martedì 3 aprile 2018

Una sintesi impressionante della piena consapevolezza della novità cristiana.

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DOMENICA DI PASQUA NELLA RISURREZIONE DEL SIGNORE
OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
Sagrato della Basilica Vaticana
12 aprile 2009


Cari fratelli e sorelle,

Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato!” (1 Cor 5,7). Risuona in questo giorno l’esclamazione di san Paolo, che abbiamo ascoltato nella seconda lettura, tratta dalla prima Lettera ai Corinzi. È un testo che risale ad appena una ventina d’anni dopo la morte e risurrezione di Gesù, eppure – come è tipico di certe espressioni paoline – contiene già, in una sintesi impressionante, la piena consapevolezza della novità cristiana. 

Il simbolo centrale della storia della salvezza – l’agnello pasquale – viene qui identificato in Gesù, chiamato appunto “nostra Pasqua”. La Pasqua ebraica, memoriale della liberazione dalla schiavitù d’Egitto, prevedeva ogni anno il rito dell’immolazione dell’agnello, un agnello per famiglia, secondo la prescrizione mosaica. Nella sua passione e morte, Gesù si rivela come l’Agnello di Dio “immolato” sulla croce per togliere i peccati del mondo. È stato ucciso proprio nell’ora in cui era consuetudine immolare gli agnelli nel Tempio di Gerusalemme. Il senso di questo suo sacrificio lo aveva anticipato Egli stesso durante l’Ultima Cena, sostituendosi – sotto i segni del pane e del vino – ai cibi rituali del pasto nella Pasqua ebraica. Così possiamo dire veramente che Gesù ha portato a compimento la tradizione dell’antica Pasqua e l’ha trasformata nella sua Pasqua.

A partire da questo nuovo significato della festa pasquale si capisce anche l’interpretazione degli “azzimi” data da san Paolo. L’Apostolo si riferisce a un’antica usanza ebraica: quella secondo la quale, in occasione della Pasqua, bisognava eliminare dalla casa ogni più piccolo avanzo di pane lievitato. Ciò costituiva, da una parte, un ricordo di quanto accaduto agli antenati al momento della fuga dall’Egitto: uscendo in fretta dal paese, avevano portato con sé soltanto focacce non lievitate. Al tempo stesso, però, “gli azzimi” erano simbolo di purificazione: eliminare ciò che è vecchio per fare spazio al nuovo. Ora, spiega san Paolo, anche questa antica tradizione acquista un senso nuovo, a partire dal nuovo “esodo” appunto, che è il passaggio di Gesù dalla morte alla vita eterna. E poiché Cristo, come vero Agnello, ha sacrificato se stesso per noi, anche noi, suoi discepoli – grazie a Lui e per mezzo di Lui – possiamo e dobbiamo essere “pasta nuova”, “azzimi”, liberati da ogni residuo del vecchio fermento del peccato: niente più malizia e perversità nel nostro cuore.

“Celebriamo dunque la festa… con azzimi di sincerità e di verità”. Quest’esortazione di san Paolo, che chiude la breve lettura che poco fa è stata proclamata, risuona ancor più forte nel contesto dell’Anno Paolino. Cari fratelli e sorelle, accogliamo l’invito dell’Apostolo; apriamo l’animo a Cristo morto e risuscitato perchè ci rinnovi, perché elimini dal nostro cuore il veleno del peccato e della morte e vi infonda la linfa vitale dello Spirito Santo: la vita divina ed eterna. Nella sequenza pasquale, quasi rispondendo alle parole dell’Apostolo, abbiamo cantato: “Scimus Christum surrexisse a mortuis vere ” - sappiamo che Cristo è veramente risorto dai morti”. Sì! È proprio questo il nucleo fondamentale della nostra professione di fede; è questo il grido di vittoria che tutti oggi ci unisce. E se Gesù è risorto, e dunque è vivo, chi mai potrà separarci da Lui? Chi mai potrà privarci del suo amore che ha vinto l’odio e ha sconfitto la morte?

L’annuncio della Pasqua si espanda nel mondo con il gioioso canto dell’Alleluia. Cantiamolo con le labbra, cantiamolo soprattutto con il cuore e con la vita, con uno stile di vita “azzimo”, cioè semplice, umile, e fecondo di azioni buone. “Surrexit Christus spes mea: / precedet vos in Galileam – Cristo mia speranza è risorto e vi precede in Galilea”. Il Risorto ci precede e ci accompagna per le strade del mondo. È Lui la nostra speranza, è Lui la pace vera del mondo. Amen!


AMDG et DVM

SACERDOTE APOSTOLO E PROFETA: Fulton John Sheen

Venerabile Fulton John Sheen Vescovo
.
El Paso, Stati Uniti, 8 maggio 1895 - New York, Stati Uniti, 9 dicembre 1979
Fulton John Sheen, ordinato sacerdote il 20 dicembre 1919 a Peoria, fu dal 1951 al 1966 vescovo ausiliare di New York, quindi per tre anni vescovo di Rochester. Diffuse il Vangelo tramite numerosi libri, conferenze, programmi radiofonici e televisivi. Ritiratosi nel 1969 con il titolo di arcivescovo di Newport, morì a New York dieci anni dopo, il 9 dicembre 1979. Papa Benedetto XVI lo ha dichiarato Venerabile il 28 giugno 2012. Per via del mancato accordo tra la diocesi di New York, dov’è sepolto, e quella di Peoria, attore della causa, circa la ricognizione del suo corpo, essa è stata sospesa a tempo indefinito.


Aveva otto anni, quando un giorno, servendo la Santa Messa al Vescovo Mons. John Spalding, gli sfuggì di mano l’ampollina del vino che si schiantò con gran fracasso sul pavimento della cattedrale. In sacrestia, si aspettava un terribile rimprovero. Il Vescovo, invece, tutto amabile, gli domandò: «Giovanotto, a che scuola andrai quando sarai più grande?». Il piccolo nominò la scuola cattolica della città. Ma il Vescovo, sottolineò: «Ti ho detto: quando sarai grande!». E aggiunse, sicuro: «Di’ a tua madre che un giorno, andrai a studiare a Lovanio e poi diventerai Vescovo, come me». Il ragazzino rientrò in casa e riferì tutto alla mamma, ma presto dimenticò completamente il discorso del prelato.


Profezia: prima parte


Si chiamava Fulton Sheen, il buon chierichetto, ed era nato ad El Paso, nell’Illinois (Stati Uniti), l’8 maggio 1895, da una famiglia irlandese. Qualche anno dopo, i suoi genitori si trasferirono a Peoria, centro della diocesi, affinché i loro figli potessero frequentare le scuole superiori cattoliche. Ebbene, proprio a Peoria, Fulton, dopo le elementari, intraprese gli studi letterari e filosofici. 
Al centro della sua giovinezza, già c’è Gesù, che lo occupava e lo avvicinava a Sé.
Quando scoprì in modo chiaro la sua chiamata al sacerdozio, entrò in Seminario: destinazione, diventare un vero alter Christus. Nella cattedrale di Peoria, il 20 settembre 1919, a 24 anni, fu ordinato sacerdote. Il Vescovo lo mandò a proseguire gli studi all’Università Cattolica di Washington, ma Don Fulton desiderava approfondire il pensiero filosofico di San Tommaso d’Aquino: la filosofia dell’essere, la filosofia perenne, per confutare, alla luce della ragione e della fede, i gravi errori delle filosofie moderne, negatrici di Dio e della Verità, e farsi apostolo e difensore della Verità.

Così, il Vescovo, lo mandò a studiare all’Università di Lovanio, in Europa. Lì, ottenne il dottorato in filosofia, a Roma quello in teologia. Ora era davvero diventato un maestro della Verità, della Fede cattolica cogitata, nella luce radiosa di Maestro Tommaso.
Rientrato negli States, va come vice-parroco in una parrocchia di periferia. Inizia con la predicazione quaresimale: le prime sere, erano pochi ascoltatori, ma col passar dei giorni, crebbero in modo enorme a sentire il giovane predicatore. Seguì una Pasqua meravigliosa, con numerose conversioni, con il ritorno ai Sacramenti da parte di un gran numero di persone. Sì, perché Don Fulton predicava per convertire le anime a Cristo e condurle in Paradiso e per questo, affinché la sua predicazione fosse efficace, passava lungo tempo in adorazione a Gesù Eucaristico, davanti al Tabernacolo.

Celebrava il sacrificio della Messa, ogni giorno con più fervore, chiedendo a Gesù di poter conquistare a Lui più anime possibile. Un anno dopo, seppe che era desiderato all’Università Cattolica, come docente di filosofia. Per 25 anni, sarà un docente meraviglioso con allievi entusiasti di lui, soprattutto entusiasti della Verità che egli portava a scoprire e a possedere, raptus, come Sant’Agostino, amore indagandae Veritatis.
La prima parte della profezia di Mons. Spalding si era avverata. Don Fulton ora ricordava, ma non gli bastava però la cattedra: voleva raggiungere più fratelli ancora, da condurre a Gesù, l’unico Amore della sua vita.


Cristo in Tv

Iniziò a tenere conferenze in patria e all’estero. I suoi discorsi erano sempre più seguiti: appassionava e conquistava. Nel 1930, fu invitato dalla NBC (la radio degli Stati Uniti), a parlare ogni domenica sera, in un programma intitolato L’ora cattolica. La sua voce diventò nota in tutti gli States. Si trovò sommerso da migliaia di lettere: persone che gli aprivano l’anima, alla ricerca di Dio. Rispondeva a tutti. E pregava per loro. Si vide una primavera di conversioni a Gesù, e alla Chiesa Cattolica. 

Anche il Papa, Pio XI seppe di lui.
Nel 1935, ad esprimergli la sua riconoscenza, lo nominò Prelato domestico, con il titolo di Monsignore. Nel 1950, all’inizio dei programmi Tv, fu chiamato dalla medesima NBC a comparire sui teleschermi. Cominciò con il programma Vale la pena di vivere, in cui partendo dalla necessità impellente per tutti di dare un senso alla vita, evidenziava che ogni uomo, lasciato solo, può soltanto dire di se stesso: Magna quaestio factus sum mihi, sono diventato un gran problema per me, e problema insolubile.

A questo problema, Mons. Sheen, offriva una risposta: Gesù Cristo, l’unica soluzione di tutti i problemi, il Cristo crocifisso e risorto (Tertulliano). Ogni settimana era seguito da 30 milioni di persone. Il suo linguaggio era limpido, comprensibile a tutti, di serietà straordinaria, eppure a volte scherzoso, sempre piacevole, anche quando poneva davanti alle più gravi responsabilità della vita.
Sempre nel 1950, venne nominato direttore nazionale della Società per la propagazione della Fede. Iniziò una lunga serie di viaggi in Asia, in Africa e 
in Oceania per interessarsi dell’evangelizzazione dei popoli. Un’altra mirabile possibilità di irradiare Gesù, il suo Vangelo, di far comprendere che solo in Lui ogni anima, ogni popolo trova la sua vera grandezza.

Gesù nella parrocchia, Gesù sulla cattedra universitaria, Gesù alla radio e in Tv, Gesù per le strade del mondo. Perché solo Gesù è il Salvatore del mondo, il Figlio di Dio incarnato e crocifisso, il Vivente!


Profezia: seconda parte

L’11 giugno 1951, a Roma, per volontà di Papa Pio XII, Mons. Fulton Sheen è consacrato Vescovo. Si avvera così, in pieno, la profezia di Mons. Spalding di 50 anni prima. 
Nella sua autobiografia, scriverà: «L’investitura episcopale può dare un senso di euforia, ma non necessariamente la stima che la gente ti dimostra, corrisponde a quella che il Signore ha di te». 

Per questo, la sua autobiografia, s’intitola: Un tesoro d’argilla, a dire il contrasto tra l’immenso valore del sacerdozio e la fragilità della persona cui è conferito. Tuttavia, il sacerdote, e ancor più il Vescovo, è chiamato ad agire in persona Christi, a essere un Cristo vero, in mezzo al mondo, per la gloria di Dio e la salvezza delle anime.
È mandato Vescovo ausiliare a New York, ma continua a parlare in Tv e a scrivere libri, uno più bello dell’altro, che hanno un grande successo, una mirabile fecondità di bene. Ne citiamo alcuni: La pace dell’anima, La felicità del cuore, Il primo amore del mondo, quest’ultimo sulla Madonna, nel quale la dottrina si associa sovente alla poesia, sempre in uno stile denso di luce.

Per lo scrivente, il più bello è La filosofia della religione, in cui mostra come ai nostri giorni, la filosofia abbia raggiunto il livello più basso di irrazionalismo con cui guarda con disprezzo assoluto a Dio e alle Verità eterne... e poi, l’autore indica il cammino della sana ragione, illuminata dalla fede, alla ricerca e al possesso di Dio, in Cristo, unica Via, unica Verità, unica Vita. È la filosofia di San Tommaso, che sola ci è di guida per la comprensione dell’uomo, del mondo e di Dio. È la più vera apologetica che conduce alla Verità eterna.

Mons. Fulton Sheen, nel 1966 è nominato Vescovo di Rochester e sperimenta sulla sua pelle la contestazione che ormai dilaga nella Chiesa nel post Concilio. La febbre dell’impegno nel mondo sembra impadronirsi di preti e suore, a scapito della preghiera e del rapporto con Dio. Il catechismo e i Sacramenti diventano secondari, o inutili, davanti alle cosiddette “urgenze” del tempo. È un vento infido che soffia e squassa tutto cosicché Papa Paolo VI parla di “autodemolizione della Chiesa”.

Il Vescovo brillante dei teleschermi, noto al mondo intero, alza la voce per dire a preti e seminaristi che: «innanzitutto il sacerdote è chiamato ad essere con-vittima e con-redentore con Gesù offerto sulla croce e sull’altare. Non basta alleviare le necessità materiali dei fratelli, occorre annunciare Gesù, farlo conoscere e amare. Convertire le anime a Lui e questo è frutto di santità, di unione con Dio».


«Cerca la Chiesa più odiata»


Diventato Vescovo emerito a 75 anni, nel 1969, continua a tenere conferenze e a scrivere articoli e libri. Sono ormai più di sessanta, tra cui la sua famosa Vita di Cristo. Le sue conversazioni televisive sono raccolte in volumi, diffusi in tutto il mondo. Solo Dio sa quante persone egli abbia convertito: si tratta di cattolici da anni lontani dai Sacramenti, di non cattolici che grazie a lui hanno trovato la vera Chiesa di Cristo, di peccatori con gravissime colpe.

Il 20 settembre 1979, Mons. Sheen celebra la Santa Messa per il suo 60° di sacerdozio, ricordando all’omelia: «Non è che io non ami la vita, ma ora voglio vedere il Signore. Ho passato tante ore davanti a Lui nel Santissimo Sacramento, ho parlato a Lui nella preghiera e di Lui con chiunque mi volesse ascoltare. Ora voglio vederlo faccia a faccia».

Due mesi dopo, il suo desiderio si compie: il  +9 dicembre 1979, va a vedere Dio faccia a faccia, nella gioia. Impressiona ancora oggi quando egli ci insegna che cosa dobbiamo fare nella confusione dilagante del nostro tempo:

«Se io non fossi cattolico, diceva nel 1957, e volessi trovare quale sia oggi, nel mondo, la vera Chiesa, andrei in cerca dell’unica Chiesa che non va d’accordo col mondo. Andrei in cerca della Chiesa che è odiata dal mondo... Cerca quella Chiesa che i mondani vogliono distruggere in nome di Dio, come crocifissero Gesù. Cerca quella Chiesa che il mondo rifiuta, come gli uomini rifiutarono di accogliere Cristo».

Lui, da parte sua, il suo compito l’aveva avuto chiaro davanti, ed è pure il nostro: «Ero uscito di casa per saziarmi di sole. Trovai un Uomo – Gesù – che si dibatteva nel dolore della crocifissione. Mi fermai e gli dissi: “Permetti che ti stacchi dalla croce”. Lui rispose: “Lasciami dove sono, fino a quando avrò un fratello da salvare”. Gli dissi: “Cosa vuoi che io faccia per Te?”. Mi rispose: “Va’ per il mondo e di’ a coloro che incontrerai che c’è un Uomo inchiodato alla croce”».


Autore: 
Paolo Risso

"SANTO SUBITO!"

Funerale


Piazza San Pietro. La folla attende per molte ore di dare l'ultimo saluto al papa
I funerali di Giovanni Paolo II si svolsero venerdì 8 aprile in Piazza San Pietro e furono officiati dal cardinale Joseph Ratzinger in quanto decano del Collegio cardinalizio.       Diversi pellegrini, al grido di «Santo subito» sono rimasti vicini fino all'ultimo al papa. Presenti in piazza molti capi di Stato e di governo e rappresentanti di tutte le religioni. Da lunedì 4 aprile la salma del pontefice era stata esposta all'interno della Basilica di San Pietro, ed aveva ricevuto l'omaggio di una folla numerosissima (più di 3 milioni di persone), che durante tutto il giorno e tutta la notte ininterrottamente aveva atteso con pazienza il proprio turno, lungo una coda che ha raggiunto fino a cinque chilometri di lunghezza ed un tempo di attesa che ha superato le venti ore. L'accesso alla coda, infatti, era stato chiuso alle ore 22:00 di mercoledì 6 aprile, per poter smaltire la fila il giorno seguente.

Il 28 aprile successivo, papa Benedetto XVI ha concesso la dispensa dal tempo di cinque anni di attesa dopo la morte, per l'inizio della causa di beatificazione e canonizzazione di Giovanni Paolo II. La causa è stata aperta ufficialmente il 28 giugno 2005 dal cardinale Camillo Ruini, Vicario Generale per la diocesi di Roma.

La vecchia tomba di Giovanni Paolo II nelle Grotte Vaticane. Il giorno della beatificazione, il 1º maggio 2011, il feretro venne spostato nella Basilica di San Pietro, nella Cappella di San Sebastiano

lunedì 2 aprile 2018

Mane nobíscum, quóniam advesperáscit, et inclináta est jam dies.

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LUNEDI' DELL'ANGELO - FERIA SECUNDA

INFRA OCTAVAM PASCHAE

Duplex I classis

Statio ad S. Petrum



Introitus Exodi 13, 5 et 9
INTRODÚXIT vos Dóminus in terram fluéntem lac et mel, allelúja: et ut lex Dómini semper sit in ore vestro, allelúja, allelúja. Ps. 104, 1 Confitémini Dómino, et invocáte nomen ejus: annuntiáte inter gentes ópera ejus. V/. Glória Patri.

Oratio


DEUS, qui solemnitáte pascháli, mundo remédia contulísti: pópulum tuum, quaésumus, caelésti dono proséquere ; ut et perféctam libertátem cónsequi mereátur, et ad vitam profíciat sempitérnam. Per Dóminum.

Léctio Actuum Apostolórum.


Act. 10, 37-43

IN diébus illis: Stans Petrus in médio plebis, dixit: Viri fratres, vos scitis quod factum est verbum per univérsam Judaéam: incípiens enim a Galilaéa, post baptísmum, quod praedicávit Joánnes, Jesum a Názareth: quómodo unxit eum Deus Spíritu Sancto et virtúte, qui pertránsiit benefaciéndo, et sanándo omnes oppréssos a diábolo, quóniam Deus erat cum illo. Et nos testes sumus ómnium, quae fecit in regióne Judaeórum, et Jerúsalem, quem et occidérunt suspendéntes in ligno. Hunc Deus suscitávit tértia die, et dedit eum maniféstum fíeri, non omni pópulo, sed téstibus praeordinátis a Deo: nobis, qui manducávimus et bíbimus cum illo, postquam resurréxit a mórtuis. Et praecépit nobis praedicáre pópulo, et testificári, quia ipse est, qui constitútus est a Deo judex vivórum et mortuórum. Huic omnes prophétae testimónium pérhibent, remissiónem peccatórum accípere per nomen ejus omnes, qui credunt in eum.


Graduale Ps. 117, 24 et 2 Haec dies, quam fecit Dóminus: exsultémus et laetémur in ea. V/. Dicat nunc Israël, quóniam bonus: quóniam in saéculum misericórdia ejus.
Allelúja, allelúja. V/. Matth. 28, 2 Angelus Dómini descéndit de caelo: et accédens revólvit lápidem, et sedébat super eum.

Sequentia

VÍCTIMAE pascháli laudes
ímmolent Christiáni.
Agnus redémit oves:
Christus ínnocens Patri
reconciliávit peccatóres.
Mors et vita duéllo
conflixére mirándo:
dux vitae mórtuus,
regnat vivus.
Dic nobis, María,
quid vidísti in via ?
Sepúlcrum Christi vivéntis:
et glóriam vidi resurgéntis.
Angélicos testes,
sudárium et vestes.
Surréxit Christus spes mea:
praecédet vos in Galilaéam.
Scimus Christum surrexísse
a mórtuis vere:
tu nobis, victor Rex,
miserére. Amen. Allelúja.

+ Sequéntia sancti Evangélii 
secúndum Lucam.


Luc. 24, 13-35

IN illo témpore: Duo ex discípulis Jesu ibant ipsa die in castéllum, quod erat in spátio stadiórum sexagínta ab Jerúsalem, nómine Emmaus. Et ipsi loquebántur ad ínvicem de his ómnibus, quae accíderant. Et factum est, dum fabularéntur, et secum quaérerent: et ipse Jesus appropínquans ibat cum illis: óculi autem illórum tenebántur, ne eum agnóscerent. Et ait ad illos: Qui sunt hi sermónes, quos confértis ad ínvicem ambulántes, et estis tristes ? Et respóndens unus, cui nomen Cléophas, dixit ei: Tu solus peregrínus es in Jerúsalem, et non cognovísti, quae facta sunt in illa his diébus ? Quibus ille dixit: Quae ? Et dixérunt: De Jesu Nazaréno, qui fuit vir prophéta potens in ópere et sermóne, coram Deo, et omni pópulo: et quómodo eum tradidérunt summi sacerdótes et príncipes nostri in damnatiónem mortis, et crucifixérunt eum. Nos autem sperabámus, quia ipse esset redemptúrus Israël: et nunc super haec ómnia, tértia dies est hódie, quod haec facta sunt. Sed et mulíeres quaedam ex nostris terruérunt nos, quae ante lucem fuérunt ad monuméntum, et, non invénto córpore ejus, venérunt, dicéntes se étiam visiónem Angelórum vidísse, qui dicunt eum vívere. Et abiérunt quidam ex nostris ad monuméntum: et ita invenérunt sicut mulíeres dixérunt, ipsum vero non invenérunt. Et ipse dixit ad eos: O stulti, et tardi corde ad credéndum in ómnibus, quae locúti sunt prophétae ! Nonne haec opórtuit pati Christum, et ita intráre in glóriam suam ? Et incípiens a Móyse, et ómnibus prophétis, interpretabátur illis in ómnibus Scriptúris, quae de ipso erant. Et appropinquavérunt castéllo, quo ibant: et ipse se finxit lóngius ire. Et coëgérunt illum, dicéntes: Mane nobíscum, quóniam advesperáscit, et inclináta est jam dies. Et intrávit cum illis. Et factum est, dum recúmberet cum eis, accépit panem, et benedíxit ac fregit, et porrigébat illis. Et apérti sunt óculi eórum, et cognovérunt eum: et ipse evánuit ex óculis eórum. Et dixérunt ad ínvicem: Nonne cor nostrum ardens erat in nobis, dum loquerétur in via, et aperíret nobis Scriptúras ? Et surgéntes eádem hora regréssi sunt in Jerúsalem: et invenérunt congregátos úndecim, et eos, qui cum illis erant, dicéntes: Quod surréxit Dóminus vere, et appáruit Simóni. Et ipsi narrábant, quae gesta erant in via: et quómodo cognovérunt eum in fractióne panis.



Credo.


Offertorium Matth. 28, 2, 5 et 6 Angelus Dómini descéndit de caelo, et dixit muliéribus: Quem quaéritis, surréxit, sicut dixit, allelúja.

Secreta


SÚSCIPE, quaésumus, Dómine, preces pópuli tui cum oblatiónibus hostiárum: ut paschálibus initiáta mystériis, ad aeternitátis nobis medélam, te operánte, profíciant. Per Dóminum.


Praefatio, Communicántes, et Hanc ígitur, ut in die Paschae.


Communio Luc. 24, 34 Surréxit Dóminus, et appáruit Petro, allelúja.

Postcommunio


SPÍRITUM nobis, Dómine, tuae caritátis infúnde: ut, quos sacraméntis paschálibus satiásti, tua fácias pietáte concórdes. Per Dóminum... in unitáte ejúsdem.


REGINA CAELI LAETARE, Antifona gregoriana

Foto:
La Sindone di Maria Santissima
Il Suo Unico vero Volto
Maria Santissima Nostra Signora di Guadalupe, La Perfetta
9 - 12 dicembre 1531 - Città del Messico




AMDG et DVM