comprendi, o santa Vergine amata dal Signore, Figlia
benedetta di Lui, chiamata ad esser Madre del suo Figlio, quale Figlio tu genererai».
7. Ave Maria...

Maria domanda: «Come può avvenire questo se io non conosco uomo? Forse che il Signore Iddio più non accoglie l'offerta della sua serva e non mi vuole vergine per amor
di Lui?». «Non per opera di uomo sarai Madre, o Maria. Tu sei l'eterna Vergine, la Santa di Dio. Lo Spirito Santo scenderà in te e la potenza dell'Altissimo ti adombrerà. Perciò Santo si chiamerà Colui che nascerà da te, e Figlio di Dio. Tutto può il Signore Iddio 
9
nostro. »
8. Ave Maria...

(L’Angelo continua...)
Elisabetta, la sterile, nella sua vecchiaia ha concepito un figlio che sarà il Profeta del
tuo Figlio, colui che ne prepara le vie. Il Signore ha levato a questa il suo obbrobrio, e la
sua memoria resterà nelle genti congiunta al nome tuo, come il nome della sua creatura a quello del tuo Santo, e fino alla fine dei secoli le genti vi chiameranno beate per la
Grazia del Signore venuta a voi ed a te specialmente; venuta alle genti per mezzo tuo.
Elisabetta è nel suo sesto mese ed il suo peso la solleva al gaudio, e più la solleverà
quando conoscerà la tua gioia. Nulla è impossibile a Dio, Maria, piena di Grazia.».
9. Ave Maria...

Che devo dire al mio Signore? Non ti turbi pensiero di sorta. Egli tutelerà gli interessi
tuoi se a Lui ti affidi. Il mondo, il Cielo, l'Eterno attendono la tua parola!». Maria, incrociando a sua volta le mani sul petto e curvandosi in un profondo inchino, dice: «Ecco
l'ancella di Dio. Si faccia di me secondo la sua parola». L'Angelo sfavilla nella gioia. Adora, poiché certo egli vede lo Spirito di Dio abbassarsi sulla Vergine curva nell'adesione,
e poi scompare senza smuover tenda, ma lasciandola ben tirata sul Mistero santo.
10. Ave Maria...

Gloria al Padre...
Gesù mio...
Secondo mistero: La Visitazione

http://www.scrittivaltorta.altervista.org/testi/rosario.pdf

Andrea modello ideale del sacerdote.


CXXXIII. Andrea modello ideale del sacerdote. Una lettera della Madre. Gesù costretto a lasciare l'Acqua Speciosa. 

18 marzo 1945

 1 L'Acqua Speciosa è senza pellegrini. E pare strano vederla così, senza bivacchi di chi sosta una notte o almeno consuma il suo pasto sull'aia o sotto la tettoia. Non vi è che nitore e ordine oggi, senza nessuna di quelle tracce che un affollamento lascia di se.
   I discepoli occupano il loro tempo in lavori manuali, chi intrecciando vimini per farne nuove trappole ai pesci, e chi lavorando intorno a piccoli lavori di sterro e di incanalamento delle acque dei tetti perché non stagnino sull'aia. Gesù è ritto in mezzo ad un prato e sbriciola del pane ai passerotti. 
   A perdita d'occhio non un vivente, nonostante la giornata sia serena. 
   Viene verso Gesù Andrea, di ritorno da qualche incombenza: «Pace a Te, Maestro». 
   «E a te, Andrea. Vieni qui un poco con Me. Tu puoi stare vicino agli uccellini. Sei come loro. Ma vedi? Quando essi sanno che chi li avvicina li ama, non temono più. Guarda come sono fiduciosi, sicuri, lieti. Prima erano quasi ai miei piedi. Ora ci sei tu e stanno all'erta... Ma guarda, guarda... Ecco quel passero più audace che viene avanti. Ha capito che non c’è nessun pericolo. E dietro lui gli altri. Vedi come si satollano? Non è uguale di noi, figli del Padre?    Egli ci satolla del suo amore. E quando siamo sicuri di essere amati e di essere invitati alla sua amicizia, perché temere di Lui e di noi? La sua amicizia deve farci audaci anche presso gli uomini. Credi: solo il malvivente deve avere paura del suo simile. Non il giusto come tu sei». Andrea è rosso e non parla. Gesù lo attira a Sé e dice ridendo: «Bisognerebbe unire te e Simone in un solo filtro, sciogliervi e poi riformarvi. Sareste perfetti. Eppure... Se ti dico che, tanto dissimile in principio, sarai perfettamente uguale a Pietro alla fine della tua missione, lo crederesti?». 
   «Tu lo dici e certo è. Non mi chiedo neppure come ciò possa essere. Perché tutto quello che Tu dici è vero. E sarò contento di essere come Simone, fratello mio, perché lui è un giusto e ti fa felice. É bravo Simone! Io sono tanto contento che egli sia bravo. Coraggioso, forte. Ma anche gli altri! .. E tu no?». 
   «Oh! io!... Solo Tu puoi essere contento di me...». 
   «E accorgermi che lavori senza rumore e più profondamente degli altri.

 2 perché nei dodici c'è chi fa tanto rumore per quanto lavora. C'è chi fa molto più rumore di quanto non faccia lavoro, e c'è chi non fa altro che lavoro. Un lavoro umile, attivo, ignorato... Gli altri possono credere che egli non faccia nulla. Ma Colui che vede sa. Queste differenze sono perché ancora non siete perfetti. E ci saranno sempre fra i futuri discepoli, fra quelli che verranno dopo di voi, sino al momento che l'angelo tuonerà: "Il tempo non è più". 
   Sempre ci saranno i ministri del Cristo che saranno pari nell'opera e nell'attirare su di loro lo sguardo del mondo: i maestri. E vi saranno, purtroppo, quelli che saranno solo rumore e gesto esteriori, solo esteriori, i falsi pastori dalle pose istrioniche... 
   Sacerdoti? No: mimi. Nulla di più. Non è il gesto che fa il sacerdote e non lo è l'abito. Non è la sua mondana cultura né le relazioni mondane e potenti che fanno il sacerdote. É la sua anima. Un'anima tanto grande da annullare la carne. Tutto spirito il mio sacerdote... Così lo sogno. Così saranno i miei santi sacerdoti. Lo spirito non ha voce né ha pose da tragedo. É inconsistente perché spirituale, e perciò non può mettere pepli e maschere. É ciò che è: spirito, fiamma, luce, amore. Parla agli spiriti. Parla con la castità degli sguardi, degli atti, delle parole, delle opere. L'uomo guarda. E vede un suo simile. Ma oltre e sopra la carne che vede? Qualcosa che lo fa arrestare dal suo andare frettoloso, meditare e concludere: "Quest'uomo, a me simile, ha di uomo solo l'aspetto. L'anima è di angelo". E, se miscredente, conclude: "Per lui credo che ci sia un Dio e un Cielo". E, se lussurioso, dice: "Questo mio uguale ha occhi di Cielo. Freno il mio senso per non profanarli". E se è un avaro decide: "Per l'esempio di costui che non ha attacco alle ricchezze, io cesso di essere avaro". E se è un iracondo, un feroce, davanti al mite si muta in più pacato essere. Tanto può fare un sacerdote santo. E, credilo, sempre ci saranno fra i sacerdoti santi quelli che sapranno anche morire per amore di Dio e di prossimo, e sapranno farlo così pianamente, dopo avere esercitato la perfezione per tutta la vita ugualmente pianamente, che il mondo neppure si accorgerà di loro. 
   Ma se il mondo non diverrà tutto un lupanare e una idolatria, sarà per questi: gli eroi del silenzio e della operosità fedele. E avranno il tuo sorriso: puro e timido. Perché ci saranno sempre degli Andrea. Per grazia di Dio e per fortuna del mondo ci saranno!». 
   «Io non credevo di meritare queste parole... Non avevo fatto nulla per suscitarle... »
   «Mi hai aiutato ad attirare a Dio un cuore. Ed è il secondo che tu conduci verso la Luce». 
   «Oh! perché ha parlato? Mi aveva promesso...». 
   «Nessuno ha parlato. Ma Io so. Quando i compagni riposano stanchi, tre sono gli insonni all'Acqua Speciosa.    L'apostolo dal silenzioso e attivo amore verso i fratelli peccatori. La creatura che l'anima pungola verso la salvezza. E il Salvatore che prega e veglia, che attende e spera... La mia speranza: che un'anima trovi la sua salute... Grazie, Andrea. Continua e siine benedetto». 
   «Oh! Maestro!... Ma non dire nulla agli altri... Da solo a sola, parlando ad una lebbrosa in una spiaggia deserta, parlando qui ad una di cui non vedo il volto, io ancora so fare un pochino. Ma se gli altri lo sanno, Simone più di tutti, e vuole venire... io non so fare più nulla... Non venire neppure Te... Perché di parlare davanti a Te mi vergogno». 
   «Non verrò. Gesù non verrà. Ma lo Spirito di Dio è sempre venuto con te. Andiamo a casa. Ci chiamano per il pasto». E tutto ha fine fra Gesù e il mite discepolo. 

 3 Stanno ancora mangiando